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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Rifiuti Numero: 6335 | Data di udienza: 18 Maggio 2023

RIFIUTI – Benefit ambientale per i comuni che ricevono determinate categorie di rifiuti o ospitano determinati impianti per il loro smaltimento – Giurisdizione esclusiva del Giudice amministrativo per la “complessiva azione di gestione del ciclo dei rifiuti” – Non rientra – Controversie meramente patrimoniali – Giurisdizione dell’AGO.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 4^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 28 Giugno 2023
Numero: 6335
Data di udienza: 18 Maggio 2023
Presidente: Mastrandrea
Estensore: Monteferrante


Premassima

RIFIUTI – Benefit ambientale per i comuni che ricevono determinate categorie di rifiuti o ospitano determinati impianti per il loro smaltimento – Giurisdizione esclusiva del Giudice amministrativo per la “complessiva azione di gestione del ciclo dei rifiuti” – Non rientra – Controversie meramente patrimoniali – Giurisdizione dell’AGO.



Massima

CONSIGLIO DI STATO, Sez. 4^- 28 giugno 2023, n. 6335

RIFIUTI – Benefit ambientale per i comuni che ricevono determinate categorie di rifiuti o ospitano determinati impianti per il loro smaltimento – Giurisdizione esclusiva del Giudice amministrativo per la “complessiva azione di gestione del ciclo dei rifiuti” – Non rientra – Controversie meramente patrimoniali – Giurisdizione dell’AGO.

Spetta al giudice ordinario la giurisdizione sull’opposizione ad ordinanza ingiunzione per il pagamento del “benefit” ambientale, previsto dall’art. 29, comma 2, della l.r. Lazio n. 27 del 1998 in favore dei Comuni che ricevono determinate categorie di rifiuti e ospitano determinati impianti per il loro trattamento e smaltimento; a fondamento della potestas iudicandi non può pertanto richiamarsi l’ipotesi di giurisdizione esclusiva ex art. 133 lett. p) c.p.a. poiché il riferimento alla “complessiva azione di gestione del ciclo di rifiuti” non può estendersi a controversie meramente patrimoniali, non riconducibili neppure mediatamente all’esercizio del potere, laddove si controverte di un diritto di credito da quantificarsi in base alla quantità di rifiuti conferiti.

(Riforma TAR Campania, Napoli, n. 735/2017) – Pres. Mastrandrea, Est. Monteferrante – Presidenza del Consiglio dei Ministri (Avv. Stato) c. Comune di Maddaloni (avv. Turturiello)


Allegato


Titolo Completo

CONSIGLIO DI STATO, Sez. 4^- 28 giugno 2023, n. 6335

SENTENZA

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6216 del 2017, proposto dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

contro

Comune di Maddaloni, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Sergio Turturiello, con domicilio eletto presso lo studio avvocati Abbamonte- Titomanlio in Roma, via N. Porpora n. 7;

nei confronti

Fibe S.p.A., in proprio e quale incorporante la Fibe Campania S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Benedetto Giovanni Carbone, Ennio Magrì, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Roma, via Guido D’Arezzo, n. 18;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania (Sezione Prima) n. 00735/2017.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Maddaloni e di Fibe S.p.A.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 18 maggio 2023 il Cons. Luca Monteferrante e uditi per le parti gli avvocati presenti come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

Con ricorso al T.a.r. per la Campania il comune di Maddaloni ha proposto opposizione avverso l’ingiunzione n. 5 del 19 maggio 2016 emessa ai sensi del R.D. n. 639/1910, con la quale l’Unità tecnica amministrativa (UTA) presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri le aveva intimato il pagamento della somma complessiva di euro 433.258,82, dovuta, in relazione alle annualità 2003/2005, per contributi, maggiorazioni e quote di ristoro ambientale, oltre interessi.

Il predetto Comune ha contestato, tra gli altri motivi, l’inesistenza delle ragioni di credito azionate e, in particolare, l’assenza di prova della corretta esecuzione dei servizi resi da Fibe s.p.a., difettando, a suo dire, una analitica elencazione dei conferimenti effettuati dal Comune ricorrente (numero di trasporti e quantità di rifiuti smaltiti dalla Fibe s.p.a.) assumendo, altresì, che siffatta prova non potesse essere desunta dalle fatture emesse da Fibe s.p.a., trattandosi di atti unilaterali a mero contenuto partecipativo.

Il T.a.r. adito, con sentenza n. 735 del 2017, ha accolto il ricorso rilevando il difetto di prova circa i fatti costitutivi della pretesa creditoria riferiti alla effettiva prestazione di attività di smaltimento dei rifiuti in favore del Comune ricorrente.

Avverso la predetta sentenza ha interposto appello la Presidenza del Consiglio dei Ministri, chiedendone la riforma in quanto errata sia quanto al mancato rilievo del difetto di giurisdizione del giudice amministrativo a decidere la controversia su mera domanda di pagamento di debiti pecuniari, sia nel merito, quanto alla prova del credito.

Si è costituito in giudizio il Comune di Maddaloni per resistere all’appello concludendo per la sua reiezione.

Anche Fibe s.p.a. si è costituita in giudizio chiedendo preliminarmente la riunione del presente appello con quello da essa proposto avverso la medesima sentenza e pendente con numero di RG 3651 del 2017.

Alla udienza pubblica del 18 maggio 2023 la causa è stata trattenuta in decisione.

Preliminarmente deve darsi atto che l’appello proposto in via autonoma da Fibe s.p.a. avverso la sentenza del T.a.r. Campania n. 735 del 2017, oggetto del presente gravame, è stato dichiarato estinto per sopravvenuta carenza di interesse con decreto presidenziale n. 1098 del 27 maggio 2022 sicché è venuta meno la necessità di disporre la riunione dei due appelli avverso la medesima sentenza.

Venendo al presente appello, rileva il Collegio che è fondato il primo motivo di doglianza con il quale la Presidenza del Consiglio dei Ministri ha reiterato l’eccezione di difetto di giurisdizione disattesa dal T.a.r..

Sul punto il giudice di prime cure – con argomenti ripresi nelle difese del Comune appellato – ha ritenuto sussistente la giurisdizione del giudice amministrativo sulla base dei seguenti argomenti: “la controversia rientra nella giurisdizione esclusiva di questa Autorità Giudiziaria ai sensi dell’art. 133 lett. ‘p’ del codice del processo amministrativo, poiché essa attiene alla “complessiva azione di gestione del ciclo dei rifiuti, seppure posta in essere con comportamenti della pubblica amministrazione riconducibili, anche mediatamente, all’esercizio di un pubblico potere, quand’anche relative a diritti costituzionalmente tutelati “. L’espressione “azione di gestione del ciclo dei rifiuti” va intesa nel senso che l’attività della pubblica amministrazione deve essere preordinata all’organizzazione e all’erogazione del servizio pubblico di raccolta e di smaltimento dei rifiuti e, per incardinare la giurisdizione di questo plesso, è necessario che l’ente agisca, in tali ambiti predefiniti, come Autorità e cioè attraverso la spendita di poteri amministrativi che possono essere esercitati sia mediante atti unilaterali e autoritativi, sia mediante moduli consensuali ai sensi dell’art. 11 della L. 7agosto 1990, n. 241, sia infine mediante comportamenti, purché questi ultimi siano posti in essere nell’ esercizio di un potere pubblico (Corte Costituzionale, n. 35/2010). Tali condizioni sussistono nella fattispecie di cui si controverte poiché, da un lato, il recupero degli oneri di smaltimento rappresenta un’attività necessaria per l’espletamento della complessiva azione di gestione del ciclo dei rifiuti siccome preordinata a creare la provvista per l’erogazione del servizio pubblico. Sotto distinto profilo, la norma attiene a situazioni che postulano l’esercizio di un potere pubblico e che non attengono ad un mero rapporto obbligatorio di natura paritetica: difatti, oggetto di gravame è un provvedimento autoritativo impositivo fondato su una disposizione di diritto pubblico che attribuisce all’ Unità. Tecnica Amministrativa il potere di ingiunzione, il cui sindacato giurisdizionale non può ritenersi escluso dal vaglio di questo giudice amministrativo.”.

In senso contrario, come condivisibilmente eccepito dalla difesa erariale, deve rilevarsi che l’ipotesi di giurisdizione esclusiva richiamata dal T.a.r. non è idonea ad attrarre nel proprio campo di applicazione una controversia meramente patrimoniale, quale quella oggetto del presente giudizio, dove il fatto costitutivo della pretesa creditoria è rappresentato da mere operazioni materiali rappresentate da conferimenti di rifiuti – della cui effettività per l’appunto si controverte – che non presuppongono alcuna forma di esercizio di potere pubblico, neppure in via mediata.

Tanto ciò è vero che il T.a.r. è costretto ad individuare la forma di esercizio del potere necessaria a radicare la giurisdizione nel potere di ingiunzione che, tuttavia, rappresentando la mera modalità di accertamento del credito, non è idoneo ad incidere sulla natura delle situazioni giuridiche soggettive che identificano la causa petendi della pretesa che, nel caso di specie, resta di diritto soggettivo. Del resto è pacifico – come lo stesso T.a.r. rammenta – che l’articolo 3 del R.D. n. 639/2010 non è norma derogatoria delle regole ordinarie sul riparto di giurisdizione, che consenta cioè di attribuire al giudice ordinario la cognizione di controversie a lui sottratte (cfr. Cass. civ., Sez. Un, 5 gennaio 2016, n. 29) né può parimenti consentire l’attribuzione al giudice amministrativo la cognizione di controversie attribuite ad altri plessi giurisdizionali.

Nel caso di specie non viene neppure in rilievo la dimensione organizzativa del servizio sub specie di “azione di gestione del ciclo dei rifiuti” che, al fine di giustificare la giurisdizione del giudice amministrativo, presuppone l’esercizio di poteri di organizzazione e di regolazione del servizio di raccolta e di smaltimento dei rifiuti atteso che, come si è visto, si controverte della esistenza o meno di operazioni materiali di conferimento di rifiuti quali fatti costitutivi della pretesa di pagamento del contributo ambientale.

Né può fondatamente sostenersi che l’attività di recupero delle somme dovute a titolo di benefit ambientale rappresenterebbe un’attività necessaria per l’espletamento della complessiva azione di gestione del ciclo dei rifiuti siccome preordinata a creare la provvista per l’erogazione del servizio pubblico poiché, a ben vedere, si tratta di mero indennizzo avente la funzione di ristorare il Comune ospitante l’impianto di trattamento dei danni ambientali derivanti dall’attività di smaltimento dei rifiuti: non si tratta, quindi, di gestione del ciclo dei rifiuti nella sua dimensione organizzativa di servizio pubblico bensì di compensazione di danni ambientali di tipo indiretto.

La stessa Corte regolatrice della giurisdizione ha affermato, in identica fattispecie, la giurisdizione del giudice ordinario in luogo di quello tributario – ma con affermazioni valevoli anche rispetto al giudice amministrativo – precisando che spetta al giudice ordinario, e non a quello tributario, la giurisdizione sull’opposizione ad ordinanza ingiunzione per il pagamento del “benefit” ambientale, previsto dall’art. 29, comma 2, della l.r. Lazio n. 27 del 1998 in favore dei Comuni che ricevono determinate categorie di rifiuti e ospitano determinati impianti per il loro trattamento e smaltimento, atteso che tale beneficio economico non presenta i caratteri del tributo (che ricorrono allorché la prestazione determini una decurtazione patrimoniale non integrante modifica di un rapporto sinallagmatico e collegata al finanziamento di pubbliche spese), ma assume la natura di indennizzo avente la funzione di ristorare il Comune ospitante dei danni ambientali derivanti dall’attività di smaltimento dei rifiuti (Cass. civ., sez. un., Ordinanza, 26 febbraio 2021, n. 5418).

In conclusione deve essere riformata la statuizione del T.a.r. nella parte in cui, a fondamento della potestas iudicandi del giudice amministrativo, richiama l’ipotesi di giurisdizione esclusiva ex art. 133 lett. p) c.p.a. poiché il riferimento alla “complessiva azione di gestione del ciclo di rifiuti” non può estendersi a controversie meramente patrimoniali, non riconducibili neppure mediatamente all’esercizio del potere, come accade nel caso di specie dove si controverte di un diritto di credito da quantificarsi in base alla quantità di rifiuti conferiti. Del resto, storicamente, anche l’ipotesi di giurisdizione esclusiva in materia di concessioni amministrative non ha mai ricompreso le controversie in materia di indennità e canoni, in quanto vertenze meramente patrimoniali (cfr. art. 5 legge n. 1034 del 1971 ed analogamente cfr. ora art. 133, comma 1, lett. b) e c) c.p.a.), tranne quelle che implicavano una qualificazione o interpretazione del provvedimento concessorio presupposto, ipotesi che tuttavia non ricorre nel caso di specie. Ne discende che la lett. p.) deve essere interpretata in senso conforme a Costituzione, che limita la possibilità per il legislatore di devolvere al giudice amministrativo, in sede di giurisdizione esclusiva, le controversie in materia di diritti soggettivi alle sole ipotesi in cui venga in rilievo, anche mediatamente, una forma di esercizio del potere che nella specie non è configurabile.

Stante il carattere assorbente della questione preliminare di giurisdizione, va disposto l’assorbimento del secondo motivo di appello con il quale la Presidenza del Consiglio ha contestato la decisione del T.a.r. in materia di ripartizione dell’onere della prova circa i fatti costitutivi della pretesa creditoria.

Ne discende che la sentenza del T.a.r. deve essere annullata senza rinvio ed il ricorso di primo grado dichiarato inammissibile per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, dovendo la presente controversia essere devoluta alla cognizione del giudice ordinario dinanzi al quale il giudizio dovrà essere riproposto, ai sensi dell’art. 11, comma 2, c.p.a. nel termine perentorio di tre mesi dal passaggio in giudicato della presente sentenza.

La natura in rito della presente decisione giustifica la compensazione integrale delle spese di lite del doppio grado.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, dichiara la inammissibilità del ricorso di primo grado per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo.

Concede termine perentorio di tre mesi dal passaggio in giudicato della presente sentenza per la riproposizione del giudizio dinanzi al giudice ordinario.

Compensa le spese del doppio grado.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 18 maggio 2023 con l’intervento dei magistrati:

Gerardo Mastrandrea, Presidente

Luca Monteferrante, Consigliere, Estensore

Fabrizio Di Rubbo, Consigliere

Ofelia Fratamico, Consigliere

Paolo Marotta, Consigliere

L’ESTENSORE
Luca Monteferrante

IL PRESIDENTE
Gerardo Mastrandrea

IL SEGRETARIO

 

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