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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Appalti, Diritto processuale penale, Diritto urbanistico - edilizia, Pubblica amministrazione, Sicurezza sul lavoro Numero: 15181 | Data di udienza: 15 Marzo 2022

APPALTI – Disastro colposo – Frana – Cooperazione nel disastro colposo commesso nel corso della realizzazione di lavori edili – Responsabilità dell’appaltatore – SICUREZZA SUL LAVORO – Realizzazione di lavori edili – Infortuni sul lavoro – Sicurezza sul lavoro – Responsabilità del committente, del datore di lavoro e del direttore dei lavori – Individuazione – Rilevanza della condotta – Eziologia dell’evento – Obbligo di verificare l’idoneità tecnico-professionale dell’impresa e dei lavoratori autonomi prescelti – Antinfortunistica e specifica competenza – DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Opere che interessano la pubblica incolumità – Sicurezza – Necessità del collaudo statico per tutte le costruzioni – Procedura – Art. 67, D.P.R. n. 380/2001 – PUBBLICA AMMINISTRAZIONE – Delitti contro l’incolumità pubblica – Causazione colposa degli eventi disastrosi – Reato colposo di frana – Art. 449 cod.pen. – Nozione di disastro – Principio di concreta offensività – Disastro innominato – Art. 434 c.p. – Momento di consumazione del reato – Verifica giudiziale della sussistenza dell’evento “frana” – Effettivo pericolo un numero indeterminato di persone – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Principio di correlazione fra accusa e decisione – Violazione – Art. 521 cod. proc. pen. – Principio di affidamento nel comportamento altrui – Operatività – Limiti. (massime a cura di Francesco Camplani)


Provvedimento: SENTENZA
Sezione: 4^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 20 Aprile 2022
Numero: 15181
Data di udienza: 15 Marzo 2022
Presidente: CIAMPI
Estensore: FERRANTI


Premassima

APPALTI – Disastro colposo – Frana – Cooperazione nel disastro colposo commesso nel corso della realizzazione di lavori edili – Responsabilità dell’appaltatore – SICUREZZA SUL LAVORO – Realizzazione di lavori edili – Infortuni sul lavoro – Sicurezza sul lavoro – Responsabilità del committente, del datore di lavoro e del direttore dei lavori – Individuazione – Rilevanza della condotta – Eziologia dell’evento – Obbligo di verificare l’idoneità tecnico-professionale dell’impresa e dei lavoratori autonomi prescelti – Antinfortunistica e specifica competenza – DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Opere che interessano la pubblica incolumità – Sicurezza – Necessità del collaudo statico per tutte le costruzioni – Procedura – Art. 67, D.P.R. n. 380/2001 – PUBBLICA AMMINISTRAZIONE – Delitti contro l’incolumità pubblica – Causazione colposa degli eventi disastrosi – Reato colposo di frana – Art. 449 cod.pen. – Nozione di disastro – Principio di concreta offensività – Disastro innominato – Art. 434 c.p. – Momento di consumazione del reato – Verifica giudiziale della sussistenza dell’evento “frana” – Effettivo pericolo un numero indeterminato di persone – DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Principio di correlazione fra accusa e decisione – Violazione – Art. 521 cod. proc. pen. – Principio di affidamento nel comportamento altrui – Operatività – Limiti. (massime a cura di Francesco Camplani)



Massima

CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez.4^, 20 aprile 2022 (Ud. 15/03/2022), Sentenza n.15181

APPALTI – Disastro colposo – Frana – Cooperazione nel disastro colposo commesso nel corso della realizzazione di lavori edili – Responsabilità dell’appaltatore.

In tema di appalti, in relazione al delitto di cooperazione nel disastro colposo commesso nel corso della realizzazione di lavori edili, l’appaltatore di lavori edili deve osservare tutte le cautele necessarie per evitare danni alle persone, non soltanto nel periodo di esecuzione delle opere appaltate, ma anche nella fase successiva, allorquando egli ha l’obbligo di non lasciare senza custodia le situazioni di grave pericolo che gli siano note.

SICUREZZA SUL LAVORO – Realizzazione di lavori edili – Infortuni sul lavoro – Sicurezza sul lavoro – Responsabilità del committente, del datore di lavoro e del direttore dei lavori – Individuazione – Rilevanza della condotta – Eziologia dell’evento – Obbligo di verificare l’idoneità tecnico-professionale dell’impresa e dei lavoratori autonomi prescelti – Antinfortunistica e specifica competenza.

In materia di responsabilità colposa a seguito di incidenti sul lavoro commesso nel corso della realizzazione di lavori edili, il committente dei lavori deve adeguare la condotta a fondamentali regole di diligenza e prudenza nello scegliere il soggetto a cui affidare l’incarico, accertandosi che tale soggetto non sia soltanto munito dei titoli di idoneità prescritti dalla legge, ma anche della capacità tecnica e professionale, proporzionata al tipo astratto di attività commissionata e alle concrete modalità di espletamento della stessa, avendo inoltre l’obbligo di verificare l’idoneità tecnico-professionale dell’impresa e dei lavoratori autonomi prescelti, anche in relazione alla pericolosità dei lavori affidati. Tuttavia, in tema di infortuni sul lavoro, il dovere di sicurezza gravante sul datore di lavoro opera anche in relazione al committente e ha anche precisato che dal committente non può tuttavia esigersi un controllo pressante, continuo e capillare sull’organizzazione e sull’andamento dei lavori, occorrendo verificare in concreto quale sia stata l’incidenza della sua condotta nell’eziologia dell’evento, a fronte delle capacità organizzative della ditta scelta per l’esecuzione dei lavori, avuto riguardo alla specificità dei lavori da eseguire, ai criteri seguiti dallo stesso committente per la scelta dell’appaltatore o del prestatore d’opera, alla sua ingerenza nell’esecuzione dei lavori oggetto di appalto o del contratto di prestazione d’opera, nonché alla agevole ed immediata percepibilità, da parte del committente, di situazioni di pericolo. Inoltre, in ambito antinfortunistico, rimane anche fermo il principio che al committente non possano ascriversi colpe in relazione a scelte tecniche demandate a soggetti qualificati che richiedono una specifica competenza nelle procedure da adottare in determinate lavorazioni, nell’utilizzazione di speciali tecniche o nell’uso di determinate macchine. In relazione al delitto di disastro colposo, il direttore dei lavori è responsabile a titolo di colpa del crollo di costruzioni anche nell’ipotesi di sua assenza dal cantiere, dovendo esercitare un’oculata attività di vigilanza sulla regolare esecuzione delle opere edilizie e, in caso di necessità, adottare le dovute precauzioni d’ordine tecnico, ovvero scindere immediatamente la propria posizione di garanzia da quella dell’assuntore dei lavori, rinunciando all’incarico ricevuto.

DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Opere che interessano la pubblica incolumità – Sicurezza – Necessità del collaudo statico per tutte le costruzioni – Procedura – Art. 67, D.P.R. n. 380/2001.

Il collaudo statico è la procedura finalizzata a valutare le prestazioni delle opere e delle componenti strutturali comprese nel progetto ed eventuali varianti depositati presso gli organi di controllo competenti. Il collaudo deve essere eseguito da un ingegnere o da un architetto, iscritto all’albo da almeno dieci anni, che non sia intervenuto in alcun modo nella progettazione, direzione, esecuzione dell’opera. Contestualmente alla denuncia lavori, il direttore dei lavori è tenuto a presentare presso lo sportello unico l’atto di nomina del collaudatore scelto dal committente e la contestuale dichiarazione di accettazione dell’incarico, corredati da certificazione attestante le condizioni professionali.

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE – Delitti contro l’incolumità pubblica – Causazione colposa degli eventi disastrosi – Reato colposo di frana – Configurabilità – Art. 449 cod.pen.

L’art. 449 c.p. reprime la causazione colposa degli eventi disastrosi preveduti dalle norme incriminatrici contenute nel capo primo ad ulteriore dimostrazione della tutela rafforzata che il legislatore ha voluto accordare ad un bene fondamentale quale quello della pubblica incolumità, dimensione superindividuale e collettiva dei beni della vita, dell’integrità fisica e della salute normalmente insidiato, peraltro, più da a regole precauzionali che da forme di aggressione volontaria che caratterizza il pericolo per la pubblica incolumità è semplicemente la tipica, qualificata possibilità che le persone si trovino coinvolte nella sfera d’azione dell’evento disastroso descritto dalla fattispecie, esposte alla sua forza distruttiva. L’art. 449 sanziona,cioè, la causazione colposa degli eventi disastrosi previsti dalle fattispecie tipizzate al capo primo, tra le quali la frana ex art. 426 cod.pen.; è necessario che l’evento si verifichi, diversamente dall’ipotesi dolosa (art. 434, comma 1), nella quale la soglia per integrare il reato è anticipata al momento in cui sorge il pericolo per la pubblica incolumità e, qualora il disastro si verifichi, risulterà integrata la fattispecie aggravata di cui all’art. 434 c.p. comma 2.

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE – Delitti contro l’incolumità pubblica – Nozione di disastro – Principio di concreta offensività – Disastro innominato – Art. 434 c.p. – Momento di consumazione del reato – Verifica giudiziale della sussistenza dell’evento “frana” – Effettivo pericolo un numero indeterminato di persone.

La nozione di disastro richiamata nelle varie ipotesi contenute nell’art. 449 cod.pen. è omogenea sul piano delle caratteristiche strutturali rispetto a quella prevista dai corrispondenti delitti dolosi. Al riguardo, valorizzando il principio di concreta offensività, in riferimento all’evento tipico del disastro innominato ex art. 434 c.p., comma 2, il momento di consumazione del reato coincide con l’evento tipico della fattispecie e quindi con il verificarsi del disastro, da intendersi come fenomeno distruttivo naturale di proporzioni straordinarie dal quale deriva pericolo per la pubblica incolumità, ma rispetto al quale sono effetti estranei ed ulteriori il persistere del pericolo o il suo inveramento nelle forme di una concreta lesione. Il disastro, in particolare, definisce accadimenti macroscopici, dirompenti e quindi potenzialmente lesivi dell’incolumità pubblica, sia pure nella richiamata dimensione indeterminata e superindividuale con la conseguenza che occorre accertare che il caso concreto presenti le caratteristiche di tipica offensività insite nella fattispecie astratta. Deve quindi ribadirsi che, anche per la verificazione dell’evento “frana” di cui all’art. 426 c.p., il momento di consumazione del reato coincide con l’evento tipico della fattispecie e, quindi, con il verificarsi della frana, da intendersi come fatto distruttivo di proporzioni straordinarie dal quale deriva pericolo per la pubblica incolumità, non dissimilmente dagli altri disastri previsti dal Capo Primo del Titolo VI, parimenti richiamati dall’art. 449 c.p. Pertanto, nella verifica giudiziale della sussistenza dell’evento “frana” di cui all’art. 426 c.p., non è richiesta l’analisi a posteriori di specifici decorsi causali che è invece propria degli illeciti che coinvolgono una o più persone determinate. Non di meno i reati di disastro colposo richiamati dall’art. 449 c.p., richiedono un avvenimento grave e complesso con conseguente pericolo per la vita o l’incolumità delle persone indeterminatamente considerate; di talché è necessaria una concreta situazione di pericolo per la pubblica incolumità, nel senso della ricorrenza di un giudizio di probabilità relativo all’attitudine di un certo fatto a ledere o a mettere in pericolo un numero non individuabile di persone, anche se appartenenti a categorie determinate di soggetti; e l’effettività della capacita diffusiva del nocumento (cosiddetto pericolo comune) deve essere accertata in concreto.

DIRITTO PROCESSUALE PENALE – Principio di correlazione fra accusa e decisione – Violazione – Art. 521 cod. proc. pen. – Principio di affidamento nel comportamento altrui – Operatività – Limiti.

Ai fini della sussistenza di una violazione del principio di correlazione di cui all’art. 521 cod. proc. pen. non è sufficiente qualsiasi modificazione dell’accusa originaria, ma è necessaria una modifica che pregiudichi la possibilità di difesa dell’imputato. Pertanto, la violazione non sussiste quando nel capo di imputazione siano contestati gli elementi fondamentali idonei a porre l’imputato in condizioni di difendersi dal fatto successivamente ritenuto in sentenza, da intendersi come accadimento storico oggetto di qualificazione giuridica da parte della legge penale, che spetta al giudice individuare nei suoi esatti contorni. Tali principi sono coerenti con quelli costituzionali racchiusi nella norma di cui al novellato art. 111 Costituzione, ma anche con l’art. 6 della Convenzione E.D.U.. Mentre, il principio di affidamento nel comportamento altrui, con conseguente esclusione di responsabilità, non può essere invocato da parte di chi sia già in colpa per avere violato norme precauzionali o avere omesso determinate condotte e, ciononostante, confidi che colui che gli succede nella posizione di garanzia elimini la violazione o ponga rimedio alla omissione, in quanto la seconda condotta non si configura come fatto eccezionale sopravvenuto, da solo sufficiente a produrre l’evento.

(dich. inammissibili i ricorsi avverso sentenza del 26/10/2020 della CORTE APPELLO di BRESCIA) Pres. CIAMPI, Rel. FERRANTI, Ric. Consonni ed altri


Allegato


Titolo Completo

CORTE DI CASSAZIONE PENALE, Sez.4^, 20/04/2022 (Ud. 15/03/2022), Sentenza n.15181

SENTENZA

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE

composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

omissis

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sui ricorsi proposti da:
CONSONNI P. nato a PONTE SAN PIETRO;
PERLETTI C. P. nato a MONTELLO;
OMODEI A. nato a SONICO;
FINAZZI M. nato a ALZANO LOMBARDO;

avverso la sentenza del 26/10/2020 della CORTE APPELLO di BRESCIA;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere DONATELLA FERRANTI;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore KATE TASSONE che ha concluso chiedendo per PERLETTI C. P. per l’accoglimento del ricorso limitatamente al primo e al terzo motivo di ricorso con annullamento con rinvio, rigetto nel resto; rigetto dei ricorsi di CONSONNI P., OMODEI A. e FINAZZI M.;

il Proc. Gen. si è riportato alla memoria scritta depositata.

udito il difensore
E’ presente l’avvocato MEDICI LUCA del foro di BERGAMO per le parti civili CAPOFERRI M. e MANNENTI B.. Il difensore deposita conclusioni e nota spese di cui chiede l’accoglimento.

E’ presente l’avvocato TULINO LOREDANA del foro di VIBO VALENTIA quale sostituto processuale dell’avv. BELTRANI C. in difesa di OMODEI A.. Il difensore deposita nomina ex art. 102 c.p.p. e si riporta ai motivi di ricorso di cui chiede l’accoglimento.

E’ altresì presente l’avvocato VALTORTA LORENZO del foro di BRESCIA in difesa di PERLETTI C. P.. Il difensore illustra i motivi di ricorso e ne chiede l’accoglimento.

E’ presente l’avvocato ZAMBELLI M. del foro di BERGAMO in difesa di FINAZZI M.. Il difensore illustra i motivi di ricorso e ne chiede l’accoglimento.

E’ infine presente l’avvocato SIMBARI ARMANDO del foro di MILANO in difesa di CONSONNI P.. Il difensore illustra i motivi di ricorso e ne chiede l’accoglimento.

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte d’appello di Brescia, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Bergamo del 12.03.2019 con la quale Finazzi M., Consonni P., Perletti C. P. e Onnodei A. erano stati condannati alle pene ritenute rispettivamente di giustizia per il reato di cui agli arti. 113 e 449 cod. pen., oltre al risarcimento del danno in solido, in favore delle parti civili (S., D. e S. Dovina, M. Capoferri e B. Manenti, nei cui confronti prevedeva la liquidazione di una provvisionale e del Comune di Trescore Balneario nei cui confronti liquidava il danno in complessivi euro 224.904,00 tenuto conto del concorso di colpa quantificato nel 20%), ha rideterminato favorevolmente la pena nei confronti degli imputati, riconoscendo le attenuanti generiche; ha concesso a Finazzi e Consonni il beneficio della sospensione condizionale della pena, subordinato al pagamento di un quarto ciascuno della provvisionale pari a 10.000,00 euro in favore delle parti civili Capoferri e Manenti ed euro 1.250,00 nei confronti della parti civili Dovina, da corrispondersi entro sei mesi dal passaggio in giudicato della sentenza; ha revocato le statuizioni civili nei confronti del Comune di Trescore Balneario e ridotto a 40.000,00 la somma liquidata a titolo di provvisionale in favore di Capoferri e Manenti. Ha confermato nel resto.

2. Agli imputati è stato contestato il reato di cui all’art. 113, 449, cod. pen., per avere ciascuno, nelle rispettive, descritte qualità e per colpa specifica e generica cagionato una frana, classificata dallo STER della Regione Lombardia in relazione alle dimensioni e caratteristiche quale dissesto di livello regionale /nazionale, di seguito al repentino crollo della paratia tirantata ( berlinese) e del relativo muro posto a paramento con altezza di sette-otto metri situati all’interno del cantiere dell’Immobiliare Aminella ( fatto avvenuto il 16.11.2014).

2.1. In particolare a FINAZZI E CONSONNI, in qualità di amministratori unici, legali rappresentanti della società immobiliare Aminella s.r.l., rispettivamente il primo dal 19.10.2010 al 24.01.2013 e il secondo dal 24.01.2013 e proprietaria dell’area in cui si è verificato il crollo e committente della costruzione di edifici residenziali a valle del versante della località Aminella; a PERLETTI, quale direttore generale dei lavori del cantiere per la costruzione degli edifici e della relativa paratia e a BELOTTI Luca P., giudicato separatamente, quale progettista e direttore dei lavori delle opere in cemento armato, relative alla paratia di micropali tiranti di contrasto posta a sostegno del pendio sovrastante la via Aminella e ricompresa nell’ambito dei lavori del cantiere; a OMODEI in qualità di legale rappresentante della società SOFIA EDIL SONICO snc incaricata di realizzare la paratia, si contesta di aver cagionato per colpa generica e specifica (violazione delle norme per la disciplina delle opere di conglomerato cementizio armato normale e precompresso e a struttura metallica) sul versante e nell’area interessata dai lavori, una frana di scivolamento rotazionale e/o traslativo classificata dallo STER della Regione Lombardia quale dissesto di livello regionale/nazionale e che coinvolgeva una superficie di 8000-9000 mq per uno spessore di 4-5 metri e un volume di 40-45.000 mq, danneggiando strutture pubbliche e private e che imponeva l’evacuazione di diverse famiglie oltre la necessità di opere di messa in sicurezza ( formazione al piede di un pendio di terrapieno con funzioni di contrasto, captazione di tutte le venute di acqua installazione di un sistema di drenaggio a nord del fronte frana e sigillatura delle crepe e delle fessure).

Inoltre sia ai Direttori dei Lavori Per/etti e Belotti, giudicato separatamete, che a Finazzi e Consonni era contestato di aver lasciato dal 2010 l’area di proprietà della società e il cantiere in stato di abbandono, dopo che il Comune di Trescore Balneario, settore tecnico, che aveva comunicato l’archiviazione della DIA 213/2008 e il divieto di prosecuzione dei lavori medesimi; in particolare si contestava l’incuria protratta nel tempo della paratia senza provvedere agli opportuni controlli e i lavori necessari per rimuovere la situazione di pericolo mediante la realizzazione di dreni necessari a sostenere i carichi agenti a monte.

2.2. Va precisato che con separato giudizio è stata affermata la penale responsabilità per il medesimo titolo di reato di Belotti Luca P., progettista e direttore dei lavori opere in cemento armato, relative alla paratia di micropali e tiranti di contrasto posta a sostengo del pendio e sovrastante la via Aminella, ricompresa nell’ambito dei lavori commissionati dalla società Aminella s.r.l. sopra indicata.

3.Nella sentenza impugnata si rinviene una analisi delle evidenze probatorie raccolte dall’istruttoria svolta nel primo grado di giudizio che ha così ricostruito i fatti.

3.1. Il cantiere di proprietà della immobiliare Aminella srl era inattivo dal novembre 2010, la mattina del 16.11.2014 si udirono ripetuti e anomali rumori, tipo “schiocchi”, provenienti dal cantiere medesimo, situato nell’omonima collina nella parte ovest del Comune di Trescore Balneario; in sede di intervento da parte dei Carabinieri e dei Vigili del fuoco fu constato che i tiranti della paratia erano saltati, con conseguente cedimento della paratia medesima della lunghezza di ottanta metri, realizzata nel 2008, che si era spezzata a metà, (costituita da 99 micropali collegati da travi in calcestruzzo armato e ancorati alla collina da tiranti posizionati su tre file a loro volta cementati al terreno da un bulbo di fondazione, cd. berlinese), e del muro in prisme di calcestruzzo, realizzato nel 2010 per questioni estetiche a ridosso della berlinese, mentre il terreno a monte del manufatto, a causa delle abbondanti
precipitazioni dei giorni precedenti, era saturo di acqua ed era in lento movimento. In particolare i rilievi fotografici effettuati nell’immediatezza dei fatti evidenziavano che la paratia per 40 metri era crollata e per il restante tratto il muro si era appoggiato alle 4 villette in cemento armato costruite e lasciate ancora al rustico; il cedimento della paratia tirantata aveva comportato lo smottamento della massa terrosa della collina a monte per circa 80 metri (fol 4 e 5 sentenza di primo grado) e aveva interessato i terreni confinanti di proprietà di privati e di enti pubblici per un volume di terra di 60 metri cubi e una superficie di circa 8-9000 mq e un’altezza di cinque metri quadri, con la necessità immediata di porre in essere drenaggi superficiali per alleggerire il peso e diminuire le forze destabilizzanti. li Comune, infatti, aveva realizzato, nei giorni immediatamente successivi, un terrapieno per ripristinare il piede della collina ed edificato dei contrafforti di cemento armato ancorati alla parte della paratia non completamente crollata per cercare di stabilizzarla. A monte della paratia sul terreno di proprietà della parti civili Capoferri e Manenti era presente un modesto cantiere in cui erano in corso di realizzazione terrazzamenti e muretti alti circa un metro e lunghi sessanta metri che, a seguito dello smottamento del terreno, erano frantati a valle determinando la perdita del terreno agrario; la strada comunale a monte della frana, nel tratto denominata via Solatia, aveva a sua volta subito smottamento a seguito di una profonda fenditura dell’asfalto che aveva comportato la necessità di chiudere alla circolazione per diversi mesi la strada medesima. Erano state inoltre evacuare sette abitazioni prossime alla linea della frana; era stata rimossa una gru ancora presente nel cantiere abbandonato; disposto l’isolamento temporaneo delle linee dell’alta tensione e delle condutture del metano.

3.2. L’istruttoria si è poi incentrata sulla verifica delle cause del crollo sulla base dei contributi tecnici acquisiti al processo che, secondo quanto espongono i giudici d’appello, hanno evidenziato quanto segue:
– dal punto di vista amministrativo risultava che la Immobiliare Aminella s.r.l. proprietaria del terreno aveva depositato il 23.06.2007 la DIA n. 148/2007 per la realizzazione di nove villette con successiva variante presentata il 10.10.2008, ma, a seguito di varie richieste di integrazione da parte dell’Amministrazione comunale, non ottemperate dalla società proprietaria, il Comune in data 14.11.2010 aveva comunicato la archiviazione della variante e il divieto di prosecuzione dell’attività cosicchè il cantiere era chiuso e rimasto in stato di abbandono;
– la paratia era stata costruita nel 2008, non collaudata, in violazione del DPR 380/2001 e, nel 2010, era stata coperta per questioni estetiche da un muro di cemento costruito in adiacenza; il consulente del Pubblico Ministero e il perito del Giudice hanno ritenuto che la paratia era opera definitiva e quindi doveva essere accompagnata da una relazione di struttura ultimata, collaudata e soggetta a manutenzione ( fol 9 e 10 sentenza impugnata);
– la paratia era stata costruita prima del deposito del progetto redatto dall’Ing Belotti ( calcolatore delle opere strutturali, giudicato separatamente), progetto risultato tra l’altro fondato su valutazioni geologiche approssimative ( fol 11); in ogni caso sono stati riscontrati macroscopici errori esecutivi e comunque difformità nella realizzazione da parte della ditta Omodei, rispetto al progetto successivamente depositato, non rilevate né durante l’esecuzione né successivamente. Errori esecutivi gravi e di rilievo, dettagliatamente descritti a fol 11 e 12 della sentenza impugnata (le armature metalliche utilizzate per i micropali avevano una sezione metallica inferiore al 18% di quella indicata nel progetto Belloni, così come il momento di inerzia e il modulo di resistenza erano inferiori del 16% a quello previsto in progetto; i punti di giunzione dei tubi filettati erano allineati anziché posizionati a quote diverse …. ) che avevano caratterizzato la realizzazione della paratia, struttura non drenante e priva di fori e feritoie che quindi non consentiva nemmeno il deflusso dell’acqua e che, unitamente al muro in prisme, costruito in calcestruzzo vibrato, prima dell’abbandono del cantiere, aveva potenziato l’effetto diga e aveva aggravato la saturazione del versante a tergo della berlinese, aumentando così la spinta che aveva vinto la massima resistenza dei tiranti e quindi causato il crollo e conseguentemente la frana.

3.3. Quanto alla apporto causale delle condotte attribuite agli imputati Perletti, Finanzi e Consonni, nelle rispettive qualità sopra indicate, la Corte territoriale ha confermato quanto già rilevato dal primo giudice circa l’aver omesso qualsiasi verifica in ordine alla costruzione della paratia a regola d’arte, con un adeguato sistema di drenaggio e al suo collaudo, aver lasciato dal 2010 il cantiere in stato di abbandono e, quindi, la paratia priva della manutenzione necessaria omettendo interventi volti alla rimozione della situazione di pericolo da loro stessi creata.

Per quanto riguarda l’Omodei la colpa generica e specifica e la prevedibilità dell’evento veniva individuata nella violazione dell’art. 4 l 1086 del 1971 che pone specifici obblighi a carico del costruttore di opere in conglomerato cementizio, tra cui la denuncia all’ufficio del genio civile con allegata l’individuazione dei committenti, del progettista e del direttore dei lavori oltre che del progetto dell’opera. Nel caso di specie l’Omodei risulta aver realizzato l’opera senza un progetto depositato (sulla base di un preventivo da lui stesso redatto e accettato dalla committenza), con difformità in peius rispetto al progetto successivamente depositato, opera caratterizzata da elementi che costituivano gravi errori di esecuzione che perciò non avrebbero mai consentito di superare il collaudo dell’opera ( fol 68 e ss).

4. Avverso la sentenza hanno proposto ricorsi gli imputati

4.1. Ricorso dell’avv. A. Simbari nell’interesse di P. Consonni.

4.1.1. Con il primo motivo, deduce violazione di legge, illogicità e carenza di motivazione circa la sussistenza della posizione di garanzia in capo al committente proprietario e dell’obbligo giuridico di impedire l’evento con riferimento al cedimento strutturale della paratia. Trattandosi di opere in conglomerato cementizio la nomina del direttore lavori è obbligatoria per legge e l’art. 64 DPR 380/01 non prevede tra i soggetti titolari di una posizione di garanzia il committente poiché il direttore lavori ha il dovere e la responsabilità di vigilare e coordinare i singoli professionisti operanti per la realizzazione dell’opera.

4.1.2. Con il secondo motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione in quanto l’attività di collaudo prende avvio dalla relazione conclusiva dei lavori a firma del direttore dei lavori che ha il compito di presentare l’atto di nomina del collaudatore scelto dal committente. Il committente non ha un obbligo giuridico di intervenire per evitare eventi come quello verificatosi nel caso di specie.

4.1.3. Con il terzo motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento al riconoscimento della colpa generica e al principio dell’affidamento.

Deduce che l’amministratore Raccagni è stato assolto in primo grado, nonostante tutti gli amministratori che si sono succeduti avessero fatto affidamento sugli incarichi dati ai professionisti, in particolare al progettista al direttore dei lavori, Perletti, al direttore dell’opera cementizia, Belotti, al costruttore, Omodei; osserva che se ciascuno di loro avesse assolto ai propri compiti avrebbero evitato l’evento. Consonni proprio perché subentrato tre anni dopo poteva fare legittimo affidamento sul fatto che i suoi predecessori avessero posto in essere tutte le attività che a loro competevano, ivi compresa la conservazione del certificato di collaudo;

4.1.4. Con il quarto motivo deduce violazione di legge per inosservanza dell’art. 521 cod.proc.pen. per mancata correlazione tra accusa e sentenza, in quanto nel capo di imputazione si contestava al Consonni di non aver posto in essere le opere di manutenzione del cantiere a causa di un’incuria protratta nel tempo mentre la condanna si fonda su l’asserito dovere di ricevere il certificato di collaudo dell’opera;

4.1.5. Con il quinto motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento al trattamento sanzionatorio e alla mancata applicazione del minimo edittale

4. 2. Il ricorso dell’Avv. M. Zambelli per M. Finazzi ha dedotto i seguenti motivi:

4.2.1. Con il primo motivo ha dedotto violazione di legge processuale per l’inutilizzabilità dell’accertamento tecnico disposto ex art. 360 cod.proc.pen., il cui avviso non fu notificato al Finazzi che non era ancora persona indagata, nonostante e da subito doveva essere iscritto nel registro degli indagati in quanto amministratore della Aminella s.r.l. dal 19.10.2010 sino al 2013;

4.2.2. Con il secondo motivo ha dedotto violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento alla sussistenza del pericolo per la incolumità pubblica in quanto la categoria STYER della Regione Lombardia non ha una valenza giuridica ma è solo finalizzata all’erogazione di rimborsi pubblici; la fattispecie concreta non ha le caratteristiche della frana ma quelle del pericolo di crollo colposo, condizionato dalla presenza in loco di una gru molto alta; ha rilevato la insussistenza del nesso di causa tra gli errori progettuali ed esecutivi e l’evento non avendo i giudici di merito assolto al giudizio controfattuale se la paratia costruita a regola d’arte avrebbe retto l’urto del terreno eccezionalmente intriso di acqua; ha evidenziato l’insussistenza del nesso di causa tra gli inadempimenti riferibili al Finazzi e l’evento ( la gru posizionata nel cantiere non apparteneva alle competenze del committente proprietario);

4.2.3. Con il terzo motivo ha dedotto la violazione di legge con riferimento al principio devolutivo e il vizio di motivazione con riferimento alla posizione di garanzia ascritta a Finazzi in presenza del direttore dei lavori generale e del direttore dei lavori strutturali che sostituiscono in toto ex legge la responsabilità nel settore progettuale ed esecutivo;

4.2.4. Con il quarto motivo ha dedotto la violazione di legge per inosservanza dell’art. 522 cod.proc.pen. per mancata correlazione tra accusa e sentenza in quanto nel capo di imputazione si contestava l’omissione di controlli e di lavori necessari alla realizzazione di una struttura di contrasto mentre la condanna si fonda sull’asserita mancata osservanza del collaudo strutturale;

4.2.5. Con il quinto motivo deduce la violazione di legge con riferimento all’art. 7 della L.1086/1971, riguardo alla insussistenza della posizione di garanzia e alla rilevanza causale in ordine all’evento.

Ciò in quanto la normativa in materia di collaudo mira ad assicurare la sicurezza statica delle opere e prescinde dalle opere accessorie quali i dreni; l’evento pertanto non può dirsi derivare dall’omesso comportamento che la norma cautelare mira ad evitare. Finazzi subentrò quanto i lavori erano stati già commissionati e addirittura interrotti; quindi non può essere assimilato alla figura del committente.

4.3. L’Avv. Lorenza Valtorta per Perletti C. P. ha dedotto i seguenti motivi:

4.3.1 Con il primo motivo violazione di legge ai sensi dell’art. 521 e 522 cod.proc.pen. e nullità della sentenza. Lamenta che la condanna del ricorrente deriva dall’accertamento di condotte colpose ontologicamente diverse ( omessa vigilanza che agevola la realizzazione di un’opera senza progetto) da quelle descritte nel capo di imputazione che attengono alla omessa vigilanza sulla corretta esecuzione di un’opera cementizia rispetto al progetto;

4.3.2. Con il secondo motivo violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento all’elemento oggettivo del reato considerata l’estrema lentezza del fenomeno franoso e la totale assenza dell’eccezionale vis distruttiva, che espone a pericolo concreto e reale un numero indeterminato di persone, che è propria dei fatti riconducibili all’art. 449 cod. pen. ( a tal fine indica il video che ritrae l’evento franoso allegato al verbale di udienza della Corte di Appello id Brescia del 20.07.2020);

4.3.3. Con il terzo motivo violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento alla sussistenza del nesso di causalità tra l’evento franoso e la realizzazione della paratia micropali anzichè tra l’evento e il cantiere Capoferri-Manenti che risultava aver posto in essere un muro in cemento armato non autorizzato, in cui non risulta fosse stato effettuato un adeguato sistema di drenaggio come indicato dal geologo Manella.

4.3.4. Con il quarto motivo violazione della legge penale e vizio della motivazione con riferimento alla sussistenza dell’obbligo giuridico di impedire l’evento in capo all’imputato Perletti il quale non può aver assunto il ruolo e le responsabilità di direttore generale dei lavori in quanto le sue competenze si riferivano solo alla direzione dei lavori dal punto di vista architettonico (le villette), mentre l’Ing Belotti era progettista e direttore dei lavori della paratia e a lui cui spettavano gli obblighi giuridici inerenti al collaudo. Perletti non era destinatario né di investitura formale né di fatto in relazione ai lavori relativi alla paratia non avendo realizzato il progetto, né diretto i lavori relativi all’edificazione della stessa. L’aver sottoscritto la missiva del 28.09.2009 o essersi relazionato con l’amministrazione dopo il crollo non sono circostanze che possono assumere rilievo ai fini della gestione dei rischio connessa alla funzione tipica ricoperta.

4.4. Il ricorso dell’Avv . C. Beltrani per Omodei A. deduce i seguenti motivi:

4.4.1. Con il primo motivo violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento alla sussistenza del reato contestato.

Le opere relative alla paratia seppure realizzate prima del deposito del progetto erano state discusse ed approvate dal progettista e dal direttore lavori e dalla committenza come risulta dall’inizio della fase di collaudo in cui nessuno dei soggetti preposti chiese l’adeguamento delle opere al progetto. I giudici di merito non hanno accertato se l’adeguamento della paratia al progetto avrebbe evitato l’evento, anzi è emerso che il muro avrebbe potuto reggere se dotato di specifici sistemi di drenaggio del tutto mancanti anche nel progetto depositato.

L’Omodei a differenza di altri soggetti con aveva le competenze tecniche per prevedere l’evento.

4.4.2. Con il secondo motivo deduce violazione di legge e vizio della motivazione in relazione alla mancata concessione delle attenuanti generiche nella massima estensione stante il ruolo marginale ricoperto dall’imputato, l’abbandono del cantiere da parte della società proprietaria, la individuazione delle cause del cedimento della paratia sulla base di errori di valutazioni tecniche e progettuali e la mancanza di collaudo.

4.4.3. Con il terzo motivo violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla qualificazione giuridica del fatto che non è idoneo ad integrare il reato di cui all’art. 449 cod. pen e che, per quanto concerne la posizione dell’Omodei, poteva configurare la contravvenzione di cui all’art. 72 TU del DPR 06.06.2001 n.380.

5. La difesa delle parti civili Dovina ha presentato memoria e conclusioni scritte.

5.1. La Procura generale la presentato requisitoria scritta da valere quale memoria ex art .121 cod.proc.pen.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. I ricorsi di Consonni e Finazzi, che possono essere trattati congiuntamente in quanto alcuni dei motivi (motivi 1,2,3 proposti da Consonni, motivi 2,3, e 5 proposti da Finazzi) sono sostanzialmente sovrapponibili e le posizioni sono strettamente connesse, sono infondati.

1.1. Va ricordato che la responsabilità penale degli imputati, Finazzi e Consonni (cfr. motivo 3,4,5 del ricorso Finazzi e motivo 1,2,3 del ricorso Consonni), è stata riconosciuta in relazione al ruolo ricoperto e alle condotte colpose poste in essere quali amministratori della Immobiliare Aminella, rispettivamente il Finazzi dal 19.10.2010 al 24.1.2013, il Consonni dal 24.1.2013 fino al verificarsi della frana il 16.11.2014, società proprietaria dell’area e committente della costruzione di edifici residenziali a valle del versante della località Aminella, ove sono stati realizzati la paratia in cemento armato e il muro di contenimento che hanno ceduto, a seguito della pressione del terreno a monte, completamente intriso di acqua a seguito della pioggia abbondante dei giorni precedenti l’evento.

Va qui ribadito il principio secondo il quale l’appaltatore di lavori edili deve osservare tutte le cautele necessarie per evitare danni alle persone, non soltanto nel periodo di esecuzione delle opere appaltate, ma anche nella fase successiva,allorquando egli ha l’obbligo di non lasciare senza custodia le situazioni di grave pericolo che gli siano note. (Fattispecie relativa alle lesioni provocate a due persone addette alla manutenzione di un fabbricato, dal crollo di un cornicione in cemento armato realizzato in precedenza dall’imputato con palesi errori di costruzione). Sez. 4, n. 1511 del 28/11/2013 Ud. (dep. 15/01/2014) Rv. 259084 – Il Collegio, anche in relazione ad un reato come quello che ci occupa ritiene che vada confermato e ribadito, il condivisibile indirizzo più recentemente affermato di questa Corte di legittimità in materia di responsabilità colposa a seguito di incidenti sul lavoro, secondo cui il committente di lavori dati in posa a seguito di incidenti sul lavoro, secondo cui il committente di lavori dati in appalto debba adeguare la sua condotta a fondamentali regole di diligenza e prudenza nello scegliere il soggetto al quale affidare l’incarico, accertandosi che tale soggetto sia non soltanto munito dei titoli di idoneità prescritti dalla legge, ma anche della capacità tecnica e professionale, proporzionata al tipo astratto di attività commissionata ed alle concrete modalità di espletamento della stessa; ed ha l’obbligo di verificare l’idoneità tecnico-professionale dell’impresa e dei lavoratori autonomi prescelti in relazione anche alla pericolosità dei lavori affidati (cfr. ex multis Sez. 3, n. 35185 del 26/4/2016, Marangio, Rv. 267744).

Questa Corte di legittimità, ha riaffermato che in tema di infortuni sul lavoro, il dovere di sicurezza gravante sul datore di lavoro opera anche in relazione al committente e ha anche precisato che dal committente non può tuttavia esigersi un controllo pressante, continuo e capillare sull’organizzazione e sull’andamento dei lavori, occorrendo verificare in concreto quale sia stata l’incidenza della sua condotta nell’eziologia dell’evento, a fronte delle capacità organizzative della ditta scelta per l’esecuzione dei lavori, avuto riguardo alla specificità dei lavori da eseguire, ai criteri seguiti dallo stesso committente per la scelta dell’appaltatore o del prestatore d’opera, alla sua ingerenza nell’esecuzione dei lavori oggetto di appalto o del contratto di prestazione d’opera, nonché alla agevole ed immediata percepibilità, da parte del committente, di situazioni di pericolo (cfr. Sez. 4, n. 27296 del 2/12/2016 dep. il2017, Vettor, Rv. 270100; conf. Sez. 4, n. 44131 del 15/7/2015, Heqimi ed altri, Rv. 264974-75).

Come affermato da questa Corte in ambito antinfortunistico rimane anche fermo il principio che al committente non possano ascriversi colpe in relazione a scelte tecniche demandate a soggetti qualificati che richiedono una specifica competenza nelle procedure da adottare in determinate lavorazioni, nell’utilizzazione di speciali tecniche o nell’uso di determinate macchine (così la condivisibile Sez. 3, n. 12228 del 25/2/2015, Cicuto, Rv. 262757)

Va evidenziato che i Giudici di merito, proprio in applicazione di questi principi hanno assolto in primo grado l’amministratore Raccagni rimasto in carica fino al 3.08.2010, per non aver commesso il fatto in quanto si era affidato al geometra Perletti, socio progettista e direttore dei lavori e all’ Ingegnere Belotti, per i calcoli e il progetto del cemento armato e non si era mai ingerito in qualsiasi scelta tecnica in ordine ai lavori da compiersi, limitandosi a presentare quale committente in data 23.06.2007 la Denuncia di Inizio Attività n.148/2007, per la realizzazione di nove villette e successiva variante n.213/2008 e, durante la sua amministrazione, la paratia poteva e doveva essere ancora collaudata ovvero fatta oggetto di un piano di manutenzione e di interventi di drenaggio (fol 17 sentenza di primo grado).

1.2. La situazione è diversa con riferimento alla posizione dei ricorrenti Fianazzi e Consonni, nei confronti dei quali i giudici del merito hanno evidenziato i seguenti elementi caratterizzanti il comportamento gravemente colposo (commissivo e omissivo) posto in essere dai due amministratori della società Aminella, succedutisi nel tempo (dal settembre 2010 al verificarsi dell’evento) e che ha concorso a causare l’evento:
– la Immobiliare Aminella proprietaria del terreno gestiva l’unico cantiere in cui si era verificata la frana;
– il Finazzi al momento dell’ingresso come amministratore aveva visionato il cantiere e ciò nonostante aveva omesso di rilevare che l’opera non era stata collaudata e non era previsto né era stato predisposto un programma di manutenzione nè di controlli periodici del cantiere né era stata predisposta la documentazione che il Comune aveva inutilmente richiesto e che riguardava proprio l’atto notarile relativo alle superfici drenanti e il collaudo della paratia; tanto che il 9.10.2020, dopo il subentro del Finazzi, il Comune aveva vietato alla società la prosecuzione dei lavori con un ordine di chiusura del cantiere( fol 18 e 19 sentenza impugnata e 17 sentenza di primo grado);
– Consonni, subentrato nella società dopo l’acquisto da parte della sua società Ale s.r.l. delle quote di Perletti e Raccagni e divenuto amministratore il 24.03.2013, era certamente a conoscenza che la società aveva un unico cantiere, fermo da due anni e si era limitato a chiudere l’ area di proprietà con le inferriate per impedire il furto dei tombini e del ferro, senza nominare un responsabile del cantiere anche dopo le formali dimissioni del Perletti, avvenute il 12.06.2013 e comunque lasciando in stato di completo abbandono il cantiere e la paratia in cemento armato senza adoperarsi per far eliminare le situazioni di rischio connesse stante il mancato collaudo e la mancanza di opere di drenaggio e ciò nonostante la specifica richiesta in tal senso del Comune, venendo meno all’obbligo di vigilanza derivante tra l’altro dall’art. 44 DPR 380/2001.

Correttamente i Giudici di merito hanno ritenuto applicabile la normativa contestata ad entrambi gli imputati desumendola, anzitutto, dal riferimento contenuto al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 67 relativo alla necessità del collaudo statico per tutte le costruzioni la cui sicurezza possa interessare la pubblica incolumità (fol 57 e SS. sentenza impugnata).

Va ricordato che il collaudo statico è la procedura finalizzata a valutare le prestazioni delle opere e delle componenti strutturali comprese nel progetto ed eventuali varianti depositati presso gli organi di controllo competenti. Il collaudo deve essere eseguito da un ingegnere o da un architetto, iscritto all’albo da almeno dieci anni, che non sia intervenuto in alcun modo nella progettazione, direzione, esecuzione dell’opera. Contestualmente alla denuncia lavori, il direttore dei lavori è tenuto a presentare presso lo sportello unico l’atto di nomina del collaudatore scelto dal committente e la contestuale dichiarazione di accettazione dell’incarico, corredati da certificazione attestante le condizioni professionali. D’altro canto proprio l’amministratore della società proprietaria e committente dei lavori era stato destinatario da parte del Comune della richiesta della documentazione ritenuta essenziale (atto notarile relativo alle superfici drenanti e collaudo paratia) mai prodotta tanto che il cantiere era stato chiuso e poi lasciato in stato di abbandono.

1.2. Il Tribunale di Bergamo, nella sentenza di primo grado richiamata dalla Corte territoriale (fol 11 e 12 sentenza di primo grado), ha espressamente valutato il rapporto di causalità tra la condotta commissiva e omissiva colposa posta in essere da Finazzi e Consonni e l’evento, del tutto prevedibile ed evitabile.

Ha motivato logicamente e in maniera coerente, sulla base dei riscontri probatori acquisiti dagli accertamenti tecnici che, se non fossero state poste condotte negligenti e non conformi alla normativa vigente in materia (realizzazione della paratia a regola d’arte, posizionamento di dreni, collaudo e adeguata manutenzione), l’evento frana non si sarebbe prodotto o comunque avrebbe avuto effetti meno devastanti.

Ha sottolineato come i committenti, proprietari dell’area avessero omesso di presentare le integrazioni documentali richieste dal Comune, non valutando adeguatamente la pericolosità di un’opera di cemento armato che ben sapevano non essere stata collaudata e, dopo aver determinato una situazione di altissimo rischio per la pubblica incolumità, avevano lasciato il cantiere in stato di abbandono, trincerandosi dietro la chiusura dello stesso da parte del Comune.

2. Circa la definizione e la sussistenza del reato colposo di frana, che attiene al contenuto delle doglianze difensive comuni ai ricorrenti Finazzi (motivo n. 2) Perletti (motivo n. 2) e Omodei (motivo n.3), va ricordato che il giudice delle leggi ha inteso enucleare una nozione unitaria di disastro, individuandone i tratti qualificanti sotto un duplice e concorrente profilo: «da un lato, sul piano dimensionale, si deve essere al cospetto di un evento distruttivo di proporzioni straordinarie, anche se non necessariamente immani, atto a produrre effetti dannosi gravi, complessi ed estesi. Dall’altro, sul piano della proiezione offensiva, l’evento deve provocare – in accordo con l’oggettività giuridica delle fattispecie criminose in questione (“la pubblica incolumità”) – un pericolo per la vita o l’integrità fisica di un numero indeterminato di persone; senza che sia richiesta anche l’effettiva verificazione della morte o delle lesioni di uno o più soggetti».

Per le ragioni suesposte la giurisprudenza di legittimità, nel corso degli anni, è andata sempre più precisando l’ambito dei delitti contro l’incolumità pubblica nonché la nozione di disastro con particolare riferimento al disastro colposo. Infatti l’art. 449 c.p. reprime la causazione colposa degli eventi disastrosi preveduti dalle norme incriminatrici contenute nel capo primo ad ulteriore dimostrazione della tutela rafforzata che il legislatore ha voluto accordare ad un bene fondamentale quale quello della pubblica incolumità, dimensione superindividuale e collettiva dei beni della vita, dell’integrità fisica e della salute normalmente insidiato, peraltro, più da a regole precauzionali che da forme di aggressione volontaria che caratterizza il pericolo per la pubblica incolumità è semplicemente la tipica, qualificata possibilità che le persone si trovino coinvolte nella sfera d’azione dell’evento disastroso descritto dalla fattispecie, esposte alla sua forza distruttiva (sez.4, n. 18977 del 9/03/2009, Innino, Rv. 244043). L’art. 449 sanziona,cioè, la causazione colposa degli eventi disastrosi previsti dalle fattispecie tipizzate al capo primo, tra le quali la frana ex art. 426 cod.pen.; è necessario che l’evento si verifichi, diversamente dall’ipotesi dolosa (art. 434, comma 1), nella quale la soglia per integrare il reato è anticipata al momento in cui sorge il pericolo per la pubblica incolumità e, qualora il disastro si verifichi, risulterà integrata la fattispecie aggravata di cui all’art. 434 c.p. comma 2.

La nozione di disastro richiamata nelle varie ipotesi contenute nell’art. 449 cod.pen. è omogenea sul piano delle caratteristiche strutturali rispetto a quella prevista dai corrispondenti delitti dolosi. Al riguardo, valorizzando il principio di concreta offensività, la giurisprudenza ha chiarito, in riferimento all’evento tipico del disastro innominato ex art. 434 c.p., comma 2, che il momento di consumazione del reato coincide con l’evento tipico della fattispecie e quindi con il verificarsi del disastro, da intendersi come fenomeno distruttivo naturale di proporzioni straordinarie dal quale deriva pericolo per la pubblica incolumità, ma rispetto al quale sono effetti estranei ed ulteriori il persistere del pericolo o il suo inveramento nelle forme di una concreta lesione (sez. 1, n. 7941 del 19/11/2014 – dep. 23/02/2015, Schmidheiny, Rv. 26279001). Il disastro, in particolare, definisce accadimenti macroscopici, dirompenti e quindi potenzialmente lesivi dell’incolumità pubblica, sia pure nella richiamata dimensione indeterminata e superindividuale con la conseguenza che occorre accertare che il caso concreto presenti le caratteristiche di tipica offensività insite nella fattispecie astratta.

La giurisprudenza più recente ha osservato che il fatto deve concretamente rappresentare un pericolo per un numero indeterminato di persone (sez. 4, n. 36639 del 19/06/2012, Castelluccio,Rv. 254163).

2.1. Con specifico riferimento al reato colposo di frana di cui all’art. 426 e 449 cod.pen. si è quindi affermato che in considerazione dell’operatività del principio di offensività si deve attribuire alla nozione di frana contenuti che rendono l’evento idoneo a porre concretamente in pericolo l’incolumità pubblica, ancorché non sia richiesto l’accertamento di tale pericolo come elemento autonomo essenziale alla integrazione della fattispecie tipica, come nei reati di pericolo concreto (Sez. 4, n. 58349 del 19/09/2018, Rea, Rv. 274951).

E’ necessaria cioè una concreta situazione di pericolo per la pubblica incolumità, nel senso della ricorrenza di un giudizio di probabilità relativo all’attitudine di un certo fatto a ledere o mettere in pericolo un numero non individuabile di persone, anche se appartenenti a categorie determinate di soggetti; e l’effettività della capacità diffusiva del nocumento (cosiddetto pericolo comune) deve essere accertata in concreto (Sez. 4 – . n. 35840 del 15/06/2021 Ud. (dep. 30/09/2021 ) Rv. 281884 – 01).

Deve quindi ribadirsi che, anche per la verificazione dell’evento “frana” di cui all’art. 426 cod. pen., il momento di consumazione del reato coincide con l’evento tipico della fattispecie e, quindi, con il verificarsi della frana, da intendersi come fatto distruttivo di proporzioni straordinarie dal quale deriva pericolo per la pubblica incolumità, non dissimilmente dagli altri disastri previsti dal Capo Primo del Titolo VI, parimenti richiamati dall’art. 449 cod. pen. E, come chiarito, rispetto a tale evento, sono effetti estranei ed ulteriori il persistere del pericolo o il suo inveramento nelle forme di una concreta lesione. L’evento si verifica, cioè, qualora si realizzi un fatto che espone realmente a rischio la pubblica incolumità, mettendo in effettivo pericolo un numero indeterminato di persone.

Pertanto, nella verifica giudiziale della sussistenza dell’evento “frana” di cui all’art. 426 cod. pen., non è richiesta l’analisi a posteriori di specifici decorsi causali che è invece propria degli illeciti che coinvolgono una o più persone determinate. Non di meno, secondo l’orientamento consolidato, i reati di disastro colposo richiamati dall’art. 449 cod. pen., richiedono un avvenimento grave e complesso con conseguente pericolo per la vita o l’incolumità delle persone indeterminatamente considerate; di talché è necessaria una concreta situazione di pericolo per la pubblica incolumità, nel senso della ricorrenza di un giudizio di probabilità relativo all’attitudine di un certo fatto a ledere o a mettere in pericolo un numero non individuabile di persone, anche se appartenenti a categorie determinate di soggetti; e l’effettività della capacita diffusiva del nocumento (cosiddetto pericolo comune) deve essere accertata in concreto.

Nel caso di specie, gli elementi di fatto riferiti dai giudici, sostanzialmente sovrapponibili nelle due sentenze di merito, evidenziano che si è in presenza di un fenomeno franoso di cospicue dimensioni, astrattamente in grado di porre in pericolo l’incolumità pubblica in quanto a seguito del cedimento della paratia tirantata e del muro costruito a ridosso per ornamento vi era stato lo smottamento della massa terrosa della collina a monte per circa 80 metri ( fol 4 e 5 sentenza di primo grado) e l’interessamento dei terreni confinanti di proprietà di privati e di enti pubblici per un volume di terra di 60 metri cubi e una superficie di circa 8-9000 mq e un’altezza di cinque metri quadri, con la necessità immediata di porre in essere drenaggi superficiali per alleggerire il peso e diminuire le forze destabilizzanti. Il Comune infatti aveva realizzato nei giorni immediatamente successivi un terrapieno per ripristinare il piede della collina ed edificato dei contrafforti di cemento armato ancorati alla parte della paratia non completamente crollata per cercare di stabilizzarla. A monte della paratia sul terreno di proprietà della parti civili Capoferri e Manenti era presente un modesto cantiere in cui erano in corso di realizzazione terrazzamenti e muretti che a seguito dello smottamento del terreno erano frantati a valle determinando la perdita di terreno agrario; la strada comunale a monte della frana, nel tratto denominata via Solatia, aveva a sua volta subito smottamento a seguito di una profonda fenditura dell’asfalto che aveva comportato la necessità di chiudere alla circolazione per diversi mesi la strada medesima. Erano state fatte evacuare sette abitazioni prossime alla linea della frana; disposto l’isolamento temporaneo delle linee dell’alta tensione e delle condutture del metano; era stata rimossa una gru lasciata nel cantiere e che, a seguito dello smottamento del terreno, “bersagliava” i condomini sottostanti e che fu rimossa solo a seguito dell’intervento del Comune che dopo la frana diede incarico a ditte specializzate per la rimozione.

2.3. In conclusione i motivi di ricorso sopra richiamati (Finazzi ( motivo n. 2) Perletti ( motivo n. 2) e Omodei ( motivo n.3)) sono infondati.

3.Quanto alla violazione del principio di correlazione tra accusa e decisione, comune alle deduzioni difensive di Consonni ( motivo n. 4 ) Finazzi ( motivo n. 4 ) e Perletti ( motivo n. 1), la Corte territoriale ne ha ritenuto la infondatezza alla stregua della particolare ampiezza del capo d’accusa e dell’avvenuta articolazione delle prerogative difensive nel pieno contraddittorio su ogni aspetto di tipo tecnico, tra cui anche quello che coinvolgeva il mancato collaudo prescritto per la paratia eseguita in cemento armato e l’incuria in cui è stato lasciato il cantiere dopo il fermo dei lavori da parte del Comune.

Sul punto, giovi ricordare – ancora una volta alla stregua del diritto vivente – che ai fini della sussistenza di una violazione del principio di correlazione di cui all’art. 521 cod. proc. pen. non è sufficiente qualsiasi modificazione dell’accusa originaria, ma è necessaria una modifica che pregiudichi la possibilità di difesa dell’imputato. Pertanto, la violazione non sussiste quando nel capo di imputazione siano contestati gli elementi fondamentali idonei a porre l’imputato in condizioni di difendersi dal fatto successivamente ritenuto in sentenza, da intendersi come accadimento storico oggetto di qualificazione giuridica da parte della legge penale, che spetta al giudice individuare nei suoi esatti contorni (cfr. sez. 5 n. 7984 del 24/9/2012, dep. 2013, RV. 254648). Tali principi sono coerenti con quelli costituzionali racchiusi nella norma di cui al novellato art. 111 Costituzione, ma anche con l’art. 6 della Convenzione E.D.U., siccome interpretato, in base alla sua competenza esclusiva, dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, a partire dalla nota pronuncia Drassich c. Italia (cfr. CEDU 2 sez. 11 dicembre 2007); ma anche, più di recente, con la pronuncia del 22 febbraio 2018, Drassich c. Italia (n.2), con la quale la Corte di Strasburgo ha escluso la violazione dell’art. 6 cit. nel caso in cui l’interessato abbia avuto una possibilità di preparare adeguatamente la propria difesa e di discutere in contraddittorio sull’accusa alla fine formulata nei suoi confronti.

Nel caso in esame, è evidente la manifesta infondatezza dei motivi di ricorso sopra richiamati e come difetti nel caso di specie una lesione del diritto di difesa, alla cui salvaguardia il principio di correlazione è direttamente funzionale, non riuscendosi neppure ad apprezzare un rapporto di eterogeneità del fatto ritenuto rispetto a quello contestato (sez. 6, n. 10140 del 18/2/2015, Bossi e altro, Rv. 262802).

4. Quanto al primo motivo di ricorso con il quale Finazzi deduce violazione di legge processuale di cui all’art. 360 c.p.p., illogicità manifesta della motivazione, nullità ed inutilizzabilità dell’accertamento tecnico irripetibile e la conseguente nullità ed inutilizzabilità della perizia per non essere stato notificato a Finazzi M. l’avviso ex art 360 comma 1 c,.p.p., è del tutto infondato.

Va evidenziato che nel momento in cui è stato notificato l’avviso di cui all’art. 360 comma 1 c.p.p., Finazzi M. non era stato ancora iscritto nel registro delle persone indagate (l’iscrizione è stata effettuata il 14.10.2015) .

Qualora il P.M. debba procedere ad accertamenti tecnici non ripetibili ai sensi dell’art. 360 cod. proc. pen., ricorre l’obbligo di dare l’avviso al difensore solo nel caso in cui al momento del conferimento dell’incarico al consulente sia già stata individuata la persona nei confronti della quale si procede mentre tale obbligo non ricorre nel caso che la persona indagata sia stata individuata solo successivamente all’espletamento dell’attività peritale. (In applicazione del principio la S.C. ha confermato la decisione assunta dal Tribunale del riesame, con la quale erano ritenuti utilizzabili nei confronti dell’indagato detenuto gli accertamenti irripetibili compiuti sul d.n.a., nel mentre le indagini in corso erano a carico di altro soggetto). Sez. 1, n. 18246 del 25/02/2015 Cc. (dep. 30/04/2015 ) Rv. 263858 – Sez 4 – , n. 20093 del 28/01/2021 Ud. (dep. 20/05/2021 ) Rv. 281175 – 001.

5. Il ricorso di PERLETTI anche per i restanti motivi ( motivo n. 3 e 4 ) è infondato.

5.1. Quanto ai compiti del direttore dei lavori la giurisprudenza di questa Corte è costante nel ritenere che è responsabile a titolo di colpa del crollo di costruzioni anche nell’ipotesi di sua assenza dal cantiere, dovendo esercitare un’oculata attività di vigilanza sulla regolare esecuzione delle opere edilizie e, in caso di necessità, adottare le dovute precauzioni d’ordine tecnico, ovvero scindere immediatamente la propria posizione di garanzia da quella dell’assuntore dei lavori, rinunciando all’incarico ricevuto (cfr. sez. 4, n. 46428 del 14/9/2018, Rv. 273991, in cui la Corte ha ritenuto immune da censure la sentenza che aveva affermato la responsabilità del direttore dei lavori per aver consentito che questi iniziassero senza la nomina di un responsabile e senza la formazione di un documento di valutazione dei rischi, in zona soggetta a rischio di pericolo per la pubblica incolumità, dedotto in una ordinanza comunale interdittiva; cfr.Sez. 4, n. 2378 del 8/7/2016, dep. 2017, Benedetto e altro, Rv. 268874).

– La istruttoria compiuta ha confermato che C. P. Perletti era il proprietario dell’immobiliare Domus Re, a sua volta proprietaria dell’area insistente sulla collina Aminella di Trescore Balneario; parte era stata ceduta all’Aminella s.r.l. di cui Perletti era socio per il 25% fino al 19.12.2012; l’iniziativa immobiliare della costruzione delle villette era partita proprio dal Perletti che era committente, progettista e direttore generale dei lavori; risulta accertato che la paratia era stata ultimata nell’autunno 2008 e solo il 4.04.2009 il costruttore Omodei aveva depositato la denuncia di opere di conglomerato cementizio armato e aveva richiesto il rilascio dell’attestazione dell’avvenuto deposito della documentazione riguardante il progetto delle strutture; il 28.02.2009 era stata depositata una comunicazione in Comune dal progettista e direttore dei lavori Perletti, che tale si qualificava, (fol 10) e dall’Ing. Belotti, che si qualificava calcolatore delle opere strutturali, contenente una dichiarazione in cui attestavano circostanze, poi smentite dalla ricostruzione dei fatti e cioè che “per quanto riguarda la perizia statica dei muri di contenimento è in corso il collaudo dell’opera in conformità ai contenuti della denuncia dei cementi armati della paratia realizzata in micropali e tiranti che funziona da struttura di contenimento del versante a monte”.

Il Giudice di primo grado a fol 14 e ss affermava che l’istruttoria aveva evidenziato il ruolo svolto di fatto dal Perletti che non era solo íl direttore delle parti architettoniche ma il direttore generale del cantiere ( v. anche fol 15 sentenza impugnata); era la figura di riferimento, di coordinamento dei tecnici che si occupavano dei vari settori di interesse del cantiere; si interfaccia va con la committenza, Raccagni, Finazzi, Consonni, con l’Ufficio tecnico comunale e ciò anche in epoca successiva alla frana, durante le opere di messa in sicurezza dell’area ( fol 16) e nonostante che il 12.06.2013 avesse comunicato al Comune le proprie formali dimissioni ( fol 77). Risulta, infatti, dalla testimonianza dell’agente della polizia locale Bonzanni che per le questioni relative al cantiere e alla frana aveva avuto contatti solo con Perletti ed era lui in grado di dare le delucidazioni richieste sul cantiere e anche durante lo svolgimento delle opere era lui l’unico interlocutore del Comune e non il Belotti.

Lo stesso Raccagni aveva dichiarato di non aver indicato lui il collaudatore il cui nominativo compariva nella denuncia delle opere in conglomerato cementizio del 12.01.2009, priva di firma, ma che di tutto si era occupato il Perletti e che al Perletti si era riferito per avere indicazioni circa le opere di manutenzione della paratia ed era stato rassicurato che ci avrebbe pensato lui (fol 15 e 16 sentenza di primo grado).

5.2. Il profilo di colpa generica e specifica addebitato al Perletti, che è stato accertato svolgeva il ruolo di direttore generale dei lavori, è tutto compreso nell’ambito delle condotte doverose che ad esso competono, essendo noto il principio secondo cui il direttore dei lavori è penalmente responsabile del crollo di costruzioni dovendo egli esercitare una oculata attività di vigilanza sulla regolare esecuzione delle opere edilizie ed, in caso di necessità, adottare le necessarie precauzioni di ordine tecnico.

Il che è stato accertato non è avvenuto nel caso di specie, avendo, per colpa, omesso di sorvegliare, come era suo preciso dovere, sulla buona e corretta esecuzione dei lavori previsti in progetto e di quelli funzionalmente ad essi connessi, eseguiti dall’impresa di costruzione, tra i quali rientrava appunto la paratia in cemento armato in cui figurava progettista- calcolatore il Belotti.

La Corte territoriale ha evidenziato, inoltre, con argomentazioni logiche e coerenti, che l’esecuzione nel 2008 della paratia da parte dell’Omodei era stata realizzata sulla base del solo preventivo, prima del deposito del progetto di Belotti, avvenuto ad opera già ultimata il 4.02.2009. Il Perletti, motiva la Corte di appello, sapeva, proprio per il ruolo di fatto assunto di direttore generale di cantiere che Omodei aveva ultimato la berlinese nell’autunno del 2008, prima del deposito del progetto e della comunicazione di inizio dell’opera che risale al 4.02.2009( fol 17); il collaudo non era stato effettuato né era in corso, nonostante nella missiva del* 28.02.2009, il Perletti e il Belotti avessero attestato il contrario; non risultava che il Perletti avesse mai sollecitato il Belotti, suo collega di studio, in ordine ai tempi del collaudo; inoltre, prima della chiusura del cantiere nel 2010 lo stesso Perletti aveva fatto costruire il muro in prisme, che aveva contribuito a creare una situazione di impermeabilizzazione ulteriore della berlinese, peggiorando il normale deflusso delle acque; non aveva vigilato sul cantiere chiuso che era stato abbandonato a se stesso né aveva posto in essere o suggerito al committente misure di sicurezza riferite alla paratia, mai collaudata, nonostante le specifiche richieste del Comune e che non era un’opera a se stante ma era funzionale alla realizzazione delle villette e alla sicurezza delle stesse (fol 1 6 sentenza di primo grado). In definitiva vi è stata la comprovata assenza della supervisione tecnica e della vigilanza in loco di colui che si era assunto l’incarico formale e di fatto di dirigere i lavori oltre il comportamento commissivo di aver fatto realizzare il muro ornamentale che aveva aggravato l’effetto diga.

La Corte distrettuale sulla base degli accertamenti tecnici ( conclusione del perito di ufficio e dati oggettivi acquisiti) effettuati in primo grado con argomentazioni adeguate ha confutato le deduzioni difensive, già dedotte nei motivi di appello, relative alla rilevanza ai fini della causazione dell’evento- frana delle opere effettuale nella proprietà agraria Capoferri -Manenti di cui ha escluso la rilevanza trattandosi di opere superficiali, provviste di sistema di drenaggio (fol 76).

Va infine ribadito, per quanto può rilevare in questo caso concreto, che il principio di affidamento nel comportamento altrui, con conseguente esclusione di responsabilità, non può essere invocato da parte di chi sia già in colpa per avere violato norme precauzionali o avere omesso determinate condotte e, ciononostante, confidi che colui che gli succede nella posizione di garanzia elimini la violazione o ponga rimedio alla omissione, in quanto la seconda condotta non si configura come fatto eccezionale sopravvenuto, da solo sufficiente a produrre l’evento (cfr. sez. 4, n. 35827 del 27/6/2013, Zanon e altri, Rv. 258124).

Va anche considerato che, ai fini del giudizio di imputazione causale dell’evento, il giudice deve sviluppare un ragionamento esplicativo che si confronti adeguatamente con le particolarità del caso concreto, chiarendo che cosa sarebbe accaduto se fosse stato posto in essere il comportamento richiesto dall’ordinamento (cfr. sez. 4, n. 21028 del 4/5/2011, Signore/li e altro, Rv. 250325).

Orbene, nel caso di specie, il relativo controllo si è correttamente esaurito in un giudizio contro fattuale che ha permesso di affermare, sulla scorta delle norme di esperienza, con alto grado di credibilità razionale, che se il Perletti avesse adempiuto correttamente agli obblighi imposti dal DPR 380/2001 e dal DM 48/2018 ( approvazione delle linee guida sulle modalità di svolgimento delle funzioni di direttore dei lavori e del direttore dell’esecuzione) oltre che delle generali regole di prudenza perizia e diligenza e avesse vigilato sull’esecuzione dell’opera e soprattutto sull’effettivo collaudo e sulla manutenzione dopo l’abbandono del cantiere avrebbe impedito l’evento in quanto si sarebbe accertato il sottodimensionamento della berlinese, rispetto alla caratteristiche dei luoghi e al rischio concreto di frana, omettendo tra l’altro di aggravare il rischio concreto di frana mediante la realizzazione di un muro ornamentale che impediva ulteriormente il drenaggio (fol 18 sentenza impugnata)

6. Quando alla posizione di Omodei, legale rappresentante, della ditta che ha realizzato la paratia il restante primo motivo è infondato.

6.1. Il ricorrente ammette di aver realizzato l’opera prima che il progetto dell’ Ing. Belotti fosse depositato ma sostiene di essersi confrontato sempre con il direttori tecnici.

In realtà come accertato ha realizzato un’opera slegata dal progetto, sulla base del mero preventivo accettato dalla committenza e caratterizzata nella esecuzione da una serie di errori grossolani di cui certamente poteva e doveva rendersi conto in relazione alla specifica qualifica posseduta. Risulta dagli atti (fol 18 sentenza di primo grado) che il geologo e il perito del Tribunale hanno riscontrato numerosi errori strutturali nella realizzazione della costruzione del muro tirantato, errori che potevano e dovevano essere evitati dal costruttore ove avesse operato con diligenza e perizia in relazione anche al tipo di terreno su cui stava lavorando; in particolare avrebbe dovuto effettuare le verifiche sulla effettiva stratigrafia del terreno sia durante l’esecuzione dei micropali sia durante l’esecuzione dei tiranti di ancoraggio, annotando i volumi di malta cementizia iniettata durante le fasi di cementazione dei tiranti e la loro efficacia, collaudare i tiranti e i rapporti di tesatura per testare il corretto comportamento meccanico degli stessi nel terreno; proteggere i tiranti per evitarne la corrosione (v. DM 11.03.1988 ); inoltre non ha compilato nemmeno il rapporto di cantiere che non è stato mai reperito e che era necessario proprio per comunicare alla direzione lavori la presenza e la profondità della roccia, non ha previsto alcuna opera di drenaggio, ha agito prima e a prescindere del progetto depositato solo successivamente dal Belotti, agendo colposamente in violazione dell’articolo 64 del DPR 380 del 2001 che stabilisce l’obbligo a carico del costruttore nella realizzazione di opere di conglomerato cementizio armato normale e precompresso e a struttura metallica di assicurare la perfetta stabilità e sicurezza delle strutture e di evitare qualsiasi pericolo per la pubblica incolumità (fol 19 sentenza primo grado e fol 79/80 sentenza impugnata)

7. Infine sono manifestamente infondati tutti i motivi con i quali le difese hanno censurato la dosimetria della pena (motivo n. 5 Consonni; motivo n.2 Omodei) appello a una rideterminazione favorevole del trattamento sanzionatorio determinato dal primo giudice.

Quanto alle generiche e alla individuazione della riduzione di pena nella massima estensione, infine, il giudizio di merito è sorretto da idonea giustificazione che si sottrae alle generiche censure difensive ed è del tutto coerente con il consolidato orientamento di questa Corte di legittimità, anche in punto onere motivazionale del giudice: in questa sede è sufficiente ribadire che la ratio della disposizione di cui all’art. 62 bis cod. pen. non impone al giudice di merito di esprimere una valutazione circa ogni singola deduzione difensiva, la concessione dovendo essere fondata sull’accertamento di situazione idonee a giustificare un trattamento di speciale benevolenza (cfr. sez. 3, n. 9836 del 17/1172015, Piliero; Rv. 266460), essendo, a tal fine, sufficiente l’indicazione degli elementi di preponderante rilevanza ritenuti ostativi alla concessione delle attenuanti (cfr. sez. 2 n. 3896 del 20/01/2016, Rv. 265826; sez. 7 n. 39396 del 27/05/2016, Rv. 268475; sez. 4 n. 23679 del 23/04/2013, Rv. 256201).

Infatti, il riconoscimento di tali attenuanti rientra nell’ambito di un giudizio di fatto rimesso alla discrezionalità del giudice, il cui esercizio deve essere motivato nei soli limiti atti a far emergere in misura sufficiente la sua valutazione circa l’adeguamento della pena alla gravità effettiva del reato ed alla personalità del reo (cfr. sez. 6 n. 41365 del 28/10/2010, Rv. 248737).

Sul punto la Corte territoriale ha adeguatamente e logicamente motivato per Omodei a fol 73 la concessione delle attenuanti generiche non nella massima estensione con riferimento alla gravità della colpa e al comportamento processuale non particolarmente incisivo tenuto in relazione al risarcimento del danno nei confronti della parte civile Comune di Trescore Balneario.

Con riferimento alla posizione di Consonni ha adeguatamente motivato a fol 62 la concessione delle attenuanti generiche in relazione alla transazione portata a buon fine con una delle parti civili il Comune di Trescore Balneari, sia pure non nella massima estensione, sempre con riferimento al grado di colpa e alla gravità del reato.

8. Al rigetto dei ricorsi segue la condanna al pagamento delle spese processuali e delle spese sostenute dalla costituite parti civili liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali nonché alla rifusione delle spese sostenute dalla costituite parti civili che liquida quanto a M. Capoferri e B. Manenti in complessivi euro tremilacinquecentodieci oltre accessori come per legge; quanto a Dovina S., Dovina D. e Dovina S. in complessivi euro quattromiladuecento oltre accessori come per legge.

Così deciso il Roma il 15.03.2022

Si attesta che la sentenza è stata sottoscritta dal solo relatore, componente più anziano del Collegio, stante l’impedimento del Presidente Francesco Ciampi per motivi di salute, dopo la consegna della minuta (art. 546 c.p.p.).

Roma 15.04.2022

 
 

 

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