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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Pubblica amministrazione Numero: 6 | Data di udienza: 4 Dicembre 2024

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE – Conto economico consolidato delle amministrazioni pubbliche – Elenchi ISTAT – Giurisdizione della Corte dei Conti – Tutela “costitutiva” – Limitazione introdotta dall’art. 23-quater del decreto-legge 28 ottobre 2020, n.137 – Questione di legittimità costituzionale – Rilevanza e non manifesta infondatezza (Si ringrazia, per la segnalazione, il dott. Andrea Giordano)


Provvedimento: Ordinanza
Sezione: Sezioni riunite in sede giurisdizionale
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 21 Marzo 2025
Numero: 6
Data di udienza: 4 Dicembre 2024
Presidente: Coppola
Estensore: Randolfi


Premassima

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE – Conto economico consolidato delle amministrazioni pubbliche – Elenchi ISTAT – Giurisdizione della Corte dei Conti – Tutela “costitutiva” – Limitazione introdotta dall’art. 23-quater del decreto-legge 28 ottobre 2020, n.137 – Questione di legittimità costituzionale – Rilevanza e non manifesta infondatezza (Si ringrazia, per la segnalazione, il dott. Andrea Giordano)



Massima

CORTE DEI CONTI, Sezioni riunite in sede giurisdizionale – 21 marzo 2025, ordinanza n.6/2025/RIS

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE – Conto economico consolidato delle amministrazioni pubbliche – Elenchi ISTAT – Giurisdizione della Corte dei Conti – Tutela “costitutiva” – Limitazione introdotta dall’art. 23-quater del decreto-legge 28 ottobre 2020, n.137 – Questione di legittimità costituzionale – Rilevanza e non manifesta infondatezza.

Va rimessa alla Corte costituzionale, ai sensi dell’art. 134 Cost.,dell’articolo 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1, e dell’articolo 23, della legge 11 marzo 1953, n. 87, la questione di legittimità costituzionale dell’art. 23-quater del decreto-legge 28 ottobre 2020, n.137 (inserito dalla legge di conversione 18 dicembre 2020, n. 176), che ha confermato la giurisdizione della Corte dei conti in materia di elenchi ISTAT “ai soli fini dell’applicazione della normativa nazionale sul contenimento della spesa pubblica”.

Pres. Coppola, Est. Randolfi


Allegato


Titolo Completo

CORTE DEI CONTI, Sezioni riunite in sede giurisdizionale – 21 marzo 2025, ordinanza n.6/2025/RIS

SENTENZA

Ordinanza n.

R E P U B B L I C A   I T A L I A N A

LA CORTE DEI CONTI
SEZIONI RIUNITE IN SEDE GIURISDIZIONALE

in speciale composizione
composta dai signori magistrati:
Giovanni COPPOLA Presidente
Gaetano BERRETTA Consigliere relatore
Nicola RUGGIERO Consigliere
Maria Cristina RAZZANO Consigliere
Francesco SUCAMELI Consigliere
Giovanni GUIDA Consigliere
Marco RANDOLFI Consigliere estensore

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 844/SR/RIS del registro di segreteria, proposto, ai sensi dell’art. 11, co. 6 lett. b, e 123 ss. del d.lgs. 174 del 2016, dalla società “Consorzio Interuniversitario Sistemi Integrati per l’Accesso – CISIA”, in persona del Presidente e Legale rappresentante pro tempore, Prof. Andrea Stella, rappresentata e difesa, come da mandato in calce al ricorso, dal Prof. avv. Angelo Piazza, dall’avv. Laura Albano e dall’avv. Francesca De Napoli, 2 elettivamente domiciliata presso il loro Studio in Roma, 00187, piazza San Bernardo, n. 101, indirizzi PEC: angelo.piazza@legalmail.it; lauraalbano@ordineavvocatiroma.org;  rancescadenapoli@ordineavvocatiroma.org;

contro

l’Istituto Nazionale di Statistica – ISTAT, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, presso la cui sede istituzionale in Roma, via dei Portoghesi, n. 12 è domiciliato,
nonché nei confronti
– della Procura generale della Corte dei conti;
– del Ministero dell’economia e delle finanze, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato presso la cui sede istituzionale in Roma, alla Via dei Portoghesi, n. 12, è domiciliato;
per l’annullamento, previa sospensione degli effetti dell’iscrizione, dell’Elenco delle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato, individuato ai sensi dell’art. 1, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196 e successive modificazioni, predisposto dall’Istituto Nazionale di Statistica – ISTAT e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, serie generale n. 225 del 26 settembre 2023, nella parte in cui annovera il Consorzio Interuniversitario Sistemi Integrati per l’Accesso (nonché di ogni altro atto a questo connesso, presupposto e consequenziale);
VISTI il ricorso e i relativi allegati;
VISTO le memorie depositate dalle parti;
VISTI tutti gli atti della causa;
UDITI nell’udienza pubblica del giorno 4 dicembre 2024, il relatore, Cons. Gaetano Beretta, i difensori di parte ricorrente, in persona dell’Avv. Francesca De Napoli e dell’Avv. Gennaro Terracciano (in sostituzione dell’Avv. Angelo Piazza), l’Avv. dello Stato Pietro Garofoli per l’Istat e il Pubblico ministero, nella persona del vice Procuratore generale Antongiulio Martina, come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1. Nella Gazzetta Ufficiale, Serie Generale n. 225 del 26 settembre 2023, è stato pubblicato l’Elenco delle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato individuate ai sensi dell’art. 1, comma 3, della Legge 31 dicembre 2009, n. 196 e ss.mm.ii., elaborato e annualmente aggiornato da ISTAT, contenente, per la prima volta, il “Consorzio Interuniversitario Sistemi Integrati per l’Accesso – CISIA”.
2. Il “Consorzio Interuniversitario Sistemi Integrati per l’Accesso”, in forma abbreviata CISIA (costituito nel 2004 in Centro Interuniversitario formato dalle facoltà di Ingegneria e Architettura e successivamente, nel 2010, trasformato in Consorzio Interuniversitario di Atenei) è un consorzio interuniversitario (a cui possono partecipare le università pubbliche italiane e loro Associazioni quali le Conferenze o Organismi nazionali di raccordo e coordinamento di strutture universitarie, nonché il Ministero competente in materia di università, ed ogni Ente Pubblico le cui finalità istituzionali siano coerenti con quelle perseguite dal Consorzio) senza fini di lucro che ha per oggetto prevalente lo svolgimento di attività e ricerche nel campo dell’orientamento e dell’accesso agli studi universitari, specialistici e di perfezionamento superiore nonché dell’accesso, tramite procedure di orientamento e selezione, per altri enti pubblici e privati. In particolare, il CISIA organizza, per i corsi di laurea ad accesso libero e programmato, i test di valutazione delle conoscenze in ingresso e, negli anni, ha consolidato la propria attività occupandosi dell’organizzazione e gestione dei test d’ingresso per diverse aree scientifiche, dando vita, dal 2012, ai Test On Line CISIA (c.d. TOLC).
Nel ricorso introduttivo viene precisato che i servizi offerti dal CISIA, vengono realizzati e prodotti dal Consorzio in piena autonomia e vengono erogati dietro corrispettivo di un prezzo ai vari Atenei, consorziati e non, che possono scegliere liberamente se acquistarli dal CISIA o da altri operatori economici presenti sul mercato. I TOLC sono, infatti, prodotti autonomi del CISIA che vengono regolarmente fatturati, non sussistendo, invero, alcuna copertura delle spese pro quota (consortile) per i consorziati dei menzionati servizi.
A seguito del suddetto inserimento nell’elenco ISTAT delle pubbliche amministrazioni inserite nel conto economico consolidato individuato ai sensi dell’art. 1, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196 e ss.mm.ii., di cui il Consorzio avrebbe avuto conoscenza solamente con la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana serie generale n. 225 del 26 settembre 2023, è stata presentata una richiesta di accesso agli atti al fine di avere contezza dell’istruttoria condotta dall’ISTAT e delle motivazioni che hanno sorretto l’elaborazione dell’elenco.
A tale richiesta, l’Istituto di Statistica si è limitato a riferire di avere provveduto all’inserimento de quo sulla base delle informazioni dei dati contabili contenuti nei documenti allegati alla predetta nota:
precisamente statuto, elenco delle quote consortili 2023 e bilanci degli ultimi tre esercizi.
Non essendo rimasto soddisfatto delle spiegazioni ricevute, il CISIA ha quindi proposto ricorso avverso tale iscrizione nell’elenco ISTAT eccependo:
a) violazione dei principi sul procedimento amministrativo di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241 e ss.mm.ii.; eccesso di potere e/o sviamento per difetto assoluto del fatto presupposto nonché per difetto assoluto di istruttoria; travisamento dei fatti e contraddittorietà manifesta; difetto e/o carenza di motivazione;
b) violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1 della legge 196/2009 e del regolamento 549/2013/UE; eccesso di potere per manifesta irragionevolezza, illogicità, ingiustizia derivante da erronea e falsa applicazione dei criteri ed indici del c.d. SEC 2010 (sistema europeo dei conti). In particolare, nell’ambito di tal emotivo di ricorso, il Consorzio ha eccepito l’errata applicazione da parte dell’ISTAT del c.d. “test market-non market” e la mancata considerazione dei proventi asseritamente di libero mercato realizzati dal Consorzio vendendo i propri servizi alle Università (consorziate e non). Con separato atto, il CISIA ha inoltre proposto una istanza di
sospensione cautelare (e di riunione con il ricorso proposto per l’anno seguente) evidenziando, in particolare, la numerosa normativa di contenimento della spesa pubblica cui il consorzio dovrebbe assoggettarsi.
3. Avverso tale ricorso si è costituita L’Avvocatura generale dello Stato per conto dell’ISTAT eccependo, dopo una premessa sulla predisposizione dell’elenco Istat delle Amministrazioni pubbliche e sul quadro normativo di riferimento, l’infondatezza della richiesta attorea, chiedendone il rigetto. In particolare, l’Avvocatura dello Stato ha evidenziato che il Consorzio è soggetto a controllo pubblico nell’ordinamento e secondo le definizioni del SEC 2010 e del Manuale e i chiarimenti di Eurostat in merito all’esercizio del controllo congiunto, sia in considerazione del suo profilo istituzionale che del suo comportamento economico.
4. Si è costituita anche la Procura generale presso la Corte dei conti che, in via pregiudiziale, chiede di sollevare la questione di legittimità costituzionale con riferimento all’art. 23-quater del d.l. n. 137/2020 e affrontando il merito della controversia, chiede il rigetto integrale del ricorso.
Ad avviso della Procura, la pronuncia della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, sentenza n. 563/2023, depositata il 13 luglio 2023 e pubblicata sulla Gazzetta ufficiale dell’Unione Europea C-321 dell’11.9.2023, con numero di documento 62021CA0363, nel rinviare al legislatore nazionale le modalità di tutela azionabili avverso l’inclusione nell’elenco ISTAT e al conseguente assoggettamento alla disciplina euro unitaria conseguente al Regolamento n. 549/2013, lungi dal risolvere i problemi applicativi connessi alla norma di cui all’art.23 quater del d.l. n. 137/2020 ne abbia, in realtà, confermato l’attualità e la non manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale. Nel merito, viene puntualmente evidenziata la totale infondatezza del ricorso, chiedendone il rigetto integrale.
5. All’udienza del 4 dicembre 2024, dopo l’esposizione del relatore, la difesa del CISIA (avv. Francesca De Napoli e avv. Gennaro Terracciano in sostituzione dell’avv. Angelo Piazza) avanza innanzitutto le proprie perplessità circa l’assetto delineato dalla sentenza n. 30220/2024 della Corte di cassazione e chiede che sia sollevata la questione di legittimità costituzionale. Secondo l’avv. Terracciano, infatti, la questione di legittimità costituzionale andrebbe sollevata sulle norme che prevedono in modo automatico, quale effetto dell’iscrizione nell’elenco ISTAT, l’applicazione di tutte le norme sul contenimento della spesa pubblica. Il legale ritiene che l’applicazione automatica ed indiscriminata senza alcuna valutazione di merito di tali norme sia irragionevole, precisando inoltre che tale richiesta non è stato possibile avanzarla precedentemente in quanto la citata sentenza della Cassazione è intervenuta poco prima dell’udienza, a ricorso già ampiamente depositato. D’altro canto, se non vi fosse questo automatismo, CISIA non avrebbe alcun motivo di impugnare l’iscrizione nell’elenco, così come probabilmente ISTAT non avrebbe interesse a resistere. Ancora, evidenzia che l’attività di CISIA, sulla base del test market/no market sarebbe di mercato ed è offerta anche dal mercato, tanto è vero che le stazioni appaltanti, secondo il codice dei contratti pubblici, sono libere di scegliere se affidarsi al CISIA oppure rivolgersi ad altro fornitore, in base alla convenienza. Pertanto, il difensore sostiene che in primo luogo occorre mettere al centro delle riflessioni la tipologia di attività svolta, e solo dopo verificare se vi è controllo pubblico, non il contrario come invece è stato argomentato da ISTAT.
Interviene anche l’Avvocatura generale dello Stato per conto dell’l’ISTAT, richiamando le proprie considerazioni generali svolte precedentemente ed evidenziando la storia di CISIA, fin dalla sua nascita nel 2004 come consorzio. Anche alla luce dello statuto, per parte resistente è inevitabile che il CISIA sia considerato un ente appartenente al settore S13.
Interviene anche la Procura Generale, eccependo l’inammissibilità della documentazione depositata da parte ricorrente in limine dell’udienza rilevandone peraltro l’inconferenza trattandosi di affidamenti diversi rispetto a quelli oggetto dell’attività della CISIA. Nel merito, il Procuratore ricorda che l’art. 21-octies della l. 241/1990 stabilisce che, ove l’attività sia vincolata, come nel caso di specie, tenuto conto che i requisiti per l’iscrizione sono stabiliti espressamente dalla normativa europea, anche in caso di vizi del  procedimento questi sarebbero irrilevanti ai fini del risultato finale. Sulla questione di legittimità costituzionale, la Procura si riporta integralmente alla propria memoria in atti, così come per quel che riguarda la questione del rigetto della domanda cautelare proposta da controparte osservando come la stessa sia stata presentata a dicembre, quindi a fine anno, evidenziando l’assenza di periculum in mora come paventato invece da controparte. Quanto alla sentenza della Corte di cassazione, la Procura sottolinea ancora una volta come i due piani, quello euro-unitario che attiene alla attribuzione della soggettività pubblica, e quello interno relativo all’applicazione della legislazione sul contenimento della spesa pubblica, non possono essere considerati separati e non comunicanti, alla luce del fatto che gli enti qualificati come pubbliche amministrazioni contribuiscono a formare il bilancio consolidato dello Stato e quindi anche il suo eventuale indebitamento. Nel ricordare che, nel merito la ricognizione compiuta da ISTAT è stata effettuata a norma di legge, e quindi verificando in primo luogo l’esistenza del controllo pubblico sull’ente, e solo successivamente effettuando il test market/non market volto ad accertare l’esercizio di attività di mercato da parte dello stesso, la Procura ribadisce che la richiesta di rimessione degli atti alla Corte costituzionale appare fondata. Viene concessa una breve replica all’avv. Terracciano, il quale specifica ulteriormente la natura delle entrate di cui dispone il CISIA ed insiste, oltre che sull’accoglimento del ricorso, sulla previa rimessione della questione di legittimità alla Corte costituzionale.
Segue una breve replica della Procura volta al rigetto delle richieste di parte attorea.

DIRITTO

6. Illegittimità costituzionale dell’art. 23-quater del d.l. 137/2020 per contrasto con gli articoli 3, 25, 102, 103, 108 e 111 della Costituzione, nonché dell’art. 5, co.1, lett. a), legge costituzionale 20 aprile 2012, n. 1.
6.1 In sede di conversione del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, recante “Ulteriori misure urgenti in materia di tutela della salute, sostegno ai lavoratori e alle imprese, giustizia e sicurezza, connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19”, è stato inserito l’art. 23-quater disciplinante “Unità ulteriori che concorrono alla determinazione dei saldi di finanza pubblica del conto economico consolidato delle amministrazioni pubbliche”.
In base a tale articolo, nel primo comma viene previsto che “agli enti indicati nell’elenco 1 annesso al presente decreto, in quanto unità che, secondo criteri stabiliti dal Sistema europeo dei conti nazionali e regionali nell’Unione europea (SEC 2010), di cui al regolamento (UE) n. 549/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 21 maggio 2013, concorrono alla determinazione dei saldi di finanza pubblica del conto economico consolidato delle amministrazioni pubbliche, si applicano in ogni caso le disposizioni in materia di equilibrio dei bilanci e sostenibilità del debito delle amministrazioni pubbliche, ai sensi e per gli effetti degli articoli 3 e 4 della legge 24 dicembre 2012, n. 243, nonché quelle in materia di obblighi di comunicazione dei dati e delle informazioni rilevanti in materia di finanza pubblica”.
Particolarmente rilevante, ai fini della decisione del giudizio promosso da CISIA, è il secondo comma di detto articolo in base al quale “all’articolo 11, comma 6, lettera b), del codice della giustizia contabile, di cui all’allegato 1 al decreto legislativo 26 agosto 2016, n. 174, dopo le parole: “operata dall’ISTAT” sono aggiunte le seguenti: “, ai soli fini dell’applicazione della normativa nazionale sul contenimento della spesa pubblica”.
La novella del 2020 pone una chiara limitazione della giurisdizione in materia di elenchi ISTAT, espressamente attribuita alla Corte dei conti dal legislatore in un primo momento con l’art. 1, comma 169, della l. 24 dicembre 2012, n. 228 e, successivamente, con l’articolo 11, comma 6, lettera b), del codice della giustizia contabile di cui al d.lgs. n. 174/2016.
Con tale norma del 2012 è stato previsto che “avverso gli atti di ricognizione delle amministrazioni pubbliche operata annualmente dall’ISTAT ai sensi dell’articolo 1, comma 3, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, è ammesso ricorso alle Sezioni riunite della Corte dei conti, in speciale composizione, ai sensi dell’articolo 103, secondo comma, della Costituzione” e, per l’effetto, è stata abrogata la precedente competenza giurisdizionale dei TAR e del Consiglio di Stato in materia.
Sulla esatta portata della norma del 2020 e sui suoi eventuali effetti, rinviando a quanto si dirà nei punti che seguono circa la non manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale, appare a questo Giudice chiara la rilevanza dell’ipotizzato sindacato di costituzionalità all’Ill.mo Giudice delle Leggi, posto che il ricorso in discussione è stato proposto da CISIA espressamente ai fini dell’annullamento della sua iscrizione nell’elenco ISTAT delle unità istituzionali appartenenti al settore delle amministrazioni pubbliche. È quindi evidente che, al fine di rispondere alla domanda di giustizia avanzata dal ricorrente, debbano essere conosciute le esatte implicazioni connesse alla novellata formulazione dell’articolo 11, comma 6, lettera b), del codice della giustizia contabile di cui al D.lgs. n. 174/2016.
6.2 Il disegno del Legislatore del 2012 era sufficientemente chiaro, nel senso di voler attribuire una cognizione piena alla Corte dei conti di una materia che presenta risvolti plurimi, non solo di rilievo ai fini del contenimento della finanza pubblica, ma anche e prima ancora di fondamentale importanza per determinare il perimetro di riferimento del Conto economico consolidato dello Stato, rilevante ai fini della determinazione dei saldi di finanza pubblica e ai fini della corretta applicazione del Regolamento UE 549/2013 che istituisce il Sistema europeo dei conti 2010 (c.d. “SEC 2010” che rappresenta il sistema dell’Unione europea compatibile a livello internazionale delle norme contabili che possono essere utilizzate per fornire una descrizione sistematica e dettagliata di un’economia).
In tal senso, la tutela “costitutiva” rivendicata dai ricorrenti per decidere del loro status di soggetti appartenenti alle Unità istituzionali appartenenti al settore delle Amministrazioni Pubbliche, non richiede solo e soltanto valutazioni di tipo amministrativo e procedimentale, ma richiede anche e soprattutto una valutazione di tipo giuscontabile. Non a caso il legislatore del 2012, nell’escludere l’attribuzione della giurisdizione sulla materia fino ad allora riconosciuta ai TAR, ha inteso attribuirla alla Corte dei conti ai sensi dell’art. 103 della Costituzione (richiamato espressamente nella norma). Ciò in quanto la valutazione relativa ai soggetti appartenenti al settore istituzionale delle amministrazioni pubbliche, ancorché non necessariamente coincidente con la qualifica di PA e con la correlata attribuzione di pubblici poteri, può riguardare soggetti che assumono un rilievo “pubblicistico” nel sistema europeo dei conti in funzione della natura delle fonti di finanziamento, venendo in rilievo la loro eventuale dipendenza dalle pubbliche finanze oppure la loro autonoma capacità di vivere ed operare nel libero mercato. In tale prospettiva, la legge italiana di contabilità n. 196/2009 ha espressamente attribuito rilievo all’elenco predisposto annualmente dall’ISTAT, sulla base di criteri statistico-economici e a seguito di continui confronti con le autorità statistiche europee, in applicazione del Sistema europeo dei conti (Regolamento UE) del Parlamento europeo e del Consiglio, n. 549/2013, SEC 2010) e della guida metodologica ed operativa fornita dal Manual on Government Deficit and Debt – Implementation of ESA 2010 (MGDD). Dispone infatti l’art. 1, co. 2, della citata legge n. 196/2009 che “gli enti e i soggetti indicati a fini statistici nell’elenco oggetto del comunicato dell’Istituto nazionale di statistica (ISTAT) in data 24 luglio 2010, pubblicato in pari data nella Gazzetta ufficiale della Repubblica italiana n. 171, nonché a decorrere dall’anno 2012 gli enti e i soggetti indicati a fini statistici dal predetto Istituto nell’elenco oggetto del comunicato del medesimo Istituto in data 30 settembre 2011, pubblicato in pari data nella Gazzetta ufficiale della Repubblica italiana n. 228, e successivi aggiornamenti ai sensi del comma 3 del presente articolo, effettuati sulla base delle definizioni di cui agli specifici regolamenti dell’Unione europea, le Autorità indipendenti e, comunque, le amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni”.
La scelta di fornire applicazione ai Regolamenti UE sulla base del criterio del rinvio all’elenco ISTAT ha consentito al nostro Paese di dare piena attuazione alle regole contabili e ai vincoli di finanza pubblica approvati in sede europea: ciò sulla base di regole eminentemente tecniche, in applicazione del su ricordato Sistema europeo dei conti (Regolamento n. 549/2013, SEC 2010) e del citato Manual on Government Deficit and Debt – Implementation of ESA 2010 (MGDD).
Tali parametri di valutazione, come anche rilevato dalla parte ricorrente, sono vincolanti e non richiedono alcuna discrezionalità amministrativa implicando, al più, una discrezionalità di tipo tecnico, che non lascia spazi a valutazioni tra plurime alternative, ma fornisce una unica soluzione “obbligata” ed “imposta” dal rispetto di regole scientifiche di natura statistico-economica.
In tal, senso quindi, la limitazione della cognizione riservata alla Corte dei conti in materia di ricognizione delle amministrazioni pubbliche operata dall’ISTAT “ai soli fini dell’applicazione della normativa nazionale sul contenimento della spesa pubblica” appare illegittima e nettamente contrastante con i principi costituzionali e comunitari in materia di tutela dei diritti e dei conti pubblici. In particolare, la novella verrebbe a privare i soggetti inclusi negli elenchi ISTAT della tutela c.d. “costitutiva”, vedendosi in questa maniera attribuito uno status assegnato in applicazione del Regolamento UE n. 549/2013 e della relativa nota metodologica senza
poter attivare una valida tutela giurisdizionale. Ciò, in quanto la novella del 2020 non appare in alcun modo aver voluto attribuire espressamente la tutela costitutiva ad altro organo giurisdizionale.
6.3. A tale ultimo riguardo, vanno ricordate le chiarissime affermazioni della sentenza costituzionale n. 7/2020, che richiama a sua volta la sentenza n. 13 del 2012: “secondo la costante giurisprudenza costituzionale, il fenomeno della reviviscenza di norme abrogate «non opera in via generale e automatica e può essere ammesso soltanto in ipotesi tipiche e molto limitate”.
Nella stessa direzione, ha avuto modo di esprimersi nuovamente la Corte costituzionale con la recente sentenza n. 185/2024 che ha riconosciuto i limitati ambiti all’interno dei quali può operare la reviviscenza di norme abrogate. Secondo la citata sentenza, “la espressa reviviscenza ex nunc di disposizioni di legge abrogate è una tecnica normativa non consueta, ma in sé non illegittima nel senso che il legislatore, in questo caso regionale, recepisce per relationem il contenuto delle disposizioni abrogate riproducendolo in tal modo in nuove disposizioni. La reviviscenza sottolinea la testuale identità di vecchie e nuove disposizioni, ma che rimangono comunque ben distinte”. In tal modo, quindi, il Giudice delle Leggi ha avuto modo di riconoscere l’operatività della reviviscenza di norme di legge abrogate solamente qualora sia una nuova legge a prevederla e, in ogni caso, senza possibilità che tale espressa reviviscenza possa operare retroattivamente. Il principio della riserva di legge sull’ordinamento giudiziario, al fine di garantire e riaffermare l’indipendenza della magistratura da altri poteri dello Stato (in particolare da quello esecutivo) e per tutelare sia i giudici ordinari sia quelli speciali, trova nell’art. 108 della Costituzione la sua compiuta formulazione per cui “le norme sull’ordinamento giudiziario e su ogni magistratura sono stabilite con legge. La legge assicura l’indipendenza dei giudici delle giurisdizioni speciali, del pubblico ministero presso di esse, e degli estranei che partecipano all’amministrazione della giustizia”.
6.4 Alla luce della riserva di legge espressamente richiesta dalla Costituzione per delimitare le materie e garantire l’indipendente esercizio delle funzioni di cui agli articoli 102 (per la magistratura ordinaria) e 103 (per le magistrature speciali – Consiglio di Stato e Corte dei conti), appare quanto mai singolare la lettura fornita della Corte di cassazione con la propria sentenza n. 30220/2024. Con la citata sentenza n. 30220, la Cassazione a Sezioni Unite ricostruisce i passi delle Sezioni riunite della Corte dei conti, dopo la sentenza della Corte di Giustizia Europea, le quali avevano disapplicato l’art. 23-quater del d.l. 137/2020, che limita la
giurisdizione della Corte “ai soli fini dell’applicazione della normativa nazionale sul contenimento della spesa pubblica “. Tale disapplicazione era stata motivata dalla affermata incompatibilità della norma con il diritto europeo, in particolare con i principi di effettività ed equivalenza richiamati dalla CGUE nella sentenza del 13 luglio 2023 (cause C-363/21 e C-364/21).
Quest’ultima decisione era stata impugnata dal MEF e dall’ISTAT, sull’asserita considerazione che la giurisdizione sulla legittimità dell’inclusione nell’elenco ISTAT spettasse al Giudice amministrativo, lasciando alla Corte dei conti il controllo sui soli profili di contenimento della spesa pubblica.
Sull’effettiva possibilità di separazione di tali profili di tutela, va detto che anche la Corte di cassazione, nel suo articolato ragionamento, mostra qualche contraddizione, facendo comunque riferimento al consolidato principio di “autosufficienza del ricorso”, per cui non vi è necessità di procedere ad una duplicazione di azioni avverso il medesimo fatto lesivo di posizioni individuali, anche se non ritiene rilevante il non secondario rischio di un contrasto di giudicati. Un punto fondamentale affermato dalla Corte di Cassazione attiene poi alla qualificazione dell’atto impugnato: “occorre rilevare, in via generale, che l’inclusione nell’elenco ISTAT ha natura provvedimentale, cui si contrappone, in capo agli enti coinvolti, una situazione giuridica soggettiva di interesse legittimo, ambito che, in quanto tale, ai sensi dell’art. 7 c.p.a., è riferibile alla giurisdizione amministrativa” facendo riferimento alla circostanza che: “anteriormente all’intervento operato con l’art. 1, comma 169, l. n. 228 del 2012 (che ha previsto il ricorso alle Sezioni riunite della Corte dei conti), il relativo contenzioso era pacificamente instaurabile innanzi al giudice amministrativo” (par.15), con la conseguenza che a fronte della “contrazione” dell’ambito della giurisdizione contabile non vi sarebbe vuoto di tutela in quanto “si deve ritenere che si sia, contestualmente, riespansa la giurisdizione del giudice amministrativo” (par 15.3).
6.5 L’impostazione seguita dalla Cassazione citata non appare convincente. Invero, prima del Giudice di legittimità, aveva avuto modo di esprimersi la Corte di Giustizia UE, nella pronuncia del 13 luglio 2023 (cause C-363/21 e C-364/21), riaffermando i noti principi per cui agli Stati membri è riconosciuta una certa discrezionalità nell’organizzazione delle proprie competenze giurisdizionali, purché sia garantito che i diritti degli interessati trovino una tutela adeguata, piena ed efficace, soprattutto in situazioni che incidano su obblighi di bilancio pubblico (principio di effettività), e che il sistema giurisdizionale fornisca agli interessati gli stessi standard di tutela applicabili a situazioni analoghe di diritto interno, evitando disparità o trattamenti di sfavore (principio di equivalenza).
Alla luce di tali principi enunciati dalla Corte di Giustizia, la Cassazione ha ritenuto di integrare, in via pretoria, il vuoto di tutela lasciato dall’art. 23-quater del d.l. 137/2020 e, ritornando alla situazione antecedente alla novella legislativa del 2012 che ha, nei fatti, abrogato la giurisdizione amministrativa in materia, ha affermato che la norma del 2020 “nel circoscrivere la giurisdizione della Corte dei Conti ai profili di spending review, non pregiudica tale diritto, poiché il giudice amministrativo è chiamato a occuparsi di tutte le altre questioni legate alla legittimità degli atti amministrativi”.
6.6 Come si è anticipato, la posizione della Corte di cassazione non appare convincente. Oltre a quanto già detto circa la necessità di una riserva di legge espressa in materia di giurisdizione e alla non reviviscenza di norme abrogate, la riconducibilità della competenza della Corte dei conti a conoscere (anche) dello status conseguente all’inserimento nell’elenco ISTAT discende direttamente dagli art. 100, co. 2, e 103, co. 2 della Costituzione, nonché dall’articolo 5, co. 1, della legge costituzionale 20 aprile 2012, n. 1 (riguardante le verifiche, preventive e consuntive, sugli andamenti di finanza pubblica).
Al riguardo, vale la pena di ricordare che la legge costituzionale introduttiva del principio del pareggio di bilancio nella Carta costituzionale, è stata emanata proprio in considerazione dei patti e dei trattati elaborati in seno all’Unione europea, a cui l’Italia ha sempre aderito sin dalla loro fase genetica. In tal senso, la riforma costituzionale del 2012 ha inteso dare esplicita applicazione alla riforma del “Patto di Stabilità e Crescita” di cui si stava in quel momento discutendo in ambito europeo e che, il 2 marzo 2012, portò alla formale adozione del “Trattato sulla stabilità, coordinamento e governance nell’unione economica e monetaria” (conosciuto come fiscal compact, letteralmente “patto di bilancio”). Le verifiche sui saldi di bilancio, attualmente svolte dalla Corte dei conti attraverso il Conto consolidato del Bilancio in virtù delle competenze riconosciute dagli articoli 100 e 103 della Costituzione, assolvono anche alla funzione di verifica degli equilibri europei e, prima ancora che dei saldi finali di bilancio, riguardano la corretta perimetrazione soggettiva di tale conto che, giova ribadirlo, in virtù del rinvio operato dalla l. 196/2009 coincide con l’elenco elaborato dall’ISTAT sulla base dei più volte ricordati Regolamento (UE) n. 549/2013 e Manual on Government Deficit and Debt. Invero, allo stato attuale, è assolutamente impossibile procedere ad una scissione di valutazioni circa l’attribuzione dello status organismo appartenente all’elenco delle amministrazioni pubbliche, rilevante ai fini del conto consolidato del bilancio nazionale ed effetti relativi all’applicazione delle norme sul contenimento della finanza pubblica, in quanto, per effetto del rinvio operato dalla l. 196/2009 agli elenchi ISTAT, dall’inclusione nell’elenco pubblicato in gazzetta ufficiale discende automaticamente l’assoggettamento alla disciplina vincolistica recata dalla normativa finanziaria.
Diversamente ragionando, si dovrebbe ammettere (come sembrerebbe aver fatto la citata Corte di cassazione) la coesistenza di una giurisdizione speciale ed esclusiva in materia di contabilità pubblica assegnata alla Corte dei conti e al contempo di una giurisdizione concorrente, anch’essa speciale, di tipo generale e che diventa principale e temporalmente antecedente, ed eventualmente assorbente sulla base di parametri di giudizio che (prescindendo da ogni valutazione tecnica circa l’affidabilità e regolarità degli schemi di bilancio adottati e dei saldi di finanza pubblica in essi rappresentati) sono incentrati sui vizi tipici dell’atto amministrativo riconducibili alla incompetenza, all’eccesso di potere ed alla violazione di legge.
7. Illegittimità costituzionale dell’art. 23-quater del D.L. 137/2020 per contrasto con gli articoli 24, 101, 104, 111 e 113 della Costituzione.
Secondo una differente prospettiva rispetto a quella sin qui esposta, emerge un ulteriore profilo di illegittimità costituzionale che va ritenuta non manifestamente infondata ed anch’essa rilevante ai fini della decisione, secondo due linee argomentative. Secondo la prima, anche a seguito dell’impatto della decisione della CGUE del 13 luglio 2023, la norma contenuta nell’art. 23-quater del d.l. n. 137/2020 che ha confermato la giurisdizione della Corte dei conti in materia di elenchi ISTAT “ai soli fini dell’applicazione della normativa nazionale sul contenimento della spesa pubblica”, viene in contrasto, principalmente, con gli articoli 24, 111 e 113 della Costituzione.
Invero, le limitazioni alla tutela giurisdizionale che l’art. 23-quater del d.l. n. 137/2020 determina comportano la violazione dei parametri di cui agli artt. 24, 111 e 113 Cost. poiché, da un lato, comprimono le utilità ottenibili attraverso la tutela giurisdizionale in relazione all’inclusione nell’Elenco ISTAT e, dall’altro lato, escludono la tutela costitutiva garantita dall’art. 113 Cost.
Infatti, l’attività di ricognizione delle unità istituzionali facenti capo al settore S.13 si basa su profili di natura eminentemente contabile, mentre le categorie giuridiche hanno un ruolo del tutto marginale (se non addirittura nullo) nel processo di catalogazione. Ciò in quanto le caratteristiche del rapporto negoziale che lega l’unità istituzionale ad altra unità istituzionale rientrante nel settore S.13 (e, quindi, alla Pubblica Amministrazione) hanno rilievo solo in quanto a loro volta possono essere considerati indicatori della riconducibilità, sul piano contabile, della prima al medesimo settore della seconda. Ora, se questo è l’oggetto della verifica che ISTAT deve compiere (e non vi è dubbio che sia questo) è evidente che la relativa attività sia del tutto priva dell’elemento della discrezionalità (per l’appunto, attività di mera ricognizione, di natura squisitamente tecnica), che tradizionalmente identifica e delimita l’ambito della giurisdizione amministrativa sia rispetto alla giurisdizione ordinaria, sia rispetto alla giurisdizione contabile.
È forte il richiamo, da tenere ben presente, al terzo comma dell’art. 113 Cost. che detta un principio spesso trascurato, ma assolutamente cogente: spetta al legislatore indicare se e a quale Giudice competa il potere di conoscere della tutela costitutiva rispetto agli atti della PA, attraverso l’annullamento.
Secondo la seconda linea argomentativa, va altresì censurato il primo comma dell’art. 23-quater che si pone chiaramente in contrasto con gli art. 24, 101, 104 e 111 Cost. poiché il Legislatore, così facendo, ha sostituito la propria valutazione sulla riconducibilità degli enti inclusi nell’elenco allegato al d.l. tra quelli che concorrono alla determinazione dei saldi di finanza pubblica del conto economico consolidato delle amministrazioni pubbliche a quella espressa dalla Corte dei conti con sentenze passate in giudicato determinando, per l’effetto, un’inammissibile interferenza nell’autonomia del potere giurisdizionale.
8. Illegittimità costituzionale dell’art. 23-quater del d.l. 137/2020 per contrasto con gli articoli 76 e 77 della Costituzione.
Infine, si evidenzia il contrasto della norma novellata con gli artt. 76 e 77, commi 2 e 3, secondo periodo, per l’eterogeneità del suo contenuto rispetto al decreto da convertire.
Sul punto, vale la pena di ricordare che la modifica dell’art. 11 del Codice di giustizia contabile, infatti, è stata veicolata dall’art. 23 – quater del d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, recante “ulteriori misure urgenti in materia di tutela della salute, sostegno ai lavoratori e alle imprese, giustizia e sicurezza, connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19”, reiterativo della disciplina dettata dall’art. 5, co. 2, del d.l. 23 novembre, 2020, n. 154/2020, recante “Misure finanziarie urgenti connesse all’emergenza epidemiologica da COVID-19” abrogata dall’art. 1, comma 2, della legge 18 dicembre 2020 n. 176, di conversione, con modifiche, del citato d.l. 137/2020. Nel ricordare che “ai sensi del secondo comma dell’art. 77 Cost., i presupposti per l’esercizio senza delega della potestà legislativa da parte del Governo riguardano il decreto-legge nella sua interezza, inteso come insieme di disposizioni omogenee per la materia o per lo scopo” (in tal senso, ex multis, sentenza costituzionale n. 22/2012), in questa sede vale la pena di evidenziare che sia la prima stesura della norma contenuta nel d.l. 154/2020 e sia la medesima versione riproposta in sede di conversione del d.l. 137/2020 avevano un evidente e chiaro intento di limitare la giurisdizione della Corte dei conti ma senza, peraltro, avere un qualsivoglia nesso con l’emergenza determinata dalla pandemia scaturita dalla diffusione del coronavirus del Covid-19. Così facendo, in sede di conversione del d.l. 137/2020 si è proceduto con l’inserimento di norme eterogenee all’oggetto o alla finalità del decreto Covid, spezzando il legame logico-giuridico tra la valutazione fatta dal Governo dell’urgenza del provvedere ed i provvedimenti provvisori con forza di legge, di cui alla norma costituzionale citata.
In tal modo, oltre a violare i parametri di buona tecnica legislativa individuati dall’art. 15, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, secondo cui “i decreti devono contenere misure di immediata applicazione e il loro contenuto deve essere specifico, omogeneo e corrispondente al titolo”, si è proceduto ad un uso improprio e non consentito del particolare potere, di natura eccezionale, attribuito dalla Costituzione al Governo.
Infatti, come evidenziato nella sentenza 22/2012 cit., “il presupposto del «caso» straordinario di necessità e urgenza inerisce sempre e soltanto al provvedimento inteso come un tutto unitario, atto normativo fornito di
intrinseca coerenza, anche se articolato e differenziato al suo interno. La scomposizione atomistica della condizione di validità prescritta dalla Costituzione si pone in contrasto con il necessario legame tra il provvedimento legislativo urgente ed il «caso» che lo ha reso necessario, trasformando il decreto-legge in una congerie di norme assemblate soltanto da mera casualità temporale”.
Ne consegue, quindi, un ulteriore profilo di illegittimità costituzionale dell’art. 23-quater del d.l. 137/2020, attinente alla fase genetica del procedimento formativo della legge di conversione di un decreto-legge emanato nel contesto dell’emergenza pandemica e che nulla ha a che vedere con l’entrata a regime di una norma limitativa della competenza della Corte dei conti a conoscere dell’esatta delimitazione soggettiva del Conto economico consolidato del bilancio come prescritto dalle cogenti norme euro unitarie più volte innanzi ricordate.
9. Alla luce di tutto quanto sin qui esposto e motivato, va pertanto rimessa alla Corte costituzionale, ai sensi dell’art. 134 Cost., dell’articolo 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1, e dell’articolo 23, della legge 11 marzo 1953, n. 87, la questione di legittimità costituzionale dell’art. 23-quater del decreto-legge 28 ottobre 2020, n.137 (inserito dalla legge di conversione 18 dicembre 2020, n. 176).

PER QUESTI MOTIVI

la Corte dei conti, a Sezioni riunite in sede giurisdizionale in speciale composizione, non definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe:

– dichiara rilevante e non manifestamente infondata, in relazione agli articoli 3, 25, 102, 103, 108 e 111 della Costituzione, nonché dell’art. 5, co.1, 26 lett. a, legge costituzionale 20 aprile 2012, n.1., la questione di legittimità costituzionale dell’art.23-quater del decreto-legge 28 ottobre 2020, n.137 (inserito dalla legge di conversione 18 dicembre 2020, n.176);
– dichiara rilevante e non manifestamente infondata, in relazione agli articoli 24, 101, 104, 111 e 113 della Costituzione, la questione di legittimità costituzionale del medesimo art.23-quater del decreto-legge 28 ottobre
2020, n.137;
– dichiara rilevante e non manifestamente infondata, in relazione agli articoli 76 e 77 della Costituzione, la questione di legittimità costituzionale del sopramenzionato art.23-quater del decreto-legge 28 ottobre 2020,
n.137;
– dispone la sospensione del presente giudizio e ordina la immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale.
Ordina che a cura della Segreteria la presente ordinanza sia notificata alle parti e al Presidente del Consiglio dei ministri e comunicata ai Presidenti del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati.
Riserva alla decisione definitiva ogni ulteriore statuizione in rito, nel merito ed in ordine alle spese.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 4 dicembre 2024.

L’ESTENSORE 
Marco Randolfi 

IL PRESIDENTE
Giovanni Coppola

La presente decisione, il cui dispositivo è stato letto all’udienza del 4 dicembre 2024, è stata depositata in Segreteria in data 21 marzo 2025

IL DIRIGENTE
Antonio Franco

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