DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Cambio di destinazione d’uso – Categorie edilizie funzionalmente autonome – Modificazione incidente sul carico urbanistico – Permesso di costruire (Massima a cura di Ambra Mostarda)
Provvedimento: Sentenza
Sezione: 7^
Regione: Campania
Città: Napoli
Data di pubblicazione: 30 Ottobre 2024
Numero: 5816
Data di udienza: 16 Ottobre 2024
Presidente: Passoni
Estensore: Flammini
Premassima
DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Cambio di destinazione d’uso – Categorie edilizie funzionalmente autonome – Modificazione incidente sul carico urbanistico – Permesso di costruire (Massima a cura di Ambra Mostarda)
Massima
TAR CAMPANIA, Napoli, Sez. 7^ – 30 ottobre 2024, n. 5816
DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Cambio di destinazione d’uso – Categorie edilizie funzionalmente autonome – Modificazione incidente sul carico urbanistico – Permesso di costruire
Il cambio di destinazione d’uso di cui all’art. 23 ter, comma 1, D.P.R. n. 280/2001, ha tendenzialmente una giuridica apprezzabilità e, come tale, non può essere liberamente eseguito previa Comunicazione Inizio Lavori Asseverata (CILA), ma deve essere assentito mediante permesso di costruire. Il mutamento di destinazione d’uso giuridicamente rilevante, infatti, assentibile solo mediante permesso di costruire, in presenza o meno di opere edilizie, è quello tra categorie funzionalmente autonome dal punto di vista urbanistico ed influisce, in via conseguenziale e automatica, sul carico urbanistico senza necessità di ulteriori accertamenti in concreto.
Pres. Passoni, Est. Flammini – I. srls (avv. Izzo) c. Comune di Santa Maria la Carità
Allegato
Titolo Completo
TAR CAMPANIA, Napoli, Sez. 7^ - 30 ottobre 2024, n. 5816SENTENZA
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Settima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 365 del 2021, proposto da Iron Gym srls, in persona del l.r.p.t. e da Vicidomini Felicia, entrambi rappresentati e difesi dall’Avv. Angela Izzo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Comune di Santa Maria la Carità, in persona del Sindaco legale rappresentante p.t., non costituito in giudizio;
per l’annullamento
del provvedimento prot. n.15038 del 26 ottobre 2020, notificato in data 17 novembre 2020, comportante il rigetto della SCIA prot.n°14433 del 14 ottobre 2020, e di ogni atto, anche endoprocedimentale, comunque non conosciuto, consequenziale, connesso, preordinato e presupposto.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Visto l’art. 87, comma 4-bis, cod.proc.amm.;
Relatore all’udienza straordinaria di smaltimento dell’arretrato del giorno 16 ottobre 2024 la dott.ssa Valeria Nicoletta Flammini e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. – Con ricorso depositato il 27 gennaio 2021, le ricorrenti – rispettivamente conduttrice e proprietaria dell’immobile ubicato in Santa Maria La Carità alla via Scafati n.16 catastalmente identificato a foglio 5 particella 746 sub 10 e ricadente in zona D1 del vigente P.R.G. del comune di Santa Maria La Carità (“caratterizzata dalla massiccia presenza di fabbricati ad uso terziario, residenziale e commerciale, […] una farmacia, uffici, alcuni appartamenti […], oltre ad una serie di opere infrastrutturali e pubbliche”) – impugnavano il provvedimento (n.15038 del 26 ottobre 2020) con cui il Comune resistente aveva dichiarato l’inefficacia della SCIA del 14 ottobre 2020 (prot. n. 14433) presentata al fine di convertire la destinazione dei locali da “attività industriale” in “palestra” (cfr., SCIA, all. 4 al ricorso).
1.1. A sostegno del gravame, le ricorrenti articolavano due ordini di censure (“Eccesso di potere per difetto assoluto di istruttoria. Violazione e falsa applicazione dell’art. 8 delle NTA del comune di Santa Maria La Carità. Violazione e falsa applicazione dell’art. 3 della legge 443/85”; “Ancora sull’eccesso di potere per difetto assoluto di istruttoria. Violazione e falsa applicazione dell’art. 23 ter del DPR 380/01. Violazione e falsa applicazione dell’art. 2 della legge regionale della Campania n°19/01”), con cui, in sintesi, deducevano la piena compatibilità dell’attività “palestra” – assimilabile alla destinazione d’uso di “artigianato di servizio” o, comunque, riconducibile alla categoria funzionale di cui alla lett. b) del comma 1 del D.p.R. 380/2001 (produttivo e direzionale) – con la zona interessata, in ragione del disposto di cui all’art. 8 delle NN.TT.AA. del Comune e diversamente da quanto sostenuto dall’Amministrazione resistente.
2. – Il Comune di Santa Maria la Carità, pur ritualmente intimato, non si costituiva in giudizio.
2.1. – Con ordinanza n. 320 del 18 febbraio 2021, questo Tribunale respingeva l’istanza cautelare.
3. – Il 28 aprile 2023, le ricorrenti si costituivano con un nuovo difensore ed in vista dell’udienza pubblica, parte ricorrente depositava memoria (23 settembre 2024).
4. – All’udienza straordinaria di smaltimento dell’arretrato del giorno 16 ottobre 2024, tenutasi da remoto mediante collegamento via TEAMS, la causa è stata trattenuta in decisione.
5. – Per come anticipato in narrativa, oggetto dell’odierno contendere è il provvedimento (n.15038 del 26 ottobre 2020, all. 1 al ricorso) con cui il Comune resistente ha dichiarato l’inefficacia della SCIA del 14 ottobre 2020 (prot. n. 14433) presentata al fine di convertire la destinazione dei locali siti Santa Maria La Carità alla via Scafati n.16 (foglio 5 particella 746 sub 10 catasto fabbricati) e ricadenti in zona D1 (“Comprende le aree già interessate da insediamenti produttivi artigianali o da piccole industrie)” del vigente P.R.G. da “attività industriale” in “palestra”. A quanto consta in atti, il provvedimento si è sostanzialmente basato sulla necessità di ricorrere – visto il disposto di cui all’art. 8 NN.TT.AA. – al permesso di costruire convenzionato anziché ad una SCIA. Così testualmente in motivazione: “Considerato che gli interventi sono finalizzati ad una riconversione produttiva di un manufatto preesistente ricadente in zona omogenea “D1 produttiva ed artigianale esistente” del vigente P.R.G. ai sensi dell’art. 8 delle NTA, per tali opere è necessario il rilascio di permesso di costruire convenzionato nel quale siano previste le garanzie per la concreta attuazione delle aree destinate a spazi pubblici.” (Cfr., provvedimento impugnato, all. 1 al ricorso).
Così circoscritto il thema decidendum, si osserva quanto segue.
Pacifico ed incontestato che l’immobile di cui è causa ricade in zona “D1 produttiva ed artigianale esistente” del vigente P.R.G. del Comune di Santa Maria la Carità, corre l’obbligo di richiamare il testo dell’art. 8 delle NTA, nella parte qui di interesse (commi 4, 5 e 6): “[4] In caso di delocalizzazione delle industrie malsane o in quello di riconversione produttiva, l’area D1 interessata può essere riutilizzata per nuovi insediamenti industriali o artigianali salubri, nel rispetto dei parametri di cui al 2 comma del successivo art.9, mediante rilascio di permesso di costruire convenzionato nel quale siano previste la garanzie per la concreta attuazione delle aree destinate a spazi pubblici. [5] In questo caso l’indice applicabile è quello minimo del rapporto di copertura pari a 0,20mq/mq, nel quale va computata anche la consistenza già esistente. [6] Nella ipotesi di cui al comma precedente possono anche essere consentite le attività produttive così come indicate dal DPR 7/9/2010 n° 160 art. 1 comma 1 lettera i) ed j): le attività di produzione di beni e servizi, incluse le attività agricole, commerciali e artigianali, le attività turistiche e alberghiere, i servizi resi dalle banche e dagli intermediari finanziari e i servizi di telecomunicazioni”.
In questi termini ripreso il dato normativo, ritiene il Collegio che ferma la compatibilità in astratto, con la zona D1, delle “attività di produzione di beni e servizi, […] commerciali e artigianali” (comma 6) il relativo mutamento in tal senso della destinazione d’uso, per come prescritto dalla norma, debba ricadere nel regime del permesso di costruire convenzionato, con esclusione della possibilità – ivero attuata dalla ricorrente Iron Gym s.r.l. – di ricorrere alla SCIA. In questo senso depone il comma 4, il quale prescrive, a chiare lettere, il ricorso al “permesso di costruire convenzionato”, nelle due ipotesi alternative della “delocalizzazione delle industrie malsane” o in quello – qui evidentemente di interesse – di “riconversione produttiva.” Una siffatta disciplina è del resto compatibile con i principi da tempo consolidati nella giurisprudenza amministrativa in materia di cambio di destinazione d’uso: “salva diversa previsione da parte delle leggi regionali, costituisce mutamento rilevante della destinazione d’uso ogni forma di utilizzo dell’immobile o della singola unità immobiliare diversa da quella originaria, ancorché non accompagnata dall’esecuzione di opere edilizie, purché tale da comportare l’assegnazione dell’immobile o dell’unità immobiliare considerati ad una diversa categoria funzionale tra quelle sotto elencate: a) residenziale; a-bis) turistico-ricettiva; b) produttiva e direzionale; c) commerciale; d) rurale [art. 23ter co. 1 D.p.R. 380/01] […] la giurisprudenza interpreta la norma de qua in modo rigoroso, ritenendo che il cambio di destinazione d’uso abbia tendenzialmente una giuridica apprezzabilità e, come tale, non possa essere liberamente eseguito previa CILA, ma debba essere assentito mediante permesso di costruire (TAR, Sez. II, n. 451 del 18.02.202); afferma, infatti, che il mutamento di destinazione d’uso giuridicamente rilevante, assentibile solo mediante permesso di costruire, in presenza o meno di opere edilizie, sia quello tra categorie funzionalmente autonome dal punto di vista urbanistico ed influisce, in via conseguenziale e automatica, sul carico urbanistico senza necessità di ulteriori accertamenti in concreto, poiché la semplificazione delle attività, voluta dal legislatore, non si è spinta fino al punto di rendere tra loro omogenee tutte le categorie funzionali, le quali rimangono sostanzialmente non assimilabili anche in caso di mancato incremento degli standard urbanistici, a conferma della scelta già operata con il D.M. 1444/1968 (Tar Napoli, Sez. VII, 27.04.2020, n. 1496; Consiglio di Stato sez. IV, 13/11/2018, n.6388)” (cfr., TAR Salerno, sent. n. 1554/2021).
Nel caso di specie, appare incontestabile che venga in rilievo la fattispecie del passaggio tra categorie funzionali disomogenee ed autonome (mutamento da attività “industriale” non meglio specificata e da tempo dismessa (cfr., SCIA, in atti), ad attività produttiva di servizi alla persona, assimilabile ad attività commerciale, in proposito, vedi T.A.R. Sicilia Palermo, Sez. III, Sent., (data ud. 16/01/2024) 29/02/2024, n. 826)), che, perciò solo, integra gli estremi di un mutamento giuridicamente rilevante della destinazione d’uso da “produttiva e direzionale” ex art. 23ter, comma 1, lett. b) del D.P.R. 380/2001 a “commerciale e rurale” ex art. 23ter, comma 1, lett. b) del D.P.R. 380/2001), soggetto, come tale, al previo rilascio del permesso di costruire, stante la sua idoneità ad incidere sul carico urbanistico.
Alla luce delle considerazioni sin qui esposte, il ricorso è infondato e come tale non merita accoglimento.
Nulla deve disporsi con riguardo alle spese di lite, stante la mancata costituzione del Comune resistente.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Settima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Nulla sulle spese.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 16 ottobre 2024 con l’intervento dei magistrati:
Paolo Passoni, Presidente
Valeria Nicoletta Flammini, Primo Referendario, Estensore
Francesca Dello Sbarba, Referendario
L’ESTENSORE
Valeria Nicoletta Flammini
IL PRESIDENTE
Paolo Passoni
IL SEGRETARIO