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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Procedimento amministrativo, Pubblica amministrazione Numero: 3774 | Data di udienza: 8 Marzo 2024

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE – PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO – Conflitto di interessi – Definizione (Massima a cura di Laura Pergolizzi)


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 5^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 26 Aprile 2024
Numero: 3774
Data di udienza: 8 Marzo 2024
Presidente: De Nictolis
Estensore: Perrelli


Premassima

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE – PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO – Conflitto di interessi – Definizione (Massima a cura di Laura Pergolizzi)



Massima

CONSIGLIO DI STATO, Sez. 5^, 26 aprile 2024, n. 3774

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE – PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO – Conflitto di interessi – Definizione.

Le situazioni di conflitto d’interesse, nell’ambito dell’ordinamento pubblicistico, non sono tassative, ma devono essere valutate volta per volta, in relazione alla violazione dei principi di imparzialità e buon andamento sanciti dall’art. 97 Costituzione. Premesso che non esiste una definizione univoca e generale che preveda analiticamente tutte le ipotesi di tale fattispecie, il conflitto di interessi viene definito dalla giurisprudenza come la condizione che si verifica quando, all’interno di una pubblica amministrazione, lo svolgimento di una determinata attività sia affidato ad un funzionario che è contestualmente titolare di interessi personali o di terzi, la cui eventuale soddisfazione implichi necessariamente una riduzione del soddisfacimento dell’interesse dell’amministrazione.

(Conferma TAR Lombardia, Milano, n. 1438/2020) Pres. De Nictolis, Est. Perrelli – OMISSIS (avv.ti Ferraris e Perrini) c. Enac – Ente Nazionale Aviazione Civile (Avv. Stato)


Allegato


Titolo Completo

CONSIGLIO DI STATO, Sez. 5^, 26 aprile 2024, n. 3774

SENTENZA

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale omissis del 2021, proposto da -OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati Antonella Ferraris, Giovanna Perrini, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Enac – Ente Nazionale Aviazione Civile, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti

-OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituita in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, Milano, (sezione terza) n. 1438/2020, resa tra le parti.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Enac – Ente Nazionale Aviazione Civile;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 8 marzo 2024 il consigliere Marina Perrelli e viste le conclusioni come da verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1. L’appellante ha chiesto la riforma della sentenza del T.a.r. per la Lombardia, sede di Milano, sezione terza, n. 1438, depositata il 23 luglio 2020, con la quale è stato respinto il ricorso proposto avverso il provvedimento ENAC-PROT-OMISSIS- del 27 settembre 2019, recante la revoca dell’accettazione dello stesso quale “compliance monitoring manager” dell’operatore -OMISSIS-.

1.2. L’appellante deduce l’erroneità della sentenza impugnata:

1) per violazione e falsa applicazione degli articoli 6 bis della legge n. 241/1990 e 97 Costituzione nella parte in cui ha disatteso la lamentata violazione senza tenere nel debito conto che il responsabile del procedimento e pubblico ufficiale denunciante era il soggetto destinatario del comportamento minaccioso imputato all’appellante, nonché il destinatario della denuncia per calunnia presentata da quest’ultimo per quegli stessi fatti;

2) per insufficiente e erronea valutazione della documentazione agli atti poiché nella sentenza impugnata si fa riferimento ad una relazione a firma dei membri del team che hanno effettuato il sopralluogo del 2 settembre 2019, non prodotta in giudizio, mentre l’unico rapporto di audit allegato agli atti è il rapporto -OMISSIS- del 29 agosto 2019, nel quale manca qualsiasi riferimento al comportamento tenuto dall’odierno appellante;

3) per violazione degli articoli 115 e 116 c.p.c. e 2699 e 2700 c.c. poiché il giudice di primo grado avrebbe erroneamente fondato il proprio convincimento su una relazione mai prodotta in giudizio rispetto alla quale non avrebbe potuto pretendere di onerare l’appellante di querela di falso atteso che si tratta di documento del quale la stessa controparte non avrebbe inteso valersi, attesa la mancata produzione in giudizio;

4) per violazione degli articoli 115 e 116 c.p.c. sotto altro profilo nella parte in cui l’atto impugnato non è stato ritenuto annullabile per difetto di istruttoria, travisamento o erronea supposizione dei fatti, per inattendibilità delle valutazioni compiute dall’E.N.A.C., per illogicità e per arbitrarietà poiché l’avvio del procedimento di revoca dell’accettazione dell’appellante come “Compliance Monitoring Manager” si fonderebbe solo sul comportamento dello stesso che avrebbe impedito al team E.N.A.C. di “accedere all’organizzazione” e di operare le verifiche di competenza, circostanza che sarebbe stata smentita dalle deduzioni e dagli elementi probatori allegati e che non sarebbero stati correttamente valutati dal giudice di primo grado;

5) per violazione e falsa applicazione della norma ORO.GEN.210 del Regolamento CE n. 965/2012 perché la condotta addebitata all’appellante sarebbe inidonea a integrare il venire meno degli specifici requisiti, di natura prettamente tecnica, previsti nella detta normativa, rispendendo il Compliance Monitoring Manager, responsabile del Compliance Monitoring, direttamente all’Accountable Manager dell’organizzazione.

1.3. L’appellante ha, infine, reiterato la richiesta istruttoria, avanzata in primo grado e non accolta, relativa all’ammissione delle testimonianze orali in ordine alla vicenda fattuale sottesa al provvedimento impugnato.

2. L’Enac – Ente Nazionale Aviazione Civile si è costituito in giudizio ed ha concluso per il rigetto dell’appello, previa reiezione dell’istanza istruttoria.

3. Con dichiarazione, depositata in data 9 gennaio 2024, l’appellante ha ribadito la persistenza dell’interesse alla decisione dell’appello.

4. L’Ente appellato ha depositato in data 6 febbraio 2024 memoria ai sensi dell’art. 73 c.p.a., insistendo per il rigetto dell’appello.

5. All’udienza dell’8 marzo 2024 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

6. L’appello non è fondato e deve essere respinto per le seguenti ragioni.

7. Con il provvedimento impugnato in primo grado l’ENAC ha disposto la revoca dell’accettazione dell’appellante come compliance monitoring manager, risultando “definitivamente minato il rapporto fiduciario” posto alla base dell’accettazione.

Nel predetto provvedimento l’Ente appellato pone a fondamento della disposta revoca dell’accettazione: 1) l’atteggiamento “ostruzionistico” e “minaccioso” tenuto dall’appellante in occasione della visita del team ENAC di sorveglianza in data 2 settembre 2019; 2) la richiesta di ulteriori rinvii dell’audit fissato per i giorni del 2 e 3 settembre 2019, nonostante lo stesso fosse già stato posticipato a data successiva al 26 agosto 2019 su espressa richiesta di parte, nonché la PEC del 30 agosto 2019, a firma dell’accountable manager, che preannunciava la presenza di un avvocato, in luogo del responsible manager, per ricevere il team di sorveglianza presso la base di Masera; 3) le molteplici comunicazioni l’indisponibilità a supportare l’attività di sorveglianza dell’Ente, nonché “le reiterate asserzioni di discredito nei confronti del personale dell’Ente” e “sulle attività dei team, fatti oggetto di gravi accuse e di richieste di sostituzioni”.

8. Deve, in via preliminare, essere disattesa l’istanza istruttoria con la quale parte appellante ha reiterato la richiesta di ammissione delle prove orali sui capitoli articolati, concernenti la vicenda fattuale sottesa al provvedimento impugnato.

7.1. Al riguardo il Collegio osserva che i fatti su cui vertono i capitoli della prova testimoniale di cui è chiesta l’ammissione, così come il contenuto delle registrazioni, risultano acquisiti al presente giudizio attraverso il deposito degli atti del procedimento penale che è stato originato dalla vicenda.

Peraltro, la prova testimoniale nella forma scritta – unica ammessa nel processo amministrativo ai sensi dell’art. 63, comma 3, c.p.a. – nel caso di specie si sovrapporrebbe agli elementi fattuali che emergono dalla documentazione depositata da entrambe le parti, e non sarebbe dirimente attesa la pluralità di fatti posti a fondamento del provvedimento impugnato e che concorrono a supportarne la motivazione.

9. È infondata e va disattesa la prima censura con la quale l’appellante deduce l’erroneità della sentenza impugnata nella parte in cui ha escluso la violazione dell’articolo 6 bis della legge n. 241/1990, non potendosi ravvisare alcun conflitto di interesse laddove “il responsabile del procedimento, che rivesta anche qualifica di pubblico ufficiale, provveda doverosamente a denunciare, ai sensi dell’art. 331 cod. proc. pen., un fatto costituente reato perseguibile d’ufficio commesso dal potenziale destinatario del provvedimento finale allo scopo di ostacolare l’attività istruttoria (e di cui, quindi, il pubblico ufficiale sia venuto a conoscenza esercitando le sue funzioni). E’ infatti opinione del Collegio che la perseguibilità d’ufficio del reato e la doverosità della denuncia escludano l’insorgere di una situazione di conflitto di interesse, e ciò anche considerando che l’eventuale sottoposizione a procedimento penale del possibile destinatario del provvedimento finale dipende in questa ipotesi esclusivamente da decisioni che verranno prese dall’autorità giudiziaria nell’interesse esclusivo dello Stato alla repressione del reato denunciato senza che abbiano alcun rilievo gli interessi del pubblico ufficiale denunciante”.

9.1. Secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza amministrativa, le situazioni di conflitto d’interesse, nell’ambito dell’ordinamento pubblicistico, non sono tassative, ma devono essere valutate volta per volta, in relazione alla violazione dei principi di imparzialità e buon andamento sanciti dall’art. 97 Costituzione. Premesso che non esiste una definizione univoca e generale che preveda analiticamente tutte le ipotesi di tale fattispecie, il conflitto di interessi viene definito dalla giurisprudenza come la condizione che si verifica quando, all’interno di una pubblica amministrazione, lo svolgimento di una determinata attività sia affidato ad un funzionario che è contestualmente titolare di interessi personali o di terzi, la cui eventuale soddisfazione implichi necessariamente una riduzione del soddisfacimento dell’interesse dell’amministrazione (Cons. Stato, VI, 22 marzo 2022, n. 2069).

Nella configurazione di situazioni di conflitto di interessi vengono, quindi, in rilievo non solo casi in cui viene minata la regolarità dell’azione amministrativa, ma anche ipotesi in cui ad essere pregiudicata è l’immagine imparziale dell’amministrazione, dovendosi evitare e prevenire tutte le possibili situazioni di natura oggettiva che possano anche solo far dubitare che il componente dell’organo amministrativo non abbia una posizione di imparzialità rispetto all’attività che è chiamato a svolgere.

9.1. Applicando i predetti principi alla fattispecie in esame, il Collegio ritiene che condivisibilmente il giudice di primo grado abbia escluso l’esistenza di un conflitto di interessi, anche solo potenziale, del responsabile del procedimento sia perché lo stesso si è limitato a denunciare i fatti accaduti durante l’accesso del 2 settembre 2019, ai sensi dell’art. 331 c.p.p., all’autorità giudiziaria, rimettendo a quest’ultima la loro qualificazione giuridica e le correlate conseguenze, sia perché la revoca dell’accettazione del compliance monitoring manager è stata adottata dal Direttore della struttura, sulla base della valutazione di plurime circostanze e non della sola istruttoria svolta dal team di sorveglianza, a seguito dell’audit del 2 settembre 2019.

10. Sono infondate e vanno disattese anche la seconda e la terza censura, che possono essere tratte congiuntamente, essendo entrambe relative alla asserita insufficiente ed erronea valutazione da parte del giudice di primo grado della documentazione versata agli atti e, segnatamente, del riferimento ad una relazione a firma dei membri del team che hanno effettuato il sopralluogo del 2 settembre 2019 che non sarebbe stata prodotta in giudizio e che per tale motivo non avrebbe potuto formare oggetto di querela di falso.

10.1. Nella sentenza impugnata il giudice di primo grado afferma che “il provvedimento impugnato richiama infatti la relazione redatta dai membri del Team che hanno effettuato il sopralluogo del 2 settembre 2019 – che in quanto atto pubblico fa fede sino a querela di falso – dalla quale emergerebbe che gli stessi membri del Team sono stati costretti, al culmine dell’accesa discussione avuta con il ricorrente, ad allontanarsi dalla struttura a tutela della loro incolumità ed a rivolgersi alle forze dell’ordine”.

10.2. Dalla lettura del provvedimento impugnato si evince chiaramente che non viene richiamata alcuna specifica relazione dei componenti del team, bensì i comportamenti tenuti dall’appellante in occasione della visita del 2 settembre 2019 presso la base di Masera, comportamenti che hanno, peraltro, formato oggetto di contraddittorio attraverso la nota prot. n. -OMISSIS- del 6 settembre 2019, contenente la comunicazione di avvio del procedimento di revoca dell’accettazione come compliance monitoring manager.

Dalla documentazione prodotta si evince, altresì, che i predetti fatti sono stati oggetto:

a) della denuncia – querela sporta ai Carabinieri della Stazione di Crevoladossola dai componenti del team di sorveglianza dell’ENAC nella stessa data del 2 settembre 2019;

b) della denuncia – querela sporta nei confronti dei componenti del team dall’odierno appellante in data 4 ottobre 2019 presso la Procura della Repubblica di Verbania, denuncia querela alla quale è sono state allegate le registrazioni eseguite dai figli dell’appellante in occasione della visita presso la base di Masera e nella quale sono riportati ampi stralici della relativa trascrizione.

10.3. Dalla predetta documentazione e dagli ulteriori elementi di fatto richiamati nel provvedimento impugnato, ivi compresa l’interlocuzione tra la società e l’ENAC dei giorni 29 e 30 agosto 2019, emerge un quadro istruttorio completo posto a fondamento del provvedimento impugnato, correttamente valutato dal giudice nel suo complesso e rispetto al quale l’inciso nel quale viene richiamata la mancata proposizione della querela di falso non assume alcun valore dirimente ai fini della decisione.

11. Sono, infine, infondate e da disattendere anche la quarta e la quinta censura, che possono essere trattate congiuntamente, con le quali si lamenta l’erroneità della sentenza poiché il procedimento conclusosi con il provvedimento impugnato sarebbe stato avviato con specifico richiamo ai requisiti di cui al par. ORO.GEN.210 del Regolamento CE n. 965/2012, ritenuti non più sussistenti in capo all’appellante a causa del solo episodio del 2 settembre 2019 che oltre ad essere contestato nelle modalità di svolgimento, sarebbe comunque inidoneo a determinare il venire meno degli specifici requisiti, di natura prettamente tecnica, previsti nella normativa invocata.

11.1. Il Collegio ritiene di dover ribadire anche in relazione alle predette censure che il provvedimento gravato, come già evidenziato nel trattare le altre, si fonda su una pluralità di ragioni e non solo sull’episodio del 2 settembre 2019, come dimostra il contenuto della memoria difensiva del 16 settembre 2019, depositata dall’appellante a fronte della comunicazione di avvio del procedimento del 6 settembre 2019.

11.2. Quanto al venir meno dei requisiti in capo all’appellante, osserva il Collegio che il certificato di operatore aereo (COA) ha durata illimitata, ma è subordinato al rispetto di espliciti requisiti come indicato dal par. ORO.GEN.135, secondo cui: “ a) Il certificato dell’operatore rimane valido a condizione che: 1. l’operatore resti conforme ai requisiti pertinenti del regolamento (CE) n. 216/2008 e corrispondenti norme attuative, tenendo conto delle disposizioni relative al trattamento dei risultati, come viene specificato al punto ORO. GEN. 150; 2. l’autorità competente ottenga l’accesso all’operatore, come prevede il punto ORO. GEN. 140, per determinare il mantenimento della conformità ai requisiti pertinenti del regolamento (CE) n. 216/2008 e corrispondenti norme attuative”. Ne discende che l’operatore ha l’obbligo di consentire l’accesso all’autorità competente, come stabilisce il par. ORO.GEN.140 ai sensi del quale “Al fine di determinare la conformità ai pertinenti requisiti del regolamento (CE) n. 216/2008 e corrispondenti norme attuative, l’operatore concede l’accesso in ogni momento a qualsiasi struttura, aeromobile, documenti, dati, procedure o materiale inerente alle sue attività soggette a certificazione, autorizzazione SPO o dichiarazione, sia con contratto che senza, a chiunque sia autorizzato da una delle seguenti autorità: 1. l’autorità competente definita al punto ORO. GEN. 105; 2. l’autorità operante a norma delle disposizioni dei punti ARO. GEN. 300 d), ARO. GEN. 300 e) o ARO. RAMP”.

11.3. Alla luce delle predette disposizioni emerge in modo evidente che nella fattispecie in esame tale obbligo non è stato rispettato non solo in termini di consentire l’ingresso alle strutture, ma anche di permettere la verifica della sussistenza delle condizioni per il mantenimento di validità del Certificato di Operatore Aereo.

12. Per tutte le esposte ragioni l’appello deve essere respinto.

13. Le spese di lite seguono la soccombenza.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna l’appellante alla rifusione in favore dell’Ente appellato delle spese del presente grado, liquidate in complessivi euro 4.000,00, oltre accessori.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell’articolo 9, paragrafo 1, del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare l’appellante e la società -OMISSIS-.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 8 marzo 2024 con l’intervento dei magistrati:

Rosanna De Nictolis, Presidente

Giuseppina Luciana Barreca, Consigliere

Sara Raffaella Molinaro, Consigliere

Elena Quadri, Consigliere

Marina Perrelli, Consigliere, Estensore

L’ESTENSORE
Marina Perrelli

IL PRESIDENTE
Rosanna De Nictolis

IL SEGRETARIO

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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