+39-0941.327734 abbonati@ambientediritto.it
Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Armi, Internet Reati Processo Numero: 47126 | Data di udienza: 20 Ottobre 2021

INTERNET E REATI INFORMATICI – Trattamento dati sensibili – Finalità di informazione giuridica su riviste giuridiche – Facoltà dell’interessato di chiedere l’oscuramento dei dati all’Autorità giudiziaria “per motivi legittimi” – Definizione e limiti di “motivi legittimi” o di “motivi opportuni” – Decisione del giudice – Equilibrato bilanciamento tra esigenze di riservatezza del singolo e pubblicità della sentenza – Art. 52 del d.lgs. 196/2003 – ARMI – Licenza scaduta – Reato di porto illegale di arma comune da sparo – Trasporto per un breve tragitto – Configurabilità degli artt. 4 e 7, L. n. 895/1967.


Provvedimento: SENTENZA
Sezione: 1^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 24 Dicembre 2021
Numero: 47126
Data di udienza: 20 Ottobre 2021
Presidente: TARDIO
Estensore: TALERICO


Premassima

INTERNET E REATI INFORMATICI – Trattamento dati sensibili – Finalità di informazione giuridica su riviste giuridiche – Facoltà dell’interessato di chiedere l’oscuramento dei dati all’Autorità giudiziaria “per motivi legittimi” – Definizione e limiti di “motivi legittimi” o di “motivi opportuni” – Decisione del giudice – Equilibrato bilanciamento tra esigenze di riservatezza del singolo e pubblicità della sentenza – Art. 52 del d.lgs. 196/2003 – ARMI – Licenza scaduta – Reato di porto illegale di arma comune da sparo – Trasporto per un breve tragitto – Configurabilità degli artt. 4 e 7, L. n. 895/1967.



Massima

CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez.1^, 24 dicembre 2021 (Ud. 20/10/2021), Sentenza n.47126

INTERNET E REATI INFORMATICI – Trattamento dati sensibili – Finalità di informazione giuridica su riviste giuridiche – Facoltà dell’interessato di chiedere l’oscuramento dei dati all’Autorità giudiziaria “per motivi legittimi” – Definizione e limiti di “motivi legittimi” o di “motivi opportuni” – Decisione del giudice – Equilibrato bilanciamento tra esigenze di riservatezza del singolo e pubblicità della sentenza – Art. 52 del d.lgs. 196/2003.

In tema di trattamento dati sensibili, l’art. 52 del d.lgs. 196/2003, riconosce all’interessato la facoltà di chiedere all’Autorità giudiziaria “per motivi legittimi” che sia apposta sulla sentenza o sul provvedimento di cui trattasi, a cura della cancelleria, l’annotazione “volta a precludere, in caso di riproduzione della sentenza o provvedimento in qualsiasi forma, per finalità di informazione giuridica su riviste giuridiche, supporti elettronici o mediante reti di comunicazione elettronica, l’indicazione delle generalità e di altri dati identificativi del medesimo interessato riportati sulla sentenza o provvedimento”. Sicché, l”espressione “motivi legittimi” deve essere intesa come sinonimo di “motivi opportuni”: donde la particolare ampiezza, a ragion veduta non predeterminata dal legislatore all’interno di schemi rigidi, delle ragioni che possono essere addotte a sostegno della richiesta di oscuramento dei dati, fermo restando che l’accoglimento della richiesta medesima potrà intervenire ogniqualvolta l’Autorità Giudiziaria ravviserà un equilibrato bilanciamento tra esigenze di riservatezza del singolo e pubblicità della sentenza, la quale ultima costituisce un necessitato corollario del principio costituzionale dell’amministrazione della giustizia, esercitata nel nome del popolo italiano. Nella specie, i “dati sensibili”, sono individuati dalla legge che – all’art. 4, comma 1, lettera d), del d.lgs. n. 196/2003 – li definisce come “i dati personali idonei a rivelare l’origine razziale ed etnica, le convinzioni religiose, filosofiche o di altro genere, le opinioni politiche, l’adesione a partiti, sindacati, associazioni od organizzazioni a carattere religioso, filosofico, politico o sindacale, nonché i dati personali idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale”.

ARMI – Licenza scaduta – Reato di porto illegale di arma comune da sparo – Trasporto per un breve tragitto – Configurabilità degli artt. 4 e 7, L. n. 895/1967.

Integra il reato di porto illegale di arma comune da sparo, previsto dagli artt. 4 e 7, legge 2 ottobre 1967, n. 895, il porto, in luogo pubblico o aperto al pubblico, di un’arma comune da sparo da parte di un soggetto munito di licenza scaduta, anche solo per un breve tragitto (nella specie, da casa in caserma).

(rigetta il ricorso avverso sentenza del 17/02/2020 della CORTE APPELLO di L’AQUILA) Pres. TARDIO, Rel. TALERICO, Ric. Paduano


Allegato


Titolo Completo

CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez.1^, 24/12/2021 (Ud. 20/10/2021), Sentenza n.47126

SENTENZA

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA PENALE

composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

omissis

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso proposto da PADUANO DONATELLO nato a CAMPOBASSO;

avverso la sentenza del 17/02/2020 della CORTE APPELLO di L’AQUILA;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere PALMA TALERICO;

si è proceduto alla trattazione del processo con contraddittorio scritto, ai sensi dell’art. 23, comma 8, d.l. n. 137/2020 e successive proroghe, in assenza di richiesta delle parti di discussione orale;

il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore GIANLUIGI PRATOLA, ha concluso per iscritto, chiedendo dichiararsi inammissibile il ricorso e condannarsi l’imputato al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende;

il difensore dell’imputato ha concluso per iscritto, chiedendo l’annullamento della sentenza impugnata con ogni consequenziale pronuncia in ordine alla formula assolutoria.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 17 febbraio 2020, la Corte di appello dell’Aquila confermava la pronuncia resa in data 9.7.2018 dal Tribunale di Chieti, con la quale Paduano Donatello era stato assolto dall’imputazione di cui agli artt. 4 e 7 della legge n. 895 del 1967 (per avere portato in luogo pubblico la pistola semiautomatica Glock calibro 9 per 21 senza essere in possesso della prescritta licenza perché scaduta di validità) perché il fatto non costituisce reato.

Secondo la ricostruzione effettuata dalle due sentenze di merito, i fatti si erano svolti nel seguente modo: i Carabinieri della stazione di Chieti, officiati dalla Prefettura, avevano convocato il Paduano, investigatore privato di professione, per ottenere che questi regolarizzasse (mediante l’applicazione della dovuta marca da bollo) l’istanza di rinnovo del porto d’armi, nel frattempo scaduto; il Paduano si era presentato in caserma il 23.7.2015 e aveva rappresentato di avere con sé la pistola, esibendola al maresciallo Scarcia, il quale, proprio perché la licenza annuale di porto d’armi non era valida, aveva proceduto a sequestrarla e a effettuare la comunicazione della notizia di reato.

Condividevano i giudici di appello la decisione di primo grado, che, pur ritenendo integrata la condotta materiale del reato, aveva escluso la sussistenza in capo al Paduano dell’elemento soggettivo; specificavano che la prova riguardante la materialità del fatto non poteva essere posta in discussione dagli argomenti difensivi e a tal proposito evidenziavano che: ai fini dell’integrazione del delitto non è richiesta una sorta di abitualità della condotta, rilevando ciascun fatto singolo come violazione del precetto penale e non esigendosi la prova che il prevenuto fosse “andato in giro armato sino alla data del sequestro, pur avendo la licenza scaduta”; priva di prego doveva ritenersi l’eccezione con la quale si vorrebbe porre in discussione la stabilità della detenzione dell’arma in capo al Paduano, che ne era il proprietario; non poteva affermarsi che l’imputato avesse portato con sé l’arma perché richiesto dall’autorità, essendo stato chiarito che la convocazione era stata fatta in termini aspecifici, in ragione esclusivamente della necessità di effettuare comunicazioni.

2. Avverso detta sentenza, il difensore di fiducia del Paduano, avvocata Danielle Mastrangelo, ha proposto ricorso per cassazione, formulando i seguenti motivi di impugnazione.

2.1. Dopo aver rappresentato la sussistenza di un interesse concreto e attuale in capo all’imputato a proporre ricorso, correlato agli effetti pregiudizievoli della sentenza impugnata in relazione al buon esito di una futura procedura prefettizia per il rilascio della licenza di porto d’armi e svolto una esposizione dei fatti di causa, il ricorrente, con il primo motivo (rubricato sub n. 4) ha dedotto “inosservanza ed erronea applicazione della legge penale ai sensi dell’art. 606, lett. b), cod. proc. pen.”.

La condotta dell’imputato, secondo la difesa, sarebbe stata erroneamente ritenuta integrante il reato in contestazione nella sua materialità, che, al contrario, sarebbe assolutamente carente, essendo la vicenda contraddistinta esclusivamente da una mera irregolarità relativa alla mancanza della marca da bollo sulla richiesta di rinnovo del porto d’armi, inidonea a inficiare la correttezza e l’efficacia della procedura di rinnovo.

La condotta dell’imputato sarebbe, altresì, carente dell’indispensabile requisito dell’offensività, atteso che il comportamento del predetto, consistente nel recare con sé l’arma nel breve tragitto da casa in caserma, non potrebbe assurgere a condotta materiale del reato in contestazione, non avendo comportato alcuna sostanziale e concreta lesione o messa in pericolo, neanche potenziale, al bene giuridico tutelato.

2.2. Con il secondo motivo (rubricato sub n. 5), il ricorrente ha dedotto “inosservanza ed erronea applicazione di altre norme giuridiche di cui si deve tenere conto nell’applicazione della legge penale, ai sensi dell’art. 606 lett. b) cod. proc. pen.”.

Secondo la difesa, l’irregolarità della richiesta di rinnovo della licenza di porto d’armi per mancanza della marca da bollo avrebbe potuto al più condurre a un ritiro cautelare dell’arma ai sensi dell’art. 39 T.U.L.P.S. e non a un sequestro di iniziativa ex art. 354 cod. proc. pen..

2.3. Con il terzo motivo (rubricato sub n. 6), il ricorrente ha dedotto “inosservanza ed erronea applicazione della legge penale ai sensi dell’art. 606 lett., b) cod. proc. pen., con riferimento a principio giurisprudenziale introdotto dalla sentenza nr. 46005/2014”.

Ha, al riguardo, sostenuto che, secondo quanto statuito nella citata pronuncia della Corte di cassazione, la detenzione da parte dell’imputato della pistola nel breve tragitto tra la propria abitazione e la caserma non avrebbe integrato l’elemento materiale del reato in contestazione.

2.4. Con il quarto motivo (rubricato sub n. 7), il ricorrente ha dedotto “mancanza della motivazione risultante dal testo del provvedimento impugnato ex art. 606 lett. e) cod. proc. pen.”, in quanto la circostanza che l’imputato fosse il proprietario dell’arma in questione sarebbe assolutamente irrilevante in relazione al profilo della materialità della condotta addebitatagli e, inoltre, l’argomentare della sentenza impugnata sarebbe assolutamente carente, mancando una specifica confutazione delle censure difensive.

2.5. Il ricorrente ha, infine, chiesto che venga apposta a cura della Cancelleria sull’originale della sentenza o del provvedimento l’annotazione di cui all’art. 52 D.Lgs. n. 196 del 2013.

3. Si è proceduto alla trattazione del processo con contraddittorio scritto, ai sensi dell’art. 23, comma 8, D.L. n. 137/2020 e successive proroghe, in mancanza di richiesta delle parte di discussione orale; il Procuratore generale di questa Corte, dott. Gianluigi Pratola, ha concluso, per iscritto, chiedendo che il ricorso venga dichiarato inammissibile e che l’imputato venga condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende; il difensore dell’imputato ha concluso, per iscritto, chiedendo l’annullamento della sentenza impugnata, con ogni consequenziale pronuncia in ordine alla formula assolutoria.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. E’ infondato il primo motivo di ricorso, con cui la difesa del Paduano sostiene anzitutto che la condotta dell’imputato non integrerebbe il reato in contestazione nella sua materialità, atteso che la vicenda sarebbe contraddistinta esclusivamente da una mera irregolarità relativa alla mancanza della marca da bollo sulla richiesta di rinnovo del porto d’armi, inidonea a inficiare la correttezza e l’efficacia della procedura di rinnovo; ma anche che la suddetta condotta del Paduano sarebbe carente dell’indispensabile requisito dell’offensività, essendo consistita nel recare con sé l’arma nel breve tragitto dalla sua casa alla caserma dei Carabinieri.

E, infatti, secondo la consolidata giurisprudenza della Corte di cassazione, “integra il reato di porto illegale di arma comune da sparo, previsto dagli artt. 4 e 7, legge 2 ottobre 1967, n. 895, il porto, in luogo pubblico o aperto al pubblico, di un’arma comune da sparo da parte di un soggetto munito di licenza scaduta (nella specie, una guardia particolare giurata)” (Sez. 1, sentenza n. 17497 del 23 gennaio 2020, Rv. 279129 – 01; conforme, con riferimento alla licenza di caccia scaduta: Sez. 1, sentenza n. 1664 del 19 giugno 2018 – depositata il 15 gennaio 2019, Rv. 274797 – 01).

Ebbene, a tale giurisprudenza, condivisa dal Collegio, si sono uniformati i giudici del merito, essendo peraltro pacifico che la licenza per il porto dell’arma di cui era titolare il Paduano era scaduta e che non era stata ancora rinnovata.

Né rileva che l’imputato abbia trasportato l’arma per strada solo per un breve tragitto, essendo pacifico che tale fatto integra gli estremi del reato in esame.

2. Va a questo punto, per ragioni di coerenza della motivazione, preso in esame il terzo motivo di impugnazione, con cui il ricorrente sostiene che i giudici della Corte di appello dell’Aquila avrebbero errato a non uniformarsi al principio giurisprudenziale introdotto dalla sentenza nr. 46005/2014.

Ora, a prescindere dalla circostanza che non è ipotizzabile un obbligo del genere a carico dei giudici, va osservato che la sentenza citata dalla difesa del Paduano si riferisce v a una fattispecie ben diversa da quella in esame, relativa al momentaneo passaggio – per espletare un bisogno fisiologico – di un fucile da caccia nelle mani di un terzo, sotto il diretto controllo del legittimo titolare dell’arma.

Sicché tale motivo di ricorso è inammissibile.

3. Del pari inammissibile è il secondo motivo di ricorso, secondo cui l’irregolarità della richiesta di rinnovo della licenza di porto d’armi per mancanza della marca da bollo avrebbe potuto al più condurre a un ritiro cautelare dell’arma ai sensi dell’art. 39 T.U.L.P.S. e non a un sequestro di iniziativa ex art. 354 cod. proc. pen.

E in vero, secondo la giurisprudenza di questa Corte, nel caso di reati concernenti armi, munizioni ed esplosivi, ne va ordinata la confisca, alla quale è propedeutico il sequestro, che è stato perciò correttamente eseguito; ma in ogni caso, la suddetta questione è del tutto irrilevante nel caso di specie, atteso che, come risulta dal dispositivo dell’impugnata sentenza, è stata disposta la restituzione dell’arma in sequestro all’avente diritto.

4. E’ del tutto destituito di fondamento anche il quarto motivo di ricorso, con il quale la difesa del Paduano sostiene che sarebbe irrilevante in relazione al profilo della materialità della condotta la circostanza che l’imputato fosse proprietario dell’arma.

I giudici della Corte di appello dell’Aquila hanno infatti evidenziato che il Paduano era proprietario della pistola Glock Modello 26, calibro 9, da lui portata per strada con licenza scaduta, per replicare a una censura difensiva secondo cui l’imputato l’avrebbe detenuta precariamente.

Ma in ogni caso, anche se il Paduano non fosse stato il proprietario dell’arma in questione, l’averla trasportata per strada dalla sua abitazione alla caserma dei carabinieri, integra – come si è prima chiarito – gli estremi del reato in esame, dal quale è stato assolto per insussistenza dell’elemento soggettivo.

5. Dunque il ricorso deve essere rigettato e il ricorrente, giusto il disposto dell’art. 616 cod. proc. pen., deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento.

6. Ciò posto, occorre infine prendere in considerazione l’esplicita richiesta di oscuramento dati avanzata dalla difesa del Paduano, ai sensi dell’art. 52 del d.lgs. 196/2003.

La detta disposizione di legge riconosce all’interessato la facoltà di chiedere all’Autorità giudiziaria “per motivi legittimi” che sia apposta sulla sentenza o sul provvedimento di cui trattasi, a cura della cancelleria, l’annotazione “volta a precludere, in caso di riproduzione della sentenza o provvedimento in qualsiasi forma, per finalità di informazione giuridica su riviste giuridiche, supporti elettronici o mediante reti di comunicazione elettronica, l’indicazione delle generalità e di altri dati identificativi del medesimo interessato riportati sulla sentenza o provvedimento”.

Il cardine della norma in questione è dunque costituito dalla “legittimità dei motivi” posti a fondamento della richiesta, che segnano il discrimine fra l’accoglimento ed il rigetto della relativa domanda.

Tale concetto, per la sua genericità, necessita di una interpretazione che questa Corte ha già effettuato, affermando che l’espressione “motivi legittimi” deve essere intesa come sinonimo di “motivi opportuni”: donde la particolare ampiezza, a ragion veduta non predeterminata dal legislatore all’interno di schemi rigidi, delle ragioni che possono essere addotte a sostegno della richiesta di oscuramento dei dati, fermo restando che l’accoglimento della richiesta medesima potrà intervenire ogniqualvolta l’Autorità Giudiziaria ravviserà un equilibrato bilanciamento tra esigenze di riservatezza del singolo e pubblicità della sentenza, la quale ultima costituisce un necessitato corollario del principio costituzionale dell’amministrazione della giustizia, esercitata nel nome del popolo italiano. (cfr. Sez. 6, sentenza n. 11959 del 15 febbraio 2017, Rv. 269402 – 01).

Per conseguire tale bilanciamento, secondo la citata giurisprudenza, si traggono rilevanti indicazioni dalle linee guida dettate dal Garante della privacy il 2 dicembre 2010, “in materia di trattamento di dati personali nella riproduzione di provvedimenti giurisdizionali per finalità di informazione giuridica”, in cui, con specifico riferimento alla c.d. “procedura di anonimizzazione dei provvedimenti giurisdizionali”, si indicano possibili “motivi legittimi”, in grado di fondare la relativa richiesta (ovvero di indurre l’Autorità giudiziaria a provvedere d’ufficio), nella “particolare natura dei dati contenuti nel provvedimento (ad esempio, dati sensibili)”, ovvero nella “delicatezza della vicenda
oggetto del giudizio”.

Ora, i “dati sensibili”, sono individuati dalla legge che – all’art. 4, comma 1, lettera d), del d.lgs. n. 196/2003 – li definisce come “i dati personali idonei a rivelare l’origine razziale ed etnica, le convinzioni religiose, filosofiche o di altro genere, le opinioni politiche, l’adesione a partiti, sindacati, associazioni od organizzazioni a carattere religioso, filosofico, politico o sindacale, nonché i dati personali idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale”.

E appare evidente che nessuno di tali dati viene in considerazione ed è dunque messo a repentaglio nel caso in questione.

Con riferimento invece alla “delicatezza” della vicenda per cui è processo, questa deve essere ravvisata, come ha affermato lo stesso Garante, nelle “negative conseguenze sui vari aspetti della vita sociale e di relazione dell’interessato (ad esempio, in ambito familiare o lavorativo)”, così andando a incidere pesantemente sul diritto alla riservatezza del singolo.

E anche in questo caso è di tutta evidenza che la fattispecie non integra in alcun modo, sia di per sé, sia in ragione della assoluzione adottata, una vicenda aventi tali caratteristiche.

Ed è per tali motivi che l’istanza in esame deve essere rigettata.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso, il 20 ottobre 2021

 

Iscriviti alla Newsletter GRATUITA

Ricevi gratuitamente la News Letter con le novità di AmbienteDiritto.it e QuotidianoLegale.

N.B.: se non ricevi la News Letter occorre una nuova iscrizione, il sistema elimina l'e-mail non attive o non funzionanti.

ISCRIVITI SUBITO


Iscirizione/cancellazione

Grazie, per esserti iscritto alla newsletter!