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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Diritto urbanistico - edilizia Numero: 6255 | Data di udienza: 8 Giugno 2021

DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Art. 42-bis, comma 3, d.P.R. 327/2001 – Acquisizione sanante – Calcolo dell’indennizzo per il mancato godimento delle aree (Massima a cura di Antonio Persico)


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 4^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 13 Settembre 2021
Numero: 6255
Data di udienza: 8 Giugno 2021
Presidente: Maruotti
Estensore: Pizzi


Premassima

DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Art. 42-bis, comma 3, d.P.R. 327/2001 – Acquisizione sanante – Calcolo dell’indennizzo per il mancato godimento delle aree (Massima a cura di Antonio Persico)



Massima

CONSIGLIO DI STATO, Sez. 4^ – 13 settembre 2021, n. 6255

DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Art. 42-bis, comma 3, d.P.R. 327/2001 – Acquisizione sanante – Calcolo dell’indennizzo per il mancato godimento delle aree

La liquidazione delle somme da corrispondere a titolo di indennizzo per il mancato godimento dell’immobile, ex art. 42-bis, comma 3, d.P.R. 327/2001, deve tenere conto del periodo intercorso dall’inizio dell’occupazione illegittima sino alla data di trascrizione nei registri immobiliari del provvedimento di acquisizione sanante.

(Riforma in parte TAR Emilia Romagna n. 871/2019) – Pres. Maruotti Est. Pizzi – M.C.M. (avv. Pini) c. Comune di Marano sul Panaro (avv. Moscati)


Allegato


Titolo Completo

CONSIGLIO DI STATO, Sez. 4^ – 13 settembre 2021, n. 6255

SENTENZA

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2134 del 2015, proposto dalla sig.ra Maria Cristina Manzini e dal sig. Cesare Manzini, rappresentati e difesi dagli avvocati Rolando Pini e Guido Francesco Romanelli, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Roma, via Cosseria, n. 5;

contro

il Comune di Marano sul Panaro, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Claudio Moscati, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Paolo Maria Montaldo in Roma, viale delle Milizie, n. 38;
nei confronti
del sig. Gianluca Zanatoni e della Visodent s.a.s. di Zanantoni Gianluca & C, in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituiti in giudizio;

sul ricorso numero di registro generale 1643 del 2020, proposto dalla sig.ra Maria Cristina Manzini, rappresentata e difesa dall’avvocato Rolando Pini, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Guido Francesco Romanelli in Roma, via Cosseria, n. 5;

contro

il Comune di Marano sul Panaro, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Claudio Moscati, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
nei confronti
dell’Associazione di promozione sociale “Magicamente Liberi”, in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituita in giudizio;
della sig.ra Giovanna Negri, in proprio e quale legale rappresentante della omonima impresa individuale, in qualità di cessionaria dell’attività del già Bar Sport di Gozzoli Franca e C. s.n.c., non costituita in giudizio;
per la riforma
– quanto al ricorso n. 2134 del 2015:
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per l’Emilia Romagna (sezione seconda) n. 56/2015, resa tra le parti, depositata il 28 gennaio 2015, pronunciata nel giudizio di primo grado n.r.g. 1462/2007;
– quanto al ricorso n. 1643 del 2020:
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per l’Emilia Romagna (sezione seconda) n. 871/2019, resa tra le parti, depositata il 14 novembre 2019, pronunciata nel giudizio di primo grado n.r.g. 99/2015.

Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Marano sul Panaro;
Visti tutti gli atti della causa;
Rilevato che l’udienza si è svolta ai sensi dell’art. 25, comma 2, del decreto legge 28 ottobre 2020, n. 137, convertito con modificazioni con legge 18 dicembre 2020, 176, attraverso videoconferenza con l’utilizzo della piattaforma “Microsoft Teams”, come previsto dalla circolare n. 6305 del 13 marzo 2020 del Segretario generale della Giustizia amministrativa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 8 giugno 2021 il Cons. Michele Pizzi e uditi per le parti l’avvocato Rolando Pini e l’avvocato Claudio Moscati;
Ritenuto e considerato in fatto ed in diritto quanto segue.

FATTO

1. Con un primo giudizio innanzi al Tar per l’Emilia Romagna proposto nel 1989, il sig. Primo Manzini impugnò la deliberazione del consiglio comunale del Comune di Marano sul Panaro n. 189 del 19 dicembre 1988, di approvazione del progetto di sistemazione di un’area attrezzata a verde pubblico (ampliamento dell’area coperta circostante il bar del bocciodromo comunale), unitamente alla deliberazione giuntale n. 102 del 20 febbraio 1989 (occupazione d’urgenza della relativa area) ed al decreto di occupazione d’urgenza n. 2812 del 6 aprile 1989.
1.1. Il Tar per l’Emilia Romagna, con sentenza n. 352 del 2007, passata in giudicato, pronunciata nei confronti degli eredi del sig. Primo Manzini deceduto nelle more del giudizio, accolse il ricorso ed annullò gli atti impugnati “per mancata fissazione, nella delibera di approvazione del progetto, dei termini per l’inizio ed il compimento dei lavori e delle espropriazioni”.
2. Con un successivo ricorso innanzi al Tar per l’Emilia Romagna, proposto nel 2007 dagli eredi del sig. Primo Manzini (tra i quali anche la sig.ra Maria Cristina Manzini ed il sig. Cesare Manzini) venne chiesta la restituzione dei fondi oggetto degli atti espropriativi annullati, nonché il risarcimento del danno.
2.1. Il Tar, con la gravata sentenza n. 56 del 2015, in accoglimento del ricorso:
a) ha condannato il Comune di Marano sul Panaro alla restituzione dei terreni de quibus, facendo “salvi gli eventuali provvedimenti dell’Amministrazione di acquisizione sanante del bene ex art. 42 bis del DPR n. 327/2001”;
b) ha condannato il Comune al risarcimento del danno patrimoniale per illegittima occupazione, liquidando l’importo dovuto.
3. Con ricorso in appello n.r.g. 2134/2015, la sig.ra Maria Cristina Manzini ed il sig. Cesare Manzini hanno impugnato la predetta sentenza del Tar Emilia Romagna n. 56 del 2015, contestando l’importo liquidato dal primo giudice a titolo risarcitorio.
4. Nel frattempo il Comune, con deliberazione di consiglio comunale n. 80 del 22 dicembre 2014, aveva deliberato “di disporre, ai sensi dell’art. 42 bis del DPR n. 327/2001, l’acquisizione al patrimonio indisponibile del Comune di Marano sul Panaro degli immobili di proprietà degli Eredi del Sig. Primo Manzini individuati al Catasto di questo Comune nel Foglio n. 11 Mappali 107-356-358 (ex Mapp. 107-308-309) […]”, liquidando contestualmente l’importo dovuto, ai sensi del medesimo articolo 42-bis, pari ad euro 57.408,50.
4.1. In particolare, nella suddetta d.c.c. n. 80/2014, il Comune rilevava che: “con deliberazione di Consiglio comunale n. 189 del 1988 si approvava un progetto di sistemazione area verde limitrofa alle attrezzature sportive del capoluogo – area posta al foglio 11, Mapp. 107-356-358 (ex Mapp. 107-308-309) del Catasto di questo Comune” e che: “i lavori di sistemazione degli immobili sopra citati sono stati regolarmente eseguiti e gli stessi immobili sono stati adibiti in parte a chiosco in muratura ad uso bar […] ed in parte ad area cortiliva a servizio del bocciodromo comunale anch’essa affidata in gestione”.
4.2. Con riguardo alla necessità di acquisire i terreni de quibus, il Comune proseguiva precisando che: “l’attuale configurazione dell’area risulta necessaria per consentire un’adeguata proposta di spazi ricreativi/sportivi nelle immediate vicinanze del centro storico del Capoluogo;
– che le aree ed il chiosco, essendo collocati in strettissima dipendenza con gli impianti sportivi presenti, difficilmente possono o potranno consentire anche alla proprietà un uso e tanto meno interventi di natura edilizia di una qualsivoglia consistenza;
– che, pertanto, è necessario e imprescindibile acquisire al patrimonio comunale gli immobili in parola al fine di mantenere in capo all’Ente le strutture di comune utilizzo da parte della cittadinanza in quanto si desume nelle stesse un’irreversibile destinazione dei beni ai fini pubblici;
– che, nel caso di specie, sussiste un interesse pubblico attuale all’acquisizione del bene come sopra individuato in quanto i manufatti ivi insistenti, costituenti un chiosco bar e relativa area di pertinenza, sono indispensabili per garantire alla cittadinanza ed in particolare alle famiglie con bambini un’area di svago difficilmente realizzabile in luogo alternativo ma altrettanto centrale rispetto alla piazza cittadina, agli edifici scolastici circostanti (Scuola Elementare e Materna) ed agli impianti sportivi”.
5. Le somme da liquidare ai sensi dell’articolo 42-bis d.p.r. n. 327/2001, per un totale di euro 57.408,50, venivano poi ripartite tra gli aventi diritto con decreto comunale prot. n. 598-2015/PGU del 22 gennaio 2015, nel quale veniva altresì esplicitata la motivazione circa il valore dei terreni, in base alla quale si era giunti alla liquidazione della suddetta somma.
6. Con ricorso innanzi al Tar per l’Emilia Romagna proposto nel febbraio del 2015, la signora Maria Cristina Manzini ed i signori Cesare Manzini e Francesco Manzini hanno impugnato sia la deliberazione di consiglio comunale n. 80 del 22 dicembre 2014, sia il successivo decreto comunale prot. n. 598-2015/PGU del 22 gennaio 2015, ponendo questione di legittimità costituzionale dell’articolo 42-bis del d.p.r. n. 327/2001 in relazione agli articoli 3, 24, 42, 97, 111 e 117 della Costituzione, con riferimento agli articoli 1 e 6 del protocollo addizionale alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo, nonché deducendo i seguenti quattro motivi:
6.1. – violazione dell’art. 42-bis, comma 4, del d.p.r. n. 327/2001, nonché dell’art. 3 della legge n. 241/1990 per insussistenza delle attuali ed eccezionali ragioni di interesse pubblico che giustifichino l’emanazione di un provvedimento di acquisizione, per aver il Comune di Marano sul Panaro adottato la delibera di consiglio comunale n. 80/2014 – concernente immobili ove insistono un chiosco bar e la relativa area pertinenziale, per un totale di mq 268 – in carenza “di motivazione in punto di valutazione di eccezionalità delle ragioni di interesse pubblico, di assenza di ragionevoli alternative alla procedura disciplinata dall’art. 42-bis DPR n. 327/2001, nonché di valutazione degli interessi in conflitto”, non avendo il Comune indicato “quali sarebbero (e dove sarebbero esattamente ubicati) gli impianti sportivi <collocati in strettissima dipendenza> rispetto alle aree dei ricorrenti e al chiosco-bar” e non avendo inoltre valutato “quale sia effettivamente il pregiudizio (l’interesse confliggente) che la proprietà sta subendo”, visto che “ben tre unità immobiliari di residua proprietà dei ricorrenti, adibite a magazzino e confinanti con l’area pertinenziale oggetto della procedura acquisitiva, risultano tuttora intercluse e, quindi, inaccessibili a causa dell’intervenuta occupazione illegittima”;
6.2. – violazione dell’art. 42-bis del d.p.r. n. 327/2001 per insussistenza dell’avvenuta irreversibile trasformazione del bene, essendo il Comune “intervenuto con modestissime iniziative solo sul fabbricato adibito a bar, mentre le restanti modifiche consistono nell’apposizione di una struttura mobile (gazebo) e di alcuni tavoli e sedie nell’area cortiliva antistante, utilizzata negli anni come zona di servizio al bocciodromo comunale”;
6.3. – violazione dell’art. 42-bis del d.p.r. n. 327/2001 e dell’art. 12, comma 1-ter del d.l. n. 98/2011, convertito con modificazioni nella legge n. 111/2011, per aver il Comune di Marano sul Panaro “sovvertito l’ordine logico del procedimento amministrativo”, in quanto ha adottato la delibera consiliare n. 80/2014 nonostante la somma liquidata a titolo risarcitorio non fosse ancora definitiva, poiché “sottoposta alla procedura confermativa da parte dell’Agenzia del Demanio”;
6.4. – violazione degli articoli 2, 3, 42 e 97 della Costituzione, dell’art. 42-bis del d.p.r. n. 327/2001, degli articoli 1 e 3 della legge n. 241/1990, dell’art. 20 della l.r. n. 37/2002, eccesso di potere per carenza ed insufficienza dell’attività istruttoria, irragionevolezza e contraddittorietà manifeste, per aver il Comune di Marano sul Panaro, con il decreto prot. n. 598-2015-PGU, erroneamente calcolato il valore venale degli immobili de quibus – valore in relazione al quale è stata quantificata la somma da corrispondere a titolo di ristoro per la perdita della proprietà sugli immobili stessi – e per aver erroneamente il Comune calcolato la somma da corrispondere a titolo risarcitorio per l’illegittima pregressa occupazione delle aree protrattasi per oltre 25 anni; i ricorrenti hanno dedotto che il totale del ristoro patrimoniale sarebbe dovuto essere pari ad euro 412.339,00, di cui euro 270.000,00 per la perdita della proprietà dei beni, nonché a titolo di danno per l’interclusione dei fondi residui e per la perdita di valore della residua casa padronale, ed euro 142.339,00 a titolo di risarcimento del danno per la pregressa illegittima occupazione; in particolare i ricorrenti hanno lamentato:
i) la mancata applicazione dell’indice di valore per le aree edificabili (€ 316,52/mq) nonostante l’edificabilità legale delle aree in questione ai sensi dell’art. 20 della legge regionale n. 37/2002;
ii) la mancata considerazione – nel calcolo del ristoro per il pregiudizio patrimoniale – della perdita di valore dei beni residui;
iii) l’applicazione una tantum, per il calcolo del danno per l’illegittima pregressa occupazione, dell’interesse del 5%, dovendosi al contrario calcolare tale interesse “anno per anno”, a partire dal 1989, data di occupazione delle aree;
iv) il mancato calcolo degli interessi moratori;
v) la mancata quantificazione della rivalutazione monetaria.
7. Con un primo ricorso per motivi aggiunti, i ricorrenti hanno poi impugnato la determina comunale n. 281 del 31 dicembre 2014, relativa all’impegno di spesa delle somme necessarie per dare corso alla procedura acquisitiva, ribadendo le medesime quattro censure già articolate nel ricorso introduttivo.
8. Con un secondo ricorso per motivi aggiunti, la sig.ra Maria Cristina Manzini ed i signori Cesare Manzini e Francesco Manzini hanno impugnato la determinazione del Comune di Marano sul Panaro-Settore urbanistica, edilizia privata, ambiente, suap n. 21 del 5 febbraio 2019, con la quale è stato decretato “di acquisire per i motivi di cui sopra, al patrimonio indisponibile del Comune dell’are distinta in catasto del Comune di Marano sul Panaro al Foglio n. 11 Mappali 107-356-358 (ex Mapp. 107-308-309, di proprietà degli eredi Manzini, ai sensi e per gli effetti dell’art. 42 bis del D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327 […]”.
9. I ricorrenti, nel secondo ricorso per motivi aggiunti, hanno dedotto i seguenti sei motivi di censura:
9.1. – violazione dell’art. 42-bis del d.p.r. n. 327/2001, sussistenza di causa ostativa all’adozione del decreto finale di acquisizione rappresentata dal giudicato restitutorio formatosi sulla sentenza n. 56/2015 del Tar Emilia Romagna, violazione dell’art. 42-bis, comma 2, del d.p.r n. 327/2001, per aver il Comune di Marano sul Panaro adottato la determinazione di acquisizione delle aree n. 21 del 5 febbraio 2019 quando oramai si era formato il giudicato restitutorio dei terreni in questione, a seguito della sentenza del Tar per l’Emilia Romagna n. 56 del 2015, pronunciata inter partes, ed appellata unicamente sotto il profilo del quantum risarcitorio;
9.2. – violazione dell’art. 2 della legge n. 241/1990 per irragionevole durata del procedimento di acquisizione, per aver il Comune adottato la determinazione n. 21/2019 “a distanza di oltre quattro anni dall’avvio d’ufficio del relativo procedimento” di cui alla comunicazione prot. n. 8560 del 15 novembre 2014, con conseguente illegittimità del decreto acquisitivo “poiché adottato oltre il limite temporale dettato per la conclusione del relativo procedimento”;
9.3. – violazione dell’art. 42-bis, comma 4, del d.p.r. n. 327/2001, nonché dell’art. 3 della legge n. 241/1990, per insussistenza delle attuali ed eccezionali ragioni di interesse pubblico che giustifichino l’emanazione di un provvedimento di acquisizione, in quanto la determinazione n. 21/2019 sarebbe motivata con “mere formule di stile” e considerato che: “l’area dei ricorrenti e il sovrastante fabbricato sono stati infatti utilizzati dall’Amministrazione comunale per lo svolgimento di servizi e/o attività tra loro eterogenei, il ché denota come l’interesse pubblico all’acquisizione di questi immobili non sia stato affatto predeterminato dall’amministrazione in maniera coerente e come, in definitiva, l’esproprio prima e l’acquisizione coattiva poi non fossero in realtà finalizzate al perseguimento di alcun reale interesse collettivo. Basti pensare che il chiosco-bar e la relativa area di pertinenza erano stati inizialmente pensati come “area verde limitrofa alle attrezzature sportive del capoluogo” per poi essere ripensati quali “area di svago” per le famiglie con bambini, ovvero quale spazio ricreativo a servizio degli anziani utenti del vicino bocciodromo comunale (ora non più esistente) e, da ultimo, quale area per lo svolgimento di progetti di inclusione sociale a favore di persone con disabilità”, omettendo altresì di valutare il confliggente interesse dei privati proprietari;
9.4. – violazione dell’art. 42-bis del d.p.r. n. 327/2001 per insussistenza dell’avvenuta irreversibile trasformazione del bene, dal momento che il Comune “è intervenuto con modestissime iniziative solo sul fabbricato adibito a chiosco-bar, mentre le restanti modifiche consistono nell’apposizione di strutture mobili e arredi-gioco nell’area cortiliva antistante, utilizzata negli anni come zona di servizio al bocciodromo comunale”;
9.5. – violazione degli articoli 2, 3, 42 e 97 della Costituzione, dell’art. 42-bis, comma 3, del d.p.r. n. 327/2001, degli articoli 1 e 3 della legge n. 241/1990, eccesso di potere per carenza ed insufficienza dell’attività istruttoria, ingiustizia manifesta, per aver la determinazione n. 21/2019 – nel liquidare le somme dovute ai proprietari dei terreni oggetto di acquisizione – fatto riferimento all’importo (pari ad euro 57.408,50) determinato nel decreto prot. n. 598/2015 del 22 gennaio 2015, in tal modo omettendo di considerare “il periodo di protratta occupazione senza titolo degli immobili che va dal citato decreto n. 598/2015 del 22.01.2015 sino alla data della trascrizione del decreto di acquisizione coattiva sanante n. 21/2019, avvenuta in data 22.02.2019”;
9.6. – violazione degli articoli 2, 3, 42 e 97 della Costituzione, dell’art. 42-bis d.p.r. n. 327/2001, degli articoli 1 e 3 della legge n. 241/1990, violazione dell’art. 20 della l.r. n. 37/2002, eccesso di potere per carenza ed insufficienza dell’attività istruttoria, irragionevolezza e contraddittorietà manifeste, per aver il Comune erroneamente calcolato in via derivata, nella determina n. 21/2019, l’importo da corrispondere ai proprietari ai sensi dell’articolo 42-bis d.p.r. n. 327/2001, sulla base delle stesse argomentazioni già dedotte con il quarto motivo del ricorso introduttivo.
10. Il Tar, con la gravata sentenza n. 871 del 2019:
a) ha dato atto che la somma proposta dal Comune è stata accettata solo da una degli eredi (sig.ra Giulia Manzini) e che, per gli altri eredi, con determina comunale n. 291/2018, è stato effettuato il deposito delle quote presso la Ragioneria generale dello Stato;
b) ha ritenuto sussistente un’adeguata motivazione in punto di prevalenza dell’interesse pubblico all’acquisizione delle aree;
c) ha ritenuto non necessario il parere dell’Agenzia del Demanio per la determinazione dell’indennizzo;
d) ha rilevato che il procedimento acquisitivo si è perfezionato con il pagamento delle somme in favore dell’unica erede che le aveva accettate, e poi con il deposito, presso la Ragioneria generale dello Stato, delle somme da corrispondere agli altri eredi;
e) ha affermato che l’acquisizione del bene al patrimonio comunale era divenuta definitiva con la delibera consiliare n. 80/2014 “senza che su ciò possa influire la pronuncia di restituzione di cui alla sentenza 56/2015”;
f) ha respinto tutte le censure articolate nel ricorso introduttivo e nei due ricorsi per motivi aggiunti;
g) ha condannato i ricorrenti al pagamento delle spese di lite “in favore delle controparti” e “per ciascuna di esse”.
11. Con ricorso in appello n.r.g. 1643/2020, notificato il 12 febbraio 2020 e depositato il 21 febbraio 2020, la sig.ra Maria Cristina Manzini ha impugnato la menzionata sentenza del Tar Emilia Romagna n. 871 del 2019, articolando sette motivi di gravame:
11.1. – erroneità della sentenza del Tar nella parte in cui il primo giudice ha respinto il primo motivo di ricorso dedotto con il secondo ricorso per motivi aggiunti, sul presupposto che l’acquisizione dei terreni al patrimonio comunale si fosse già verificata con la delibera consiliare n. 80/2014, prima della formazione del giudicato restitutorio a seguito della sentenza del Tar Emilia Romagna n. 56 del 2015: deduce l’appellante che – contrariamente a quanto affermato dal Tar – l’effetto traslativo-acquisitivo si è verificato solo con l’adozione della successiva determinazione comunale n. 21/2019, quando la sentenza del Tar n. 56 del 2015, con riguardo alla condanna del Comune alla restituzione dei terreni de quibus, era già passata in giudicato, essendo stata impugnata limitatamente ai capi della sentenza relativi alla determinazione del quantum risarcitorio;
11.2. – mancata pronuncia, da parte del Tar, sul secondo motivo dedotto con il secondo ricorso per motivi aggiunti, relativa all’asserita violazione dell’art. 2 della legge n. 241/1990, avendo il Comune di Marano sul Panaro adottato la determina n. 21/2019 a distanza di oltre quattro anni dall’avvio del relativo procedimento nel novembre del 2014;
11.3. – illegittimità della sentenza di primo grado, laddove ha rigettato il primo motivo dedotto con il ricorso introduttivo (così come riproposto sia nel primo motivo del primo ricorso per motivi aggiunti, sia nel terzo motivo del secondo ricorso per motivi aggiunti), avendo il Tar affermato che l’istruttoria compiuta sarebbe stata “adeguata e l’interesse pubblico sufficientemente individuato e provato”; al riguardo l’appellante censura il fatto che il primo giudice non avrebbe considerato “le mutate condizioni di fatto che hanno interessato l’area de qua fino all’adozione del decreto finale di acquisizione, così come emergenti dal (secondo) ricorso per motivi aggiunti proposto dalla proprietà nel 2019”, alla luce delle “differenti destinazioni impresse nel corso degli anni agli immobili de quibus” e senza considerare il confliggente interesse dei proprietari, i quali ora sono proprietari di tre aree immobiliari residue, che risultano intercluse a seguito del provvedimento acquisitivo;
11.4. – mancata pronuncia, da parte del Tar, sul secondo motivo dedotto con il ricorso introduttivo (così come riproposto sia nel secondo motivo del primo ricorso per motivi aggiunti, sia nel quarto motivo del secondo ricorso per motivi aggiunti), non avendo il primo giudice esaminato la censura relativa all’asserita violazione dell’art. 42-bis del d.p.r. n. 327/2001 per mancata irreversibile trasformazione del bene immobile oggetto di occupazione sine titulo;
11.5. – erroneità della sentenza del Tar laddove ha rigettato il terzo motivo del ricorso introduttivo, riproposto con il terzo motivo del primo ricorso per motivi aggiunti, relativamente all’asserita violazione dell’art. 42-bis del d.p.r. n. 327/2001 e dell’art. 12, comma 1-ter, del decreto legge n. 98/2011, come convertito con legge n. 111/2011, poiché sia la delibera consiliare n. 80/2014, sia il decreto prot. n. 598-2015/PGU sono stati adottati “senza che vi fosse stata una definitiva determinazione e liquidazione dell’indennità dovuta alla proprietà”, dal momento che solo con la determina n. 291/2018 del 22 dicembre 2018 il Comune ha “determina[to] l’indennità in favore delle parti private ordinando il deposito della rispettiva somma presso la Ragioneria Generale dello Stato”;
11.6. – mancata pronuncia sul quarto motivo del ricorso introduttivo, riproposto con il quarto motivo del primo ricorso per motivi aggiunti, nonché mancata pronuncia sul quinto e sul sesto motivo dedotti con il secondo ricorso per motivi aggiunti, censure tutte tese a contestare le modalità con le quali il Comune ha valutato il valore venale dei terreni da acquisire ed ha calcolato gli indennizzi dovuti ai sensi dell’art. 42-bis d.p.r. n. 327/2001, anche con riguardo al pregiudizio patito dai privati proprietari per l’illegittima pregressa occupazione sine titulo;
11.7 – illegittimità della sentenza di primo grado laddove, disponendo la condanna alla rifusione delle spese di lite, ha liquidato la somma “in favore delle controparti” e “per ciascuna di esse”, anziché in favore del solo Comune resistente, essendo quest’ultimo l’unica controparte costituita in giudizio.
12. Il Comune di Marano sul Panaro si è costituito in entrambi i giudizi (n.r.g. 2134/2015 e n.r.g. 1643/2020) chiedendo il rigetto degli appelli.
13. Nel giudizio d’appello n.r.g. 2134/2015 gli appellanti ed il Comune hanno depositato memorie difensive rispettivamente in data 3 e 5 maggio 2021, e gli appellanti hanno depositato memorie di replica in data 18 maggio 2021, ciascuna parte insistendo nelle rispettive difese.
14. Nel giudizio d’appello n.r.g. 1643/2020, l’appellante ed il Comune hanno depositato memorie difensive in data 20 maggio 2021 e successive memorie di replica il 27 e 28 maggio 2021, insistendo nelle rispettive difese.
15. All’udienza dell’8 giugno 2021 le cause sono state trattenute in decisione.

DIRITTO

16. In via preliminare deve essere disposta la riunione, ai sensi degli articoli 38 e 70 c.p.a., dei ricorsi in appello n.r.g. 2134/2015 e n.r.g. 1643/2020, in quanto connessi sotto il profilo sia soggettivo che oggettivo.
17. Venendo all’esame degli appelli riuniti, il Collegio rileva innanzitutto l’improcedibilità dell’appello n.r.g. 2134/2015 – proposto avverso la sentenza del Tar per l’Emilia Romagna n. 56 del 2015 – per sopravvenuta carenza di interesse, dal momento che tutte le questioni relative alla determinazione delle somme spettanti ai privati proprietari, a titolo di ristoro del pregiudizio patrimoniale e non patrimoniale sofferto a seguito dell’occupazione sine titulo degli immobili de quibus e della loro successiva acquisizione al patrimonio comunale ai sensi dell’art. 42-bis del d.p.r. n. 327/2001, sono confluite nel successivo giudizio conclusosi con la sentenza del Tar per l’Emilia Romagna n. 871 del 2019, impugnata con ricorso in appello n.r.g. 1643/2020.
17.1. L’appello n.r.g. 2134/2015 deve pertanto essere dichiarato improcedibile.
18. Si può quindi passare all’esame dell’appello n.r.g. 1643/2020, proposto avverso la sentenza del Tar per l’Emilia Romagna n. 871 del 2019.
19. Il primo motivo di appello è infondato e deve essere respinto.
19.1. Infatti risulta errato il presupposto da cui muove il ragionamento condotto dall’appellante, non essendosi formato alcun giudicato restitutorio dei terreni in questione: se è vero, infatti, che il Tar, nella gravata sentenza n. 56 del 2015, aveva condannato il Comune di Marano sul Panaro a restituire i terreni, è anche vero che, contestualmente alla citata condanna, il primo giudice aveva fatto espressamente “salvi gli eventuali provvedimenti dell’Amministrazione di acquisizione sanante del bene ex art. 42 bis del DPR n. 327/2001”, rimanendo pertanto impregiudicato il potere dell’amministrazione di valutare eventualmente la sussistenza dei presupposti di legge per acquisire i terreni de quibus ai sensi del menzionato articolo 42-bis, come appunto è avvenuto nel caso di specie.
20. Il secondo motivo di appello – concernente censure non esaminate dal Tar – è comunque infondato nel merito e da respingere.
20.1. Infatti, per costante giurisprudenza, il termine di conclusione del procedimento amministrativo, previsto dall’articolo 2 della legge n. 241/1990, non ha natura perentoria ed il suo mancato rispetto, pur dando luogo alle conseguenze previste dal medesimo articolo 2 e dal successivo articolo 2-bis della medesima legge n. 241/1990, non incide di per sé sulla validità del provvedimento successivamente adottato (in termini Cons. Stato, sez. III, sent. n. 2019 del 2016; sez. V, sent. n. 4980 del 2013).
21. Infondato e da rigettare è, altresì, il terzo motivo di gravame.
21.1. E’ opportuno premettere che, per costante giurisprudenza, nel provvedere in ordine alla c.d. acquisizione (ora art. 42 bis, t.u. sugli espropri), la pubblica amministrazione è tenuta ad indicare le attuali ed eccezionali ragioni di interesse pubblico che ne giustificano l’emanazione, valutate comparativamente con i contrapposti interessi privati, con un percorso motivazionale rafforzato ed assistito da garanzie partecipative rigorose, che dimostrino in modo chiaro che l’apprensione coattiva si pone come una scelta estrema laddove non sono ragionevolmente praticabili soluzioni alternative (ex multis, Cons. Stato, sez. IV, sent. n. 1340 del 2020).
Sotto tale profilo, rilevano i principi più volte enunciati da questo Consiglio, e rimarcati con la sentenza dell’Adunanza Plenaria n. 5 del 2020, secondo cui del tutto ragionevolmente l’Autorità che utilizza il bene – nel ravvisare la sussistenza di un interesse pubblico – rimarca l’attualità della valutazione a suo tempo effettuata in sede di pianificazione urbanistica: la corrispondenza di quanto realizzato, rispetto a quanto era previsto in sede di imposizione del vincolo preordinato all’esproprio, evidenzia di per sé la sussistenza concreta delle ragioni volte a non rimuovere l’opera eseguita ed a disporne l’acquisizione (risultando contrario agli interessi della collettività l’affrontare la spesa della rimozione, dopo la sopportazione della spesa per la realizzazione delle opere).
21.2. Nel caso di specie, premesso che la partecipazione dei privati proprietari al procedimento amministrativo, rivolto all’adozione del decreto di acquisizione ai sensi dell’art. 42-bis d.p.r. n. 327/2001, è stata consentita con l’invio di apposita comunicazione di avvio del procedimento prot. n. 8560 del 15 novembre 2014, il Collegio osserva – a differenza di quanto sostenuto nell’appello – che la delibera consiliare n. 80 del 22 dicembre 2014 ha congruamente motivato in ordine alla stringente necessità di acquisire le aree de quibus (occupate dal Comune sin dal 1989), all’esplicitato fine di “consentire un’adeguata proposta di spazi ricreativi/sportivi nelle immediate vicinanze del centro storico del Capoluogo” e valutati, altresì, i confliggenti interessi privati, in relazione ai quali il Comune ha motivato evidenziando che “le aree ed il chiosco, essendo collocati in strettissima dipendenza con gli impianti sportivi presenti, difficilmente possono o potranno consentire anche alla proprietà un uso e tanto meno interventi di natura edilizia di una qualsivoglia consistenza”.
Non limitandosi a richiamare l’avvenuta soddisfazione degli interessi pubblici già presi in considerazione in sede di pianificazione, per di più il Comune ha precisato che le aree in questione “sono indispensabili per garantire alla cittadinanza ed in particolare alle famiglie con bambini un’area di svago difficilmente realizzabile in luogo alternativo […]”.
21.3. Non risulta fondata, inoltre, la doglianza circa le “differenti destinazioni impresse nel corso degli anni agli immobili de quibus […], il che denota come l’interesse pubblico all’acquisizione di questi immobili non sia stato affatto predeterminato dall’amministrazione in maniera coerente e come, in definitiva, l’esproprio prima e l’acquisizione coattiva poi non fossero in realtà finalizzate al perseguimento di alcun reale interesse collettivo”; infatti – al contrario di quanto argomentato dall’appellante – proprio le asserite eterogenee destinazioni d’uso, impresse dal Comune agli immobili de quibus nel corso degli anni con atti che comunque non sono stati impugnati, dimostrano a fortiori come le aree in questione siano sempre state funzionali al miglior perseguimento dell’interesse pubblico comunale, affinché la cittadinanza disponesse di un’area verde limitrofa alle attrezzature sportive, anche in funzione di spazio ricreativo per anziani e per famiglie con bambini, unitamente allo svolgimento di progetti di inclusione sociale a favore di persone con disabilità, considerato oltretutto che tali destinazioni – a differenza di quanto sostenuto nell’appello – non appaiono affatto eterogenee ed incompatibili, ma anzi sono tutte rivolte alla migliore fruizione collettiva di un’area verde pubblica attrezzata, proprio in coerenza con la previsione urbanistica su cui si basava l’originario vincolo preordinato all’esproprio.
22. Il quarto motivo di gravame, con il quale viene lamentata una mancata pronuncia, da parte del Tar, sulla censura relativa alla insussistenza di una irreversibile trasformazione del fondo occupato sine titulo, è comunque infondato nel merito.
22.1. Infatti il concetto di “irreversibile trasformazione” del fondo occupato sine titulo era unicamente funzionale all’operare del meccanismo di quelle figure affermatesi nella prassi giurisprudenziale – rivelatesi non conformi ai principi costituzionali – al fine di giustificare l’acquisto a titolo originario, da parte della pubblica amministrazione, di un terreno occupato ed irreversibilmente trasformato.
22.2. L’articolo 42-bis del d.p.r. n. 327/2001 (e così anche il precedente articolo 43 del medesimo d.p.r. n. 327/2001) non ha dato rilievo alla ‘irreversibile trasformazione’ del fondo illegittimamente occupato dalla pubblica amministrazione, dal momento che il potere acquisitivo sorge, ai sensi del comma 1 del citato articolo, in tutti i casi in cui un fondo sia “modificato in assenza di un valido ed efficace provvedimento di esproprio o dichiarativo della pubblica utilità”, del tutto a prescindere dal fatto che tale “modifica” sia irreversibile o meno.
22.3. Il quarto motivo d’appello deve quindi essere respinto.
23. Il quinto motivo di gravame è improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse, dal momento che – come esposto dalla stessa appellante (pag. 21 dell’appello) – le indennità in favore delle parti private sono state oramai definitivamente liquidate dal Comune con determina n. 291 del 22 dicembre 2018, con la quale è stato altresì ordinato il deposito delle predette somme presso la Ragioneria generale dello Stato.
24. E’ invece fondato il sesto motivo d’appello nei limiti che ora si espongono.
24.1. E’ opportuno premettere in linea generale che, per costante giurisprudenza, le somme che la pubblica amministrazione è tenuta a liquidare e a pagare (o, in mancanza di accettazione, a depositare), per pervenire alla acquisizione del bene ai sensi dell’art. 42-bis del d.p.r. n. 327/2001 al proprio patrimonio indisponibile, hanno natura indennitaria e non risarcitoria, e che tale natura deve essere “affermata non solo in relazione alle somme qualificate dallo stesso legislatore come “indennizzo per il pregiudizio patrimoniale e non patrimoniale” per la perdita della proprietà del bene immobile, ma anche in relazione all’interesse del cinque per cento annuo sul valore venale dell’immobile, menzionato al comma 3 dell’art. 42-bis che ne prevede il pagamento “a titolo risarcitorio”, giacché si tratta di una voce del complessivo indennizzo per il pregiudizio patrimoniale previsto dal comma 1, il diritto al quale (nella sua integralità, comprensiva delle voci valore venale, pregiudizio non patrimoniale e interesse del cinque per cento annuo per il periodo di occupazione) sorge solo a seguito dell’adozione del provvedimento di espropriazione c.d. sanante, sicché l’uso dell’espressione “a titolo risarcitorio” costituisce mera imprecisione lessicale, che non altera la natura della corrispondente voce dell’indennizzo, il quale essendo unitario non può che avere natura unitaria” (Cons. Stato, sez. II, sent. n. 1087 del 2020), con la conseguenza che “in materia di espropriazione per pubblica utilità, deve rilevarsi come appartenga alla giurisdizione del giudice ordinario la controversia relativa alla determinazione e corresponsione dell’indennizzo previsto in relazione alla fattispecie di “acquisizione sanante” ex art. 42 -bis, D.P.R. n. 327/2001” (Cons. Stato, sez. IV, sent. n. 6074 del 2019).
Nella specie, in assenza di un appello incidentale dell’Amministrazione avverso la statuizione implicita del Tar sulla giurisdizione amministrativa, la Sezione non può che esaminare il motivo proposto.
24.2. Tanto premesso, il Collegio comunque osserva che la determinazione comunale n. 21 del 5 febbraio 2019, nella parte in cui ha liquidato le somme agli aventi diritto, facendo propria la quantificazione (euro 57.408,50) di cui al precedente decreto comunale prot. n. 598 del 22 gennaio 2015, non ha considerato – ai fini del calcolo del quantum da corrispondere a titolo di indennizzo – il periodo temporale intercorrente dalla data del suddetto decreto prot. n. 598/2015 (22 gennaio 2015) e la data in cui la determinazione n. 21/2019 è stata trascritta nei registri immobiliari (22 febbraio 2019), con conseguente formalizzazione del passaggio di proprietà delle aree in questione in favore del patrimonio comunale.
24.3. La determinazione comunale n. 21/2019 deve quindi essere annullata in parte qua, limitatamente alla parte in cui ha liquidato le somme da corrispondere all’odierna appellante, senza tener conto del tempo intercorso fino alla data di trascrizione del provvedimento acquisitivo (22 febbraio 2019).
24.4. Il Comune, pertanto, dovrà procedere ad una nuova quantificazione delle somme dovute pro quota alla sig.ra Maria Cristina Manzini, ed al riguardo il Collegio osserva in linea generale che:
i) il valore venale delle aree da acquisire al patrimonio pubblico, ai fini del ristoro del pregiudizio patrimoniale per la perdita della proprietà, deve essere calcolato alla data di adozione del provvedimento acquisitivo;
ii) ai fini del calcolo del pregiudizio sofferto per il mancato godimento delle aree, durante il pregresso periodo di occupazione illegittima, l’interesse del cinque per cento deve essere calcolato, salvi i casi di prescrizione, per ogni singola annualità.
25. Infondato è, infine, il settimo motivo d’appello dal momento che, nonostante l’ambigua formulazione letterale utilizzata dal Tar, la condanna alle spese di lite del primo grado di giudizio è stata disposta implicitamente nei confronti delle sole controparti costituite in giudizio, in ossequio alle regole generali sulla regolazione delle spese di lite.
25.1. Inoltre la censura è comunque improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse, dal momento che – come stabilito nel prosieguo – vi è integrale compensazione delle spese di lite del doppio grado di giudizio.
26. In definitiva l’appello n.r.g. 2134/2015 deve essere dichiarato improcedibile e l’appello n.r.g. 1643/2020 deve essere parzialmente accolto per quanto sopra esposto e, per l’effetto, in parziale riforma della sentenza del Tar per l’Emilia Romagna n. 871 del 2019 – che per il resto viene confermata -, devono essere accolti il quinto ed il sesto motivo di ricorso dedotti con il secondo ricorso per motivi aggiunti, nei limiti sopra esposti, con conseguente annullamento in parte qua della gravata determinazione comunale n. 21 del 5 febbraio 2019, limitatamente alla quantificazione della somma da corrispondere pro quota alla sig.ra Maria Cristina Manzini.
27. Stante la complessità della vicenda, sussistono giuste ragioni per compensare, per entrambi gli appelli riuniti, le spese di lite del doppio grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sugli appelli n.r.g. 2134/2015 e n.r.g. 1643/2020, come in epigrafe proposti:
– riunisce gli appelli n.r.g. 2134/2015 e n.r.g. 1643/2020;
– dichiara improcedibile l’appello n.r.g. 2134/2015;
– accoglie in parte l’appello n.r.g. 1643/2020 e, per l’effetto, in parziale riforma della sentenza impugnata, accoglie il quinto ed il sesto motivo del secondo ricorso per motivi aggiunti, ai sensi di cui in motivazione;
– conferma per il resto la gravata sentenza del Tar per l’Emilia Romagna n. 871 del 2019;
– compensa tra le parti, per entrambi gli appelli riuniti, le spese di lite del doppio grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 8 giugno 2021, ai sensi dell’art. 25 del decreto legge n. 137 del 2020, con l’intervento dei magistrati:
Luigi Maruotti, Presidente
Daniela Di Carlo, Consigliere
Nicola D’Angelo, Consigliere
Michele Pizzi, Consigliere, Estensore
Giuseppe Rotondo, Consigliere
 
L’ESTENSORE

Michele Pizzi

IL PRESIDENTE

Luigi Maruotti
 
 

IL SEGRETARIO

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