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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Maltrattamento animali, Risarcimento del danno Numero: 14846 | Data di udienza: 11 Maggio 2007

ANIMALI – Risarcimento del danno esistenziale a causa della morte dell’animale d’affezione – RISARCIMENTO DEL DANNO – Danno non patrimoniale (cavallo) – Autonomia ontologica del danno morale rispetto al danno biologico – Verifica della diversità del bene protetto – Risarcibilità del danno per la perdita di animale di affezione – Esclusione – Configurabilità come danno “in re ipsa” – Esclusione – Principio di integralità del risarcimento – Fattispecie: richiesta di risarcimento danni derivati da incidente stradale nel corso del quale si erano riportati lesioni a persone e la morte del cavallo.


Provvedimento: SENTENZA
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 27 Giugno 2007
Numero: 14846
Data di udienza: 11 Maggio 2007
Presidente: PREDEN
Estensore: PETTI


Premassima

ANIMALI – Risarcimento del danno esistenziale a causa della morte dell’animale d’affezione – RISARCIMENTO DEL DANNO – Danno non patrimoniale (cavallo) – Autonomia ontologica del danno morale rispetto al danno biologico – Verifica della diversità del bene protetto – Risarcibilità del danno per la perdita di animale di affezione – Esclusione – Configurabilità come danno “in re ipsa” – Esclusione – Principio di integralità del risarcimento – Fattispecie: richiesta di risarcimento danni derivati da incidente stradale nel corso del quale si erano riportati lesioni a persone e la morte del cavallo.



Massima

CORTE DI CASSAZIONE CIVILE Sez. 3^, 27 giugno 2007 (Ud. 11/05/2007), Sentenza n.14846

 

 

ANIMALI – Risarcimento del danno esistenziale a causa della morte dell’animale d’affezione – RISARCIMENTO DEL DANNO – Danno non patrimoniale (cavallo) – Fattispecie: richiesta di risarcimento danni derivati da incidente stradale nel corso del quale si erano riportati lesioni a persone e la morte del cavallo.

Deve escludersi il risarcimento del danno esistenziale a causa della morte dell’animale d’affezione. Pur ammettendo (V. Cass. SS unite 14/03/2006 n. 6572 e Cass. 15/06/2005 n. 15022) la tutela di situazioni soggettive costituzionalmente protette o legislativamente protette come figure tipiche di danno non patrimoniale, rientranti sotto l’ambito dell’art. 2059 c.c., costituzionalmente orientato, la perdita del cavallo in questione, come animale da affezione, non è riconducibile sotto una fattispecie di danno esistenziale consequenziale alla lesione dell’interesse della persona umana alla conservazione di una sfera di integrità affettiva costituzionalmente protetta. La parte che domanda la tutela di tale danno ha l’onere della prova sia per l'”an” che per il “quantum debeatur” e non appare sufficiente la deduzione di un danno “in re ipsa“, con il generico riferimento alla perdita della qualità della vita. Inoltre, la specifica deduzione del danno esistenziale impedisce di considerare la perdita, sotto un profilo diverso del danno patrimoniale (già risarcito) o del danno morale soggettivo e transeunte.

 

RISARCIMENTO DEL DANNO – Autonomia ontologica del danno morale rispetto al danno biologico – Verifica della diversità del bene protetto – Risarcibilità del danno per la perdita di animale di affezione – Esclusione – Configurabilità come danno “in re ipsa” – Esclusione – Principio di integralità del risarcimento.

Non è qualificabile a seguito di un fatto illecito come danno non patrimoniale risarcibile la perdita di un animale da affezione, seppur fonte di sofferenza soggettiva. Tale evento, pur determinando un impatto emotivo sulla persona, non incide su un interesse giuridicamente tutelato, quale quello alla salute psico-fisica, né integra un danno esistenziale in quanto non sussiste una lesione concreta e specifica di diritti della personalità. La mera allegazione di una generica alterazione della qualità della vita, in assenza di una correlazione causale con un diritto costituzionalmente protetto, risulta giuridicamente inidonea a fondare il risarcimento del danno. A tal fine, non è sufficiente invocare un danno “in re ipsa” basandosi genericamente sulla perdita della “qualità della vita”. La tutela della dignità, distinta dalla salute, fonda l’autonomia del danno morale e impone una valutazione integrale, senza privilegiare il valore economico.

(riforma sentenza n. 587/03 della CORTE D’APPELLO di Bologna), Pres. PREDEN, Rel. PETTI, Ric. Z.C. c. Toro Assicurazioni S.p.A.


Allegato


Titolo Completo

CORTE DI CASSAZIONE CIVILE Sez. 3^, 27/06/2007 (Ud. 11/05/2007), Sentenza n.14846

SENTENZA

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

omissis

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso proposto da:

Z.C., elettivamente domiciliato in ROMA VIALE G MAZZINI 113, presso lo studio dell’avvocato ROSALBA GRASSO, difeso dall’avvocato MINGARDI GABRIELLA, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

TORO ASSICURAZIONI s.p.a., in persona dell’Amministratore Delegato rag. T.F., elettivamente domiciliata in ROMA VIA DEGLI SCIALOJA 6, presso lo studio dell’avvocato OTTAVI LUIGI, che la difende unitamente all’avvocato COLIVA GIUSEPPE, giusta delega in atti;

– controricorrente –

e contro

P.F. DECEDUTO E PER ESSO, AIMERI BARTOLOMEO & FIGLIO C DITTA, B.D., B.T., P.D., P.R.;

– intimati –

e sul 2 ricorso n. 21841/03 proposto da:

B.D., difeso da se medesimo, elettivamente domiciliato in ROMA VIALE G MAZZINI 113, presso lo studio dell’avvocato ORONZO D’AGOSTINO, che lo difende unitamente all’avvocato B. D., giusta delega in atti;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

contro

TORO ASSICURAZIONI SFA, in persona dell’Amministratore Delegato Rag. T.F., elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEGLI SCIALOJA 6, presso lo studio dell’avvocato LUIGI OTTAVI, che lo difende unitamente all’avvocato GIUSEPPE COLIVA, giusta delega in atti;

– controricorrente al ricorso incidentale –

e contro

P.D., P.R., B.R., AIMERI BARTOLOMEO & FIGLIO C DITTA, Z.C.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 587/03 della Corte d’Appello di BOLOGNA, 2 civile emessa il 6/12/2002, depositata il 15/04/03; RG. 441/2000;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 11/05/07 dal Consigliere Dott. Giovanni Battista PETTI;

udito l’Avvocato ORONZO D’AGOSTINO (per delega Avv. Graziella Mingardi);

udito l’avvocato DANIELE COLIVA (per delega Avv. Giuseppe Coliva);

udito l’Avvocato ORONZO D’AGOSTINO (per delega Avv. B. D.);

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SGROI Carmelo che ha concluso l’accoglimento del 1 e 4 motivo, assorbiti i motivi 6 e 7; rigetto nel resto del ricorso principale;

accoglimento del 1 motivo, assorbito il 2 del ricorso incidentale;

previa riunione di essi.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con citazione del 12 novembre 1994 i coniugi Z.C. e B.D. convenivano dinanzi al tribunale di Parma, nella veste di danneggiati, (nel corso di un incidente stradale verificatosi presso il casello autostradale di (===) il (===)), il conducente antagonista P.F. (alla guida dell’autocarro tamponante), la proprietaria del mezzo assicurato ditta Amari e la assicuratrice Toro e ne chiedeva la condanna al risarcimenti di tutti i danni derivati loro dall’incidente, nel corso del quale avevano riportato lesioni e la morte del cavallo.

Deducevano gli attori che l’incidente era stato provocato dal tamponamento, da parte dell’autotreno articolato, dell’autovettura Golf Wosfaghen e del trailer ad essa agganciato, dove si trovava un cavallo di razza ed il suo accompagnatore architetto Z.. Si costituivano i convenuti e contestavano il fondamento della domanda.

Il tribunale di Parma con sentenza del 17 febbraio 1999 accertava il concorso di colpa dello Z., che si trovava sul trailer mentre doveva viaggiare a bordo dell’auto, nella misura del 20% e condannava i convenuti in solido ai vari danni, per un importo complessivo di oltre 169 milioni (v. amplius in dispositivo).

La decisione era appellata dalla Toro in punto di accertamento del concorso di colpa; resistevano le parti danneggiate chiedendo il rigetto del gravame.

La Corte di appello di Bologna, con sentenza del 15 aprile 2003, in parziale accoglimento dell’appello aumentava il concorso di colpa dello Z. alla misura del 33% riducendo il danno e condannando i coniugi Z. alla restituzione delle maggiori somme ricevute ed alla rifusione delle spese processuali.

Contro la decisione hanno proposto ricorso principale Z. C., affidato a sette motivi, ricorso incidentale B. D., affidato a due motivi, ad entrambi i ricorsi resiste la Toro con controricorsi. Le parti costituite hanno prodotto memorie. I ricorsi sono stati previamente riuniti.
Motivi della decisione

Il ricorso principale merita accoglimento limitatamente al secondo e terzo motivo, rigettati il primo, il quarto ed il quinto, assorbiti gli altri; merita accoglimento per quanto di ragione il ricorso incidentale, per le seguenti considerazioni.

A. Esame del ricorso principale.

Secondo l’ordine logico precede l’esame dei motivi infondati.

Con il primo motivo si deduce l’omessa pronuncia e l’error in iudicando per la mancata liquidazione del danno patrimoniale da lucro cessante derivante dalla lunga durata della inabilità temporanea. Il danno è stato liquidato sulla base di tabelle giornaliere, per un importo inferiore al danno reale, data la perdita di affari da parte dello architetto.

Il motivo difetta di specificità e di autosufficienza, posto che l’onere della prova era a carico del professionista.

Nel quarto motivo si deduce l’error in iudicando per la esclusione del danno esistenziale in relazione alla perdita dell’amato cavallo (===), cui i coniugi erano particolarmente affezionati.

In senso contrario si osserva che, pur ammettendo questa Corte (V. Cass. SS unite 14 marzo 2006 n. 6572 e Cass. 15 giugno 2005 n. 15022) la tutela di situazioni soggettive costituzionalmente protette o legislativamente protette come figure tipiche di danno non patrimoniale, rientranti sotto l’ambito dell’art. 2059 c.c., costituzionalmente orientato, la perdita del cavallo in questione, come animale da affezione, non sembra riconducibile sotto una fattispecie di un danno esistenziale consequenziale alla lesione di un interesse della persona umana alla conservazione di una sfera di integrità affettiva costituzionalmente protetta. La parte che domanda la tutela di tale danno, ha l’onere della prova sia per l’an che per il quantum debatur, e non appare sufficiente la deduzione di un danno in re ipsa, con il generico riferimento alla perdita delle qualità della vita. Inoltre la specifica deduzione del danno esistenziale impedisce di considerare la perdita, sotto un profilo diverso del danno patrimoniale (già risarcito) o del danno morale soggettivo e transeunte.

Nel quinto motivo si deduce l’error in iudicando per la elevazione del concorso di colpa nella misura del 33% ed il vizio della motivazione sul punto. Il motivo è infondato in quanto censura un apprezzamento il fatto, compiuto dai giudici del merito, attraverso un esame complessivo delle prove, e si sottrae al sindacato di legittimità in quanto contiene un prudente apprezzamento congruamente motivato (ff. 10 a 12 della sentenza).

Meritano invece accoglimento il secondo ed il terzo motivo, assorbiti gli altri (sesto e settimo).

Con il secondo motivo si deduce “violazione e falsa applicazione di norme di diritto e vizio di ultrapetizione in ordine alla liquidazione del danno biologico da invalidità permanente, ed il vizio di omessa o insufficiente motivazione”. Viene poi riprodotta, ai fini della autosufficienza, la parte della motivazione della Corte bolognese che (ff. 9 della motivazione) riduce il punto base di invalidità da 4 milioni a punto nella diversa misura di 2 milioni, considerando poi l’età della vittima e la percentuale invalidante del 25%. Sfugge totalmente in tale motivazione la ragione del dimezzamento delle tavole attuariali. Sussiste dunque un vizio di motivazione, apodittica ed oscura, ed anche la violazione del principio, costituzionalmente garantito, del risarcimento integrale della lesione della salute da fatto illecito (cfr: Corte Cost. 14 luglio 1986 n. 184 come incipit sistematico) a carattere satisfattivo pieno.

Quanto ai criteri di valutazione tabellare, che questa Corte ammette come criteri di liquidazione equitativa di un debito di valore, che si accresce nel tempo, se il debitore solidale non adempie tempestivamente, occorre che i giudici del merito diano le ragioni della scelta delle tabelle da applicare, tenendo conto del di dell’evento come dies a quo della produzione del danno ingiusto, onde la liquidazione deve essere fatta sempre all’attualità, includendo gli interessi ed compensativi e la rivalutazione.

Il ragionamento riduttivo della Corte Bolognese è dunque per omissione ed impedisce di comprendere l’iter logico della riduzione del danno.

Conseguentemente deve accogliersi il secondo motivo sulla ridotta valutazione del danno morale, commisurato al 50% del danno biologico.

Questa Corte ha più volte sottolineato, anche a sezioni unite, la autonomia ontologica del danno morale rispetto al danno biologico, in relazione alla diversità del bene protetto, che dipende dalla natura del reato (ove sussista, come è nel caso di lesioni gravi colpose) ovvero dalla natura dell’interesse personale leso (ad esempio nella sfera della dignità della persona) ed inoltre appare arbitrario, in materia di diritti inviolabili della persona, anteporre il valore mercantile della menomazione della salute, al valore proprio della persona e della sua dignità, sicchè anche la valutazione del danno morale verificatosi in occasione della perdita della salute, occorre tener conto del superiore principio di integralità del risarcimento, senza ricorrere a meccanismi semplificativi in automatico. (cfr. Cass. 23 maggio 2003 n. 8169, Cass 12 dicembre 2003 n. 19057 tra le tante).

Il Giudice del rinvio, nella valutazione del danno morale, terrà dunque conto delle condizioni soggettive del soggetto che lo ha ricevuto, e della gravità del fatto come circostanziato, procedendo ad una valutazione equitativa autonoma e personalizzata.

Restano assorbiti il sesto motivo, che attiene alla misura del credito risarcitorio, che deve essere riesaminato, ed il settimo motivo che contesta la liquidazione delle spese, che dovrà essere riconsiderata dal giudice del merito.

B. Esame del ricorso incidentale del coniuge B.D..

Nel primo motivo si deduce l’error in iudicando (per violazione degli artt. 2 e 29 Cost. e art. 2059 c.c.) sul rilievo del mancato riconoscimento, al tempo della decisione, del danno morale ed esistenziale, considerati sotto il diverso profilo della crisi di coppia a causa dello incidente, e delle sofferenze patite per l’assistenza al coniuge invalido.

Il motivo del danno esistenziale risulta sollevato per la prima volta il questa sede, peraltro in modo generico, ed è inammissibile; il motivo del danno morale risulta aver trovato una liquidazione in sede di appello sotto il profilo della assistenza, onde il ricorso non spiega le ragioni di una eventuale sottovalutazione.

Merita invece accoglimento il secondo motivo, posto che la B. appare in credito verso la Toro (v. sentenza a ff. 22) e non poteva essere condannata per somme ricevute dal marito iure proprio.

L’accoglimento dei ricorsi nei limiti delle ragioni esposte conduce ad un rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Bologna, che si atterrà ai principi di diritto espressi nella parte motiva e provvederà anche alla liquidazione delle spese di questa fase del giudizio di cassazione, rispettando le regole della soccombenza.

P.Q.M.

– Riunisce i ricorsi, accoglie il secondo ed il terzo motivo del ricorso principale, rigettato il primo, il quarto ed il quinto ed assorbiti gli altri;
– accoglie per quanto di ragione il ricorso incidentale;
– cassa in relazione e rinvia anche per le spese del giudizio di Cassazione, ad altra sezione della Corte di appello di Bologna.

Così deciso in Roma, il 11 maggio 2007.

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