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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Appalti, Beni culturali ed ambientali Numero: 1615 | Data di udienza: 20 Gennaio 2022

APPALTI – BENI CULTURALI ED AMBIENTALI – Bene sottoposto a verifica dell’interesse culturale ex art. 12 del d.lgs. n. 42/2004 – Art.146 del d.lgs. n. 50/2016 – Applicabilità – Consorzio stabile – Imprese esecutrici – Requisiti di qualificazione – Disciplina speciale ex art.146 del d.lgs. n. 50 del 2016 – Prevale – Consorzio stabile – Imprese esecutrici – Requisiti di qualificazione – Indicazione della quota di esecuzione dei lavori corrispondente alla classifica – Necessità (Massime a cura di Antonio Persico)


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 5^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 7 Marzo 2022
Numero: 1615
Data di udienza: 20 Gennaio 2022
Presidente: Barra Caracciolo
Estensore: Barreca


Premassima

APPALTI – BENI CULTURALI ED AMBIENTALI – Bene sottoposto a verifica dell’interesse culturale ex art. 12 del d.lgs. n. 42/2004 – Art.146 del d.lgs. n. 50/2016 – Applicabilità – Consorzio stabile – Imprese esecutrici – Requisiti di qualificazione – Disciplina speciale ex art.146 del d.lgs. n. 50 del 2016 – Prevale – Consorzio stabile – Imprese esecutrici – Requisiti di qualificazione – Indicazione della quota di esecuzione dei lavori corrispondente alla classifica – Necessità (Massime a cura di Antonio Persico)



Massima

CONSIGLIO DI STATO, Sez. 5^ – 7 marzo 2022, n. 1615

 

APPALTI – BENI CULTURALI ED AMBIENTALI – Bene sottoposto a verifica dell’interesse culturale ex art. 12 del d.lgs. n. 42/2004 – Art.146 del d.lgs. n. 50/2016 – Applicabilità

La disciplina speciale in materia di appalti di cui all’art. 146 del Codice dei contratti pubblici prescinde dall’apposizione attuale di un vincolo, essendo sufficiente che si tratti di beni sottoposti all’applicazione delle norme di tutela contenute nel Codice dei beni culturali, ivi inclusi i beni sottoponibili a verifica di interesse culturale, soggetti a tutela ai sensi degli artt. 10 e 12 del d.lgs. n. 42 del 2004.

 

APPALTI – BENI CULTURALI ED AMBIENTALI – Consorzio stabile – Imprese esecutrici – Requisiti di qualificazione – Disciplina speciale ex art.146 del d.lgs. n. 50 del 2016 – Prevale

Ai consorzi stabili che partecipano alle gare di affidamento dei lavori nel settore dei beni culturali si applica la disciplina speciale dettata dall’art. 146, comma 1 e 2, del d.lgs. n. 50 del 2016, la quale prevale sulla disciplina di cui agli artt. 61, 92 e 94 del d. P.R. n. 207 del 2010. Di conseguenza, soltanto l’operatore effettivamente qualificato per lavori di una determinata categoria e di un determinato importo è abilitato all’esecuzione dei lavori stessi.

 

APPALTI – BENI CULTURALI ED AMBIENTALI – Consorzio stabile – Imprese esecutrici – Requisiti di qualificazione – Indicazione della quota di esecuzione dei lavori corrispondente alla classifica – Necessità

La specifica qualificazione richiesta da un bando di gara per l’esecuzione di lavori nel settore dei beni culturali, potendo essere utilizzata soltanto dal soggetto che quei lavori abbia eseguito e che sia in possesso dei requisiti corrispondenti, comporta che, nel caso di partecipazione di un consorzio stabile a una procedura di gara, a prescindere dalla qualificazione del consorzio e/o di altre consorziate, la qualificazione richiesta debba essere comunque posseduta da ciascuna delle imprese designate per l’esecuzione del contratto. La regola è da intendersi riferita non solo alla categoria dei lavori, ma anche al loro importo, cioè alla classifica, di modo che, quando un’impresa consorziata sia qualificata per eseguire lavori sino ad un importo massimo, non può, nel settore dei beni culturali, eseguire lavori eccedenti tale importo, anche se facente parte di un consorzio stabile. Ne consegue che, al fine di consentire alla stazione appaltante la verifica del rispetto della disposizione, è necessario che anche le imprese esecutrici designate da un consorzio stabile, oltre ad essere qualificate per l’esecuzione dei lavori, possedendo in proprio la relativa categoria, indichino la quota di esecuzione dei lavori corrispondente alla classifica.

(Riforma TAR Campania, Napoli, Sez. Prima, n. 3780/2021) – Pres. Barra Caracciolo Est. Barreca – F. G. S.r.l. (avv.ti M. Caliendo e P. Cantile) c. Comune di Caserta e Asmel Consortile Soc. Cons. a r.l. (n.c.)


Allegato


Titolo Completo

CONSIGLIO DI STATO, Sez. 5^ – 7 marzo 2022, n. 1615

SENTENZA

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5714 del 2021, proposto da
Falco Group S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Mario Caliendo, Paolo Cantile, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Comune di Caserta e Asmel Consortile Soc Cons Arl, non costituiti in giudizio;
nei confronti
Consorzio Stabile Oscar S.C.A.R.L., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Donato Traficante, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Olga Guglielmucci in Roma, via G. P. Da Palestrina, n. 19;
per la riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Campania (Sezione Prima) n. 03780/2021, resa tra le parti.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Consorzio Stabile Oscar S.C.A.R.L.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 20 gennaio 2022 il Cons. Giuseppina Luciana Barreca e uditi per le parti gli avvocati Caliendo e Clarizia, in dichiarata delega dell’Avv. Traficante;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1.Con la sentenza indicata in epigrafe il Tribunale amministrativo regionale della Campania ha respinto il ricorso e i motivi aggiunti proposti dalla Falco Group s.r.l. contro il Comune di Caserta e nei confronti del Consorzio Stabile Oscar s.c. a r.l. per l’annullamento del provvedimento di aggiudicazione in favore di quest’ultimo dell’appalto dei lavori di “recupero architettonico e miglioramento strutturale della Scuola media Giannone (corpo A-C)”.
1.1. Il tribunale – ritenuto di poter prescindere dalle eccezioni in rito formulate dalle parti resistenti in considerazione dell’infondatezza nel merito dei motivi di censura della ricorrente – su questi ultimi, ha deciso come segue:
– ha respinto la prima censura del ricorso introduttivo e dei motivi aggiunti, concernente la carenza dei requisiti di qualificazione del Consorzio Oscar e delle consorziate indicate per l’esecuzione dei lavori, svolgendo la motivazione della quale si dirà nel prosieguo;
– ha respinto la censura del ricorso introduttivo circa la violazione degli artt. 95, comma 10, e 97, comma 3, del d.lgs. n. 50 del 2016, in relazione alla dedotta omessa verifica di anomalia dell’offerta, perché ha reputato non anomala l’offerta del Consorzio Oscar, in quanto entro i limiti dei parametri di computo fissati dal disciplinare di gara, “senza che possa influire – come pretende parte ricorrente – la successiva riparametrazione”;
– ha respinto la seconda censura del ricorso per motivi aggiunti circa la violazione degli artt. 95 e 97 del d.lgs. n. 50 del 2016 e della legge di gara, nonché l’eccesso di potere, in relazione alla documentazione di gara presentata dal consorzio controinteressato, per asserita difformità della relazione tecnica riguardante il criterio B, rispetto a quanto previsto alla lettera b) pag. 29 del disciplinare, per superamento del limite di 10 cartelle in formato A4, perché ha reputato che la prescrizione non fosse prevista a pena di esclusione;
– ha ritenuto infine sostanzialmente inammissibile la censura contenuta nel ricorso per motivi aggiunti relativa all’ammissibilità e alla valutazione delle migliorie dell’offerta tecnica del consorzio, perché inerente l’attività valutativa riservata alla commissione giudicatrice e sottratta al sindacato del giudice amministrativo, salvo che per ipotesi eccezionali, escluse nel caso di specie, anche in ragione delle “repliche contenute nella memoria della controinteressata sui singoli elementi dell’offerta e sulla ammissibilità delle migliorie proposte”.
1.2. Ne è seguito il rigetto del ricorso e dei motivi aggiunti, con compensazione delle spese processuali per le incertezze iniziali relative alla qualificazione, come bene d’interesse culturale, del complesso immobiliare oggetto dei lavori di appalto.
2. Avverso la sentenza l’Impresa Falco Group s.r.l. ha proposto appello con tre motivi.
2.1. Il Comune di Caserta non si è costituito.
2.2. Il Consorzio Stabile Oscar s.c. a r.l. si è costituito per resistere all’appello, proponendo eccezione di inammissibilità di questo e riproponendo l’eccezione di irricevibilità del ricorso introduttivo, non esaminata in primo grado.
2.3. Con ordinanza cautelare n. 4607 del 30 agosto 2021 è stata sospesa l’esecutività della sentenza appellata.
2.4. All’udienza del 20 gennaio 2022 la causa è stata discussa e assegnata a sentenza, previo deposito di memorie delle due parti e di replica dell’appellante.
3. Preliminarmente va dato atto dell’eccezione di irricevibilità del ricorso di primo grado riproposta dal Consorzio Oscar per violazione del termine di impugnazione dell’aggiudicazione.
Si sostiene, infatti, che: l’aggiudicazione coincide, nel caso di specie, con il decorso del termine di trenta giorni, a far data dalla proposta di aggiudicazione formulata dalla commissione di gara nel verbale n. 5 del 10 settembre 2020, soggetta ad approvazione dell’organo competente; quest’ultimo, in mancanza di un termine specifico previsto nel bando di gara, avrebbe dovuto deliberare l’aggiudicazione adottando un formale provvedimento entro il termine del 10 ottobre 2020; decorso inutilmente tale termine, la proposta di aggiudicazione avrebbe dovuto essere considerata come approvata ai sensi del punto 7.2 del disciplinare di gara, conosciuto da tutti i partecipanti.
Quindi, ad avviso del Consorzio, poiché anche il verbale n. 5 del 10 settembre 2020 (contenente la proposta di aggiudicazione) era noto alla Impresa Falco Group perché alla relativa seduta era presente in collegamento telematico anche il legale rappresentante di quest’ultima e comunque il verbale è stato pubblicato sul portale telematico della stazione appaltante liberamente consultabile, il ricorso avverso l’aggiudicazione avrebbe dovuto essere notificato perentoriamente entro la data del 9 novembre 2020, a nulla rilevando che la stazione appaltante abbia formalmente approvato la proposta di aggiudicazione con determina n. 1693 del 12 novembre 2020.
3.1. L’eccezione è infondata.
Rilevano i principi di diritto affermati dalla sentenza dell’Adunanza plenaria di questo Consiglio di Stato, con la sentenza 2 luglio 2020, n. 12, impropriamente richiamata dal Consorzio a sostegno della propria eccezione.
L’eccezione di irricevibilità va disattesa proprio in ragione del principio ricavato dalle pronunce della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, secondo cui i ricorsi avverso gli atti delle procedure di affidamento cominciano a decorrere solo quando “il ricorrente è venuto a conoscenza o avrebbe dovuto essere a conoscenza della pretesa violazione”, dal quale l’Adunanza plenaria ha tratto i seguenti principi di diritto:
«a) il termine per l’impugnazione dell’aggiudicazione decorre dalla pubblicazione generalizzata degli atti di gara, tra cui devono comprendersi anche i verbali di gara, ivi comprese le operazioni tutte e le valutazioni operate dalle commissioni di gara delle offerte presentate, in coerenza con la previsione contenuta nell’art. 29 del d.lgs. n. 50 del 2016;
b) le informazioni previste, d’ufficio o a richiesta, dall’art. 76 del d.lgs. n. 50 del 2016, nella parte in cui consentono di avere ulteriori elementi per apprezzare i vizi già individuati ovvero per accertarne altri, consentono la proposizione non solo dei motivi aggiunti, ma anche di un ricorso principale;
c) la proposizione dell’istanza di accesso agli atti di gara comporta la ‘dilazione temporale’ quando i motivi di ricorso conseguano alla conoscenza dei documenti che completano l’offerta dell’aggiudicatario ovvero delle giustificazioni rese nell’ambito del procedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta;
d) la pubblicazione degli atti di gara, con i relativi eventuali allegati, ex art. 29 del decreto legislativo n. 50 del 2016, è idonea a far decorrere il termine di impugnazione;
e) sono idonee a far decorrere il termine per l’impugnazione dell’atto di aggiudicazione le forme di comunicazione e di pubblicità individuate nel bando di gara ed accettate dai partecipanti alla gara, purché gli atti siano comunicati o pubblicati unitamente ai relativi allegati».
In applicazione dei principi richiamati, il dies a quo per la proposizione del ricorso avverso l’aggiudicazione non può coincidere con l’adozione, da parte della stazione appaltante, del provvedimento di aggiudicazione se di questo il ricorrente non sia venuto a conoscenza o avrebbe dovuto essere venuto a conoscenza.
Dato ciò, va sottolineato che è dibattuta l’ammissibilità di un’aggiudicazione “tacita” desumibile dall’attuale previsione dell’art. 33, comma 1, ultimo periodo del d.lgs. n. 50 del 2016, secondo cui, decorsi i termini ivi previsti per l’approvazione della proposta di aggiudicazione, quest’ultima “[…] si intende approvata”.
Va decisamente preferita l’opinione che sia comunque sempre necessario un provvedimento espresso di aggiudicazione, pur se soltanto ricognitivo dell’effetto giuridico prodotto dall’inutile decorso del termine di approvazione.
Peraltro, anche a voler ritenere che si possa prescindere da un provvedimento espresso, non potrebbe avere alcun seguito la tesi del Consorzio secondo cui il termine per contestare l’aggiudicazione decorrerebbe dalla scadenza di detto termine.
Si tratterebbe comunque di una vicenda i cui termini di riferimento restano ignoti ai concorrenti non aggiudicatari, poiché non è prevista alcuna forma di comunicazione o di pubblicazione né del ricevimento della proposta di aggiudicazione da parte dell’organo competente all’approvazione (da cui, secondo la disposizione, decorre il termine per l’approvazione) né di (eventuali) atti interruttivi della decorrenza di questo termine (che, sempre secondo la stessa disposizione, consistono nella “richiesta di chiarimenti o documenti”).
Ne consegue che la regola fissata dall’art. 120, comma 5, Cod. proc. amm., secondo cui il termine di trenta giorni per impugnare l’aggiudicazione decorre dalla ricezione della comunicazione di cui, attualmente, all’art. 76 del d.lgs. n. 50 del 2016 ed il principio di diritto espresso dall’Adunanza plenaria secondo cui è idonea a far decorrere il termine di impugnazione dell’aggiudicazione la pubblicazione degli atti di gara, con i relativi eventuali allegati, ex art. 29 del d.lgs. n. 50 del 2016 vanno riferiti al provvedimento di aggiudicazione formalmente adottato dalla stazione appaltante con apposita determina di aggiudicazione e la decorrenza del termine per impugnare non può mai coincidere con la scadenza del termine per l’approvazione della proposta di aggiudicazione ai sensi dell’art. 33, comma 1, del d.lgs. n. 50 del 2016.
3.3. Poiché l’aggiudicazione è stata disposta in favore del Consorzio Stabile Oscar con determina n. 1693 del 12 novembre 2020, che non risulta essere stata comunicata all’Impresa Falco Group ai sensi dell’art. 76 del d.lgs. n. 50 del 2016 e risulta essere stata pubblicata il 18 novembre 2020, era tempestivo il ricorso notificato il 15 dicembre 2020.
L’eccezione di irricevibilità va respinta.
4. I primi due motivi d’appello vanno unitariamente trattati, in quanto entrambi riguardano i requisiti di qualificazione del Consorzio Oscar e delle consorziate indicate per l’esecuzione dei lavori.
4.1. Col primo è censurata la sentenza nella parte in cui ha ritenuto che, nel caso di specie, non sarebbe applicabile la regola derogatoria fissata dall’art. 146 del d.lgs. n. 50 del 2016 per gli appalti nei settori dei beni culturali (“1. In conformità a quanto disposto dagli articoli 9 bis e 29 del d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 per i lavori di cui al presente Capo è richiesto il possesso di requisiti di qualificazione specifici e adeguati ad assicurare la tutela del bene oggetto di intervento. 2. I lavori di cui al presente Capo sono utilizzati, per la qualificazione, unicamente dall’operatore economico che li ha effettivamente eseguiti. […]”) e <<pertanto, si rientra nella regola generale applicabile ai consorzi stabili che consente il cd “cumulo alla rinfusa”>> (punto 3 della sentenza).
4.1.1. Il tribunale è pervenuto alla conclusione dell’inapplicabilità dell’art. 146, affermando – sulla base delle risultanze dell’attività istruttoria disposta con ordinanza dell’11 marzo 2021, n. 491 – che, allo stato, sul complesso immobiliare oggetto dei lavori da affidare non sussiste “ancora un vincolo formale ed, anzi … questo è al più in itinere”.
La duplice affermazione si fonda:
– per un verso, sulla circostanza che dal Regesto dei beni culturali e paesaggistici della provincia di Caserta, aggiornato al dicembre 2009, e dall’elenco dei beni monumentali della Città di Caserta, aggiornato al 30 agosto 2019 – depositati in giudizio dal Comune di Caserta in adempimento dell’ordinanza suddetta – risultava che l’edificio oggetto dei lavori non era contemplato tra i beni sottoposti a vincolo culturale;
– per altro verso, sulla nota della Soprintendenza prot. n. 8645 del 25 maggio 2021 (con la quale si dichiarava che il complesso immobiliare denominato “Scuola Media P. Giannone”, in quanto di proprietà di un ente pubblico, “è sottoposto alle disposizioni di cui all’art. 10, comma 1, d. lgs. 42 del 2004, nelle more della verifica dell’interesse culturale da effettuare attraverso le procedure del successivo art. 12”), depositata dalla parte ricorrente dopo l’udienza pubblica.
Da quest’ultima nota, il tribunale – pur avendo premesso “la tardività del deposito … con la conseguenza che il documento non può essere preso in alcun modo in considerazione dal Collegio” – ha comunque desunto che la verifica di interesse culturale non sarebbe equiparabile all’apposizione del vincolo, dal momento che “si limita a condizionare i lavori da svolgere posto che, ai sensi dell’art. 21 D. lgs. 42/2004, l’ente proprietario è tenuto a sottoporre il relativo progetto alla preventiva autorizzazione alla Soprintendenza, allo scopo precauzionale di preservare il bene da interventi che potrebbero in seguito non essere conciliabili con la successiva apposizione del vincolo, aspetto che comunque è stato considerato nel disciplinare”.
4.1.2. L’appellante censura l’iter logico-giuridico e i presupposti fattuali della decisione di inapplicabilità dell’art. 146 del Codice dei contratti pubblici, osservando che:
– la lex specialis di gara prescrive che i lavori devono essere eseguiti da un’impresa qualificata nella categoria OG2; si tratta di un dato oggettivo ed incontrovertibile, che sarebbe di per sé la prova dell’esistenza di un vincolo sul bene;
– quest’ultimo risulterebbe inoltre dalla relazione allegata al progetto esecutivo (in particolare da quanto esposto alle pagine 10 e 13-14, i cui stralci sono riportati nel ricorso), nonché dalle prescrizioni espresse dalla Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio per le province di Caserta e Benevento comunicate al Comune di Caserta con nota dell’11 novembre 2019 prot. n. 15861, allegate al progetto esecutivo;
– la nota della Soprintendenza depositata in giudizio dalla ricorrente in data 25 maggio 2021, infine, conferma che sul bene era in itinere il procedimento per la dichiarazione di bene tutelato e che durante tale fase il bene va trattato come bene vincolato, come d’altronde previsto dal combinato disposto degli artt. 10 e 12 del d.lgs. n. 42 del 2004.
4.2. Col secondo motivo di appello è censurata la sentenza nella parte in cui ha ritenuto che, nel caso di specie, non vi fosse un obbligo preventivo da parte del consorzio stabile –che ha designato quali esecutrici tre consorziate, ciascuna avente il requisito della qualificazione in OG 2, ma una in classifica I e due in classifica II, mentre il disciplinare di gara richiedeva la classifica III bis – di precisare in sede di partecipazione alla gara le quote di esecuzione dei lavori da parte di ciascuna delle imprese designate.
4.2.1. Il tribunale ha ritenuto decisiva, in punto di fatto, la circostanza che “complessivamente, le consorziate – anche ai sensi dell’art. 61, comma 2, e dell’art. 92, comma 2, del D.P.R. 207/2010, ancora in vigore – coprono l’importo complessivo di gara per l’intera categoria OG2, pari ad €.1.367.512,97, essendo abilitate ad eseguire lavori fino a complessivi €.1.548.000,00”.
Ha poi considerato quanto previsto al punto 3.2.3 del disciplinare di gara, che relativamente ai requisiti di ordine speciale per la capacità tecnica delle imprese concorrenti all’appalto, nel richiedere alla lett. a) l’attestazione SOA nella categoria OG 2, class. III-bis, specifica nella successiva lett. b) quanto segue: “raggruppamenti temporanei e consorzi ordinari di cui all’art. 48 commi 1, 3, 5, 6, del decreto legislativo n. 50 del 2016: b.1) ogni operatore economico raggruppato o consorziato deve essere in possesso del requisito in proporzione alla parte di lavori [ovvero] che intende assumere nell’ambito del raggruppamento …”.
Ne ha dedotto che la legge di gara avrebbe imposto l’onere della preventiva indicazione della quota dei lavori da eseguire da parte di ciascuna consorziata soltanto ai consorzi ordinari, non anche ai consorzi stabili, in conformità all’orientamento giurisprudenziale secondo cui questi ultimi rispondono in proprio della prestazione da eseguirsi, la quale è integralmente imputata al consorzio stesso.
Sono menzionati in sentenza i precedenti di questo Consiglio di Stato, VI, 13 ottobre 2020, n. 6165; id., III, 26 aprile 2021, n. 3358; id. III, 16 aprile 2019, n. 2493; id., V, 2 febbraio 2021, n.964, nonché la decisione dell’Adunanza plenaria, 18 marzo 2021, n. 5 e, ancora, la delibera dell’ANAC 6 dicembre 2017, 1239.
4.2.2. L’appellante sostiene che, per coprire il requisito di qualificazione, il Consorzio avrebbe dovuto indicare anche le quote di esecuzione di ogni singolo designato per l’esecuzione dei lavori e che non sarebbe decisiva la circostanza, valorizzata invece dal tribunale, che sono state indicate tre esecutrici tutte in possesso di SOA in categoria OG 2 perché nessuna delle consorziate designate possiede una classifica (qualificazione) sufficiente ad eseguire i lavori appaltati dal Comune di Caserta.
A supporto delle ragioni di critica viene richiamata la giurisprudenza sull’interpretazione ed applicazione dell’art. 146 del Codice dei contratti pubblici relativamente agli appalti dei lavori nel settore dei beni culturali e si esclude, da parte appellante, che questa sia stata superata dalla novella introdotta col d.l. n. 32 del 2019, convertito nella legge n. 55 del 2019, che ha semplificato la normativa in tema di requisiti di partecipazione dei consorzi, senza tuttavia incidere sulle disposizioni speciali relative ai beni di interesse culturale.
5. Il Consorzio appellato ha eccepito l’inammissibilità dei motivi, sostenendo la violazione dell’art. 101, comma 1, Cod. proc. amm. perché l’appellante si sarebbe limitata a riproporre i motivi di censura negli stessi termini già avanzati in primo grado, senza criticare, sotto il profilo giuridico, le argomentazioni assunte dal giudice di primo grado per motivare il rigetto del ricorso.
5.1. L’eccezione è infondata.
Premesso che il ricorso riporta testualmente per ciascun motivo di gravame le parti di motivazione fatte oggetto di censura, non viola la prescrizione di specificità dei motivi la circostanza che, subito dopo vengano riproposti dall’appellante argomenti che la ricorrente aveva già illustrato in primo grado a supporto delle censure originarie.
5.2. Invero, quanto al primo motivo, due di questi argomenti (cioè quelli concernenti la qualificazione in OG 2 richiesta dalla legge di gara ed il contenuto della relazione e delle prescrizioni della Soprintendenza allegate al progetto esecutivo posto a base di gara) sono riproposti, censurando la sentenza per non averne tenuto conto. Già questa è una censura specifica, che va esaminata in appello.
Il terzo argomento (concernente le risultanze della nota della Soprintendenza depositata dalla ricorrente il 25 maggio 2021, estranea al ricorso ed ai motivi aggiunti, perché formata successivamente) è rivolto per tabulas a criticare la sentenza nella parte in cui ha escluso la rilevanza ai fini della decisione della verifica dell’interesse culturale del bene immobile oggetto dei lavori, senza tenere conto delle disposizioni del d.lgs. n. 42 del 2004 che disciplinano la fattispecie.
5.3. Il secondo motivo di gravame è, poi, ammissibile, ai sensi dell’art. 101 Cod. proc. amm., perché individua le norme di legge e le disposizioni del disciplinare applicabili nel caso di specie sui requisiti di partecipazione dei consorzi stabili alle gare nel settore dei beni culturali e le interpreta in contrapposizione a quanto sostenuto dal primo giudice.
Non rileva, in senso contrario all’ammissibilità del motivo, che gli argomenti utilizzati nell’atto di appello siano sovrapponibili a quelli esposti in primo grado, poiché l’idoneità alla critica e la specificità del motivo sono conseguenza dell’incompatibilità fra le due impostazioni giuridiche.
5.4. L’eccezione di inammissibilità dell’appello va quindi respinta.
6. Oltre che ammissibili, i motivi sono fondati e vanno accolti ai sensi e per le ragioni di cui appresso.
6.1. Contrariamente a quanto ritenuto nella sentenza, l’affidamento oggetto del presente giudizio è regolato dalle disposizioni del Codice dei contratti pubblici riguardanti gli “appalti nel settore dei beni culturali”, ed in particolare dall’art. 146, in tema di requisiti di qualificazione.
Sono significativi della disciplina applicabile all’appalto gli elementi che l’appellante ha desunto dai documenti di gara, segnatamente:
– la richiesta della qualificazione obbligatoria in categoria OG 2, che riguarda le lavorazioni di “restauro e manutenzione dei beni immobili sottoposti a tutela”, dal momento che, come osserva l’appellante, se il bene non fosse stato soggetto alla tutela dei beni culturali, il Comune avrebbe dovuto bandire una gara in OG 1 (edifici civili e industriali);
– il contenuto della relazione allegata al progetto esecutivo, in particolare laddove si legge che “il lotto ricade in un’area vincolata con il d.m. del 9 luglio 1996 … che estende il Piano Territoriale Paesaggistico alle aree limitrofe al Parco della Reggia. Gli edifici interessati all’intervento ricadono in aree di interesse architettonico, ambientale e paesaggistico … e costituiscono, come abbiamo visto nella relazione storica, insediamenti urbani di valore culturale. Per tale ragione è applicato il Vincolo ambientale paesaggistico ex l. 1497/39 ed il Vincolo dei beni archeologici e architettonici l. 1089/39. Il progetto, in coerenza con tali strumenti operativi e vincolistici, prevede il “Recupero statico e architettonico” dell’ex Convento Cinquecentesco di Sant’Antonio e dei suoi successivi ampliamenti ottocenteschi e di inizio novecento …” (pag. 10). Le pagine successive danno conto del valore monumentale dell’edificio, sia nella parte di inizio ottocento (atrio e scala d’ingresso) che, a maggior ragione, degli ambienti del cinquecento (chiostro e corte), utilizzati come ambienti a servizio della scuola e oggetto dei lavori da affidare con la procedura di gara.
6.1.1. Definitivo riscontro della disciplina applicabile si rinviene peraltro nella nota della Soprintendenza Archeologia belle arti e paesaggio per le province di Caserta e Benevento n. 0008645-P del 25 maggio 2021, che, in relazione al <<Complesso immobiliare denominato “Scuola Media P. Giannone” sita al Corso P. Giannone n. 98>> comunica che “[…] il complesso immobiliare in oggetto in quanto di proprietà di Ente Pubblico è sottoposto alle disposizioni di cui all’art. 10 comma 1 del Decreto legislativo n. 42 del 22 gennaio 2004 e successive mm. e/o ii, nelle more della verifica dell’interesse culturale da effettuare attraverso le procedure del successivo art. 12. Per l’esecuzione di eventuali interventi sugli immobili in questione, l’ente proprietario è tenuto a sottoporre il relativo progetto alla preventiva autorizzazione di questa Soprintendenza secondo quanto prescritto dall’art. 21 del citato D.lgs. 42/2004”.
La nota, pur tardivamente depositata in primo grado rispetto ai termini previsti dall’art. 73 (così come ridotti per il rito ex art. 119, comma 2, Cod. proc. amm.), è utilizzabile ai fini della presente decisione.
Si tratta infatti di un documento che la parte non avrebbe potuto produrre (arg. ex art. 104, comma 2, Cod. proc. amm.) prima della data in cui l’ha depositato agli atti del giudizio – 25 maggio 2021 – poiché risulta formato appunto nella data del 25 maggio 2021.
Va pertanto respinta l’eccezione di inammissibilità del documento avanzata dal Consorzio Oscar con la memoria difensiva depositata in appello il 20 agosto 2021 e vanno disattese le argomentazioni del primo giudice in merito alla tardività della produzione documentale.
Sono invece soltanto parzialmente corrette le considerazioni di merito comunque svolte in sentenza circa il condizionamento dei lavori oggetto del presente appalto alla preventiva autorizzazione della Soprintendenza ai sensi dell’art. 21 del d.lgs. n. 42 del 2004.
Invero, l’applicabilità di quest’ultima disposizione, richiamata nella nota e ribadita dalla sentenza, è conseguenza dell’applicazione al bene immobile oggetto di restauro della disciplina vincolistica.
L’art. 21 prevede, al quarto comma, che “[…] l’esecuzione di opere e lavori di qualunque genere su beni culturali è subordinata ad autorizzazione del soprintendente”; di qui la conclusione che l’autorizzazione è necessaria se ed in quanto il bene sia tutelato come “bene culturale” ai sensi del d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 recante Codice dei beni culturali e del paesaggio.
Nel caso di specie questa tutela è dovuta, come esplicitato dalla Soprintendenza competente, alla possibile sottoposizione del complesso immobiliare denominato “Scuola Media P. Giannone” al procedimento di verifica dell’interesse culturale.
Il primo comma dell’art. 12 (“Verifica dell’interesse culturale”) del d.lgs. n. 42 del 2004 prevede che le cose indicate dall’art. 10, comma 1 (vale a dire le cose immobili appartenenti ad un ente pubblico) “che siano opera di autore non più vivente e la cui esecuzione risalga ad oltre settanta anni, sono sottoposte alle disposizioni della presente parte fino a quando non sia stata effettuata la verifica di cui al comma 2”, cioè fino a quando, d’ufficio o su richiesta dei soggetti interessati, non sia verificata la sussistenza (o meno) dell’interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico.
Soltanto quando “nelle cose sottoposte a verifica non sia stato riscontrato l’interesse di cui al comma 2”, vale a dire quando si sia avuta la conclusione del procedimento di verifica dell’interesse culturale con esito negativo, “le cose medesime sono escluse dall’applicazione delle disposizioni del presente Titolo”.
Tutto quanto sopra premesso, va considerato che l’art. 145, comma 1, del d.lgs. n. 50 del 2016 prevede che le disposizioni del capo III, nel quale è inserito, “dettano la disciplina relativa ai contratti pubblici concernenti i beni culturali tutelati ai sensi del D.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, recante Codice dei beni culturali e del paesaggio”.
La disciplina speciale in materia di appalti prescinde dall’apposizione attuale di un vincolo, essendo sufficiente che si tratti di beni sottoposti all’applicazione delle norme di tutela contenute nel Codice dei beni culturali.
Coerente con questa interpretazione dell’art. 145 è l’incipit del successivo art. 146, che, per i requisiti di qualificazione dei lavori nel settore dei beni culturali, richiama l’art. 9 bis del d.lgs. n. 42 del 2004. Questa norma riferisce la previsione esperienziale ivi contemplata a tutti gli interventi di cui ai titoli I e II della parte II dello stesso Codice, nei quali, come visto, rientrano gli artt. 10 e 12 richiamati nella nota della Soprintendenza del 25 maggio 2021.
6.1.2. In definitiva all’appalto oggetto del presente contenzioso si applica l’art. 146 del Codice dei contratti pubblici perché i lavori hanno ad oggetto un bene immobile sottoponibile a verifica di interesse culturale, soggetto a tutela ai sensi degli artt. 10 e 12 del d.lgs. n. 42 del 2004.
6.2. L’applicazione dell’art. 146 nel caso di specie riguarda, tuttavia, solo in parte il tema, su cui si sono soffermate le parti e la sentenza, del c.d. cumulo alla rinfusa, che, propriamente inteso, è riferito alla possibilità per il Consorzio stabile, privo dei requisiti, di qualificarsi per il tramite di quelli delle proprie consorziate.
6.2.1. Come di recente evidenziato dall’Adunanza plenaria di questo Consiglio di Stato (Cons. Stato, Ad. Plen., 18 marzo 2021, n. 5), il meccanismo di qualificazione c.d. alla rinfusa, riferito ai consorzi stabili, trovava il suo fondamento normativo nell’art. 47, comma 2, del d.lgs. n. 50 del 2016, nel testo sostituito dall’art. 31, comma 1, del D.Lgs. 19 aprile 2017, n. 56, per il quale: “I consorzi di cui agli articoli 45, comma 2, lettera c) e 46, comma 1, lettera f), al fine della qualificazione, possono utilizzare sia i requisiti di qualificazione maturati in proprio, sia quelli posseduti dalle singole imprese consorziate designate per l’esecuzione delle prestazioni, sia, mediante avvalimento, quelli delle singole imprese consorziate non designate per l’esecuzione del contratto. Con le linee guida dell’ANAC di cui all’articolo 84, comma 2, sono stabiliti, ai fini della qualificazione, i criteri per l’imputazione delle prestazioni eseguite al consorzio o ai singoli consorziati che eseguono le prestazioni”.
Però la disposizione ha avuto vigore sino al 2019, in quanto l’art. 1, comma 20, lett. l), n. 1), del D.L. 18 aprile 2019, n. 32, convertito, con modificazioni, dalla l. 14 giugno 2019, n. 55, ha eliminato tale regola, ripristinando l’originaria e limitata perimetrazione del cd. cumulo alla rinfusa ai soli aspetti relativi alla “disponibilità delle attrezzature e dei mezzi d’opera, nonché all’organico medio annuo”, i quali sono “computati cumulativamente in capo al consorzio ancorché posseduti dalle singole imprese consorziate” (cfr. Cons. Stato, Ad.plen., n. 5/2021 cit.).
La gara d’appalto oggetto del presente giudizio è stata indetta con determinazione dirigenziale n. 765 del 22 maggio 2020, sicché non si applica affatto, relativamente ai requisiti di partecipazione del consorzio stabile, il meccanismo del c.d. cumulo alla rinfusa come disciplinato dall’art. 47, comma 2, oramai sostituito.
6.3. La disciplina applicabile va quindi, in primo luogo, desunta dal testo attuale dell’art. 47, comma 2, del d.lgs. n. 50 del 2016 e succ. mod. , secondo il quale i consorzi stabili “eseguono le prestazioni o con la propria struttura o tramite i consorziati indicati in sede di gara senza che ciò costituisca subappalto, ferma restando la responsabilità solidale degli stessi nei confronti delle stazioni appaltanti” (con ciò essendo stata testualmente riprodotta nel Codice dei contratti pubblici attualmente vigente la norma dell’art. 94, comma 1, del regolamento di cui al d.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207).
In applicazione della citata disposizione, il Consorzio Stabile Oscar ha designato tre imprese consorziate quali esecutrici dei lavori, non ha dichiarato di volersi avvalere di imprese non designate al fine di mutuare i requisiti oggettivi da consorziate diverse da quelle indicate, né ha designato la propria struttura per l’esecuzione, in tutto o in parte, dei lavori.
6.3.1. Dato tale assetto dell’offerta del Consorzio Oscar e considerato che le consorziate designate per l’esecuzione dei lavori partecipano alla gara e concordano l’offerta, assumendo una responsabilità in solido con il consorzio stabile nei confronti della stazione appaltante, la questione da risolvere nel caso di specie attiene al possesso dei requisiti di partecipazione (non tanto in capo al consorzio quanto) in capo alle imprese consorziate designate per l’esecuzione dei lavori.
Essa si pone in termini problematici perché le tre consorziate indicate dal consorzio stabile sono le seguenti:
– GESIM s.r.l., in possesso di attestazione SOA con anche categoria OG2 e classifica I;
– TECNAV soc. coop., in possesso di attestazione SOA con anche categoria OG2 e classifica II;
– TECNOLOGICA s.r.l.s., in possesso di attestazione SOA con categoria OG2 e classifica II,
mentre la legge di gara richiedeva il possesso della classifica III bis.
L’importo complessivo di gara, corrispondente a tale ultima classifica, per l’intera categoria OG2, ammonta ad €.1.367.512,97, sicché esso risulta coperto se si cumulano gli importi corrispondenti alle classifiche delle consorziate, abilitate complessivamente all’esecuzione di lavori fino ad €.1.548.000,00, pur se ciascuna per importi inferiori, secondo quanto stabilito dall’art. 61 del d.P.R. 5 ottobre 2010, n. 207 tuttora in vigore.
6.3.2. Pertanto, la questio iuris anzidetta si specifica in quella di accertare se almeno una delle consorziate designate dovesse essere qualificata in OG 2 con classifica III bis o quanto meno se vi fosse un obbligo preventivo da parte del Consorzio Stabile Oscar di precisare in sede di partecipazione alla gara le quote di esecuzione dei lavori da parte delle imprese designate.
Allo stato attuale della normativa sui contratti pubblici, vigendo tuttora il regolamento del citato d.P.R. n. 207 del 2010 per il sistema di qualificazione degli esecutori dei lavori (ex art. 216, comma 14, del d.lgs. n. 50 del 2016 e succ. mod.), le norme di riferimento sono gli artt. 61 e 92, citati in sentenza, oltre al richiamato art. 94 concernente i consorzi stabili.
Orbene, nessuna di tali disposizioni detta una disciplina specifica sull’indicazione delle quote di esecuzione da parte dei consorzi stabili in sede di partecipazione alla gara, dato che:
– l’art. 61 si limita ad individuare gli effetti della qualificazione nelle categorie e nelle classifiche, cioè disciplina i requisiti di qualificazione avulsi dagli oneri partecipativi;
– l’art. 92 disciplina questi ultimi con riferimento ai concorrenti partecipanti in raggruppamento temporaneo di imprese e in consorzio ordinario, prevedendo per costoro l’onere di indicazione delle quote di esecuzione dei lavori, laddove prescrive, al comma 2, che “i lavori sono eseguiti dai concorrenti riuniti secondo le quote indicate in sede di offerta, fatta salva la facoltà di modifica delle stesse previa autorizzazione della stazione appaltante che ne verifica la compatibilità con i requisiti di qualificazione posseduti dalle imprese interessate”; è noto che la disposizione è stata interpretata rigorosamente da questo Consiglio di Stato, Ad. Plenaria, 27 marzo 2019, n. 6 (che ha affermato il seguente principio di diritto: “In applicazione dell’art. 92, co. 2, DPR 5 ottobre 2010 n. 207, la mancanza del requisito di qualificazione in misura corrispondente alla quota dei lavori, cui si è impegnata una delle imprese costituenti il raggruppamento temporaneo in sede di presentazione dell’offerta, è causa di esclusione dell’intero raggruppamento, anche se lo scostamento sia minimo ed anche nel caso in cui il raggruppamento nel suo insieme (ovvero un’altra delle imprese del medesimo) sia in possesso del requisito di qualificazione sufficiente all’esecuzione dell’intera quota di lavori”);
– l’art. 94 nulla dice riguardo alle quote di esecuzione da parte dei consorzi stabili, salvo quanto previsto per l’esecuzione dei lavori al primo comma, oggi riprodotto nell’art. 47, comma 2, del Codice dei contratti pubblici.
La disciplina regolamentare è peraltro coerente con la previsione generale sopravvenuta dell’art. 48, comma 4, del d.lgs. n. 50 del 2016 che impone, nel caso di lavori, di specificare nell’offerta le categorie di lavori che saranno eseguite dai singoli operatori economici riuniti o consorziati e che viene intesa come riferita alle quote di esecuzione in applicazione del principio di corrispondenza tra requisiti di qualificazione per la gara e quote di esecuzione indicate (cfr. Cons. Stato, V, 5 agosto 2020, n. 4927, oltre che Ad. Plen., n. 5/2019, citata).
In effetti, come sottolinea il Consorzio appellato, gli interpreti, argomentando a contrario dalle norme richiamate, sono pervenuti alla conclusione che l’obbligo di indicazione separata delle prestazioni effettuate dai singoli partecipanti deve intendersi riferito esclusivamente ai r.t.i. e ai consorzi ordinari, dal momento che i consorzi stabili, al contrario, rispondono in proprio della prestazione da eseguirsi, prestazione che viene quindi integralmente imputata al consorzio stesso (cfr. in tal senso, i precedenti citati anche nella sentenza gravata, ed in particolare, per l’affermazione che l’art. 48, comma 4, del d.lgs. n. 50 del 2016 non si applica ai consorzi stabili, Cons. Stato, VI, 13 ottobre 2020, n. 6165).
6.3.3. Tuttavia la disciplina che risulta dalle norme e dalla giurisprudenza richiamate è inapplicabile ai consorzi stabili che partecipano alle gare di affidamento dei lavori nel settore dei beni culturali, prevalendo la disciplina speciale dettata dall’art. 146, comma 1 e 2, del d.lgs. n. 50 del 2016.
Il secondo comma, nel prevedere che i lavori de quibus siano utilizzati, per la qualificazione, unicamente dall’operatore che li ha effettivamente eseguiti, pone un ineliminabile rapporto tra effettiva esecuzione dei lavori e relativa qualificazione, che si traduce nella regola, simmetrica, che soltanto l’operatore effettivamente qualificato per lavori di una determinata categoria e di un determinato importo, è abilitato all’esecuzione.
Quest’ultima regola è esplicitamente posta, d’altronde, dal comma 1 dello stesso art. 146 che richiede “il possesso di requisiti specifici e adeguati ad assicurare la tutela del bene oggetto di intervento”.
Si tratta di norme che, non prevedendo l’art. 146 alcuna eccezione in ragione della qualificazione soggettiva dell’operatore economico concorrente, si applicano anche ai consorzi stabili.
La specifica qualificazione richiesta da un bando di gara per l’esecuzione di lavori nel settore dei beni culturali, potendo essere utilizzata soltanto dal soggetto che quei lavori abbia eseguito e che sia in possesso dei requisiti corrispondenti, comporta che, nel caso di partecipazione di un consorzio stabile a una procedura di gara, a prescindere dalla qualificazione del consorzio e/o di altre consorziate, la qualificazione richiesta debba essere comunque posseduta da ciascuna delle imprese designate per l’esecuzione del contratto.
La regola è da intendersi riferita non solo alla categoria dei lavori, ma anche al loro importo, cioè alla classifica, di modo che, quando un’impresa consorziata sia qualificata per eseguire lavori sino ad un importo massimo (incrementato di un quinto ex art. 61 del d.P.R. n. 207 del 2010), non può, nel settore dei beni culturali, eseguire lavori eccedenti tale importo, anche se facente parte di un consorzio stabile.
Ne consegue che, al fine di consentire alla stazione appaltante la verifica del rispetto della disposizione, è necessario che anche le imprese esecutrici designate da un consorzio stabile, oltre ad essere qualificate per l’esecuzione dei lavori, possedendo in proprio la relativa categoria, indichino la quota di esecuzione dei lavori corrispondente alla classifica.
6.3.4. In tale senso, si è espressa l’ANAC, non solo con la delibera n. 1239 del 6 dicembre 2017, citata dal Consorzio Oscar (seppur non in linea con gli argomenti difensivi di quest’ultimo), ma anche, tra le altre, con le delibere del 23 luglio 2019, n. 710 e 26 settembre 2019, n. 822.
Con queste ultime, in casi analoghi al presente, in cui l’impresa designata dal consorzio stabile per l’esecuzione dei lavori nel settore dei beni culturali, pur qualificata in OG 2, non aveva la classifica III, ma classifica inferiore, l’Autorità ha osservato che la disciplina concernente la qualificazione degli esecutori di lavori su beni sottoposti a tutela, in ragione del particolare interesse pubblico alla tutela e conservazione dei beni interessati, evidenza una ratio tesa a determinare una diretta correlazione tra l’esecutore dei lavori e la titolarità della qualificazione in termini di attestazione per i lavori eseguiti tant’è che, in deroga alla regola generale, l’art. 146, comma 3, esclude l’ammissibilità dell’istituto dell’avvalimento dei requisiti speciali di partecipazione per i contratti stipulati nel settore dei beni culturali e che tale stretta e diretta correlazione è espressa, prima ancora che dalla norma che esclude l’avvalimento, dalla previsione contenuta all’art. 146, comma 2.
A quanto sopra si è aggiunto, con riferimento alla circostanza relativa al fatto che l’impresa fosse qualificata comunque per la categoria richiesta e non anche per la classifica, che i principi sopra riportati trovano applicazione anche laddove la qualificazione sia parziale, vale a dire sussistente per la categoria, ma non per la classifica richiesta dal disciplinare di gara, atteso che il principio espresso all’art. 146, comma 2, del Codice dei contratti pubblici in ordine alla qualificazione per l’esecuzione dei lavori concerne la qualificazione in gara come richiesta dalla stazione appaltante e che, per la qualificazione SOA, non può ritenersi limitata alla sola categoria, ma va estesa alla classifica, avendo valenza certificativa complessivamente riferita alla capacità tecnica ed economico finanziaria dell’operatore economico.
6.3.5. Le deliberazioni dell’Autorità sono conformi all’insegnamento giurisprudenziale quale risulta, nella materia in oggetto (qualificazione dei consorzi stabili per i lavori nel settore dei beni culturali), dai precedenti di questa Sezione V, 26 ottobre 2018, n. 6114 e 16 gennaio 2019, n. 403.
In quest’ultima, in particolare, si è esclusa l’ammissibilità del c.d. cumulo alla rinfusa per i consorzi stabili nel settore dei beni culturali per la «particolare delicatezza derivante dalla necessità di tutela dei medesimi, in quanto beni testimonianza avente valore di civiltà, espressione di un interesse altior nella gerarchia dei valori in giuoco (art. 9 Cost.)», concludendo nel senso che «L’esegesi sia letterale, che funzionale, dell’art. 146, comma 1, del d.lgs. n. 50 del 2016 induce la Sezione ad escludere che nei contratti in materia di beni culturali i consorzi stabili possono qualificarsi con il cumulo alla rinfusa, essendo richiesto dalla norma il possesso dei requisiti di qualificazione specifici ed adeguati ad assicurare la tutela del bene oggetto di intervento».
La sentenza conferma l’orientamento espresso nella precedente pronuncia n. 6114/2018 dove si è precisato che «L’interpretazione, letterale, ora tratta del comma 2 dell’art. 146 del codice dei contratti pubblici deve essere letta congiuntamente ai commi 1 e 3 dello stesso articolo, poiché il comma 1 dichiara espressamente che tali disposizioni sono dettate in conformità agli artt.9-bis e 29 del codice dei beni culturali – d.lgs. 22 gennaio 2004 n. 42 – per i quali coloro che seguono lavori attinenti detti beni necessitano del possesso dei requisiti qualificazione specifici ed adeguati ad assicurare la tutela dei beni oggetto di intervento con il corollario rafforzativo – comma 3 – dell’eccezionale esclusione dell’istituto dell’avvalimento, esclusione ammessa per la specificità del settore dallo stesso art. 36 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea. Gli artt. 9-bis e 29 del codice dei beni culturali richiamano il primo la necessità che gli interventi operativi di tutela, protezione conservazione dei beni culturali siano affidati alla responsabilità ed all’attuazione secondo le rispettive competenze delle figure specializzate nei singoli settori ed il secondo – segnatamente il comma 6 – ribadisce la specificità in materia di progettazione e di esecuzione di opere su beni architettonici e richiede altresì che gli interventi di manutenzione e restauro su beni culturali mobili vengano eseguiti in via esclusiva dai soggetti formalmente individuati come restauratori di beni culturali».
6.3.6. Giova precisare che, sebbene a seguito della sostituzione dell’art. 47, comma 2, del Codice dei contratti pubblici non sia più presente nell’ordinamento il vero e proprio meccanismo di qualificazione del c.d. cumulo alla rinfusa (cfr. Cons. Stato, Ad. Plen. n. 6/2021), è tuttora operante, per i consorzia stabili, in linea generale, la deroga all’art. 48, comma 4, poiché anche le prestazioni delle imprese consorziate esecutrici dei lavori vanno imputate complessivamente al consorzio; tuttavia questa deroga, per quanto fin qui esposto, non opera per i lavori nel settore dei beni culturali.
6.4. Contrariamente a quanto sostenuto dal Consorzio controinteressato non appare decisiva in senso a sé favorevole la disposizione di cui al punto 3.2.3, a pag. 35 del disciplinare di gara, il quale, relativamente ai requisiti di ordine speciale per la capacità tecnica delle imprese concorrenti all’appalto, nel richiedere alla lett. a) l’attestazione SOA nella categoria OG 2, class. III-bis, specifica nella successiva lett. b) quanto segue: “raggruppamenti temporanei e consorzi ordinari di cui all’art. 48 commi 1,3,5,6, del decreto legislativo n. 50 del 2016: b.1) ogni operatore economico raggruppato o consorziato deve essere in possesso del requisito in proporzione alla parte di lavori ovvero che intende assumere nell’ambito del raggruppamento …”.
Essa si limita a ribadire l’obbligo di indicazione separata delle prestazioni effettuate dai singoli partecipanti riferito ai r.t.i. e ai consorzi ordinari, ma, in mancanza di una disposizione del disciplinare che espressamente esoneri i consorzi stabili da un obbligo analogo (che sarebbe stata di dubbia legittimità), il punto 3.2.3 non autorizza a derogare, per questi ultimi, a quanto desumibile in via generale dalla norma di legge, integrativa del bando di gara, quale quella del ridetto art. 146 del d.lgs. n. 50 del 2016.
La violazione di questo si traduce in una causa di esclusione che, in quanto prevista dalla legge, non deve essere riprodotta anche nella lex specialis (cfr. Cons. Stato, V, n. 403/2019, citata).
Tutt’al più si può ritenere che, nel caso di specie, il disciplinare consentisse il possesso del requisito “in proporzione alla parte di lavori” assunta da ogni operatore economico consorziato, ma questa regola sarebbe dovuta valere, per quanto detto sopra, anche per le imprese esecutrici designate dal consorzio stabile, con obbligo per queste ultime di indicare le quote di esecuzione.
6.5. Non avendo il Consorzio Stabile Oscar specificato le quote di esecuzione dei lavori da affidare a ciascuna delle consorziate designate e non essendo nessuna di queste in possesso della richiesta classifica III bis, il consorzio concorrente avrebbe dovuto essere escluso dalla gara.
6.6. I primi due motivi di appello vanno accolti.
7. A tale accoglimento seguono, in riforma della sentenza di primo grado, l’accoglimento del ricorso proposto dall’Impresa Falco Group contro l’aggiudicazione disposta in favore del Consorzio stabile Oscar e, per l’effetto, l’annullamento di quest’ultima.
7.1. La decisione comporta l’improcedibilità per carenza d’interesse del terzo motivo di appello, riguardante le censure sulla valutazione dell’offerta tecnica del Consorzio, respinte in primo grado, ma che restano assorbite in conseguenza dell’accoglimento dei motivi concernenti la carenza in capo a quest’ultimo dei requisiti di partecipazione.
7.2. Quanto alle statuizioni consequenziali, va dato atto della domanda della ricorrente, odierna appellante, di conseguire l’aggiudicazione e di subentrare nel contratto, se stipulato nelle more, previa dichiarazione di inefficacia.
Considerato che non risulta l’avvenuta stipulazione del contratto, poiché è stata dichiarata soltanto una consegna parziale dei lavori al Consorzio Stabile Oscar per il tramite della impresa consorziata designata Gesim in data 3 febbraio 2021, non anche l’effettivo avvio del cantiere prima della sospensione disposta con ordinanza n. 4607 del 30 agosto 2021 (cfr. la memoria di costituzione depositata dal Consorzio il 5 luglio 2021), non vi è luogo a provvedere sulle domande di dichiarazione di inefficacia del contratto e di tutela risarcitoria in forma specifica e per equivalente avanzate dall’appellante.
A seguito dell’annullamento dell’aggiudicazione dei lavori in favore del Consorzio, la stazione appaltante dovrà provvedere all’aggiudicazione nei confronti dell’Impresa Falco Group, seconda classificata, previa verifica della sussistenza del possesso dei requisiti.
7.3. Le spese dei due gradi di giudizio si compensano per giusti motivi considerate la complessità della normativa e le incertezze sulle disposizioni applicabili nel caso di specie, determinate da una non ineccepibile formulazione della legge di gara.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie secondo quanto specificato in motivazione e, per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, accoglie il ricorso proposto dall’Impresa Falco Group ed annulla gli atti impugnati.
Compensa integralmente tra le parti le spese dei due gradi di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 20 gennaio 2022 con l’intervento dei magistrati:
Luciano Barra Caracciolo, Presidente
Federico Di Matteo, Consigliere
Alberto Urso, Consigliere
Giuseppina Luciana Barreca, Consigliere, Estensore
Elena Quadri, Consigliere 

L’ESTENSORE

Giuseppina Luciana Barreca

IL PRESIDENTE
Luciano Barra Caracciolo

 IL SEGRETARIO

 

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