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I benefici previdenziali per i lavoratori esposti all’amianto e la loro evoluzione normativa.

Social security benefits for Italian workers in case of asbestos exposure


GIOVANNI ARONICA - MARCO VERDICCHIO



Abstract
The article concerns the evolution of the Italian legislation concerning workers exposure to asbestos.
By including the asbestos in the list of professional sicknesses, the legislator changed the final social security goals. First she started by anticipating retirement age. Secondly she introduced the possibility to ask for payments covering the health risk. In this work attention has been given to the most recent pieces of legislation.

 

 

La definizione di amianto e i benefici connessi ai rischi professionali


Premessa
La materia dei benefici connessi all’esposizione ad amianto consta di un insieme di disposizioni agevolative in termini previdenziali dei lavoratori, che in relazione allo svolgimento della prestazione lavorativa, si trovino esposti a fattori di rischio1 per la propria salute per effetto delle sostanze (polveri di amianto) contenute nei materiali con cui vengono, direttamente o indirettamente, a contatto.
Da un lato, la legge tutela l’evento dannoso alla salute per l’insorgenza della malattia professionale causata dalle attività lavorative esposte ai rischi delle polveri di amianto, attraverso l’erogazione di una rendita; dall’altro, assicura trattamenti agevolati (anticipazione dell’età pensionabile, rivalutazione del periodo contributivo in cui vi sia stata esposizione alle sostanze nocive, trattamento di integrazione salariale) finalizzati ad attutire il danno occupazionale derivante dalla totale dismissione dell’amianto e dalla conseguente riconversione industriale delle aziende che lo producevano2 e a tutela della salute del lavoratore per l’insorgenza di eventi morbosi connessi all’esposizione all’amianto stesso3.
I benefici pensionistici riconosciuti ai lavoratori esposti all’amianto, come si chiarirà, hanno subito un’evoluzione normativa conseguente ad una mutata, e più avvertita, concezione della pericolosità del materiale impiegato nel corso dell’attività lavorativa che, oltre a non essere più considerato una sostanza suscettibile di applicazioni industriali vantaggiose, risulta, per converso, inserito nel novero di sostanze pericolose e nocive per l’organismo umano.
Da qui, nell’ottica di un nesso di causalità ben delineato tra attività che espongano al contatto, anche indiretto, con l’amianto e l’insorgere di gravi patologie, si è resa sempre più necessaria la progressiva dismissione dell’impiego del materiale nocivo, con conseguenti riflessi di tutela occupazionale e previdenziale per i lavoratori delle aziende chiamate ad operare tale riconversione produttiva.
L’intervento normativo si è rivolto ad assicurare una tutela finalizzata ad incentivare l’uscita dal mercato del lavoro dei soggetti appartenenti alle categorie speciali, e storicamente determinate nei vari provvedimenti normativi, impiegate in differenti attività, più o meno connesse con il contatto con amianto (estrazione, utilizzazione, esposizione) unitamente all’evoluzione scientifica nella specificazione e delineazione del fattore di rischio accertato rispetto all’insorgenza della malattia contratta in conseguenza di quest’ultimo (asbestosi, mesotelioma, etc.).
La peculiarità dell’intervento pubblico di sostegno ai lavoratori impiegati nell’attività di estrazione, utilizzazione, esposizione all’amianto consiste nella circostanza che, differentemente dai casi più generali di crisi occupazionale dovuta ad una riorganizzazione o riconversione aziendale derivante da fattori macro-economici, l’uscita anticipata dal mercato del lavoro è causata dalla prestazione di un’attività prima consentita e, successivamente, vietata per via della sua intrinseca pericolosità.
Si tratta di un beneficio finalizzato, quindi, sia a tutelare un danno all’occupazione, per via della perdita e definitiva incollocabilità di una professionalità acquisita per un’attività lavorativa ritenuta ormai inservibile ed inutilizzabile, sia un danno alla salute (presunto legislativamente in conseguenza di coefficienti minimi di esposizione al fattore di rischio congruamente certificati).
Deve, tuttavia, osservarsi che le modalità della declinazione del beneficio risultano improntati ad una generalizzata monetizzazione previdenziale addossata alla finanza pubblica4, compensativa del rischio per la salute dei soggetti esposti, ma carente di prospettive di coerenza e solidità nel tempo, per via della sempre più indifferenziata estensione della platea dei beneficiari non supportata da adeguata copertura finanziaria.
Per tale ragione, negli interventi normativi più recenti, si è assistito ad un brusco cambio di rotta del legislatore, alle prese con carenze evidenti di copertura finanziaria in ordine all’erogazione dei trattamenti pensionistici anticipati nella decorrenza o rivalutati nella misura, con un tentativo, forse non del tutto riuscito, di apportare delle correzioni agli interventi di erogazione senza, tuttavia, corredare la normativa di una intrinseca logica sistematica coerente con le esigenze di tutela del bene protetto.
Il contesto assistenziale in cui l’intervento normativo viene a collocarsi è reso, infatti, complesso dalle esigenze relative alla copertura delle spese previdenziali, alle previsioni di entrata e di copertura finanziaria, tenendo conto degli andamenti tendenziali della spesa corrente.
La disciplina attuale interessa diversi aspetti di declinazione del beneficio pensionistico, con una valenza innovativa, sia sul piano della definizione dei requisiti tecnici per l’accertamento del concetto di “esposizione” al rischio di contrazione della malattia professionale, sia su quello del contenuto del beneficio stesso, valutabile in termini di rideterminazione dell’importo pensionistico e non più di anticipazione dello stesso.
Il tema in discussione appare complesso a causa del coinvolgimento di vari profili del bene protetto come la salute e la sicurezza del lavoratore, la cui rilevanza, di rango costituzionale (art. 32 Cost., art. 38 Cost.) implica una difficoltà di armonizzazione degli interventi di disciplina con le pur primarie esigenze di economia della spesa pubblica.
La “tendenza” emersa nei provvedimenti normativi recenti è quella di un attenta considerazione nei confronti della problematica dei “diritti quesiti”, imponendo la necessità di salvaguardare le posizioni dei soggetti che abbiano conseguito il diritto al trattamento pensionistico, senza modificare la situazione sostanziale degli stessi, fondata sulla normativa derivante da leggi anteriori.
L’innovazione normativa più recente induce anche ad un radicale ripensamento dei criteri con cui si imposta la disciplina di tutela del bene protetto, nella direzione di un assetto indennitario del danno, piuttosto che in quello di un’anticipazione dell’uscita dal mondo del lavoro in conseguenza della prospettiva di insorgenza di uno stato invalidante derivato dalla qualificazione delle attività lavorative che espongono all’amianto.

La nozione di amianto e le patologie ad esso collegate
L’amianto (chiamato anche “asbesto”) è un minerale naturale, che si ottiene facilmente dalla roccia dopo macinazione e arricchimento, in genere in seguito ad attività estrattive svolte in miniere.
Per anni, in ragione delle suesposte caratteristiche, è stato impiegato in innumerevoli applicazioni industriali, edilizie e in prodotti di consumo. Per l’economicità e per le già dette qualità, è stato utilizzato nell’industria, in edilizia, in ambito domestico e nei mezzi di trasporto.
Le sue ottime proprietà tecnologiche, sono, tuttavia, accompagnate dall’insorgenza di gravi patologie a carico dell’apparato respiratorio (asbestosi, carcinoma polmonare, mesotelioma), per i soggetti esposti alle fibre rilasciate dai materiali che lo contengono.
La prima malattia che venne riconosciuta come provocata dalla polvere di amianto è l’asbestosi, consistente in una grave affezione respiratoria che, per prima, è stata correlata all’inalazione di fibre d’amianto, caratterizzate da fibrosi polmonare a progressivo aggravamento che conduce ad insufficienza respiratoria con complicanze cardiocircolatorie.
Successivamente, venne descritto per la prima volta un particolare carcinoma primitivo della pleura, che fu denominato mesotelioma, e in seguito riscontrato anche nel peritoneo.
Anche il mesotelioma della pleura è un tumore maligno della membrana di rivestimento del polmone che è fortemente associato all’esposizione a fibre di amianto anche a basse dosi5.
Mentre l’asbestosi è una malattia tipicamente professionale, i casi di mesotelioma si riscontrano anche fra la popolazione non esposta professionalmente, ma residente in zone dove esistono insediamenti industriali che lavorano amianto.
Le manifestazioni patologiche hanno un tempo di latenza e si verificano, statisticamente, dopo molti anni all’esposizione: da 10 a 15 anni per l’asbestosi ed anche 20 - 40 anni per il carcinoma polmonare ed il mesotelioma.
Inoltre, l’amianto opera un’azione di sostegno ad altri agenti patogeni, rafforzando il loro potere cancerogeno.
In popolazioni specifiche, professionalmente esposte ad asbesto, oltre una elevata mortalita` per le malattie provocate dall’amianto, si ha un forte incremento della mortalita` in genere, e in particolare per cancro, soprattutto alle vie respiratorie e all’apparato gastro-intestinale.
L’attività di asportazione dell’amianto trova una collocazione nel novero di attività usuranti, ovvero suscettibili di anticipare l’età pensionabile rispetto ai criteri generali fissati dalla legge.
L’art. 78, co. 11 della l. 23 dicembre 2000, n. 3886 (Legge Finanziaria per il 2001) prevede la possibilità di anticipare il collocamento in pensione (fino ad un anno e mezzo prima dell’età pensionabile e 10 mesi prima del raggiungimento del requisito dell’anzianità contributiva) in favore di prestatori di lavoro impegnati in attività considerate “maggiormente usuranti”.
Tra le dette attività, di cui alla tabella A allegata al decreto legislativo11 agosto 1993, n. 374, sono anche previsti i “lavori di asportazione dell’amianto da impianti industriali, da carrozze ferroviarie e da edifici industriali e civili”.
I lavori di asportazione dell’amianto vengono tutelati allorquando le mansioni vengano svolte “con carattere di prevalenza e di continuità”.
Le mansioni usuranti vengono considerate prevalenti allorquando abbiano avuto una durata superiore al 50% di ciascun periodo di lavoro, ammesso al beneficio.
Il beneficio, introdotto in attuazione della normativa di cui al d. lgs. 11 agosto 1993, n. 3747, e successive modificazioni, è di due tipi tra loro cumulabili.
Il primo è legato all’età ed è pari a due mesi di anticipazione per ogni anno di occupazione nelle attività usuranti, fino ad un massimo di cinque anni. Il secondo, invece, si riferisce all’anzianità contributiva ed è pari ad un anno di riduzione ogni dieci anni fino ad un massimo di 24 mesi complessivamente considerati.
Il d. lgs. 11 agosto 1993, n. 374 di attuazione dell’art. 3, co. 1, lettera f) della L. 23 ottobre 1992 n. 421, recante benefici per le attività usuranti, al 1° co. dell’art. 2 prevede, infatti, che “per i lavoratori dipendenti pubblici e privati, nonché per i lavoratori autonomi iscritti all’INPS, prevalentemente occupati...” l’anticipazione del “limite dell’età pensionabile” è di due mesi per ogni anno di occupazione “nelle predette attività” fino ad un massimo di 60 mesi complessivamente considerati.
Le modalità del beneficio descritto consistono, quindi, nella riduzione dei requisiti di età anagrafica e contributiva per il pensionamento di anzianità e vecchiaia per i lavoratori che abbiano svolto mansioni particolarmente usuranti, i quali non beneficiano di un accreditamento di contributi utili ai fini della rivalutazione della misura del trattamento pensionistico, ma di una riduzione dei requisiti per l’accesso al pensionamento con conseguente rivalutazione contributiva ai soli fini dell’accesso al trattamento, e non ai fini del calcolo.
Inoltre, a fronte di “caratteristiche di maggiore gravità dell’usura... anche sotto il profilo delle aspettative di vita e dell’esposizione al rischio professionale di particolare intensità”, viene ridotto il limite di anzianità contributiva di un anno ogni 10 di occupazione... fino ad un massimo di 24 mesi complessivamente considerati”.
I benefici possano essere riconosciuti in favore di mansioni usuranti svolte “... nel periodo compreso tra l’8 ottobre 1993 (data di entrata in vigore del d. lgs. 11 agosto 1993, n. 374) ed il 31 dicembre 2001...” a due condizioni:
A) che i requisiti per il pensionamento di anzianità o di vecchiaia vengano perfezionati entro il 31.12.2001;
B) che siano presenti i limiti di disponibilità economico-finanziaria, tracciati dalla l. 23 dicembre 2000, n. 388, al co. 13 dell’art. 78 della legge8.
Va aggiunto che vengono riconosciuti trattamenti di maggior favore in caso di “singoli ordinamenti previdenziali” che contengano previsioni più favorevoli (art. 2 comma 3) e che “fermo restando il requisito minimo di un anno di attività lavorativa continuata”, il beneficio è “frazionabile” in giornate attribuite “in ciascun anno considerato” sempre che la durata dell’attività lavorativa sia stata “non inferiore a 120 giorni” (art. 2 comma 2).
L’art. 1 del decreto 17 aprile 2001, emanato in attuazione dell’articolo 78 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, prevede che gli interessati ad ottenere il riconoscimento dei benefici previdenziali di riduzione dei “requisiti anagrafici e di anzianità contributiva” debbano presentare, a pena di decadenza, entro 90 gg., dall’entrata in vigore dello stesso decreto, domanda corredata da documentazione utile a comprovare, in via oggettiva, l’espletamento di mansioni epressamente individuate dall’art. 2 del decreto del 19 maggio 19999 (pubblicato in G.U. n. 208 del 4 settembre 1999) del Ministro del lavoro e della previdenza sociale di concerto con i Ministri del Tesoro, del bilancio e della programmazione economica, della Sanità e per la Funzione pubblica.
Ai sensi del quarto comma, le domande relative alla prestazione previdenziale possono essere presentate anche in costanza di rapporto di lavoro.
In caso di positivo accoglimento, non si consente l’ulteriore prosecuzione dell’attività lavorativa dipendente.


La definizione del rischio
Nel quadro definitorio fissato dalla legge, e prescindendo dal verificarsi del rischio – evento patologico, le attività connesse all’esposizione all’amianto hanno trovato collocazione in una serie di benefici previdenziali declinati nei termini di un’anticipazione dell’età pensionabile o di un bonus contributivo (rivalutazione dei periodi di contribuzione), subordinatamente all’iscrizione del lavoratore all’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali e per i periodi da essa coperti.
Tale nesso di correlazione può considerarsi un presupposto logico-sistemico dell’intervento normativo, giustificato solo in presenza della possibilità di compromissione del bene salute protetto. L’esposizione, nel corso della propria attività lavorativa, alle sostanze contenenti amianto viene, infatti, inquadrata nell’ambito delle attività che comportano rischi professionali, cioè derivanti da eventi dipendenti da attività di lavoro.
La specificità della tutela trova origine nell’evento malattia professionale derivante dall’esposizione all’amianto, sulla cui definizione si sono susseguiti diversi interventi normativi10, con cui il legislatore ha reso esplicita la tipicità del rischio.
In proposito è da dire che la malattia professionale è tutelata sin dall’emanazione della legge 12 aprile 1943, n. 455, che previde l’estensione dell’assicurazione obbligatoria contro le malattie professionali alla silicosi e all’asbestosi.
Le prestazioni assicurative sono dovute in caso di morte o di inabilità al lavoro permanente superiore al 20%.
Con le disposizioni di cui agli artt. 140 e ss. del d.P.R. 30 – 6 – 1965, n. 1124 (T.U. in materia di assicurazioni contro gli infortuni sul lavoro), si procede alla definizione correlata dell’evento morboso (definito “asbestosi”) e dell’attività professionale nel corso della quale esso viene contratto: “Nell’assicurazione obbligatoria per le malattie professionali contemplate dall’art. 3 del presente decreto è compresa l’asbestosi, contratta nell’esercizio dei lavori specificati nella tabella, allegato n. 8, e che risultino fra quelli previsti dall’art. 1” (art. 144 comma 1).
Il rimando alla tabella allegata consente di chiarire il concetto di esposizione, così precisata: “estrazioni e successive lavorazioni dell’amianto nelle miniere; applicazione di amianto e materiali che lo contengano o che comunque espongano ad inalazioni di polveri di amianto”.
La tipizzazione delle attività lavorative che determinano l’esposizione suddetta è oggetto di modifica con cadenza biennale, in conseguenza della revisione operata con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali di concerto con il Ministro della Salute, sentite le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative, “qualora sussistano altri lavori che espongono al rischio dell’asbestosi” (art. 144 2° comma).
Si è, in presenza, quindi di una tipicità debole, per quanto attiene la rigida definizione delle attività lavorative che espongono all’amianto, mentre resta la caratterizzazione, dal punto di vista medico – clinico, dell’evento morboso.

Il sistema tabellare ed il sistema “misto”
La materia è stata oggetto di alcuni interventi della Corte Costituzionale11.
La Corte, in accoglimento di ordinanze di rimessione incentrate sulla carenza del sistema delle tassatività delle malattie professionali e sulla limitatezza del nesso di causalità tra evento morbigeno (lavorazione pericolosa) e malattia professionale, ha dichiarato l’illegittimità dell’art. 3, comma primo, del d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, per contrasto con l’art. 38 Cost. nella parte in cui “non prevede che l’assicurazione contro le malattie professionali nell’industria è obbligatoria anche per malattie diverse da quelle comprese nelle tabelle allegate concernenti le dette malattie e da quelle causate da una lavorazione specificata o da un agente patogeno indicato nelle tabelle stesse, purchè si tratti di malattie delle quali sia comunque provata la causa di lavoro”.
Con tale intervento, si è assistito al passaggio dal c.d. “sistema tabellare” al “sistema misto”12, in cui, cioè, non opera la presunzione legale di tipizzazione dell’evento morboso e della sua riconducibilità all’attività lavorativa, ma è dato diritto al lavoratore di provare il sottostante nesso causale dell’evento morboso al fine di invocare la prestazione previdenziale a tutela.
Si è, dunque, operato un contemperamento dei due diversi e contrapposti interessi in gioco: da un lato l’accertamento presuntivo dell’eziologia professionale (sistema a tipizzazione forte, o tabellare), con i connessi profili di certezza del quadro clinico ai fini dell’accertamento tecnico, dall’altro l’esigenza di adeguamento delle situazioni invalidanti alle mutate conoscenze scientifiche, con conseguente allargamento dell’area della eziologia riferita ad eventi non preventivamente definibili come morbigeni.
Il Decreto Legislativo 23 febbraio 2000, n. 3813, nel ribadire14 la vigenza del sistema misto, così come stabilito dalla Corte Costituzionale ha previsto, all’art. 10, un elenco di malattie di probabile e di possibile origine lavorativa, da tenere sotto osservazione ai fini della revisione delle tabelle delle malattie professionali di cui agli articoli 3 e 211 del Testo Unico.
Il decreto legislativo 15 agosto 1991, n. 27715, richiamato espressamente dalla legge 27 marzo 1992, n. 257 (artt. 2 e 3) contiene una dettagliata serie di disposizioni tecniche utili a definire il livello massimo di esposizione e i conseguenti rimedi e profili sanzionatori apprestati dall’ordinamento al di sopra della soglia massima di esposizione al rischio morbigeno all’interno dei luoghi di lavoro.
L’art. 24 detta il limite minimo di esposizione alle polveri di amianto16 al superamento del quale il datore di lavoro dovrà effettuare la valutazione del rischio, al fine di adottare le misure preventive e protettive nei confronti dei lavoratori.
Gli artt. 30 e 31 prevedono il limite massimo di tollerabilità dell’esposizione all’amianto, facendo discendere dal superamento di essi il divieto di prosecuzione dell’attività lavorativa (art. 31 comma 5)17 .



La legge 27 marzo 1992, n. 257
Per quanto riguarda la disciplina dei rischi derivanti da tutte le attività lavorative che comportano l’impiego di amianto come materia prima o che espongano alle polveri di amianto pur non comportandone l’estrazione o l’impiego, la fonte principale è data dalla legge 27 marzo 1992, n. 25718, finalizzata all’integrale raggiungimento dell’obiettivo della dismissione delle attività lavorative che espongono alle sostanze pericolose dell’amianto
Posta la necessità di individuare i materiali sostitutivi di tale sostanza, ritenuta nociva per la salute della persona e per la tutela dell’ambiente, la legge si pone la finalità di dettare norme per la dismissione dalla produzione e dal commercio dell’amianto, con conseguente riconversione produttiva delle imprese del settore19, accompagnando tali misure a forme di sostegno (anticipazione del trattamento pensionistico e rivalutazione dei periodi contributivi, di cui al capo IV della legge) in favore dei lavoratori interessati all’attività di estrazione dell’amianto o che, comunque, siano stati esposti alle polveri di amianto.
E’, innanzitutto, prevista, secondo quanto stabilisce l’articolo 13 commi 2, 3, 4 e 5 l. 27 marzo 1992, n. 257, la facoltà di richiedere il trattamento anticipato di anzianità, ai sensi dell’art. 22 della legge 30 aprile 1969, n. 153 e successive modificazioni ed integrazioni, per i lavoratori occupati nelle imprese che utilizzano o estraggono amianto e possano far valere almeno trenta anni di anzianità assicurativa e contributiva nell’Assicurazione Generale Obbligatoria con una maggiorazione dell’anzianità assicurativa e contributiva pari al periodo necessario per la maturazione del requisito dei trentacinque anni prescritto dalla legge 30 aprile 1969, n. 153 e non superiore al periodo compreso tra la data di risoluzione del rapporto lavorativo e quello del compimento dei sessanta anni per gli uomini e cinquantacinque per le donne.
E’, inoltre, concesso il trattamento di integrazione salariale ai lavoratori occupati in imprese che utilizzano o estraggono amianto, impegnate in processi di ristrutturazione e riconversione produttiva, anche se il requisito occupazionale sia pari a quindici unità per effetto di decentramento organico dovuto al pensionamento anticipato (art. 13 comma 1).
Viene, infine, riconosciuto a una determinata categoria di lavoratori, delle miniere o delle cave di amianto, (art. 13 comma 6), a quelli che abbiano contratto malattie professionali (art. 13 comma 7), e a coloro che risultino esposti all’amianto per un periodo superiore a dieci anni (art. 13 comma 8), un beneficio di accreditamento del numero di settimane coperto da contribuzione obbligatoria contro le malattie professionali, ai fini dei trattamenti pensionistici.
Si tratta di una rivalutazione contributiva, utile sia ai fini dell’accesso al trattamento pensionistico, sia ai fini del calcolo dello stesso, che viene subordinata ad una serie di condizioni comprendenti, oltre all’accertamento del periodo di esposizione alle sostanze morbigene, documentato da apposita certificazione I.N.A.I.L.20, anche il requisito dell’iscrizione all’assicurazione contro gli infortuni e le malattie sul lavoro gestita dall’I.N.A.I.L.
Su tale tipologia di beneficio previdenziale è recentemente intervenuto il legislatore con il decreto legge 30 settembre 2003, n. 269, art. 47, convertito con legge 24 novembre 2003, n. 326 (“Disposizioni urgenti per favorire lo sviluppo e per la correzione dell’andamento dei conti pubblici”) e, in seguito, con la legge finanziaria per il 2004, legge 24 dicembre 2003, n. 350, art. 3 commi 132 e 133, senza dimenticare il Decreto del Ministro del Lavoro del 27 ottobre 2004 che ha dato attuazione al citato art.47.
L’intervento in parola, limitatamente al caso di esposizione ultradecennale all’amianto (art. 13 comma 8 della legge 27 marzo 1992, n. 257), riduce il coefficiente moltiplicatore, previsto originariamente, da 1,5 a 1,25 del numero degli anni di contribuzione, comportando una riduzione quantitativa del numero degli anni lavorativi soggetti a rivalutazione e prevede che la rivalutazione stessa del numero di anni di contribuzione non valga più a tutti i fini del trattamento (accesso alla pensione e calcolo del relativo trattamento), ma ai soli fini della misura del trattamento pensionistico.

 

 


La normativa anteriore al d. l. 30 settembre 2003, n. 269 per i lavoratori esposti all’amianto


L’art. 13 comma 8 della legge 27 marzo 1992, n. 257
Ai lavoratori del settore privato dipendenti da imprese che estraggono amianto o utilizzano amianto come materia prima21, (anche se in corso di dismissione o sottoposte a procedure fallimentari) esposti all’amianto per un periodo superiore a dieci anni, veniva riconosciuto un beneficio pensionistico (art. 13 comma 8 legge 27 marzo 1992, n. 257) costituito da un meccanismo di rivalutazione dei periodi di contribuzione obbligatoria contro le malattie professionali derivanti dall’esposizione all’amianto, mediante il quale, ai fini del conseguimento delle prestazioni pensionistiche, l’anzianità contributiva posseduta dagli interessati, solo ed esclusivamente per i periodi di attività lavorativa in cui vi fosse stata l’esposizione all’amianto, doveva essere moltiplicata per il coefficiente di 1,5, fermo restando il limite massimo di 40 anni di anzianità contributiva.
Beneficiari della norma erano solo i dipendenti di imprese che avessero utilizzato o estratto amianto, i quali avessero contratto malattie professionali a causa dell’esposizione all’amianto, certificate dall’INAIL, o fossero stati esposti all’amianto per un periodo superiore a dieci anni, coperto da assicurazione obbligatoria contro le malattie professionali connesse al rischio derivante dall’esposizione all’amianto gestita dall’INAIL, comprovato dal pagamento del relativo premio assicurativo.

L’ambito dei destinatari: le modifiche normative e la giurisprudenza costituzionale
Con il decreto legge 5 giugno 1993, n. 169, convertito in legge 4 agosto 1993, n. 271, (entrata in vigore il 5 agosto 1993), ferma restando l’esistenza dei requisiti già descritti, è stata apportata una modifica alla sfera dei destinatari del beneficio pensionistico in argomento.
L’art. 1 comma 1 del decreto legge 5 giugno 1993, n. 169, in sostituzione del comma 8 dell’art. 13 della legge 27 marzo 1992, stabilisce che i destinatari del beneficio siano non più i “lavoratori dipendenti dalle imprese che estraggono amianto come materia prima”, ma i lavoratori “esposti all’amianto per un periodo superiore a dieci anni
Beneficiari della rivalutazione contributiva, a seguito della modifica, sono tutti i lavoratori che abbiano contratto malattie professionali a causa dell’esposizione all’amianto, o possano far valere un periodo di esposizione all’amianto superiore a dieci anni, ancorchè non occupati nel settore dell’amianto (ossia, anche non dipendenti da imprese che utilizzano o estraggono amianto)22.
Con la pronuncia del 12 gennaio 2000, n. 5, la Corte Costituzionale ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 13, comma 8 della legge 27 marzo 1992, n. 257, come modificato dall’art. 1, comma 1 del decreto legge 5 giugno 1993, n. 16923.
Le censure muovevano dal presupposto secondo cui, con tale intervento, il legislatore avrebbe escluso ogni selezione dei beneficiari che potesse derivare dal riferimento alla tipologia dell’attività produttiva del datore di lavoro, svincolando, di fatto, la norma da qualunque parametro predeterminato, potendo la detta esposizione all’amianto essere riscontrata senza alcuna specificazione tecnica e affidata a valutazioni del tutto libere da standards di riferimento e, perciò, suscettibile di applicarsi a situazioni sostanzialmente eterogenee, in contrasto con l’art. 3 Cost.
In conseguenza, verrebbe meno la possibilità di esprimere ogni valutazione di copertura finanziaria del provvedimento, potendo il beneficio essere esteso a una platea indeterminata di beneficiari, in violazione dell’art. 81 Cost.24
La Corte ha ritenuto che l’indeterminatezza possa essere censurata solo in quanto la discrezionalità legislativa si spinga sino al punto da rendere le proprie scelte di valutazione della platea dei destinatari totalmente incoerenti o contraddittorie.
Sul punto, non si riscontra nessuno dei due elementi menzionati, in quanto, sorretta da interpretazione conforme a ragionevolezza, la norma oggetto di sindacato di legittimità costituzionale deve essere interpretata, in via letterale, alla stregua dei canoni tutt’altro che indeterminati dell’esposizione ultradecennale all’amianto nell’ambito di attività lavorative soggette all’assicurazione obbligatoria contro le malattie professionali derivanti dall’amianto gestita dall’INAIL.
La lettura della norma proposta dalla Corte colloca la ratio della disposizione normativa nella “finalità di offrire, ai lavoratori esposti all’amianto per un apprezzabile periodo di tempo, un beneficio correlato alla possibile incidenza invalidante di lavorazioni che presentano potenzialità morbigene25.
Ciò che la norma intende introdurre è la possibilità di correlare gli elementi dell’attività lavorativa soggetta all’assicurazione obbligatoria e dell’esposizione alla presenza del rischio di eventi morbigeni, che si verifica con un’esposizione superiore al tasso soglia previsto dall’art. 24 del d.l. 15 agosto 1991, n. 277, indipendentemente dalla tipologia invalidante che ne sia derivata26.
La Corte ha, quindi, affermato che la disposizione denunciata poggia su “un sicuro fondamento, rappresentato sia dal dato di riferimento temporale sia da quello della nozione di rischio che, com’è noto, caratterizza il sistema delle assicurazioni sociali”.
La giurisprudenza di legittimità successiva27 alla pronuncia della Corte Costituzionale ha approfondito la linea interpretativa segnata nella sentenza n. 5/2000, ribadendo la connessione esistente tra l’art. 13 della legge 257/92 e l’art. 24 del d.lgs. 277/91.
Tale interpretazione si ricava, in via sistematica, dall’indiretto riferimento che l’art. 3 della legge n. 257/92 fa all’art. 31 del d.lgs. 277/93, richiamando e modificando i valori limite di concentrazione al di sotto dei quali le fibre di amianto possono considerarsi respirabili.
La concentrazione delle polveri di amianto deve, peraltro, considerarsi portatrice del rischio morbigeno in relazione alla singola posizione professionale del soggetto richiedente ed alle mansioni da questi effettivamente disimpegnate, non essendo sufficiente la prova di una presenza meramente diffusa di polveri di amianto nell’ambiente di lavoro frequentato dall’assicurato28.
Altro elemento di innovazione introdotto dal D.L. 169/93 consiste nella previsione secondo cui il beneficio pensionistico di rivalutazione contributiva vale sull’”intero periodo lavorativo”, purchè vi sia stata esposizione ultradecennale all’amianto.
La norma, modificando il comma 8 dell’art. 13 l. 257/92, ha contribuito a fare definitivamente chiarezza su tale fattispecie, sgombrando il campo dal dubbio, sorto precedentemente al vigore della nuova norma, circa l’effettivo periodo da sottoporre a rivalutazione e cioè solo il periodo eccedente i dieci anni29 o l’intero periodo purchè protratto per più di dieci anni.
Sulla materia del beneficio pensionistico della rivalutazione contributiva per i lavoratori esposti all’amianto si sono susseguiti diversi orientamenti interpretativi da parte dell’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale30.

La categoria tutelata
I destinatari sono solo i lavoratori del settore privato.
Si è posto il problema dell’ambito di applicabilità ai lavoratori dipendenti dalle Ferrovie dello Stato, precedentemente alla loro trasformazione in s.p.a. e, conseguentemente, alla loro iscrizione obbligatoria all’I.N.A.I.L. (stabilita a decorrere dal primo gennaio 1996), necessaria ai fini del diritto al beneficio.
La Corte Costituzionale31, nell’affrontare la questione, ha ritenuto che il beneficio previsto dalla legge 27 marzo 1992, n. 257 si debba riconoscere anche ai lavoratori dipendenti delle Ferrovie dello Stato, sulla base della medesima ratio che sorregge la norma di tutela della salute dei lavoratori dal rischio morbigeno, indubbiamente presente nell’ambito del servizio ferroviario.
In conseguenza, il beneficio da amianto va esteso anche ai lavoratori iscritti all’INPDAP con riferimento al periodo pregresso sulla base, ovviamente, dei presupposti di legge previsti per tutti i lavoratori del settore privato (esposizione ultradecennale, presenza del rischio).
In ordine alla tipologia professionale dei destinatari, per via del tenore letterale della disposizione della legge 4 agosto 1993, n. 27132 era stato precisato33 che i titolari di pensione liquidata con decorrenza anteriore alla data di efficacia dei singoli provvedimenti dovevano ritenersi esclusi dall’ambito applicativo della norma.
Tale interpretazione, fatta propria dalla Suprema Corte34, è stata limitata alle tipologie di pensione di vecchiaia, anzianità o di inabilità.
Con riferimento alla pensione di invalidità, posto che il godimento di una tale prestazione non preclude lo svolgimento di attività lavorativa, a seguito di interpretazione in via amministrativa, concertata con il Ministero del Lavoro, l’I.N.P.S. comunicava che i lavoratori titolari di pensione o di assegno di invalidità35 liquidata con decorrenza anteriore all’entrata in vigore della legge, purché in servizio alla data di entrata in vigore della stessa, e alle dipendenze di imprese che utilizzano o estraggono amianto, dovevano, invece, essere annoverati tra i destinatari del beneficio.
Venivano, in conseguenza, riliquidate, su domanda, le pensioni interessate.
Un diverso orientamento è stato espresso dalla Corte Costituzionale che è, anche recentemente, intervenuta36 argomentando nel senso per cui la formulazione letterale della norma recherebbe un espresso riferimento del beneficio della rivalutazione “ai fini delle prestazioni pensionistiche”, destinato ai lavoratori che dovessero ancora andare in pensione, concludendo nel senso di escludere i soggetti titolari di trattamento pensionistico dal novero dei beneficiari della rivalutazione contributiva.
Sull’argomento, parte della dottrina37 ha sostenuto che il beneficio di cui all’art. 13 comma 8 della legge 27 marzo 1992, n. 257, consiste in una rivalutazione contributiva che risponde alle esigenze di sostegno al prevedibile vuoto contributivo derivante dalla difficile ricollocabilità del lavoratore nel mercato del lavoro, oltre che per il suo stato di salute pur se non ancora compromesso dalla malattia professionale, differenziandosi da quello di cui al comma 2, dovrebbe poter applicarsi anche a chi non è più in attività, non essendo un vero e proprio prepensionamento destinato ai soli lavoratori attivi.
Si è, altresì, posto il problema se considerare anche i lavoratori autonomi, oltrechè i lavoratori dipendenti, come destinatari del beneficio in argomento.
L’orientamento della Corte di Cassazione38 esclude tale possibilità, pure contemplata da parte della dottrina, ritenendo che “le esigenze di tutela perseguite dal legislatore…non potrebbero ravvisarsi con riguardo ai lavoratori autonomi i quali, diversamente dai subordinati, dispongono di ogni potere di autorganizzazione e dunque non abbisognano di tutele volte a contrastare la sottoprotezione che è conseguenza ineludibile dell’eterodirezione”.

Le procedure di accertamento
Altra questione ha riguardato le modalità di accertamento dell’“esposizione” all’amianto, considerato l’intervento normativo per cui i beneficiari non sono più i soli dipendenti di imprese che utilizzano amianto39.
La competenza, in materia, è stata riconosciuta, per le comprovate esperienze e conoscenze tecniche, all’I.N.A.I.L.40, che gestisce l’accertamento dell’esposizione valutando le richieste dei lavoratori.
Al riguardo, l’I.N.P.S.41 ha chiarito che:
 con riferimento alle aziende che attestano l’avvenuto pagamento del premio supplementare contro l’asbestosi, l’I.N.A.I.L. rilascia al lavoratore interessato una dichiarazione con cui viene attestato il periodo di lavoro svolto, per il quale matura il diritto al beneficio di accreditamento;
 con riferimento alle aziende presso cui non vi sia l’attestazione del pagamento del relativo premio per il rischio di asbestosi, l’accertamento tecnico è demandato all’I.N.A.I.L. che, previo parere tecnico di una apposita struttura, espresso sulla base della situazione ambientale dell’azienda, delle attività e delle mansioni a rischio di esposizione e i relativi limiti temporali, valuterà il diritto al beneficio.
Deve ritenersi che, sotto il profilo dell’onere probatorio, la dimostrazione dell’esistenza degli elementi di fatto costitutivi del diritto alla rivalutazione, e quindi anche la consistenza dell’esposizione, incombe sul lavoratore ex art. 2697 c.c.

 

 


La disciplina introdotta dall’art. 47 del decreto legge 30 settembre 2003, n. 269


La normativa introdotta a seguito degli interventi legislativi più recenti si presta ad alcune considerazioni in merito all’ambito di efficacia dei destinatari delle misure introdotte ed alla tecnica di formulazione legislativa, che, come si vedrà, ha, in primo luogo, modificato la concezione stessa del diritto al conseguimento del beneficio dei soggetti esposti all’amianto e, in secondo tempo, salvaguardato i soggetti che avevano conseguito il diritto ai benefici avendo già perfezionato i requisiti (esposizione ultradecennale all’amianto).
Occorre, anzitutto, ripercorrere brevemente l’iter di approvazione del decreto legge 30 settembre 2003, n. 26942 e della successiva legge di conversione 24 novembre 2003, n. 326.

Le modifiche qualitative e quantitative del beneficio precedenti alla conversione in legge del decreto legge 30 settembre 2003, n. 269
L’art. 47 comma 1 prevede delle innovazioni sostanziali che, a partire dal 1° ottobre 2003, restringono la portata della prestazione previdenziale:
1 - l’intero periodo lavorativo è moltiplicato per il coefficiente 1,25 e non più 1,50;
2 - il predetto coefficiente moltiplicatore si applica ai soli fini del calcolo delle prestazioni pensionistiche e non ai fini del diritto al conseguimento delle stesse;
3 - il beneficio previdenziale di cui al comma 1 è concesso ai lavoratori in presenza di una esposizione all’amianto in concentrazione media annua non inferiore a 100 fibre /litro come valore medio su otto ore al giorno, per un periodo di almeno 10 anni43.
Si tratta, secondo parte della dottrina44, di una tipologia innovativa di beneficio previdenziale, distinto da quello della precedente disciplina sia in termini qualitativi (rivalutazione contributiva ai soli fini del calcolo del trattamento pensionistico), sia in termini quantitativi (modifica del coefficiente moltiplicatore), sia per ambito di efficacia (modifica del criterio di calcolo del valore limite di esposizione), con conseguenze sul piano processuale, per cui le domande fondate sulla nuova previsione non dovrebbero poter essere convertite, in caso di insussistenza dei presupposti relative all’entità dell’esposizione, in domande aventi ad oggetto il beneficio di cui all’art. 13 co. 8 della legge 27 marzo 1992, n. 257 (vecchio regime).
La nuova disciplina si applica anche ai lavoratori ai quali, prima della data di entrata in vigore del presente decreto, sia stata certificata l’esposizione all’amianto sulla base degli atti di indirizzo emanati dal Ministero del lavoro (art. 47 comma 2)45, secondo quanto precedentemente stabilito dalla legge 31 luglio 2002, n. 17946.
Di particolare rilievo è la formulazione dell’art. 47 comma 3: “Con la stessa decorrenza prevista al comma 1, i benefici di cui al comma 1, sono concessi esclusivamente ai lavoratori che, per un periodo non inferiore a dieci anni, sono stati esposti all’amianto in concentrazione media annua non inferiore a 100 fibre/litro come valore medio su otto ore al giorno. I predetti limiti non si applicano ai lavoratori per i quali sia stata accertata una malattia professionale a causa dell’esposizione all’amianto”.
E’ previsto inoltre che tutti i lavoratori che intendano ottenere il riconoscimento dei benefici di cui al comma 1, compresi quelli cui è stata già rilasciata la certificazione, dovranno presentare, a pena di decadenza, domanda all’I.N.A.I.L. entro il termine di 180 giorni dalla data di pubblicazione del decreto interministeriale, previsto al comma 6, di attuazione delle nuove disposizioni, a pena di decadenza dal beneficio.
Tale decadenza, ha destato perplessità47 per quanto attiene la sfera di efficacia dei destinatari. Infatti, comprendendo anche i lavoratori cui sia stata già rilasciata la certificazione I.N.A.I.L., non è dato comprendere a cosa sia finalizzata la domanda di questi ultimi. Ritenendo di dover escludere l’ipotesi per cui la domanda si riferisca ai soggetti che maturino i requisiti per il trattamento tra il 1° ottobre e lo spirare del termine ed essendo esclusa un’ipotesi di decorrenza di ulteriore termine per chi maturi successivamente i requisiti medesimi si deve ritenere48 che la domanda sia volta esclusivamente alla certificazione dell’esposizione (nei nuovi valori limite), a prescindere dalla maturazione dei requisiti.
La competenza dell’I.N.A.I.L. alla certificazione non innova in ordine alla legittimazione processuale passiva nelle controversie volte all’accertamento giudiziale del diritto alla rivalutazione del periodo lavorativo durante il quale vi sia stata esposizione all’amianto.
Pur in un quadro disciplinatorio sostanzialmente carente in materia, deve ricordarsi l’orientamento della dottrina49 e giurisprudenza consolidata50, che afferma la legittimazione passiva dell’ente previdenziale tenuto ad operare la rivalutazione (I.N.P.S.), con esclusione di quello certificatore (I.N.A.I.L.).
Precedentemente alla conversione in legge, il decreto 30 settembre 2003, n. 269 conteneva, all’art. 47 comma 2, una disposizione51 per cui, nella sostanza, anche chi aveva già acquisito, anteriormente alla data di entrata in vigore del decreto, il diritto alla documentazione che attestava la propria esposizione all’amianto, e coloro che avessero ottenuto la certificazione I.N.A.I.L., sarebbero stati assoggettati alla nuova disciplina con conseguente riduzione del beneficio di anticipazione dell’età pensionistica.
Infatti, come precisato dall’I.N.P.S.52 anche chi avesse maturato il requisito dell’esposizione ultradecennale all’amianto precedentemente all’entrata in vigore del decreto ma non avesse ottenuto il certificato I.N.A.I.L. in data anteriore al 1° ottobre 2003, sarebbe ricaduto nella nuova disciplina di cui all’art. 47 comma 2.
In sostanza si era introdotta una nuova, e meno favorevole, formula di calcolo del trattamento pensionistico con una decorrenza immediata (1° ottobre 2003), con l’effetto di creare ex novo, anche in capo a chi avesse maturato i requisiti per l’accesso al trattamento pensionistico ed avesse ottenuto la certificazione I.N.A.I.L., l’onere di proseguire l’attività lavorativa al fine di perfezionare i requisiti minimi per l’accesso al trattamento pensionistico di anzianità53.
La finalità della norma era chiaramente improntata ad una razionalizzazione della spesa previdenziale correlata al riconoscimento del beneficio, in tendenziale aumento anche a seguito dell’estensione della platea dei beneficiari operata dalla ricordata sentenza della Corte Costituzionale in favore dei dipendenti delle Ferrovie dello Stato e della legge 31 luglio 2002, n. 179.
Infatti, l’articolo 18, comma 8, della legge 31 luglio 2002, n. 179 nel prevedere che “le certificazioni rilasciate o che saranno rilasciate dall'INAIL sulla base degli atti d'indirizzo emanati sulla materia dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali antecedentemente alla data di entrata in vigore della presente legge sono da considerarsi valide ai fini del conseguimento dei benefìci previdenziali previsti dall'articolo 13, comma 8, della legge 257/92 e successive modificazioni”, aveva prodotto l’effetto di estendere sensibilmente il numero dei beneficiari, con ulteriore crescita degli oneri della finanza pubblica, senza che a tale estensione si accompagnasse adeguata copertura finanziaria54.
Si poneva, tuttavia, una problematica di difficile compatibilità delle norme introdotte al fine di conseguire i risparmi di spesa e di correggere lo scostamento delle previsioni finanziarie con gli effetti degli atti di indirizzo ministeriali suddetti, con il tema dei diritti quesiti e con la ragionevolezza della tecnica legislativa utilizzata.
L’applicazione della norma con decorrenza 1° ottobre avrebbe, infatti, determinato la negazione del diritto alla pensione per quei lavoratori che, avendo già ottenuto dall’I.N.A.I.L. il riconoscimento per esposizioni superiori a dieci anni, avevano ritenuto, legittimamente, valido il coefficiente 1,50 per il perfezionamento del diritto a pensione.

 

 


La disciplina vigente dal 2 ottobre 2003


A seguito della conversione del decreto n. 269 in legge 24 novembre 2003, n.32655, l’art. 47 viene modificato attraverso l’aggiunta di ulteriori commi (da 6-bis a 6-quinquies).
Il beneficio previdenziale di cui all’art. 13 comma 8 della legge 27 marzo 1992, n. 257 subisce le seguenti modifiche:
vengono fatti salvi i diritti acquisiti per i lavoratori che abbiano già maturato, alla data di entrata in vigore del presente decreto, il diritto al trattamento pensionistico anche in base ai benefici previdenziali di cui all’articolo 13 comma 8 della legge 27 marzo 1992, n. 257, nonché per coloro che alla data di entrata in vigore del decreto legge, fruiscano dei trattamenti di mobilità, ovvero che abbiano definito la risoluzione del rapporto di lavoro in relazione alla domanda di pensionamento.
Pertanto, l’esposizione ultradecennale all’amianto continua a dar luogo al riconoscimento del beneficio pensionistico consistente nella moltiplicazione del periodo di esposizione per il coefficiente 1,5, sia ai fini del conseguimento del diritto a pensione sia ai fini della determinazione del relativo importo nei confronti dei seguenti soggetti:
a) lavoratori che alla data del 2 ottobre 2003 avevano perfezionato i requisiti contributivi ed anagrafici previsti per il diritto al trattamento pensionistico anche in base al beneficio di cui al comma 8 dell’articolo 13 della citata legge n. 27 marzo 1992, n. 257. Ai fini del perfezionamento di tali requisiti non rileva né la data di presentazione della domanda di pensione né la decorrenza da attribuire al trattamento pensionistico56.
b) lavoratori che alla data del 2 ottobre 2003 fruivano dei trattamenti di mobilità57;
c) lavoratori che alla data del 2 ottobre 2003 avevano definito la risoluzione del rapporto di lavoro in relazione alla domanda di pensionamento.
Ai fini della liquidazione delle predette pensioni le certificazioni rilasciate dall’INAIL sono da considerarsi utili a prescindere dalla data di rilascio delle stesse.
I soggetti cui sono stati estesi, sulla base del presente articolo, i benefici previdenziali di cui alla legge 27 marzo 1992, n. 257, come rideterminati sulla base del presente articolo, qualora siano destinatari di benefici previdenziali che comportino, rispetto ai regimi pensionistici di appartenenza, l’anticipazione dell’accesso al pensionamento, ovvero l’aumento dell’anzianità contributiva, hanno facoltà di optare tra i predetti benefici e quelli previsti dal presente articolo58 (art. 57 comma 6-ter).
Si tratta di una disposizione con cui viene, espressamente, sancito il divieto di cumulo con altri, eventuali trattamenti previdenziali derogatori alla disciplina generale59.
Agli stessi non si applicano i benefici di cui al presente articolo, qualora abbiano già usufruito dei predetti aumenti o anticipazioni alla data di entrata in vigore del presente decreto.
Il Ministero del lavoro, chiamato a fugare dubbi interpretativi sopravvissuti anche dopo l’intervenuta emanazione del decreto attuativo del 27.10.2004, con nota del 31 marzo 2005, ha precisato che “si ritengono cumulabili i benefici previdenziali connessi all’esposizione all’amianto con quelli conseguenti ad un particolare status del lavoratore (invalidi, non vedenti, sordomuti)”.
Il comma 6 – quinquies prevede che, in caso di indebito pensionistico derivante da sentenze con le quali sia stato riconosciuto agli interessati il beneficio pensionistico previsto dalla legge 27 marzo 1992, n. 257, riformate nei successivi gradi di giudizio in favore dell’ente previdenziale, non si dà luogo al recupero degli importi ancora dovuti alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto60.

L’intervento normativo, a seguito dell’emanazione del decreto del Ministro del Lavoro 27 ottobre 2004 attuativo del D.L. 269/2003, disciplina la fase transitoria con modalità che sono state interpretate dall’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale61 nel senso di attribuire il beneficio previsto dalla disciplina previgente al 2 ottobre 2003 ai lavoratori che si trovino in una delle seguenti situazioni:
- siano in possesso di un certificato rilasciato dall’INAIL attestante lo svolgimento, entro il 2 ottobre 2003, di attività lavorativa con esposizione ultradecennale all’amianto;
- abbiano ottenuto il riconoscimento, in sede giudiziaria o amministrativa, dell’esposizione ultradecennale all’amianto per attività lavorativa svolta entro il 2 ottobre 2003;
- vengano in possesso della certificazione rilasciata dall’INAIL attestante lo svolgimento, entro il 2 ottobre 2003, di attività lavorativa con esposizione ultradecennale all’amianto, a seguito di domande presentate entro il 15 giugno 2005;
- ottengano il riconoscimento del diritto al beneficio previdenziale in questione, per lo svolgimento, entro il 2 ottobre 2003, di attività lavorativa con esposizione ultradecennale all’amianto con sentenze che vengano pronunciate in esito di cause il cui ricorso è stato depositato a seguito di diniego dell’INAIL su domande di certificazione presentate nel tempo dagli interessati a detto Istituto e comunque non oltre il 15 giugno 2005.
Restano inoltre valide le certificazioni già rilasciate dall’I.N.A.I.L.

La tutela dei diritti quesiti
La norma attuale mostra di aver recepito, in corso d’opera, i profili di tutela dei diritti quesiti, attraverso una dettagliata elencazione dei soggetti beneficiari della previgente disciplina.
Seguendo l’insegnamento della Corte Costituzionale, il trattamento pensionistico viene discrezionalmente stabilito dal legislatore62 ma l’esercizio, in concreto, del potere legislativo deve essere conforme a ragionevolezza per non ledere l’affidamento del cittadino nella certezza giuridica a trattamenti previdenziali che non vengano irrazionalmente modificati rispetto alle leggi anteriori.
Sul tema si sono succeduti diversi interventi della Corte63, la quale ha fissato i principi che devono improntare la tecnica legislativa nel perseguimento dei propri obiettivi e finalità, all’insegna del rispetto del canone di ragionevolezza, al fine di non incorrere in censure di illegittimità costituzionale della norma che intenda innovare l’ordinamento previdenziale.
La Corte ha, infatti, affermato64 che “non può dirsi consentita una modificazione legislativa che, intervenendo o in una fase avanzata del rapporto di lavoro oppure quando già sia subentrato lo stato di quiescenza, peggiorasse, senza un’inderogabile esigenza, in misura notevole ed in maniera definitiva, un trattamento pensionistico in precedenza spettante, con la conseguente irrimediabile vanificazione delle aspettative legittimamente nutrite dal lavoratore per il tempo successivo alla propria attività lavorativa”.
La stessa Corte afferma che la riduzione del trattamento pensionistico ormai prossimo a maturazione secondo la legge previgente non può essere giustificata da una “necessità di contenimento della spesa previdenziale” in danno di quei soggetti che abbiano versato contributi a loro carico, per l’intero o in parte, nella legittima aspettativa di conseguire un trattamento pensionistico adeguato, questi ultimi tutelati dalla previsione dell’art. 38 Cost.
Tuttavia, non è agevole individuare con chiarezza il carattere di inderogabilità per una esigenza di chiaro ordine pubblico, quale la finalità di adeguare il sistema della spesa previdenziale alle disponibilità di risorse nel bilancio pubblico e alle mutevoli condizioni dei destinatari delle prestazioni stesse, condizioni determinate da una diversa tipologia di parametri (requisiti assicurativi e contributivi, invecchiamento della popolazione, indici di mortalità e natalità, condizioni del mercato del lavoro).
Con successiva pronuncia65 la Corte Costituzionale ha modificato il precedente orientamento chiarendo che non sussistono limiti costituzionali nelle modalità di intervento del legislatore dettato da inderogabile esigenza di contenimento della spesa pubblica, considerato che esiste il “limite delle risorse disponibili e che, in sede di manovra finanziaria di fine anno, introdurre modifiche alla legislazione di spesa, ove ciò sia necessario per salvaguardare l’equilibrio di bilancio dello Stato e per perseguire gli obiettivi della programmazione finanziaria”.
Potrebbe desumersi dalla pronuncia il principio secondo cui il legislatore, allorché si trovi di fronte ad un’inderogabile esigenza di contenimento della spesa previdenziale, può anche incidere sui trattamenti già erogati, diminuendone l’importo, nell’esercizio di un potere necessitato dall’esigenza di salvaguardia dell’equilibrio di bilancio66.
E’ stato, infatti, affermato in dottrina67 che l’eventuale compressione delle aspettative di quanti avrebbero interesse a mantenere il regime previdenziale preesistente trova giustificazione o in valutazioni di carattere generale o nella necessaria prevalenza dell’interesse pubblico o dell’interesse collettivo, in particolare modo nel caso in cui tale compressione è necessaria per garantire il mantenimento della tutela previdenziale in relazione alla ridotta disponibilità di risorse e, quindi, è funzionalizzata alla soddisfazione degli interessi di tutti i soggetti che di quella tutela fruiscono e fruiranno.
Il legislatore mostra di avere adottato una tecnica legislativa compromissoria tra restrizione dei contenuti del beneficio e allargamento dell’ambito dei destinatari del beneficio medesimo poiché, ribaltando il precedente orientamento restrittivo, confortato da una copertura finanziaria esposta in dettaglio68, estende il beneficio previgente, anche ai soggetti che “abbiano avanzato domanda di riconoscimento all’INAIL o che abbiano ottenuto sentenze favorevoli per cause avviate entro la stessa data”, secondo quanto dispone l’art. 3 comma 132 della legge 24 dicembre 2003, n. 350.
Il riferimento alle domande all’I.N.A.I.L. appare coerente con il quadro di disciplina dei diritti quesiti, posto che la certificazione dell’esposizione all’amianto è da considerarsi quale mero presupposto procedimentale per il riconoscimento del diritto (già maturato per via dell’esposizione ultradecennale) al trattamento medesimo.
A diverse conclusioni deve giungersi con riferimento alle sentenze pronunciate con esito favorevole in seguito a cause avviate (correttamente, secondo l’I.N.P.S. attraverso il deposito del ricorso, ex art. 409 c.p.c.) entro il 2 ottobre 2003, non potendosi, in questo caso, parlare, ovviamente, di maturazione del diritto al momento del deposito della domanda.
Deve, comunque, evidenziarsi che il contenuto letterale della disposizione tende a distinguere le due fattispecie.
Infatti, solo nel primo periodo del comma 132 dell’art. 3 della legge 24 dicembre 2003, n. 350 si fa riferimento al “diritto al conseguimento del beneficio”, mentre nel secondo periodo si dice espressamente che “la disposizione di cui al primo periodo si applica anche…” con ciò evidenziandosi l’estensione della fattispecie al caso, diverso, in cui il diritto non sia stato maturato.
Resta, comunque, l’impressione di trovarsi di fronte ad una declinazione del beneficio pensionistico, con una peculiare assimilazione di tre diverse fattispecie in cui si è in presenza:
1. di un accertamento definito (attraverso il possesso della documentazione I.N.A.I.L., quest’ultimo, come già detto, estraneo ad ogni legittimazione passiva rispetto alle domande giudiziali);
2. di una domanda di certificazione (ma in cui il richiedente vanti, comunque, il possesso dei requisiti legittimanti la prestazione);
3. di nulla più che una pretesa all’accertamento giudiziale di una posizione giuridica, la cui esistenza risulta controversa e a cui non possa attribuirsi né un diritto, né una legittima aspettativa.
Le criticità e l’ambiguità dell’intervento normativo suesposta emerge, segnatamente, in conseguenza della manchevolezza di una linea certa di interventi finanziari e di corretti stanziamenti previsionali di bilancio che, pur nella considerazione generale che l’applicazione di norme che comportano il riconoscimento di diritti sociali (quali quelli di carattere previdenziale ed assistenziale) debba trovare una limitazione nelle previsioni di spesa nel bilancio dello Stato, determina una netta linea di demarcazione tra normative, attuale e precedente, sullo sfondo dell’assenza di un mutamento dei presupposti per la tutela.
Tali considerazioni pongono in luce l’aspetto (finanziario) che, probabilmente, ha maggiormente orientato il legislatore nella ri-definizione tecnica del beneficio concesso tralasciando, tuttavia, lo sfondo peculiare dei danni derivanti dall’impiego di sostanze nocive come l’amianto, per le quali solo con ritardo è stato approntato un efficace piano di prevenzione e smaltimento, con evidente impatto sulle situazioni dei lavoratori, cui certo non può chiedersi un’immediata riqualificazione professionale, anche per la compromissione del proprio stato di salute.
La criticità più evidente dell’intervento normativo va, allora, individuata nella adozione di una linea di tutela che, lungi dal caratterizzarsi per esaustività e definitività degli interventi, trova il proprio fondamento più nella copertura finanziaria della spesa (individuata in maniera contingente e suscettibile di modificazioni, tra entità prevista ed effettiva realizzazione) che nella razionalizzazione del campo su cui va ad operare e ciò, con l’illogica ed incoerente conseguenza di non orientare il piano dei benefici in relazione alle situazioni giuridiche maturate diversamente da quelle ancora in fieri, quanto piuttosto in una logica indennitaria sfornita di solidità e continuità nel tempo.
A dimostrazione del non sopito dibattito sul tema le iniziative normative69 ai fini di una riforma definitiva della materia dei benefici previdenziali da esposizione all’amianto, tendono ad orientare diversamente la portata del beneficio nel senso di una razionalizzazione della normativa, nella direzione dell’ampliamento della sfera dei beneficiari70, nel senso della eliminazione esplicita del requisito di iscrizione all’I.N.A.I.L. e all’I.N.P.S. per i lavoratori tutelati71 e di una specificazione, anche se non tassativa, delle attività lavorative morbigene72.
Le proposte normative tendono anche ad affermare una maggiore tutela in termini di un rafforzamento dell’attuale copertura assicurativa di legge contro le malattie asbesto correlate, accollandone le spese ad un apposito Fondo di garanzia73, spostando il momento di tutela dell’evento dannoso in termini di risarcimento dello stesso, una volta che si sia manifestato, piuttosto che continuare in una logica di monetizzazione previdenziale addossata alla finanza pubblica, solo apparentemente compensativa del rischio per la salute dei soggetti esposti e carente di prospettive di coerenza e solidità nel tempo.
È di tutta evidenza, infatti, che su tale tipologia di interventi non si può continuare ad invocare il finanziamento dello Stato, pur se non si può, all’opposto, attuare una soluzione che aggravi, senza ulteriori compensazioni, il costo del lavoro.
Va aggiunto che, per quanto attiene le valutazioni di impatto finanziario sulla materia, occorre tenere conto del quadro generale della progressiva dismissione dell’amianto74 e, dunque, della prevedibile inutilizzazione del beneficio previdenziale di cui all’art. 13 comma 8 della legge 27 marzo 1992, n. 257, per i soggetti entrati recentemente nel mondo del lavoro, condizione che sarà resa possibile solo attraverso un costante monitoraggio dell’attività di riconversione produttiva delle aziende.
Nell’esame delle proposte già avviate ed orientate in tal senso, si valuta, infatti, con attenzione l’aspetto preventivo ed il monitoraggio delle attività di effettiva dismissione non disgiunti dalla razionalizzazione del finanziamento degli interventi di sostegno, che dovrà gravare anche sulle imprese e sui lavoratori, e solo in parte in una percentuale (solidaristica) addossata agli enti previdenziali e allo Stato, nella generale considerazione di un riordinamento delle disposizioni in materia, che tenga conto delle primarie esigenze dei lavoratori senza eccedere nelle logiche di un intervento pubblico generalizzato ed incapace di sostenere gli oneri, in una prospettiva, di medio e lungo periodo.


__________________________
1 Sui principi generali in materia di esposizione ai fattori di rischio professionale, cfr. tra gli altri: AA.VV. Esperienze, evoluzione e prospettive dell’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, in Digesto, sez. comm, Torino, 1999, M. PERSIANI, La tutela del rischio professionale nel quadro della previdenza sociale, 1986, I, 311, P. SANDULLI, La prevenzione nello schema giuridico dell’assicurazione infortuni in Quaderni Riv. Inf. Mal . prof., 1989, 47, G. DE SIMONE, Malattia professionale e infortuni sul lavoro, in Digesto, sez. comm., IX, Torino, 1993, F. DI CERBO, L’assicurazione contro gli infortuni nel lavoro e le malattie professionali nella giurisprudenza, Milano, 1998.
2 Tale lettura della norma è presente in dottrina, N. CASUCCIO “In tema di benefici previdenziali connessi alla dismissione dell’amianto” in Dir. Lav., 1997, II, 493 ed in giurisprudenza, cfr. Cass. Sent. n. 6605 del 7 luglio 1998, n. 6620 del 7 luglio 1998, n. 7407 del 28 luglio 1998 in Dir. Lav. 1998, 896, Cass. SS.UU. 1° aprile 1999, n. 207.
3 In tal senso, v. Corte Cost., sent. n. 5 del 12 gennaio 2000.
4 Il relativo finanziamento è addossato, infatti, alla Gestione degli interventi assistenziali e di sostegno delle gestioni previdenziali, o G.I.A.S., istituita presso l’I.N.P.S. dall’art. 37, legge 9 marzo 1989, n.88 recante norme in materia di “Ristrutturazione dell’Istituto nazionale della previdenza sociale e dell’Istituto nazionale per l’Assicurazione contro gli infortuni sul lavoro”.
5 Il mesotelioma e` un segnalatore tipico di presenza di amianto, in quanto la quasi totalità dei casi è riconducibile ad un’esposizione ad asbesto.
6 Circ. INPS n. 115 del 25 maggio 2001.
7 Pubblicato in G.U. 23.9.1993, n. 224. Art. 1, co. I, d. lgs. 11 agosto 1993, n. 374: “Sono considerati lavori particolarmente usuranti quelli per il cui svolgimento è richiesto un impegno psicofisico particolarmente intenso e continuativo, condizionato da fattori che non possono essere prevenuti con misure idonee”.
8 Per quel che concerne la prima “condizione” va detto che l’art. 78 della succitata L. 388/2000 all’8° co. (lett. b) prevede che siano ammessi al beneficio di cui trattasi gli “assicurati” che, entro il 31.12.2001, potrebbero far valere:
— i requisiti per il pensionamento di anzianità, tenendo conto della riduzione di età anagrafica e di anzianità contributiva ai sensi dell’art. 1, co. 36, della L. 8 agosto 1995, n. 335 e del secondo periodo del co. I dell’art. 2 del d. lgs. 11 agosto 1993, n. 374 (come introdotto dall’art. 1, co. 35, della L. 8 agosto 1995, n. 335);
— i requisiti per il pensionamento di vecchiaia nel regime retributivo (o misto) tenendo conto della riduzione dei limiti di età pensionabile e di anzianità contributiva, previsti dall’art. 2, co. I, del d. lgs. 11 agosto 1993, n. 374;
— i requisiti per il pensionamento di vecchiaia nel regime contributivo con la riduzione del limite di età pensionabile prevista dall’art. 1, co. 37, della L. 8 agosto 1995, n. 335.
9 Gli indicatori di usura individuati dal decreto 19 maggio 1999, art.1 sono utilizzati ai fini della determinazione delle aliquote contributive da definire secondo criteri attuariali riferiti all’anticipo dell’età pensionabile, finalizzate alla copertura dei conseguenti oneri da porre a carico delle categorie interessate. Si tratta :
- dell’attesa di vita al compimento dell’età pensionabile;
- della prevalenza della mansione usurante;
- della mancanza della possibilità di prevenzione;
- della compatibilità fisico psichica in funzione dell’età;
- della frequenza degli infortuni;
- dell’età media della pensione di invalidità;
- del profilo ergonomico;
- dell’esposizione agli agenti chimici, fisici e biologici individuati dalla normativa vigente.
10 D..P.R. 30 – 6 – 1965, n. 1124, Decreto Legislativo 15 agosto 1991, n. 227, Decreto Legislativo 23 febbraio 2000, n. 38.
11 Sentenza 18 febbraio 1988, n. 179.
12 M. CINELLI, “Diritto della Previdenza Sociale”, ed. Giappichelli, 2003, pp. 426 e ss.
13 Recante “Disposizioni in materia di assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, a norma dell’articolo 55, comma 1, della legge 17 maggio 1999, n. 144”.
14 L’art. 10 stabilisce, infatti “fermo restando che sono considerate malattie professionali anche quelle non comprese nelle tabelle di cui al comma 3 delle quali il lavoratore dimostri l’origine professionale…”
15 Emanato in attuazione delle direttive n. 80/1107/CEE, n. 83/477/CEE, n. 86/188/CEE e n. 88/642/CEE, in materia di protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da esposizione ad agenti chimici, fisici e biologici durante il lavoro, a norma dell’art. 7 della legge 30 luglio 1990, n. 212.
16 Il comma 3 stabilisce che, se l’esposizione dei lavoratori alla polvere di amianto, espressa come numero di fibre per centimetro cubo in rapporto ad un periodo di riferimento di otto ore supera 0,1 fibre per centimetro cubo, il datore di lavoro ha l’obbligo di informare i lavoratori circa i rischi per la salute dovuti all’esposizione alla polvere proveniente dall’amianto o dai materiali contenenti amianto.
17 I valori limite di esposizione alla polvere di amianto nell’aria, espressi come media ponderata in funzione del tempo su un periodo di riferimento di otto ore, sono:
0,6 fibre per centimetro cubo per il crisotilo;
0,2 fibre per centimetro cubo per tutte le altre varietà di amianto, sia isolate sia in miscela, ivi comprese le miscele contenenti crisotilo.
18 Pubblicata nella G.U. 13 aprile 1992, n. 87.
19 L’art. 14, comma 3, della legge 27 marzo 1992, n. 257, nell’ambito delle agevolazioni per l’innovazione e la riconversione produttiva delle imprese che producono materiali sostituivi dell’amianto o che utilizzano amianto, prevede l’istituzione di un “Fondo speciale per la riconversione delle produzioni di amianto” per la concessione di contributi finalizzati ai programmi di dismissione dell’amianto, sulla base di programmi concordati con le organizzazioni sindacali dei lavoratori maggiormente rappresentative.
20 L’ufficio tecnico preposto all’accertamento e al rilascio della documentazione si chiama CON.T.A.R.P.
21 La disciplina generale vigente sino al 2 ottobre 2003 era data dalla legge 27 marzo 1992, n. 257 – art. 13 comma 8, modificata dalla legge 4 agosto 1993, n. 271 di conversione del decreto legge 5 giugno 1993, n. 16 artt. 1 commi 1 e 1 – bis.
22 Tale modifica normativa ha, evidentemente, generato una diffusa aspettativa di accesso ai benefici contributivi, con un incremento notevole delle domande rivolte all’I.N.P.S. (v. i dati riportati nella tabella aggiornata al 31 gennaio 1998 inviata alle Autorità competenti tra cui il Ministero del Lavoro e della Funzione Pubblica, in F. TOFACCHI “Benefici contributivi per amianto. I presupposti fissati dalla Corte Costituzionale e le questioni irrisolte” in Mass. Giur. Lav. 2000, 552).
23 La questione era stata sollevata per un presunto contrasto con gli art. 3 e 81 Cost.
24 La norma di cui all’art. 81 Cost. era stata invocata dai giudici remittenti in quanto la legge, a causa della sua portata indeterminata, risulterebbe priva di copertura finanziaria, nonostante la previsione di specifici stanziamenti previsti per ciascuno degli anni 1994 e 1995.
25 Può essere utile, a tal proposito, ricordare, in materia di invalidità pensionabile, la nozione di c.d. “danno da previsione” connesso al perdurante svolgimento di attività lavorative usuranti, che, pur non producendo immediate patologie, affrettano ed accentuano il logoramento dell’organismo, con prevedibili effetti biologici ed immediati danni da riduzione della capacità di guadagno (Cass. sent. n. 3591 del 24-5-1988, Cass. n. 10352 del 4-10-1991).
26 In senso critico a tale lettura, cfr. F. TOFACCHI, cit., il quale ritiene di dover evidenziare l’omessa indicazione, da parte della Corte, delle finalità occupazionali e di sostegno al lavoro sottese dalla norma, in quanto l’individuazione del bene salute come bene tutelato in via principale non consente di comprendere la correlazione tra un beneficio di rivalutazione contributiva e il rischio di eventi morbosi (asbestosi, mesotelioma,) che, nel comune avviso della scienza medica, hanno un tasso di verificazione, in presenza del tasso soglia indicato dall’art. 24 del d.l. 15 agosto 1991, n. 277, non compatibile con l’arco temporale del decennio considerato.
27 La costante giurisprudenza della Suprema Corte è nel senso di applicare il beneficio di cui all’art. 13 comma 8 della legge 27 marzo 1992 n. 257 solo in presenza di una concentrazione delle polveri di amianto nell’ambiente di lavoro in misura superiore ai valori stabiliti dall’art. 24 del d. lgs. 277/91 (Cass. 2926/02, 15 maggio 2002, n. 7084 in Foro It. Rep. 2002, I, 1970, 11 luglio 2002, n. 10114, id. 2003, I, 1358, 12 luglio 2002, n. 10185, id. Rep. 2002, n. 493, 23 gennaio 2003, id. I, 1357).
Tale valore, come si vedrà (v. cap. IV) è stato modificato, a decorrere dal 1° ottobre 2003, dalla legge 24 novembre 2003, n. 326 di conversione del decreto legge 30 settembre 2003, n. 269, nel nuovo limite, non inferiore a 100 fibre/litro come valore medio su otto ore al giorno.
28 Cass. 4913/01 e 8859/01.
29 Tale interpretazione aveva ricevuto l’avallo del Consiglio di Stato (C. di Stato, Sez. I, 24 marzo 1993, in “Cons. di Stato”, 1994, I, 507).
30 Circ. INPS 23 giugno 1993, n. 143 – Circ. INPS 1 ottobre 1993, n. 219 – Circ. INPS 1 marzo 1994 n. 70- Circ. INPS 27 aprile 1994 n. 129 – Circ. INPS 15 dicembre 1995 n. 304.
31 Sent. n. 127/2002.
32 La disposizione precisa che i destinatari sono “i lavoratori”.
33 Circ. n. 219 del 1 ottobre 1993 punto 1.3.
34 Tra le altre, Cass. 6605/98 e 6620/98, per quanto riguarda le pensioni di inabilità, Cass. 6163/03, 13270/02 9529/02, 14955/01, 13786/01.
35 Ciò, nel presupposto che la legge abbia voluto concedere il beneficio stesso a tutti i lavoratori del settore considerato, compresi quindi i lavoratori titolari di pensione o titolari di assegno di invalidità.
36 Sent. n. 434 del 2002.
37 Cfr. G. COCUZZA, “I benefici previdenziali per esposizione all’amianto negati ai lavoratori già in quiescenza all’antrata in vigore della legge: ovvero: quando l’amianto non è dannoso” in Riv. Giur. Lav. 1999, II, 171.
38 Cass. 11110/02, 13882/2000, 5082/02.
39 V. supra, cap. II.
40 V. anche la legge 31 – 7 – 2002, n. 179, art. 18 comma 8.
41 Circ. 15 dicembre 1995, n. 304.
42 Pubblicato nel supplemento ordinario n. 157/L alla Gazzetta Ufficiale n. 229 del 2 ottobre 2003.
43 La fissazione del nuovo valore limite di esposizione innova la precedente formula di calcolo che distingueva tra tipi di fibre e abbassa la soglia per conseguire il beneficio, con una portata espansiva della platea dei beneficiari, pur nella considerazione della differenziazione qualitativa del beneficio, che vale solo ai fini del calcolo e non dell’anticipazione del trattamento pensionistico.
44 G. DE MARZO, “Esposizione all’amianto tra acquisizioni giurisprudenziali e novità normative” in Il Foro Italiano, 2004, I, 79.
45 Si tratta degli Atti di Indirizzo emanati negli anni 2000 e 2001 e successivamente confermati dalla legge 31 luglio 2002, n.179, sugli interventi di bonifica ambientale dei siti inquinati, art. 18 comma 8.
46 La legge 31 luglio 2002, n. 179 (“Disposizioni in materia ambientale”) è pubbl. in G.U. n. 189 del 2002.
47 G. DE MARZO, cit.
48 Cfr. DE MARZO, idem.
49 Cfr. N. CASUCCIO, “In tema di benefici previdenziali connessi alla dismissione dell’amianto”, in Dir. Del Lav., 1997, II, 493.
50 Cfr. Cass. 28 giugno 2001, n. 8859, 25 febbraio 2002, n. 2677, 19 giugno 2002, n. 8937, 29 novembre 2002, n. 17000 e, da ultimo, Cass. Sez. Lav. 29 ottobre 2003, n. 16256 in Il Foro It., 2004, I, 79.
51 Il comma 2, originaria formulazione, prevedeva che “Le disposizioni di cui al comma 1 si applicano anche ai lavoratori a cui sono state rilasciate dall’INAIL le certificazioni relative all’esposizione all’amianto sulla base degli atti di indirizzo emanati sulla materia dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali antecedentemente alla data di entrata in vigore del presente decreto”.
52 V. Messaggio n. 363 del 22 ottobre 2003.
53 Il beneficio, a regime, viene concesso, infatti, solo ai fini della misura del trattamento e non ai fini dell’accesso allo stesso.
54 Si può ricordare, a testimonianza della difficoltà di copertura della spesa, che l’art. 39, comma 3, della legge 27 dicembre 2002, n. n. 289 (finanziaria 2003) aveva previsto un trasferimento all’I.N.P.S. (Gestione Interventi Assistenziali) di una quota dei fondi non utilizzati per l’elevamento a 516, 46 euro mensili delle pensioni dei soggetti disagiati (legge 28/12/2001 n. 448 art. 38) per le prestazioni in materia di amianto previste in conseguenza degli Atti di Indirizzo del Ministero del lavoro di cui alla legge 31 luglio 2002, n. 179.
55 Pubbl. in G.U. n. 274 del 25 novembre 2003.
56 Pertanto, per quanto riguarda le pensioni di anzianità, la data corrispondente alla c.d. “finestra di accesso” non rileva e può risultare anche successiva al 2 ottobre 2003 cfr. circolare INPS n. 195 del 18 dicembre 2003.
57 La previsione della norma va ad incidere sulla maggiorazione contributiva prevista ai fini dell’accesso alla mobilità lunga ex art. 7 comma 7 della legge 23 luglio 1991, n. 223. Se, infatti, la maggiorazione di cui al comma 8, articolo 13, della legge 27/3/92, n. 257 non fosse più utile ai fini della maturazione del diritto alla pensione, ma solo ai fini del calcolo, la mobilità dei lavoratori che hanno già beneficiato della maggiorazione contributiva avrebbe dovuto essere prolungata per un periodo corrispondente al beneficio previdenziale goduto, con conseguente perdita del diritto all’indennità di mobilità per sforamento del limite massimo previsto dall’art. 7 comma 7 della legge 23 luglio 1991, n. 223.
58 Si tratta dell’applicazione del principio del trattamento più favorevole per il lavoratore che, in ipotesi, si trovi a beneficiare di più di un trattamento anticipato di pensione, il quale viene preferito in quanto diritto acquisito (ossia, conseguito in data antecedente all’entrata in vigore della nuova legge) con effetti migliorativi della condizione pensionistica dell’interessato.
59 Così, G. DE MARZO, “Esposizione all’amianto tra acquisizioni giurisprudenziali e novità normative” in Il Foro Italiano, 2004, I, 79.
60 Si tratta di una norma che orienta l’ente previdenziale nella gestione dei contenziosi in atto per il riconoscimento dei benefici pensionistici derivanti dall’esposizione all’amianto.
La norma va a modificare l’art. 80 comma 25 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, estendendo la sanatoria derivante dall’abbandono dell’azione, da parte dell’Istituto, a tutte le controversie per recupero di indebiti pensionistici, in materia di amianto, in atto tra lavoratori e I.N.P.S., per le quali sia stato ottenuto giudicato favorevole all’Istituto, successivamente a un giudizio di primo grado favorevole agli interessati.
61 Circ. I.N.P.S.15 aprile 2005, n. 58.
62 Tra le altre, Corte Cost. 9 dicembre 1968, n. 124, 7 luglio 1986, n. 173, 23 luglio 1974, n. 231.
63 Tra le altre, Corte Cost. sent. n. 210 del 1971 in Foro It. 1972, I, 285, sent. n. 36 del 1985 in Giur. Cost. 1985, I, 137, sent. n. 349 del 1985 in Giur. It. 1986, I, 1, 1585, sent. 14 luglio 1988, n. 822 e, da ultimo, sent. n. 390 del 1995, e sent. n. 446 del 24 ottobre – 12 novembre 2002.
64 Sent. 14 luglio 1988, n. 822.
65 Corte Cost. sent. n. 417/1996 in Consiglio di Stato 1996, II, 210.
66 Così S. PICCININNO, in nota a sentenza della Corte Cost. 2 luglio 1997, n. 211 in Massimario di Giurisprudenza del Lavoro, 1997, p. 531. V. anche Corte Cost. sent. n. 361 del 1996, 240 del 1994, 822 del 1988 e n. 446 del 24 ottobre – 12 novembre 2002.
67 M. PERSIANI “Aspettative e diritti nella previdenza pubblica e privata” in Argomenti di diritto del Lavoro, 1998, p. 316.
68 Si tratta di 25 milioni di Euro per l’anno 2004, 97 milioni di Euro per l’anno 2005 e 182 milioni di Euro a decorrere dall’anno 2006, mediante corrispondente riduzione del Fondo per l’Occupazione di cui al d.l. n. 148/93, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 236.
69 Al riguardo, si segnala l’Ordine del Giorno 9/4489/85, presentato dall’On. Innocenti ed altri, approvato nella seduta del 17 dicembre 2003, che impegna il Governo, preso atto delle modifiche sostanziali alla normativa della legge 27 marzo 1992, n. 257, di “adottare iniziative normative volte a rivedere e rimodulare i criteri per l’accesso al beneficio previdenziale per i lavoratori esposti all’amianto”.
70 Disegni di legge n. 230/S della XIV Legislatura, d’iniziativa del Sen. Muzio ed altri, n. 590/S d’iniziativa del Sen. Bettoni ed altri, n. 760/S d’iniziativa del Sen. Forcieri ed altri, n. 1882/C del Dep. Costa, disegno di legge n. 3696/C del Dep. Cordoni ed altri, tendenti ad eliminare il requisito del limite minimo di esposizione ultradecennale, o a rimodularlo ad un limite soglia inferiore (quattro anni), o accompagnare l’esposizione minore ad un più basso coefficiente (1,2 - 1,3 – 1,5).
71 Con rilevanti effetti economico-finanziari, considerata l’allargamento della platea dei beneficiari (es. vigili del fuoco e militari), cfr. Audizione del Presidente dell’I.N.P.S. alla Commissione Lavoro del Senato ex art. 47 del Regolamento, nella seduta del 3 luglio 2003.
72 D.d.l. n. 1253/S d’iniziativa del Sen. Gaburro ed altri, d.d.l. n. 1240/S d’iniziativa del Sen. Ripamonti, disegno di legge n. 3696/C del Dep. Cordoni ed altri.
73 In questo senso, v. d.d.l. n. 1240/S del Sen. Ripamonti, che prevede l’istituzione di un Fondo di Solidarietà alimentato in parte dallo Stato, in parte da una quota dei contributi I.N.A.I.L. versati dalle imprese, in parte dalle sanzioni previste per il mancato assolvimento della copertura assicurativa suddetta , in parte da una quota dei proventi percepiti dagli enti previdenziali derivanti dalla locazione o vendita dei propri immobili.
74 L’art. 10 della legge 27 marzo 1992, n. 257 prevede la predisposizione, ad opera delle Regioni e delle Province autonome o, in caso di loro inerzia, del Ministro della Sanità, di concerto con il Ministro dell’Industria e dell’Ambiente, di programmi per dismettere l’attività estrattiva dell’amianto e per la realizzazione della relativa bonifica dei siti, nonché l’individuazione dei siti che devono essere utilizzati per l’attività di smaltimento dei rifiuti di amianto.


 

Pubblicato su www.ambientediritto.it il 10/12/2006