DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Convenzione di lottizzazione – Obblighi di cessione – Imprescrittibilità – Fondamento.
Provvedimento: Sentenza
Sezione: 2^
Regione: Lombardia
Città: Milano
Data di pubblicazione: 14 Dicembre 2021
Numero: 2800
Data di udienza: 23 Novembre 2021
Presidente: Caso
Estensore: De Vita
Premassima
DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Convenzione di lottizzazione – Obblighi di cessione – Imprescrittibilità – Fondamento.
Massima
TAR LOMBARDIA, Milano, Sez. 2^ – 14 dicembre 2021, n. 2800
DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Convenzione di lottizzazione – Obblighi di cessione – Imprescrittibilità – Fondamento.
Gli obblighi di cessione recati da una convenzione di lottizzazione ovvero dagli atti a questa assimilabili devo essere ritenuti imprescrittibili. Quanto al significato da attribuire agli artt. 16, 17 e 28 della legge urbanistica – secondo cui l’efficacia dei piani particolareggiati ha un termine entro il quale le opere debbano essere eseguite, che non può essere superiore a dieci anni – l’imposizione del termine suddetto va intesa nel senso che le attività dirette alla realizzazione dello strumento urbanistico, sia convenzionale che autoritativo, non possono essere attuate ai sensi di legge oltre un certo termine, scaduto il quale l’autorità competente riacquista il potere-dovere di dare un nuovo assetto urbanistico alle parti non realizzate, anche, in ipotesi, con una nuova convenzione di lottizzazione. Ne segue che, se, e fino a quando, tale potere non viene esercitato, l’assetto urbanistico dell’area rimane definito nei termini disposti con la convenzione di lottizzazione; tale interpretazione è conforme alle statuizioni dell’Adunanza plenaria, secondo cui le conseguenze della scadenza dell’efficacia del piano attuativo si esauriscono nell’ambito della sola disciplina urbanistica, non potendo invece incidere sulla validità ed efficacia delle obbligazioni assunte dai soggetti attuatori degli interventi che solo mediatamente trovano fonte nel piano urbanistico attuativo, radicandosi piuttosto nelle convenzioni urbanistiche, disciplinate dall’art. 11 della legge n. 167 del 1962, come modificato dalla legge n. 865 del 1971, ovvero negli atti d’obbligo accessivi al provvedimento di assegnazione (Cons. Stato, Adunanza plenaria, 20 luglio 2012, n. 28; Consiglio di Stato, IV, 7 ottobre 2021, n. 6717).
Pres. Caso, Est. De Vita – E. s.r.l. (avv.ti Boifava e Giacometti) c. Comune di Seregno (avv.ti Bertacco e Piscopo)
Allegato
Titolo Completo
TAR LOMBARDIA, Milano, Sez. 2^ - 14 dicembre 2021, n. 2800SENTENZA
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1576 del 2019, integrato da motivi aggiunti, proposto da
– Ecosan S.r.l., in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa dagli Avv.ti Maurizio Boifava ed Enzo Giacometti e domiciliata ai sensi dell’art. 25 cod. proc. amm.;
contro
– il Comune di Seregno, in persona del Sindaco pro-tempore, rappresentato e difeso dagli Avv.ti Paolo Bertacco e Vincenzo Andrea Piscopo ed elettivamente domiciliato presso lo studio del primo in Milano, Via San Damiano n. 9;
per l’annullamento
quanto al ricorso introduttivo:
– dell’ordinanza n. 137 del 29 maggio 2019 del Comune di Seregno, comunicata via p.e.c. in pari data, recante ingiunzione al ripristino dello stato dei luoghi a causa della mancata realizzazione di spazi per parcheggio ad uso pubblico previsti in convenzione;
– e per la declaratoria, in via principale e/o incidentale, dell’intervenuta prescrizione dei diritti e delle azioni nascenti dalla convenzione inter partes stipulata in data 21 settembre 2005;
quanto al ricorso per motivi aggiunti:
– dell’ordinanza dirigenziale n. 53 del 2 marzo 2020 del Comune di Seregno, comunicata via p.e.c. in pari data, recante irrogazione della sanzione pecuniaria per inottemperanza all’ordinanza dirigenziale n. 137 del 29 maggio 2019, impugnata col ricorso principale;
quanto al ricorso ex art. 55, comma 3, cod. proc. amm.:
– della nota dirigenziale del 16 dicembre 2020 del Comune di Seregno, avente ad oggetto Ordinanza n. 137/2019 «Sopralluogo via San Giuseppe n. 31 – “Tessuto dell’economia/produttivo” del PGT vigente, area asservita a parcheggio di uso pubblico (fg. 49 mappale 142). Individuazione dell’area oggetto di acquisizione al patrimonio comunale”».
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Seregno;
Vista l’ordinanza n. 77/2021 con cui è stata respinta la domanda cautelare proposta dalla parte ricorrente;
Vista l’ordinanza n. 1383/2021 con cui la Sesta Sezione del Consiglio di Stato ha riformato la pronuncia cautelare di primo grado, accogliendo la richiesta di sospensione proposta dalla parte ricorrente;
Visti tutti gli atti della causa;
Designato relatore il consigliere Antonio De Vita;
Uditi, all’udienza pubblica del 23 novembre 2021, i difensori delle parti, come specificato nel verbale;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.
FATTO
1. Con ricorso introduttivo notificato in data 16 luglio 2019 e depositato il 17 luglio successivo, la società ricorrente ha impugnato l’ordinanza n. 137 del 29 maggio 2019 del Comune di Seregno, comunicata via p.e.c. in pari data, recante ingiunzione al ripristino dello stato dei luoghi a causa della mancata realizzazione di spazi per parcheggio ad uso pubblico previsti in convenzione.
La società ricorrente svolge da diversi anni l’attività di recupero e smaltimento di rifiuti presso un’area di proprietà sita nel Comune di Seregno in Via S. Giuseppe n. 31 (mappali nn. 133, 142 e 194 del foglio n. 49). In data 23 febbraio 2005, la società all’epoca titolare del mappale n. 133 del foglio 49, Rotomar S.r.l., presentava una denuncia di inizio attività alternativa al permesso di costruire per la costruzione di un fabbricato ad uso deposito (P.E. n. 82/2005, prot. n. 12193 del 24 febbraio 2005). Qualche mese dopo la presentazione della d.i.a. n. 12193/2005, la società Rotomar S.r.l. cedeva il mappale de qua alla società Intesa Leasing S.p.A. che, contemporaneamente, stipulava con l’odierna ricorrente Ecosan S.r.l. un contratto di locazione finanziaria per l’utilizzazione dell’area. In conformità alle disposizioni contenute nell’art. 3.2.2 delle N.T.A. del P.R.G. vigente ratione temporis, la possibilità di edificazione era subordinata alla sottoscrizione di un atto di impegno unilaterale, con cui le richiamate società avrebbero dovuto assoggettare una superficie di 258,40 mq (ricadente sul mappale 142 del foglio 49) a servitù perpetua di uso pubblico; in conseguenza di ciò, in data 21 settembre 2005, Intesa Leasing ed Ecosan stipulavano – quale atto presupposto e integrante rispetto al titolo edilizio per la costruzione del fabbricato sul mappale n. 133 del foglio 49 – un atto di asservimento di parte dell’area individuata al mappale 142 del foglio 49, “senza alcun compenso né indennità di sorta, né presentemente né in futuro, a servitù perpetua di parcheggio pubblico …”. Dopo l’acquisto, avvenuto nel 2011, da parte della ricorrente Ecosan dell’area di cui al mappale n. 142 del foglio 49, il Comune ha rilasciato alla predetta un permesso di costruire (n. 45/2012) “per l’esecuzione dei lavori di realizzazione tratti di recinzione”; in seguito alle verifiche compiute dai tecnici comunali, sono state rilevate delle difformità rispetto a quanto assentito, ossia (i) l’allargamento, mediante asfaltatura, dell’accesso carrabile esistente e (ii) la realizzazione, mediante il deposito di terra e ghiaia, di un nuovo spazio adibito a parcheggio, incompatibili con l’esistenza del parcheggio asservito all’uso pubblico precedentemente realizzato su parte del mappale n. 142 del foglio 49. Con l’ordinanza n. 252 del 1° dicembre 2014, il Comune ha ingiunto il ripristino dello stato dei luoghi (il ricorso averso la predetta ordinanza è stato respinto da questo Tribunale sentenza n. 1351 del 16 giugno 2017, non sospesa dal Consiglio di Stato in sede di appello cautelare). In seguito all’effettuazione di un ulteriore sopralluogo, i tecnici comunali hanno verificato il mancato ripristino degli spazi da destinare a parcheggio ad uso pubblico e l’installazione di un cancello carraio all’ingresso dell’area di proprietà. In conseguenza di ciò, l’Amministrazione comunale, con ordinanza n. 137 del 29 maggio 2019 ha ingiunto alla ricorrente “di procedere alla eliminazione delle opere abusivamente realizzate e alla rimessa in pristino dello stato delle aree oggetto del rilevato intervento, entro il termine di novanta giorni …”, pena l’acquisizione gratuita delle aree interessate al patrimonio comunale.
Assumendo l’illegittimità del predetto provvedimento, la ricorrente ne ha chiesto l’annullamento, in primo luogo, per violazione di legge ed eccesso di potere da sviamento quanto alla qualificazione della fattispecie di causa che rientrerebbe in una ipotesi di inadempimento di obbligo contrattuale e non potrebbe essere ricondotta ad una ipotesi di abuso edilizio per variazione essenziale al progetto approvato.
Ulteriormente è stata dedotta l’intervenuta prescrizione del diritto del Comune alla realizzazione del parcheggio secondo la convenzione inter partes.
Infine, è stata dedotta l’omessa comunicazione dell’avvio del procedimento.
Si è costituito in giudizio il Comune di Seregno, che ha chiesto il rigetto del ricorso.
2. Con ricorso per motivi aggiunti, notificato in data 5 maggio 2020 e depositato il 6 maggio successivo, la ricorrente ha altresì impugnato l’ordinanza dirigenziale n. 53 del 2 marzo 2020 del Comune di Seregno, comunicata via p.e.c. in pari data, recante irrogazione della sanzione pecuniaria per inottemperanza all’ordinanza dirigenziale n. 137 del 29 maggio 2019, gravata con il ricorso principale.
Tale provvedimento è scaturito dal sopralluogo effettuato, in data 30 gennaio 2020, dalla Polizia locale del Comune di Seregno che ha verificato il mancato ripristino dello status quo ante e la permanenza delle opere abusivamente realizzate.
Avverso la predetta ordinanza sono state dedotte censure di illegittimità derivata rispetto all’atto impugnato con il ricorso introduttivo, oltre che di illegittimità propria.
3. In data 16 dicembre 2020, il Comune di Seregno ha trasmesso alla ricorrente Ecosan S.r.l. una nota, con cui ha segnalato che i tecnici comunali e gli agenti della Polizia locale si sarebbero recati presso l’area oggetto delle pregresse ordinanze il 14 gennaio 2021, per verificare l’ottemperanza di quanto disposto dall’ordinanza n. 137/2019 e procedere all’individuazione dell’area oggetto di acquisizione al patrimonio comunale.
Quindi, la ricorrente, con istanza ex art. 55, comma 3, cod. proc. amm., notificata in data 17 dicembre 2020 e depositata in pari data, ha chiesto la sospensione dell’atto impugnato con il ricorso principale, ovvero l’adozione di idonee misure cautelari.
4. Con l’ordinanza n. 77/2021 è stata respinta la domanda cautelare proposta dalla parte ricorrente; con l’ordinanza n. 1383/2021, la Sesta Sezione del Consiglio di Stato ha riformato la pronuncia cautelare di primo grado, accogliendo la richiesta di sospensione proposta dalla parte ricorrente.
In prossimità dell’udienza di trattazione del merito della controversia, i difensori delle parti hanno depositato memorie e documentazione a sostegno delle rispettive posizioni.
Alla pubblica udienza del 23 novembre 2021, su conforme richiesta dei difensori delle parti, la controversia è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1. I ricorsi, da trattare contestualmente in quanto aventi pressoché identico contenuto, sono infondati.
2. Con il primi due motivi del ricorso introduttivo e del ricorso per motivi aggiunti, da trattare congiuntamente stante la loro stretta connessione, si assume l’uso distorto e capzioso del potere sanzionatorio comunale in ambito edilizio, non ricorrendo alcuno dei suoi presupposti applicativi nella presente fattispecie, dovendosi piuttosto ricondurre la mancata realizzazione del parcheggio pubblico da parte della ricorrente ad una ipotesi di inadempimento (contrattuale) alla convenzione di asservimento, datata 21 settembre 2005; difatti, l’art. 6 del predetto atto autorizzava il Comune, in caso di mancato o irregolare adempimento degli impegni assunti dalla parte privata, a far eseguire direttamente sia le opere di costruzione che le opere di manutenzione qualora quest’ultima non vi avesse provveduto entro il termine stabilito dalla stessa Amministrazione comunale. Peraltro, essendo trascorsi più di 10 anni dal termine di adempimento dell’obbligo di facere, ossia dal rilascio del certificato di agibilità, avvenuto in data 7 febbraio 2006, si sarebbe altresì estinto per prescrizione il diritto azionato dal Comune, come pure il suo potere sanzionatorio (anche) di natura pecuniaria.
2.1. Le doglianze sono complessivamente infondate.
Deve evidenziarsi che, in data 21 settembre 2005, al fine di rendere conforme all’art. 3.2.2 delle N.T.A. del P.R.G. vigente ratione temporis – che prevedeva la cessione o l’asservimento di aree a parcheggio al fine di ottenere il rilascio di concessioni edilizie per interventi di nuova costruzione – la denuncia di inizio attività alternativa al permesso di costruire per la costruzione di un fabbricato ad uso deposito (P.E. n. 82/2005, prot. n. 12193 del 24 febbraio 2005: all. 5 del Comune), la società ricorrente, unitamente alla sua dante causa, Intesa Leasing S.p.A., ha stipulato in data 21 settembre 2005 – quale atto presupposto e integrante rispetto al titolo edilizio per la costruzione del fabbricato sul mappale n. 133 del foglio 49 – un atto di asservimento di parte dell’area individuata al mappale 142, assoggettandola “senza alcun compenso né indennità di sorta, né presentemente né in futuro, a servitù perpetua di parcheggio pubblico …” (cfr. Atto Notarile Repertorio n. 40829, Registrato a Desio in data 6 ottobre 2005, e planimetria allegata nella parte identificata in colore azzurro: all. 2 al ricorso).
Con il predetto atto di asservimento si è perfezionata la fattispecie edilizia, rendendo efficace la d.i.a. alternativa al permesso di costruire (cfr. all. 6 del Comune; in giurisprudenza T.A.R. Lombardia, Milano, II, 24 novembre 2021, n. 2603).
Difatti l’atto unilaterale d’obbligo, pur provenendo da soggetti privati, si inserisce nella sequenza procedimentale destinata a sfociare nel provvedimento finale dell’Amministrazione (oppure, come avviene in relazione alla s.c.i.a., concorre al perfezionamento della fattispecie avviata dallo stesso privato con la propria originaria istanza e rende in tal modo possibile il prodursi degli effetti che la legge riconnette a siffatto modus procedendi: art. 19, comma 1, della legge n. 241 del 1990), in tal modo perdendo la sua connotazione di carattere privatistico e divenendo un elemento costitutivo della fattispecie complessa di natura autoritativa: «l’atto con il quale un proprietario-costruttore si sia impegnato nei confronti del Comune, ai fini del rilascio della concessione edilizia, a conferire una particolare destinazione a determinate superfici non costituisce un contratto di diritto privato, non è riconducibile alla figura del contratto a favore di terzi, di cui all’articolo 1411 cod. civ., né ha specifica autonomia e natura di fonte negoziale del regolamento dei contrapposti interessi delle parti stipulanti, configurandosi come atto intermedio del procedimento amministrativo volto al conseguimento del provvedimento finale, dal quale promanano poteri autoritativi della pubblica amministrazione» (Cass. civ., II, 18 settembre 2013, n. 21396; anche Cass., SS.UU., 20 aprile 2007, n. 9360; Consiglio di Stato, IV, 21 giugno 2021, n. 4766; II, 6 aprile 2021, n. 2773; IV, 26 novembre 2013, n. 5628; T.A.R. Lombardia, Milano, II, 1° giugno 2020, n. 980). Del resto «l’atto d’obbligo, seppure riconducibile al modulo negoziale, non si esaurisce nello stesso, in quanto “accessivo” rispetto al titolo edilizio che lo ingloba» (Consiglio di Stato, II, 19 gennaio 2021, n. 579). Quindi la mancata attuazione degli impegni assunti attraverso l’atto di asservimento rende legittimo – e altresì necessario – l’intervento sanzionatorio comunale, attraverso il quale deve essere ripristinata – o posta in essere per la prima volta – la condizione, la cui realizzazione era stata assunta dalla parte istante, cui era subordinato il rilascio del titolo edilizio o la sua formazione in seguito al decorso del tempo (cfr. T.A.R. Lombardia, Milano, II, 24 novembre 2021, n. 2603).
Del resto, secondo una condivisibile giurisprudenza, “gli obblighi di facere (realizzare le opere di urbanizzazione) e di dare (…) sono assunti, infatti, a fronte dell’esercizio dell’attività di pianificazione da parte del comune e dei vantaggi astrattamente ritraibili dagli investitori dall’esercizio di questa potestà” (Consiglio di Stato, IV, 16 luglio 2021, n. 5358) e deve essere garantita la loro permanenza e attuazione nel corso del tempo, con la conseguenza che un inadempimento del privato determina uno squilibrio nell’assetto del territorio cui deve essere posto rimedio o dando attuazione ai ridetti obblighi o rimuovendo l’intervento edilizio e i suoi effetti.
Quanto in precedenza evidenziato rende infondate le censure proposte dalla società ricorrente avverso gli atti comunali impugnati, poiché il mancato concreto asservimento dell’area a parcheggio pubblico (o la sua rimozione in un momento successivo all’avvenuto asservimento), dimostrato anche dall’installazione di un cancello all’ingresso dell’area di proprietà, tale da impedirvi l’accesso a coloro che volessero utilizzare il parcheggio ad uso pubblico, concretizza una violazione edilizia rispetto a quanto legittimamente assentito attraverso la d.i.a. alternativa al permesso di costruire n. 12193 del 24 febbraio 2005.
Quanto alla sanzione pecuniaria, adottata ai sensi dell’art. 31, comma 4 bis, del D.P.R. n. 380 del 2001, essendo la stessa diretta a reprimere la mancata ottemperanza all’ordine di rimessione in pristino del 29 maggio 2019, risulta certamente tempestiva rispetto a tale ultimo provvedimento. In ogni caso, come già evidenziato dalla Sezione, laddove la violazione edilizia risulti ancora in essere, come nella specie, la stessa giustifica anche l’adozione della sanzione pecuniaria di cui al richiamato art. 31, comma 4 bis, del D.P.R. n. 380 del 2001, essendosi al cospetto di una violazione correlata ad un illecito permanente (cfr. T.A.R. Lombardia, Milano, II, 20 agosto 2019, n. 1909).
2.2. Ad abundantiam, deve rilevarsi che non ha fondamento nemmeno l’eccezione di intervenuta prescrizione dell’obbligazione assunta dalla ricorrente per decorso del termine decennale dal conseguimento dell’agibilità (7 febbraio 2006: all. 4 al ricorso), visto che gli effetti obbligatori discendenti dalle convenzioni urbanistiche o dagli atti ad equiparati non sono soggetti a scadenza, a differenza del regime urbanistico conseguente alla pianificazione attuativa o al rilascio del titolo edilizio.
Secondo una recente giurisprudenza, difatti, «gli obblighi di cessione recati da una convenzione di lottizzazione ovvero dagli atti a questa assimilabili devo essere ritenuti imprescrittibili (cfr. Cons. St., sez. IV, 26 agosto 2014, n. 4278; sez. IV, 30 novembre 2015, n. 5413; da ultimo, sez. IV, 26 febbraio 2019, n. 1341; sez. IV, n. 3672 del 14 giugno 2018; sez V, 31 agosto 2017, n. 4144), atteso che:
c.1) quanto al significato da attribuire agli artt. 16, 17 e 28 della legge urbanistica – secondo cui l’efficacia dei piani particolareggiati ha un termine entro il quale le opere debbano essere eseguite, che non può essere superiore a dieci anni – “l’imposizione del termine suddetto va intesa nel senso che le attività dirette alla realizzazione dello strumento urbanistico, sia convenzionale che autoritativo, non possono essere attuate ai sensi di legge oltre un certo termine, scaduto il quale l’autorità competente riacquista il potere-dovere di dare un nuovo assetto urbanistico alle parti non realizzate, anche, in ipotesi, con una nuova convenzione di lottizzazione. Ne segue che, se, e fino a quando, tale potere non viene esercitato, l’assetto urbanistico dell’area rimane definito nei termini disposti con la convenzione di lottizzazione (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 19 febbraio 2007, n. 851)” (sentenza n. 4278/2014, cit.);
c.2) tale interpretazione è conforme alle statuizioni dell’Adunanza plenaria, secondo cui le conseguenze della scadenza dell’efficacia del piano attuativo “si esauriscono […] nell’ambito della sola disciplina urbanistica, non potendo invece incidere sulla validità ed efficacia delle obbligazioni assunte dai soggetti attuatori degli interventi che solo mediatamente trovano fonte nel piano urbanistico attuativo (nel caso di specie, piano di zona), radicandosi piuttosto nelle convenzioni urbanistiche, disciplinate dall’art. 11 della legge n. 167 del 1962, come modificato dalla legge n. 865 del 1971, ovvero negli atti d’obbligo accessivi al provvedimento di assegnazione” (Cons. Stato, Adunanza plenaria, 20 luglio 2012, n. 28)» (Consiglio di Stato, IV, 7 ottobre 2021, n. 6717).
2.3. Ne discende il rigetto delle suesposte doglianze.
3. Con la terza censura del ricorso introduttivo si assume l’illegittimità dell’ordinanza comunale di rimessione in pristino per l’omessa comunicazione dell’avvio del procedimento.
3.1. La doglianza è infondata.
Secondo un costante indirizzo giurisprudenziale, da cui non vi è ragione di discostarsi, “l’esercizio del potere repressivo degli abusi edilizi costituisce manifestazione di attività amministrativa doverosa, con la conseguenza che i relativi provvedimenti, quali l’ordinanza di demolizione, costituiscono atti vincolati per la cui adozione non è necessario l’invio della comunicazione di avvio del procedimento né del preavviso di rigetto, non essendovi spazio per momenti partecipativi del destinatario dell’atto” (T.A.R. Lombardia, Milano, II, 9 marzo 2021, n. 619; 21 luglio 2020, n. 1394; 6 agosto 2018, n. 1946; 5 marzo 2018, n. 616; altresì Consiglio di Stato, VI, 29 novembre 2012, n. 6071; 24 settembre 2010, n. 7129).
3.2. Oltretutto la difesa della ricorrente non ha specificato quali elementi determinanti avrebbe voluto introdurre nel procedimento, al fine di infirmare la validità dell’ordinanza impugnata.
Pertanto, legittimamente si è ritenuto che le norme in materia di partecipazione al procedimento amministrativo non debbano essere applicate meccanicamente e formalisticamente, dovendo essere invece essere interpretate in senso sostanziale, coordinando in modo ragionevole e sistematico principi di legalità, imparzialità e buon andamento ed i corollari di economicità e speditezza dell’azione amministrativa, così che la mancata comunicazione di avvio del procedimento ed anche la mancata nomina del responsabile del procedimento non possono determinare sic et simpliciter l’annullamento del provvedimento, allorquando l’interessato sia venuto comunque a conoscenza dei fatti posti a fondamento del provvedimento sfavorevole ai suoi interessi ed abbia avuto la possibilità di svolgere osservazioni e controdeduzioni. Ciò senza contare che, ai sensi dell’art. 21 octies della legge n. 241 del 1990, un provvedimento non è annullabile per il mancato rispetto della normativa sul procedimento, qualora si tratti di atto vincolato o comunque l’Amministrazione dimostri in giudizio che il suo contenuto non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato (Consiglio di Stato, V, 21 giugno 2013, n. 3402; T.A.R. Lombardia, Milano, II, 9 marzo 2021, n. 619; 18 settembre 2018, n. 2098).
3.3. Pertanto, la scrutinata doglianza va respinta.
4. All’infondatezza degli esaminati motivi, segue la reiezione del ricorso introduttivo e del ricorso per motivi aggiunti.
5. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando, respinge i ricorsi indicati in epigrafe.
Condanna la ricorrente al pagamento delle spese di giudizio in favore del Comune di Seregno nella misura di € 3.000,00 (tremila/00), oltre oneri e spese generali.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Milano nella camera di consiglio del 23 novembre 2021 con l’intervento dei magistrati:
Italo Caso, Presidente
Antonio De Vita, Consigliere, Estensore
Lorenzo Cordi’, Referendario
L’ESTENSORE
Antonio De Vita
IL PRESIDENTE
Italo Caso
IL SEGRETARIO