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Decreto 17 Ottobre 2007
Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare. Criteri minimi uniformi per la definizione di misure di conservazione relative a Zone speciali di conservazione (ZSC) e a Zone di protezione speciale (ZPS).
(GU n. 258 del 6-11-2007)
IL MINISTRO DELL'AMBIENTE E DELLA TUTELA DEL TERRITORIO E DEL MARE
Vista la direttiva n. 79/409/CEE del Consiglio del 2 aprile 1979
concernente la conservazione degli uccelli selvatici;
Vista la direttiva n. 92/43/CEE del Consiglio del 21 maggio 1992
relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e
della flora e della fauna selvatiche;
Vista la legge 11 febbraio 1992, n. 157, e successive modificazioni,
"Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il
prelievo venatorio";
Vista la deliberazione del 2 dicembre 1996 del Comitato per le aree
naturali protette pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 139 del 17
giugno 1997;
Visto il decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n.
357, e successive modificazioni, "Regolamento recante attuazione della
direttiva n. 92/43/CEE relativa alla conservazione degli habitat
naturali e seminaturali, nonche' della flora e della fauna selvatiche";
Visto il decreto del Ministero dell'ambiente e della tutela del
territorio del 3 settembre 2002, "Linee guida per la gestione dei siti
Natura 2000" pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 224 del 24 settembre
2002;
Visto il regolamento (CE) n. 1782/2003 del Consiglio del 29 settembre
2003 che stabilisce norme comuni relative al regime di sostegno diretto
nell'ambito della Politica Agricola Comune (PAC);
Visto il regolamento (CE) n. 796/2004 della Commissione del 21 aprile
2004, recante modalita' di applicazione della condizionalita', della
modulazione del sistema integrato di gestione e controllo di cui al
regolamento (CE) n. 1782/2003 e successive modifiche e integrazioni;
Visto il regolamento (CE) n. 1698/2005 del Consiglio del 20 settembre
2005, sul sostegno allo sviluppo rurale da parte del Fondo europeo
agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR);
Visto il regolamento (CE) n. 1967/2006 del Consiglio del 21 dicembre
2006, relativo alle misure di gestione per lo sfruttamento sostenibile
delle risorse della pesca nel mar Mediterraneo e recante modifica del
regolamento (CEE) n. 2847/1993 e che abroga il regolamento (CE) n.
1626/94;
Vista la legge 6 febbraio 2006, n. 66 "Adesione della repubblica
italiana all'accordo sulla conservazione degli uccelli migratori dell'Africa-Eurasia,
con Allegati e Tabelle, fatto a L'Aja il 15 agosto 1996" e in
particolare l'art. 1: "Piena ed intera esecuzione e' data all'Accordo di
cui all'art. 1, a decorrere dalla data della sua entrata in vigore, in
conformita' con quanto disposto dall'art. XIV dell'Accordo stesso" e
l'art. 4.1.4. dell'Allegato 3 dell'Accordo, che costituisce parte
integrante della legge: "Le Parti contraenti si impegnano a sopprimere
l'utilizzazione del piombo per la caccia nelle zone umide entro il
2000";
Tenuto conto che la valutazione d'incidenza, di cui all'art. 5 del
decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n. 357, e
successive modificazioni, costituisce una misura preventiva di tutela
legata ai piani o ai progetti cui devono necessariamente aggiungersi le
misure di conservazione opportune al mantenimento o al ripristino, in
uno stato di conservazione soddisfacente, delle specie e degli habitat
dei siti natura 2000;
Considerata altresi' la necessita' che nel definire le misure di
conservazione da applicare ai siti della rete Natura 2000, a far data
dalla loro designazione, sia garantita la coerenza ecologica della rete
e la conservazione adeguata dei medesimi;
Considerato che la Commissione europea, in data 28 giugno 2006, ha
emesso nei confronti dello Stato italiano, nell'ambito della procedura
d'infrazione n. 2006/2131, avviata per non conformita' al diritto
comunitario della normativa italiana di recepimento della direttiva
79/409/CEE, un parere motivato nel quale contesta la violazione, fra gli
altri, degli artt. 2, 3 e 4 della direttiva 79/409/CEE che prevedono
l'obbligo di adottare, ai sensi dell'art. 3 "le misure necessarie per
preservare, mantenere o ristabilire per tutte le specie di cui
all'allegato 1, una varieta' ed una superficie di habitat", nonche', ai
sensi dell'art. 4 "per le specie elencate nell'allegato 1, misure
speciali di conservazione per quanto riguarda l'habitat";
Vista la legge 27 dicembre 2006, n. 296, recante "Disposizioni per la
formazione del bilancio annuale pluriennale dello Stato (legge
Finanziaria 2007)" e in particolare l'art. 1, comma 1226, che, al fine
di prevenire ulteriori procedure d'infrazione, demanda ad un decreto del
Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare,
l'individuazione di criteri minimi uniformi sulla base dei quali le
regioni e le province autonome di Trento e Bolzano debbono adottare le
misure di conservazione di cui agli artt. 4 e 6 del decreto del
Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n. 357, e successive
modificazioni;
Sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni
e le province autonome di Trento e Bolzano nella seduta del 20 settembre
2007;
Decreta:
Art. 1.
Finalita'
Il presente decreto integra la disciplina afferente la gestione dei
siti che formano la rete Natura 2000 in attuazione delle direttive n.
79/409/CEE del Consiglio del 2 aprile 1979 e n. 92/43/CEE del Consiglio
del 21 maggio 1992, dettando i criteri minimi uniformi sulla cui base le
regioni e le province autonome adottano le misure di conservazione o
all'occorrenza i piani di gestione per tali aree, in adempimento
dell'art. 1, comma 1226, della legge 27 dicembre 2006, n. 296.
I criteri minimi uniformi garantiscono la coerenza ecologica della rete
Natura 2000 e l'adeguatezza della sua gestione sul territorio nazionale.
L'individuazione dei criteri minimi uniformi e' altresi' tesa ad
assicurare il mantenimento ovvero, all'occorrenza, il ripristino in uno
stato di conservazione soddisfacente degli habitat di interesse
comunitario e degli habitat di specie di interesse comunitario, nonche'
a stabilire misure idonee ad evitare la perturbazione delle specie per
cui i siti sono stati designati, tenuto conto degli obiettivi delle
direttive n. 79/409/CEE e n. 92/43/CEE.
Per ragioni connesse alla salute dell'uomo e alla sicurezza pubblica o
relative a conseguenze positive di primaria importanza per l'ambiente,
si puo' provvedere all'autorizzazione di interventi o progetti
eventualmente in contrasto con i criteri indicati nel presente atto, in
ogni caso previa valutazione di incidenza, adottando ogni misura
compensativa atta a garantire la coerenza globale della rete Natura
2000.
Art. 2.
Definizione delle misure di conservazione per le Zone speciali di
conservazione (ZSC)
1. I decreti del Ministero dell'ambiente e della tutela del
territorio e del mare di designazione delle ZSC, adottati d'intesa con
ciascuna regione e provincia autonoma interessata, secondo quanto
previsto dall'art. 3, comma 2, del decreto del Presidente della
Repubblica 8 settembre 1997, n. 357, e successive modificazioni,
indicano il riferimento all'atto con cui le regioni e le province
autonome adottano le misure di conservazione necessarie a mantenere in
uno stato di conservazione soddisfacente gli habitat e le specie per i
quali il sito e' stato individuato, conformemente agli indirizzi
espressi nel decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela del
territorio 3 settembre 2002 "Linee guida per la gestione dei siti Natura
2000" e alle disposizioni del presente decreto, assicurando la
concertazione degli attori economici e sociali del territorio coinvolto.
Eventuali modifiche alle misure di conservazione, che si rendessero
necessarie sulla base di evidenze scientifiche, sono adottate dalle
regioni e dalle province autonome e comunicate entro i trenta giorni
successivi al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e
del mare.
2. Le misure di conservazione previste nei rispettivi decreti di
designazione per le ZSC o per le loro porzioni ricadenti all'interno di
aree naturali protette o di aree marine protette di rilievo nazionale
istituite ai sensi della legislazione vigente, sono individuate ad
eventuale integrazione delle misure di salvaguardia ovvero delle
previsioni normative definite dai rispettivi strumenti di
regolamentazione e pianificazione esistenti.
3. Entro sei mesi dalla designazione delle ZSC le regioni e le province
autonome adottano le relative misure di conservazione, provvedendo
altresi' a comunicare al Ministero dell'ambiente e della tutela del
territorio e del mare il soggetto affidatario della gestione di ciascuna
ZSC. Per le ZSC o per le loro porzioni ricadenti all'interno di aree
naturali protette o di aree marine protette di rilievo nazionale
istituite ai sensi della legislazione vigente, la gestione rimane
affidata all'ente gestore dell'area protetta.
4. Le misure di cui ai commi precedenti del presente articolo sono
stabilite sulla base dei seguenti criteri minimi uniformi, da applicarsi
a tutte le ZSC:
a) divieto di bruciatura delle stoppie e delle paglie, nonche' della
vegetazione presente al termine dei cicli produttivi di prati naturali o
seminati, sulle superfici specificate ai punti seguenti:
1) superfici a seminativo ai sensi dell'art. 2, punto 1 del regolamento
(CE) n. 796/2004, comprese quelle investite a colture consentite dai
paragrafi a) e b) dell'art. 55 del regolamento (CE) n. 1782/2003 ed
escluse le superfici di cui al successivo punto 2);
2) superfici a seminativo soggette all'obbligo del ritiro dalla
produzione (set-aside) e non coltivate durante tutto l'anno e altre
superfici ritirate dalla produzione ammissibili all'aiuto diretto,
mantenute in buone condizioni agronomiche e ambientali a norma dell'art.
5 del regolamento (CE) n. 1782/2003.
Sono fatti salvi interventi di bruciatura connessi ad emergenze di
carattere fitosanitario prescritti dall'autorita' competente o a
superfici investite a riso e salvo diversa prescrizione della competente
autorita' di gestione;
b) sulle superfici a seminativo soggette all'obbligo del ritiro dalla
produzione (set-aside) e non coltivate durante tutto l'anno e altre
superfici ritirate dalla produzione ammissibili all'aiuto diretto,
mantenute in buone condizioni agronomiche e ambientali a norma dell'art.
5 del regolamento (CE) n. 1782/2003, obbligo di garantire la presenza di
una copertura vegetale, naturale o artificiale, durante tutto l'anno, e
di attuare pratiche agronomiche consistenti esclusivamente in operazioni
di sfalcio, trinciatura della vegetazione erbacea, o pascolamento sui
terreni ritirati dalla produzione sui quali non vengono fatti valere
titoli di ritiro, ai sensi del regolamento (CE) n. 1782/2003. Dette
operazioni devono
essere effettuate almeno una volta all'anno, fatto salvo il periodo di
divieto annuale di intervento compreso fra il 1° marzo e il 31 luglio di
ogni anno, ove non diversamente disposto dalle regioni e dalle province
autonome. Il periodo di divieto annuale di sfalcio o trinciatura non
puo' comunque essere inferiore a 150 giorni consecutivi compresi fra il
15 febbraio e il 30 settembre di ogni anno.
E' fatto comunque obbligo di sfalci e/o lavorazioni del terreno per la
realizzazione di fasce antincendio, conformemente a quanto previsto
dalle normative in vigore.
In deroga all'obbligo della presenza di una copertura vegetale, naturale
o artificiale, durante tutto l'anno sono ammesse lavorazioni meccaniche
sui terreni ritirati dalla produzione nei seguenti casi:
1) pratica del sovescio, in presenza di specie da sovescio o piante
biocide;
2) terreni interessati da interventi di ripristino di habitat e biotopi;
3) colture a perdere per la fauna, ai sensi dell'art. 1, lettera c), del
decreto del Ministero delle politiche agricole e forestali del 7 marzo
2002;
4) nel caso in cui le lavorazioni siano funzionali all'esecuzione di
interventi di miglioramento fondiario;
5) sui terreni a seminativo ritirati dalla produzione per un solo anno
o, limitatamente all'annata agraria precedente all'entrata in
produzione, nel caso di terreni a seminativo ritirati per due o piu'
anni, lavorazioni del terreno allo scopo di ottenere una produzione
agricola nella successiva annata agraria, comunque da effettuarsi non
prima del 15 luglio dell'annata agraria precedente all'entrata in
produzione.
Sono fatte salve diverse prescrizioni della competente autorita' di
gestione;
c) divieto di conversione della superficie a pascolo permanente ai sensi
dell'art. 2, punto 2, del regolamento (CE) n. 796/2004 ad altri usi;
d) divieto di eliminazione degli elementi naturali e seminaturali
caratteristici del paesaggio agrario con alta valenza ecologica
individuati dalle regioni e dalle province autonome con appositi
provvedimenti;
e) divieto di eliminazione dei terrazzamenti esistenti, delimitati a
valle da muretto a secco oppure da una scarpata inerbita; sono fatti
salvi i casi regolarmente autorizzati di rimodellamento dei
terrazzamenti eseguiti allo scopo di assicurare una gestione
economicamente sostenibile;
f) divieto di esecuzione di livellamenti non autorizzati dall'ente
gestore; sono fatti salvi i livellamenti ordinari per la preparazione
del letto di semina e per la sistemazione dei terreni a risaia;
g) divieto di esercizio della pesca con reti da traino, draghe,
ciancioli, sciabiche da natante, sciabiche da spiaggia e reti analoghe
sulle praterie sottomarine, in particolare sulle praterie di posidonie (Posidonia
oceanica) o di altre fanerogame marine, di cui all'art. 4 del
regolamento (CE) n. 1967/06;
h) divieto di esercizio della pesca con reti da traino, draghe,
sciabiche da spiaggia e reti analoghe su habitat coralligeni e letti di
maerl, di cui all'art. 4 del regolamento (CE) n. 1967/06;
i) divieto di utilizzo di munizionamento a pallini di piombo all'interno
delle zone umide, quali laghi, stagni, paludi, acquitrini, lanche e
lagune d'acqua dolce, salata, salmastra, nonche' nel raggio di 150 metri
dalle rive piu' esterne a partire dalla stagione venatoria 2008/09.
5. Le regioni e le province autonome, in collaborazione con AGEA e/o con
gli Organismi Pagatori regionali, provvedono a individuare, e ove
necessario ad aggiornare, i precisi riferimenti catastali delle aree ZSC,
anche al fine di una corretta attuazione del regolamento (CE) n.
1782/2003 e del regolamento (CE) n. 1698/05.
Art. 3.
Definizione delle misure di conservazione per le Zone di protezione
speciale (ZPS)
1. Le misure di conservazione ovvero gli eventuali piani di gestione
previsti dall'art. 4 del decreto del Presidente della Repubblica 8
settembre 1997, n. 357, e successive modificazioni, sono adottati ovvero
adeguati dalle regioni e dalle province autonome con proprio atto entro
tre mesi dall'entrata in vigore del presente decreto, sulla base degli
indirizzi espressi nel decreto del Ministro dell'ambiente e della tutela
del territorio 3 settembre 2002 "Linee guida per la gestione dei siti
Natura 2000", nonche' dei criteri minimi uniformi definiti col presente
decreto e articolati come segue:
criteri minimi uniformi per la definizione delle misure di conservazione
valide per tutte le tipologie di ZPS;
criteri minimi uniformi per la definizione delle misure di conservazione
valide per specifiche tipologie di ZPS.
2. Per le ZPS o per le loro porzioni ricadenti all'interno di aree
naturali protette o di aree marine protette di rilievo nazionale
istituite ai sensi della legislazione vigente alla data di entrata in
vigore del presente decreto, le misure di conservazione sono individuate
ad eventuale integrazione delle misure di salvaguardia e delle
previsioni normative definite dai rispettivi strumenti di
regolamentazione e pianificazione esistenti.
3. Le ZPS si intendono designate, ovvero istituite, dalla data di
trasmissione alla Commissione europea da parte del Ministero
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, dei formulari e
delle cartografie delle medesime ZPS individuate dalle regioni e dalle
province autonome, ovvero dalla sola data di trasmissione alla
Commissione europea dei formulari e delle cartografie delle ZPS, da
parte del Ministero dell'agricoltura e delle foreste, nel caso in cui la
stessa designazione sia avvenuta precedentemente all'entrata in vigore
della legge 11 febbraio 1992, n. 157.
4. Entro sei mesi dalla loro adozione, le regioni e le province autonome
comunicano al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e
del mare le misure di conservazione nonche' il soggetto affidatario
della gestione di ciascuna ZPS. Per le ZPS o per le loro porzioni
ricadenti all'interno di aree naturali protette o di aree marine
protette di rilievo nazionale istituite ai sensi della legislazione
vigente alla data di entrata in vigore del presente decreto, la gestione
rimane affidata all'ente gestore dell'area protetta.
5. Le regioni e le province autonome, in collaborazione con AGEA e/o con
gli Organismi Pagatori regionali, provvedono a individuare, e, ove
necessario ad aggiornare, i precisi riferimenti catastali delle aree ZPS,
anche al fine di una corretta applicazione del regolamento (CE) n.
1782/2003 e del regolamento (CE) n. 1698/05.
Art. 4.
Individuazione di tipologie ambientali di riferimento per le ZPS
1. Tenuto conto dei criteri ornitologici indicati nella direttiva n.
79/409/CEE e delle esigenze ecologiche delle specie presenti nelle
diverse ZPS, sono individuate le tredici tipologie ambientali di
riferimento di seguito elencate:
ambienti aperti alpini;
ambienti forestali alpini;
ambienti aperti delle montagne mediterranee;
ambienti forestali delle montagne mediterranee;
ambienti misti mediterranei;
ambienti steppici;
colonie di uccelli marini;
zone umide;
ambienti fluviali;
ambienti agricoli;
risaie;
corridoi di migrazione;
valichi montani, isole e penisole rilevanti per la migrazione dei
passeriformi e di altre specie ornitiche.
2. Con l'atto di cui all'art. 3, comma 1, le regioni e le province
autonome assegnano ciascuna ZPS ad una o piu' delle tipologie ambientali
previste dal comma 1 del presente articolo sulla base della descrizione
e della caratterizzazione delle tredici tipologie ambientali contenute
nell'allegato 1, che costituisce parte integrante del presente
provvedimento. L'assegnazione delle ZPS, anche di nuova designazione, o
la variazione di assegnazione di ZPS che dovesse rendersi necessaria per
motivazioni scientifiche, sempre relative alle caratteristiche
tipologiche dell'area, sono comunicate entro trenta giorni al Ministero
dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, il quale puo'
formulare osservazioni entro i trenta giorni successivi alla ricevuta
comunicazione.
3. Nel caso di ZPS assegnate ad un'unica tipologia ambientale, nella
definizione delle misure di conservazione si applicano i criteri minimi
uniformi individuati per la tipologia specifica, oltre a quelli validi
per tutte le ZPS. Nel caso di ZPS assegnate a due o piu' tipologie
ambientali, nella definizione delle misure di conservazione si applicano
i criteri minimi uniformi individuati per ognuna delle tipologie
specifiche, oltre a quelli validi per tutte le ZPS.
Art. 5.
Criteri minimi uniformi per la definizione delle misure di conservazione
per tutte le ZPS
1. Per tutte le ZPS, le regioni e le province autonome, con l'atto
di cui all'art. 3, comma 1, del presente decreto, provvedono a porre i
seguenti divieti:
a) esercizio dell'attivita' venatoria nel mese di gennaio, con
l'eccezione della caccia da appostamento fisso e temporaneo e in forma
vagante per due giornate, prefissate dal calendario venatorio, alla
settimana, nonche' con l'eccezione della caccia agli ungulati;
b) effettuazione della preapertura dell'attivita' venatoria, con
l'eccezione della caccia di selezione agli ungulati;
c) esercizio dell'attivita' venatoria in deroga ai sensi dell'art. 9,
paragrafo 1, lettera c), della direttiva n. 79/409/CEE;
d) utilizzo di munizionamento a pallini di piombo all'interno delle zone
umide, quali laghi, stagni, paludi, acquitrini, lanche e lagune d'acqua
dolce, salata, salmastra, nonche' nel raggio di 150 metri dalle rive
piu' esterne a partire dalla stagione venatoria 2008/2009;
e) attuazione della pratica dello sparo al nido nello svolgimento dell'attivita'
di controllo demografico delle popolazioni di corvidi.
Il controllo demografico delle popolazioni di corvidi e' comunque
vietato nelle aree di presenza del lanario (Falco biarmicus);
f) effettuazione di ripopolamenti faunistici a scopo venatorio, ad
eccezione di quelli con soggetti appartenenti a sole specie e
popolazioni autoctone provenienti da allevamenti nazionali, o da zone di
ripopolamento e cattura, o dai centri pubblici e privati di riproduzione
della fauna selvatica allo stato naturale insistenti sul medesimo
territorio;
g) abbattimento di esemplari appartenenti alle specie pernice bianca (Lagopus
mutus), combattente (Philomacus pugnax), moretta (Aythya fuligula);
h) svolgimento dell'attivita' di addestramento di cani da caccia prima
del 1° settembre e dopo la chiusura della stagione venatoria. Sono
fatte salve le zone di cui all'art. 10, comma 8, lettera e), della legge
n. 157/1992 sottoposte a procedura di valutazione positiva ai sensi
dell'art. 5 del decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre
1997, n. 357, e successive modificazioni, entro la data di emanazione
dell'atto di cui all'art. 3, comma 1;
i) costituzione di nuove zone per l'allenamento e l'addestramento dei
cani e per le gare cinofile, nonche' ampliamento di quelle esistenti;
j) distruzione o danneggiamento intenzionale di nidi e ricoveri di
uccelli;
k) realizzazione di nuove discariche o nuovi impianti di trattamento e
smaltimento di fanghi e rifiuti nonche' ampliamento di quelli esistenti
in termine di superficie, fatte salve le discariche per inerti;
l) realizzazione di nuovi impianti eolici, fatti salvi gli impianti per
i quali, alla data di emanazione del presente atto, sia stato avviato il
procedimento di autorizzazione mediante deposito del progetto. Gli enti
competenti dovranno valutare l'incidenza del progetto, tenuto conto del
ciclo biologico delle specie per le quali il sito e' stato designato,
sentito l'INFS. Sono inoltre fatti salvi gli interventi di sostituzione
e ammodernamento, anche tecnologico, che non comportino un aumento
dell'impatto sul sito in relazione agli obiettivi di conservazione della
ZPS, nonche' gli impianti per autoproduzione con potenza complessiva non
superiore a 20 kw;
m) realizzazione di nuovi impianti di risalita a fune e nuove piste da
sci, ad eccezione di quelli previsti negli strumenti di pianificazione
generali e di settore vigenti alla data di emanazione del presente atto,
a condizione che sia conseguita la positiva valutazione d'incidenza dei
singoli progetti ovvero degli strumenti di pianificazione generali e di
settore di riferimento dell'intervento, nonche' di quelli previsti negli
strumenti adottati preliminarmente e comprensivi di valutazione
d'incidenza; sono fatti salvi gli impianti per i quali sia stato avviato
il procedimento di autorizzazione, mediante deposito del progetto
esecutivo comprensivo di valutazione d'incidenza, nonche' interventi di
sostituzione e ammodernamento anche tecnologico e modesti ampliamenti
del demanio sciabile che non comportino un aumento dell'impatto sul sito
in relazione agli obiettivi di conservazione della ZPS;
n) apertura di nuove cave e ampliamento di quelle esistenti, ad
eccezione di quelle previste negli strumenti di pianificazione generali
e di settore vigenti alla data di emanazione del presente atto o che
verranno approvati entro il periodo di transizione, prevedendo altresi'
che il recupero finale delle aree interessate dall'attivita' estrattiva
sia realizzato a fini naturalistici e a condizione che sia conseguita la
positiva valutazione di incidenza dei singoli progetti ovvero degli
strumenti di pianificazione generali e di settore di riferimento
dell'intervento; in via transitoria, per 18 mesi dalla data di
emanazione del presente atto, in carenza di strumenti di pianificazione
o nelle more di valutazione d'incidenza dei medesimi, e' consentito
l'ampliamento delle cave in atto, a condizione che sia conseguita la
positiva valutazione d'incidenza dei singoli progetti, fermo restando
l'obbligo di recupero finale delle aree a fini naturalistici; sono fatti
salvi i progetti di cava gia' sottoposti a procedura di valutazione
d'incidenza, in conformita' agli strumenti di pianificazione vigenti e
sempreche' l'attivita' estrattiva sia stata orientata a fini
naturalistici;
o) svolgimento di attivita' di circolazione motorizzata al di fuori
delle strade, fatta eccezione per i mezzi agricoli e forestali, per i
mezzi di soccorso, controllo e sorveglianza, nonche' ai fini
dell'accesso al fondo e all'azienda da parte degli aventi diritto, in
qualita' di proprietari, lavoratori e gestori;
p) eliminazione degli elementi naturali e seminaturali caratteristici
del paesaggio agrario con alta valenza ecologica individuati dalle
regioni e dalle province autonome con appositi provvedimenti;
q) eliminazione dei terrazzamenti esistenti, delimitati a valle da
muretto a secco oppure da una scarpata inerbita, sono fatti salvi i casi
regolarmente autorizzati di rimodellamento dei terrazzamenti eseguiti
allo scopo di assicurare una gestione economicamente sostenibile;
r) esecuzione di livellamenti non autorizzati dall'ente gestore;
sono fatti salvi i livellamenti ordinari per la preparazione del letto
di semina e per la sistemazione dei terreni a risaia;
s) conversione della superficie a pascolo permanente ai sensi dell'art.
2, punto 2 del regolamento (CE) n. 796/2004 ad altri usi;
t) bruciatura delle stoppie e delle paglie, nonche' della vegetazione
presente al termine dei cicli produttivi di prati naturali o seminati,
sulle superfici specificate ai punti seguenti:
1) superfici a seminativo ai sensi dell'art. 2, punto 1 del regolamento
(CE) n. 796/2004, comprese quelle investite a colture consentite dai
paragrafi a) e b) dell'art. 55 del regolamento (CE) n. 1782/2003 ed
escluse le superfici di cui al successivo punto 2);
2) superfici a seminativo soggette all'obbligo del ritiro dalla
produzione (set-aside) e non coltivate durante tutto l'anno e altre
superfici ritirate dalla produzione ammissibili all'aiuto diretto,
mantenute in buone condizioni agronomiche e ambientali a norma dell'art.
5 del regolamento (CE) n. 1782/03.
Sono fatti salvi, in ogni caso, gli interventi di bruciatura connessi ad
emergenze di carattere fitosanitario prescritti dall'autorita'
competente o a superfici investite a riso e salvo diversa prescrizione
della competente autorita' di gestione;
u) esercizio della pesca con reti da traino, draghe, ciancioli,
sciabiche da natante, sciabiche da spiaggia e reti analoghe sulle
praterie sottomarine, in particolare sulle praterie di posidonie (Posidonia
oceanica) o di altre fanerogame marine, di cui all'art. 4 del
regolamento (CE) n. 1967/06;
v) esercizio della pesca con reti da traino, draghe, sciabiche da
spiaggia e reti analoghe su habitat coralligeni e letti di maerl, di cui
all'art. 4 del regolamento (CE) n. 1967/06.
2. Per tutte le ZPS, le regioni e le province autonome, con l'atto di
cui all'art. 3 comma 1 del presente decreto, provvedono a porre i
seguenti obblighi:
a) messa in sicurezza, rispetto al rischio di elettrocuzione e impatto
degli uccelli, di elettrodotti e linee aeree ad alta e media tensione di
nuova realizzazione o in manutenzione straordinaria o in
ristrutturazione;
b) sulle superfici a seminativo soggette all'obbligo del ritiro dalla
produzione (set-aside) e non coltivate durante tutto l'anno e altre
superfici ritirate dalla produzione ammissibili all'aiuto diretto,
mantenute in buone condizioni agronomiche e ambientali a norma dell'art.
5 del regolamento (CE) n. 1782/2003, garantire la presenza di una
copertura vegetale, naturale o artificiale, durante tutto l'anno e di
attuare pratiche agronomiche consistenti esclusivamente in operazioni di
sfalcio, trinciatura della vegetazione erbacea, o pascolamento sui
terreni ritirati dalla produzione sui quali non vengono fatti valere
titoli di ritiro, ai sensi del regolamento (CE) 1782/03. Dette
operazioni devono essere effettuate almeno una volta all'anno, fatto
salvo il periodo di divieto annuale di intervento compreso fra il 1°
marzo e il 31 luglio di ogni anno, ove non diversamente disposto dalle
regioni e dalle province autonome. Il periodo di divieto annuale di
sfalcio o trinciatura non puo' comunque essere inferiore a 150 giorni
consecutivi compresi fra il 15 febbraio e il 30 settembre di ogni anno.
E' fatto comunque obbligo di sfalci e/o lavorazioni del terreno per la
realizzazione di fasce antincendio, conformemente a quanto previsto
dalle normative in vigore.
In deroga all'obbligo della presenza di una copertura vegetale, naturale
o artificiale, durante tutto l'anno sono ammesse lavorazioni meccaniche
sui terreni ritirati dalla produzione nei seguenti casi:
1) pratica del sovescio, in presenza di specie da sovescio o piante
biocide;
2) terreni interessati da interventi di ripristino di habitat e biotopi;
3) colture a perdere per la fauna, ai sensi dell'articolo 1, lettera c),
del decreto del Ministero delle politiche agricole e forestali del 7
marzo 2002;
4) nel caso in cui le lavorazioni siano funzionali all'esecuzione di
interventi di miglioramento fondiario;
5) sui terreni a seminativo ritirati dalla produzione per un solo anno
o, limitatamente all'annata agraria precedente all'entrata in
produzione, nel caso di terreni a seminativo ritirati per due o piu'
anni, lavorazioni del terreno allo scopo di ottenere una produzione
agricola nella successiva annata agraria, comunque da effettuarsi non
prima del 15 luglio dell'annata agraria precedente all'entrata in
produzione;
Sono fatte salve diverse prescrizioni della competente autorita' di
gestione;
c) regolamentazione degli interventi di diserbo meccanico nella rete
idraulica artificiale, quali canali di irrigazione e canali collettori,
in modo che essi vengano effettuati al di fuori del periodo riproduttivo
degli uccelli, ad eccezione degli habitat di cui all'art. 6 comma 11;
d) monitoraggio delle popolazioni delle specie ornitiche protette dalla
Direttiva 79/409/CEE e in particolare quelle dell'Allegato I della
medesima direttiva o comunque a priorita' di conservazione.
3. Per tutte le ZPS, le regioni e le province autonome, con l'atto di
cui all'art. 3 comma 1 del presente decreto, indicano, quali attivita'
da promuovere e incentivare:
a) la repressione del bracconaggio;
b) la rimozione dei cavi sospesi di impianti di risalita, impianti a
fune ed elettrodotti dismessi;
c) l'informazione e la sensibilizzazione della popolazione locale e dei
maggiori fruitori del territorio sulla rete Natura 2000;
d) l'agricoltura biologica e integrata con riferimento ai Programmi di
Sviluppo Rurale;
e) le forme di allevamento e agricoltura estensive tradizionali;
f) il ripristino di habitat naturali quali ad esempio zone umide,
temporanee e permanenti, e prati tramite la messa a riposo dei
seminativi;
g) il mantenimento delle stoppie e delle paglie, nonche' della
vegetazione presente al termine dei cicli produttivi dei terreni
seminati, nel periodo invernale almeno fino alla fine di febbraio.
Art. 6.
Criteri minimi uniformi per la definizione delle misure di conservazione
per tipologie di ZPS
In relazione alla assegnazione delle ZPS alla tipologia ambientale
di riferimento, di cui all'art. 4 del presente decreto, le regioni e le
province autonome, con l'atto di cui all'art. 3 comma 1, provvedono a
porre i seguenti:
1. ZPS caratterizzate dalla presenza di ambienti aperti alpini.
Regolamentazione di:
circolazione su strade ad uso forestale e loro gestione, evitandone
l'asfaltatura salvo che per ragioni di sicurezza e incolumita' pubblica
ovvero di stabilita' dei versanti;
escursionismo ai sentieri negli ambienti d'alta quota;
uso di eliski e motoslitte;
avvicinamento a pareti occupate per la nidificazione da gipeto (Gypaetus
barbatus), aquila reale (Aquila chrysaetos), falco pellegrino (Falco
peregrinus), gufo reale (Bubo bubo) e gracchio corallino (Pyrrhocorax
pyrrhocorax), mediante elicottero, deltaplano, parapendio, arrampicata
libera o attrezzata e qualunque altra modalita';
tagli selvicolturali nelle aree che interessano i siti di nidificazione
delle specie caratteristiche della tipologia ambientale, in connessione
alle epoche e alle metodologie degli interventi e al fine di non
arrecare disturbo o danno alla loro riproduzione.
Attivita' da favorire:
mantenimento delle attivita' agrosilvopastorali estensive e in
particolare il recupero e la gestione delle aree aperte a vegetazione
erbacea;
mantenimento e recupero delle aree a prato pascolo;
pastorizia, evitando il sovrapascolo;
attivita' tradizionale di coltivazione dei prati magri di media
montagna;
manutenzione e ripristino dei muretti a secco esistenti e realizzazione
di nuovi attraverso tecniche costruttive tradizionali e manufatti in
pietra;
mantenimento e recupero delle aree a vegetazione aperta;
pastorizia estensiva nei pascoli marginali di media e bassa quota.
2. ZPS caratterizzate dalla presenza di ambienti forestali alpini.
Obblighi e divieti:
obbligo di integrazione degli strumenti di gestione forestale al fine di
garantire il mantenimento di una presenza adeguata di piante morte,
annose o deperienti, utili alla nidificazione ovvero all'alimentazione
dell'avifauna.
Regolamentazione di:
circolazione su strade ad uso forestale e loro gestione, evitandone
l'asfaltatura salvo che per ragioni di sicurezza e incolumita' pubblica
ovvero di stabilita' dei versanti;
tagli selvicolturali nelle aree che interessano i siti di nidificazione
delle specie caratteristiche della tipologia ambientale, in connessione
alle epoche e alle metodologie degli interventi e al fine di non
arrecare disturbo o danno alla loro riproduzione;
avvicinamento a pareti occupate per la nidificazione da gipeto (Gypaetus
barbatus), aquila reale (Aquila chrysaetos), falco pellegrino (Falco
peregrinus), gufo reale (Bubo bubo) e gracchio corallino (Pyrrhocorax
pyrrhocorax), mediante elicottero, deltaplano, parapendio, arrampicata
libera o attrezzata e qualunque altra modalita';
attivita' forestali in merito all'eventuale rilascio di matricine nei
boschi cedui, alla eventuale indicazione di provvigioni minime o riprese
massime, di estensione ed epoca degli interventi di taglio
selvicolturale, di norme su tagli intercalari;
apertura di nuove strade e piste forestali a carattere permanente.
Attivita' da favorire:
conservazione del sottobosco;
attivita' agrosilvopastorali in grado di mantenere una struttura
disetanea dei soprassuoli e la presenza di radure e chiarie all'interno
delle compagini forestali;
conservazione di prati all'interno del bosco anche di medio/piccola
estensione e di pascoli ed aree agricole, anche a struttura complessa,
nei pressi delle aree forestali;
mantenimento di una presenza adeguata di piante morte, annose o
deperienti, utili alla nidificazione ovvero all'alimentazione
dell'avifauna;
mantenimento degli elementi forestali, nei pressi di bacini idrici
naturali e artificiali;
manutenzione, senza rifacimento totale, dei muretti a secco e dei
manufatti in pietra esistenti e realizzazione di nuovi attraverso
tecniche costruttive tradizionali;
gestione forestale che favorisca l'evoluzione all'alto fusto e la
disetaneita' e l'aumento della biomassa vegetale morta;
conservazione di radure e chiarie all'interno delle compagini forestali;
mantenimento degli elementi forestali, anche di parcelle di ridotta
estensione, nei pressi di bacini idrici naturali e artificiali.
3. ZPS caratterizzate dalla presenza di ambienti aperti delle
montagne mediterranee.
Regolamentazione
di:
circolazione su strade ad uso forestale e loro gestione, evitandone
l'asfaltatura salvo che per ragioni di sicurezza e incolumita' pubblica
ovvero di stabilita' dei versanti;
avvicinamento a pareti occupate per la nidificazione da capovaccaio (Neophron
percnopterus), aquila reale (Aquila chrysaetos), aquila del Bonelli (Hieraaetus
fasciatus), falco pellegrino (Falco peregrinus), lanario (Falco
biarmicus), grifone (Gyps fulvus), gufo reale (Bubo bubo) e gracchio
corallino (Pyrrhocorax pyrrhocorax) mediante elicottero, deltaplano,
parapendio, arrampicata libera o attrezzata e qualunque altra modalita';
tagli selvicolturali nelle aree che interessano i siti di nidificazione
delle specie caratteristiche della tipologia ambientale, in connessione
alle epoche e alle metodologie degli interventi e al fine di non
arrecare disturbo o danno alla loro riproduzione;
pascolo al fine di ridurre fenomeni di eccessivo sfruttamento del cotico
erboso, anche per consentire la transumanza e la monticazione estiva.
Attivita' da favorire:
mantenimento delle attivita' agrosilvopastorali estensive e in
particolare recupero e gestione delle aree a prato permanente e a
pascolo;
mantenimento e recupero del mosaico di aree a vegetazione erbacea e
arbustiva.
4. ZPS caratterizzate dalla presenza di ambienti forestali delle
montagne mediterranee.
Obblighi e divieti:
obbligo di integrazione degli strumenti di gestione forestale al fine di
garantire il mantenimento di una presenza adeguata di piante morte,
annose o deperienti, utili alla nidificazione ovvero all'alimentazione
dell'avifauna.
Regolamentazione di:
circolazione su strade ad uso forestale e loro gestione, evitandone
l'asfaltatura salvo che per ragioni di sicurezza e incolumita' pubblica
ovvero di stabilita' dei versanti;
tagli selvicolturali nelle aree che interessano i siti di nidificazione
delle specie caratteristiche della tipologia ambientale, in connessione
alle epoche e alle metodologie degli interventi e al fine di non
arrecare disturbo o danno alla loro riproduzione;
avvicinamento a pareti occupate per la nidificazione da capovaccaio (Neophron
percnopterus), aquila reale (Aquila chrysaetos), aquila del Bonelli (Hieraaetus
fasciatus), falco pellegrino (Falco peregrinus), lanario (Falco
biarmicus), grifone (Gyps fulvus), gufo reale (Bubo bubo) e gracchio
corallino (Pyrrhocorax pyrrhocorax) mediante elicottero, deltaplano,
parapendio, arrampicata libera o attrezzata e qualunque altra modalita';
attivita' forestali in merito all'eventuale rilascio di matricine nei
boschi cedui, alla eventuale indicazione di provvigioni massime, di
estensione ed epoca degli interventi di taglio selvicolturale, di norme
su tagli intercalari;
apertura di nuove strade e piste forestali a carattere permanente.
Attivita' da favorire:
attivita' agro-silvo-pastorali in grado di mantenere una struttura
disetanea dei soprassuoli e la presenza di radure e chiarie all'interno
delle compagini forestali;
conservazione di prati e di aree aperte all'interno del bosco anche di
media e piccola estensione e di pascoli ed aree agricole, anche a
struttura complessa, nei pressi delle aree forestali;
mantenimento degli elementi forestali di bosco non ceduato, anche di
parcelle di ridotta estensione, nei pressi di bacini idrici naturali e
artificiali e negli impluvi naturali;
mantenimento ovvero promozione di una struttura delle compagini
forestali caratterizzata dall'alternanza di diversi tipi di governo del
bosco (ceduo, ceduo sotto fustaia, fustaia disetanea);
conservazione del sottobosco;
mantenimento di una presenza adeguata di piante morte, annose o
deperienti, utili alla nidificazione ovvero all'alimentazione
dell'avifauna;
gestione forestale che favorisca l'evoluzione all'alto fusto, la
disetaneita' e l'aumento della biomassa vegetale morta;
mantenimento degli elementi forestali di bosco non ceduato, anche di
parcelle di ridotta estensione, nei pressi di bacini idrici naturali e
artificiali.
5. ZPS caratterizzate dalla presenza di ambienti misti mediterranei.
Obblighi e divieti:
divieto di eliminazione dei muretti a secco funzionali alle esigenze
ecologiche delle specie di interesse comunitario.
Regolamentazione di:
circolazione su strade ad uso forestale e loro gestione, evitandone
l'asfaltatura salvo che per ragioni di sicurezza e incolumita' pubblica
ovvero di stabilita' dei versanti;
avvicinamento a pareti occupate per la nidificazione da capovaccaio (Neophron
percnopterus), aquila reale (Aquila chrysaetos), aquila del Bonelli (Hieraaetus
fasciatus), falco pellegrino (Falco peregrinus), lanario (Falco
biarmicus), grifone (Gyps fulvus), gufo reale (Bubo bubo) e gracchio
corallino (Pyrrhocorax pyrrhocorax) mediante elicottero, deltaplano,
parapendio, arrampicata libera o attrezzata e qualunque altra
modalita';
tagli selvicolturali nelle aree che interessano i siti di nidificazione
delle specie caratteristiche della tipologia ambientale, in connessione
alle epoche e alle metodologie degli interventi e al fine di non
arrecare disturbo o danno alla loro riproduzione.
Attivita' da favorire:
conservazione, manutenzione e ripristino, senza rifacimento totale, dei
muretti a secco esistenti e realizzazione di nuovi attraverso tecniche
costruttive tradizionali e manufatti in pietra;
creazione di filari arborei-arbustivi con specie autoctone lungo i
confini degli appezzamenti coltivati;
conservazione e ripristino degli elementi naturali e seminaturali dell'agroecosistema
come siepi, filari, laghetti, boschetti, stagni;
conservazione di una struttura disetanea dei soprassuoli e di aree
aperte all'interno del bosco anche di media e piccola estensione e di
pascoli ed aree agricole, anche a struttura complessa, nei pressi delle
aree forestali;
mantenimento di una presenza adeguata di piante morte, annose o
deperienti, utili alla nidificazione ovvero all'alimentazione
dell'avifauna;
mantenimento degli elementi forestali di bosco non ceduato, anche di
parcelle di ridotta estensione, nei pressi di bacini idrici naturali e
artificiali e negli impluvi naturali;
mantenimento ovvero promozione di una struttura delle compagini
forestali caratterizzata dall'alternanza di diversi tipi di governo del
bosco (ceduo, ceduo sotto fustaia, fustaia disetanea);
controllo della vegetazione arbustiva nei prati e pascoli aridi;
ripristino di prati pascoli e prati aridi a partire da seminativi in
rotazione;
ripristino di prati e pascoli mediante la messa a riposo dei seminativi;
conservazione del sottobosco.
6. ZPS caratterizzate dalla presenza di ambienti steppici
Obblighi e divieti:
divieto di eliminazione dei muretti a secco funzionali alle esigenze
ecologiche delle specie di interesse comunitario;
divieto di irrigazione delle superfici steppiche che non abbiano gia'
avuto una destinazione agricola.
Regolamentazione di:
pascolo al fine di ridurre fenomeni di eccessivo sfruttamento del cotico
erboso;
circolazione sulle strade ad uso silvo-pastorale;
costruzione di nuove serre fisse;
dissodamento con successiva macinazione delle pietre nelle aree coperte
da vegetazione naturale.
Attivita' da favorire:
conservazione ovvero ripristino degli elementi naturali e seminaturali
dell'agroecosistema tra cui alberi isolati, pozze di abbeverata, piccoli
stagni;
manutenzione, senza rifacimento totale, dei muretti a secco esistenti e
realizzazione di nuovi attraverso tecniche costruttive tradizionali e
manufatti in pietra;
mantenimento ovvero ripristino di piccole raccolte d'acqua e pozze
stagionali;
controllo della vegetazione arbustiva infestante nei prati e pascoli
aridi;
ripristino di pascoli e prati aridi mediante la messa a riposo di
seminativi;
pratiche pastorali tradizionali evitando il sovrapascolo;
pratiche pastorali tradizionali estensive.
7. ZPS caratterizzate dalla presenza di colonie di uccelli marini.
Obblighi e divieti:
obbligo di segnalazione delle colonie riproduttive delle seguenti specie
di uccelli marini, con particolare riferimento ai relativi periodi di
riproduzione: uccello delle tempeste (Hydrobates pelagicus) 15 marzo-30
settembre; marangone dal ciuffo (Phalacrocorax aristotelis) 1 gennaio-1
maggio; falco della regina (Falco eleonorae) 15 giugno-30 ottobre;
gabbiano corso (Larus audouinii) 15 aprile-15 luglio;
divieto di accesso per animali da compagnia nonche' regolamentazione
dell'accesso, dell'ormeggio, dello sbarco, del transito, della
balneazione, delle attivita' speleologiche, di parapendio e di
arrampicata, nonche' del pascolo di bestiame domestico entro un raggio
di 100 metri dalle colonie riproduttive delle seguenti specie di uccelli
marini, durante i seguenti periodi di riproduzione e se non per scopo di
studio e di ricerca scientifica espressamente autorizzati dall'ente
gestore: uccello delle tempeste (Hydrobates pelagicus) 15 marzo-30
settembre; marangone dal ciuffo (Phalacrocorax aristotelis) 1 gennaio-1
maggio; falco della regina (Falco eleonorae) 15 giugno-30 ottobre;
gabbiano corso (Larus audouinii) 15 aprile-15 luglio;
obbligo di punti luce schermati verso l'alto e verso il mare e di
utilizzo di lampade ai vapori di sodio a bassa pressione, per gli
impianti di illuminazione esterna di nuova realizzazione o in
manutenzione straordinaria posti entro il raggio di 1 chilometro dalle
colonie di nidificazione, e visibili da queste e dai tratti di mare
antistanti, di uccello delle tempeste (Hydrobates pelagicus), berta
maggiore (Calonectris diomedea) e berta minore (Puffinus puffinus),
salvo le necessita' di illuminazione di approdi.
Regolamentazione di:
caratteristiche tecniche delle illuminazioni esterne entro 1 chilometro
dalle colonie di uccello delle tempeste (Hydrobates pelagicus), berta
maggiore (Calonectris diomedea) e berta minore (Puffinus puffinus).
Attivita' da favorire:
sorveglianza alle colonie di uccelli durante il periodo di riproduzione;
adeguamento degli impianti esistenti di illuminazione esterna posti
entro il raggio di 1 chilometro dalle colonie di nidificazione, e
visibili da queste e dai tratti di mare antistanti, di uccello delle
tempeste (Hydrobates pelagicus), berta maggiore (Calonectris diomedea) e
berta minore (Puffinus puffinus) secondo le indicazioni tecniche sopra
riportate;
incentivazione dell'utilizzazione di dispositivi per
accensione/spegnimento automatico al passaggio di persone/automezzi.
8. ZPS caratterizzate dalla presenza di zone umide.
Obblighi e divieti:
divieto di bonifica idraulica delle zone umide naturali;
divieto di abbattimento, in data antecedente al 1° ottobre, di
esemplari appartenenti alle specie codone (Anas acuta), marzaiola (Anas
querquedula), mestolone (Anas clypeata), alzavola (Anas crecca),
canapiglia (Anas strepera), fischione (Anas penelope), moriglione (Aythya
ferina), folaga (Fulica atra), gallinella d'acqua (Gallinula chloropus),
porciglione (Rallus aquaticus), beccaccino (Gallinago gallinago),
beccaccia (Scolopax rusticola), frullino (Lymnocryptes minimus),
pavoncella (Vanellus vanellus);
obbligo di monitoraggio del livello idrico delle zone umide, in
particolar modo durante la stagione riproduttiva delle specie ornitiche
presenti, al fine di evitare eccessivi sbalzi del medesimo.
Regolamentazione di:
taglio dei pioppeti occupati da garzaie, evitando gli interventi nei
periodi di nidificazione;
costruzione di nuove serre fisse;
caccia in presenza, anche parziale, di ghiaccio;
trattamento delle acque reflue dei bacini di ittiocoltura intensiva o
semintensiva;
attivita' che comportino improvvise e consistenti variazioni del livello
dell'acqua o la riduzione della superficie di isole ovvero zone
affioranti. Sono fatte salve le operazioni di prosciugamento delle sole
vasche salanti delle saline in produzione;
realizzazione di sbarramenti idrici e interventi di artificializzazione
degli alvei e delle sponde tra cui rettificazioni, tombamenti,
canalizzazioni, arginature, riduzione della superficie di isole ovvero
zone affioranti;
epoche e metodologie degli interventi di controllo ovvero gestione della
vegetazione spontanea arborea, arbustiva e erbacea all'interno delle
zone umide e delle garzaie, in modo che sia evitato taglio, sfalcio,
trinciatura, incendio, diserbo chimico, lavorazioni superficiali del
terreno, durante il periodo riproduttivo dell'avifauna, fatti salvi
interventi straordinari di gestione previa autorizzazione dell'ente
gestore, al fine di non arrecare disturbo o danno alla riproduzione
della fauna selvatica;
realizzazione di impianti di pioppicoltura;
utilizzo dei diserbanti e del pirodiserbo per il controllo della
vegetazione della rete idraulica artificiale (canali di irrigazione,
fossati e canali collettori);
pesca con nasse e trappole.
Attivita' da favorire:
riduzione dei nitrati immessi nelle acque superficiali nell'ambito di
attivita' agricole;
messa a riposo a lungo termine dei seminativi, nonche' la conversione
dei terreni da pioppeto in boschi di latifoglie autoctone o in praterie
sfalciabili o per creare zone umide o per ampliare biotopi relitti e
gestiti per scopi ambientali nelle aree contigue a lagune costiere,
valli, torbiere e laghi;
mantenimento e coltivazione ecocompatibile delle risaie nelle aree
adiacenti le zone umide;
incentivazione dei metodi di agricoltura biologica;
creazione e mantenimento di fasce tampone a vegetazione erbacea
(spontanea o seminata) o arboreo-arbustiva di una certa ampiezza tra le
zone coltivate e le zone umide;
creazione di zone a diversa profondita' d'acqua con argini e rive a
ridotta pendenza;
mantenimento ovvero ripristino del profilo irregolare (con insenature e
anfratti) dei contorni della zona umida;
mantenimento ovvero ripristino della vegetazione sommersa, natante ed
emersa e dei terreni circostanti l'area umida;
mantenimento dei cicli di circolazione delle acque salate nelle saline
abbandonate al fine di conservare gli habitat con acque e fanghi
ipersalati idonei per Limicoli, Sternidi e Fenicottero;
interventi di taglio delle vegetazione, nei corsi d'acqua con alveo di
larghezza superiore ai 5 metri, effettuati solo su una delle due sponde
in modo alternato nel tempo e nello spazio, al fine di garantire la
permanenza di habitat idonei a specie vegetali e animali;
creazione di isole e zone affioranti idonee alla nidificazione in aree
dove questi elementi scarseggiano a causa di processi di erosione,
subsidenza, mantenimento di alti livelli dell'acqua in primavera;
mantenimento di spiagge naturali e di aree non soggette a pulitura
meccanizzata tra gli stabilimenti balneari;
conservazione ovvero ripristino di elementi naturali tra gli
stabilimenti balneari esistenti;
trasformazione ad agricoltura biologica nelle aree agricole esistenti
contigue alle zone umide;
realizzazione di sistemi per la fitodepurazione;
gestione periodica degli ambiti di canneto, da realizzarsi
esclusivamente al di fuori del periodo di riproduzione dell'avifauna,
con sfalci finalizzati alla diversificazione strutturale, al
ringiovanimento, al mantenimento di specchi d'acqua liberi, favorendo i
tagli a rotazione per parcelle ed evitando il taglio raso;
ripristino di prati stabili, zone umide temporanee o permanenti,
ampliamento di biotopi relitti gestiti per scopi esclusivamente
ambientali, in particolare nelle aree contigue a lagune costiere, valli,
torbiere, laghi tramite la messa a riposo dei seminativi;
conversione dei terreni adibiti a pioppeto in boschi di latifoglie
autoctone;
colture a basso consumo idrico e individuazione di fonti di
approvvigionamento idrico, tra cui reflui depurati per tamponare le
situazioni di stress idrico estivo;
adozione, attraverso il meccanismo della certificazione ambientale, di
pratiche ecocompatibili nella pioppicoltura, tra cui il mantenimento
della vegetazione erbacea durante gli stadi avanzati di crescita del
pioppeto, il mantenimento di strisce non fresate anche durante le
lavorazioni nei primi anni di impianto, il mantenimento di piccoli
nuclei di alberi morti, annosi o deperienti.
9. ZPS caratterizzate dalla presenza di ambienti fluviali.
Regolamentazione di:
taglio dei pioppeti occupati da garzaie, evitando gli interventi nei
periodi di nidificazione;
caccia in presenza, anche parziale, di ghiaccio;
realizzazione di sbarramenti idrici e degli interventi di
artificializzazione degli alvei e delle sponde tra cui
rettificazioni, tombamenti, canalizzazioni, arginature, riduzione della
superficie di isole ovvero zone affioranti;
captazioni idriche e attivita' che comportino il prosciugamento, anche
solo temporaneo, dei corsi d'acqua, o improvvise e consistenti
variazioni del livello dell'acqua, o la riduzione della superficie di
isole o zone affioranti;
impianti di pioppicoltura e arboricoltura da legno a ciclo breve
all'interno delle golene;
interventi di controllo ovvero gestione della vegetazione spontanea
arborea, arbustiva e erbacea all'interno delle zone umide e delle
garzaie, in modo che sia evitato taglio, sfalcio, trinciatura, incendio,
diserbo chimico, lavorazioni superficiali del terreno, durante il
periodo riproduttivo dell'avifauna, fatti salvi interventi straordinari
di gestione previa autorizzazione dell'ente gestore;
utilizzo, in tutta l'area interessata dalla vegetazione, di diserbanti e
del pirodiserbo per il controllo della vegetazione della rete idraulica
artificiale (canali di irrigazione, fossati e canali collettori);
interventi, durante il periodo riproduttivo dell'avifauna, di taglio,
sfalcio, trinciatura della vegetazione e delle formazioni arbustive.
Attivita' da favorire:
messa a riposo a lungo termine dei seminativi, nonche' conversione dei
terreni da pioppeto in boschi di latifoglie autoctone o in praterie
sfalciabili, per ampliare biotopi relitti e per creare zone umide
gestite per scopi ambientali all'interno delle golene;
creazione e mantenimento di fasce tampone a vegetazione erbacea
(spontanea o seminata) o arboreo-arbustiva di una certa ampiezza tra le
zone coltivate e le zone umide;
riduzione dei nitrati immessi nelle acque superficiali nell'ambito di
attivita' agricole;
rinaturalizzazione dei corsi d'acqua;
interventi di taglio della vegetazione, nei corsi d'acqua con alveo di
larghezza superiore ai 5 metri, effettuati solo su una delle due sponde
in modo alternato nel tempo e nello spazio, al fine di garantire la
permanenza di habitat idonei a specie vegetali e animali;
realizzazione di sistemi per la fitodepurazione;
riduzione del carico e dei periodi di pascolo nelle aree golenali;
gestione periodica degli ambiti di canneto, da realizzarsi solamente al
di fuori del periodo riproduttivo dell'avifauna, con sfalci finalizzati
alla diversificazione strutturale, al ringiovanimento, al mantenimento
di specchi d'acqua liberi, favorendo i tagli a rotazione per parcelle ed
evitando il taglio raso;
ripristino di prati stabili, zone umide temporanee o permanenti,
ampliamento di biotopi relitti gestiti per scopi esclusivamente
ambientali, in particolare nelle aree contigue a lagune costiere, valli,
torbiere, laghi tramite la messa a riposo dei seminativi;
conversione dei terreni adibiti a pioppeto in boschi di latifoglie
autoctone;
adozione, attraverso il meccanismo della certificazione ambientale, di
pratiche ecocompatibili nella pioppicoltura, tra cui il mantenimento
della vegetazione erbacea durante gli stadi avanzati di crescita del
pioppeto, il mantenimento di strisce non fresate anche durante le
lavorazioni nei primi anni di impianto, il mantenimento di piccoli
nuclei di alberi morti, annosi o deperienti.
10. ZPS caratterizzate dalla presenza di ambienti agricoli.
Regolamentazione di:
taglio dei pioppeti occupati da garzaie nei periodi di nidificazione;
utilizzazione e limitazione nell'uso dei fanghi di depurazione, fatte
salve le prescrizioni e i divieti recati dal decreto legislativo 27
gennaio 1992, n. 99 recante attuazione della direttiva 86/278/CEE.
Attivita' da favorire:
messa a riposo a lungo termine dei seminativi per creare zone umide
(temporanee e permanenti) e prati arbustati gestiti esclusivamente per
la flora e la fauna selvatica, in particolare nelle aree contigue alle
zone umide e il mantenimento (tramite corresponsione di premi ovvero
indennita) dei terreni precedentemente ritirati dalla produzione dopo la
scadenza del periodo di impegno;
mantenimento ovvero ripristino di elementi di interesse ecologico e
paesaggistico tra cui siepi, frangivento, arbusti, boschetti, residui di
sistemazioni agricole, vecchi frutteti e vigneti, maceri, laghetti;
mantenimento ovvero creazione di margini o bordi dei campi, quanto piu'
ampi possibile, lasciati incolti, mantenuti a prato, o con essenze
arboree e arbustive non trattati con principi chimici e sfalciati fuori
dal periodo compreso tra l'1 marzo e il 31 agosto;
adozione dei sistemi di coltivazione dell'agricoltura biologica;
adozione di altri sistemi di riduzione o controllo nell'uso dei prodotti
chimici in relazione: alle tipologie di prodotti a minore impatto e
tossicita', alle epoche meno dannose per le specie selvatiche (autunno e
inverno), alla protezione delle aree di maggiore interesse per i
selvatici (ecotoni, bordi dei campi, zone di vegetazione semi-naturale,
eccetera);
mantenimento quanto piu' a lungo possibile delle stoppie o dei residui
colturali prima delle lavorazioni del terreno;
adozione delle misure piu' efficaci per ridurre gli impatti sulla fauna
selvatica delle operazioni di sfalcio dei foraggi (come sfalci,
andanature, ranghinature), di raccolta dei cereali e delle altre colture
di pieno campo (mietitrebbiature);
interventi di taglio delle vegetazione, nei corsi d'acqua con alveo di
larghezza superiore ai 5 metri, effettuati solo su una delle due sponde
in modo alternato nel tempo e nello spazio, al fine di garantire la
permanenza di habitat idonei a specie vegetali e animali;
riduzione e controllo delle sostanze inquinanti di origine agricola;
mantenimento di bordi di campi gestiti a prato per almeno 50 centimetri
di larghezza;
agricoltura biologica e integrata;
adozione, attraverso il meccanismo della certificazione ambientale, di
pratiche ecocompatibili nella pioppicoltura, tra cui il mantenimento
della vegetazione erbacea durante gli stadi avanzati di crescita del
pioppeto, il mantenimento di strisce non fresate anche durante le
lavorazioni nei primi anni di impianto, il mantenimento di piccoli
nuclei di alberi morti, annosi o deperienti.
11. ZPS caratterizzate dalla presenza di risaie.
Regolamentazione di:
taglio dei pioppeti occupati da garzaie nei periodi di riproduzione.
Attivita' da favorire:
riduzione e controllo delle sostanze inquinanti di origine agricola;
mantenimento delle stoppie nella stagione invernale;
mantenimento dell'acqua nelle risaie nel periodo autunnale ed invernale;
gestione idrica, in modo da garantire in alcune aree il mantenimento
dell'acqua durante tutto l'anno e, in particolare, nel periodo autunnale
e invernale;
interventi di taglio delle vegetazione, nei corsi d'acqua con alveo di
larghezza superiore ai 5 metri, effettuati solo su una delle due sponde
in modo alternato nel tempo e nello spazio, al fine di garantire la
permanenza di habitat idonei a specie vegetali e animali;
creazione di zone umide prati umidi su seminativi ritirati dalla
produzione;
messa a riposo a lungo termine dei seminativi per creare zone umide, sia
temporanee che permanenti, e prati arbustati gestiti esclusivamente per
la flora e la fauna selvatica, in particolare nelle aree contigue alle
risaie;
mantenimento delle stoppie nella stagione invernale;
creazione all'interno delle risaie di canali profondi al minimo 40
centimetri e larghi al minimo 60 centimetri disposti in modo da non
intralciare il movimento dei mezzi per garantire la sopravvivenza degli
organismi acquatici anche nei periodi di asciutta;
iniziative volte alla riduzione ed al controllo delle sostanze
inquinanti di origine agricola;
conservazione delle risaie, in particolare di quelle situate nei pressi
delle principali garzaie esistenti;
gestione delle risaie con metodo tradizionale e agricoltura biologica,
in ogni caso disincentivando il livellamento al laser, la "falsa semina"
e le coltivazioni "in asciutta".
12. ZPS caratterizzate da presenza di corridoi di migrazione.
Obblighi e divieti:
divieto di esercizio dell'attivita' venatoria in data antecedente al 1°
ottobre, con l'eccezione della caccia agli ungulati.
Regolamentazione di:
circolazione su strade ad uso forestale e loro gestione, evitandone
l'asfaltatura salvo che per ragioni di sicurezza e incolumita' pubblica
ovvero di stabilita' dei versanti;
utilizzo di elicottero, deltaplano e parapendio al fine di non arrecare
disturbo al flusso migratorio dell'avifauna.
Attivita' da favorire:
conservazione delle aree aperte in cui si creano le correnti termiche
utilizzate dagli uccelli veleggiatori;
sorveglianza durante il periodo di migrazione.
13. ZPS caratterizzate dalla presenza di valichi montani, isole e
penisole rilevanti per la migrazione dei passeriformi e di altre specie
ornitiche.
Obblighi e divieti:
divieto di esercizio dell'attivita' venatoria in data antecedente al 1°
ottobre, con l'eccezione della caccia agli ungulati.
Attivita' da favorire:
riduzione dell'inquinamento luminoso.
Art. 7.
Termini per le regolamentazioni
Le regolamentazioni previste agli articoli 5 e 6 dovranno essere
adottate dalle regioni e le province autonome entro nove mesi dalla data
di emanazione del presente decreto.
Art. 8.
Clausola di salvaguardia
Le regioni a statuto speciale e le province autonome di Trento e
Bolzano provvedono alle finalita' del presente decreto ai sensi dei
rispettivi Statuti speciali e relative norme di attuazione.
Il presente decreto sara' pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica italiana.
Roma, 17 ottobre 2007
Il Ministro: Pecoraro Scanio
Allegato 1
DESCRIZIONE DELLE TIPOLOGIE AMBIENTALI DI RIFERIMENTO PER LE ZPS
1. Ambienti aperti alpini
Specie ornitiche caratteristiche.
Biancone (Circaetus gallicus), Aquila reale (Aquila chrysaetos), Gipeto
(Gypaetus barbatus), Pernice bianca (Lagopus mutus), Coturnice (Alectoris
greca), Gallo forcello (Tetrao tetrix), Gufo reale (Bubo bubo), Gracchio
corallino (Pyrrhocorax pyrrhocorax), Tottavilla (Lulla arborea),
Codirossone (Monticola saxatilis), Fringuello alpino (Montifingilla
nivalis), Venturone (Serinus citrinella), Re di quaglie (Crex crex).
Descrizione generale della tipologia.
Tipologia che raggruppa praterie alpine d'alta quota, sia primarie che
secondarie, nonche' tutti gli ambienti aperti di montagna come pascoli,
pietraie ed aree cespugliose (ad esempio Ontano verde, Pino mugo,
Rododendro eccetera). I cambiamenti socioeconomici verificatisi dal
dopoguerra nel territorio delle Alpi hanno avuto come conseguenza
principale l'abbandono di molte zone montane, la modifica delle
attivita' agrosilvopastorali e il diffondersi di una fruizione turistica
del territorio alpino. Il cambiamento ambientale piu' rilevante a scala
alpina (soprattutto sul versante italiano) e' rappresentato dal
progressivo e generale aumento della copertura forestale.
Fra le nuove attivita' economiche, il turismo di massa ha portato alla
realizzazione di infrastrutture e strutture ricettive (rifugi), sportive
e ricreative. Piste da sci, impianti di risalita, costruzione di strade
a diversa viabilita' rappresentano le principali forme di alterazione
del paesaggio ed hanno, come effetto indiretto, l'aumento generalizzato
della presenza e del disturbo antropico anche alle quote piu' elevate,
favorito dalle nuove tipologie di impianti funiviari, e dal diffondersi
dell'uso di mezzi di trasporto un tempo non utilizzati quali motoslitte
ed eliski.
Diversi sono gli effetti sulle specie piu' sensibili. Nel breve termine
si assiste al progressivo decremento numerico e alla locale scomparsa
delle specie legate agli ambienti aperti d'origine antropica (ad esempio
Coturnice); nel medio-lungo termine si ipotizza anche una diminuzione
delle popolazioni di specie attualmente in ripresa (ad esempio Aquila
reale, Biancone). L'aumento del disturbo antropico rappresenta una delle
fonti di turbative che possono arrecare danno alla produttivita' di
molte specie e/o causare l'abbandono delle aree di nidificazione. La
maggiore accessibilita' puo' inoltre aumentare l'impatto dell'attivita'
venatoria e favorire azioni di bracconaggio. Data la notevole importanza
conservazionistica del Re di quaglie (specie globalmente minacciata) e
l'habitat peculiare in cui sopravvive in Italia (prati da sfalcio di
media montagna), se ne fa particolare menzione. Il fattore fondamentale
per la conservazione di tale specie e' il mantenimento della
tradizionale gestione del suo habitat, in particolare gli ambienti
prativi e i pascoli a limitata fruizione agro-pastorale e le aree
prative a conduzione agricola tradizionale, entrambe caratterizzate da
adeguata copertura e densita' della vegetazione erbacea.
Fattori chiave per la conservazione delle specie caratteristiche.
1. Disponibilita' di habitat idoneo:
1.1. aree e versanti a solatio, occupati da vegetazione rada o
cespugliata (Biancone);
1.2. vegetazione erbacea, inframmezzata da pietraie, sfasciume di roccia
e materiale morenico oltre la fascia degli arbusti contorti (Pernice
bianca);
1.3. versanti a vegetazione cespugliata, oltre il limite della
vegetazione arborea (Gallo forcello);
1.4. pendii erbosi ad elevata acclivita'. Quelli a solatio svolgono un
ruolo vitale nei mesi invernali per la Coturnice (Coturnice e
Codirossone);
1.5. alpeggi, coltivazioni terrazzate e altri ambienti idonei per la
ricerca di cibo (Coturnice e Codirossone);
1.6. pareti rocciose, versanti detritici e praterie oltre il limite
della vegetazione (Fringuello alpino);
1.7. ambienti a vegetazione erbosa in zone magre in parte cespugliate,
su pianori e pendii poco accentuati (Tottavilla);
1.8. vegetazione ad arbusti contorti e peccete rade, nei pressi di aree
pascolate (campivoli, malghe d'altura) in genere oltre il limite della
vegetazione arborea (Venturone).
2. Disponibilita' di habitat di nidificazione:
2.1. versanti rocciosi acclivi con pinete di difficile accesso, comunque
a bassa antropizzazione (Biancone);
2.2. pareti rocciose di difficile accesso per l'uomo (Aquila reale,
Gipeto, Gufo reale);
2.3. pareti rocciose ricche di siti adatti all'installazione delle
colonie, quali fessure profonde, inghiottitoi e cavita' profonde
(Gracchio corallino);
2.4. manufatti ed edifici d'altura, quali rifugi alpini utilizzabili per
la nidificazione (Fringuello alpino).
3. Disponibilita' di fonti alimentari:
3.1. rettili (Biancone);
3.2. prede di medie dimensioni (Aquila reale, Gufo reale);
3.3. Ungulati (Gipeto);
3.4. Formicai, piccoli frutti di bosco, piante arbustive fruticose
(Gallo forcello).
4. Presenza di greggi nei mesi estivi e/o sfalcio dell'erba (Coturnice e
Codirossone).
5. Scarsa frequentazione antropica degli habitat idonei:
5.1. nei mesi invernali e primaverili-estivi (Pernice bianca);
5.2. nella stagione riproduttiva (Gracchio corallino).
6. Limitata presenza di Corvidi, in primo luogo Corvo imperiale,
favoriti da fonti artificiali di cibo (rifiuti) presso i rifugi (Pernice
bianca, Coturnice).
2. Ambienti forestali alpini
Specie ornitiche caratteristiche.
Falco pecchiaiolo (Pernis apivorus), Tetraonidi (Tetrao tetrix, Tetrao
urogallus, Bonasa bonasia), Civetta nana (Glaucidium passerinum),
Civetta capogrosso (Aegolius funereus), Picidi (Picchio nero (Dryocopus
martius), Picchio cenerino (Picus canus), Picchio tridattilo (Picoides
tridactylus).
Descrizione generale della tipologia.
Tipologia caratterizzata da rilevanti porzioni di ambienti forestali
rappresentativi delle diverse tipologie vegetazionali alpine. Le
attivita' silvicolturali legate alla produzione di legname sono la
principale possibile fonte di turbativa ambientale a danno dell'ornitofauna.
In particolare il taglio puo' avere effetti diretti eliminando siti
idonei all'alimentazione, quali piante annose e marcescenti (Picidi), e
alla nidificazione (Picchio nero, Civetta nana, Civetta Capogrosso). La
modificazione strutturale e di composizione delle foreste puo'
localmente incidere sull'idoneita' per alcune specie (in primis Gallo
cedrone, secondariamente Francolino di monte). La conduzione dell'attivita'
silvicolturale determina nel contempo un generale periodico disturbo,
per la maggior presenza dell'uomo durante le operazioni di esbosco.
Inoltre la necessita' di usufruire di infrastrutture temporanee (vie di
accesso, funicolari eccetera) e permanenti (strade forestali a
viabilita' limitata) aumenta l'antropizzazione delle foreste che incide
negativamente sulla loro naturalita' e favorisce la frequentazione e
quindi il disturbo turistico-ricreativo.
Per contro, l'abbandono dell'alta montagna, incide negativamente sulle
disponibilita' di aree aperte (radure) e porta all'innalzamento del
limite della vegetazione arborea e alla diffusione di quella cespugliata,
con conseguente perdita di habitat idoneo per il Gallo forcello.
Fattori chiave per la conservazione delle specie caratteristiche.
1. Disponibilita' di habitat idoneo:
1.1. Gallo Forcello: versanti a vegetazione cespugliata;
1.2. Gallo Cedrone: foreste di conifere e miste disetanee, frammiste a
radure;
1.3. Francolino di monte: boschi misti di conifere e latifoglie;
1.4. Falco pecchiaiolo: disponibilita' di aree forestali su versanti
acclivi per la nidificazione. Disponibilita' di radure e aree a pascolo
intercalate ad aree forestate idonee per l'alimentazione;
1.5. Civetta nana: foreste di conifere e latifoglie a fustaia;
1.6. Civetta capogrosso: foreste di conifere e latifoglie a fustaia.
2. Disponibilita' di habitat di nidificazione:
2.1. Civetta nana, Civetta capogrosso: nidi di Picidi;
2.2. Picidi: alberi annosi e fustaie.
3. Disponibilita' di fonti alimentari:
3.1. Formicai, piccoli frutti di bosco, piante arbustive fruticose
(Gallo forcello);
3.2. Gallo cedrone: formicai, piccoli frutti di bosco, piante arbustive
fruticose;
3.3. Picidi: formicai, alberi morti o marcescenti.
4. Disponibilita' di aree non frequentate dall'uomo (Gallo cedrone,
Gallo forcello, Falco pecchiaiolo, Francolino di monte, Civetta nana,
Civetta caporosso, Picidi).
3. Ambienti aperti delle montagne mediterranee
Specie ornitiche caratteristiche.
Aquila reale (Aquila chrysaetos), Grifone (Gyps fulvus), Falco
pellegrino (Falco peregrinus), Coturnice (Alectoris graeca), Quaglia (Coturnix
coturnix), Allodola (Alauda arvensis), Tottavilla (Lulla arborea),
Calandro (Anthus campestris), Codirossone (Monticola saxatilis), Sordone
(Prunella collaris), Picchio muraiolo (Tychodroma muraria), Averla
piccola (Lanius collurio), Averla capirossa (Lanius senator), Gracchio
alpino (Pyrrhocorax graculus), Gracchio corallino (Pyrrhocorax
pyrrhocorax), Zigolo muciatto (Emberiza cia), Ortolano (Emberiza
hortulana).
Descrizione generale della tipologia.
Tipologia che raggruppa i siti montani ed alto-collinari caratterizzati
da ambienti aperti quali praterie (per lo piu' secondarie), cespuglieti
ed ambienti rupestri e rocciosi. Si tratta in prevalenza di ambienti
modellati nei secoli dall'attivita' umana, primariamente dal pascolo,
che tendono a scomparire con la riduzione delle attivita' agropastorali
tradizionali. Il declino di queste attivita' tradizionali,
particolarmente marcato nelle aree montane della dorsale appenninica,
sta determinando il progressivo deterioramento dei suddetti ambienti ed
il conseguente declino di molte specie ad esso legate. Le misure
gestionali principali dovranno quindi indirizzarsi al mantenimento degli
ambienti aperti. Tra le attivita' umane piu' impattanti vanno invece
segnalati lo sviluppo di infrastrutture turistiche, l'installazione di
impianti per la produzione di energia eolica e le piantumazioni
forestali.
Fattori chiave per la conservazione delle specie caratteristiche.
1. Disponibilita' di habitat idoneo:
1.1. Aquila reale: ambiti rupestri e vaste praterie primarie e
secondarie prive di disturbo antropico;
1.2. Grifone, Falco pellegrino: ambiti rupestri privi di disturbo
antropico;
1.3. Coturnice: vasti cespuglieti dell'orizzonte subalpino e di praterie
primarie e secondarie prive di disturbo antropico ed interdette all'attivita'
venatoria;
1.4. Quaglia: altopiani del piano montano coltivati o pascolati in forme
tradizionali, con assenza di pressione venatoria nel periodo
riproduttivo e della dipendenza dei pulli;
1.5. Gufo reale: ambienti rupestri con bassa pressione antropica, idonei
alla riproduzione in prossimita' di ambienti aperti con adeguate risorse
trofiche disponibili tutto l'anno;
1.6. Allodola: formazioni erbacee dei piani montani e culminali;
nell'orizzonte montano inferiore predilige le coltivazioni diversificate
di tipo tradizionale o con attivita' di pascolo non intensivo;
1.7. Tottavilla: formazioni erbacee o coltivi semplici con situazioni a
mosaico e con presenza di tratti di terreno scoperto intervallato da
coltivi o pascoli di tipo tradizionale e da fasce arborate
(nidificazione e roosting);
1.8. Calandro e Codirossone: praterie montane e d'altitudine interessate
da una discreta intensita' di pascolo da parte di bestiame domestico
anche con scheletro roccioso affiorante;
1.9. Sordone: orizzonte alpino con costoni rocciosi piu' o meno ripidi
ed aridi intercalati da cenge e terrazzi erbosi, caratterizzati da una
copertura vegetale scarsa e discontinua;
1.10 Picchio muraiolo: ambienti rupestri, di solito al di sopra del
limite della vegetazione arborea, anche con pareti di piccole dimensioni
caratterizzate dalla presenza di vegetazione erbacea discontinua e di
sfasciume detritico alla base (ambiente riproduttivo);
1.11 Averla piccola e Averla capirossa: altopiani dell'orizzonte montano
inferiore coltivati o pascolati in forme tradizionali, con una bassa
densita' di cespugli e nuclei boscati;
1.12 Gracchio corallino e Gracchio alpino: praterie montane e
d'altitudine interessate da una discreta intensita' di pascolo da parte
di bestiame domestico, insieme ad ambiti rupestri indisturbati;
1.13. Fringuello alpino: praterie d'altitudine, caratterizzate anche
dalla presenza di massi sparsi e brecciai;
1.14. Zigolo giallo: aree del piano montano con coltivi o pascoli in
forme tradizionali, con una bassa densita' di cespugli e fasce boscate;
radure nelle formazioni forestali montane;
1.15. Zigolo muciatto: versanti montani con formazioni erbacee
discontinue e presenza di scheletro roccioso affiorante, alberi ed
arbusti sparsi.
2. Disponibilita' trofica:
2.1. Aquila reale: disponibilita' di specie-preda (soprattutto Leporidi
e Fasianidi);
2.2. Grifone: presenza di bestiame domestico mantenuto al pascolo brado
e di consistenti popolazioni di Ungulati selvatici;
2.3. Gufo reale: abbondanza di prede di taglia medio-grande (ad esempio
Coniglio selvatico, Lepre, Ratto, Riccio, Fagiano, Starna).
4. Ambienti forestali delle montagne mediterranee
Specie ornitiche caratteristiche.
Falco pecchiaiolo (Pernis apivorus), Nibbio bruno (Milvus migrans),
Nibbio reale (Milvus milvus), Astore di Sardegna (Accipiter gentilis
arrigonii), Picchio nero (Dryocopus martius), Picchio rosso mezzano (Dendrocopus
medius), Picchio dorsobianco (Dendrocopus leucotus), Balia dal collare (Ficedula
albicollis).
Descrizione generale della tipologia.
Tipologia che raggruppa le aree propriamente forestali dell'Italia
peninsulare e delle isole maggiori. Si tratta per lo piu' di faggete e
querceti concentrati lungo la dorsale appenninica e in altre zone
montuose. Sono stati inclusi in questa tipologia anche siti collinari di
bassa quota caratterizzati da boschi con caratteristiche, problematiche
gestionali e specie ornitiche similari. Sono invece state escluse da
questa tipologia le pinete costiere e le leccete mediterranee, che si e'
ritenuto opportuno includere nella tipologia "ambienti misti
mediterranei", dato che tali ambienti non ospitano di norma specie di
uccelli legate in modo stretto ed univoco a specifici habitat (com'e'
invece il caso di alcuni picchi per i boschi appenninici), bensi' ad un
mosaico ambientale composto da macchia mediterranea, pascoli, coltivi,
dune costiere eccetera. Il valore conservazionistico dei siti, per quel
che riguarda l'avifauna, dipende in maniera preponderante dall'eta' e
dalla qualita' ambientale dei boschi, a sua volta dipendenti dalla
gestione forestale passata e presente. I boschi maturi e ben strutturati
sono assai rari nel nostro paese anche se si assiste alla progressiva
maturazione di boschi non piu' sottoposti a sfruttamento commerciale, in
particolare in molte aree protette. In molti di questi siti si assiste
anche ad una progressiva maturazione dei cedui, spesso ricondotti a
fustaia da appositi interventi gestionali e ad una progressiva
colonizzazione degli ambienti aperti non piu' sfruttati dalle attivita'
agropastorali da parte del bosco. La gestione dei boschi deve in questi
siti tenere conto delle specifiche esigenze delle specie prioritarie,
sia presenti che potenziali. In linea generale va favorito il ripristino
di un variegato mosaico ambientale con alternanza di vecchie fustaie,
cedui attivi e zone aperte.
Fattori chiave per la conservazione delle specie caratteristiche.
1. Disponibilita' di habitat idoneo:
1.1. Falco pecchiaiolo: boschi planiziali e collinari, generalmente
aperti, di latifoglie dai 0 ai 1500 m s.l.m., preferibilmente fustaie di
Castagno e Faggio di media e vasta estensione, inframmezzati da aree
aperte con presenza di Imenotteri sociali (preda principale della
specie);
1.2. Nibbio bruno: aree forestali planiziali e collinari dai 0 ai 1200 m
s.l.m., con presenza di aree aperte, pascoli e aree agricole
inframmezzate da alberi, preferibilmente nei pressi di aree umide o
discariche urbane a cielo aperto;
1.3. Nibbio reale: aree forestali planiziali e collinari dai 0 ai 1000 m
s.l.m., con presenza di vaste aree aperte, pascoli e aree agricole
inframmezzate da alberi, spesso in prossimita' di discariche. Pratica
tradizionale della pastorizia brada, soprattutto ovina;
1.4. Astore di Sardegna: vaste superfici coperte da foreste pure di
Leccio o miste con Pino marittimo, Pino d'Aleppo e Pino nero, con
presenza di radure all'interno;
1.5. Picchio nero: mature fustaie pure di Faggio;
1.6. Picchio rosso mezzano: mature fustaie di Cerro;
1.7. Picchio rosso minore: aree boscate con abbondanza di alberi morti e
vetusti;
1.8. Balia dal collare: aree forestali mature prevalentemente a Faggio
comprese tra i 1.200 e i 1.800 m di altitudine.
5. Ambienti misti mediterranei
Specie ornitiche caratteristiche.
Falco pecchiaiolo (Pernis apivorus), Nibbio bruno (Milvus migrans),
Nibbio reale (Milvus milvus), Grifone (Gyps fulvus), Capovaccaio (Neophron
percnopterus), Biancone (Circaetus gallicus), Albanella minore (Circus
pygargus), Aquila del Bonelli (Hieraaetus fasciatus), Pellegrino (Falco
peregrinus), Lanario (Falco biarmicus), Grillaio (Falco naumanni),
Coturnice di Sicilia (Alectoris greca whitakeri), Pernice sarda (Alectoris
barbara), Quaglia (Coturnix coturnix), Occhione (Burhinus oedicnemus),
Ghiandaia marina (Coracias garrulus), Gufo reale (Bubo bubo),
Succiacapre (Caprimulgus europaeus), Calandra (Melanocorypha calandra),
Calandrella (Calandrella brachydactyla), Allodola (Alauda arvensis),
Tottavilla (Lulla arborea), Cappellaccia (Galerida cristata), Calandro (Anthus
campestris), Monachella (Oenanthe hispanica), Averla piccola (Lanius
collurio), Averla capirossa (Lanius senator), Averla cenerina (Lanius
minor), Magnanina (Sylvia undata), Magnanina sarda (Sylvia sarda),
Sterpazzola di Sardegna (Sylvia conspicillata), Sterpazzolina (Sylvia
cantillans), Zigolo capinero (Emberiza melanocephala).
Descrizione generale della tipologia.
Tipologia che raggruppa una vasta gamma di paesaggi, anche molto
diversificati tra loro, raggruppati in una tipologia unica in quanto
caratterizzati per lo piu' da specie tipicamente mediterranee e da una
serie di problematiche comuni (bracconaggio, incendi, urbanizzazione
diffusa eccetera). Tra gli habitat inclusi in questi siti si possono
annoverare pinete costiere, leccete, macchia e gariga mediterranee,
coltivi di vario genere, pascoli aridi eccetera. Nella gran parte dei
casi, i siti inclusi in tale tipologia sono caratterizzati da paesaggi a
mosaico, composti da vari ambienti, inframmezzati gli uni agli altri e
spesso profondamente modellati dalle attivita' umane e sottoposti ad
elevatissima pressione antropica. Le minacce a questi siti sono, di
conseguenza, numerose e differenziate. Si puo' tuttavia indicare la
sottrazione e frammentazione degli habitat in seguito alla crescente
antropizzazione (urbanizzazione, realizzazione di infrastrutture,
intensificazione agricola) come la problematica centrale di questi
ambienti. Per alcune specie, come ad esempio molti rapaci, il problema
principale rimane il disturbo antropico e la persecuzione diretta,
estremamente diffusi in questi siti.
Fattori chiave per la conservazione delle specie caratteristiche.
1. Disponibilita' di habitat idoneo:
1.1. mosaici di pascoli e coltivi con ricca entomofauna, in particolare
Imenotteri sociali e Ortotteri (Falco pecchiaiolo);
1.2. mosaici di pascoli con coltivi come aree di alimentazione e boschi
adatti alla nidificazione (Nibbio bruno, Nibbio reale);
1.3. mosaici di pascoli con abbondanza di bestiame allo stato brado con
presenza di falesie indisturbate. Macchia mediterranea alta con
abbondanti popolazioni di ungulati selvatici, in particolare di Cervo e
Cinghiale (Grifone);
1.4. mosaici di pascoli, macchia mediterranea bassa e gariga con
abbondanza di ovini allo stato brado e con buona disponibilita' di
mammiferi selvatici di piccola taglia come Riccio e Coniglio selvatico.
Presenza di falesie indisturbate per la nidificazione (Capovaccaio);
1.5. mosaici di pascoli, gariga con abbondanza di ofidi e boschetti o
grossi alberi isolati adatti alla nidificazione (Biancone);
1.6. incolti, pascoli, coltivi e macchia a bassa copertura del suolo con
ricche popolazioni di micromammiferi e Passeriformi (Albanella minore);
1.7. pascoli, coltivi, gariga con ricche popolazioni di Ortotteri e
Sauri. Importante inoltre la disponibilita' di siti riproduttivi idonei,
situati in centri storici, edifici agricoli abbandonati e falesie
indisturbate (Grillaio);
1.8. mosaici di incolti, pascoli, coltivi e gariga (Coturnice di
Sicilia, Pernice sarda, Quaglia e Occhione);
1.9. pascoli, coltivi, gariga con ricche popolazioni di Ortotteri e
Sauri. Importante inoltre la disponibilita' di siti riproduttivi idonei:
presenza di grandi alberi isolati, manufatti abbandonati e rupi
(Ghiandaia marina);
1.10 ambienti rupestri con bassa pressione antropica idonei alla
riproduzione in prossimita' di aree idonee all'alimentazione; presenza
di ambienti aperti con adeguate risorse trofiche disponibili tutto
l'anno, ovvero abbondanza di prede di taglia medio-grande, ad esempio
Coniglio selvatico, Lepre, Ratto, Riccio, eccetera (Gufo reale);
1.11 gariga e macchia bassa con ricche popolazioni di Lepidotteri
(Succiacapre);
1.12 mosaici di incolti, pascoli, coltivi e gariga (Calandra,
Calandrella, Allodola, Tottavilla);
1.13. mosaici di incolti, pascoli, coltivi e gariga con affioramento
roccioso (Calandro),
1.14. mosaici di incolti e pascoli con affioramenti rocciosi
(Monachella);
1.15. pascoli, coltivi, gariga con ricche popolazioni di Ortotteri e
Sauri (Averla piccola, Averla capirossa e Averla cenerina);
1.16. macchia mediterranea, gariga e coltivi inframmezzati da siepi con
ricca entomofauna (Canapino, Magnanina, Magnanina sarda, Sterpazzola di
Sardegna, Sterpazzolina, Occhiocotto);
1.17. coltivi e pascoli in forme tradizionali, con una bassa densita' di
cespugli e fasce boscate; radure nelle formazioni forestali, formazioni
erbacee discontinue, alberi ed arbusti sparsi (Zigolo capinero);
1.18. ambienti rupestri indisturbati con abbondanza di prede (conigli e
uccelli) (Aquila del Bonelli, Lanario, Pellegrino).
6. Ambienti steppici
Specie ornitiche caratteristiche.
Grillaio (Falco naumanni), Albanella minore (Circus pygargus), Biancone
(Circaetus gallicus), Capovaccaio (Neophron percnopterus), Gallina
prataiola (Tetrax tetrax), Occhione (Burhinus oedicnemus), Pernice di
mare (Glareola pratincola), Limicoli svernanti (Charadriiformes),
Ghiandaia marina (Coracias garrulus), Calandra (Melanocorypha calandra),
Calandrella (Calandrella brachydactyla), Cappellaccia (Galerida cristata),
Calandro (Anthus campestris), Averla capirossa (Lanius senator), Averla
cenerina (Lanius minor), Monachella (Oenanthe hispanica).
Descrizione generale della tipologia.
Gli ambienti "steppici" italiani sono costituiti da paesaggi
seminaturali aridi, caratterizzati dal predominio della vegetazione
erbacea. Questi ambienti, formatisi nei secoli in seguito all'esercizio
del pascolo, primariamente ovino, rappresentano attualmente una delle
tipologie ambientali piu' minacciate a livello nazionale ed
internazionale. Questa tipologia ambientale e' concentrata nelle aree
mediterranee del meridione e prevalentemente nelle due isole maggiori,
nonche' in Puglia e Lazio. Qualche esempio di ambienti riconducibili a
questa tipologia puo' essere trovato, tuttavia, anche in altre parti
d'Italia, com'e' ad esempio il caso dei Magredi friulani. Si raggruppano
in questa tipologia tutti gli ambienti aperti aridi, assimilabili per
avifauna agli ambienti piu' propriamente steppici. Il fattore
assolutamente preponderante nel determinare la sopravvivenza di tutte le
specie steppiche e' la persistenza dell'habitat. Le principali minacce
alle specie steppiche sono dovute alla distruzione dell'habitat in
seguito all'intensificazione agricola, ad opere di imboschimento
artificiale e all'urbanizzazione.
Le specie di maggiore rilevanza per gli ambienti steppici italiani sono
indubbiamente il Grillaio, specie globalmente minacciata di cui l'Italia
ospita probabilmente la seconda popolazione mondiale (per dimensione) e
la Gallina prataiola, specie in grave regressione, di cui la Sardegna
rappresenta uno degli ultimi baluardi europei.
Fattori chiave per la conservazione delle specie caratteristiche. 1.
Presenza di habitat idoneo (tutte le specie):
1.1. associazioni vegetali di tipo steppico semiarido sfruttate a
pascolo, per lo piu' ovino e stagionale (ad esempio Asphodeletum);
1.2. pascoli coltivati (esempio Hordeum sp);
1.3. boschi degradati con prevalenza di vegetazione erbacea (simili alle
Dehesas spagnole);
1.4. monocolture cerealicole, inframmezzate da altre tipologie di
vegetazione erbacea seminaturale;
1.5. terreni a riposo, prati pascoli non arati da almeno due anni.
2. Presenza di parcelle di terreno nudo durante la stagione
riproduttiva: campi di colture invernali, set aside, distese di fango
secco (Pernice di mare).
3. Disponibilita' di centri storici, edifici rurali tradizionali, ponti
in pietra o ambienti rupestri adatti alla nidificazione
(Grillaio, Ghiandaia marina).
4. Permanenza di muretti a secco, utilizzabili per la nidificazione o
che forniscono rifugio alle specie preda (Biancone, Monachella).
5. Assenza di disturbo alle covate (Albanella minore, Gallina prataiola,
Occhione).
6. Limitata mortalita' per cause antropiche: bracconaggio, collisione
con elettrodotti, mortalita' su strade (tutte le specie). 7. Colonie di
uccelli marini
Specie ornitiche caratteristiche.
Berta maggiore (Calonectris diomedea), Berta minore (Puffinus yelkouan),
Uccello delle tempeste (Hydrobates pelagicus), Marangone dal ciuffo (Phalacrocorax
aristotelis), Falco della Regina (Falco eleonorae), Gabbiano corso (Larus
audouini).
Descrizione generale della tipologia.
Tipologia che raggruppa i siti costieri ospitanti colonie di uccelli
marini. Allo stato attuale, buona parte delle colonie di uccelli marini
e di Falco della Regina incluse nei siti e' localizzata su piccole
isole, spesso in siti impervi, di difficile accesso o comunque
scarsamente adatti alla frequentazione turistica. L'eccezione piu'
evidente a tale situazione generale e' rappresentata da alcune colonie
di Gabbiano corso situate su isole pianeggianti o molto vicine alla
costa, con frequentazione antropica elevata che puo' interessare in toto
o in parte il periodo riproduttivo.
Verosimilmente, l'attuale selezione degli habitat di nidificazione e'
almeno in parte condizionata dalla necessita' di evitare il crescente
disturbo antropico e l'aumentata presenza di mammiferi predatori, in
molti casi introdotti ad opera dell'uomo (ratti in primis, ma anche
gatti e cani inselvatichiti).
Tutte le specie considerate sono, ad eccezione del Gabbiano corso,
caratterizzate da una spiccata fedelta' al sito di nidificazione; per
quest'ultimo e' invece piu' opportuno parlare di fedelta' ad un'area di
nidificazione, che puo' comprendere diversi siti utilizzati in maniera
alternativa negli anni.
La fedelta' al sito di nidificazione puo' determinare da un lato la
persistenza di adulti che tentano di insediarsi in siti divenuti
inadatti (ad esempio le colonie di Berte che continuano ad insediarsi
nel medesimo sito nonostante la sistematica predazione di uova e pulli
da parte di ratti), dall'altro la difficolta' a colonizzare in tempi
brevi siti usualmente non utilizzati, resi nuovamente adatti da
interventi di rimozione o contenimento dei predatori.
Fattori chiave per la conservazione delle specie caratteristiche.
1. Disponibilita' di habitat adatto. Berte e Uccello delle tempeste
necessitano di isole o tratti di costa ripidi e caratterizzati dalla
presenza di grotte, piccole cavita' e/o accumuli di grossi massi
(esempio frane consolidate) sotto i quali scavare il nido. Il Marangone
dal ciuffo e il Falco della Regina nidificano tipicamente in cavita' di
falesie isolate. Il Gabbiano corso si insedia su piccole isole, anche
rocciose, con ridotta presenza di Gabbiano reale. La presenza di pareti
rocciose con tafoni e cenge risulta indispensabile alla nidificazione
del Falco della Regina e del Marangone dal ciuffo; tali ambienti vengono
invece selezionati dalle altre specie solo quando l'eccessivo disturbo o
la predazione impediscono la colonizzazione degli altri habitat (colonie
sulla terraferma o su isole con predatori o disturbate).
2. Disponibilita' di risorse alimentari accessibili in prossimita' della
colonia. Anche se la situazione italiana risulta poco conosciuta sotto
questo aspetto, e' noto che la distribuzione delle risorse alimentari
condiziona in maniera forte le popolazioni di uccelli marini e la
localizzazione delle loro colonie. L'unica specie, tra quelle
considerate, per la quale sono disponibili dati al riguardo e' il
Gabbiano corso. Per questa specie e' nota l'importanza di aree con acque
profonde prossime ai siti di nidificazione, nelle quali la specie si
alimenta di Clupeidi spinti in superficie da tonni e cetacei.
3. Assenza di predatori. La presenza di mammiferi predatori di norma
impedisce l'insediamento delle colonie o ne riduce enormemente il
successo riproduttivo. La predazione a carico di uova o pulli da parte
del Ratto e' in grado di azzerare la produttivita' delle colonie di
Berte e Uccello delle tempeste. Il protrarsi di condizioni sfavorevoli
all'involo di pulli determina di solito l'abbandono del sito di
nidificazione nel breve o medio periodo. La predazione da parte di cani
e gatti sembra avere un effetto piu' ridotto su queste specie,
interessando in particolare i nidi meno profondi (la specie piu'
soggetta a rischio per la propensione a nidificare anche in cavita'
esposte e' la Berta maggiore). La nidificazione di Marangone dal ciuffo
e Falco della Regina non sembra invece essere influenzata in maniera
significativa da nessuno dei predatori sopra ricordati. I ratti non
rappresentano un fattore di disturbo per il Gabbiano corso, mentre la
presenza di cani o gatti domestici o inselvatichiti puo' costituire un
serio pericolo, sia per la predazione diretta di uova e pulli che per il
disturbo arrecato alle colonie.
4. Assenza di disturbo ai siti di nidificazione. Tra le specie
considerate, le Berte e l'Uccello delle tempeste sembrano in grado di
tollerare una certa presenza antropica e quella di mammiferi non
predatori durante il periodo di nidificazione, purche' la stessa non
interessi l'interno delle cavita' di riproduzione. Considerazioni
analoghe valgono per il Marangone dal ciuffo e il Falco della Regina,
nella misura in cui i siti di nidificazione risultano di solito
inaccessibili ai vertebrati di medio-grandi dimensioni. Sono invece
documentati casi di abbandono o mancato insediamento di colonie di
Gabbiano corso in seguito al disturbo arrecato dall'uomo o da grossi
mammiferi (esempio mufloni, cinghiali, bestiame domestico allo stato
brado). Un'elevata densita' di Gabbiano reale puo' avere un impatto
negativo sul Gabbiano corso, per l'occupazione dei siti piu' adatti alla
nidificazione e per l'innescarsi di interazioni di tipo competitivo (cleptoparassitismo)
o, in misura minore, predatorio nei confronti di uova o pulli.
8. Zone umide
Specie ornitiche caratteristiche.
Strolaghe (Gavia spp.), Svassi (Podiceps spp.), Marangone minore (Phalacrocorax
pygmaeus), Fenicottero (Phoenicopterus ruber), Ardeidi (Ardeidae),
Spatola (Platalea leucorodia), Mignattaio (Plegadis falcinellus),
Anatidi (Anatidae), Falco di palude (Circus aeruginosus), Nibbio bruno (Milvus
migrans), Rallidi (Rallidae), Pernice di mare (Glareola pratincola),
Limicoli (Charadriiformes), Laridi (Laridae), Sternidi (Sternidae),
Forapaglie castagnolo (Acrocephalus melanopogon).
Descrizione generale della tipologia.
Tipologia che raggruppa tutte le zone umide, sia salmastre che di acqua
dolce. Si tratta di un'ampia categoria che include ambienti anche
diversificati quali ad esempio saline, lagune, valli da pesca, laghi,
invasi artificiali. Fa parte di questa tipologia il sistema di zone
umide costiere dell'alto Adriatico, che si estende quasi
ininterrottamente tra Trieste e Cervia, comprendendo una vasta gamma di
tipologie ambientali d'acqua dolce, salmastra e salata (rami fluviali,
lagune, valli da pesca, saline e bacini d'acqua dolce), spesso
strettamente interconnesse, che rappresentano uno dei sistemi ambientali
di maggior importanza per l'avifauna a livello europeo. L'area e'
altresi' caratterizzata da estesi prosciugamenti, effettuati a partire
dalla fine del 1800, che hanno interrotto la continuita' del complesso
delle zone umide costiere. Attualmente tutte le zone umide sono
delimitate da argini, essendo scomparse quelle vaste superfici di stagni
e bassure temporaneamente sommerse dall'autunno alla primavera che
costituivano il naturale contorno di molte valli fino agli anni '30-'50
del 1900. Le bonifiche a scopi agricoli hanno determinato anche la fine
della vallicoltura basata sull'itticoltura estensiva e attualmente la
maggior parte delle valli residue vengono gestite per l'attivita'
venatoria e/o per varie forme di itticoltura intensiva e semi intensiva.
La realizzazione di vasti complessi industriali a partire dal 1950 ca.,
all'interno e ai margini di biotopi di rilevante interesse naturalistico
(Laguna di Venezia, Pialasse Ravennati), l'intensa e diffusa
urbanizzazione ed antropizzazione delle coste e delle zone retrostanti,
a partire dal 1960 ca., per scopi turistici, la marcata subsidenza ed il
processo di erosione dei litorali rendono particolarmente problematica
la tutela degli ambienti favorevoli all'avifauna.
A parte il sistema dell'Adriatico settentrionale, anche le altre zone
umide costiere comprendono lanche, lagune, saline e bacini d'acqua dolce
o salmastra, spesso strettamente connessi gli uni con gli altri. Tali
siti sono impattati da problematiche analoghe a quelle sopra descritte.
Particolarmente gravi sono i problemi legati alla diffusa e crescente
urbanizzazione ed antropizzazione delle coste e delle zone retrostanti,
legate al turismo balneare. Le zone umide costiere mediterranee sono
spesso minacciate da diffusi fenomeni di illegalita', tra cui
bracconaggio e abusivismo edilizio. Problema chiave per molte aree e'
inoltre quello della gestione idrica. Le regioni mediterranee sono
infatti caratterizzate da climi aridi e le zone umide sono dunque
soggette ad estesi prosciugamenti nella stagione estiva. Questi fenomeni
naturali vengono spesso accentuati dall'eccessivo prelievo di acqua,
direttamente dalle zone umide o dai fiumi e canali immissari. Va
ricordato che molte regioni dell'Italia mediterranea gestiscono
attualmente le proprie risorse idriche in una situazione di deficit
permanente, che potrebbe aggravarsi nel futuro con l'aumento
dell'incidenza dei mutamenti climatici.
La tipologia comprende inoltre le zone umide interne d'acqua dolce
(laghi, stagni, paludi e invasi artificiali), che sono state le prime ad
essere "bonificate" per colmata o per drenaggio. Negli ultimi due secoli
i prosciugamenti e gli interventi di trasformazione fondiaria hanno
tuttavia interessato tutte le zone umide ad eccezione dei laghi piu'
profondi. Parallelamente al processo di trasformazione del territorio e
alla progressiva scomparsa XX secolo, altre tipologie di zone umide di
origine antropica, connesse ad attivita' idrauliche (casse di
espansione), produttive (risaie, invasi per l'irrigazione, bacini di
decantazione e depurazione delle acque e dei fanghi degli zuccherifici e
degli allevamenti zootecnici, bacini per l'itticoltura, cave attive e
abbandonate temporaneamente o permanentemente inondate) e ricreative
(bacini per l'attivita' venatoria e la pesca sportiva) che spesso sono
in grado di ospitare alcune delle specie vegetali e animali tipiche
delle zone umide scomparse. Le potenzialita' di tali aree, che
soprattutto in zone densamente antropizzate e soggette a trasformazioni
ambientali impattanti contribuiscono in maniera determinante alla
conservazione della biodiversita' (ad esempio svolgendo la funzione di
siti di sosta e riproduzione per l'avifauna) dipendono da
caratteristiche ambientali tra cui le dimensioni della zona umida, il
tipo di attivita' antropica presente, la pendenza e superficie delle
rive e dei fondali, le caratteristiche fisico-chimiche delle acque, la
gestione della vegetazione e dei livelli dell'acqua e la ricchezza, la
struttura e la copertura della vegetazione. Questi fattori sono
fortemente correlati alle funzioni per le quali le zone umide sono state
conservate, create o trasformate, e sono controllati dal tipo di
gestione cui ogni zona umida e' soggetta.
Va prestata attenzione all'adeguamento dei piani di gestione forestale e
agricola, alla pianificazione delle attivita' estrattive, ai piani di
prelievo idrico all'interno del sito e nella parte di bacino idrologico
che alimenta la zona umida, alla pianificazione delle attivita'
venatorie e di pesca sportiva, alla pianificazione delle attivita'
ricreative e di fruizione turistica. Grande attenzione va prestata anche
agli interventi di alterazione della morfologia costiera (ripascimento
dei litorali, taglio di scanni e cordoni dunosi, difesa costiera) ed a
quelli per il miglioramento della navigazione, e ai piani di bonifica e
risanamento ambientale (siti inquinati, rimozione sedimenti, eccetera).
Vanno infine adeguatamente pianificati i piani di controllo delle
zanzare effettuati sia con prodotti chimici di sintesi, sia con metodi
di lotta biologica (esempio Bacillus thuringensis).
Fattori chiave per la conservazione delle specie caratteristiche.
1. Disponibilita' di siti idonei per la nidificazione in aree con buona
disponibilita' di risorse trofiche. Fattore importante per tutte le
specie considerate e in particolare per le specie coloniali (Marangone
minore, Fenicottero, Spatola, Mignattaio, parte degli Ardeidi, Sternidi,
Limicoli, Pernice di mare):
1.1. Spatola, Mignattaio, Marangone minore, Airone cenerino, Nitticora,
Airone bianco maggiore, Garzetta, Airone guardabuoi, Sgarza ciuffetto
nidificano sia su alberi e arbusti sia in canneti in aree tranquille o
comunque difficilmente raggiungibili da predatori e dall'uomo;
1.2. Airone rosso, Tarabuso e Tarabusino nidificano esclusivamente in
canneti;
1.3. gli Svassi necessitano di zone umide con vegetazione acquatica
galleggiante, semisommersa ed emergente su cui e con la quale costruire
nidi galleggianti;
1.4. gli Anatidi necessitano di isole e sponde dolcemente digradanti con
vegetazione erbacea e di vaste zone con vegetazione palustre sommersa,
galleggiante ed emergente;
1.5. i Rallidi necessitano di zone con canneti densi e lussureggianti e
con piante acquatiche semisommerse e galleggianti;
1.6. Limicoli, Laridi, Sternidi e Fenicottero necessitano di isole e
zone affioranti sabbiose/fangose con vegetazione scarsa o nulla,
difficilmente raggiungibili da predatori terrestri;
1.7. Mignattino e Mignattino piombato necessitano di zone umide con
ricca vegetazione acquatica galleggiante, semisommersa ed emergente su
cui e con la quale costruire nidi galleggianti;
1.8. la Pernice di mare nidifica su superfici sabbiose/fangose con
vegetazione scarsa o nulla, costituite in genere da zone umide in corso
di prosciugamento e da campi con coltivazioni tardive (soia, pomodori) o
che hanno subito lavorazioni primaverili;
1.9. il Falco di palude nidifica prevalentemente in canneti e talvolta
tra la vegetazione erbacea folta di prati e di fossati tra i coltivi;
1.10. il Nibbio bruno necessita di boschi, anche di piccola estensione,
nei dintorni di laghi, paludi e fiumi;
1.11. il Forapaglie castagnolo necessita di canneti estesi e
diversificati alternati a chiari d'acqua libera.
2. Disponibilita' di isole e di zone affioranti
sabbiose/fangose/ghiaiose con vegetazione scarsa o assente,
difficilmente raggiungibili da predatori terrestri. Fattore chiave per
assicurare, oltre che ambienti idonei per la nidificazione di
Fenicottero, Limicoli, Laridi e Sternidi, siti per la sosta e il riposo
di Ardeidi, Anatidi, Limicoli e Sternidi durante il giorno e la notte
nel corso dell'anno. In alcuni siti il numero di isole e zone affioranti
adatte alla nidificazione di Limicoli e Sternidi e' fortemente diminuito
negli ultimi decenni a causa della subsidenza, dell'erosione e
dell'innalzamento del livello del mare.
3. Competizione del Gabbiano reale per l'uso di siti idonei per la
nidificazione. Il precoce insediamento della crescente popolazione
nidificante di Gabbiano reale limita fortemente il numero di siti idonei
per l nidificazione di Limicoli e Sternidi che si insediano 1-2 mesi
dopo.
4. Alterazione/distruzione delle aree con vegetazione elofitica e
galleggiante da parte della Nutria. Fattore rilevante per le specie che
utilizzano i canneti per la nidificazione, l'alimentazione e la sosta e
che costruiscono nidi galleggianti: Svassi, Ardeidi, Anatidi (Moretta
tabaccata), Falco di palude, Mignattino piombato.
5. Assenza/scarsita' di grandi pesci fitofagi e dei fondali e comunque
di elevate densita' di pesci in ambiti non destinati all'itticoltura.
Fattore molto importante che permette una cospicua crescita di idrofite
e una buona limpidezza dell'acqua, condizioni essenziali per la
nidificazione di Moretta tabaccata e Mignattino piombato e per
l'alimentazione di Anatidi e Folaghe.
6. Elevata disponibilita' di invertebrati tipica delle zone umide con
scarso uso di pesticidi con aree circostanti coltivate in maniera
estensiva. Fattore rilevante per Pernice di mare e in generale per tutti
i limicoli nidificanti e migratori, per Mignattini e per alcune specie
di Laridi (Gabbianello, Gabbiano comune, Gabbiano corallino).
7. Predazione da parte di ratti, Gabbiani reali, cani e gatti vaganti,
Corvidi. Fenicottero, Limicoli, Sternidi, Laridi.
8. Predazione di pulcini e adulti da parte di Silurus glanis (pesce
alloctono invasivo presente in alcuni corpi idrici). Svassi, Anatidi.
9. Ambienti fluviali
Specie ornitiche caratteristiche.
Ardeidi (Ardeidae), Anatidi (Anatidae), Falco di palude (Circus
aeruginosus), Nibbio bruno (Milvus migrans), Succiacapre (Caprimulgus
europaeus), Limicoli (Charadriiformes), Occhione (Burhinus oedicnemus),
Sternidi (Sternidae), Martin pescatore (Alcedo atthis), Gruccione (Merops
apiaster), Topino (Riparia riparia).
Descrizione generale della tipologia.
Tipologia che raggruppa i siti fluviali di maggior rilevanza per
l'avifauna. La maggior parte di tali aree e' situata in territori
pianeggianti caratterizzati da elevata densita' di popolazione e grado
di urbanizzazione tra i piu' elevati in Europa e nel mondo, nei quali la
libera evoluzione dei corsi d'acqua e' stata massivamente contrastata ed
impedita. Cio' ha comportato la progressiva scomparsa di lanche e zone
umide lentiche entro le golene, la drastica riduzione delle fasce di
vegetazione arborea e arbustiva ripariale e il disinnesco dei processi
di continua creazione di alcuni ambienti effimeri (ad esempio, scarpate
sub verticali in banchi prevalentemente di sabbia), necessari alla
riproduzione di specie come il Topino. Peraltro, i crescenti problemi
idraulici, conseguenti ad un incremento dei fenomeni (a seconda dei
tratti) di pensilizzazione ed erosione dell'alveo, sono dovuti
principalmente al mantenimento del corso d'acqua per secoli nello stesso
tracciato, alla realizzazione di infrastrutture (ponti, dighe,
sbarramenti eccetera), ad interventi di escavazione in alveo, alla
diminuzione dei tempi di corrivazione delle acque meteoriche e alla
subsidenza. Questi fattori hanno causato danni alle strutture antropiche
stesse e generato ulteriori interventi antropici, spesso impattanti,
sugli ultimi lembi di ambienti naturali esistenti entro le golene. In un
territorio fortemente antropizzato, caratterizzato da barriere
ecologiche insormontabili quali autostrade e vasti centri urbani, i
corsi d'acqua costituiscono per molte specie di piante e animali i
maggiori corridoi ecologici. Peraltro e' proprio in tali ambienti che
risultano piu' accentuate le problematiche di inquinamento delle acque,
di introduzione e diffusione di specie vegetali e animali aliene, con
effetti negativi sulle biocenosi autoctone, nonche' di gestione dei
terreni golenali palesemente ostile alla fauna selvatica. Tali
problematiche sono ampiamente presenti anche nei siti dell'Italia
peninsulare, dove il clima prevalentemente mediterraneo rende ancora
piu' grave il problema delle captazioni idriche, che possono persino
condurre ad un completo prosciugamento dei fiumi nei periodi meno
piovosi.
Gli obiettivi di conservazione di questi siti vanno integrati
all'interno degli strumenti di pianificazione ed in particolar modo
nella pianificazione della gestione forestale e agricola, delle
attivita' estrattive, del prelievo idrico all'interno del sito e nella
parte di bacino idrologico che alimenta il corpo idrico, delle attivita'
venatorie e di pesca sportiva, delle attivita' ricreative e di fruizione
turistica.
Fattori chiave per la conservazione delle specie caratteristiche.
1. Disponibilita' di siti idonei per la nidificazione in aree con buona
disponibilita' di risorse trofiche. Fattore importante per tutte le
specie considerate e, in particolare, per le specie coloniali di Ardeidi,
Sternidi e Limicoli e per Gruccione e Topino.
1.1. Airone cenerino, Nitticora, Airone bianco maggiore, Garzetta,
Airone guardabuoi e Sgarza ciuffetto nidificano sia su alberi e arbusti
sia in canneti in aree tranquille o, comunque, difficilmente
raggiungibili dai predatori e dall'uomo. In Pianura Padana spesso
utilizzano anche pioppeti coltivati maturi;
1.2. Airone rosso, Tarabuso e Tarabusino nidificano esclusivamente in
canneti;
1.3. gli Anatidi necessitano di isole e sponde dolcemente digradanti con
vegetazione erbacea e di vaste zone con vegetazione palustre sommersa,
galleggiante ed emergente;
1.4. Limicoli e Sternidi necessitano di isole e zone affioranti
sabbiose/fangose/ghiaiose con vegetazione scarsa o nulla, difficilmente
raggiungibili da predatori terrestri;
1.5. l'Occhione necessita di vaste praterie con vegetazione erbacea
bassa e rada all'interno e ai margini dei greti fluviali;
1.6. il Falco di palude nidifica prevalentemente in canneti e, talvolta,
tra la vegetazione erbacea folta di prati e di fossati tra i coltivi;
1.7. il Nibbio bruno necessita di boschi, anche di piccola estensione,
nei dintorni di laghi, paludi e fiumi;
1.8. Gruccione, Martin pescatore e Topino scavano nidi a galleria nelle
scarpate create dall'erosione lungo le sponde di corsi d'acqua e laghi,
nei margini delle cave di sabbia/ghiaia/argilla e nei cumuli di sabbia
estratta dalle cave; nel caso di Gruccione e Topino le colonie sono
ubicate entro un raggio di 10-15 km dalle aree adatte per
l'alimentazione;
1.9. il Succiacapre necessita di macchie arbustive e boschi ai margini
di ampie zone di greto, di prati e di coltivazioni estensive
utilizzabili per l'alimentazione.
2. Disponibilita' di isole e di zone affioranti
sabbiose/fangose/ghiaiose con vegetazione scarsa o assente,
difficilmente raggiungibili da predatori terrestri. Fattore chiave per
assicurare, oltre che ambienti idonei per la nidificazione di Limicoli e
Sternidi, siti per la sosta e il riposo di Ardeidi, Anatidi, Limicoli e
Sternidi durante il giorno e la notte nel corso dell'anno.
3. Assenza di variazioni eccessive dei livelli idrici nel periodo
marzo-luglio dovute a eventi naturali e a regimazioni idrauliche.
Rilevanti e/o frequenti innalzamenti del livello dell'acqua causano la
distruzione dei nidi e delle uova delle specie, in particolare Limicoli
e Sternidi, che nidificano sul suolo a breve distanza dall'acqua;
rilevanti abbassamenti o prosciugamenti determinano il raggiungimento e
la predazione dei nidi da parte di predatori terrestri e/o un'elevata
mortalita' dei pulcini di Anatidi e Limicoli.
4. Sensibilita' dei proprietari e dei gestori di cave. Fattore
fondamentale per garantire il successo riproduttivo delle popolazioni di
Gruccione e di Topino che nidificano nelle cave attive.
5. Elevata disponibilita' di invertebrati tipica delle zone con scarso
uso di pesticidi e di quelle coltivate in maniera estensiva. Fattore
chiave per il Succiacapre che caccia grandi insetti volatori notturni;
fattore rilevante per Occhione, Gruccione e Topino e in parte anche per
i Limicoli.
6. Predazione da parte di ratti, cani e gatti vaganti, corvidi.
Limicoli, Occhione, in particolare Sternidi (specialmente Fraticello).
7. Predazione di pulcini e adulti da parte di Silurus glanis (specie
alloctona invasiva in alcuni corpi idrici). Fattore marginale,
localmente importante per Anatidi.
8. Competizione alimentare da parte di alcune specie di Ciprinidi
(alcune alloctone) di grandi dimensioni. Fattore localmente importante
per Anatidi.
10. Ambienti agricoli
Specie ornitiche caratteristiche.
Ardeidi (Ardeidae), Albanelle (Circus spp.), Falco cuculo (Falco
vespertinus), Pernice di mare (Glareola pratincola), Quaglia (Coturnix
coturnix), Allodola (Alauda arvensis), Averle (Lanius spp.), Ortolano (Emberiza
hortulana).
Descrizione generale della tipologia.
Tipologia che raggruppa le zone agricole della Pianura Padana e di altre
aree intensamente coltivate, caratterizzate prevalentemente da
seminativi e in minor parte da prati, con una discreta presenza di
elementi naturali quali siepi, filari alberati e piccoli bacini. In
tali ambienti, che offrono condizioni complessivamente favorevoli anche
grazie ad una scarsa urbanizzazione e ad un minore impatto
infrastrutturale (strade, ferrovie, linee elettriche eccetera), sono
state meglio conservate ovvero ripristinate le caratteristiche
ambientali e paesaggistiche tipiche del territorio rurale di pianura
fino agli anni '50-'60 del 1900. E' da questo periodo infatti che sono
avvenuti:
la scomparsa progressiva della sistemazione a piantata e delle siepi
(per la cui gestione era necessaria molta mano d'opera) principalmente
in seguito alla modernizzazione delle tecniche colturali e a causa del
fenomeno di inurbamento della popolazione agricola conseguente
all'industrializzazione;
l'abbattimento di quasi tutte le piante di alto fusto isolate e in
filare come querce, noci, olmi, frassini, pioppi le quali, oltre ad
essere di ostacolo alle lavorazioni meccaniche, divennero non piu'
necessarie come fonte di cibo per il bestiame, legname da opera e da
ardere;
la chiusura graduale delle stalle poderali, non in grado di competere
con gli allevamenti del centro Europa ma che garantivano una regolare
rotazione delle coltivazioni con la presenza di almeno Õ della
superficie aziendale a prato o a medica;
la riduzione progressiva della superficie a risaie, poiche' altre
colture come la barbabietola da zucchero e il mais divennero piu'
redditizie; conseguentemente vennero prosciugate molte zone umide che
fungevano da casse di accumulo delle acque per le risaie;
la scomparsa repentina della coltura della canapa, in seguito
all'introduzione di nuove fibre tessili e conseguentemente il tombamento
della maggior parte dei maceri che erano stati creati per la lavorazione
della canapa;
la scomparsa dell'allevamento dei bachi da seta e conseguentemente
l'abbattimento della maggior parte dei gelsi secolari.
A differenza di quanto avvenuto per le zone umide, per le quali al
processo di riconoscimento come ambienti che ospitano organismi viventi
molto peculiari e che svolgono importanti funzioni ecologiche ed
economiche sono seguiti, a partire dal 1970 ca., atti di tutela
nazionali internazionali, tuttora scarsi sono i riferimenti legislativi
per un'effettiva salvaguardia degli agroecosistemi e dei loro elementi
maggiormente qualificanti come siepi, boschetti e alberature, piccoli
stagni. Gli obiettivi di conservazione vanno integrati in maniera
adeguata in tutti gli strumenti di pianificazione ed in particolar modo
nei piani di gestione forestale e agricola, nella pianificazione delle
attivita' estrattive, nella pianificazione delle attivita' venatorie e
nella pianificazione delle attivita' ricreative e di fruizione
turistica. Va fatta attenzione anche ai piani di controllo delle zanzare
effettuati sia con prodotti chimici di sintesi sia con metodi di lotta
biologica (esempio Bacillus thuringensis).
Fattori chiave per la conservazione delle specie caratteristiche.
1. Disponibilita' di siti idonei per la nidificazione in aree con buona
disponibilita' di risorse trofiche. Fattore importante per tutte le
specie considerate e in particolare per Albanelle, Falco cuculo, Pernice
di mare.
1.1. Le Albanelle (Falco di palude compreso) nidificano sia in canneti
sia tra la vegetazione erbacea folta di prati, fossati e coltivi;
1.2. Il Falco cuculo nidifica in vecchi nidi di Gazza e Cornacchia
grigia su siepi, filari alberati ed alberi isolati;
1.3. La Pernice di mare nidifica su superfici sabbiose/fangose con
vegetazione scarsa o nulla, costituite in genere da zone umide in corso
di prosciugamento e da campi con coltivazioni tardive (soia, pomodori) o
che hanno subito lavorazioni primaverili;
1.4. Quaglia, Allodola e Ortolano nidificano a terra tra la vegetazione
erbacea di prati, coltivi, cavedagne, incolti e fossati;
1.5. Le Averle nidificano in alberi e arbusti isolati e in siepi ai
margini di prati, coltivi e strade.
2. Elevata disponibilita' di invertebrati tipica delle zone con scarso
uso di pesticidi e coltivate in maniera estensiva. Fattore molto
importante per tutte le specie considerate e in particolare per Falco
cuculo, Albanelle, Pernice di mare e Averle.
11. Risaie
Specie ornitiche caratteristiche.
Cicogna bianca (Ciconia ciconia), Mignattaio (Plegadis falcinellus),
Spatola (Platalea leucorodia), Tarabuso (Botaurus stellaris), Tarabusino
(Ixobrychus minutus), Airone rosso (Ardea purpurea), Airone bianco
maggiore (Casmerodius albus), Garzetta (Egretta garzetta), Nitticora (Nycticorax
nycticorax), Sgarza ciuffetto (Ardeola ralloides), Falco di palude
(Circus aeruginosus), Marzaiola (Anas querquedula), Cavaliere d'Italia (Himantopus
himantopus), Mignattino (Chlidonias niger), Anatre svernanti (Anatidae),
Limicoli migratori (Charadriiformes).
Descrizione generale della tipologia.
Le risaie sono un ambiente artificiale che ospita una ricca avifauna
acquatica. Questa coltura, per alcune specie, costituisce un habitat
alternativo alle zone umide naturali da tempo presenti solo in modo
residuale. Le coltivazioni risicole sono concentrate in Italia in pochi
comprensori di cui quello di gran lunga piu' importante e' quello della
Pianura Padana centro-occidentale. Il sistema delle risaie italiano
risulta di straordinaria importanza per gli Ardeidi coloniali, specie
per le quali i comprensori risicoli padani ospitano una rilevante
porzione della popolazione europea. Le risaie fungono anche da preziose
zone di sosta per i limicoli migratori e rivestono un ruolo importante
per molte altre specie, sia durante la riproduzione che durante lo
svernamento. Il valore della risaia come habitat per l'avifauna dipende
strettamente dalle tecniche colturali utilizzate. I principali fattori
che influenzano la qualita' ambientale di questa coltivazione sono la
gestione dei cicli di allagamento, l'impiego di biocidi e la gestione
delle stoppie e delle bordure. Oltre alle risaie in senso stretto, un
ruolo di grande rilievo e' coperto dalla rete di canali che le alimenta,
che rappresentano anch'essi ambienti di alimentazione e riproduzione per
un gran numero di specie e la loro gestione ne determina il grado di
idoneita' per l'avifauna.
La gestione di questi siti richiede una particolare attenzione ai piani
di conversione agricola ed ai progetti infrastrutturali. Vanno
attentamente valutati anche i piani di controllo delle zanzare
effettuati sia con prodotti chimici di sintesi sia con metodi di lotta
biologica (esempio Bacillus thurigensis).
Fattori chiave per la conservazione delle specie caratteristiche.
1. Disponibilita' di habitat (tutte le specie):
1.1. coltivazione di riso sottoposta ad allagamento nella stagione
primaverile;
1.2. canali con ricca vegetazione acquatica, non rimossa durante la
stagione riproduttiva;
1.3. stoppie non arate, asciutte o allagate, lasciate durante la
stagione invernale;
1.4. argini delle risaie mantenuti a vegetazione naturale.
2. Disponibilita' di cibo (anfibi, invertebrati, pesci, rettili,
micromammiferi, materia vegetale) strettamente legata alle condizioni di
allagamento, all'utilizzo di biocidi ed alla gestione delle stoppie.
3. Disponibilita' di siti di nidificazione:
3.1. boschi naturali, in particolare negli stadi di crescita intermedi (Ardeidi
coloniali);
3.2. canneti naturali (Tarabuso, Tarabusino, Airone rosso, Falco di
palude);
3.3. risaie allagate, non sottoposte ad eccessivi sbalzi di livello
(Cavaliere d'Italia, Pavoncella, Mignattini);
3.4. canali, sponde ed argini lasciati a vegetazione naturale (Tarabusino,
Anatre, Rallidi).
12. Corridoi di migrazione
Specie ornitiche caratteristiche.
Cicogna bianca (Ciconia ciconia), Cicogna nera (Ciconia nigra), Gru (Grus
grus), Falco pescatore (Pandion haliaetus), Biancone (Circaetus gallicus),
Nibbio bruno (Milvus migrans), Aquila minore (Hieraaetus pennatus),
Falco di palude (Circus aeruginosus), Albanella minore (Circus pygargus),
Albanella pallida (Circus macrourus), Falco pecchiaiolo (Pernis apivorus),
Gheppio (Falco tinnunculus), Grillaio (Falco naumanni), Falco cuculo
(Falco vespertinus), Capovaccaio (Neophron percnopterus).
Descrizione generale della tipologia.
Tipologia coincidente con le aree, comunemente definite "bottle-neck",
in cui si concentra il transito migratorio di rapaci diurni e altri
uccelli veleggiatori. La corretta gestione di questi siti richiede
particolare attenzione ai progetti di costruzione di strade, vie di
accesso ed altre infrastrutture viarie, in particolare lungo crinali,
valichi e linee di costa, cosi' come ai progetti di costruzione di
elettrodotti e di edifici, tralicci, antenne, ponti ed altre strutture
di altezza superiore ai 30 metri. Notevole attenzione va prestata anche
ai progetti per la realizzazione di linee elettriche a media e ad alta
tensione ed a quelli di aeroporti ed eliporti (anche di piccole
dimensioni) nonche' alla pianificazione delle attivita' di volo a bassa
e media quota.
13. Valichi montani, isole e penisole rilevanti per la migrazione dei
passeriformi e di altre specie ornitiche.
Specie ornitiche caratteristiche.
Tortora (Streptopelia turtur), Gruccione (Merops apiaster), Succiacapre
(Caprimulgus europaeus), Topino (Riparia riparia), Calandro (Anthus
campestris), Codirosso (Poenicurus phoenicurus), Saltimpalo (Saxicola
torquata), Monachella (Oenanthe hispanica), Codirossone (Monticola
saxatilis), Pigliamosche (Muscicapa striata), Balia dal collare (Ficedula
albicollis), Averla piccola (Lanius collurio), Averla capirossa (Lanius
senator), Ortolano (Emberiza hortulana).
Altre specie: Passera scopaiola (Prunella modularis), Pettirosso (Erithacus
rubecula), Usignolo (Luscinia megarhynchos), Stiaccino (Saxicola rubetra),
Merlo (Turdus merula), Tordo bottaccio (Turdus philomelos), Cesena (Turdus
pilaris), Tordo sassello (Turdus iliacus), Tordela (Turdus viscivorus),
Forapaglie (Acrocephalus schoenobaenus), Canapino maggiore (Hippolais
polyglotta), Sterpazzolina (Sylvia cantillans), Sterpazzola (Sylvia
communis), Beccafico (Sylvia borin), Capinera (Syilvia atricapilla),
Lui' verde (Phylloscopus sibilatrix), Regolo (Regulus regulus),
Fiorrancino (Regulus ignicapillus), Balia dal collare (Ficedula
albicollis), Balia nera (Ficedula hypoleuca), Fringuello (Fringilla
coelebs), Lucherino (Carduelis spinus).
Descrizione generale della tipologia.
Tipologia che comprende i siti interessati da flussi migratori di
uccelli, in particolare ma non esclusivamente passeriformi. La corretta
gestione di questi siti richiede particolare attenzione alla
progettazione e alla realizzazione infrastrutturale, specie ma non
esclusivamente per quanto concerne le infrastrutture a sviluppo
verticale, nonche' alla presenza e gestione di fonti di illuminazione
artificiale. Speciale attenzione va inoltre prestata alla pianificazione
dell'attivita' venatoria.