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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Espropriazione Numero: 1170 | Data di udienza: 23 Ottobre 2024

ESPROPRIAZIONE – Espropriazione sanante – Natura – Limiti – Effetti – Perimetrazione nei limiti stretti dei beni occupati sine titulo (Segnalazione e massima a cura del dott. Lorenzo Ieva)


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione: Puglia
Città: Bari
Data di pubblicazione: 11 Novembre 2024
Numero: 1170
Data di udienza: 23 Ottobre 2024
Presidente: Blanda
Estensore: Ieva


Premassima

ESPROPRIAZIONE – Espropriazione sanante – Natura – Limiti – Effetti – Perimetrazione nei limiti stretti dei beni occupati sine titulo (Segnalazione e massima a cura del dott. Lorenzo Ieva)



Massima

T.A.R. PUGLIA, Bari, Sez. 3^ – 11 novembre 2024, n. 1170

ESPROPRIAZIONE – Espropriazione sanante – Natura – Limiti – Effetti – Perimetrazione nei limiti stretti dei beni occupati sine titulo.

Il procedimento, di cui all’art. 42-bis d.P.R. n. 327/2001, determina l’adozione di un provvedimento ablatorio sui generis, comunque caratterizzato da una precisa base giuridica, alquanto semplificato nella struttura e nell’iter procedurale, ma complesso negli effetti, il cui scopo è, da un lato, quello di elidere l’illiceità permanente della occupazione de facto effettuata (Cons. St., sez. IV, 2 novembre 2022, n. 9483) e, dall’altro lato, quello di ricondurre ad una fattispecie legale la situazione in re ipsa della trasformazione materiale comunque concretizzatasi.
Ciò comporta la necessità che il “bene immobile” oggetto di occupazione sine titulo sia correttamente individuato e che l’amministrazione che de facto e in violazione di legge si sia “appropriata” del bene del soggetto privato possa, in virtù dello speciale procedimento amministrativo, di cui all’art. 42-bis del d.P.R. n. 327/2001, “sanare” l’illegittimità, acquisendo il bene ovvero le porzioni dello stesso, di cui sia certa la ricomprensione nella realizzazione dell’opera pubblica o di pubblica utilità.
Non può mai determinarsi, con invero un provvedimento che è di espropriazione sostanziale ex post, adottato comunque in funzione sanante, una utilità potiore, rispetto a quella che si sarebbe potuta acquisire, con un provvedimento di espropriazione formale ex ante. Nella specie, possono insorgere incertezze, proprio a causa della carenza di un provvedimento, che abbia in modo formale ed espresso definito ab imis i confini dell’area oggetto di espropriazione per pubblica utilità. Ma ciò non può giammai comportare alcun vantaggio all’amministrazione, che può procedere a “sanare” soltanto le porzioni del bene immobile occupato, delle quali risulti in concreto in possesso e di cui sia certa la ricomprensione nell’opera di pubblica utilità alla data in cui la P.A. adotta il provvedimento di c.d. espropriazione sanante finalizzata a “sanare”, ossia a riportare in iure, la condizione dell’immobile, trasformato de facto, peraltro senza alcun effetto retroattivo.
Va pur ricordato che il proprietario di un bene illegittimamente occupato è “vittima” della violazione dell’art. 1, prot. n. 1, della CEDU (Convenzione europea dei diritti dell’uomo) e che perde detto status soltanto da quando l’autorità amministrativa acquisisca il predetto bene, ai sensi dell’art. 42-bis d.P.R. n. 327 del 2001 (in tali termini, cfr. Corte europea diritti dell’uomo, sez. I, 5 dicembre 2023); ragion per cui non può darsi spazio a forme di espropriazione sanante, per così dire, ampliative o, in re dubia, “a favore” dell’amministrazione e “in danno” del privato, che abbia già subito l’occupazione abusiva della proprietà, di cui è titolare e titolare rimane, fino all’adozione di apposito provvedimento sanante, che non casualmente – come recita la disposizione normativa – non ha valenza retroattiva e, di conseguenza, non può che registrare la situazione di possesso di fatto esistente e di trasformazione in opera pubblica realizzata.
Ancora, va rammentato come la Corte costituzionale, con la sentenza del 30 aprile 2015, n. 71, abbia individuato la ragione dell’introduzione nell’ordinamento italiano dell’acquisizione ex art. 42-bis nella necessità di eliminare l’istituto di origine pretoria dell’espropriazione indiretta e che tale acquisizione costituisce una extrema ratio, cui addivenire nel caso concreto, quando la restituzione del terreno non sia ragionevolmente possibile; pertanto, anche per questa via, non è predicabile accordare alcun favor nella perimetrazione delle aree del privato, oggetto di acquisizione mediante lo speciale (e derogatorio rispetto al procedimento formale) procedimento dell’espropriazione sanante. Quest’ultimo cioè non può che incidere negli stretti limiti necessari a riconoscere al patrimonio indisponibile pubblico l’opus realizzato, in spregio di un valido ed efficace provvedimento di esproprio o dichiarativo della pubblica utilità.

Pres. Blanda, Est. Ieva – M.G. e altro (avv.ti Clary e Palieri) c. Comune di Castellana Grotte (avv. Profeta)


Allegato


Titolo Completo

T.A.R. PUGLIA, Bari, Sez. 3^ - 11 novembre 2024, n. 1170

SENTENZA

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 691 del 2022, proposto da
Michele Giangrande e Maria Giangrande, rappresentati e difesi dagli avvocati Gianluca Clary e Marco Palieri, con domicili digitali come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Comune di Castellana Grotte (BA), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Saverio Profeta, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per l’annullamento
previa sospensione dell’efficacia
– del decreto n. 1 del 16 maggio 2022 del Responsabile del settore V (Urbanistica, opere pubbliche, mobilità, ambiente) del Comune di Castellana Grotte (BA), con oggetto: “Decreto di acquisizione sanante di cui all’art.42-bis del D.P.R. n. 327/2001 e s.m.i, dell’area censita in catasto fabbricati del Comune di Castellana Grotte (BA) al foglio di mappa n.21, p.lla 25 (ex p.lle 25 e 1721) e p.lla 3205 (ex p.lla 25) avente complessivamente estensione di mq. 686,00, di proprietà indivisa e in parti uguali dei sig.ri Michele Giangrande e Maria Giangrande”;
– nonché degli atti e provvedimenti ivi richiamati, per quanto di interesse;

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Castellana Grotte (BA);
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 23 ottobre 2024 il dott. Lorenzo Ieva e uditi per le parti i difensori avv. Marco Palieri, per la parte ricorrente, e avv. Francesco Tatone, su delega dell’avv. Saverio Profeta, per il Comune resistente;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1.- Con chiaro e sintetico ricorso depositato come previsto in rito, i ricorrenti impugnavano il decreto n. 1 del 16 maggio 2022, con il quale il Comune di Castellana Grotte aveva disposto l’acquisizione sanante al patrimonio comunale, ai sensi dell’art. 42-bis del d.P.R. n. 327/2001, dei suoli di proprietà dei signori Giangrande nei seguenti termini: “1) DI DISPORRE ai sensi e per gli effetti dell’art. 42 bis del D.P.R. n. 327/2001, e s.m.i., l’acquisizione sanante […] delle aree illegittimamente occupate per la realizzazione dell’immobile denominato “Mercato Coperto” come di seguito individuate: – al foglio di mappa n. 21 p.lla 25 (ex p.lle 25 e 1721) – foglio di mappa n. 21 p.lla 3205 (ex p.lla 25) estensione di mq. 686,00 alle seguenti ditte catastali: […]”.
In fatto, lamentava parte ricorrente l’illegittimità del provvedimento nella parte in cui ricomprende anche superfici rimaste di proprietà dei ricorrenti ed esclude altre superfici invece da ricomprendersi, nei termini meglio specificati in prosieguo.
In diritto, a tal fine, veniva censurata la violazione e il malgoverno dell’art. 42-bis del d.P.R. n. 327 del 2001, nonché l’eccesso di potere per sviamento, per difetto di istruttoria e travisamento dei fatti.
2.- Si costituiva l’intimato Comune, il quale depositava documenti e resisteva, ripercorrendo ab imis l’intera vicenda espropriativa, prolungatasi invero da oltre n. 40 anni addietro, al fine di realizzare un “mercato coperto”, senza tuttavia che l’iter espropriativo si sia mai concluso con l’adozione di un formale decreto di esproprio; contestava la sussistenza di errori nella individuazione delle particelle catastali oggetto del gravato provvedimento ex art. 42-bis del d.P.R. n. 327/2001.
3.- Indi, l’istanza cautelare veniva abbinata al merito; di seguito, con apposita ordinanza collegiale, in considerazione dell’indole tecnica delle censure mosse, veniva disposta apposita verificazione, il cui termine finale, stante la particolare complessità della stessa, veniva prorogato.
4.- Depositata quindi la relazione, a cura dell’organismo di verificazione incaricato, nonché depositati dalle parti costituite ulteriori documenti, memorie e repliche, alla fissata udienza pubblica, dopo breve discussione, la causa veniva trattenuta in decisione.
5.- Il ricorso è fondato, nei termini che seguono.
Oggetto della controversia è l’individuazione delle porzioni dei beni suscettibili di espropriazione sanante, ai sensi dell’art. 42-bis del d.P.R. n. 327/2001. Invero, detto peculiare istituto giuridico consente all’autorità, che utilizza un dato bene immobile, per scopi di interesse pubblico, modificato in assenza di un valido ed efficace provvedimento di esproprio o dichiarativo della pubblica utilità, previa valutazione degli interessi in conflitto, di disporre che esso sia acquisito, non retroattivamente, al suo patrimonio indisponibile e che al proprietario sia corrisposto un indennizzo per il pregiudizio subito.
Il procedimento, di cui all’art. 42-bis d.P.R. n. 327/2001, determina l’adozione di un provvedimento ablatorio sui generis, comunque caratterizzato da una precisa base giuridica, alquanto semplificato nella struttura e nell’iter procedurale, ma complesso negli effetti, il cui scopo è, da un lato, quello di elidere l’illiceità permanente della occupazione de facto effettuata (Cons. St., sez. IV, 2 novembre 2022, n. 9483) e, dall’altro lato, quello di ricondurre ad una fattispecie legale la situazione in re ipsa della trasformazione materiale comunque concretizzatasi.
Ciò comporta la necessità che il “bene immobile” oggetto di occupazione sine titulo sia correttamente individuato e che l’amministrazione che de facto e in violazione di legge si sia “appropriata” del bene del soggetto privato possa, in virtù dello speciale procedimento amministrativo, di cui all’art. 42-bis del d.P.R. n. 327/2001, “sanare” l’illegittimità, acquisendo il bene ovvero le porzioni dello stesso, di cui sia certa la ricomprensione nella realizzazione dell’opera pubblica o di pubblica utilità.
Non può mai cioè determinarsi, con invero un provvedimento che è di espropriazione sostanziale ex post, adottato comunque in funzione sanante, una utilità potiore, rispetto a quella che si sarebbe potuta acquisire, con un provvedimento di espropriazione formale ex ante. Nella specie, possono insorgere incertezze, proprio a causa della carenza di un provvedimento, che abbia in modo formale ed espresso definito ab imis i confini dell’area oggetto di espropriazione per pubblica utilità. Ma ciò non può giammai comportare alcun vantaggio all’amministrazione, che può procedere a “sanare” soltanto le porzioni del bene immobile occupato, delle quali risulti in concreto in possesso e di cui sia certa la ricomprensione nell’opera di pubblica utilità alla data in cui la P.A. adotta il provvedimento di c.d. espropriazione sanante finalizzata a “sanare”, ossia a riportare in iure, la condizione dell’immobile, trasformato de facto, peraltro senza alcun effetto retroattivo.
Va pur ricordato che il proprietario di un bene illegittimamente occupato è “vittima” della violazione dell’art. 1, prot. n. 1, della CEDU (Convenzione europea dei diritti dell’uomo) e che perde detto status soltanto da quando l’autorità amministrativa acquisisca il predetto bene, ai sensi dell’art. 42-bis d.P.R. n. 327 del 2001 (in tali termini, cfr. Corte europea diritti dell’uomo, sez. I, 5 dicembre 2023); ragion per cui non può darsi spazio a forme di espropriazione sanante, per così dire, ampliative o, in re dubia, “a favore” dell’amministrazione e “in danno” del privato, che abbia già subito l’occupazione abusiva della proprietà, di cui è titolare e titolare rimane, fino all’adozione di apposito provvedimento sanante, che non casualmente – come recita la disposizione normativa – non ha valenza retroattiva e, di conseguenza, non può che registrare la situazione di possesso di fatto esistente e di trasformazione in opera pubblica realizzata.
Ancora, va rammentato come la Corte costituzionale, con la sentenza del 30 aprile 2015, n. 71, abbia individuato la ragione dell’introduzione nell’ordinamento italiano dell’acquisizione ex art. 42-bis nella necessità di eliminare l’istituto di origine pretoria dell’espropriazione indiretta e che tale acquisizione costituisce una extrema ratio, cui addivenire nel caso concreto, quando la restituzione del terreno non sia ragionevolmente possibile; pertanto, anche per questa via, non è predicabile accordare alcun favor nella perimetrazione delle aree del privato, oggetto di acquisizione mediante lo speciale (e derogatorio rispetto al procedimento formale) procedimento dell’espropriazione sanante. Quest’ultimo cioè non può che incidere nei stretti limiti necessari a riconoscere al patrimonio indisponibile pubblico l’opus realizzato, in spregio di un valido ed efficace provvedimento di esproprio o dichiarativo della pubblica utilità.
Tanto premesso per linee generali, nella fattispecie concreta, assume un ruolo determinante la precisa relazione di verificazione, redatta da idoneo professionista tecnico incaricato, che ha indagato i profili tecnici, le risultanze del lungo procedimento, gli elementi cartografici e i titoli di proprietà disponibili e fruibili presso i pubblici depositari o comunque offerti dalle parti.
Peraltro, l’opera pubblica consistente in un sembiante “mercato coperto”, oggetto del provvedimento di espropriazione sanante, si presenta, all’attualità e all’evidenza dei documenti versati nell’odierno processo, in uno stato precario, non adibito a “mercato coperto”, bensì a deposito di insegne stradali e oggetti vari.
Procedendo per ordine, all’esito della verificazione, va rilevato quanto segue.
i) Per quanto riguarda il primo quesito, con specifico riferimento alla particella n. 1350 del foglio n. 21 del Catasto fabbricati del Comune di Castellana Grotte, il verificatore, dopo appropriato excursus motivazionale, ha concluso che la stessa “perimetra effettivamente una superficie esterna ed estranea al corpo di fabbrica del mercato coperto”, inoltre che “rinviene ragionevolmente dal frazionamento della ex p.lla 24 e non dalla ex. p.lla 1721 e pertanto non è stata acquisita al patrimonio del Comune di Castellana Grotte”, infine che “non è stata trasformata e/o occupata e/o utilizzata da parte del Comune di Castellana Grotte”, per cui “è di proprietà dei ricorrenti e pertanto l’accessibilità da parte dell’Amministrazione Comunale all’interno della p.lla non ha nessun nesso”.
Pertanto, la predetta particella n. 1350 non va inclusa nel provvedimento di espropriazione sanante.
ii) Quanto alla particella n. 3205, essa risulta in parte occupata da porzioni di unità immobiliari sia di proprietà dei ricorrenti sia di proprietà dell’Amministrazione comunale; l’accessibilità all’area è garantita esclusivamente dalla proprietà dei ricorrenti ed in particolare dal fabbricato censito al catasto alla particella n. 1350, sub. 14, con ingresso posto su via Conversano n. 16.
Tale particella, quindi, comprende una porzione di superficie effettivamente occupata dal mercato coperto ed una porzione di superficie mai utilizzata e/o trasformata e/o occupata dall’ente civico, che è rimasta nella proprietà e nel possesso dei ricorrenti (e, prima, del loro dante causa), inaccessibile a terzi. L’unica porzione della particella n. 3205 de facto utilizzata dal Comune, per la costruzione del mercato coperto, è quella indicata dal retino “E” della planimetria riprodotta a pag. 8 della relazione del verificatore; mentre, il resto della particella n. 3205 non consta sia stata mai stata utilizzata e/o trasformata dall’ente territoriale e, quindi, è rimasta nella proprietà e possesso esclusivo dei ricorrenti.
Ergo, i provvedimenti gravati vanno annullati nella parte in cui hanno disposto l’acquisizione sanante della porzione della particella n. 3205, eccedente quella indicata con il retino “E” della planimetria riportata a pag. 8 della relazione tecnica del verificatore incaricato.
iii) Per quanto riguarda il terzo quesito, il verificatore ha risposto alle pagg. 15-17 della relazione (con anche richiamo ai documenti per relationem ivi riportati) ed ha confermato che l’allargamento della sede stradale della via Leuzzi e della via Cisternino è stata fatta nell’ambito del procedimento di realizzazione del “mercato coperto” ed ha interessato, per quanto rileva il caso di specie, mq. 235 della proprietà pervenuta agli odierni ricorrenti.
Di conseguenza, i provvedimenti comunali impugnati andranno annullati nella parte in cui non hanno disposto l’acquisizione sanante anche della superficie di mq. 235 occupata e trasformata in viabilità pubblica dall’ente civico.
6.- In conclusione, per le sopra esposte motivazioni, nella misura in cui il provvedimento impugnato reca in parte erronee indicazioni, circa l’esatta area da acquisire in via di sanatoria, ex art. 42-bis del d.P.R. n. 327 del 2001, il ricorso va accolto con annullamento degli atti gravati nei limiti dell’interesse e nei sensi in motivazione.
7.- Le spese seguono il principio della soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia (sezione terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla gli impugnati atti nei sensi in motivazione.
Condanna il Comune di Castellana Grotte (BA) al pagamento delle spese del giudizio in favore dei ricorrenti, che si liquidano in €. 2.500,00, oltre accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 23 ottobre 2024 con l’intervento dei magistrati:
Vincenzo Blanda, Presidente
Carlo Dibello, Consigliere
Lorenzo Ieva, Primo Referendario, Estensore

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