Editoriale
Alle radici di una devolution criminale.
di  Leo Stilo
Recenti successi e vecchie considerazioni.
I recenti successi nella lotta alla criminalità organizzata di tipo mafioso e le 
riflessioni compiute dai vertici delle forze dell'ordine e della magistratura 
all'indomani dell'arresto di Bernardo  Provenzano1 
induco a compiere alcune considerazioni in merito alla verifica di un reale 
abbattimento, quantitativo e qualitativo, della criminalità organizzata 
"autoctona" all'interno del territorio nazionale ed in particolare delle regioni 
meridionali.
In argomento di criminalità organizzata il ruolo del ragionamento deduttivo non 
può che essere marginale ed attiene solo alla prima fase dell'indagine 
speculativa. Parlando, infatti, di fenomeni strettamente connessi alla realtà ed 
allo sviluppo del territorio in cui si manifestano, ogni dissertazione che 
prenda le mosse da archetipi generali per poi dedurne probabili regole 
applicabili al caso concreto non riesce a dipingere un quadro veritiero di una 
situazione che per sua natura è fisiologicamente particolare.
Non è una novità, ad esempio, considerare la criminalità organizzata calabrese 
diversa, nei suoi aspetti cognitivi ed operativi, da quella siciliana, pugliese, 
campana. 
L'evoluzione della specie: dal territorio ad internet.
La domanda da porsi è la seguente: questa triste "fauna predatoria" è 
realmente estinta ?
Purtroppo, non intravedendo nella storia recente nessun catastrofico evento 
simile ad una glaciazione o alla caduta di una meteorite, penso che i nostri 
potenti "dinosauri" non si siano estinti, ma semplicemente evoluti. 
Un esempio di questa evoluzione della specie - anche Darwin probabilmente ne 
sarebbe rimasto stupito ed interessato - è rinvenibile nel mutato rapporto delle 
organizzazioni stesse con il territorio e con i segni atavici attraverso cui si 
palesano all'esterno, marcandoli indelebilmente, i confini della propria 
autorità. 
Il controllo e la gestione del territorio (chiodo fisso di ogni organizzazione 
criminale piccola o grande) oggi si possono ottenere efficacemente senza una 
reale presenza fisica: basta disporre delle conoscenze necessarie per utilizzare 
al meglio le nuove tecnologie informatiche e della comunicazione e di qualche 
insider - consapevole o inconsapevole - posti nei punti nevralgici del flusso di 
dati di cui la società dell'informazione necessità per esistere.
Quale valore ha il territorio ? Perché è così importante ? 
Il territorio, probabilmente, 
costituiva lo sfondo, scenario fisico necessario, di qualunque operazione 
economica: gli interessi finanziari, politici e gli stessi operatori si 
muovevano da un luogo all'altro; (ad esempio, per rimanere alle operazioni 
"d'ordinaria amministrazione": per minacciare una persona era necessario 
imbucare e consegnare una lettera (o un feticcio...), parlargli direttamente o 
indirettamente; per rubare qualcosa o per progettare un omicidio bisognava fare 
un sopralluogo nella zona interessata per rendersi conto delle reali distanze o 
calcolare tempi di reazione della polizia...). 
L'arretratezza del Sud d'Italia, oggi estremo Sud d'Europa, è legata 
indissolubilmente alle esigenze di controllo e di repressione delle 
organizzazioni criminali; queste ultime, infatti, preferirono sacrificare 
l'incremento economico - proveniente da un improbabile turismo di massa o da 
inverosimili investimenti imprenditoriali - sull'altare dell'isolamento, per 
continuare ad avere un costante controllo delle attività economiche e politiche 
nei luoghi d'interesse. La stasi e l'immobilismo facilitavano il compito e 
favorivano i traffici !
Non si trattava, per questo motivo, come molti pensano di accontentarsi e di 
contendersi solo un osso già spolpato, le poche e povere risorse di un 
territorio economicamente morente, ma di garantirsi un luogo di sicurezza, una 
roccaforte feudale, dove poter vivere tranquilli e da cui partire per gestire i 
propri "affari". 
Oggi questa esigenza non esiste più ! Perché si devono sprecare energie al fine 
di garantire il perpetuarsi dello status quo?
Ora serve la dinamicità di tutti e di ogni cosa, perché a differenza del passato 
si può controllare meglio e in profondità le cose che si "muovono" di più. Un 
soggetto, o un oggetto, lascia un numero di tracce che aumenta in modo 
esponenziale con il suo movimento fisico o virtuale: più segni del proprio 
passaggio si lasciano e maggiore diventa la probabilità di essere soggetto ad un 
controllo da parte di qualcuno. 
Stranamente il rapporto tra la velocità di movimento degli "oggetti d'interesse" 
delle organizzazioni criminali ed il loro controllo potrebbe diventare la nuova 
terra di frontiera dove ingaggiare una rinnovata lotta, nuova nei mezzi e 
vecchia nei fini, tra l'ordinamento giuridico statale - comunitario - 
internazionale e le organizzazioni criminali. Le tracce che tutti noi lasciamo 
movendoci ed operando fisicamente (percorrendo l'autostrada, utilizzando la 
carta di credito, il bancomat e il telefono cellulare...) o "virtualmente" nella 
rete (dando e ricevendo le informazioni in modo volontario o involontario; 
richiedendo e concedendo l'utilizzo di una serie di dati personali oppure 
semplicemente consultando determinate notizie piuttosto che altre...) potrebbero 
rappresentare, per le organizzazioni criminali il nuovo territorio "virtuale e 
reale" da sottoporre ad un rigido controllo.
Il tessuto economico dell'Italia meridionale è cambiato notevolmente negli 
ultimi anni. Sia pure a macchia di leopardo, si stanno affermando distretti 
produttivi estremamente dinamici. E' compito dello Stato, a livello nazionale e 
locale, assecondare tali tendenze cercando di offrire servizi, energia ed 
infrastrutture funzionali allo sviluppo economico e sociale del territorio. 
La mafia, la camorra, la ndrangheta, la sacra corona unita... e le altre 
organizzazioni criminali hanno avuto, nel corso della storia del nostro Paese, 
un ruolo importante (visibile in pochi casi, invisibile in molti altri). Quello 
che si deve riconoscere a queste entità organizzate è la grande capacità di 
rinnovamento che ha garantito loro una lunga e prospera sopravvivenza. Ogni 
boss, agente, sicario, politico corrotto arrestato o in qualche modo "bruciato" 
non ha determinato la morte del nucleo organizzativo, ma ha rappresentato un 
fisiologico momento rigenerativo in cui veniva impiantato al posto dell'arto 
amputato un nuovo tessuto più efficiente, perché attento a non ripetere gli 
errori del suo predecessore. 
L'invito che si può muovere alle autorità di pubblica sicurezza e alla 
magistratura è quello di andare alle radici dei fenomeni economici e davanti 
alle richieste improvvise di modernità ed infrastrutture, prima di concedere 
acriticamente qualcosa, vagliare attentamente la richiesta utilizzando, per 
orientare le proprie decisioni, l'eterna bussola delle miserie umane costituita 
dalla domanda "cui prodest ?" 
Alle radici di una devolution criminale.
Osservando con attenzione i diversi e numerosi fenomeni criminali di tipo 
associativo, quotidiani catalizzatori dell'opinione pubblica nazionale ed 
internazionale, si riesce a scorgere in tutti loro la fiera presenza di un nuovo 
e comune elemento: un particolare tipo di decentramento organizzativo. 
La ragione di tale novità è ancora una volta di tipo evolutivo…
Non sembrano esserci più enormi strutture associative organizzate in modo 
patriarcale e rigidamente gerarchico sul modello della vecchia mafia siciliana. 
Il c.d. modello a piramide, estremamente efficiente nella sua verticistica 
autorità, si presenta allo stesso tempo macchinoso e poco duttile in rapporto 
alle esigenze della moderna e camaleontica pratica quotidiana.
Nelle organizzazioni così costituite la pianificazione delle attività criminali 
viene calata dall'alto senza una partecipazione diretta della base, se non in 
termini esecutivi e di verifica. I legami rilevanti e vitali sono quelli che 
mettono in comunicazione il vertice con i diversi livelli inferiori e con la 
base stessa dell'organizzazione. Quest'ultima, infatti, vive finché permangono 
vitali i legami vertice/livelli intermedi/base e base/livelli intermedi/vertice. 
E' proprio attraverso questi legami che scorre, in ambo i sensi di marcia, un 
flusso costante di informazioni e di risorse. Il black-out comunicativo 
determinerebbe un'interruzione di tali flussi causando la cancrena dei livelli 
inferiori scollegati e la necessità di un periodo di tempo per la rigenerazione 
di nuovi tessuti attraverso complessi processi di vascolarizzazione. La fine 
dell'organizzazione, quindi, non potrebbe essere determinata dall'amputazione di 
una parte periferica della struttura, per sua intima essenza autorigenerante, ma 
dalla decapitazione definitiva del vertice. Nel momento in cui la testa 
dell'organizzazione cade è la comunicazione con le parti e tra le parti a 
cessare o compromettersi. 
I legami con le periferie sono, nel modello di organizzazione criminale 
piramidale, generalmente accentrati nelle mani di poche entità; poiché, sono le 
conoscenze e le possibilità comunicative a determinare il ruolo che ciascuno 
riveste all'interno della stessa struttura. Quando il detentore dei contatti 
(politici, criminali, economici) cade si apre un periodo di dubbioso silenzio 
tra gli "orfani" dell'organizzazione sopravvissuti che porta con sé sospetti e 
dispendiose lotte per la successione. 
La sostituzione del vertice, quindi, apre una crisi che difficilmente si 
concluderà con la nascita di un'entità che presenta le stesse caratteristiche, 
quantitative e qualitative, della precedente. In qualche modo la personalità del 
vertice influenza, dando una propria impronta, l'intera organizzazione criminale 
che nasce, vive e muore seguendo i punti della parabola vitale del gruppo di 
comando.
L'importanza del vertice per l'esistenza dell'organizzazione criminale, sua 
espressione tentacolare, è testimoniata dalla necessità di stabilire, nel caso 
in cui vengano assicurati alla giustizia personalità rilevanti, dei contatti 
continui per preservare, funzionale, il legame informativo - economico: linfa 
vitale dell'intera struttura. La testa, anche se rinchiusa in un istituto 
penitenziario, continua a ricevere, archiviare e digerire informazioni 
consegnando le direttive per lo svolgimento dell'attività criminale o 
semplicemente creando le condizioni necessarie per un successione soft ai 
vertici. La guerra alle organizzazioni criminali piramidali si combatte 
principalmente puntando ai vertici, cercando di isolare questi ultimi, poiché il 
resto della struttura crolla polverizzandosi senza un continuo contatto con la 
fonte della forza di coesione del gruppo. 
Lo Stato ha ottenuto, ad esempio nel caso delle organizzazioni mafiose, numerose 
vittorie scegliendo di investire ingenti risorse umane ed economiche 
nell'attuazione della strategia in precedenza, a larghe linee, descritta. 
Le investigazioni di tipo "classico" se da un lato erano utili al fine di 
trovare gli autori materiali dei singoli delitti non si presentavano, però, 
sufficientemente idonee ad individuare i mandanti dei delitti. 
In altre parole, la difficoltà d'individuazione dei soggetti responsabili 
aumenta in rapporto alla posizione rivestita dal mandante nella scala 
gerarchica. Per questo motivo, nel momento in cui lo Stato ha compreso la 
struttura e il relativo funzionamento delle organizzazioni mafiose, ha cercato 
nuove vie per arrivare al vertice, alla testa, alla mente dell'organizzazione 
rischiando, in alcuni casi, di trascurarne il tentacolo amputato che poteva: 
1) continuare ad operare prima di spegnersi in modo convulso, come una coda di 
lucertola che perdendo in modo traumatico il contatto con il corpo, ciecamente, 
si agita prima del rigido ultimo fremito; 
2) se sufficientemente forte: 2.1.) sopravvivere in uno stato di quiescenza 
prima di essere fagocitato e metabolizzato da altre organizzazioni, 2.2) 
assumere esso stesso, tramite una mutazione genetica, la forma di una nuova 
testa alla ricerca di altri tentacoli.
Lo strumento investigativo classico viene così gradualmente sostituito dallo 
strumento "pentiti", cioè da persone appartenenti alle organizzazioni criminali 
che decidono, per vari motivi (morali, religiosi, di convenienza, economici…), 
di tradire l'organizzazione mettendone a nudo la struttura ed indicandone in 
modo puntuale i vertici. 
In questa sinfonia di dati e informazioni il pentito diviene il protagonista 
principale di scene processuali sempre più vaste e complesse assumendo, sempre 
più, il ruolo di procacciatore di notizie ed informazioni utili ai fini delle 
indagini.
La difficile reazione di uno Stato ferito.
La recrudescenza della criminalità organizzata dei primi anni '90, 
testimoniata dalle stragi del 1992, obbligò i vertici delle Istituzioni italiane 
a compiere una profonda riflessione sugli strumenti di lotta utilizzati fino a 
quel momento contro la criminalità organizzata, in particolare di tipo mafioso.
Gli orrendi delitti di quegli anni sembravano testimoniare la carenza di 
capacità investigative delle forze dell'ordine, incapaci di anticipare la 
verificazione non solo di piccoli eventi criminosi ma anche e principalmente di 
sciagure di dimensioni notevoli.
Lo Stato apparve disarmato davanti ad una strategia del terrore applicata in 
modo violento, sistematico e chirurgico.
Si avvertì immediatamente l'esigenza di riarmare lo Stato attraverso strutture e 
modalità operative capaci non solo di reagire in modo forte agli attacchi ma 
anche e soprattutto prevenire la loro realizzazione. La sicurezza del territorio 
e delle Istituzioni divenne un punto nevralgico della strategia di lotta alla 
mafia.
L'opinione pubblica sconvolta da terribili eventi di cronaca chiedeva alle 
Istituzioni, gridando ad alta voce, di reagire2.
Non si potevano lasciare impuniti gli autori materiali e i mandanti di quelle 
stragi...
Bisognava a tutti i costi onorare la memoria di chi aveva sacrificato la propria 
vita sull'altare del rispetto della legalità. Bisognava abbattere a tutti i 
costi la colonna infame eretta a perenne memoria della vittoria della mafia 
sullo Stato.
Il duro colpo inferto all'avanguardia dello Stato nella lotta contro il crimine 
organizzato era là a testimoniare che occorreva, a tutti i costi, riuscire a 
penetrare all'interno delle "segrete cose" di "cosa nostra".
Per cercare di raggiungere tale obiettivo lo Stato poteva seguire, 
essenzialmente, due linee operative: 
1. aumentare le risorse umane e materiali di quella che può essere, per comodità 
espositiva, definita "investigazione classica"; 
2. tentare di conoscere la struttura e i piani delle predette organizzazioni 
attraverso i soggetti ad esse appartenenti e catturati durante le operazioni di 
polizia.
Per mettere a regime la prima linea operativa era necessario, però, un periodo 
di tempo lungo poiché occorreva reclutare e addestrare personale idoneo a 
svolgere attività investigative ad alto livello, in ambienti altamente ostili ed 
utilizzando strumenti e tecniche innovative. 
Oltre al lavoro sul campo apparve necessario, inoltre, incrementare i contatti 
permanenti tra le diverse strutture presenti sul territorio nazionale e dare 
avvio, attraverso numerose iniziative diplomatiche, ad alleanze internazionali 
che garantissero un flusso continuo di informazioni tra la nostra polizia e 
quella di tutta Europa, d'America e in tempi più recenti del "vicino" e "medio" 
"Oriente".
Durante i lavori per la creazione e la messa a regime di tale fitta ragnatela 
investigativa, in cui il flusso delle informazioni avrebbe dovuto rappresentare 
un perfetto meccanismo atto a disegnare la mappa delle attività economiche e 
strategiche delle organizzazioni criminali, si andò alla ricerca di un sistema 
"economico" e di "rapida" utilizzazione per sferrare un significativo attacco 
alla criminalità organizzata che più di altre si era contrapposta allo Stato: la 
mafia. 
Il reperimento delle informazioni, in particolare sulle attività economiche e 
sul riciclaggio dei proventi delle attività illecite si dimostrò un compito 
piuttosto arduo. Non solo non si disponeva delle strutture necessarie a livello 
investigativo ma mancavano dei "supporti" normativi nazionali e internazionali 
che consentissero di procedere in modo rapido a controlli e verifiche 
approfondite di conti e movimenti bancari svolti all'estero, in particolare nei 
c.d. paradisi fiscali.
L'esperienza acquisita durante il periodo del terrorismo e quella più recente 
maturata nelle indagini su numerosi sequestri di persona era pronta ad essere 
sfruttata come know-how per la nuova lotta alla criminalità.
Lo strumento principe per scardinare le organizzazioni criminali divenne, come 
evidenziato, il "pentito".
L'unico modo per conoscerne i progetti criminosi, le future intenzioni, 
l'identità e l'ubicazione fisica degli associati ad un'organizzazione criminale 
ordinata in modo verticistico e gerarchico, territorialmente forte, socialmente 
chiusa verso l'esterno e in alcuni casi strutturata a compartimenti stagni era 
quello di utilizzare al meglio le conoscenze di un suo ex-associato. 
Come costringere o rendere appetibile il "pentimento" a soggetti che nel 
migliore dei casi avevano solo qualche omicidio sulla coscienza e che prima di 
essere catturati amavano fregiarsi del "nobile" titolo di "uomini d'onore"? 
Lo Stato non tardò a mettere in atto la propria reazione utilizzando tutti gli 
strumenti a sua disposizione.
La disciplina del c.d. "carcere duro" rappresenta una reazione, forse una delle 
poche attuabili nel breve periodo, messa in atto dallo Stato italiano per 
rispondere ad un duro attacco della mafia.
Dalla piramide all'arcipelago.
Se il modello piramidale, sino a qualche anno addietro, si presentava come 
dominante e il più diffuso non solo su scala nazionale ma anche internazionale ( 
si pensi, ad esempio, alla rigida gerarchia presente nelle organizzazioni 
criminali che rientrano in quella che comunemente vengono definite "mafia 
cinese", "mafia albanese", "mafia russa"; dove il termine mafia indica proprio 
l'esistenza di una struttura di tipo piramidale e tentacolare) oggi sembra aver 
perso terreno, sino quasi a scomparire, sostituito da quello che si può 
metaforicamente definire: organizzazione ad "arcipelago".
L'organizzazione criminale, di qualunque natura, sembra tendere inevitabilmente 
verso una graduale frammentazione della propria struttura. 
Non si scorgono più tentacoli saldamente legati ad un unico corpo, ma 
l'organismo mutando ed adattandosi alla realtà di un'economia ed una politica di 
sicurezza sempre più globale e tecnologica trova la sua "nicchia biologica", 
dove poter sopravvivere e riprodursi, nell'indipendenza e nelle ridotte 
dimensioni di particolari forme di esistenza: le "cellule" criminali.
La forma a "cellula" se da un lato non garantisce un puntuale e continuo 
coordinamento rispetto al fine da perseguire, dall'altro consente la 
sopravvivenza dell'organizzazione indipendentemente da quale parte, importante o 
meno importante, venga colpita e/o assicurata alla giustizia. 
Non ci sono veri e propri vertici comuni, ma semplicemente dei fini comuni da 
perseguire in modo autonomo, salvo alcuni momenti di occasionali sinergie. 
Ogni cellula nasce, vive, si scinde, viene fagocitata e muore indipendentemente 
dalle altre, ma con le altre ha in comune il perseguimento del fine ultimo 
dell'organizzazione. Il perseguimento dell'obiettivo sembra impresso nel DNA di 
queste cellule che si dimostrano fisiologicamente orientate a raggiungerlo 
utilizzando i metodi che appaiono a ciascuna più idonei.
Non bisogna pensare, però, che le singole cellule siano delle monadi irrelate, 
perché le stesse vivono di flussi di informazioni e denaro che pervengono dal 
collegamento con le altre autonome entità cellulari. La differenza rispetto 
all'organizzazione piramidale risiede nel tipo di struttura del collegamento, 
non più "a radice" (dal tronco principale alla periferia ) ma "a rete" 
(costituita da nodi orizzontalmente dislocati). 
L'immagine della rete è utile per comprendere che la stessa comunicazione tra 
tali entità non viene mai meno per l'estinzione di una loro cellula (nodo) 
perché nessuna è gerarchicamente superiore all'altra e nessuna è collegata in 
modo univoco alle altre.
Il black-out in questo modello organizzativo non si può provocare semplicemente 
eliminando uno o più elementi. E' necessario mandare in "corto" l'intero sistema 
orizzontale su cui tali strutture poggiano tramite l'utilizzo di virus idonei a 
riprodursi ed infettare esponenzialmente ogni cellula che venga a contatto con 
quella ormai malata, ma ancora non morta.
Ogni organizzazione, essendo costituita essenzialmente da persone, nasce 
perseguendo un fine ben determinato e finché quest'ultimo non sia raggiunto le 
singole cellule, in modo autonomo, si indirizzeranno verso di esso cercando di 
raggiungerlo con ogni mezzo.
E' sul fine, quindi, che bisogna concentrare l'attenzione. 
Due appaiono le soluzioni astrattamente percorribili:
1) agire sui motivi di fondo che spingono i soggetti membri delle cellule 
dell'organizzazione criminale a voler raggiungere quei fini;
2) rendere poco appetibile il fine stesso.
Dal "pentito" alle "lezioni di diritto".
Sono necessari nuovi strumenti e nuove professionalità investigative per far 
fronte a queste organizzazioni che traggono la loro forza dal numero e 
dall'autonomia dei singoli elementi che le compongono. 
I c.d."pentiti", non appaiono più come un formidabile grimaldello con cui 
scardinare e scassinare complesse strutture criminali, perché la cattura di uno 
o più "boss " oggi non rappresenta che un colpetto inferto ad un elemento 
strutturale di un'organizzazione che per sua intima essenza non ha struttura.
Le varie organizzazioni criminali mafiose (locali, nazionali e internazionali) e 
terroristiche (da quelle a sfondo politico a quelle motivate da particolari 
fondamentalismi religiosi) dimostrano pienamente come ciò che conta è il fine 
(potere, denaro…).
Il momento propulsivo, quindi, e non la funzionalità della struttura appare 
essere l'elemento chiave ed unificante dell'ampia fenomenologia organizzazione 
criminale. La lotta fisica alle strutture organizzative ad "arcipelago" è 
destinata a fallire se non sarà affiancata da una congrua opera culturale e di 
informazione tesa ad eliminare, o almeno limitare, la nascita dei desideri, 
degli odi e degli oggetti (scopi) che rappresentano il fertile terreno di 
coltura di ogni organizzazione criminale. Si deve tenere ben presente, però, che 
non si può parlare di cultura e principi dove manca il lavoro, le in fratture e 
i servizi pubblici di primaria rilevanza (sanità, istruzione, giustizia). 
In questa situazione di forte instabilità dai tessuti isolati e dimenticati 
nell'oceano della società prendono forma e vita quelle cellule criminali che 
trovano negli scopi comuni, o semplicemente dei nemici comuni, il collante 
necessario per saldare la loro attività a quella delle altre nate per analoghi 
motivi costruendo così un'organizzazione ad "arcipelago" .
Per concludere vi invito a rileggere una delle pagine più belle scritte da 
LEONARDO SCIASCIA, scrittore che forse più di altri è riuscito ad intravedere, 
tra le righe dei suoi romanzi, la realtà di una responsabilità che oltrepassa i 
limiti del singolo individuo agente per concretizzarsi in una epidermica e cruda 
realtà quotidiana appartenente non solo all'Italia meridionale, ma al "Sud" 
dell'anima di ogni moderna società. 
"-(Omissis) Proverbio, regola: il morto è morto, diamo aiuto al vivo. 
Se lei dice questo proverbio a uno del Nord, gli fa immaginare la scena di un 
incidente in cui c'è un morto e c'è un ferito. Un siciliano vede invece il morto 
ammazzato e l'assassino. Che cosa è poi un morto per un siciliano…: un morto è 
una ridicola anima del purgatorio, un piccolo verme dai tratti umani che 
saltella su mattoni roventi… Ma si capisce che quando il morto è del nostro 
sangue, bisogna far di tutto perché il vivo, cioè l'assassino, vada presto a 
raggiungerlo tra le fiamme del purgatorio…Io non sono siciliano fino a questo 
punto: non ho mai avuto inclinazione ad aiutare i vivi, cioè gli assassini, e ho 
sempre pensato che le carceri siano un più concreto purgatorio… Ma c'è qualcosa, 
nella fine di mio figlio, che mi fa pensare ai vivi, che mi dà una certa 
preoccupazione per i vivi…
- I vivi che sono gli assassini ?
-No, non a quei vivi che direttamente, materialmente l'hanno ucciso. Ai vivi che 
l'hanno disamorato, che l'hanno portato a vedere certe cose della vita, a farne 
certe altre… Ad un'età come la mia, uno che ha la ventura di arrivarci è 
disposto a credere che la morte è un atto di volontà; un piccolo atto di 
volontà, nel mio caso: a un certo punto sarò stufo di sentire la voce di costui 
- indicò il giradischi - e il rumore della città, la cameriera che da sei mesi 
canta di una lacrima sul viso e mia nuora che da dieci anni, ogni mattina, si 
informa della mia salute con la speranza appena velata di apprendere che sono 
finalmente all'amen (omissis) ma voglio dire questo: che ci può essere in 
un uomo una esperienza, una pena, un pensiero, uno stato d'animo per cui la 
morte, infine, è soltanto una formalità. E allora, se responsabili ci sono, 
bisogna cercarli tra i più vicini: e nel caso di mio figlio si potrebbe 
cominciare da me, ché un padre è sempre colpevole, sempre - Gli occhi spenti 
sembravano perdersi nella lontananza del passato, dei ricordi.- Come vede, sono 
anch'io uno dei vivi che bisogna aiutare3"
_____________________________
1 Bernando Provenzano, 
ritenuto uno dei capi della mafia siciliana, è stato catturato a Corleone nella 
mattinata dell'11 aprile 2006 in un casolare di campagna. Provenzano era 
ricercato sin dal 1963.
2  Per ricordare 
il clima politico ed istituzionale di quegli anni di lotta alla criminalità 
organizzata si riportano brevemente alcune notizie concernenti gli eventi di 
cronaca e politica più rilevanti del 1992. La scelta di questo particolare anno 
deriva dal fatto che gli eventi in esso verificatesi rappresentano: 1. l'humus 
emotivo e razionale delle scelte legislative di politica criminale di lotta alla 
criminalità organizzata che diverranno negli anni successivi opzioni 
strutturali; 2. l'incubatrice di articolate vicende giudiziarie e politiche che 
si manifesteranno compiutamente negli anni successivi.
1992 - Gennaio: viene rapito a Porto Cervo un bambino di 7 anni (Farouk 
Kassam) dall'anonima sarda; l'ex sindaco di Palermo Vito Ciancimino è condannato 
per associazione mafiosa; si conclude l'inchiesta Gladio e il Presidente della 
Commissione stragi Libero Gualtieri ne denuncia il ruolo chiave nella strategia 
della tensione. Febbraio: il procuratore della Repubblica di Roma, Ugo 
Giudiceandrea, richiede l'archiviazione dell'inchiesta su Gladio; viene 
arrestato a Milano Mario Chiesa (presidente del Pio Albergo Trivulzio) con 
l'accusa di concussione (inizia tangentopoli); a Verona Pietro Maso è condannato 
per la brutale uccisione dei genitori. Marzo: Salvo Lima, ex sindaco di 
Palermo e uomo di estrema rilevanza della DC, viene ucciso a Mondello. 
Aprile: i risultati delle elezioni politiche mettono in rilievo il successo 
della Lega Lombarda (9%); da Milano arriva la sentenza definitiva sul caso del 
crac del Banco Ambrosiano; rio Chiesa inonda di rivelazioni la procura di Milano 
e numerosi imprenditori dichiarano al sostituto procuratore Antonio Di Pietro di 
aver versato tangenti a vari esponenti di partiti politici; il Presidente della 
Repubblica Cossiga si dimette. Maggio: i PM Antonio Di Pietro e Gherardo 
Colombo emettono numerosi avvisi di garanzia diretti ad esponenti politici di 
primaria rilevanza e a seguito degli scandali legati a Tangentopoli la giunta 
della regione Lombardia si dimette; il 23 a Capaci in un terribile attentato 
vengono assassinati il Giudice Giovanni Falcone, la moglie e 3 agenti della 
scorta; il nuovo Presidente della Repubblica è Oscar Luigi Scalfaro. Giugno: 
il Presidente della Repubblica incarica l'on. Giuliano Amato di formare il nuovo 
Governo. Luglio: il Governo, con una manovra finanziaria, decide di 
privatizzare IRI, ENI, ENEL e INA; Farouk Kassam viene liberato; viene emesso un 
ordine di cattura per l'imprenditore Ligresti (accusato di corruzione); il 19 a 
Palermo, in via D'Amelio, un nuovo attentato di mafia. Muoiono il Giudice Paolo 
Borsellino e 5 agenti di scorta: il 26 nuovo colpo allo Stato: la mafia uccide 
l'ispettore di polizia Giovanni Lizzio. Agosto: alla direzione della 
superprocura antimafia viene posto Giuseppe De Gennaro; a Gioia Tauro viene 
inferto un duro colpo alla 'ndrangheta: arrestato Saro Mammoliti; Settembre: 
un deputato socialista si suicida a Brescia, era coinvolto nelle indagini 
dell'inchiesta "Mani Pulite"; un rilevante esponente dei vertici della mafia 
viene catturato dalla polizia nei pressi di Vicenza; a Napoli viene catturato 
Carmine Alfieri esponente di rilievo della camorra, erede di Raffaele Tutolo; il 
Consiglio Superiore della Magistratura apre un'indagine sul Presidente della I 
sez. penale della Cassazione: Corrado Carnevale. Ottobre: a Roma in Corte 
d'Assise si apre il processo contro la loggia massonica P2 (tra i tanti 
imputati: Licio Gelli); i pentiti Tommaso Buscetta e Gaspare Cutolo illustrano 
le loro verità sull'omicidio di Salvo Lima; la Cassazione annulla la sentenza di 
condanna emessa contro Adriano Sofri, Ovidio Bompressi e Giorgio Pietrostefani 
per l'omicidio Calabresi; le forze dell'ordine (carabinieri) sequestrano alcuni 
archivi nell'ufficio del Ministro della Sanità (De Lorenzo) per sospetti di 
corruzione. Novembre: il procuratore della Repubblica di Palmi Agostino 
Cordova emette numerosi avvisi di garanzia contro vari personaggi politici e del 
mondo dell'informazione in relazione all'inchiesta sulle logge massoniche 
deviate; il "superpentito" Tommaso Buscetta rende le sue verità davanti alla 
Commissione nazionale antimafia, in particolare sull'omicidio del generale Dalla 
Chiesa. Dicembre: la commissione bicamerale per le riforme approva il 
progetto di una riforma della legge elettorale al fine di far adottare un 
sistema misto con una quota rilevante di maggioritario e una minima di 
proporzionale; un sostituto procuratore di Palermo si suicida per le infamanti 
dichiarazioni di un pentito che lo accusano di collusione con la mafia; nelle 
elezioni per il rinnovo dei Consigli comunali la Lega è il secondo partito in 
Italia; il pool di Milano invia un avviso di garanzia a Bettino Craxi 
(segretario del PSI) per corruzione e illecito finanziamento dei partiti; 
Giancarlo Caselli è nominato capo della procura della Repubblica di Palermo; 
Bruno Contrada (ex funzionario dei servizi segreti) viene arrestato con l'accusa 
di associazione a delinquere di stampo mafioso. Le notizie riportate sono state 
estratte dall'opera di BRUNO VESPA, 1989-2000 Dieci anni che hanno sconvolto 
l'Italia, Mondadori, 2000.
3 Il brano riportato è estratto dal Romanzo di LEONARDO SCIASCIA, "A ciascuno il suo", edito da Adelphi.
Pubblicato su www.AmbienteDiritto.it il 20/06/2006