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IL “GIUSTO PROCESSO” NELL’ART. 111, COMMA 1, COST.: NOZIONE E FUNZIONE
GIUSEPPE VIGNERA
Magistrato
SOMMARIO: 1. Le modifiche apportate all’art. 111 Cost. dall’art. 1 l. cost. 23 novembre 1999 n. 2. – 2. Le interpretazioni “minimalista” e “massimalista” del “nuovo” art. 111, commi 1 e 2, Cost. – 3. La nozione di “giusto processo” ex art. 111, comma 1, Cost. – 4. (Segue) Nostra opinione: la clausola del “giusto processo” quale “norma di apertura” del sistema delle garanzie costituzionali della giurisdizione.
1. – Le modifiche apportate all’art. 111 Cost. dall’art. 1 l. cost. 23 novembre 1999 n. 2.
	
	___________________________________
 
	 [1] Su tale garanzia 
	rinviamo alle osservazioni da noi fatte in ANDOLINA-VIGNERA, I fondamenti 
	costituzionali della giustizia civile, Torino, 1997, 191 ss., dove [previo 
	esame critico della c.d. concezione democratica dell’obbligo costituzionale 
	della motivazione (ravvisante in esso lo strumento per il controllo popolare 
	sull’attività giurisdizionale: in questo senso v. specialmente TARUFFO, La 
	motivazione della sentenza civile, Padova, 1975, 370 ss., 
	405 ss.) e della c.d. concezione istituzionale dell’obbligo stesso 
	(individuante il profilo funzionale di codesto obbligo nell’effettività del 
	sindacato di legittimità conferito alla Corte di cassazione dallo stesso 
	art. 111 Cost., sindacato che “non sarebbe possibile se le sentenze ed i 
	provvedimenti sulla libertà personale non consentissero di ricostruire 
	l’iter logico-giuridico attraverso il quale il giudice è pervenuto alla 
	decisione”: DENTI, La magistratura, IV, in Commentario della Costituzione, a 
	cura di Branca, art. 111-113, Bologna-Roma, 1987, 1, 8-9)] l’obbligo in 
	discorso viene configurato quale condizione minima di effettività del 
	principio di legalità dell’attività giurisdizionale ex art. 101, comma 2, 
	Cost.
	[2] Sulla funzione di tale mezzo d’impugnazione (consistente nel garantire 
	pienamente il valore della legalità ex art. 101, comma 2, Cost. nei 
	confronti dei provvedimenti decisori e sulla libertà personale), sul suo 
	oggetto (rappresentato dalla sentenza in senso sostanziale, caratterizzata a 
	sua volta dalla coesistenza dei requisiti della decisorietà e della 
	definitività) e sui motivi deducibili con esso [rappresentati da quelli ex 
	art. 360, nn. 1-4, c.p.c., nonché dal vizio della motivazione sotto i 
	profili dell’inesistenza, della contraddittorietà o della mera apparenza, 
	limitatamente ai casi in cui esso (vizio) risulta dal testo del 
	provvedimento impugnato] rinviamo sempre ad ANDOLINA-VIGNERA, I fondamenti 
	costituzionali della giustizia civile, cit., 205 ss.
	[3] Sul ricorso per cassazione nel sistema della giustizia amministrativa v. BERLATI, “Limiti esterni” della giurisdizione amministrativa e ricorso in 
	Cassazione contro le decisioni del Consiglio di Stato, in Arch. civ., 1997, 
	241; MARINO, Corte di cassazione e giudici “speciali” (Sull’interpretazione 
	dell’ultimo comma dell’art. 111 Cost.), in Giur. it., 1993, IV, 14. 
	[4] Le norme attuative di questa parte della riforma costituzionale sono 
	state date con la l. 1° marzo 2001 n. 63 (Modifiche al codice penale ed al 
	codice di procedura penale in materia di formazione e valutazione della 
	prova in attuazione della legge costituzionale di riforma dell’art. 111 Cost.).
	[5] Precisiamo subito che nella nostra esposizione il concetto di 
	“procedimento” e quello di “processo” verranno usati promiscuamente, poiché 
	non ci sembra fondata su dati normativi positivi la loro distinzione 
	incentrata sulla mancanza nel primo e sulla presenza nel secondo del 
	contraddittorio tra le parti [in questo senso v. particolarmente FAZZALARI, 
	Diffusione del processo e compiti della dottrina, in Riv. trim. dir. proc. 
	civ., 1958, 861; Valori permanenti del processo, in Riv. dir. proc., 1989, 
	10; Istituzioni di diritto processuale, Padova, 1996, passim, spec. 73 ss.; 
	Processo (teoria generale), Noviss. dig. it., XIII, 1067; “Procedimento e 
	processo (Teoria generale), in Enc. dir., XXXV, 819, spec. 827 ss.; 
	Procedimento e processo (teoria generale), in Digesto, Disc. priv., Sez. civ., 
	XIV, 648, spec. 653 ss. La distinzione tra procedimento e processo nei 
	termini predetti è recepita da PICARDI, Dei termini, in Commentario del 
	codice di procedura civile diretto da Allorio, I, 2, Torino, 1973, 1532 ss., 
	spec. 1544 ss.; La dichiarazione di fallimento dal procedimento al processo, 
	Milano, 1974, passim, spec. 133 ss., 154 ss.].
	Assolutamente condivisibile ci pare, infatti, l’osservazione di MONTESANO, 
	La tutela giurisdizionale dei diritti, Torino, 1985, 7, secondo cui “l’unico 
	dato certo, che abbia rilievo per l’interprete del diritto positivo, … par 
	quello che tale diritto non usa la parola <<processo>> per definire 
	procedimenti che non siano giudiziari, più precisamente ove non operi il 
	giudice, e la riserva, prevalentemente, a quei procedimenti giudiziari, le 
	cui funzioni sono giurisdizionali necessarie” (sulle quali v. pag. 17 e ss.).
	Per più approfonditi rilievi critici ci permettiamo rinviare a quanto da noi 
	scritto in ANDOLINA-VIGNERA, I fondamenti costituzionali della giustizia 
	civile, cit., 113-114, nota 7.
	[6] Per questa (indiscussa ed indiscutibile, peraltro) opinione v. esemplificativamente BOVE, Art. 111 Cost. e <<giusto processo civile>>, in 
	Riv. dir. proc., 2002, 479, 483-484, secondo cui anzi ai canoni del “giusto 
	processo” devono attenersi pure “la giurisdizione privata, ossia l’arbitrato 
	(rituale), e la giurisdizione straniera, perché esse hanno ormai assunto nel 
	nostro ordinamente piena ed autonoma rilevanza nel momento in cui il 
	legislatore ha statuito l’efficacia del lodo arbitrale e della sentenza 
	straniera a prescindere da ogni atto di recezione del giudice pubblico” (v. 
	per l’arbitrato gli artt. 823, comma 4, 827, comma 2, e 828, commi 1 e 2, 
	c.p.c.; e per le sentenze straniere l’art. 64 della l. 31 maggio 1995 n. 
	218).
	[7] Sulle “imprecisioni od incertezze semantiche” caratterizzanti le 
	disposizioni costituzionali del 1999 v. le perspicue osservazioni di COMOGLIO, Il <<giusto processo>> civile nella dimensione comparatistica, in 
	Riv. dir. proc., 2002, 702, 739-740, il quale esattamente rileva (tra 
	l’altro) che la giurisdizione “non si <<attua>>, ma semmai <<si esercita>> o 
	viene <<esercitata>> dai giudici che ne siano titolari, come è possibile 
	argomentare dall’art. 1 c.p.c.”. 
	[8] E’ inutile rammentare come attualmente, in tale materia, il dibattito 
	tenda quasi sempre a degenerare nello scontro tra gli opposti schieramenti 
	politici.
	[9] COSTANTINO, Il giusto processo di fallimento, in La tutela dei crediti 
	nel giusto processo di fallimento, a cura di Didone e Filippi, Milano, 2002, 
	1 ss., 5-6. 
	[10] Sulla genesi ideologico-politica e culturale del “nuovo” art. 111 Cost. 
	v. per tutti COMOGLIO, Il <<giusto processo>> civile nella dimensione 
	comparatistica, cit., 710 ss.; TROCKER, Il nuovo articolo 111 della 
	costituzione e il <<giusto processo>> in materia civile: profili generali, 
	in Riv. trim. dir. proc. civ., 2001, 381, 383 ss.
	[11] V. paradigmaticamente CHIARLONI, Il nuovo articolo 111 della 
	Costituzione e il processo civile, in Il nuovo articolo 111 della 
	Costituzione e il giusto processo civile, a cura di Civinini e Verardi, 
	Milano, 2001, 13 ss.
	Nello stesso senso DIDONE, La Corte costituzionale, la ragionevole durata 
	del processo e l’art. 696 c.p.c., in Giur. it., , 2000, 1127, 1128-1129, che 
	tra i sostenitori di tale tesi menziona pure LUISO, Relazione svolta al 
	convegno Il nuovo art. 111 della Costituzione e il “giusto processo” in 
	materia civile, Campobasso, 26 febbraio 2000.
	[12] V. esemplificativamente COSTANTINO, Il giusto processo di fallimento, 
	cit., 8-9.
	[13] CHIARLONI, Il nuovo articolo 111 della Costituzione e il processo 
	civile, cit., 16.
	E’ facile rilevare come tale previsione sia stata smentita dai fatti: dopo 
	circa tre anni, invero, sulla riforma in questione il dibattito è pienamente 
	in corso!
	[14] CHIARLONI, Il nuovo articolo 111 della Costituzione e il processo 
	civile, cit., 14.
	[15] COSTANTINO, Il giusto processo di fallimento, cit., 6.
	[16] COSTANTINO, Il giusto processo di fallimento, cit., 9.
	[17] Avevamo segnalato tale fenomeno in ANDOLINA-VIGNERA, I fondamenti 
	costituzionali della giustizia civile, cit., 186-187 (e già prima ne Il 
	modello costituzionale del processo civile italiano, Torino 1990, 167-168).
	[18] Cfr. BALLERO, Tutela sostanziale del diritto di difesa e nuovo corso 
	della giurisprudenza costituzionale, in Giur. cost., 1972, 996, 997; BARILE, 
	Istituzioni di diritto pubblico, Padova, 1982, 360; CAPPELLETTI, Diritto di 
	azione e di difesa e funzione concretizzatrice della giurisprudenza 
	costituzionale. (Art. 24 Costituzione e “due process of law clause”), in 
	Giur. cost., 1961, 1284, 1286 ss.; MONTESANO, Sull’efficacia, sulla revoca e 
	sui sindacati contenziosi dei provvedimenti non contenziosi dei giudici 
	civili, in Riv. dir. civ., 1986, I, 591, 597-598; ID., “Dovuto processo” su 
	diritti incisi da giudizi camerali e sommari, in Riv. dir. proc., 1989, 915, 
	917 ss.; SCAPARONE, Rapporti civili, in Commentario della Costituzione a 
	cura di Branca, art. 24-26, Bologna-Roma, 1981, 82, 84; SERGES, Il principio 
	del “doppio grado di giurisdizione” nel sistema costituzionale italiano, 
	Milano, 1993, 115 ss.
	[19] V. Corte cost. 31 maggio 1996 n. 177, in Foro it., 1996, I, 2278; 20 
	maggio 1996 n. 155, ivi, 1996, I, 1898; 15 settembre 1995 n. 432, ivi, 1995, 
	I, 3068; 30 aprile 1986 n. 120, ivi, 1986, I, 1753; 22 aprile 1986 n. 102, 
	ivi, 1986, 1762; 26 marzo 1986 n. 66, ivi, 1986, 1496.
	Per una completa elencazione delle decisioni della Corte costituzionale 
	richiamanti la nozione di “giusto processo” v. CECCHETTI, Giusto processo 
	(Diritto costituzionale), in Enc. dir., Aggiornamento, V, 595, 597 ss.
	[20] In tal senso v. specificamente l’articolo di Cappelletti richiamato 
	nella nota 18.
	Sul principio in parola v. COMOGLIO, Il <<giusto processo>> civile nella 
	dimensione comparatistica, cit., 714 ss.; RE, Due process of law, in Enc. 
	giur., XII; VIGORITI, Due process of law, in Digesto, Disc. priv., Sez. 
	civ., VII, 228
	[21] Così CHIARLONI, Il nuovo articolo 111 della Costituzione e il processo 
	civile, cit., 16.
	[22] TROCKER, Il nuovo articolo 111 della costituzione e il <<giusto 
	processo>> in materia civile: profili generali, cit., 386, il quale così 
	contesta (giustamente) l’esattezza della nozione divisata da SCOTTI, Il 
	testo sulla giustizia approvato dalla commissione bicamerale, in Doc. 
	giust., 1997, 2183, 2184 (per la stessa nozione v. pure LOZZI, Lezioni di 
	procedura penale, Torino, 2000, 17).
	Per analogo rilievo v. pure COMOGLIO, Il <<giusto processo>> civile nella 
	dimensione comparatistica, cit., 740.
	[23] Son parole di COMOGLIO, Il <<giusto processo>> civile nella dimensione 
	comparatistica, cit., 740.
	[24] Tale nozione è fatta propria da COSTANTINO, Il giusto processo di 
	fallimento, cit., 8-9; FERRUA, Il “giusto processo” in Costituzione, in 
	Diritto e giustizia, 2000, f. 1, 5.
	[25] V. nota 1.
	[26] V. nota 2.
	[27] V. ANDOLINA-VIGNERA, I fondamenti costituzionali della giustizia civile, 
	cit., 21 ss., dove vengono esaminati il profilo sostanziale della garanzia 
	de qua (rappresentato dalla parte della norma che impone la precostituzione 
	del giudice) ed il suo profilo formale (rappresentato dalla parte della 
	norma che copre la materia della precostituzione stessa con una riserva di 
	legge).
	[28] Sul diritto alla prova, sulla sua correlazione con la garanzia 
	costituzionale dell’azione e sulle sue proiezioni sulla disciplina positiva 
	delle prove civili v. ANDOLINA-VIGNERA, I fondamenti costituzionali della 
	giustizia civile, cit., 97 ss.
	[29] Sul diritto alla tutela cautelare quale condizione di effettività della 
	garanzia costituzionale dell’azione e sulle “oscillazioni” giurisprudenziali 
	in subiecta materia v. ANDOLINA-VIGNERA, I fondamenti costituzionali della 
	giustizia civile, cit., 66 ss.
	[30] V. Corte cost. 24 aprile 1996 n. 131, in Foro it., 1996, I, 1489.
	[31] Per analogo rilievo v. pure BOVE, Art. 111 Cost. e <<giusto processo 
	civile>>, cit., 493.
	[32] Ci stupisce, pertanto, l’entusiasmo manifestato nei confronti di tale 
	nozione da CECCHETTI, Giusto processo (Diritto costituzionale), cit., 598, 
	secondo cui la surricordata formula espressa da Corte cost. 24 aprile 1996 
	n. 131 “è divenuta punto di riferimento essenziale per l’interprete”.
	[33] Per questo significato del “giusto processo” (già da noi intravisto in ANDOLINA-VIGNERA, I fondamenti costituzionali della giustizia civile, cit., 
	187, anche sulla base delle considerazioni di SCAPARONE, Rapporti civili, in 
	Commentario della Costituzione a cura di Branca, art. 24-26, cit., 84, che a 
	proposito dell’art. 24, comma 2, Cost. parla icasticamente di “disposizione 
	generica ed <<aperta>> cosicchè, qualora l’esperienza dimostrasse e la 
	coscienza collettiva riconoscesse l’utilità, ai fini di una più efficace 
	difesa dell’imputato, di un qualsiasi altro diritto, potere o facoltà, anche 
	questo dovrebbe immediatamente dirsi compreso nella garanzia offerta dalla 
	norma in esame”) v. BOVE, Art. 111 Cost. e <<giusto processo civile>>, cit., 
	493 ss. (che parla di “autonoma garanzia, ancorchè indeterminata”, dalla 
	quale la Corte costituzionale può trarre “la necessità di rispettare 
	garanzie ulteriori rispetto a quelle esplicitate nel 2° comma dello stesso 
	articolo” 111 Cost.); COMOGLIO, Il <<giusto processo>> civile nella 
	dimensione comparatistica, cit., passim, spec. 751 ss. [dove si rileva in 
	particolare che la nozione de qua “si configura quale sintesi superiore (e, 
	sul piano tecnico, quale <<categoria ordinante>>) di più valori sottesi ad 
	una ben determinata ideologia di giustizia – con forti componenti 
	etico-deontologiche, basate sull’inviolabile rispetto dei diritti 
	fondamentali della persona – nonché quale risultante di talune scelte 
	fondamentali di civiltà e di democrazia, che appartengono per millenaria 
	tradizione alla natural justice”]; CONTI, Giusto processo (Diritto 
	processuale penale), in Enc. dir., Aggiornamento, V, 627, 628 (“Preferibile 
	appare la tesi secondo cui la locuzione allude ad un concetto ideale di 
	Giustizia, preesistente rispetto alla legge e direttamente collegato a quei 
	diritti inviolabili di tutte le persone coinvolte nel processo che lo Stato, 
	in base all’art. 2 cost., si impegna a riconoscere”); TROCKER, Il nuovo 
	articolo 111 della costituzione e il <<giusto processo>> in materia civile: 
	profili generali, cit., 386 (“giusto è il processo che si svolge nel 
	rispetto dei parametri fissati dalle norme costituzionali e dei valori 
	condivisi dalla collettività”); nonché sostanzialmente PIVETTI, Per un 
	processo civile giusto e ragionevole, in Il nuovo articolo 111 della 
	Costituzione e il giusto processo civile, a cura di Civinini e Verardi, 
	cit., 55 ss., 61-61 (“il principio del giusto processo è stato reso comando 
	autonomo, il cui significato – in mancanza di prescrittive definizioni 
	normative – non può che essere ricavato dall’interprete in base ad una 
	molteplicità di elementi non definita a priori”).
	Lo stesso COSTANTINO, Il giusto processo di fallimento, cit., 7, dopo avere 
	scritto nel testo che “il processo <<giusto>> è quello che la legge, nel 
	caso di specie la Costituzione, definisce tale”, riconosce (alla fine della 
	nota 10) che “la effettiva portata dei nuovi principi costituzionali è 
	destinata ad essere definita dalla giurisprudenza”. 
	Del tutto ambigua si rivela, infine, la posizione di CECCHETTI, Giusto 
	processo (Diritto costituzionale), 605 ss., secondo cui “la corretta 
	ricostruzione della nozione di <<giusto processo>>, come formula di sintesi, 
	<<aperta>> e suscettibile di espansioni e integrazioni (rispetto al testo 
	dell’art. 111, ma pur sempre rigorosamente nell’ambito di quanto si può 
	ricavare dal sistema del diritto costituzionale positivo, impone di 
	respingere non soltanto ogni riferimento a concezioni che in qualche modo 
	riecheggino il <<diritto naturale>>, ma anche quelle posizioni 
	(manifestatesi da più parti) tendenti a <<svalutare>> la portata 
	autenticamente normativa dell’espressione <<giusto processo>>”: la superiore 
	puntualizzazione da noi trascritta in corsivo, invero, non solo mal si 
	concilia con il riconoscimento della “portata autenticamente normativa 
	dell’espressione <<giusto processo>>”, ma ci sembra pure pericolosamente 
	indonea a comprimere quelle che abbiamo sopra definito “potenzialità 
	espansive” della norma de qua.
	[34] V., anche per indicazioni, COMOGLIO, Il <<giusto processo>> civile nella 
	dimensione comparatistica, cit., 715.
	[35] Tale Convenzione, com’è noto, è stata ratificata in Italia con la l. 4 
	agosto 1955 n. 848.
	[36] Per un quadro panoramico di tali Accordi e delle relative garanzie 
	processuali v. sempre COMOGLIO, Il <<giusto processo>> civile nella 
	dimensione comparatistica, cit., 721 ss.
	[37] Così, icasticamente, COMOGLIO, Le garanzie fondamentali del <<giusto 
	processo>>, in Nuova giur. civile commentata, 2001, II, 1, 6.
	[38] V. gli scritti e le decisioni ricordati alle note 18 e 19.
	[39] Di “direttiva di razionalità tutelata dall’art. 3, comma 1, Cost.” la 
	Corte costituzionale ha incominciato a parlare ex professo verso la metà del 
	1980 (v. in particolare Corte cost. 28 giugno 1985 n. 190, in Foro it., 
	1985, 1, 1881; 23 aprile 1987 n. 146, ivi, 1987, 1, 1349). 
	Alla stregua di questo “principio di razionalità”, com’è noto, la Consulta 
	riesce “a sindacare l’intrinseca ragionevolezza delle scelte legislative, 
	anche indipendentemente dalla comparazione di singole norme” (son parole di 
	SAJA, La giustizia costituzionale nel 1988, in Foro it., 1989, V, 175).
	Su codesto “giudizio di ragionevolezza assoluto” v. le nostre osservazioni 
	in ANDOLINA-VIGNERA, I fondamenti costituzionali della giustizia civile, 
	cit., 131 ss.; nonché SILVESTRI, Legge (controllo di costituzionalità), in 
	Digesto, Disc. pubbl., IX, 128, 145 (dove si fa esattamente notare che “la 
	natura della Corte tende a trasformarsi ancora per assumere la veste di 
	<<custode della razionalità>> dell’ordinamento. Piaccia o non piaccia, così 
	sta avvenendo”); ZAGREBELSKY, La giustizia costituzionale, Bologna, 1988, 
	147 ss.; ID., Processo costituzionale, in Enc. dir., XXXVI, 521, 555 ss.
	Per più complete informazioni v. MORRONE, Il custode della ragionevolezza, 
	Milano, 2001, 145 ss. (dove si parla al riguardo di “giudizio di 
	razionalità”).
	[40] CONTI, Giusto processo (Diritto processuale penale), cit., 627-628.
	[41] V. esemplificativamente ALLORIO, Sul doppio grado nel processo civile, 
	in Riv. dir. civ., 1982, I, 317; BELLOMIA, Corte costituzionale e doppio 
	grado di giurisdizione, in Giur. cost., 1982, I, 43; CERRI, Il principio del 
	doppio grado di giurisdizione e la sua irrilevanza costituzionale, ivi, 
	1965, 628; FERRI, Appello nel diritto processuale civile, in Digesto, Disc. 
	priv., Sez. civ., XII, 555, 557; MELE, Doppio grado di giurisdizione 
	(principio del) (diritto processuale penale), in Enc. giur., XII, 5; 
	PIZZORUSSO, Doppio grado di giurisdizione e principi costituzionali, in Riv. 
	dir. proc., 1978, 33; RICCI, Doppio grado di giurisdizione (principio del) 
	(diritto processuale civile), in Enc. giur., XII, 9-10; VERDE, Profili del 
	processo civile. Parte generale, Napoli, 1991, 21.
	In giurisprudenza v. ex plurimis Corte cost. 22 giugno 1963 n. 110, in Giur. 
	cost., 1963, 875; 23 aprile 1965 n. 36, ivi, 1965, 323; 31 maggio 1965 n. 
	41, ivi, 1965, 626; 4 luglio 1977 n. 125, ivi, 1977, I, 1087; 15 aprile 1981 
	n. 62, in Foro it., 1981, I, 1497; 21 luglio 1983 n. 224, ivi, 1984, I, 925; 
	7 marzo 1984 n. 52, ivi, 1984, I, 625; 29 marzo 1984 n. 78, ivi, 1984, I, 
	1151; 22 novembre 1985 n. 299, ivi, 1986, I, 1516; 18 luglio 1986 n. 200, 
	ivi, 1987, I, 342; 31 dicembre 1986 n. 301, ivi, 1987, I, 2962; 26 gennaio 
	1988 n. 80, ivi, 1989, I, 1058; 31 marzo 1988 n. 395, in Cons. stato, 1988, 
	II, 569; 14 dicembre 1989 n. 543, in Foro it., 1990, I, 366; 3 ottobre 1990 
	n. 433, Cons. stato, 1990, II, 1377; 23 dicembre 1994 n. 438, in Foro it., 
	1995, I, 754.
	Ammettono, di contro, la costituzionalizzazione del principio del doppio 
	grado di giurisdizione soltanto LIEBMAN, Il giudizio d’appello e la 
	Costituzione, in Riv. dir. proc., 1980, 401 [che basa le sue convinzioni 
	sull’art. 125, secondo comma, Cost. e sulla situazione di diritto positivo 
	presupposta dal Costituente: argomentazioni puntualmente confutate da RICCI, 
	Doppio grado di giurisdizione (principio del) (diritto processule civile), 
	cit., 9-10]; e più recentemente SERGES, Il principio del “doppio grado di 
	giurisdizione” nel sistema costituzionale italiano, cit., spec. 115 ss. 
	(dove si riconduce il principio in esame alla sfera di operatività dell’art. 
	24, comma 2, Cost., inteso come norma corrispondente alla clausola del due 
	process of law), 197 ss. [dove, riprendendosi la nota tesi di Cerino-Canova 
	sulla garanzia costituzionale del giudicato ex art. 111, comma 2° (oggi 7°), 
	Cost., si assume che quest’ultima disposizione deve essere valutata quale 
	norma postulante un modello procedimentale articolato in almeno due gradi 
	(perché?) e concluso dalla ricorribilità in Cassazione: ragionamento, 
	codesto, privo di forza dimostrativa in quanto meramente apodittico].
	Contraddittoria pare la posizione di PROTO PISANI, Lezioni di diritto 
	processuale civile, Napoli, 1994, 530-531, il quale, dopo aver osservato che 
	il principio del doppio grado di giurisdizione “non è stato 
	costituzionalizzato, almeno per quanto riguarda il processo civile”, assume 
	nondimeno che del diritto di difesa ex art. 24, secondo comma, Cost. “una 
	componente essenziale è indubbiamente costituita dalla possibilità di 
	ottenere il riesame della causa da parte di un giudice diverso da quello che 
	ha emanato la sentenza” [conclusione, a nostro avviso, tutt’altro che 
	“indubbia” perché l’art. 24 Cost., “stabilendo che la difesa è diritto 
	inviolabile in ogni stato e grado del processo, precisa l’implicito 
	riferimento alla” possibile “esistenza di più di un grado, ma non ne 
	determina né il numero né la consistenza e deve leggersi pertanto come 
	diritto alla difesa in ogni momento in cui sussista il processo, essendo 
	evidente che non si può ledere tale diritto se non è previsto il grado in 
	cui la difesa stessa deve esercitarsi”: così esattamente MELE, Doppio grado 
	di giurisdizione (principio del) (diritto processuale penale), cit., 5].
	La revisione dell’esclusione del doppio grado di giudizio dalle garanzie 
	costituzionali è auspicata da DENTI, La magistratura, IV, in Commentario 
	della Costituzione a cura di G. Branca, art. 111-113, cit., 27 ss.
	Sembra (isolatamente) ammettere la rilevanza costituzionale del principio de 
	quo Corte cost. 12 luglio 1965 n. 70, in Giur. cost., 1965, 863, secondo cui 
	è “manifestamente in contrasto col diritto di difesa il non potere 
	interloquire sui motivi di un provvedimento, da cui dipende l’ulteriore 
	svolgimento del processo, e non poter proporre contro di esso alcun 
	gravame”.
	Sulla costituzionalizzazione del principio del doppio grado in relazione 
	alla giurisdizione amministrativa v. in dottrina GALLO, Appello nel processo 
	amministrativo, in Digesto, Disc. pubbl., I, 316; SERGES, Il principio del 
	“doppio grado di giurisdizione” nel sistema costituzionale italiano, cit., 
	233 ss.; ed in giurisprudenza Corte cost. 15 aprile 1981 n. 62, cit.; 1° 
	febbraio 1982 n. 8, in Foro it., 1982, I, 329.
	Va ricordato, però, che Corte cost. 31 dicembre 1986 n. 301, cit., e Corte 
	cost. 31 marzo 1988 n. 395, cit., hanno circoscritto la portata della 
	garanzia del doppio grado di giurisdizione nel giudizio amministrativo, 
	assumendo che l’art. 125, secondo comma, Cost. “comporta soltanto 
	l’impossibilità di attribuire al Tar competenza giurisdizionale in unico 
	grado e la conseguente necessaria appellabilità di tutte le sue pronunce, e, 
	quindi, una garanzia del doppio grado riferita alle controversie che il 
	legislatore ordinario attribuisce agli organi locali della giustizia 
	amministrativa”: donde la (ritenuta) legittimità di competenze 
	giurisdizionali attribuite in unico grado al Consiglio di Stato.
	[42] Conf. BOVE, Art. 111 Cost. e <<giusto processo civile>>, cit., 494-495, 
	il quale, tra i principi suscettibili di “essere riconosciuti come 
	imprescindibili dalla nostra Corte costituzionale appunto passando 
	attraverso lo sviluppo interpretativo del <<giusto processo>>”, annovera 
	anche quello della pubblicità dei giudizi.
	A proposito di quest’ultimo principio, nondimeno, mette conto osservare come 
	già da tempo esso sia stato considerato munito di copertura costituzionale 
	dalla Consulta, che peraltro negli ultimi anni tende ad affermarne il 
	carattere non assoluto e la conseguente derogabilità giustificata da 
	esigenze ragionevoli (quali la moralità, l’ordine pubblico, la dignità 
	umana, la sicurezza nazionale, il rapido funzionamento del processo): cfr. 
	ANDOLINA-VIGNERA, I fondamenti costituzionali della giustizia civile, cit., 
	227 ss.
	[43] Così esattamente BOVE, Art. 111 Cost. e <<giusto processo civile>>, 
	cit., 495.