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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Diritto urbanistico - edilizia Numero: 13696 | Data di udienza: 26 Maggio 2023

DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Ordinanza di ingiunzione della demolizione – Mancata ottemperanza – Effetto automatico – Acquisizione gratuita al patrimonio comunale – Natura meramente dichiarativa – Contenuto essenziale ordinanza demolizione – Analitica indicazione opere realizzate abusivamente – Funzione tipica del provvedimento – Rimozione opere abusive – assenza indicazione area di sedime da acquisire – Non rappresenta causa di illegittimità dell’ingiunzione (Massima a cura di Ilaria Genuessi)


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 2^ stralcio
Regione: Lazio
Città: Roma
Data di pubblicazione: 11 Settembre 2023
Numero: 13696
Data di udienza: 26 Maggio 2023
Presidente: Scala
Estensore: Vallorani


Premassima

DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Ordinanza di ingiunzione della demolizione – Mancata ottemperanza – Effetto automatico – Acquisizione gratuita al patrimonio comunale – Natura meramente dichiarativa – Contenuto essenziale ordinanza demolizione – Analitica indicazione opere realizzate abusivamente – Funzione tipica del provvedimento – Rimozione opere abusive – assenza indicazione area di sedime da acquisire – Non rappresenta causa di illegittimità dell’ingiunzione (Massima a cura di Ilaria Genuessi)



Massima

TAR LAZIO, Roma, Sez. 2^ stralcio – 11 settembre 2023, n. 13696

DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Ordinanza di ingiunzione della demolizione – Mancata ottemperanza – Effetto automatico – Acquisizione gratuita al patrimonio comunale – Natura meramente dichiarativa – Contenuto essenziale ordinanza demolizione – Analitica indicazione opere realizzate abusivamente – Funzione tipica del provvedimento – Rimozione opere abusive – assenza indicazione area di sedime da acquisire – Non rappresenta causa di illegittimità dell’ingiunzione.

L’acquisizione gratuita al patrimonio comunale dell’immobile abusivo, del sedime e della relativa area di pertinenza rappresenta un effetto automatico della mancata ottemperanza alla ordinanza di ingiunzione della demolizione; pertanto, l’atto ha natura meramente dichiarativa e non implica scelte dell’amministrazione connotate da discrezionalità. Ne consegue che, una volta avveratisi i predetti presupposti, non incombe in capo all’amministrazione un peculiare obbligo di motivazione in ordine alla misura della acquisizione. Con specifico riguardo agli elementi che devono essere presenti nell’ordinanza di demolizione, al fine di stabilirne la legittimità, ritiene il Collegio che sia necessaria e sufficiente l’analitica indicazione delle opere abusivamente realizzate, in modo di consentire al destinatario della sanzione di rimuoverle spontaneamente, dovendo il contenuto essenziale dell’ingiunzione stessa essere individuato in relazione alla funzione tipica del provvedimento che è quella di prescrivere la rimozione delle opere abusive; non rileva invece e non costituisce causa di illegittimità dell’ingiunzione a demolire la mancata o inesatta indicazione dell’area di sedime da acquisire nell’ipotesi di inottemperanza all’ordine di demolizione(1)

Pres. Scala, Est. Vallorani – P.L.C. (avv. Poli) c. Comune di Velletri (avv. Karbon)

 (1) Cfr., TAR Lazio, sez. II-quater, 18 luglio 2022, n. 10167.


Allegato


Titolo Completo

TAR LAZIO, Roma, Sez. 2^ stralcio - 11 settembre 2023, n. 13696

SENTENZA

 
 
 
 
 
 
 
 
 

 
 
 
 
 
 



REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Seconda Stralcio)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2951 del 2013, proposto da:

Pier Luigi Carta, rappresentato e difeso dall’avvocato Antonio Poli, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Comune di Velletri, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Lorella Karbon, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Andrea C. Maggisano in Roma, via C. Morin, 1;

per l’annullamento

della ordinanza del Comune di Velletri del 18.12.2012 n. 528 (prot. n. 32371) che ha ordinato al ricorrente la demolizione opere edilizie abusive.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Velletri;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l’art. 87, comma 4-bis, cod.proc.amm.;

Relatore all’udienza straordinaria di smaltimento dell’arretrato del giorno 26 maggio 2023 il dott. Claudio Vallorani e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

FATTO e DIRITTO

In data 28.8.2012, con nota prot. n. 4876, perveniva al Settore Edilizia Privata del Comune di Velletri il verbale di accertamento di abuso edilizio n. 38/12, corredato dalla relativa relazione tecnica, redatto dagli agenti del locale Comando di Polizia Municipale nei confronti dei signori Carta Pier Luigi e Galluzzo Giuseppina, per la realizzazione di una casa di abitazione, in assenza di permesso di costruire e nulla osta ambientale, nel territorio del Comune di Velletri, in Via dei Corsi (immobile distinto in Catasto al Foglio n. 28, particella n. 685 ex particella n. 205).

Per la medesima costruzione era stata già presentata al Comune di Velletri una richiesta di sanatoria ai sensi della L. 326/03.

In data 10.9.2012 con nota prot. 23426 l’ente comunale comunicava ai signori Carta Pier Luigi e Galluzzo Giuseppina l’avvio del procedimento conseguente al suddetto verbale di accertamento dell’abuso edilizio.

Nelle more interveniva il provvedimento prot. n. 435 dell’1.10.2013 del competente Ufficio comunale recante il diniego di rilascio del permesso di costruire in sanatoria ai sensi della L. 326/03, a suo tempo richiesto dagli odierni ricorrenti.

Seguiva in data 18.12.2012 l’ingiunzione di demolizione n. 528 (prot. n. 32371) emessa a carico dei signori Carta Pier Luigi e Galluzzo Giuseppina (compriprietari) con la quale, constatata la realizzazione del suddetto manufatto ad uso abitativo in assenza del necessario permesso di costruire, il Comune di Velletri ne ordinava, ai sensi dell’art. 31 T.U. n. 380 del 2001, la demolizione entro gg. 90 dalla notifica del provvedimento, con avvertenza che, decorso infruttuosamente il termine, il bene e l’area di sedime sarebbero state acquisite di diritto al patrimonio del Comune.

Avverso tale determinazione il proprietario è insorto dinnanzi a questo Tribunale amministrativo con ricorso depositato in data 29.3.2013, nel quale si articolano i seguenti motivi di gravame:

1) Violazione e falsa applicazione dell’art. 31 e mancata applicazione dell’art. 27 del d.P.R. 6 giugno 2001 n. 380: il ricorrente premette (e ammette) che l’opera eseguita sul suo terreno è soggetta ai vincoli di tutela e quindi ricade nelle aree di cui all’attuale Codice dei Beni Culturali (D.Lgs. 22 gennaio 2004 n. 42); per questo la procedura che avrebbe dovuto essere adottata dal Comune di Velletri non è quella di cui all’art. 31, commi 2 e 9 bis T.U. Edilizio, bensì quella di cui all’art. 27, comma 2, del d.P.R. 6 giugno 2001 n. 380; il presupposto della demolizione immediata, ai sensi del predetto art. 27, è duplice e si sostanzia: sotto il profilo urbanistico, nella sussistenza di uno specifico vincolo di inedificabilità totale o parziale; sotto quello edilizio, nella realizzazione di opere in assenza del necessario titolo abilitativo; di qui la dedotta illegittimità del provvedimento demolitorio per mancata applicazione dell’art. 27 cit. (con falsa applicazione dell’art. 31, norma che non sarebbe pertinente alla fattispecie);

2) Violazione e falsa applicazione dell’art. 31 d.P.R. n. 380/2001: l’ordinanza impugnata si pone in contrasto con l’art. 31, D.P.R. n. 380/2001, norma che prevede espressamente che il dirigente o il responsabile del competente Ufficio comunale debba indicare, nel provvedimento con cui viene ingiunta la demolizione, l’area che viene acquisita di diritto al patrimonio del Comune. Tale omissione ha impedito al proprietario di conoscere quale sarà l’entità della sanzione a suo danno e ha reso, quindi, illegittimo l’ordine demolitorio de quo; ha impedito inoltre la corretta prosecuzione dell’iter procedimentale.

Deduce, in altri termini, il ricorrente che, in assenza della puntuale individuazione dell’area destinata ad essere acquisita al patrimonio del Comune resistente (in caso di omessa demolizione dell’opera a cura e spese del proprietario), l’acquisizione di diritto non potrà verificarsi.

Si è costituito il Comune intimato depositando memoria corredata dai documenti afferenti all’accertamento dell’abuso edilizio oggetto di causa.

Con istanza del 25.6.2018 il ricorrente ha presentato istanza di fissazione dell’udienza confermando l’interesse alla decisione ai sensi dell’art. 82 c.p.a.

All’udienza del 26 maggio 2023, tenutasi mediante collegamento da remoto, ai sensi dell’art. 87, comma 4-bis, c.p.a., il ricorso è stato trattenuto in decisione.

Ad avviso di questo Collegio il ricorso è infondato e va, pertanto, respinto.

Il Collegio osserva, in primo luogo, che non vi è contestazione sulla consistenza delle opere realizzate che sono quelle descritte nella superiore narrativa.

La stessa parte ricorrente ammette in ricorso la presenza, all’interno del fondo distinto in Catasto al Foglio n. 28 particella n. 685, di “una casa di abitazione, costituita con due camere da letto, cucina-soggiorno e servizi. È altresì presente verso est un muro di confine realizzato con blocchi di tufo; verso il confine sud ovest dell’area utilizzata, è ubicato un impianto di depurazione.” (pag. 2 ricorso).

La descrizione della casa, insistente sul predetto terreno e realizzata in assenza del necessario permesso di costruire, coincide con quella contenuta nel provvedimento demolitorio impugnato, che si distingue soltanto per maggiore dettaglio, così descrivendo le opere:

“casa di abitazione, costituita da due camere da letto, cucina-soggiorno e servizi, realizzata con struttura portante in muratura e copertura in legno lamellare di abete con sovrastante manto di coppi alla romana. La costruzione ha le seguenti dimensioni ml 9,68 x 10,25 x hm 3,35 (volume mc. 332,39 circa) ed al momento della visita

abbisognava ancora di modeste opere di completamento interne. La struttura si eleva da una piastra in calcestruzzo di mq 225,75 circa, posta su muri in blocchi di tufo con altezza dal terreno di ml. 0,20/0,60. E’ altresì presente verso est un muro di confine realizzato in blocchi di tufo squadrati dello spessore di cm 30 per una altezza media di ml 0,90 ed una lunghezza di ml. 33,00 circa. Verso il confine sud/ovest dell’area utilizzata, è ubicato un impianto di depurazione delle acque reflue, apparentemente rispettoso delle normative vigenti”.

Siffatta struttura non poteva che richiedere, per poter essere legittimamente realizzata, il rilascio di apposito permesso di costruire.

Di ciò i ricorrenti sono apparsi da subito consapevoli avendo presentato al Comune di Velletri, in epoca molto risalente, la domanda n. 1188/B (13.12.2004) diretta ad ottenere, per l’immobile de quo, il permesso di costruire in sanatoria ai sensi della Legge n. 326/03, il quale è stato però negato dall’ente comunale con provvedimento di diniego n. 435 dell’1.10.2012 (circostanza di cui si dà atto anche nella ordinanza impugnata).

Con riguardo, poi, alla natura dell’abuso contestato, il manufatto in contestazione consiste in una vera e propria casa di abitazione la quale, per definizione, non può in alcun modo rientrare tra le fattispecie legali per le quali non è prescritto il titolo edilizio “forte” rappresentato dal permesso di costruire che, pacificamente, non è stato ottenuto dai proprietari (come era, invece, doveroso) prima della realizzazione dei manufatti in discorso.

Venendo all’esame del primo motivo, alla luce di quanto sopra esposto il Collegio non può che pervenire alla conclusione che il Comune resistente ha, nella specie, legittimamente applicato l’art. 31, comma 2, d.P.R. 06/06/2001, n. 380 a mente del quale 2. Il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale, accertata l’esecuzione di interventi in assenza di permesso, in totale difformità dal medesimo, ovvero con variazioni essenziali, determinate ai sensi dell’articolo 32, ingiunge al proprietario e al responsabile dell’abuso la rimozione o la demolizione, indicando nel provvedimento l’area che viene acquisita di diritto, ai sensi del comma 3.”.

Quanto all’applicabilità, all’abuso in questione, dell’art. 27 (anziché dell’art. 31) dello stesso d.P.R., poiché, per ammissione dello stesso ricorrente, si tratta di immobile vincolato ai sensi dell’abrogato Decreto Legislativo 29/10/1999 n. 490 e quindi, senza soluzione di continuità, ai sensi del D.Lgs 42/2004 (il quale richiede, per le opere realizzate su terreni sottoposti a vincolo paesaggistico, il necessario e preventivo rilascio di nulla osta da parte dell’ente tutore del vincolo), il Collegio osserva che, in realtà,

tale circostanza non esclude che l’immobile sia, nello stesso tempo, anche abusivo sul piano edilizio, in ragione della mancanza del necessario titolo abilitativo.

Pertanto, pur nella concorrenza dell’ulteriore profilo dell’illegittimità urbanistica per violazione del vincolo (che l’Amministrazione non ha ritenuto di considerare nella motivazione del proprio provvedimento), permane e non è stata in alcun modo sanata l’illegittimità costituita dall’esecuzione di un rilevante intervento edilizio in assenza di permesso di costruire, elemento di per sé sufficiente ai fini dell’adozione del provvedimento repressivo.

Con il secondo motivo, come sopra esposto, parte ricorrente lamenta che non è stata definita dall’ordinanza di demolizione l’area che sarebbe stata acquisita di diritto al patrimonio del Comune, in caso di mancata demolizione del manufatto abusivo, entro il termine di gg. 90 assegnato ai responsabili.

Il motivo non è fondato.

Come già osservato da questo TAR “l’acquisizione gratuita al patrimonio comunale dell’immobile abusivo, del sedime e della relativa area di pertinenza costituisce effetto automatico della mancata ottemperanza alla ordinanza di ingiunzione della demolizione, ha natura meramente dichiarativa e non implica scelte di tipo discrezionale, con la conseguenza che, ai fini della sua adozione, una volta avveratisi i suddetti presupposti, non incombe alla P.A. un peculiare obbligo di motivazione in ordine alla misura della acquisizione.

Peraltro, allo stato costituisce oggetto di impugnativa il provvedimento con cui è stato intimata la demolizione di opere, senza che, peraltro, sia contestato il presupposto del relativo potere esercitato dalla competente autorità comunale, id est, l’assenza di titolo edificatorio relativamente alle opere oggetto di ingiunzione.

Pertanto, avuto riguardo agli elementi che devono essere presenti nell’ordinanza di demolizione, al fine di stabilirne la legittimità, ritiene il Collegio che sia necessaria e

sufficiente l’analitica indicazione delle opere abusivamente realizzate, in modo di consentire al destinatario della sanzione di rimuoverle spontaneamente, dovendo il

contenuto essenziale dell’ingiunzione stessa essere individuato in relazione alla funzione tipica del provvedimento che è quella di prescrivere la rimozione delle opere abusive.

Non rileva, invece, ai predetti fini, la mancata o inesatta indicazione dell’area di sedime da acquisire nell’ipotesi di inottemperanza all’ordine di demolizione e non costituisce causa di illegittimità dell’ingiunzione a demolire, concernendo indicazioni riferibili al successivo ed autonomo atto di accertamento dell’inottemperanza e di acquisizione gratuita al patrimonio comunale, allo stato non necessarie” (TAR Lazio, II-quater, 18 luglio 2022, n. 10167).

Stante l’infondatezza di entrambi i motivi di gravame, il ricorso deve essere respinto.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Stralcio), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna il ricorrente alla refusione delle spese processuali in favore del Comune di Velletri che liquida in complessivi Euro 1.500,00 (millecinqucento/00), oltre Iva, Cassa

Avvocati e oneri tutti di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 26 maggio 2023 con l’intervento dei magistrati:

Donatella Scala, Presidente

Rita Tricarico, Consigliere

Claudio Vallorani, Consigliere, Estensore

L’ESTENSORE IL PRESIDENTE

Claudio Vallorani Donatella Scala

IL SEGRETARIO

 

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