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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Agricoltura e zootecnia Numero: C‑708/22 | Data di udienza:

AGRICOLTURA E ZOOTECNIA – Attività di pascolo – Concessione di prati permanenti di proprietà pubblica ad uso comune ad agricoltori – Pagamenti diretti agli agricoltori nell’ambito dei regimi di sostegno previsti dalla politica agricola comune – Condizioni di accesso al pagamento diretto agli agricoltori – Animali che devono appartenere all’azienda agricola propria degli agricoltori – Finanziamento, gestione e monitoraggio della politica agricola comune.


Provvedimento: SENTENZA
Sezione: 8^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 4 Luglio 2024
Numero: C‑708/22
Data di udienza:
Presidente: Piçarra
Estensore: Gavalec


Premassima

AGRICOLTURA E ZOOTECNIA – Attività di pascolo – Concessione di prati permanenti di proprietà pubblica ad uso comune ad agricoltori – Pagamenti diretti agli agricoltori nell’ambito dei regimi di sostegno previsti dalla politica agricola comune – Condizioni di accesso al pagamento diretto agli agricoltori – Animali che devono appartenere all’azienda agricola propria degli agricoltori – Finanziamento, gestione e monitoraggio della politica agricola comune.



Massima

CORTE DI GIUSTIZIA UE, Sez.8^, 4 luglio 2024, Sentenza n. C‑708/22

AGRICOLTURA E ZOOTECNIA – Attività di pascolo – Concessione di prati permanenti di proprietà pubblica ad uso comune ad agricoltori – Pagamenti diretti agli agricoltori nell’ambito dei regimi di sostegno previsti dalla politica agricola comune – Condizioni di accesso al pagamento diretto agli agricoltori – Animali che devono appartenere all’azienda agricola propria degli agricoltori – Finanziamento, gestione e monitoraggio della politica agricola comune.

L’articolo 4 e l’articolo 32, paragrafo 2, del regolamento (UE) n. 1307/2013, del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, recante norme sui pagamenti diretti agli agricoltori nell’ambito dei regimi di sostegno previsti dalla politica agricola comune e che abroga il regolamento (CE) n. 637/2008 del Consiglio e il regolamento (CE) n. 73/2009 del Consiglio, devono essere interpretati nel senso che: non ostano a una normativa nazionale che, al fine di evitare che siano create artificialmente le condizioni richieste per l’ottenimento di un aiuto in occasione della concessione di prati permanenti di proprietà pubblica ad uso comune ad agricoltori che non li utilizzano, esige che l’attività di pascolo su tali prati sia esercitata con animali appartenenti all’azienda propria dell’agricoltore richiedente l’aiuto. Mentre, l’articolo 60 del regolamento (UE) n. 1306/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, sul finanziamento, sulla gestione e sul monitoraggio della politica agricola comune e che abroga i regolamenti del Consiglio (CEE) n. 352/78, (CE) n. 165/94, (CE) n. 2799/98, (CE) n. 814/2000, (CE) n. 1290/2005 e (CE) n. 485/2008, deve essere interpretato nel senso che: non osta a una normativa nazionale che, al fine di evitare che siano create artificialmente le condizioni richieste per l’ottenimento di un aiuto in occasione della concessione di prati permanenti di proprietà pubblica ad uso comune ad agricoltori che non li utilizzano, esige che l’attività di pascolo su tali prati sia esercitata con animali appartenenti all’azienda propria dell’agricoltore richiedente l’aiuto. Anche, l’articolo 4, paragrafo 1, lettera c), punto ii), del regolamento n. 1307/2013 deve essere interpretato nel senso che: non osta a una normativa nazionale che esclude che l’attività di pascolo su un prato permanente di proprietà pubblica ad uso comune possa essere qualificata come attività di mantenimento di tali superfici in uno stato che le rende idonee al pascolo. Infine, l’articolo 4, paragrafo 1, lettere b) e c), del regolamento n. 1307/2013 deve essere interpretato nel senso che: non osta a una normativa nazionale in forza della quale una persona che è unicamente titolare di un diritto non esclusivo di pascolo su prati permanenti di proprietà pubblica ad uso comune e che cede tale diritto ad un allevatore terzo affinché quest’ultimo eserciti l’attività di pascolo con i propri animali, non esercita un’attività agricola ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera c), punto i), di tale regolamento, e non può essere considerata come gestore di tali prati ai fini dell’esercizio di un’attività di mantenimento di tale superficie in uno stato che la rende idonea al pascolo ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera c), punto ii), di detto regolamento.

Pres. Piçarra, Rel. Gavalec, Ric. IAsociación Española de Productores de Vacuno de Carne – Asoprovac c. dministración General del Estado


Allegato


Titolo Completo

CORTE DI GIUSTIZIA UE, Sez.8^, 04/07/2024, Sentenza n. C‑708/22

SENTENZA

SENTENZA DELLA CORTE (Ottava Sezione)

4 luglio 2024 

«Rinvio pregiudiziale – Pagamenti diretti agli agricoltori nell’ambito dei regimi di sostegno previsti dalla politica agricola comune – Finanziamento, gestione e monitoraggio della politica agricola comune – Prati permanenti di proprietà pubblica – Condizioni di accesso al pagamento diretto agli agricoltori – Animali che devono appartenere all’azienda agricola propria degli agricoltori»

Nella causa C‑708/22,

avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dal Tribunal Supremo (Corte suprema, Spagna), con decisione del 21 ottobre 2022, pervenuta in cancelleria il 16 novembre 2022, nel procedimento

Asociación Española de Productores de Vacuno de Carne – Asoprovac

contro

Administración General del Estado,

LA CORTE (Ottava Sezione),

composta da N. Piçarra, presidente di sezione, N. Jääskinen e M. Gavalec (relatore), giudici,

avvocato generale: J. Kokott

cancelliere: A. Calot Escobar

vista la fase scritta del procedimento,

considerate le osservazioni presentate:

– per l’Asociación Española de Productores de Vacuno de Carne – Asoprovac, da M.J. Marcén Castán, J.C. Martín Aranda, abogados, e J.M. Rico Maesso, procurador;

– per il governo spagnolo, da L. Aguilera Ruiz, in qualità di agente;

– per la Commissione europea, da A.C. Becker, C. Calvo Langdon e E. Sanfrutos Cano, in qualità di agenti,

vista la decisione, adottata dopo aver sentito l’avvocata generale, di giudicare la causa senza conclusioni,

ha pronunciato la seguente

Sentenza

1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione dell’articolo 4 e dell’articolo 32, paragrafo 2, del regolamento (UE) n. 1307/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, recante norme sui pagamenti diretti agli agricoltori nell’ambito dei regimi di sostegno previsti dalla politica agricola comune e che abroga il regolamento (CE) n. 637/2008 del Consiglio e il regolamento (CE) n. 73/2009 del Consiglio (GU 2013, L 347, pag. 608), nonché dell’articolo 60 del regolamento (UE) n. 1306/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, sul finanziamento, sulla gestione e sul monitoraggio della politica agricola comune e che abroga i regolamenti del Consiglio (CEE) n. 352/78, (CE) n. 165/94, (CE) n. 2799/98, (CE) n. 814/2000, (CE) n. 1290/2005 e (CE) n. 485/2008 (GU 2013, L 347, pag. 549).

2 Tale domanda è stata presentata nell’ambito di una controversia tra l’Asociación Española de Productores de Vacuno de Carne – Asoprovac, un’associazione spagnola di produttori di bovini da carne, e l’Administración General del Estado (amministrazione generale dello Stato, Spagna) in merito alla legittimità di un regio decreto che impone che sui prati permanenti di proprietà pubblica ad uso comune pascolino animali provenienti dall’azienda propria dell’agricoltore che ha richiesto il beneficio di un sostegno finanziario nell’ambito del regime di pagamento diretto per superficie.

Contesto normativo

Diritto dell’Unione

Regolamento n. 1306/2013

3 L’articolo 58, intitolato «Tutela degli interessi finanziari dell’Unione», del regolamento n. 1306/2013, abrogato dal regolamento (UE) 2021/2116 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 2 dicembre 2021, sul finanziamento, sulla gestione e sul monitoraggio della politica agricola comune e che abroga il regolamento (UE) n. 1306/2013 (GU 2021, L 435, pag. 187), ma applicabile ratione temporis al procedimento principale, al paragrafo 1, disponeva che:

«Gli Stati membri adottano, nell’ambito della [politica agricola comune (PAC)], le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative ed ogni altra misura necessaria per garantire l’efficace tutela degli interessi finanziari dell’Unione, in particolare allo scopo di:

a) accertare la legalità e la correttezza delle operazioni finanziate dai Fondi;

b) garantire una prevenzione efficace delle frodi, con particolare riferimento ai settori dove il rischio è più elevato, che fungerà da deterrente in considerazione dei costi e dei benefici e della proporzionalità delle misure;

c) prevenire, rilevare e perseguire le irregolarità e le frodi;

d) imporre sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive in conformità del diritto dell’Unione o, in sua mancanza, alla normativa nazionale e avviare procedimenti giudiziari a tal fine, se necessario;

e) recuperare i pagamenti indebiti, maggiorati di interessi, e avviare procedimenti giudiziari a tal fine, se necessario».

4 L’articolo 60 di tale regolamento, rubricato «Clausola di elusione», così recitava:

«Fatte salve disposizioni specifiche, i benefici previsti dalla legislazione settoriale agricola non sono concessi alle persone fisiche o giuridiche per le quali sia accertato che hanno creato artificialmente le condizioni richieste per l’ottenimento di tali benefici in contrasto con gli obiettivi di detta legislazione».

Regolamento n. 1307/2013

5 L’articolo 4, intitolato «Definizioni e relative disposizioni», del regolamento n. 1307/2013, abrogato dal regolamento (UE) 2021/2115 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 2 dicembre 2021, recante norme sul sostegno ai piani strategici che gli Stati membri devono redigere nell’ambito della politica agricola comune (piani strategici della PAC) e finanziati dal Fondo europeo agricolo di garanzia (FEAGA) e dal Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR) e che abroga i regolamenti (UE) n. 1305/2013 e (UE) n. 1307/2013 (GU 2021, L 435, pag. 1), ma applicabile ratione temporis al procedimento principale, così disponeva:

«1. Ai fini del presente regolamento si intende per:

(…)

b) “azienda”: tutte le unità usate per attività agricole e gestite da un agricoltore, situate nel territorio di uno stesso Stato membro;

c) “attività agricola”:

i) la produzione, l’allevamento o la coltivazione di prodotti agricoli, compresi la raccolta, la mungitura, l’allevamento e la custodia degli animali per fini agricoli,

ii) il mantenimento di una superficie agricola in uno stato che la rende idonea al pascolo o alla coltivazione senza interventi preparatori che vadano oltre il ricorso ai metodi e ai macchinari agricoli ordinari, in base a criteri definiti dagli Stati membri in virtù di un quadro stabilito dalla Commissione [europea], o

iii) lo svolgimento di un’attività minima, definita dagli Stati membri, sulle superfici agricole mantenute naturalmente in uno stato idoneo al pascolo o alla coltivazione;

(…)

e) “superficie agricola”: qualsiasi superficie occupata da seminativi, prati permanenti e pascoli permanenti, o colture permanenti;

(…)

2. Gli Stati membri:

a) stabiliscono i criteri che gli agricoltori devono soddisfare perché sia rispettato l’obbligo di mantenere una superficie agricola in uno stato idoneo al pascolo o alla coltivazione ai sensi del paragrafo 1, lettera c), punto ii);

b) se applicabile in uno Stato membro, definiscono le attività minime da svolgere sulle superfici agricole mantenute naturalmente in uno stato che le rende idonee al pascolo o alla coltivazione ai sensi del paragrafo 1, lettera c), punto iii);

(…)

3. Per assicurare la certezza del diritto alla Commissione è conferito il potere di adottare atti delegati (…) che stabiliscano:

a) il quadro all’interno del quale gli Stati membri devono stabilire i criteri che gli agricoltori sono tenuti a soddisfare al fine di rispettare l’obbligo di mantenere una superficie agricola in uno stato idoneo al pascolo o alla coltivazione ai sensi del paragrafo 1, lettera c), punto ii);

(…)».

6 L’articolo 32 di tale regolamento, intitolato «Attivazione dei diritti all’aiuto», ai paragrafi 1 e 2, sanciva quanto segue:

«1. Il sostegno nell’ambito del regime di pagamento di base è concesso agli agricoltori, tramite dichiarazione ai sensi dell’articolo 33, paragrafo 1, previa attivazione di un diritto all’aiuto per ettaro ammissibile nello Stato membro nel quale il diritto è stato assegnato. (…)

2. Ai fini del presente titolo, per “ettaro ammissibile” si intende:

a) qualsiasi superficie agricola dell’azienda, comprese le superfici che non erano in buone condizioni agronomiche al 30 giugno 2003 negli Stati membri che hanno aderito all’Unione il 1° maggio 2004 i quali avevano optato al momento dell’adesione a favore dell’applicazione del regime di pagamento unico per superficie, utilizzata per un’attività agricola o, qualora la superficie sia utilizzata anche per attività non agricole, sia utilizzata prevalentemente per attività agricole; (…)

(…)».

Regolamento delegato (UE) n. 639/2014

7 Il considerando 4 del regolamento delegato (UE) n. 639/2014 della Commissione, dell’11 marzo 2014, che integra il regolamento (UE) n. 1307/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio recante norme sui pagamenti diretti agli agricoltori nell’ambito dei regimi di sostegno previsti dalla politica agricola comune e che modifica l’allegato X di tale regolamento (GU 2014, L 181, pag. 1), abrogato dal regolamento delegato (UE) 2022/2529 della Commissione, del 17 ottobre 2022 (GU 2022, L 328, pag. 74), ma applicabile ratione temporis al procedimento principale, era formulato nei seguenti termini:

«In linea con la giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea, è opportuno precisare che gli Stati membri, nell’adottare le misure di esecuzione del diritto dell’Unione, devono esercitare il loro potere discrezionale nel rispetto di taluni principi, tra cui in particolare il principio di non discriminazione».

8 L’articolo 4 di tale regolamento delegato, intitolato «Quadro dei criteri di mantenimento della superficie agricola in uno stato idoneo al pascolo o alla coltivazione», così disponeva:

«1. Ai fini dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera c), punto ii), del regolamento (UE) n. 1307/2013, i criteri che gli agricoltori devono soddisfare per rispettare l’obbligo di mantenere la superficie agricola in uno stato idoneo al pascolo o alla coltivazione senza interventi preparatori che vadano oltre il ricorso ai metodi e ai macchinari agricoli ordinari sono stabiliti dagli Stati membri secondo una o entrambe le seguenti modalità:

a) gli Stati membri richiedono che l’agricoltore svolga almeno un’attività annuale. Ove giustificato per motivi ambientali, gli Stati membri possono decidere di riconoscere anche attività realizzate solo ogni secondo anno;

b) gli Stati membri definiscono le caratteristiche che la superficie agricola deve avere per poter essere considerata mantenuta in uno stato idoneo al pascolo o alla coltivazione.

2. Nello stabilire i criteri di cui al paragrafo 1 gli Stati membri possono distinguere tra diversi tipi di superfici agricole».

Diritto spagnolo

9 L’articolo 11, paragrafi 2 e 3, del Real Decreto 1075/2014, sobre la aplicación a partir de 2015 de los pagos directos a la agricultura y a la ganadería y otros regímenes de ayuda, así como sobre la gestión y control de los pagos directos y de los pagos al desarrollo rural (regio decreto n. 1075/2014 sull’applicazione a partire dal 2015 dei pagamenti diretti all’agricoltura e all’allevamento e di altri regimi di aiuto, nonché sulla gestione e il controllo dei pagamenti diretti e dei pagamenti per lo sviluppo rurale), del 19 dicembre 2014 (BOE n. 307, del 20 dicembre 2014, pag. 103644), come modificato dal Real Decreto 41/2021, por el que se establecen las disposiciones específicas para la aplicación en los años 2021 y 2022 de los Reales Decretos 1075/2014, 1076/2014, 1077/2014 y 1078/2014, todos ellos de 19 de diciembre, dictados para la aplicación en España de la Política Agrícola Común (regio decreto n. 41/2021 che stabilisce le disposizioni specifiche per l’applicazione negli anni 2021 e 2022 dei regi decreti n. 1075/2014, n. 1076/2014, n. 1077/2014 e n. 1078/2014, tutti del 19 dicembre 2014, per l’applicazione della politica agricola comune in Spagna), del 26 gennaio 2021 (BOE n. 23, del 27 gennaio 2021, pag. 7955), così disponeva:

«2. Per ogni particella o area recintata, il richiedente dichiara nella sua domanda di aiuto la coltivazione o l’uso a cui essi sono destinati oppure, ove necessario, indica se l’aerea recintata è sottoposta a lavori di mantenimento. Nella domanda è espressamente precisato se le aree di prato recintate sono destinate ad una produzione basata sul pascolo o, in caso di pascoli, sul pascolo o sulla falciatura, oppure solo al mantenimento basato sulle attività di cui all’allegato IV.

In caso di prati permanenti di proprietà pubblica utilizzati in comune, è autorizzata soltanto la produzione basata sul pascolo con animali provenienti dall’azienda del richiedente, ad esclusione degli animali delle amministrazioni proprietarie di detti prati, degli animali dei gestori incaricati dell’intermediazione nel mercato e degli animali degli allevatori che non provano di aver utilizzato il prato, a seconda dei casi, in conformità alle condizioni alle quali ai beneficiari di detto prato ne è stato accordato l’uso a titolo comunale, o alle condizioni, debitamente dimostrate nel titolo corrispondente, alle quali è stato autorizzato l’uso di detto prato come bene appartenente al demanio privato o pubblico. In determinate circostanze, le autorità competenti delle comunità autonome possono altresì autorizzare la produzione basata sulla falciatura dei pascoli di proprietà pubblica utilizzati in comune, a condizione che sia dimostrato che tale falciatura, ai fini dell’uso da parte del proprietario dell’azienda che chiede l’aiuto, rientri nell’attività agricola effettivamente esercitata da detto proprietario. Le attività di mantenimento elencate all’allegato IV non sono in alcun caso autorizzate.

3. Il richiedente, nella sua domanda, indica espressamente e con esattezza che le coltivazioni e gli usi, nonché le attività di mantenimento dichiarate, costituiscono il riflesso esatto e fedele della propria attività agricola. Se, in seguito ad un controllo amministrativo, in loco o di monitoraggio, effettuato dall’autorità competente, sia constatato che le coltivazioni o le attività consistenti nell’uso o nella manutenzione delle superfici non sono state realizzate, che le dichiarazioni sono false, inesatte o rese con negligenza e che, inoltre, tale mancanza di concordanza ha inciso sul rispetto dei requisiti relativi all’attività agricola sulle superfici in questione, l’autorità competente può ritenere che si tratti di un caso di creazione di condizioni artificiali per beneficiare dell’aiuto e quest’ultimo sarà assoggettato al regime sanzionatorio previsto all’articolo 102».

Procedimento principale e questioni pregiudiziali

10 L’Asoprovac ha proposto un ricorso dinanzi al Tribunal Supremo (Corte suprema, Spagna) volto all’annullamento del quinto paragrafo della prima disposizione finale del regio decreto n. 41/2021 che modifica l’articolo 11, paragrafi 2 e 3, del regio decreto n. 1075/2014.

11 A sostegno del suo ricorso, detta associazione ha, in particolare, fatto valere che il requisito secondo cui gli animali che pascolano sui prati permanenti di proprietà pubblica ad uso comune devono provenire dall’azienda del richiedente l’aiuto è nuovo e viola il regolamento n. 1307/2013 nonché il regolamento n. 1306/2013.

12 In primo luogo, l’articolo 11, paragrafi 2 e 3, del regio decreto n. 1075/2014, come modificato dal regio decreto n. 41/2021, violerebbe gli articoli 4 e 32 del regolamento n. 1307/2013, nonché l’articolo 4 del regolamento delegato n. 639/2014, per il motivo che lo Stato spagnolo stabilirebbe condizioni di ammissibilità agli aiuti diretti per superficie che si aggiungerebbero a quelle previste dalla normativa dell’Unione.

13 In secondo luogo, detta normativa nazionale violerebbe l’articolo 60 del regolamento n. 1306/2013, nonché la giurisprudenza della Corte relativa alla creazione artificiale di condizioni di accesso agli aiuti, in quanto istituirebbe una presunzione assoluta di frode ed escluderebbe dal beneficio di tali aiuti gli allevatori che praticano l’allevamento intensivo di bovini.

14 In terzo luogo, detta normativa nazionale stabilirebbe un trattamento discriminatorio tra gli allevatori che praticano l’allevamento intensivo di bovini sotto un duplice profilo. Da un lato, esisterebbe una prima discriminazione tra gli allevatori spagnoli e quelli che sono cittadini di un altro Stato membro dell’Unione. Dall’altro, ci sarebbe una seconda discriminazione in seno agli allevatori spagnoli stessi, a seconda che essi facciano pascolare i loro bovini su prati permanenti di proprietà pubblica ad uso comune o su prati privati.

15 In tali circostanze, il Tribunal Supremo (Corte suprema) ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:

«1) Se [l’]articol[o] 4 e [l’articolo] 32, paragrafo 2, del [regolamento n. 1307/2013] [nonché] l’articolo 60 del [regolamento n. 1306/2013], debbano essere interpretati nel senso che ostano ad una normativa nazionale come il Real Decreto 41/2021 (regio decreto n. 41/2021) che, al fine di evitare la creazione di condizioni artificiali nella concessione di prati permanenti di uso comune di proprietà pubblica a beneficiari che non li utilizzano, prevede che l’attività di pascolo sia consentita solo se viene svolta con animali della propria azienda.

2) Se l’articolo 60 del [regolamento n. 1306/2013], relativo alla creazione di condizioni artificiali per l’ottenimento di aiuti, debba essere interpretato nel senso che osta a una norma nazionale come il regio decreto n. 41/2021 che stabilisce una presunzione di creazione artificiale di condizioni per l’accesso agli aiuti nei casi in cui l’attività agricola di pascolo su prati permanenti di proprietà pubblica e di uso comune sia svolta con animali che non appartengono all’azienda del richiedente l’aiuto.

3) Se l’articolo 4, paragrafo 1, lettera c), del [regolamento n. 1307/2013] debba essere interpretato nel senso che osta a una norma nazionale come il Real Decreto 1075/2014 (…) [regio decreto n. 1075/2014 (…)] secondo cui il pascolo di superfici agricole non può essere classificato come un’attività di mantenimento di dette superfici in uno stato che le rende idonee al pascolo.

4) Se l’articolo 4, paragrafo 1, lettera c), d[el regolamento n. 1307/2013] debba essere interpretato nel senso che osta ad una normativa nazionale, quale il regio decreto n. 1075/2014 (…) secondo cui le persone titolari unicamente di un diritto non esclusivo di pascolo su fondi che non sono di loro proprietà e trasferiscono tale diritto ad un terzo affinché quest’ultimo utilizzi i prati per l’alimentazione del proprio bestiame non esercitano un’attività agricola di cui al punto i) di detto articolo 4, paragrafo 1, lettera c).

5) Se i paragrafi 1, lettera b), e 1, lettera c), del citato articolo 4, del [regolamento n. 1307/2013] debbano essere interpretati nel senso che ostano a una normativa nazionale come il regio decreto n. 1075/2014 (…) secondo cui le persone titolari unicamente di un diritto non esclusivo di pascolo su fondi di uso comune che non sono di loro proprietà non possono essere considerate gestori dei prati sui quali insiste detto diritto di pascolo ai fini dello svolgimento delle attività di mantenimento di tali superfici agricole in uno stato che le rende idonee al pascolo».

Sulle questioni pregiudiziali

Sulla prima questione

16 Con la sua prima questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 4 e l’articolo 32, paragrafo 2, del regolamento n. 1307/2013 debbano essere interpretati nel senso che ostano a una normativa nazionale che, al fine di evitare che siano create artificialmente le condizioni richieste per l’ottenimento di un aiuto in occasione della concessione di prati permanenti di proprietà pubblica ad uso comune ad agricoltori che non li utilizzano, esige che l’attività di pascolo su tali prati sia esercitata con animali appartenenti all’azienda dell’agricoltore richiedente l’aiuto.

17 In conformità all’articolo 32, paragrafo 1, del regolamento n. 1307/2013, il sostegno nell’ambito del regime di pagamento di base è concesso agli agricoltori, tramite dichiarazione ai sensi dell’articolo 33, paragrafo 1, di tale regolamento, previa attivazione di un diritto all’aiuto per «ettaro ammissibile» nello Stato membro nel quale il diritto è stato assegnato.

18 La nozione di «ettaro ammissibile», definita all’articolo 32, paragrafo 2, del summenzionato regolamento, comprende, in sostanza, qualsiasi superficie agricola dell’azienda utilizzata per un’attività agricola. Ne consegue che, un ettaro, per poter essere presentato a sostegno di una domanda volta ad ottenere un sostegno finanziario nell’ambito del regime di pagamento diretto previsto dal diritto dell’Unione, deve soddisfare tre condizioni, vale a dire costituire una superficie agricola sulla quale è esercitata un’attività agricola, che è collegata ad un’azienda.

19 A tal riguardo, occorre rilevare anzitutto che la nozione di «superficie agricola» è definita all’articolo 4, paragrafo 1, lettera e), del medesimo regolamento come qualsiasi superficie occupata da seminativi, prati permanenti e pascoli permanenti o colture permanenti.

20 Inoltre, l’articolo 4, paragrafo 1, lettera c), del regolamento n. 1307/2013 definisce la nozione di «attività agricola» come comprendente, in sostanza, tre tipi di attività, vale a dire, in primo luogo, la produzione, l’allevamento o la coltivazione di prodotti agricoli, compresi la raccolta, la mungitura, l’allevamento e la custodia degli animali per fini agricoli, in secondo luogo, il mantenimento di una superficie agricola in uno stato che la rende idonea al pascolo o alla coltivazione senza interventi preparatori che vadano oltre il ricorso ai metodi agricoli ordinari, in base a criteri definiti dagli Stati membri e, in terzo luogo, lo svolgimento di un’attività minima sulle superfici agricole mantenute naturalmente in uno stato idoneo al pascolo.

21 Pertanto, qualora l’agricoltore non eserciti sulla superficie agricola dichiarata alcuna delle tre attività menzionate all’articolo 4, paragrafo 1, lettera c), del regolamento n. 1307/2013, o eserciti solo un’attività insignificante su quest’ultima, non si può ritenere che egli vi eserciti un’attività agricola.

22 Tuttavia, tale disposizione non indica se tale attività agricola debba essere svolta dallo stesso agricoltore richiedente l’aiuto o se tale attività possa essere svolta da un terzo nell’ambito di una cessione di un diritto non esclusivo di pascolo su un prato permanente di proprietà pubblica e ad uso comune.

23 Infine, la nozione di «azienda» è definita all’articolo 4, paragrafo 1, lettera b), del regolamento n. 1307/2013 come costituita da tutte le unità usate per attività agricole e gestite da un agricoltore, situate nel territorio di uno stesso Stato membro.

24 La Corte ha in tal senso statuito che le unità di produzione gestite da un agricoltore includono non soltanto le superfici agricole ma anche gli animali utilizzati per il pascolo, purché detto agricoltore detenga su tali animali un potere di disposizione sufficiente ai fini dell’esercizio della sua attività agricola, circostanza che spetta al giudice nazionale competente valutare, tenuto conto di tutte le circostanze del caso di specie (v., in tal senso, sentenza del 7 aprile 2022, Avio Lucos, C‑176/20, EU:C:2022:274, punto 36).

25 La nozione di gestione non implica che l’agricoltore abbia facoltà di disporre senza limiti della superficie o degli animali interessati nell’ambito dello sfruttamento di questi ultimi per fini agricoli, ma suppone l’esistenza di un’autonomia sufficiente dell’agricoltore ai fini dell’esercizio della sua attività agricola (v., in tal senso, sentenze del 14 ottobre 2010, Landkreis Bad Dürkheim, C‑61/09, EU:C:2010:606, punti 61 e 62, nonché del 7 aprile 2022, Avio Lucos, C‑116/20, EU:C:2022:273, punto 49).

26 L’agricoltore deve essere, quindi, in grado di esercitare un certo potere decisionale nell’ambito dello sfruttamento della superficie di cui trattasi ai fini dell’esercizio da parte di quest’ultimo, su tale superficie, della sua attività agricola (sentenza del 7 aprile 2022, Avio Lucos, C‑116/20, EU:C:2022:273, punto 50 e giurisprudenza citata).

27 Pertanto, per poter beneficiare del regime di pagamento diretto previsto all’articolo 32 del regolamento n. 1307/2013, occorre che l’agricoltore eserciti sulla superficie agricola che egli dichiara a sostegno della sua domanda, un certo potere decisionale in merito all’uso della superficie in questione ai fini dell’esercizio della propria attività agricola. In tale contesto, la mera cessione ad un allevatore terzo di un diritto non esclusivo di pascolo su prati permanenti di proprietà pubblica e ad uso comune, senza alcun mantenimento di un potere decisionale dell’agricoltore richiedente l’aiuto sull’attività esercitata su tali prati con animali di un allevatore terzo, non può essere considerata, in quanto tale, un’«attività agricola» ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera c), di tale regolamento.

28 Nel caso di specie, dall’articolo 11, paragrafo 2, primo comma, del regio decreto n. 1075/2014, come modificato dal regio decreto n. 41/2021, risulta che il richiedente dichiara nella sua domanda di aiuto l’uso che egli destina all’aerea recintata o alla parcella dichiarata, ossia, più precisamente, in caso di prati, l’uso di pascolo. Il secondo comma di tale disposizione prevede, in sostanza che, in caso di prati permanenti di proprietà pubblica ad uso comune, è autorizzata, in linea di principio, soltanto l’attività di produzione basata sul pascolo con animali dell’azienda del richiedente.

29 Esigendo che l’attività di pascolo sia esercitata con animali appartenenti all’azienda del richiedente, non risulta che le autorità spagnole abbiano stabilito condizioni di ammissibilità ulteriori rispetto a quelle previste all’articolo 32, paragrafo 2, del regolamento n. 1307/2013, come enunciato al punto 18 della presente sentenza. Al contrario, tale requisito sembra rientrare nell’ambito della definizione di azienda, in quanto la normativa nazionale si limita a ricordare che il richiedente deve disporre di un potere di disposizione sufficiente sugli animali ai fini dell’esercizio della propria attività agricola, senza tuttavia imporre il godimento di un diritto di proprietà su questi ultimi.

30 Ciò detto, occorre osservare che, tenuto conto del margine di discrezionalità di cui essi dispongono nell’ambito di regimi di sostegno rientranti nella PAC, gli Stati membri devono, come risulta dalla giurisprudenza della Corte, esercitare detto margine di discrezionalità rispettando gli obiettivi perseguiti dalla normativa dell’Unione e i principi generali del diritto dell’Unione, in particolare il principio di proporzionalità, che esige che i mezzi approntati da una disposizione siano idonei a realizzare l’obiettivo perseguito e non vadano oltre quanto è necessario per raggiungerlo (v., in tal senso, sentenza del 7 aprile 2022, Avio Lucos, C‑176/20, EU:C:2022:274, punto 40 e 42).

31 A tal riguardo, e benché spetti al giudice del rinvio verificare se tale principio sia stato rispettato nell’ambito della normativa nazionale di cui trattasi nel procedimento principale, occorre rilevare che, come emerge sia dalle indicazioni del giudice del rinvio sia dalle osservazioni del governo spagnolo e della Commissione, tale requisito è stato imposto, da un lato, per lottare contro le pratiche abusive e le frodi e, dall’altro, per garantire un tenore di vita equo alla popolazione agricola. Infatti, tenuto conto della natura stessa dei prati in questione – vale a dire zone spesso montane sulle quali possono pascolare animali appartenenti a diverse aziende e sulle quali questi ultimi possono spostarsi liberamente – sarebbe particolarmente difficile non solo assicurarsi dell’effettività del pascolo, ma soprattutto verificare quali agricoltori esercitino effettivamente un’attività agricola di pascolo su tali prati permanenti di proprietà pubblica ad uso comune.

32 Nel caso di specie, detti due obiettivi corrispondono a quelli perseguiti dalla normativa dell’Unione. Da un lato, l’articolo 39, paragrafo 1, lettera b), TFUE enuncia che i regimi di sostegno della PAC forniscono un aiuto diretto al reddito, che ha la finalità di assicurare un tenore di vita equo alla popolazione agricola, grazie in particolare al miglioramento del reddito individuale di coloro che lavorano nell’agricoltura.

33 Dall’altro lato, come rilevato dal governo spagnolo e dalla Commissione nelle loro osservazioni scritte, tale normativa nazionale è stata adottata al fine di attuare l’articolo 58, paragrafo 1, del regolamento n. 1306/2013, che autorizza gli Stati membri ad adottare le misure legislative, regolamentari e amministrative necessarie per garantire l’efficace tutela degli interessi finanziari dell’Unione e, più in particolare, allo scopo di accertare la legalità e la correttezza delle operazioni finanziate dai Fondi dell’Unione nonché garantire una prevenzione efficace della frodi, in particolare nei settori dove il rischio è più elevato.

34 Per quanto riguarda l’idoneità della normativa nazionale di cui trattasi nel procedimento principale a conseguire tali obiettivi, è sufficiente constatare, fatte salve le verifiche che spetta al giudice del rinvio effettuare, che essa sembra idonea a realizzarli, poiché mira, come risulta dal punto 31 della presente sentenza, ad assicurare l’esercizio effettivo di un’attività agricola di pascolo su tali prati permanenti di proprietà pubblica ad uso comune.

35 Il requisito di cui al punto 29 della presente sentenza non sembra nemmeno andare oltre a quanto è necessario per raggiungere detti obiettivi, circostanza che spetta al giudice del rinvio verificare, in quanto esso si limita ad esigere che l’attività agricola di pascolo sui prati permanenti di proprietà pubblica ad uso comune sia effettuata con animali dell’azienda del richiedente, senza tuttavia esigere che quest’ultimo detenga un diritto di proprietà su tali animali.

36 Alla luce dei motivi che precedono, occorre rispondere alla prima questione dichiarando che l’articolo 4 e l’articolo 32, paragrafo 2, del regolamento n. 1307/2013 devono essere interpretati nel senso che non ostano a una normativa nazionale che, al fine di evitare che siano create artificialmente le condizioni richieste per l’ottenimento di un aiuto in occasione della concessione di prati permanenti di proprietà pubblica ad uso comune ad agricoltori che non li utilizzano, esige che l’attività di pascolo su tali prati sia esercitata con animali appartenenti all’azienda propria dell’agricoltore richiedente l’aiuto.

Sulla seconda questione

37 Con la sua seconda questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 60 del regolamento n. 1306/2013 debba essere interpretato nel senso che osta a una normativa nazionale che, al fine di evitare che siano create artificialmente le condizioni richieste per l’ottenimento di un aiuto in occasione della concessione di prati permanenti di proprietà pubblica ad uso comune ad agricoltori che non li utilizzano, esige che l’attività di pascolo su tali prati sia esercitata con animali appartenenti all’azienda dell’agricoltore richiedente l’aiuto.

38 Ai sensi dell’articolo 60 di tale regolamento, fatte salve disposizioni specifiche, i benefici previsti dalla legislazione settoriale agricola non sono concessi alle persone fisiche o giuridiche per le quali sia accertato che hanno creato artificialmente le condizioni richieste per l’ottenimento di tali benefici, in contrasto con gli obiettivi di detta legislazione.

39 Alla luce di tale tenore letterale, l’articolo 60 di detto regolamento costituisce, in sostanza, una ripetizione delle disposizioni anteriori, che effettuano la codificazione di una giurisprudenza esistente secondo cui i singoli non possono avvalersi fraudolentemente o abusivamente delle norme dell’Unione (v., in tal senso, sentenze del 7 aprile 2022, Avio Lucos, C‑176/20, EU:C:2022:274, punto 68, nonché del 9 febbraio 2023, Druvnieks, C‑668/21, EU:C:2023:82, punto 31).

40 Infatti, secondo costante giurisprudenza, l’applicazione dei regolamenti dell’Unione non può estendersi fino a comprendere pratiche abusive di operatori economici (sentenza del 7 aprile 2022, Avio Lucos, C‑176/20, EU:C:2022:274, punto 69 e giurisprudenza citata).

41 Orbene, la Corte ha già avuto modo di dichiarare che la prova di una prassi abusiva in capo al beneficiario potenziale di un aiuto richiede, da una parte, un insieme di circostanze oggettive dalle quali risulti che, nonostante il rispetto formale delle condizioni previste dalla normativa pertinente, l’obiettivo perseguito da tale normativa non è stato raggiunto e, dall’altra, un elemento soggettivo consistente nella volontà di ottenere un vantaggio derivante dalla normativa dell’Unione mediante la creazione artificiosa delle condizioni necessarie per il suo ottenimento (sentenza del 7 aprile 2022, Avio Lucos, C‑176/20, EU:C:2022:274, punto 70 e giurisprudenza citata).

42 La Corte ha del resto precisato che spetta al giudice nazionale stabilire l’esistenza dei due detti elementi, la cui prova deve essere fornita conformemente alle norme del diritto nazionale, purché ciò non pregiudichi l’efficacia del diritto dell’Unione (sentenza del 7 aprile 2022, Avio Lucos, C‑176/20, EU:C:2022:274, punto 71 e giurisprudenza citata).

43 Ne consegue che sarebbe contraria all’articolo 60 del regolamento n. 1306/2013 una normativa nazionale che stabilisca, in modo generale e al di fuori di qualsiasi valutazione delle circostanze concrete, una presunzione di creazione artificiale di condizioni di accesso agli aiuti nel caso in cui l’attività agricola di pascolo su prati permanenti di proprietà pubblica ad uso comune sia esercitata con animali che non appartengono all’azienda del richiedente l’aiuto.

44 Orbene, nel caso di specie, fatte salve le verifiche da parte del giudice del rinvio, la normativa nazionale di cui trattasi nel procedimento principale non stabilisce una presunzione di creazione artificiale di condizioni di accesso agli aiuti prevista all’articolo 60.

45 Infatti, come emerge dalla decisione di rinvio, l’articolo 11, paragrafo 2, primo comma, del regio decreto n. 1075/2014, come modificato dal regio decreto n. 41/2021, prevede, in sostanza, che il richiedente dichiara nella sua domanda di aiuto l’uso al quale egli destina l’area recintata o la parcella dichiarata, ossia, più precisamente, in caso di prati, l’uso di pascolo. L’articolo 11, paragrafo 2, secondo comma, di tale regio decreto prevede, in sostanza che, in caso di prati permanenti di proprietà pubblica ad uso comune, è autorizzata, in linea di principio, soltanto l’attività di produzione basata sul pascolo con animali dell’azienda del richiedente. Lo stesso articolo 11, al paragrafo 3, lascia all’autorità amministrativa competente il compito di valutare, in circostanze concrete, se una dichiarazione sia falsa, inesatta o resa con negligenza, e se tale mancanza di concordanza abbia inciso sul rispetto dei requisiti relativi all’attività agricola sulle superfici in questione, in modo tale che essa possa ritenere che si tratti di un caso di creazione artificiale di condizioni di accesso all’aiuto.

46 Come ricordato al punto 33 della presente sentenza, detta normativa è stata adottata nell’ambito dell’attuazione dell’articolo 58, paragrafo 1, di tale regolamento, il quale autorizza gli Stati membri ad adottare, nell’ambito della PAC, le misure legislative, regolamentari o amministrative necessarie per garantire una tutela efficace degli interessi finanziari dell’Unione e, più in particolare, allo scopo di accertare la legalità e la correttezza delle operazioni finanziate dai Fondi, nonché garantire una prevenzione efficace delle frodi, in particolare nei settori dove il rischio è più elevato.

47 Alla luce dei motivi che precedono, occorre rispondere alla seconda questione dichiarando che l’articolo 60 del regolamento n. 1306/2013 deve essere interpretato nel senso che non osta a una normativa nazionale che, al fine di evitare che siano create artificialmente le condizioni richieste per l’ottenimento di un aiuto in occasione della concessione di prati permanenti di proprietà pubblica ad uso comune ad agricoltori che non li utilizzano, esige che l’attività di pascolo su tali prati sia esercitata con animali appartenenti all’azienda propria dell’agricoltore richiedente l’aiuto.

Sulla terza questione

48 Con la sua terza questione, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 4, paragrafo 1, lettera c), del regolamento n. 1307/2013 debba essere interpretato nel senso che osta a una normativa nazionale che esclude che l’attività di pascolo su un prato permanente di proprietà pubblica ad uso comune possa essere qualificata come attività di mantenimento di tali superfici in uno stato che le rende idonee al pascolo.

49 A tal riguardo, occorre rilevare che il giudice del rinvio si interroga in merito al punto ii) di tale disposizione che prevede, in sostanza, che la nozione di «attività agricola» comprende il mantenimento di una superficie agricola in uno stato che la rende idonea al pascolo senza interventi preparatori che vadano oltre il ricorso ai metodi agricoli ordinari, in base a criteri definiti dagli Stati membri in virtù di un quadro stabilito dalla Commissione.

50 L’articolo 4, paragrafo 1, lettera c), punto ii), del regolamento n. 1307/2013 deve essere letto in combinato disposto con l’articolo 4, paragrafo 2, lettera a), dello stesso, il quale enuncia che gli Stati membri stabiliscono i criteri che gli agricoltori devono soddisfare perché sia rispettato l’obbligo di mantenere una superficie agricola in uno stato idoneo al pascolo o alla coltivazione.

51 Poiché l’attività di mantenimento non è definita né in tali disposizioni né in nessun’altra disposizione di tale regolamento, gli Stati membri dispongono di un margine di discrezionalità per stabilire i criteri relativi al mantenimento di una superficie agricola in uno stato che la rende idonea al pascolo.

52 Quanto alla questione se tale margine di discrezionalità includa la possibilità, per uno Stato membro, di non considerare, nella sua normativa nazionale, l’attività di pascolo di superfici agricole come un’attività di mantenimento di tali superfici in uno stato che le rende idonee al pascolo, occorre rilevare altresì che l’articolo 4, paragrafo 3, lettera a), del regolamento n. 1307/2013 dispone che, per assicurare la certezza del diritto, alla Commissione è conferito il potere di adottare atti delegati che stabiliscano il quadro all’interno del quale gli Stati membri devono stabilire i criteri che gli agricoltori sono tenuti a soddisfare al fine di rispettare l’obbligo di mantenere una superficie agricola in uno stato idoneo al pascolo.

53 Orbene, il regolamento delegato n. 639/2014, adottato a tal fine, pur enunciando al considerando 4 che gli Stati membri, nell’adottare le misure di esecuzione del diritto dell’Unione, devono esercitare il loro potere discrezionale nel rispetto, in particolare, del principio di non discriminazione, si limita a prevedere, all’articolo 4, paragrafo 1, che gli Stati membri definiscono i criteri che gli agricoltori devono soddisfare per rispettare l’obbligo di mantenere la superficie agricola in uno stato idoneo al pascolo o alla coltivazione senza interventi preparatori che vadano oltre il ricorso ai metodi e ai macchinari agricoli ordinari, secondo una o entrambe le seguenti modalità, vale a dire, in sostanza, richiedendo che l’agricoltore svolga almeno un’attività annuale e/o definendo le caratteristiche che la superficie agricola deve avere per poter essere considerata mantenuta in uno stato idoneo al pascolo o alla coltivazione. Il paragrafo 2 di tale articolo prevede che, nello stabilire tali criteri, gli Stati membri possono distinguere tra diversi tipi di superfici agricole.

54 Ne consegue che, sebbene l’attività di mantenimento debba, in linea di principio, essere esercitata dall’agricoltore su una data superficie agricola almeno una volta all’anno, l’articolo 4 del regolamento delegato n. 639/2014 non vieta a uno Stato membro di escludere che l’attività di pascolo su un prato permanente di proprietà pubblica ad uso comune possa essere qualificata come attività di mantenimento di tali superfici in uno stato che le rende idonee al pascolo.

55 Tale interpretazione è coerente con l’obiettivo ricordato al punto 33 della presente sentenza, che consiste nel tutelare gli interessi finanziari dell’Unione lottando contro le irregolarità e le frodi. Infatti, tenuto conto della natura stessa dei prati di cui trattasi, menzionata al punto 31 della presente sentenza – vale a dire zone spesso montane sulle quali possono pascolare animali di diverse aziende e sulle quali questi ultimi possono spostarsi liberamente – sarebbe particolarmente difficile, se non impossibile, verificare su uno stesso prato permanente di proprietà pubblica ad uso comune, quali agricoltori esercitino effettivamente un’attività di pascolo di produzione e quali un’attività di mantenimento di tali superfici in uno stato che le rende idonee al pascolo, poiché queste due attività sarebbero sostanzialmente identiche.

56 Alla luce dei motivi che precedono, l’articolo 4, paragrafo 1, lettera c), punto ii), del regolamento n. 1307/2013 deve essere interpretato nel senso che non osta a una normativa nazionale che esclude che l’attività di pascolo su un prato permanente di proprietà pubblica ad uso comune possa essere qualificata come attività di mantenimento di tali superfici in uno stato che le rende idonee al pascolo.

Sulla quarta e quinta questione

57 Con la sua quarta e quinta questione, che occorre esaminare congiuntamente, il giudice del rinvio chiede, in sostanza, se l’articolo 4, paragrafo 1, lettere b) e c), del regolamento n. 1307/2013 debba essere interpretato nel senso che osta a una normativa nazionale in forza della quale una persona che è unicamente titolare di un diritto non esclusivo di pascolo su prati permanenti di proprietà pubblica ad uso comune e che cede tale diritto ad un allevatore terzo affinché quest’ultimo eserciti l’attività di pascolo con i propri animali, non esercita un’attività agricola ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera c), punto i), di tale regolamento, e non può essere considerata come gestore di tali prati ai fini dell’esercizio di un’attività di mantenimento di tale superficie in uno stato che la rende idonea al pascolo ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera c), punto ii), di detto regolamento.

58 In primo luogo, ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera c), punto i), del regolamento n. 1307/2013, la nozione di «attività agricola» comprende la produzione, l’allevamento o la coltivazione di prodotti agricoli, compresi la mungitura, l’allevamento e la custodia degli animali per fini agricoli.

59 Ne consegue che tale disposizione non esclude espressamente dalla nozione di «attività agricola» la cessione di un diritto non esclusivo di pascolo su prati permanenti di proprietà pubblica ad uso comune ad un allevatore terzo affinché quest’ultimo eserciti l’attività di pascolo con i propri animali.

60 Tuttavia, e come ricordato al punto 27 della presente sentenza, per poter beneficiare del regime di pagamento diretto previsto all’articolo 32 del regolamento n. 1307/2013, occorre che l’agricoltore eserciti sulla superficie agricola che egli dichiara a sostegno della sua domanda un certo potere decisionale in merito all’uso della superficie in questione ai fini dell’esercizio della propria attività agricola, il che implica che egli disponga di un potere di disposizione nonché di un’autonomia sufficienti ai fini dell’esercizio della propria attività agricola.

61 Pertanto, la cessione ad un allevatore terzo di un diritto non esclusivo di pascolo su prati permanenti di proprietà pubblica e ad uso comune, senza alcun mantenimento di un potere decisionale dell’agricoltore richiedente l’aiuto sull’attività esercitata su tali prati con animali dell’allevatore terzo, non può essere considerata come un’«attività agricola» ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera c), di tale regolamento.

62 In secondo luogo, dall’articolo 4, paragrafo 1, lettera c), punto ii), del regolamento n. 1307/2013 risulta che la nozione di «attività agricola» comprende l’attività di mantenimento di una superficie agricola in uno stato che la rende idonea al pascolo in base a criteri definiti dagli Stati membri in virtù di un quadro stabilito dalla Commissione.

63 Tuttavia tale disposizione non esclude espressamente dalla nozione di «attività agricola» la cessione di un diritto non esclusivo di pascolo su prati permanenti di proprietà pubblica ad uso comune ad un allevatore terzo affinché quest’ultimo eserciti l’attività di pascolo con i propri animali.

64 Tuttavia, come ricordato al punto 18 della presente sentenza, tale attività deve essere esercitata nell’ambito di un’azienda, il che implica che l’agricoltore cedente detenga un potere di disposizione sufficiente sugli animali ai fini dell’esercizio della propria attività agricola.

65 Orbene, dalle indicazioni del giudice del rinvio non risulta che la cessione di un diritto non esclusivo di pascolo su tali prati sia accompagnata da norme in forza delle quali viene mantenuto, in capo all’agricoltore cedente, un potere di disposizione sufficiente sull’attività di pascolo e sugli animali dell’allevatore terzo, che consenta di valutare se tale agricoltore eserciti un’attività di mantenimento di una superficie agricola in uno stato che la rende idonea al pascolo.

66 Alla luce dei motivi che precedono, occorre rispondere alla quarta e quinta questione dichiarando che l’articolo 4, paragrafo 1, lettere b) e c), del regolamento n. 1307/2013 deve essere interpretato nel senso che non osta a una normativa nazionale in forza della quale una persona che è unicamente titolare di un diritto non esclusivo di pascolo su prati permanenti di proprietà pubblica ad uso comune e che cede tale diritto ad un allevatore terzo affinché quest’ultimo eserciti l’attività di pascolo con i propri animali, non esercita un’attività agricola ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera c), punto i), di tale regolamento, e non può essere considerata come gestore di tali prati ai fini dell’esercizio di un’attività di mantenimento di tale superficie in uno stato che la rende idonea al pascolo ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera c), punto ii), di detto regolamento.

Sulle spese

67 Nei confronti delle parti nel procedimento principale la presente causa costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.

Per questi motivi, la Corte (Ottava Sezione) dichiara:

1) L’articolo 4 e l’articolo 32, paragrafo 2, del regolamento (UE) n. 1307/2013, del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, recante norme sui pagamenti diretti agli agricoltori nell’ambito dei regimi di sostegno previsti dalla politica agricola comune e che abroga il regolamento (CE) n. 637/2008 del Consiglio e il regolamento (CE) n. 73/2009 del Consiglio,

devono essere interpretati nel senso che:

non ostano a una normativa nazionale che, al fine di evitare che siano create artificialmente le condizioni richieste per l’ottenimento di un aiuto in occasione della concessione di prati permanenti di proprietà pubblica ad uso comune ad agricoltori che non li utilizzano, esige che l’attività di pascolo su tali prati sia esercitata con animali appartenenti all’azienda propria dell’agricoltore richiedente l’aiuto.

2) L’articolo 60 del regolamento (UE) n. 1306/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, sul finanziamento, sulla gestione e sul monitoraggio della politica agricola comune e che abroga i regolamenti del Consiglio (CEE) n. 352/78, (CE) n. 165/94, (CE) n. 2799/98, (CE) n. 814/2000, (CE) n. 1290/2005 e (CE) n. 485/2008,

deve essere interpretato nel senso che:

non osta a una normativa nazionale che, al fine di evitare che siano create artificialmente le condizioni richieste per l’ottenimento di un aiuto in occasione della concessione di prati permanenti di proprietà pubblica ad uso comune ad agricoltori che non li utilizzano, esige che l’attività di pascolo su tali prati sia esercitata con animali appartenenti all’azienda propria dell’agricoltore richiedente l’aiuto.

3) L’articolo 4, paragrafo 1, lettera c), punto ii), del regolamento n. 1307/2013

deve essere interpretato nel senso che:

non osta a una normativa nazionale che esclude che l’attività di pascolo su un prato permanente di proprietà pubblica ad uso comune possa essere qualificata come attività di mantenimento di tali superfici in uno stato che le rende idonee al pascolo.

4) L’articolo 4, paragrafo 1, lettere b) e c), del regolamento n. 1307/2013

deve essere interpretato nel senso che:

non osta a una normativa nazionale in forza della quale una persona che è unicamente titolare di un diritto non esclusivo di pascolo su prati permanenti di proprietà pubblica ad uso comune e che cede tale diritto ad un allevatore terzo affinché quest’ultimo eserciti l’attività di pascolo con i propri animali, non esercita un’attività agricola ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera c), punto i), di tale regolamento, e non può essere considerata come gestore di tali prati ai fini dell’esercizio di un’attività di mantenimento di tale superficie in uno stato che la rende idonea al pascolo ai sensi dell’articolo 4, paragrafo 1, lettera c), punto ii), di detto regolamento.

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