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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Appalti Numero: 607 | Data di udienza: 25 Gennaio 2023

APPALTI – Interdittiva antimafia – Natura e finalità dell’attività (amministrativa) di prevenzione di P.S. – Apprezzamento informato al paradigma del “più probabile che non” – Collegamento “compiacente” e “soggiacente” – Differenza – Attività di prevenzione e attività di repressione – Grado di accertamento non sovrapponibile – Prudente bilanciamento della libertà di iniziativa economica e della tutela dell’ordine pubblico – Elementi fattuali indiziari utilizzabili ai fini della prevenzione interdittiva di P.S. (Segnalazione e massime a cura del dott. Lorenzo Ieva)


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 2^
Regione: Puglia
Città: Bari
Data di pubblicazione: 7 Aprile 2023
Numero: 607
Data di udienza: 25 Gennaio 2023
Presidente: Ciliberti
Estensore: Ieva


Premassima

APPALTI – Interdittiva antimafia – Natura e finalità dell’attività (amministrativa) di prevenzione di P.S. – Apprezzamento informato al paradigma del “più probabile che non” – Collegamento “compiacente” e “soggiacente” – Differenza – Attività di prevenzione e attività di repressione – Grado di accertamento non sovrapponibile – Prudente bilanciamento della libertà di iniziativa economica e della tutela dell’ordine pubblico – Elementi fattuali indiziari utilizzabili ai fini della prevenzione interdittiva di P.S. (Segnalazione e massime a cura del dott. Lorenzo Ieva)



Massima

T.A.R. PUGLIA, Bari, Sez. 2^ – 7 aprile 2023, n. 607

APPALTI – Interdittiva antimafia – Natura e finalità dell’attività (amministrativa) di prevenzione di P.S. – Apprezzamento informato al paradigma del “più probabile che non”

L’utilizzo dello strumento della c.d. Interdittiva antimafia comporta che le Prefetture siano chiamate a svolgere, nell’ambito delle prerogative di P.S., che competono ex lege, un’attività connotata da ampia discrezionalità, al fine di poter rilevare il pericolo del c.d. condizionamento mafioso, sulla base di un apprezzamento informato al paradigma del “più probabile che non”, ossia della “preponderanza dell’evidenza”, altrimenti detta “verosimiglianza” o “probabilità cruciale” (ex multis: Cons. St., sez. III, 13 agosto 2018 n. 4938; Cons. St., sez. III, 14 settembre 2018 n. 5410; T.A.R. Puglia, sez. II, 18 febbraio 2020 n. 275). Non trova mai, dunque, applicazione la regola causale più rigorosa della formula “al di là del ragionevole dubbio” propria invece dei giudizi penali, ove si comminano pene afflittive della libertà personale (Cons. St., sez. III, 13 agosto 2018 n. 4938; Cons. St., sez. III, 14 settembre 2018 n. 5410; Cons. St., sez. III, 30 gennaio 2019 n. 758).

APPALTI – Interdittiva antimafia – Collegamento “compiacente” e “soggiacente” – Differenza.

Il “collegamento” oggetto di apprezzamento, ai fini della c.d. interdittiva, può essere: a) compiacente, quando il soggetto destinatario di interdittiva partecipa attivamente (o si teme che possa partecipare) alle attività criminali; b) soggiacente, quando si reputa che il soggetto destinatario di interdittiva partecipi passivamente (o si teme che possa partecipare), o ancora, per meglio dire, subisce l’influenza della criminalità, soprattutto quando vi sono stretti legami familiari (Cons. St., sez. III, 5 settembre 2019 n. 6105; Cons. St., sez. III, 18 aprile 2018 n. 2343).

APPALTI – Interdittiva antimafia – Attività di prevenzione e attività di repressione – Grado di accertamento non sovrapponibile.

L’attività di prevenzione comporta l’utilizzazione di elementi di fatto sintomatici ed indiziari, anche a prescindere dalle (eventuali) statuizioni finali raggiunte nella sede penale, che invece connota la diversa attività di repressione. Trattasi, infatti, di funzioni pubbliche diverse, che richiedono un grado di accertamento loro peculiare e giammai sovrapponibile o confondibile. L’attività di prevenzione è orientata a prevenire pericoli di commissione di fatti antisociali; mentre, l’attività di repressione è finalizzata a raggiungere certezze nel reprimere reati (ex multis: Cons. St., sez. III, 13 agosto 2018 n. 4938; T.A.R. Lombardia, sez. I, 22 novembre 2019 n. 2480; T.A.R. Toscana, sez. II, 25 giugno 2018 n. 910).

APPALTI – Interdittiva antimafia – Prudente bilanciamento della libertà di iniziativa economica e della tutela dell’ordine pubblico.

Natura, contenuto e limiti degli strumenti della comunicazione e dell’interdittiva antimafia sono stati compendiati dalla pronuncia del Cons. St., Ad. plen., 6 aprile 2018 n. 3. Rimarca la Plenaria, in detta pronuncia, la peculiarità della funzione di prevenzione dai pericoli della c.d. infiltrazione mafiosa. La Corte costituzionale, con la sentenza del 26 marzo 2020 n. 57, ha affermato come la valutazione del pericolo di infiltrazione mafiosa sia rimessa all’ampio apprezzamento discrezionale dell’autorità amministrativa, chiamata a bilanciare prudentemente gli interessi in gioco, ovverosia la libertà d’iniziativa economica (peraltro concernente solo il versante dei rapporti con la P.A.), da un lato, e la tutela dell’ordine pubblico economico, dall’altro. Questi due interessi devono trovare armonica composizione nell’emanazione di un provvedimento sempre dotato di “motivazione accurata”.

APPALTI – Interdittiva antimafia – Elementi fattuali indiziari utilizzabili ai fini della prevenzione interdittiva di P.S.

La Corte costituzionale (sent. 26 marzo 2020 n. 57), richiamando un proprio precedente in materia di misure di prevenzione, ha precisato che l’informazione antimafia in materia di prevenzione è in nuce fondata su elementi fattuali “più sfumati”, rispetto a quelli richiesti in sede giudiziaria penale, purché siano sintomatici e indiziari. Pertanto, con riferimento alle misure di prevenzione di qualsivoglia genere, possono essere utilizzati elementi di fatto indiziari tratti da indagini di polizia o da procedimenti penali, anche se non si siano conclusi con una condanna (Cass. pen., sez. V, 10 maggio 2018 n. 20826), pure se risalenti nel tempo (Cons. St., sez. III, 9 ottobre 2018 n. 5784), ma che, per la loro portata, siano comunque attualizzabili, alla stregua di un giudizio empirico-induttivo, che ben può essere integrato da dati di comune esperienza, evincibili dall’osservazione dei fenomeni sociali, qual è quello di tipo mafioso (così Cons. St., sez. III, 18 aprile 2018 n. 2343; 26 aprile 2017 n. 1923; 28 giugno 2017 n. 3173). Il quadro indiziario degli elementi di fatto va poi apprezzato non in modo atomistico-analitico, ma in modo unitario-sintetico (T.A.R. Campania, sez. I, 14 febbraio 2018 n. 1017; Cons. St., sez. III, 18 aprile 2018 n. 2343), ossia deve trapelare, dagli elementi raccolti, l’indicazione del pericolo (non della certezza) dell’infiltrazione mafiosa, tale da dover mettere al riparo l’attività contrattuale e ancor più quella concessoria della pubblica amministrazione da commistioni che finiscano per lederne la legalità, l’efficienza e l’efficacia (Cons. St., sez. III, 30 gennaio 2019 n. 758).

Pres. Ciliberti, Est. Ieva – omissis (avv.ti Ciociola e Meale) c. Ministero dell’Interno – Prefettura di Foggia (Avv. Stato) e altro (n.c.)


Allegato


Titolo Completo

T.A.R. PUGLIA, Bari, Sez. 2^ - 7 aprile 2023, n. 607

SENTENZA

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 853 del 2019, proposto dal signor -OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati Matteo Ciociola e Agostino Meale, con domicili digitali come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ministero dell’Interno – Prefettura di Foggia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura distrettuale dello Stato, domiciliataria ex lege in Bari alla via Melo n. 97;
Comune di Mattinata (FG), non costituito in giudizio;

per l’annullamento
– dell’Informazione antimafia interdittiva prot. n. -OMISSIS- emessa dal Prefetto di Foggia e notificata in data -OMISSIS-;
– nonché, ove occorra, degli atti in essa richiamati: a) la richiesta di informazione antimafia prodotta dal Comune di Mattinata; b) il verbale della riunione del Gruppo Interforze Antimafia in data -OMISSIS-; -la nota della Direzione Investigativa Antimafia di Bari n.-OMISSIS-; c) la nota del Comando Provinciale dei Carabinieri n. -OMISSIS-; d) ed ove occorra, della nota di trasmissione a mezzo raccomandata prot. n. 2-OMISSIS-;
– della determinazione del Comune di Mattinata n. -OMISSIS-, notificata in data -OMISSIS-, con cui sono state revocate le autorizzazioni demaniali n. -OMISSIS- e n. -OMISSIS-;
– nonché di ogni atto presupposto, consequenziale e/o connesso a quelli espressamente impugnati.

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell’Interno – Prefettura di Foggia;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 21 febbraio 2023 il dott. Lorenzo Ieva e uditi per le parti i difensori l’avv. Agostino Meale, per il ricorrente, e l’avv. dello Stato Giuseppe Zuccaro, per la difesa erariale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1.- Con ricorso depositato come in rito, l’istante impugnava il provvedimento di interdittiva antimafia del maggio 2019 concernente un’attività di chiosco-bar, poi sviluppatasi come ristorante o attività similare, intrapresa su area demaniale in concessione (e atti connessi), nonché il provvedimento di revoca di due concessioni demaniali adottato dal Comune di Mattinata (FG).
2.- Si costituiva l’Amministrazione dell’Interno, senza però depositare i documenti, ai sensi dell’art. 46 c.p.a.
3.- Indi, con ordinanza collegiale, veniva disposto il deposito dei documenti in forma integrale, ai sensi dell’art. 46 c.p.a., e richiesti chiarimenti in ordine ai precedenti penali e/o di polizia menzionati.
4.- Venivano depositati ulteriori documenti, in esecuzione dell’ordinanza collegiale interlocutoria, tra cui una nota della Prefettura di Foggia, datata -OMISSIS-, nella quale veniva dato atto che “non risultano elementi sopravvenuti che depongano per il venir meno delle circostanze su cui si fonda l’interdittiva” e inoltre era precisato che il soggetto interessato non ha mai chiesto, dall’anno 2019, epoca dell’interdittiva, alcun aggiornamento della stessa, ai sensi dell’art. 91, comma 5, d.lgs. 6 settembre 2011 n. 159.
5.- Depositata memoria conclusiva da parte ricorrente, alla fissata udienza, dopo breve discussione, la causa veniva trattenuta in decisione.
6.- Il ricorso è infondato.
Lamenta parte deducente la violazione e falsa applicazione degli artt. 2, 3, 13, 24, 25, 27, 41, 97, 111 e 113 Cost., dei principi di legalità e certezza del diritto, la violazione e falsa applicazione degli artt. 67, 84, 91, 93 e 94 d.lgs. 6 settembre 2011 n. 159, la violazione degli artt. 1, 3 e 7 legge 7 agosto 1990 n. 241, con particolare riferimento ai principi di partecipazione, proporzionalità, legittimo affidamento e l’eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione, illogicità ed irrazionalità manifesta, erronea e travisata considerazione dei presupposti, contraddittorietà, sviamento.
Nella sostanza i vizi di legittimità contestati si muovono su tre piani concettuali: viene operata una critica dell’applicazione della misura interdittiva, che lederebbe i diritti ed interessi del ricorrente, ne viene contestata l’applicazione in supposta carenza dei presupposti, non essendo il soggetto passivo qualificabile come “mafioso”, vengono lamentare presunte carenze dell’iter procedimentale.
Tuttavia, ritiene il Collegio che le censure mosse non abbiano pregio.
In primo luogo, va scrutinato il provvedimento di revoca delle due concessioni (determinazione n. -OMISSIS-). A ben vedere, esso di fonda su due presupposti. In primis, nella narrativa motivazionale, si considera che, sull’area oggetto di autorizzazione, il ricorrente “ha eseguito delle opere abusive sanzionate con ordinanza di demolizione […] e che le stesse sono attualmente sottoposte a sequestro da parte dell’Autorità Giudiziaria”. Inoltre, in secundis, v’è una seconda motivazione correlata più direttamente al sopraggiungere della interdittiva antimafia prefettizia.
Più specificamente, il provvedimento del Comune revoca: a) l’autorizzazione n. -OMISSIS- concernente l’occupazione (annuale) di suolo pubblico in località “-OMISSIS-” ed alla posa in opera di una roulotte su ruote gommate, sotto prescrizione “che non venga effettuato nessun tipo di modifica dello stato dei luoghi”; b) l’autorizzazione n. -OMISSIS- concernente l’installazione di una “zona d’ombra” con struttura precaria e provvisoria ad incastri bullonati in località “-OMISSIS-” adiacente la roulotte di cui alla autorizzazione comunale n. -OMISSIS-, sotto specifica prescrizione che l’autorizzata occupazione non superi certe dimensioni.
Orbene, dalla nota del Comando provinciale dei Carabinieri di Foggia datata -OMISSIS- (come agli atti dell’odierno processo), al punto dd), si legge dell’attivazione di un procedimento penale nell’anno 2018 dalla Procura della Repubblica di Foggia nei riguardi del ricorrente per aver realizzato un “ristorante-pizzeria” in parte in difformità e in parte in assenza delle necessarie autorizzazioni, sviluppando una originaria “guardiania” adiacente ad un chiosco-bar posizionato in area demaniale. Simili rilievi confermano quanto disposto dal Comune nel proprio atto di revoca.
Per tale parte, dunque, il provvedimento di revoca del Comune trova ex se autonomo e valido supporto motivazionale, in quanto il concessionario ha violato modalità e limiti delle rilasciate concessioni.
Quanto invece al provvedimento interdittivo antimafia esso supporta ulteriormente il provvedimento di revoca del Comune di Mattinata (FG) e contiene in se stesso quanto è necessario, alla stregua della giurisprudenza prevalente, per motivare l’adozione di una simile misura di prevenzione di P.S.
Più specificamente, sempre dalla nota del Comando provinciale dei Carabinieri di Foggia datata -OMISSIS-, emerge come il ricorrente nel 1991 sia stato condannato, con applicazione della pena su richiesta delle parti (c.d. patteggiamento), per reati di resistenza a pubblico ufficiale continuato e in concorso, lesione personale e porto abusivo di armi. Sempre nel 1991 è stato oggetto della misura di prevenzione di P.S. del c.d. “avviso orale” (ex diffida di polizia).
Inoltre, risultano censiti circa n. 30 deferimenti all’Autorità Giudiziaria da parte delle forze di polizia per vari reati (furto, minacce, rissa, lesioni, ingiuria, danneggiamento, tentato omicidio, etc.). Viene inoltre dato conto della sussistenza di taluni precedenti di polizia e di vincoli (diretti oppure per tramite della defunta coniuge) di parentela e/o di affinità con soggetti ritenuti esponenti mafiosi pregiudicati. Peraltro, un figlio del ricorrente rimaneva ucciso in un “agguato” nella località “-OMISSIS-” nel quale anche il ricorrente ne restava coinvolto e ferito. Anche l’altro figlio del ricorrente risulta interessato da procedimenti penali e controllato dalla pubblica sicurezza in compagnia di soggetti c.d. controindicati.
Orbene, rispetto a un siffatto quadro fattuale, va pur rammentato che la giurisprudenza ha avuto modo di affermare come le Prefetture siano chiamate a svolgere, nell’ambito delle prerogative di P.S., che competono ex lege, un’attività connotata da ampia discrezionalità, al fine di poter rilevare il pericolo del c.d. condizionamento mafioso, sulla base di un apprezzamento informato al paradigma del “più probabile che non”, ossia della “preponderanza dell’evidenza”, altrimenti detta “verosimiglianza” o “probabilità cruciale” (ex multis: Cons. St., sez. III, 13 agosto 2018 n. 4938; Cons. St., sez. III, 14 settembre 2018 n. 5410; T.A.R. Puglia, sez. II, 18 febbraio 2020 n. 275). Non trova mai, dunque, applicazione la regola causale più rigorosa della formula “al di là del ragionevole dubbio” propria invece dei giudizi penali, ove si comminano pene afflittive della libertà personale (Cons. St., sez. III, 13 agosto 2018 n. 4938; Cons. St., sez. III, 14 settembre 2018 n. 5410; Cons. St., sez. III, 30 gennaio 2019 n. 758).
Invero, l’attività di prevenzione comporta l’utilizzazione di elementi di fatto sintomatici ed indiziari, anche a prescindere dalle (eventuali) statuizioni finali raggiunte nella sede penale, che invece connota la diversa attività di repressione. Trattasi di funzioni pubbliche diverse, che richiedono un grado di accertamento loro peculiare e giammai sovrapponibile o confondibile.
L’attività di prevenzione è orientata a prevenire pericoli di commissione di fatti antisociali; mentre, l’attività di repressione è finalizzata a raggiungere certezze nel reprimere reati (ex multis: Cons. St., sez. III, 13 agosto 2018 n. 4938; T.A.R. Lombardia, sez. I, 22 novembre 2019 n. 2480; T.A.R. Toscana, sez. II, 25 giugno 2018 n. 910).
Natura, contenuto e limiti degli strumenti della comunicazione e dell’interdittiva antimafia sono stati compendiati dalla pronuncia del Cons. St., Ad. plen., 6 aprile 2018 n. 3, alla quale, per quanto occorra, può rimandarsi. Rimarca la Plenaria, in detta pronuncia, la peculiarità della funzione di prevenzione dai pericoli della c.d. infiltrazione mafiosa.
La Corte costituzionale, con la sentenza del 26 marzo 2020 n. 57, ha affermato come la valutazione del pericolo di infiltrazione mafiosa sia rimessa all’ampio apprezzamento discrezionale dell’autorità amministrativa, chiamata a bilanciare prudentemente gli interessi in gioco, ovverosia la libertà d’iniziativa economica (peraltro concernente solo il versante dei rapporti con la P.A.), da un lato, e la tutela dell’ordine pubblico economico, dall’altro.
Questi due interessi devono trovare armonica composizione nell’emanazione di un provvedimento sempre dotato di “motivazione accurata”. La stessa Corte costituzionale, poi, richiamando un proprio precedente in materia di misure di prevenzione, ha precisato che l’informazione antimafia in materia di prevenzione è in nuce fondata su elementi fattuali “più sfumati”, rispetto a quelli richiesti in sede giudiziaria penale, purché siano sintomatici e indiziari (sent. 26 marzo 2020 n. 57).
Sopra tutto, v’è che la considerazione per cui la prevenzione antimafia risponde ad esigenze peculiari dello Stato e non è in contrasto con principi costituzionali o della convenzione CEDU (così Cons. St., sez. III, 20 aprile 2021 n. 3182).
Il pericolo, anche quello d’infiltrazione mafiosa, è per definizione la probabilità di un evento, per cui la funzione di “frontiera avanzata” dell’informazione interdittiva antimafia consente alle prefetture l’uso di strumenti, accertamenti, collegamenti, risultanze anche atipici, come atipica, del resto, è la capacità, da parte delle mafie, di perseguire i propri fini (Cons. St., sez. III, 26 febbraio 2019 n. 1349).
Pertanto, la cd. interdittiva antimafia, per la sua natura cautelare di polizia (prevenzione), comporta la massima anticipazione della soglia di difesa sociale, a fini di tutela preventiva, per cui richiede solo il riscontro di una pluralità di elementi di fatto indiziari, in base ai quali sia possibile evincere un “legame” con le organizzazioni mafiose o similari. Il “collegamento” può essere: a) compiacente, quando il soggetto destinatario di interdittiva partecipa attivamente (o si teme che possa partecipare) alle attività criminali; b) soggiacente, quando si reputa che il soggetto destinatario di interdittiva partecipi passivamente (o si teme che possa partecipare), o ancora, per meglio dire, subisce l’influenza della criminalità, soprattutto quando vi sono stretti legami familiari (Cons. St., sez. III, 5 settembre 2019 n. 6105; Cons. St., sez. III, 18 aprile 2018 n. 2343).
Siffatta misura preventiva è volta a interdire, ossia a impedire, rapporti contrattuali e concessori tra la P.A. e le imprese oppure società, anche formalmente estranee, ma, direttamente o indirettamente, comunque esposte al pericolo del collegamento con la criminalità organizzata.
La giurisprudenza ha pure sottolineato che l’organizzazione della criminalità di stampo mafioso ha una c.d. struttura clanica, che si articola sul nucleo centrale di una famiglia (e propri sodali), quale compagine naturale composta da una pluralità di parenti e affini, che condividono comuni valori e interessi economici (Cons. St., sez. III, 2 maggio 2019 n. 2855; Cons. St., sez. III, 20 settembre 2018 n. 5480). Ragion per cui, il contesto familiare e sociale nel quale il soggetto passivo destinatario della interdittiva antimafia è inserito assume una sua rilevanza, ai fini della valutazione di P.S.
Con riferimento alle misure di prevenzione di qualsivoglia genere, possono essere utilizzati elementi di fatto indiziari tratti da indagini di polizia o da procedimenti penali, anche se non si siano conclusi con una condanna (Cass. pen., sez. V, 10 maggio 2018 n. 20826), pure se risalenti nel tempo (Cons. St., sez. III, 9 ottobre 2018 n. 5784), ma che, per la loro portata, siano comunque attualizzabili, alla stregua di un giudizio empirico-induttivo, che ben può essere integrato da dati di comune esperienza, evincibili dall’osservazione dei fenomeni sociali, qual è quello di tipo mafioso (così Cons. St., sez. III, 18 aprile 2018 n. 2343; 26 aprile 2017 n. 1923; 28 giugno 2017 n. 3173).
Il quadro indiziario degli elementi di fatto va poi apprezzato non in modo atomistico-analitico, ma in modo unitario-sintetico (T.A.R. Campania, sez. I, 14 febbraio 2018 n. 1017; Cons. St., sez. III, 18 aprile 2018 n. 2343), ossia deve trapelare, dagli elementi raccolti, l’indicazione del pericolo (non della certezza) dell’infiltrazione mafiosa, tale da dover mettere al riparo l’attività contrattuale e ancor più quella concessoria della pubblica amministrazione, da commistioni che finiscano per lederne la legalità, l’efficienza e l’efficacia (Cons. St., sez. III, 30 gennaio 2019 n. 758).
Tutto ciò premesso, va osservato che in primis il provvedimento di revoca delle due concessioni trova autonomo sostegno motivazionale, per via delle violazioni dei titoli di concessione e delle violazioni edilizie, illo tempore riscontrate. Ed è, per quanto detto, legittimo, in quanto non inficiato dai motivi di ricorso dedotti, che peraltro non si dilungano sul punto.
In secundis, il provvedimento interditivo antimafia in se stesso – ad avviso del Collegio – è suffragato da idoneo supporto motivazionale, alla stregua di quelli che sono gli indirizzi ermeneutici consolidati dal Consiglio di Stato, per come sopra riassunti.
Difatti, il ricorrente è annoverato in precedenti penali e in numerosi atti di deferimento di polizia ed è inserito in contesto ambientale, sociale e familiare, tal da evidenziarne un giudizio sfavorevole, ai fini di prevenzione, né lo stesso ha inteso accedere a misure di mitigazione qual, ad esempio, il controllo giudiziario, ai sensi dell’art. 34-bis d.lgs. 6 settembre 2011 n. 159. Né – per quanto risulta – ha chiesto l’aggiornamento, ai sensi dell’art. 91, comma 5, d.lgs. 6 settembre 2011 n. 159, semmai con la possibilità di accedere, con più facilità, a contraddittorio con l’amministrazione (T.A.R. Puglia, sez. II, 15 luglio 2022 n. 1044).
7.- In conclusione, per le sopra esposte motivazioni, il ricorso va complessivamente respinto.
8.- Le spese del giudizio possono vieppiù compensarsi per la peculiarità della controversia e materia trattata.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell’articolo 10 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare…

Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 21 febbraio 2023 con l’intervento dei magistrati:

Orazio Ciliberti, Presidente
Rita Tricarico, Consigliere
Lorenzo Ieva, Primo Referendario, Estensore

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