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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Beni culturali ed ambientali, Boschi e macchia mediterranea, Diritto processuale penale, Legittimazione processuale Numero: 28939 | Data di udienza: 7 Maggio 2021

BENI CULTURALI ED AMBIENTALI – Vincolo paesaggistico – Intervento qualificato attività agro-silvo-pastorale – Alterazione permanente del paesaggio tale da qualificare gli interventi quali opere civili – Nozione di opere civili – BOSCHI E MACCHIA MEDITERRANEA – Lavori agricoli su terreni assoggettati a vincolo boschivo e macchia mediterranea – Artt. 142, 149, 181 d.lgs. n.42/2004 – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Riesame delle misure cautelari reali con ricorso per cassazione – Limiti – Artt. 125, 325 cod. proc. pen. – Nozione e requisiti della motivazione (assente – apparente) – LEGITTIMAZIONE PROCESSUALE – Soggetto astrattamente legittimato all’impugnazione – Interesse concreto ed attuale può impugnare.


Provvedimento: SENTENZA
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 23 Luglio 2021
Numero: 28939
Data di udienza: 7 Maggio 2021
Presidente: ROSI
Estensore: SEMERARO


Premassima

BENI CULTURALI ED AMBIENTALI – Vincolo paesaggistico – Intervento qualificato attività agro-silvo-pastorale – Alterazione permanente del paesaggio tale da qualificare gli interventi quali opere civili – Nozione di opere civili – BOSCHI E MACCHIA MEDITERRANEA – Lavori agricoli su terreni assoggettati a vincolo boschivo e macchia mediterranea – Artt. 142, 149, 181 d.lgs. n.42/2004 – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Riesame delle misure cautelari reali con ricorso per cassazione – Limiti – Artt. 125, 325 cod. proc. pen. – Nozione e requisiti della motivazione (assente – apparente) – LEGITTIMAZIONE PROCESSUALE – Soggetto astrattamente legittimato all’impugnazione – Interesse concreto ed attuale può impugnare.



Massima

CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^, 23 luglio 2021 (Ud. 07/05/2021), Sentenza n.28939

 

 

BENI CULTURALI ED AMBIENTALI – Vincolo paesaggistico – Intervento qualificato attività agro-silvo-pastorale – Alterazione permanente del paesaggio tale da qualificare gli interventi quali opere civili – Nozione di opere civili – BOSCHI E MACCHIA MEDITERRANEA – Lavori agricoli su terreni assoggettati a vincolo boschivo e macchia mediterranea – Artt. 142, 149, 181 d.lgs. n.42/2004.

Secondo l’art. 149 lett. b) del d.lgs. 42/2004, quando si è davanti a esecuzioni di lavori da considerare opere civili è necessaria la previa autorizzazione, anche nei casi in cui gli interventi che pur avendo una finalità agro-silvo-pastorale, sono idonei a cagionare un’alterazione permanente del paesaggio, tutelato dalla legge come forma estetica dell’assetto territoriale, come «aspetto esteriore». Rientrano nella definizione di opere civili tutti quegli interventi che espongono a pericolo il sistema ambientale interessato nelle sue molteplici componenti estetiche e naturalistiche. La nozione di opera civile è dunque più ampia di quella di costruzione. A titolo esemplificativo, è ritenuto punibile in determinate condizioni lo sbancamento del terreno, il taglio totale o lo sradicamento di alberi, la costruzione di una strada interpoderale.

 

DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Riesame delle misure cautelari reali con ricorso per cassazione – Limiti – Artt. 125, 325 cod. proc. pen. – Nozione e requisiti della motivazione (assente – apparente) – LEGITTIMAZIONE PROCESSUALE – Soggetto astrattamente legittimato all’impugnazione – Interesse concreto ed attuale può impugnare.

Avverso le ordinanze emesse nella procedura di riesame delle misure cautelari reali il ricorso per cassazione è ammesso, ai sensi dell’art. 325 cod. proc. pen., soltanto per violazione di legge; è preclusa ogni censura relativa ai vizi della motivazione, salvi i casi della motivazione assolutamente mancante – che si risolve in una violazione di legge per la mancata osservanza dell’obbligo stabilito dall’art. 125 cod. proc. pen. – e della motivazione apparente, tale cioè da rendere l’apparato argomentativo, posto a sostegno del provvedimento, privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi, inidonei, a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice. Si rammenta, che la motivazione assente (o materiale) è quella che manca fisicamente o che è graficamente indecifrabile; motivazione apparente, invece è solo quella che «non risponda ai requisiti minimi di esistenza, completezza e logicità del discorso argomentativo su cui si è fondata la decisione, mancando di specifici momenti esplicativi anche in relazione alle critiche pertinenti dedotte dalle parti», come, per esempio, nel caso di utilizzo di timbri o moduli a stampa o di ricorso a clausole di stile e, più in generale, quando la motivazione dissimuli la totale mancanza di un vero e proprio esame critico degli elementi dì fatto e di diritto su cui si fonda la decisione, o sia priva dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi sia inidonea a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice. Solo il soggetto astrattamente legittimato all’impugnazione, che abbia un interesse concreto ed attuale può impugnare un provvedimento per ottenere la restituzione del bene.

(dich. inammissibile il ricorso avverso ordinanza del 25/01/2021 del TRIB. LIBERTA’ di SASSARI) Pres. ROSI, Rel. SEMERARO, Ric. Franchetti


Allegato


Titolo Completo

CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez. 3^, 23/07/2021 (Ud. 07/05/2021), Sentenza n.28939

SENTENZA

 

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE

composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

omissis

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto da FRANCHETTI ANDREA GIORGIO nato;

avverso l’ordinanza del 25/01/2021 del TRIB. LIBERTA’ di SASSARI;

udita la relazione svolta dal Consigliere LUCA SEMERARO;

lette le conclusioni del PG GIULIO ROMANO

Il PG chiede il rigetto del ricorso

Ricorso trattato ai sensi ex art. 23, comma 8 del D.L. n.137/20.

RITENUTO IN FATTO

1. Con l’ordinanza del 25 gennaio 2021 il Tribunale del riesame di Sassari ha rigettato il riesame proposto da Andrea Giorgio Franchetti, in proprio e quale legale rappresentante della Il Corvo s.r.l., avverso il decreto del giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Tempio Pausania del 23 dicembre 2020 di sequestro preventivo di un’area di un terreno in Olbia.

Il Tribunale del riesame ha confermato la sussistenza del fumus del reato ex art. 181 d.lgs. 42/2004 per la realizzazione, in area sottoposta a vincolo paesaggistico, di lavori consistiti nella trasformazione del luogo mediante il dissodamento del terreno attraverso l’asportazione di massi e sradicamento delle ceppaie di tutta la vegetazione preesistente, con l’ausilio di mezzi meccanici (in Olbia, Punta di la Finusa accertato il 17 dicembre 2020).

2, Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il difensore di Andrea Giorgio Franchetti, in proprio e quale legale rappresentante della Il Corvo s.r.l.

2.1. Dopo aver riportato i motivi di ricorso e riassunto la motivazione dell’ordinanza impugnata, con il primo motivo si deduce il vizio di violazione di legge con riferimento agli art. 181 e 149 del d.lgs. 42/2004, il travisamento degli indizi in punto di esclusione della vocazione agricola dei lavori eseguiti.

L’autorizzazione paesaggistica non sarebbe richiesta per i movimenti di terra strettamente pertinenti all’esercizio dell’attività agricola e le pratiche agro-sílvopastorali. L’affermazione del Tribunale del riesame che l’attività sia stata eseguita mediante un’opera civile, rappresentata dal movimento terra con l’eliminazione di massi infissi al suolo, con modifica dell’assetto idrogeologico, violerebbe l’art. 149 lett. b) d. Lgs. 42/2004; erroneamente sarebbero stati ritenuti sussistente il fumus del reato contestato e necessaria l’autorizzazione paesaggistica.

Non sarebbe avvenuta nessuna eliminazione di pietre ed il movimento terra è consistito nella aratura del terreno, nel corso della quale le pietre rinvenute sono state accantonate, come risulterebbe anche dalle fotografie allegate all’informativa. Dall’informativa del Corpo Forestale risulterebbe lo svolgimento di un’attività agricola e la presenza di massi anche dì notevoli dimensioni rinvenuti in parte sul suolo ed altri accumulati ai margini della zona lavorata; non sarebbe avvenuta l’eliminazione di pietre.

Il Tribunale del riesame avrebbe poi ignorato la relazione agronomica prodotta dal ricorrente sulla natura agricola delle lavorazioni effettuate.

La giurisprudenza riportata nell’ordinanza non sarebbe pertinente perché si riferirebbe ad attività agricole in cui era stato alterato lo stato dei luoghi con opere non esclusive dell’attività agricola.

L’alterazione dell’assetto idrogeologico del declivio si fonderebbe su una inammissibile convinzione personale del giudice e non su elementi di fatto.

Sarebbe poi stato dimostrato, mediante la produzione della relazione agronomica, l’assenza del vincolo idrogeologico e che le attività compiute non alterano l’assetto idrogeologico del territorio, essendo rappresentate da arature ed erpicature del terreno con pendenza media intorno al 10%.

2.2. Con il secondo motivo si deduce il vizio di violazione di legge per la mancanza e apparenza della motivazione dell’ordinanza impugnata che sarebbe irragionevole nella parte in cui qualifica la sistemazione del terreno quale strumentale alla coltivazione e poi la qualifica quale opera civile. L’ordinanza sarebbe incoerente, con salti logici sulla qualificazione delle opere quali civili.

2.3. Con il terzo motivo si deduce la violazione degli artt. 181, 142, 149 d.lgs. 42/2004; il travisamento della prova in punto di esclusione della vocazione agricola dei lavori eseguiti. Il Tribunale del riesame avrebbe escluso l’esistenza del vincolo boschivo ma affermato anche che la polizia giudiziaria ha accertato lo sradicamento di macchia mediterranea; le foto allegate all’informativa non rappresenterebbero un disboscamento. I cumuli di vegetazione rinvenuti sarebbero relativi ad alcuni cespugli.

Le emergenze processuali, indicate nella richiesta di riesame, non sarebbero state valutate. L’area non sarebbe stata ricoperta da vegetazione rilevante ma solo da erbacce e qualche cespuglio. Non sarebbe stata realizzata alcuna trasformazione del territorio. Non sarebbe stata dimostrata neanche la preesistenza nell’area in sequestro della macchia mediterranea, presente solo nelle zone limitrofe a quelle dissodate.

2.4. Con il quarto motivo si deduce la violazione degli artt. 6, 30 e 44 d.P.R. 380/2001, la mancanza o l’apparenza della motivazione sulla qualificazione dell’intervento anche quale lottizzazione abusiva, reato non contestato.

L’attività realizzata sarebbe solo agricola e non sarebbe stata realizzata alcuna trasformazione urbanistica e edilizia dei terreni. Il terreno è poi posto in zona edificabile, sarebbe stata realizzata un’attività agricola senza opere il che renderebbe inapplicabile l’art. 10 della legge 353/2000.

Si richiama poi l’art. 6 lett. e) d.P.R. 380/2001 che ricomprende nell’attività libera i movimenti di terra strettamente pertinenti all’esercizio dell’attività agricola e alle pratiche agro-silvo-pastorali.

2.5. È stata infine depositata una memoria di replica alle argomentazioni espresse dal Procuratore generale nelle conclusioni scritte.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso per cassazione proposto da Andrea Giorgio Franchetti in proprio è inammissibile per carenza di interesse.

1.1. Secondo il costante orientamento della giurisprudenza, l’interesse concreto ed attuale all’impugnazione nelle procedure relative al sequestro preventivo, riesame, appello e ricorso per cassazione, deve corrispondere al risultato tipizzato dall’ordinamento per lo specifico schema procedimentale e va individuato in quello alla restituzione della cosa come effetto del dissequestro.

Un soggetto astrattamente legittimato all’impugnazione, come l’indagato, non ha l’interesse, concreto ed attuale, all’impugnazione se non può ottenere la restituzione del bene (Sez. 3, n. 47313 del 17/05/2017, Ruan, Rv. 271231 – 01; Sez. 3, n. 30008 del 08/04/2016, in motivazione), è pacifico che il terreno in sequestro sia della Il Corvo s.r.l., che è dunque il soggetto a cui spetterebbe la restituzione del bene nel caso di revoca o annullamento del sequestro preventivo.

2. Del ricorso proposto dalla Il Corvo s.r.l. sono inammissibili, ex art. 606 comma 3 cod. proc. pen. in relazione all’art. 325 cod. proc. pen., il primo motivo, nella parte in cui deduce il travisamento degli indizi, il secondo motivo, poiché in realtà deduce la contraddittorietà e la manifesta illogicità della motivazione, il terzo motivo, laddove deduce il travisamento della prova; si propongono vizi della motivazione, non proponibili ex art. 325 cod. proc. pen..

Avverso le ordinanze emesse nella procedura di riesame delle misure cautelari reali il ricorso per cassazione è ammesso, ai sensi dell’art. 325 cod. proc. pen., soltanto per violazione di legge; è preclusa ogni censura relativa ai vizi della motivazione, salvi i casi della motivazione assolutamente mancante – che si risolve in una violazione di legge per la mancata osservanza dell’obbligo stabilito dall’art. 125 cod. proc. pen. – e della motivazione apparente, tale cioè da rendere l’apparato argomentativo, posto a sostegno del provvedimento, privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi, inidonei, a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice.

Motivazione assente (o materiale) è quella che manca fisicamente (Sez. 5, n. 35532 del 25/06/2010, Angelini) o che è graficamente indecifrabile (Sez. 3, n. 19636 del 19/01/2012, Buzi); motivazione apparente, invece è solo quella che «non risponda ai requisiti minimi di esistenza, completezza e logicità del discorso argomentativo su cui si è fondata la decisione, mancando di specifici momenti esplicativi anche in relazione alle critiche pertinenti dedotte dalle parti» (Sez. 1, n. 4787 del 10/11/1993, Di Giorgio), come, per esempio, nel caso di utilizzo di timbri o moduli a stampa (Costa; Sez. 3, n. 20843, del 28/04/2011, Saitta) o di ricorso a clausole di stile (Sez. 6, n. 25361 del 24/05/2012, Piscopo) e, più in generale, quando la motivazione dissimuli la totale mancanza di un vero e proprio esame critico degli elementi dì fatto e di diritto su cui si fonda la decisione, o sia priva dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi sia inidonea a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice (Sez. U., n. 25932 del 29/05/2008, Ivanov).

Non può essere dedotto il vizio della illogicità manifesta della motivazione, che può essere denunciato, in sede di legittimità, soltanto mediante lo specifico ed autonomo motivo di ricorso di cui all’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen.

3. Per il resto, il ricorso proposto dalla Il Corvo s.r.l., in persona del legale rappresentante, è infondato.

3.1. Il Tribunale del riesame ha rigettato la tesi difensiva, fondata anche sulla produzione della consulenza tecnica di parte, per la quale l’intervento operato deve essere qualificato attività agro-silvo-pastorale per il quale non è richiesta l’autorizzazione paesaggistica ai sensi dell’art. 149 lett. b) d.lgs. 42/2004.

L’esclusione è avvenuta sotto due profili: da un lato, il Tribunale del riesame ha preso in esame la natura dei lavori svolti, non qualificabili quale un’aratura, perché realizzati con mezzi meccanici mediante lavori di movimento terra – incompatibili con una aratura – con sradicamento della macchia mediterranea ancora esistente. Dall’altro, ha ritenuto che anche ove si volessero qualificare gli interventi quale attività agro-silvo-pastorale, ha escluso che sia applicabile l’art. 149 lett. b) d.lgs. 42/2004.

3.2. L’art. 149 lett. b) del d.lgs. 42/2004 dispone che non è comunque richiesta l’autorizzazione prescritta dall’articolo 146, dall’articolo 147 e dall’articolo 159) per gli interventi inerenti l’esercizio dell’attività agro-silvo-pastorale che non comportino alterazione permanente dello stato dei luoghi con costruzioni edilizie ed altre opere civili, e sempre che si tratti di attività ed opere che non alterino l’assetto idrogeologico del territorio.

3.3. Il Tribunale del riesame ha correttamente applicato il principio espresso dalla giurisprudenza sull’art. 152 del d.lgs. 29 ottobre 1999 n. 490 (cfr. Sez. 3, n. 2950 del 12/11/2003, dep. 2004, Pizzolato, Rv. 227395 – 01), di contenuto identico all’art. 149 lett. b) del d.lgs. 42/2004, per cui sono opere civili, che pertanto impongono la previa autorizzazione, gli interventi che, pur avendo una finalità agro-silvo-pastorale, sono idonei a cagionare un’alterazione permanente del paesaggio, tutelato dalla legge come forma estetica dell’assetto territoriale, come «aspetto esteriore». Rientrano nella definizione di opere civili tutti quegli interventi che espongono a pericolo il sistema ambientale interessato nelle sue molteplici componenti estetiche e naturalistiche.

La nozione di opera civile è dunque più ampia di quella di costruzione. A titolo esemplificativo, la sentenza Pizzolato ha richiamato le sentenze che hanno ritenuto punibili lo sbancamento del terreno (Sez. 3, n. 1172 del 14.1.2002, Totaro, Rv. 220855, Sez. 3, n. 4424 del 16.4.1994, Capparelli, Rv. 197599), il taglio totale o lo sradicamento di alberi (Sez. 3, n. 10964 del 13.11.1992, Pavese, Rv. 192343, nonché la sentenza Capparelli), la costruzione di una strada interpoderale (Sez. 3, n. 2689 del 1.3.1991, Zona, Rv. 186678).

3.4. Il Tribunale del riesame, con un accertamento di merito qui non rivalutabile, ha ritenuto che per l’entità dei lavori e per i mezzi adoperati le opere abbiano realizzato un’alterazione permanente del paesaggio tale da qualificare gli interventi quali opere civili.

4. Il quarto motivo è inammissibile, trattandosi di questione irrilevante ai fini della decisione, non essendo stato contestato il reato di lottizzazione edilizia ed essendo stata contestata con il riesame prima e con il ricorso poi solo la sussistenza del fumus.

5. Pertanto, il ricorso di Andrea Giorgio Franchetti in proprio deve essere dichiarato inammissibile. Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen. si condanna Andrea Giorgio Franchetti al pagamento delle spese del procedimento e della somma di euro 3.000,00, determinata in via equitativa, in favore della Cassa delle Ammende, tenuto conto della sentenza della Corte costituzionale del 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità.

Il ricorso di Andrea Giorgio Franchetti quale legale rappresentante Il Corvo s.r.l. deve essere rigettato.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso proposto da Franchetti Andrea Giorgio e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.

Rigetta il ricorso proposto dal predetto nella qualità di legale rappresentante della società Il Corvo Srl, con condanna al pagamento delle spese processuali.

Così deciso il 07/05/2021.

 

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