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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Diritto urbanistico - edilizia Numero: 567 | Data di udienza: 3 Maggio 2023

DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Demolizione delle opere edificate in violazione della normativa urbanistica – Legittimazione attiva del comproprietario dell’immobile ad ottenere la demolizione – Esclusione – Rapporto pubblicistico tra proprietario e responsabile dell’abuso – Art. 31 d.P.R. n. 380/2001 – Comproprietà (condominio) – Nozione di pari uso della cosa comune di ogni compartecipe – Limite al godimento – Uso particolare a proprio esclusivo vantaggio – Rapporto di equilibrio – Art. 1102 cod. civ..


Provvedimento: SENTENZA
Sezione: 3^
Regione: Lombardia
Città: PAVIA
Data di pubblicazione: 4 Maggio 2023
Numero: 567
Data di udienza: 3 Maggio 2023
Presidente: Forcina
Estensore: Forcina


Premassima

DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Demolizione delle opere edificate in violazione della normativa urbanistica – Legittimazione attiva del comproprietario dell’immobile ad ottenere la demolizione – Esclusione – Rapporto pubblicistico tra proprietario e responsabile dell’abuso – Art. 31 d.P.R. n. 380/2001 – Comproprietà (condominio) – Nozione di pari uso della cosa comune di ogni compartecipe – Limite al godimento – Uso particolare a proprio esclusivo vantaggio – Rapporto di equilibrio – Art. 1102 cod. civ..



Massima

TRIBUNALE DI PAVIA, Sez. 3^ CIVILE, 4 maggio 2023, (ud. 03/05/2023), Sentenza n. 567

 

 

DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Demolizione delle opere edificate in violazione della normativa urbanistica – Legittimazione attiva del comproprietario dell’immobile ad ottenere la demolizione – Esclusione – Rapporto pubblicistico tra proprietario e responsabile dell’abuso – Art. 31 d.P.R. n. 380/2001.

La disposizione dell’art. 7 della legge 28 febbraio 1985, n. 47 (ora, art. 31 del d.P.R. n. 380 del 2001), in base alla quale l’esecuzione di interventi edilizi in assenza, totale difformità o variazione essenziale della concessione (ora, permesso) importa l’ordine di demolizione da parte dell’autorità comunale, opera ai fini della repressione dell’illecito e, quindi, esclusivamente nel rapporto pubblicistico tra proprietario e responsabile dell’abuso, da un lato, ed amministrazione deputata al controllo del territorio, dall’altro, mentre non attribuisce al comproprietario dell’immobile un credito al ripristino del bene nei confronti di altro comproprietario. In specie, il comproprietario dell’immobile (condomino) non può ottenere la demolizione dei beni a servizio della proprietà della convenuta soltanto perché non in regola con la normativa urbanistica.

 

DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Comproprietà (condominio) – Nozione di pari uso della cosa comune di ogni compartecipe – Limite al godimento – Uso particolare a proprio esclusivo vantaggio – Rapporto di equilibrio – Art. 1102 cod. civ..

La nozione di pari uso della cosa comune che ogni compartecipe, nell’utilizzare la cosa medesima, deve consentire agli altri non va intesa nel senso di uso identico perché l’identità nello spazio o addirittura nel tempo potrebbe importare il divieto per ogni condomino di fare della cosa comune un uso particolare e a proprio esclusivo vantaggio; ne deriva che per stabilire se l’uso più intenso da parte di un condomino venga ad alterare il rapporto di equilibrio fra i partecipanti al condominio – e perciò da ritenersi non consentito a norma dell’art. 1102 cod. civ. – non deve aversi riguardo all’uso fatto in concreto di detta cosa da altri condomini in un determinato momento, ma a quello potenziale in relazione ai diritti di ciascuno. Ne consegue che, quando sia prevedibile che gli altri compartecipi non faranno un pari uso della cosa comune, la modifica apportata alla stessa da un condomino deve ritenersi legittima, atteso che, in una materia nella quale è consentita la massima espansione dell’uso, il limite al godimento di un condomino si riscontra negli interessi degli altri, che costituiscono impedimento alla modifica soltanto se sia ragionevole prevedere che altri comproprietari vogliano accrescere il pari uso cui hanno diritto.

Giud. / Est. Forcina


Allegato


Titolo Completo

TRIBUNALE DI PAVIA, Sez. 3^ CIVILE, 04/05/2023, (ud. 03/05/2023), Sentenza n. 567

SENTENZA

Sentenza n. 567/2028 pubbl. il 04/05/2023
RG n. 5431/2021
Repert. n. 1060/2023 del 04/05/2023

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE ORDINARIO di PAVIA
SEZIONE TERZA CIVILE

Il Tribunale, nella persona del Giudice Andrea Francesco Forcina
ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa civile iscritta al n. r.g. 5431/2021 promossa da:
de xxx (cf xxx) con il patrocinio dell’avv. xxx

PARTE ATTRICE

contro

con il patrocinio dell’avv. xxx

PARTE CONVENUTA

CONCLUSIONI DI PARTE ATTRICE

Per tutto quanto esposto in atti e a verbale, previa individuazione del valore delle proprietà immobiliari residenziali e pertinenziali rispettivamente di proprietà dell’attore e della convenuta meglio descritte nelle premesse dell’atto introduttivo del presente giudizio (dovendosi ritenere qui ritrascritte le identificazioni catastali ivi citate- docc. 2, 3, 4, 5), determinare le corrispondenti quote millesimali che competono a ciascun condomino su enti, spazi e parti comuni condominiali del fabbricato cui appartengono, con particolare riguardo alla corte comune, secondo la ripartizione effettuata ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 1117 bis c.c. e 1123 c.c..B). Accertare e dichiarare che la tettoia in ferro e la scala a chiocciola meglio descritte nella narrativa dell’atto introduttivo del presente giudizio sono state realizzate dalla convenuta in assenza delle necessarie autorizzazioni amministrative. Per l’effetto, ritenuto in ogni caso che detti manufatti: (a) di alterano la destinazione degli ambiti comuni sui quali rispettivamente sporgono e insistono, (b) non sono funzionali alla destinazione appunto comune di detti ambiti e (c) impediscono il libero, pacifico e integrale godimento degli stessi da parte dell’attore, condannare la Sigmora xxx a provvedere alla immediata rimozione dei medesimi a proprie cura e spese esclusive. C) Condannare altresì la convenuta, peri medesimi motivi citati al capoverso B) che precede, a provvedere alla immediata rimozione a propria cura e spese di ogni ulteriore manufatto, opera e costruzione da lei realizzato su sedime comune (giardino) in assenza delle necessarie autorizzazioni amministrative e titolo abilitativo, in particolare il garage/ripostiglio da lei utilizzato, come accertato in corso di causa mediante l’espletamento di CTU. D) In tutti i casi, con vittoria di spese e competenze del presente giudizio.

CONCLUSIONI DI PARTE CONVENUTA

Voglia l’Ill.mo Tribunale di Pavia, contrariis rejectis, così giudicare:
Nel merito:
A) In merito alla richiesta redazione di tabelle millesimali di Gestione delle parti comuni del compendio immobiliare di cui si tratta e svolta al punto A) delle conclusioni di cui all’atto di citazione introduttivo del presente giudizio, porre le competenze del nominando CTU a carico delle odierne Parti sulla base dei millesimi di gestione che andranno ad essere accertati.
B) Respingere la domanda svolta dall’attore al punto B) delle conclusioni del suo atto di citazione introduttivo del presente giudizio (e ribadita in memoria ex art.183 VI comma n. 1 c.p.c. attorea) e volta ad ottenere la condanna della convenuta sig.ra xxx alla demolizione dei manufatti scala a chiocciola esterna e tettoia in ferro di cui in narrativa del presente atto, poiché domanda di condanna alla demolizione assolutamente inammissibile per i motivi meglio svolti in atti, e comunque, perché vi domanda assolutamente infondata in fatto ed in diritto, sempre per i motivi meglio eccepiti ed opposti in atti;
C) Respingere la domanda svolta dall’attore al punto C) della sua memoria ex art. 183 VI comma n. 1 c.p.c e relativa al manufatto (rimessa (garage) poichè la stessa assolutamente tardiva (ed avverso la quale si ribadisce la non accettazione del contraddittorio e comunque domanda inammissibile per i motivi meglio svolti in atti, oltre che domanda assolutamente infondata in fatto ed in diritto, sempre per i motivi meglio eccepiti ed opposti in atti; Comunque: Con integrale rifusione e competenze del Giudizio.

In via istruttoria e fermo restando l’esclusione dell’inversione dell’onere della prova incombente sull’attore in relazione alle da lui asserite violazioni alle disposizioni di cui agli artt. 1102 c.c. e 1120 c.c. da parte della sig.ra xxx si chiede di essere ammessi alla prova orale con i seguenti testimoni sig. xxx residente a Garlasco (PV), frazione San Biagio via xxx sig. xxx Garlasco frazione Sant’Albino Mortara (PV), strada xxx sig. xxx Milano , via xxx sui seguenti capitoli. 1) Vero che a far tempo dal maggio dell’anno 2019 e sino ad oggi il sig. xxx ha provveduto alla manutenzione del giardino dell’edificio residenziale con accesso da via xxx ove si trova l’unità immobiliare di proprietà della sig.ra xxx e l’unità immobiliare di proprietà del sig. (e 2) Vero che nell’incontro tenutosi fra il sig. xxx e la sig.ra xxx in data 28 maggio 2019 alle ore 17,30 circa presso il compendio immobiliare sito in Garlasco via xxx E prima di approvare il preventivo per la sistemazione del giardino redatto dalla Cooperativa xxx pretendeva che la sig.ra xxx provvedesse alla demolizione della scala a chiocciola esterna e della tettoia in ferro che le si rammostra?

CONCISA ESPOSIZIONE
DELLE RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA
DECISIONE

1 Xxx ha convenuto in giudizio xxx
allegando:
– di essere proprietario di un’unità immobiliare ad uso abitativo sita al civico xx della via e xx Frazione San Biagio nel comune di Garlasco composta da un piano seminterrato e un piano fuori terra;
– che l’immobile di cui sopra è inserito in un fabbricato di tre piani (un piano seminterrato e due fuori terra) nel quale la convenuta è proprietaria dell’unità posta al primo piano;
– che le proprietà delle parti condividono spazi ad uso comune ma essendo state le stesse nel passato in capo ad una sola parte non esiste una tabella regolante la ripartizione delle spese condominiali;
– che la convenuta è anche proprietaria di una tettoia e di una scala a chiocciola che sono prive di qualsiasi titolo abilitativo, oltre ad alterare l’estetica dell’edificio, e ledono il libero, pacifico edintegrale godimento da parte dell’attore dei beni comuni;
– nella memoria n. 1 depositata ai sensi dell’art. 183 sesto comma cod. proc. civ. l’esistenza nel cortile di una rimessa garage utilizzata in via esclusiva dalla convenuta.

1.1. Si è costituita in giudizio la convenuta eccependo il difetto di legittimazione processuale della parte attrice in relazione alla domanda di demolizione dei manufatti in quanto quest’ultima sarebbe una prerogativa della pubblica amministrazione e contestando la sussistenza di qualsivoglia limitazione delle facoltà di godimento di parte attrice.

Parte convenuta non si è però opposta alla domanda dell’attore circa la predisposizione di una tabella millesimale volta a regolare il riparto delle spese di gestione del compendio comune.

2. Venendo proprio a tale ultima questione si evidenzia che le parti anche nei loro scritti conclusivi hanno dichiarato di accettare la tabella millesimale predisposta dal ctu nominato in corso di causa ed allegata alla relazione definitiva (cfr. allegato n. 2 relazione ctu).

Pertanto, si deve affermare che ai sensi dell’art. 1123 cod. civ. le spese di gestione del condominio in essere tra le odierne parti processuali devono essere ripartite in base alla tabella millesimale predisposta dal ctu ed allegata sub n. 2 alla sua relazione definitiva.

3. In ordine alla legittimazione attiva di parte attrice ad ottenere la demolizione delle opere indicate nei suoi atti processuali in quanto edificate in violazione della normativa urbanistica si osserva che la disposizione dell’art. 7 della legge 28 febbraio 1985, n. 47 (ora, art. 31 del d.P.R. n. 380 del 2001), in base alla quale l’esecuzione di interventi edilizi in assenza, totale difformità o variazione essenziale della concessione (ora, permesso) importa l’ordine di demolizione da parte dell’autorità comunale, opera ai fini della repressione dell’illecito e, quindi, esclusivamente nel rapporto pubblicistico tra proprietario e responsabile dell’abuso, da un lato, ed amministrazione deputata al controllo del territorio, dall’altro, mentre non attribuisce al comproprietario dell’immobile un credito al ripristino del bene nei confronti di altro comproprietario (cfr. Cass. Sez. 2, Sentenza n. 18823 del 31/10/2012).

Pertanto, parte attrice non può ottenere la demolizione dei beni a servizio della proprietà della convenuta soltanto perché non in regola con la normativa urbanistica.

3.1. L’attore ha comunque chiesto la rimozione dei beni dianzi descritti invocando la disciplina di cui all’art. 1102 cod. civ. e perché lesivi del decoro condominiale.

3.1.1. Quanto a quest’ultimo aspetto si evidenzia che le opere oggetto di contestazione erano già esistenti all’epoca in cui l’odierno attore è divenuto proprietario e fanno parte dell’edificio da molto tempo; si vuole, pertanto, sostenere che le stesse non costituendo delle innovazioni non sono soggette alla disciplina di cui all’art. 1120 cod. civ. che appunto vieta quelle che sono lesive del decoro architettonico dell’edificio.

3.1.2. L’art. 1102 cod. civ. stabilisce che ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne a parimenti uso secondo il loro diritto. Il partecipante non può estendere il suo diritto sulla cosa comune in danno degli altri partecipanti se non compie atti idonei a mutare il titolo del suo possesso.

La nozione di pari uso della cosa comune che ogni compartecipe, nell’utilizzare la cosa medesima, deve consentire agli altri non va intesa nel senso di uso identico perché l’identità nello spazio o addirittura nel tempo potrebbe importare il divieto per ogni condomino di fare della cosa comune un uso parti colare e a proprio esclusivo vantaggio; ne deriva che per stabilire se l’uso più intenso da parte di un condomino venga ad alterare il rapporto di equilibrio fra i partecipanti al condominio – e perciò da ritenersi non consentito a norma dell’art. 1102 cod. civ. – non deve aversi riguardo all’uso fatto in concreto di detta cosa da altri condomini in un determinato momento, ma a quello potenziale in relazione ai diritti di ciascuno (Cass. Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 11870 del 06/05/2021; Sez. 2 – , Ordinanza n. 9278 del 16/04/2018; Sez. 2, Sentenza n. 22341 del 21/10/2009). Ne consegue che, quando sia prevedibile che gli altri compartecipi non faranno un pari uso della cosa comune, la modifica apportata alla stessa da un condomino deve ritenersi legittima, atteso che, in una materia nella quale è consentita la massima espansione dell’uso, il limite al godimento di un condomino si riscontra negli interessi degli altri, che costituiscono impedimento alla modifica soltanto se sia ragionevole prevedere che altri comproprietari vogliano accrescere il pari uso cui hanno diritto (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 8808 del 30/05/2003).

Applicando tale quadro interpretativo al caso di specie si osserva che per ottenere la rimozione dei beni di parte convenuta occorre che dall’attività istruttoria sia emerso il potenziale uso che l’attore potrebbe fare in relazione agli spazi comuni occupati dalla convenuta onde verificare se l’uso più intenso operato da quest’ultima impedisca quello potenziale dell’attore. Ciò implica, innanzitutto, l’individuazione delle aree comuni occupate dalla convenuta.

In relazione alla tettoia il ctu ha specificato che il bene e “la relativa struttura di sostegno appoggiano in parte sul balcone di proprietà della convenuta, in parte sul muro perimetrale dell’edificio” che ai sensi dell’art. 1117 cod. civ. costituisce un bene comune.

Si deve evidenziare che parte attrice non ha neppure in minima parte allegato, circostanze di fatto dalle quali dedurre che l’area di muro perimetrale occupata dalla struttura di sostegno della tettoia possa essere oggetto di un suo uso più intenso e in cosa potrebbe consistere questo uso.

Stessa considerazione vale per la scala a chiocciola e la rimessa garage.

Dalla consulenza emerge che questi ultimi due beni insistono sul cortile comune; la scala a chiocciola, invero, come emerge dalle relative rappresentazioni fotografiche, insiste anche sul muro perimetrale dell’edificio. Tuttavia, anche rispetto a questi manufatti parte attrice non ha minimamente allegato quale potrebbe essere l’uso più intenso che egli potrebbe fare dell’area comune occupata ovvero non ha dimostrato che un pari uso da parte sua risulti impedito.

Non può, infatti, trascurarsi che l’intero castello argomentativo dell’attore si fonda sulla deduzione per la quale un uso esclusivo del bene comune è semplicemente impedito; tuttavia, per quanto finora motiva, tale argomentazione non è condivisibile.

In definitiva, la domanda di parte attrice volta ad ottenere la rimozione dei manufatti attribuiti a parte convenuta deve essere rigettata.

4. In relazione al riparto delle spese di lite si osserva che la mancata opposizione della convenuta alla stesura delle tabelle millesimali comporta che per questa parte del giudizio le spese debbano essere compensate; non è stato, infatti, dimostrato che la mancata adozione delle medesime tabelle nella fase stragiudiziale sia dipesa da una condotta colposa della convenuta.

Il rigetto della domanda di demolizione comporta la condanna dell’attore al pagamento delle spese di lite.

In definitiva, le spese processuali devono essere compensate nella misura del 50%;
la restante parte delle spese deve essere posta a carico di parte attrice e viene liquidata nel dispositivo secondo i parametri medi del D.M. n. 55 del 2014 calcolati per tutte le fasi processuali, tenuto conto della misura prevista per le cause aventi un valore compreso tra 26.000 e 52.000 euro non essendo il valore della causa determinabile.

3.1. Le spese di ctu devono essere compensate al 50%; la restante parte deve essere posta a carico di parte attrice.

P.Q.M.

Il Tribunale, definitivamente pronunciando, così dispone:
– accerta e dichiara che la ripartizione delle spese di gestione del condominio costituito dagli immobili oggetto di causa avvenga sulla base della tabella millesimale predisposta dal ctu ed allegata alla sua relazione sub n. 2;
– rigetta la domanda di parte attrice volta alla rimozione dei manufatti attribuiti a parte convenuta ed insistenti sul bene comune;
– condanna parte attrice a rimborsare alla convenuta le spese di lite, che si liquidano, al netto della indicata compensazione, in € 3.808 per compensi professionali, oltre spese generali pari al 15% dei compensi, c.p.a., nonché i.v.a., se prevista, secondo le aliquote di legge.

Pavia, 3 maggio 2023

Il Giudice
Andrea Francesco Forcina

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