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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Risarcimento del danno, Sicurezza sul lavoro Numero: 7900 | Data di udienza: 22 Febbraio 2022

SICUREZZA SUL LAVORO – Prevenzione degli infortuni sul lavoro – Omicidio colposo – Committente – Intromissione nell’esecuzione dei lavori – Responsabilità – Valutazione dei documenti prodotti nel giudizio di rinvio – Valutazione unitaria dei lavori – RISARCIMENTO DANNI – Statuizione ai fini civili – Fattispecie.  (Massima a cura di Francesco Camplani)


Provvedimento: SENTENZA
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 4 Marzo 2022
Numero: 7900
Data di udienza: 22 Febbraio 2022
Presidente: ROSI
Estensore: LIBERATI


Premassima

SICUREZZA SUL LAVORO – Prevenzione degli infortuni sul lavoro – Omicidio colposo – Committente – Intromissione nell’esecuzione dei lavori – Responsabilità – Valutazione dei documenti prodotti nel giudizio di rinvio – Valutazione unitaria dei lavori – RISARCIMENTO DANNI – Statuizione ai fini civili – Fattispecie.  (Massima a cura di Francesco Camplani)



Massima

CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez.3^, 4 marzo 2022 (Ud. 22/02/2022), Sentenza n.7900

 

SICUREZZA SUL LAVORO – Prevenzione degli infortuni sul lavoro – Omicidio colposo – Committente – Intromissione nell’esecuzione dei lavori – Responsabilità – Valutazione dei documenti prodotti nel giudizio di rinvio – Valutazione unitaria dei lavori – RISARCIMENTO DANNI – Statuizione ai fini civili.

In relazione al reato di omicidio colposo con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro di cui all’art. 589, comma 2, cod. pen., con riguardo alle statuizioni civili, si presenta come manifestamente illogica la motivazione con riguardo all’irrilevanza dei documenti prodotti dalle parti civili in quanto relativi a lavori diversi da quelli in cui si è verificato l’incidente, essendo essa prova della necessaria considerazione della unitarietà dei lavori, della loro continuità spazio-temporale, della modalità di verificazione dell’infortunio, da considerarsi analiticamente prima di giudicare irrilevanti i contenuti prodotti. Da essi, invece, si ricava in capo all’imputata assolta non una mera e formale partecipazione ad adempimenti amministrativi collegati a detti lavori, bensì la partecipazione ad attività in grado di rappresentare forme di ingerenza nella individuazione delle imprese incaricate nella realizzazione dei lavori o intromissione nella loro esecuzione. (Nella specie, la committente dei lavori non era stata considerata responsabile della morte del soggetto passivo, elettricista impegnato nei lavori per l’impianto di illuminazione della di lei piscina privata).

(annulla con rinvio giudice civile in grado di appello sentenza del 26/1/2021 della CORTE D’APPELLO DI REGGIO CALABRIA) Pres. ROSI, Rel. LIBERATI, Ric. Caprino ed altri


Allegato


Titolo Completo

CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez.3^, 04/03/2022 (Ud. 22/02/2022), Sentenza n.7900

SENTENZA

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE

composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

omissis

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sui ricorsi proposti da:
Caprino G., nato a Bronte;
Sciacca M., nata a Bronte;
Caprino A., nata a Catania;
Caprino E., nata a Bronte;
Caprino A., nato a Bronte;

parti civili nel procedimento nei confronti di
Lo Iacono P., nata a Giardini Naxos;

avverso la sentenza del 26/1/2021 della CORTE D’APPELLO DI REGGIO CALABRIA;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Giovanni Liberati;

lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Felicetta Marinelli, che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio;

lette le conclusioni dell’avv. Signorina Frisenda, per la parte civile G. Caprino, che ha chiesto l’annullamento con rinvio;

lette le conclusioni dell’avv. Gaetana Di Mauro per le parti civili M. Sciacca, A. Caprino, E. Caprino e A. Caprino, che ha chiesto l’annullamento con rinvio;

letta la memoria dell’avv. Antonio Scarcella, per l’imputata P. Lo Iacono, con la quale ha concluso per il rigetto dei ricorsi.

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 26 gennaio 2021 la Corte d’appello di Reggio Calabria, provvedendo, a seguito dell’annullamento con rinvio disposto da questa Corte con la sentenza n. 34893 del 2019 della sentenza del 11 aprile 2018 della Corte d’appello di Messina, sulla impugnazione proposta da P. Lo Iacono nei confronti della sentenza del 8 luglio 2016 del Tribunale di Messina, con la quale la stessa Lo Iacono, unitamente a G. Caprino, F. Presti e a G. Gulotta, era stata dichiarata responsabile del reato di cui all’art. 589, comma 2, cod. pen. (quale committente, unitamente a Presti, di lavori di ristrutturazione edile, nel corso dei quali Gabriele Caprino, nel riordinare gli attrezzi di lavoro, era rimasto folgorato dal contatto con una prolunga non a norma perché di presa e collegata direttamente alla rete elettrica a bassa tensione dell’immobile), ha assolto l’imputata per non aver commesso il fatto.

Il giudice del rinvio ha escluso che la Lo Iacono si fosse ingerita nella individuazione delle imprese incaricate della realizzazione dei lavori o che si fosse intromessa nella esecuzione delle opere, evidenziando che dalla relazione degli ispettori del lavoro emergeva che era stato F. Presti a occuparsi di curare i contatti e gli accordi con il progettista e con le imprese affidatarie dei lavori, compresa l’impresa Caprino (incaricata dei lavori edili) e l’impresa Gulotta (che doveva provvedere ai lavori elettrici), escludendo, di conseguenza, la ravvisabilità di una posizione di garanzia a carico della Lo Iacono, non desumibile dai documenti prodotti dalle parti civili, dai quali emergeva solamente una veste formale della imputata in relazione ad adempimenti di carattere amministrativo.

2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione G. Caprino, costituito parte civile, che lo ha affidato a un unico motivo, mediante il quale ha denunciato un vizio della motivazione nella parte relativa alla valutazione della posizione della Lo Iacono, quale committente dei lavori nel corso dei quali si era verificata la morte di Gabriele Caprino, avvenuta il 13 agosto 2009 a causa di una folgorazione elettrica.

Ha esposto che P. Lo Iacono e F. Presti (quali committenti), G. Gulotta (quale direttore dell’impresa incaricata della manutenzione dell’impianto elettrico del cantiere) e G. Caprino (quale datore di lavoro della vittima), erano tutti stati condannati per il concorso nell’omicidio colposo aggravato dalla violazione di disposizioni antinfortunistiche.

La Corte di cassazione, provvedendo sui ricorsi degli imputati nei confronti della sentenza della Corte d’appello di Messina, che aveva confermato quella di condanna del Tribunale della stessa Città, aveva annullato la sentenza di secondo grado limitatamente alla posizione della Lo Iacono, ravvisando un vizio della motivazione in ordine alla sua veste di committente, rigettando i ricorsi degli altri imputati.

Nel corso del giudizio di rinvio innanzi alla Corte d’appello di Reggio Calabria erano quindi stati prodotti i documenti idonei a dimostrare tale veste della Lo Iacono (comunicazione di inizio lavori, progetto per la realizzazione di una vasca di raccolta delle acque, fatture per lavori di sbancamento emessa nei confronti della Lo Iacono, fatture relative alle opere propedeutiche relative a tale vasca pure emesse nei confronti della Lo Iacono), ma i giudici del rinvio avevano escluso profili di colpa a carico della Lo Iacono, affermando anche che i documenti prodotti riguardavano lavori diversi rispetto a quelli oggetto dell’infortunio e dimostravano solamente una veste formale della Lo Iacono.

Tale motivazione sarebbe, però, errata, sia quanto alla esclusione della riconducibilità dei documenti prodotti ai lavori nel corso dei quali si era verificato l’infortunio mortale, sia a proposito della esclusione della veste di committente della Lo Iacono, in quanto l’infortunio si era verificato nella abitazione dei committenti Presti e Lo Iacono, presso la quale erano in corso i lavori per la realizzazione di una piscina dotata di locali tecnologici interrati, che contemplavano anche la realizzazione del relativo impianto elettrico (nonostante presso il comune fosse stato presentato solamente un progetto per la realizzazione di una vasca per la raccolta delle acque); inoltre i documenti prodotti dimostravano l’assunzione della veste di committente della Lo Iacono, proprio secondo le indicazioni fornite nella sentenza di annullamento con rinvio, in quanto attenevano alla comunicazione al comune dell’inizio dei lavori, all’incarico al progettista di redigere un progetto per la realizzazione di una vasca prefabbricata per la raccolta delle acque nel terreno antistante la sua abitazione, al pagamento della somma di euro 3.534,00 per i relativi lavori di sbancamento, al pagamento delle somme di euro 782,40 ed euro 5.812,00 relative alla fornitura dei materiali necessari per la realizzazione di tale vasca.

Da tali documenti, oltre che dalla veste di proprietaria e dal rapporto di coniugio con l’altro committente, emergeva l’assunzione da parte della Lo Iacono della veste di committente, assieme al marito, risultando un’attività positiva e una ingerenza nei lavori, oltre a rapporti con le maestranze e con il professionista incaricato di una relazione tecnica e al fatto che i lavori si svolgevano innanzi alla abitazione dei coniugi Presti – Lo Iacono, tanto che gli operai utilizzavano la presa elettrica esterna di un impianto non a norma di tale abitazione, alla quale era stata collegata la prolunga che aveva causato il decesso della vittima, con la conseguente erroneità della esclusione della veste di committente in capo alla Lo Iacono e della sua assoluzione.

Con memoria del 10 febbraio 2022 ha ribadito la fondatezza del ricorso.

3. Hanno proposto ricorso avverso la medesima sentenza anche M. Sciacca, A. Caprino, E. Caprino e A. Caprino, costituiti parti civili, affidandolo a un unico motivo, mediante il quale hanno lamentato anch’essi un vizio della motivazione nella parte relativa alla valutazione dei documenti prodotti a sostegno della affermazione della veste di committente della Lo Iacono.

Dopo aver riepilogato anch’essi i fatti che avevano condotto all’incidente mortale, sottolineando che questo si era verificato nel corso dei lavori di ristrutturazione degli spazi esterni di pertinenza della abitazione della Lo Iacono, contemplanti anche l’installazione di una piscina, nell’ambito dei quali operavano contemporaneamente più imprese, ha censurato la valutazione compiuta dai giudici del rinvio dei documenti prodotti allo scopo di dimostrare la veste della Lo Iacono, secondo le indicazioni contenute nella sentenza di annullamento con rinvio.

Nel giudizio di rinvio erano, infatti, stati prodotti documenti sottoscritti dalla Lo Iacono idonei a dimostrare detta veste, consistenti nella comunicazione della installazione di una vasca prefabbricata per la raccolta delle acque, nel relativo progetto, nell’incarico per la relazione tecnica da allegare a tale progetto, nonché nelle fatture emesse nei confronti della medesima P. Lo Iacono relative a detti lavori e alla fornitura dei relativi materiali.

Da tali documenti si poteva desumere che la Lo Iacono si era direttamente e ininterrottamente interessata della gestione amministrativa e dell’esecuzione dei lavori da realizzare all’interno della sua proprietà, della nomina dei consulenti e del pagamento delle maestranze, con la conseguenza che la stessa avrebbe potuto essere qualificata come committente in senso sostanziale, sulla base della distinzione concettuale tra committente formale e sostanziale formulata dalla giurisprudenza di legittimità (si richiama la sentenza n. 10039 del 2019).

Risultavano, pertanto, errate le affermazioni del giudice del rinvio, secondo cui detti documenti si riferivano ad attività diverse rispetto ai lavori nel corso dei quali si era verificato l’incidente mortale, in quanto questo era avvenuto nel corso dei lavori di realizzazione di una piscina con relativo impianto elettrico (come chiarito a pag. 11 della sentenza di primo grado), e sarebbero dimostrativi solamente di una veste formale, in quanto in realtà da essi emergeva il ruolo di parte attiva della Lo Iacono nella gestione dei lavori edili eseguiti all’interno dell’immobile di sua proprietà, tale da consentire di qualificarla come committente sostanziale dei lavori, unitamente al coniuge F. Presti.

Hanno denunciato anche l’omessa pronuncia in ordine alle spese del giudizio di legittimità, come indicato nella sentenza di annullamento con rinvio.

Con memoria del 7 febbraio 2022 hanno anch’essi ribadito la fondatezza del proprio ricorso.

4. Con memoria del 4 febbraio 2022 P. Lo Iacono si è opposta all’accoglimento di entrambi i ricorsi, ribadendo la propria estraneità alla realizzazione dei lavori nel corso dei quali si era verificato l’infortunio mortale, lavori che non aveva commissionato e in relazione ai quali aveva solamente assolto alcuni adempimenti amministrativi, dai quali non poteva, però, trarsi la sua veste di committente.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Entrambi i ricorsi, esaminabili congiuntamente stante la piena sovrapponibilità delle censure alle quali sono stati affidati, sono fondati.

2. Giova premettere che nella sentenza di annullamento con rinvio, limitatamente alla posizione della Lo Iacono, essendo stati rigettati i ricorsi proposti da G. Caprino, F. Presti e G. Gulotta, con la conseguente definitività della affermazione della loro responsabilità, la Quarta Sezione di questa Corte ha sottolineato che la Corte d’appello di Messina aveva ravvisato il ruolo di committente della Lo Iacono sulla base del fatto che il verbale di contravvenzione redatto dagli ispettori del lavoro era stato indirizzato a entrambi i coniugi Presti – Lo Iacono, quali committenti, pur precisando che il solo Presti si era occupato dei contatti e dei rapporti con i professionisti e con le imprese, con la conseguente contraddittorietà e manifesta illogicità della sentenza di secondo grado, che aveva superato l’indizio contrario (riguardo alla dimostrazione della veste di committente della Lo Iacono) mediante un dato neutro (costituito dalla veste di proprietaria), senza evidenziare alcun significativo elemento probatorio (quali la gestione di adempimenti amministrativi o il pagamento di professionisti o imprese), che, unitamente al dato formale della proprietà e al rapporto di coniugio con l’altro committente, potesse dimostrare l’assunzione effettiva e sostanziale del ruolo di committente da parte della Lo Iacono unitamente a F. Presti.

3. La Corte d’appello di Reggio Calabria, investita della valutazione della posizione della Lo Iacono, ritenuta nella sentenza di primo grado e nella precedente sentenza di appello committente in senso sostanziale dei lavori con motivazione giudicata contraddittoria e manifestamente illogica, ha escluso tale veste, assolvendo di conseguenza la Lo Iacono per non aver commesso il fatto, non essendovi prova che la stessa si fosse ingerita nella individuazione delle imprese incaricate della realizzazione dei lavori o che si fosse intromessa nella esecuzione delle opere, evidenziando che dalla relazione degli ispettori del lavoro emergeva che era stato F. Presti a occuparsi di curare i contatti e gli accordi con il progettista e con le imprese affidatarie dei lavori, compresa l’impresa Caprino (incaricata dei lavori edili) e l’impresa Gulotta (che doveva provvedere ai lavori elettrici), escludendo, di conseguenza, la ravvisabilità di una posizione di garanzia a carico della Lo Iacono, che non sarebbe desumibile neppure dai documenti prodotti dalle parti civili, dai quali emergerebbe solamente una veste formale della imputata in relazione ad adempimenti di carattere amministrativo.

4. Tali considerazioni non sono, però, idonee, a confutare la prospettazione delle parti civili, riguardo alla veste di committente in senso sostanziale della Lo Iacono, fondata sia sullo stato dei luoghi e sulle modalità di verificazione dell’incidente, sia sui documenti prodotti nel corso del giudizio di rinvio dalle stesse parti civili, che non sono stati adeguatamente considerati dai giudici del rinvio.

Va, infatti, rilevato che, come sottolineato in entrambi i ricorsi delle parti civili, dalla sentenza di primo grado risulta che i lavori nel corso dei quali si verificò l’incidente mortale si svolgevano in un unico contesto, ossia nell’area di pertinenza della abitazione dei coniugi Presti – Lo Iacono, e avevano tutti quale oggetto l’installazione di una piscina e del relativo impianto di illuminazione; proprio in relazione ai lavori elettrici, Gabriele Caprino (figlio di G. Caprino e dipendente della sua impresa), nel riordinare gli attrezzi da lavoro, era rimasto folgorato dal contatto con un cavo elettrico non a norma, in quanto privo di presa e collegato direttamente alla rete elettrica a bassa tensione della abitazione dei coniugi Presti Lo Iacono (impianto realizzato con gravissime carenze di sicurezza e privo di ogni dispositivo di sicurezza): ne consegue la manifesta illogicità della affermazione contenuta nella motivazione della sentenza impugnata a proposito della irrilevanza dei documenti prodotti dalle parti civili nel giudizio di rinvio (a sostegno della loro prospettazione in ordine alla veste di committente sostanziale della Lo Iacono), in quanto relativi a lavori diversi da quelli oggetto dell’infortunio, essendo priva della necessaria considerazione della unitarietà di tali lavori, della loro contestualità spazio – temporale, delle modalità di verificazione dell’infortunio, che avrebbero dovuto essere analiticamente considerati prima di giudicare irrilevanti i documenti prodotti (per essere relativi a non meglio specificati lavori diversi rispetto a quelli, altrettanto non indicati, oggetto dell’infortunio).

La motivazione in ordine alla insufficienza di tali documenti, in quanto relativi a meri adempimenti di carattere amministrativo, risulta, poi, insufficiente, essendo priva della necessaria analisi di tali documenti e delle ragioni per le quali da essi non potrebbe trarsi la prova della ingerenza della Lo Iacono nella esecuzione dei lavori e, con essa, tenuto conto delle modalità e del contesto di esecuzione dei lavori e anche della veste di proprietaria della Lo Iacono, della sua veste di committente in senso sostanziale. Da tali documenti, secondo quanto illustrato dai ricorrenti, in modo sufficientemente specifico, allegando anche a entrambi i ricorsi le copie di detti documenti, si ricaverebbe non una mera e formale partecipazione ad adempimenti amministrativi collegati a detti lavori, bensì la comunicazione alla amministrazione comunale dell’inizio dei lavori (che costituisce adempimento significativo e che avrebbe potuto anche essere eseguito dal marito della Lo Iacono, anch’egli proprietario della abitazione e dell’area circostante nella quale la piscina doveva essere installata); la sottoscrizione della relativa relazione tecnica illustrativa con la qualifica di committente; l’indicazione della Lo Iacono quale committente nella relazione tecnica del progettista; l’intestazione alla stessa lo Iacono di fatture relative alla esecuzione di lavori di sbancamento e alla fornitura di calcestruzzo: si tratta di documenti dimostrativi di attività non certo meramente formali né riconducibili alla sola veste di comproprietaria della Lo Iacono, ma da considerare nella valutazione complessiva da compiere secondo le indicazioni fornite con la sentenza di annullamento con rinvio, che la Corte d’appello ha omesso, limitandosi a escludere la veste di committente della Lo Iacono, senza considerare tutti gli aspetti della vicenda e senza illustrare le ragioni della irrilevanza dei documenti prodotti dalle parti civili nel corso del giudizio di rinvio.

5. Si rende necessario, pertanto, un nuovo esame della posizione della Lo Iacono, da compiere tenendo conto di tutti gli aspetti di fatto della vicenda, delle modalità di esecuzione dei lavori e del loro contesto, oltre che delle modalità di verificazione dell’infortunio, e anche di un esame analitico dei documenti prodotti dalle parti civili, alla luce delle loro prospettazioni riguardo alla veste e al ruolo della Lo Iacono.

Anche la sentenza impugnata deve, pertanto, essere annullata, agli effetti civili, con rinvio per nuovo giudizio al giudice civile competente per valore in grado di appello, che provvederà anche alla liquidazione delle spese relative all’azione civile di entrambi i giudizi di legittimità (con ciò rimanendo assorbite le doglianze in ordine alla regolamentazione delle spese processuali sostenute dalle parti civili).

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata agli effetti civili, con rinvio per nuovo giudizio al giudice civile competente per valore in grado di appello, cui rimette anche la liquidazione delle spese tra le parti per i gradi di legittimità.

Così deciso il 22/2/2022

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