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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Diritto processuale penale, Diritto urbanistico - edilizia Numero: .41586 | Data di udienza: 15 Ottobre 2021

DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Reati edilizi (CILA) – Adempimento dell’obbligo di facere – Ordine di demolizione impartito dal giudice – Individuazione dei soggetti destinatari – Artt. 31, 44, 93 e 95 d.P.R. n.380/2001 – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Causa di estinzione del reato – Poteri e obblighi del giudice – Concetto di “constatazione” – Percezione “ictu oculi” – Art. 129 cod. proc. pen..


Provvedimento: SENTENZA
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 16 Novembre 2021
Numero: .41586
Data di udienza: 15 Ottobre 2021
Presidente: ROSI
Estensore: GALTERIO


Premassima

DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Reati edilizi (CILA) – Adempimento dell’obbligo di facere – Ordine di demolizione impartito dal giudice – Individuazione dei soggetti destinatari – Artt. 31, 44, 93 e 95 d.P.R. n.380/2001 – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Causa di estinzione del reato – Poteri e obblighi del giudice – Concetto di “constatazione” – Percezione “ictu oculi” – Art. 129 cod. proc. pen..



Massima

CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez.3^, 16 novembre 2021 (Ud. 15/10/2021), Sentenza n.41586

 

DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Reati edilizi (CILA) – Adempimento dell’obbligo di facere – Ordine di demolizione impartito dal giudice – Individuazione dei soggetti destinatari – Artt. 31, 44, 93 e 95 d.P.R. n.380/2001.

In tema di adempimento dell’obbligo di facere in cui si sostanzia l’ordine di demolizione, la sanzione accessoria può essere pronunciata nei confronti del proprietario o comunque di colui che materialmente dispone delle opere e che, pertanto, può provvedere all’adempimento, non potendosi la sua efficacia estendere nei confronti dei soggetti ad altro titolo coinvolti, quali il direttore dei lavori o gli esecutori materiali, per i quali la possibilità di adempiere sarebbe necessariamente subordinata alla volontà del proprietario, avendo costoro concorso alla realizzazione dell’abuso in virtù di un rapporto obbligatorio (vuoi di appalto, vuoi di prestazione d’opera, vuoi di lavoro dipendente o di altra tipologia) corrente con il titolare del diritto reale o del potere di fatto sul terreno o sull’immobile preesistente, che attesa la sua natura personale, è del tutto autonomo da quello che lega il proprietario o committente all’area su cui l’opera viene realizzata.

DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Causa di estinzione del reato – Poteri e obblighi del giudice – Concetto di “constatazione” – Percezione “ictu oculi” – Art. 129 cod. proc. pen..

In presenza di una causa di estinzione del reato il giudice è legittimato a pronunciare sentenza di assoluzione a norma dell’art. 129 comma secondo, cod. proc. pen. soltanto nei casi in cui le circostanze idonee ad escludere l’esistenza del fatto, la commissione del medesimo da parte dell’imputato e la sua rilevanza penale emergano dagli atti in modo assolutamente non contestabile, così che la valutazione che il giudice deve compiere al riguardo appartenga più al concetto di “constatazione”, ossia di percezione “ictu oculi”, che a quello di “apprezzamento” e sia quindi incompatibile con qualsiasi necessità di accertamento.

(annulla senza rinvio per prescrizione dei reati, sentenza in data 8/4/2019 – CORTE DI APPELLO DI NAPOLI) Pres. ROSI, Rel. GALTERIO, Ric. Mantova


Allegato


Titolo Completo

CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez.3^, 16/11/2021 (Ud. 15/10/2021), Sentenza n.41586

SENTENZA

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE

composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

omissis

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto da M. G.;

avverso la sentenza in data 8.4.2019 della CORTE DI APPELLO DI NAPOLI;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal consigliere Donatella Galterio;

lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Marilia di Nardo che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;

letta la memoria del difensore, avv. Raffaele Quaranta, che ha insistito per l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza in data 8.4.2019 la Corte di Appello di Napoli, in parziale riforma della pronuncia resa dal giudice di primo grado che aveva condannato Aniello Lanzuise, nella qualità di proprietario e committente, e G. Mantova, in veste di direttore dei lavori, per i reati di cui agli artt. 44 lett B), 93 e 95 d.P.R. 380/2001 per aver realizzato, in assenza di permesso di costruire e senza aver depositato gli elaborati progettuali presso il competente ufficio del Genio Civile come previsto per gli interventi in zona sismica, una tettoia di circa 80 mq a falda spiovente saldamente ancorata al suolo a mezzo di travi, ha assolto il proprietario con la formula perché il fatto non costituisce reato reputando incolpevole l’affidamento da costui riposto nel parere di conformità dell’ufficio tecnico comunale alla CILA inviatagli nel dicembre 2013 relativa al suddetto manufatto, mentre ha confermato la pena di due mesi di arresto ed € 6.000 di multa inflitta al Mantova sul rilievo che la sua veste di tecnico non gli consentiva di ritenere che una semplice comunicazione di inizio lavori potesse consentire la realizzazione dell’opera.

Ha altresì confermato l’ordine di demolizione e la sospensione condizionale della pena, pur escludendo la subordinazione dell’ordine demolitorio al beneficio di cui all’art. 163 cod. proc. pen..

2. Avverso il suddetto provvedimento l’imputato ha proposto, per il tramite del proprio difensore, ricorso per cassazione articolando tre motivi di seguito riprodotti nei limiti di cui all’art. 173 disp.att. cod.proc.pen..

2.1. Con il primo motivo lamenta la contraddittorietà della motivazione che nell’assolvere il committente e condannare il direttore dei lavori aveva operato un’ingiustificata discriminazione atteso che l’affidamento ingenerato dall’attestazione di conformità della CILA da parte dell’ufficio tecnico comunale specie a fronte dell’oscillazione giurisprudenziale sulla necessità del permesso di costruire per le tettoie cd. aperte come quella realizzata nella fattispecie doveva essere lo stesso qualunque ne fosse il destinatario e, semmai, al contrario determinare a fortiori la scusabilità dell’errore in cui era incorso l’imputato che proprio in virtù delle sue specifiche competenze era ben più consapevole rispetto ad un privato delle difformità dei pareri che avrebbero potuto essere espressi al riguardo.

Sostiene che peraltro il parere di conformità era stato dall’UTC inviato allo stesso imputato che comunque non avrebbe avuto alcun interesse, ove fosse stato a conoscenza della necessità di ottenere un permesso di costruire, a non renderne edotto il committente.

2.2. Con il secondo motivo contesta, in relazione al vizio di violazione di legge riferito all’art. 31 d.P.R. 380/2001 e al vizio motivazionale, la mancata revoca dell’ordine di demolizione nei propri confronti che non vantando alcun diritto reale né godendo di alcun potere di fatto sull’opera non consentiva di radicare in capo al medesimo alcun obbligo di facere su beni appartenenti al proprietario nei confronti del quale l’ordine demolitorio era stato invece revocato.

2.3. Con il terzo motivo eccepisce l’intervenuta prescrizione del reato per essere il relativo termine spirato in data 28.5.2019, chiedendo a questa Corte la relativa declaratoria di improcedibilità.

3. Con memoria in replica alla requisitoria scritta del Procuratore Generale che ha concluso per l’inammissibilità dell’impugnativa la difesa ha insistito nell’accoglimento del ricorso, contestando in particolare i precedenti giurisprudenziali citati dall’organo dell’accusa che ove correttamente interpretati esprimevano il principio sostenuto dal ricorrente secondo il quale l’ordine di demolizione deve essere eseguito nei confronti di chiunque si trovi in un rapporto con il bene derivante da un diritto reale o personale di godimento, certamente non configurabile in capo all’imputato.

CONSIDERATO IN DIRITTO

L’intervenuta prescrizione dei reati in contestazione per essere il relativo termine spirato, considerato quale dies a quo la data di accertamento indicata al 10.2.2011 in entrambi i capi di imputazione, il 28.5.2019, impone di valutare preliminarmente la corretta instaurazione del rapporto processuale per effetto della impugnazione in esame.

Dirimente al riguardo è la non manifesta infondatezza del secondo motivo con il quale si censura l’omessa revoca dell’ordine di demolizione nei confronti dell’imputato condannato nella veste di direttore tecnico dei lavori abusivi.

Se l’ordine in esame è stato ritualmente revocato nei confronti del proprietario committente stante l’assoluzione per insussistenza del fatto pronunciata nei suoi confronti, la sanzione accessoria in esame non poteva ciò nondimeno essere mantenuta nei confronti dell’imputato che, seppur condannato per i reati edilizi in contestazione, mai avrebbe potuto, in quanto esecutore materiale dell’opera abusiva procedere autonomamente alla demolizione di un manufatto sul quale non ha alcun diritto reale o di godimento, né un potere di fatto.

L’approdo cui è già pervenuta questa Corte, nell’affermare il principio secondo il quale il giudice, nel disporre la condanna dell’esecutore e/o del direttore dei lavori per il reato di cui all’art. 44 del d.P.R. n. 380/2001, non può subordinare il beneficio della sospensione condizionale della pena alla effettiva eliminazione delle opere abusive (Sez. 3, n. 17991 del 21/01/2014, Rv. 261497, negli stessi termini ribadito da Sez. 3, n. 41051 del 15/09/2015 – 13/10/2015, Fantaccini, Rv. 264976), si fonda sul rilievo, che di esso costituisce il necessario antecedente logico giuridico, che solo il proprietario, ai sensi dell’art. 31 del citato d.P.R., può ritenersi soggetto passivamente legittimato rispetto all’ordine di demolizione, non estendendosi quindi il relativo obbligo anche al direttore dei lavori.

Del resto, se è vero che il carattere reale della sanzione amministrativa prevista dall’art. 31 T.U. Edilizia fa sì che i suoi effetti ricadano al momento dell’esecuzione direttamente sul soggetto che è in rapporto con il bene vantando su di esso un diritto reale o di godimento a prescindere dagli atti traslativi intercorsi successivamente alla sua emanazione con la sentenza diventata irrevocabile, è altresì indiscutibile che sia proprio la suddetta natura reale unitamente al contenuto ripristinatorio dell’ordine ad imporre l’individuazione dei destinatari nei soli soggetti che abbiano un potere di fatto o che vantino un diritto reale o di godimento sul bene al momento della pronuncia o che siano ad essi subentrati al momento dell’esecuzione della sentenza di condanna, i quali soltanto possono perciò provvedere all’adempimento dell’obbligo di facere in cui si sostanzia l’ordine di demolizione.

Deve conseguentemente affermarsi con riferimento alla pronuncia della sanzione accessoria che la stessa può essere resa nei confronti del proprietario o comunque di colui che materialmente dispone delle opere e che, pertanto, può provvedere all’adempimento, non potendosi la sua efficacia estendere nei confronti dei soggetti ad altro titolo coinvolti, quali il direttore dei lavori o gli esecutori materiali, per i quali la possibilità di adempiere sarebbe necessariamente subordinata alla volontà del proprietario, avendo costoro concorso alla realizzazione dell’abuso in virtù di un rapporto obbligatorio (vuoi di appalto, vuoi di prestazione d’opera, vuoi di lavoro dipendente o di altra tipologia) corrente con il titolare del diritto reale o del potere di fatto sul terreno o sull’immobile preesistente, che attesa la sua natura personale, è del tutto autonomo da quello che lega il proprietario o committente all’area su cui l’opera viene realizzata.

Si impone, in difetto delle condizioni per l’adozione di una formula assolutoria nel merito stanti le censure di natura motivazionale di cui si compone il presente ricorso, l’annullamento della decisione in esame senza rinvio per essersi i reati estinti per prescrizione. Ed invero, come affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte, in presenza di una causa di estinzione del reato il giudice è legittimato a pronunciare sentenza di assoluzione a norma dell’art. 129 comma secondo, cod. proc. pen. soltanto nei casi in cui le circostanze idonee ad escludere l’esistenza del fatto, la commissione del medesimo da parte dell’imputato e la sua rilevanza penale emergano dagli atti in modo assolutamente non contestabile, così che la valutazione che il giudice deve compiere al riguardo appartenga più al concetto di “constatazione”, ossia di percezione “ictu oculi”, che a quello di “apprezzamento” e sia quindi incompatibile con qualsiasi necessità di accertamento (Sez. U, n. 35490 del 28/05/2009, Tettamanti, Rv. 244274). L’esito di tale valutazione nel caso in esame, non può che essere negativo laddove si consideri la doppia conforme valutazione di responsabilità in ordine al concorso doloso dell’imputato

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché i reati sono estinti per prescrizione

Così deciso il 15.10.2021

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