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La direttiva VAS (2001/42/ce) e la direttiva habitat (92/43/ce) alla luce della pronuncia della Corte dì giustizia delle comunità europee nella causa C-177/11.

TINA ORTOLEVA
 

Con la sentenza 21 giugno 2012 (1), la Corte di Giustizia, chiamata a pronunciarsi su una domanda pregiudiziale proposta dal Consiglio di Stato greco, ha chiarito i rapporti tra la direttiva VAS e la direttiva habitat, con specifico riferimento al tema della direttiva VAS.
La vicenda ha permesso, infatti, di definire l’ambito di applicazione di quest’ultima normativa, precisando i casi in cui è obbligatoria la valutazione ambientale strategica e, di conseguenza, il margine di discrezionalità che gli Stati membri dispongono qualora si tratti di determinare se un piano o un programma possa avere effetti significativi sull’ambiente.
Analizziamo i fatti.
In data 5 novembre 2010, l’associazione degli urbanisti e pianificatori territoriali greci, avente sede ad Atene, ricorre al Consiglio di Stato per ottenere l’annullamento del decreto ministeriale 28 agosto 2006, n. 107017, di trasposizione nell’ordinamento giuridico greco della direttiva VAS (2001/42/Ce). (2)
Nel caso di specie, la ricorrente sostiene che il decreto ministeriale non abbia dato corretta attuazione alla direttiva VAS, subordinando l’opportunità o meno di procedere alla valutazione ambientale strategica – per i piani e i programmi che influiscono significativamente sulle zone speciali di conservazione appartenenti alla Rete ecologica europea Natura 2000, soggetti ad una valutazione d’incidenza ai sensi della direttiva habitat – ad una procedura preliminare interna di valutazione che può quindi sfociare in un assenso ovvero in un diniego rispetto all’attuazione della valutazione ambientale strategica, prevista dalla direttiva VAS.
In altri termini, secondo la ricorrente, la previsione di una specifica normativa di diritto interno volta ad istituire una fase preliminare di valutazione degli effetti dei piani o dei programmi sull’ambiente, per quei piani o programmi che richiedono una valutazione d’incidenza ai sensi della direttiva habitat e per i quali è già prevista l’obbligatorietà, dalla direttiva VAS, di sottoporli ad una valutazione ambientale strategica, non è conforme al diritto dell’Unione Europea – e nel caso di specie proprio alla direttiva VAS. 
Il Consiglio di Stato greco, investito della questione di fronte a sé pendente, decide di sospendere il giudizio domandando – tramite rinvio pregiudiziale – alla Corte di Giustizia, come deve essere interpretato l’obbligo previsto dall’art. 3, paragrafo 2, lettera b), della direttiva VAS, di sottoporre i piani e i programmi ‘per i quali, in considerazione dei possibili effetti sui siti, si ritiene necessaria una valutazione d’incidenza ai sensi della direttiva habitat’  – alla conseguente valutazione ambientale strategica.
Nello specifico, si tratta di comprendere, secondo il giudice del rinvio, se l’obbligo di sottoporre un determinato piano e programma alla valutazione ambientale strategica, nel caso de quo, dipenda dal fatto che ricorrano – per tale piano- i presupposti per procedere alla valutazione di incidenza ai sensi della direttiva habitat, dai quali si evince che il piano può avere un’incidenza significativa su una determinata zona di conservazione, lasciando – di conseguenza – la corrispondente valutazione ambientale strategica agli Stati membri.
Invero, se ai sensi dell’art. 3, paragrafo 2, lettera b) – della direttiva VAS – l’obbligo di sottoporre il piano o il programma alla valutazione ambientale strategica – ai sensi della direttiva VAS – non dipenda dalla sussistenza dei presupposti per l’effettuazione di una valutazione d’incidenza – ai sensi della direttiva habitat – bastando, per la sua attivazione, constatare che un determinato piano sia collegato ad uno dei siti di cui alla direttiva habitat. (3)
Ciò premesso, la prima questione che si pongono i Giudici di Lussemburgo consiste nello stabilire quali piani e programmi necessitino di una valutazione ambientale strategica, ai sensi della direttiva VAS.
Orbene, secondo la direttiva 2001/42/Ce sono sottoposti a valutazione ambientale strategica i piani ed i programmi che possono avere effetti significativi sull’ambiente. (4)
La valutazione ambientale strategica rappresenta un procedimento amministrativo finalizzato ad integrare considerazioni di natura ambientale – nell’ambito della elaborazione e adozione di strumenti di pianificazione e programmazione – che possono avere effetti significativi sull’ambiente, al fine di assicurare un livello elevato di protezione dell’ambiente e di promuovere lo sviluppo sostenibile. (5)
Il compito delle autorità nazionali competenti in materia ambientale – nell’ambito del processo di elaborazione, valutazione e monitoraggio dei piani e dei programmi – consiste, quindi, nell’analizzare i dati sull’ambiente, individuare gli obiettivi di sviluppo sostenibile dei principali settori, partecipare all’elaborazione di bozze di piani e programmi, esprimere un parere sui piani proposti, collaborare nella fase di attuazione, monitoraggio, valutazione in itinere e ex post.
Ai sensi dell’art. 5 della direttiva VAS, il procedimento termina, poi, con la redazione di un rapporto ambientale in cui sono decritti e valutati gli effetti significativi che l’attuazione del piano o del programma potrebbe avere sull’ambiente nonché le ragionevoli alternative, alla luce degli obiettivi e dell’ambito territoriale del piano o del programma.
Secondo quanto disposto dall’art. 3, comma 4 della stessa (6), spetta agli Stati membri, in virtù di una valutazione sostanzialmente discrezionale, compiere queste operazioni, stabilendo previamente se i piani e i programmi – in esame – possano avere effetti significativi sull’ambiente e quindi necessitino – o meno – di una valutazione ambientale strategica ai sensi degli articoli da 4 a 9 della direttiva VAS.
Tutto ciò con l’eccezione di cui all’art. 3, paragrafo 2, della direttiva VAS, che prevede quali i piani e  programmi richiedono obbligatoriamente la valutazione ambientale strategica.
Più precisamente, l’art. 3, paragrafo 2, lettera b), della direttiva VAS, impone di effettuare una valutazione ambientale strategica per tutti i piani e programmi per i quali, in considerazione dei possibili effetti sui siti, si ritiene necessaria una valutazione d’incidenza ai sensi della direttiva habitat – che costituisce proprio lo specifico oggetto della questione pregiudiziale.
La citata direttiva 92/43/CEE, che ruota intorno al concetto di habitat, ha la finalità di identificare e conservare i luoghi fisici ove si manifesta la biodiversità, ossia gli ‘habitat naturali‘, che l’art. 2 lettera b) della stessa definisce come ‘zone terrestri o acquatiche che si distinguono grazie alle loro caratteristiche geografiche, abiotiche o biotiche, interamente naturali o semi naturali’.
Il concetto di habitat introdotto dalla normativa intende promuovere una salvaguardia ambientale particolarmente pregnante e diffusa sul territorio, riferita sia a zone aventi particolari caratteristiche geografiche sia come luoghi in cui vivono le specie animali e vegetali che rivestano i caratteri di interesse e possibile pregiudizio, cui la direttiva stessa intende salvaguardare. (7)
In particolare, l’art. 4, paragrafo 1, della direttiva habitat, individua i siti da proteggere, corrispondenti a uno o più degli habitat naturali elencati nell’Allegato I alla direttiva, ovvero ospitanti una o più specie animali da proteggere ed elencate nell’Allegato II, introducendo così il concetto di Patrimonio naturale della Comunità.
Gli Stati membri hanno il compito di trasmettere alla Commissione – l’elenco dei siti definiti di importanza comunitaria  – individuando habitat o specie animali destinati a scomparire o vulnerabili o che rivestono una particolare importanza. (8) 
La procedura ordinaria di elaborazione del sito, che avviene ‘d’accordo con ognuno degli Stati membri’, termina, ai sensi dell’art. 21 della direttiva habitat, con la sottoposizione del progetto al parere del Comitato, come previsto al precedente art. 20, formato dai rappresentanti degli Stati.
Tale parere è vincolante per la Commissione, cui spetta il compito finale di fissazione dell’elenco dei siti di importanza comunitaria.
Una volta individuati, la loro conservazione sarà poi a carico dei singoli Stati membri, chiamati a designarli come ‘zone speciali di conservazione‘, e ad assoggettarli alle necessarie misure conservative, ai sensi dell’art. 6 della direttiva habitat.
Il complesso di queste zone speciali di conservazione proposte per la classificazione come siti di importanza comunitaria (SIC) ai sensi dell’articolo 4 della direttiva  habitat e le zone di protezione speciale (ZPS) individuate ai sensi dell’articolo 4 della direttiva ‘uccelli’ (9), forma una ‘rete ecologica europea coerente’ denominata ‘Natura 2000‘, ed inserita all’interno di un apposito elenco comunitario adottato dalla Commissione. (10)
E gli Stati membri hanno il compito di proteggere questi siti, adottando misure, non solo meramente conservative ma anche di miglioramento, per lo stato di conservazione degli habitat, in virtù dell’art. 6, paragrafo 1 della direttiva 92/43/CEE.
In quest’ottica, secondo quanto previsto dal combinato disposto degli articoli 6 e 7 della direttiva habitat, una ‘valutazione opportuna’ è richiesta per qualsiasi piano o progetto (o programma) che non riguardi la gestione del sito stesso, ma sia in grado di avere incidenze significative su di esso.
Si tratta di una procedura amministrativa interna, con la quale le autorità nazionali competenti danno il loro assenso – su tale piano o progetto – soltanto alla acquisita certezza che essi non arrecheranno pregiudizio al sito, previo parere – se del caso- dell’opinione pubblica, tenendo conto degli obiettivi di conservazione degli habitat, finalizzati dalla relativa direttiva.
Più precisamente, l’art. 6, paragrafo 3 della direttiva 92/43/Ce subordina il requisito di un’opportuna valutazione delle incidenze di un piano o di un progetto alla condizione che vi sia una probabilità o un rischio che, sulla  base di elementi oggettivi, quest’ultimo pregiudichi significatamene il sito interessato (sentenza del 7 settembre 2004, Waddenvereniging e Vogelbeschermingsvereniging, C-127/02, Racc. pag. I-7405, punto 43). Condizione che si verificherà qualora non possa escludersi, sulla base di elementi oggettivi, che detto piano o progetto pregiudichi significativamente il sito interessato. (11)
In questa prospettiva, la direttiva habitat non può che essere direttamente connessa alla direttiva VAS, anzi, costituisce il presupposto per quei piani e programmi che necessitano di una valutazione ambientale strategica, in quanto essa contribuisce a raggiungere l’obiettivo perseguito dalla direttiva VAS, di garantire un elevato livello di protezione dell’ambiente e di contribuire all’integrazione di considerazioni ambientali all’atto dell’elaborazione e dell’adozione di piani e programmi al fine di promuovere lo sviluppo sostenibile.(12)
Ecco dunque che la valutazione d’incidenza – ai sensi della direttiva Habitat- è volta a certificare che un piano non si ripercuota negativamente sull’integrità del sito interessato: come già detto, le autorità nazionali competenti non possono adottare un piano che abbia effetti negativi che compromettono il sito, a meno che non vengano rispettati i criteri e le condizioni fissati all’articolo 6, paragrafo 4 della direttiva Habitat.
Per contro, la valutazione ai sensi della direttiva VAS, non si limita ad imporre la verifica dei soli effetti possibili sui siti protetti e sulle specie selezionate, ma il suo campo di applicazione – definito dall’art. 3 – si estende per tutti i piani o i programmi che possono avere effetti significativi sull’ambiente e che riguardano obbligatoriamente anche i seguenti settori: agricolo, forestale, della pesca, energetico, industriale, dei trasporti, della gestione dei rifiuti e delle acque, delle telecomunicazioni, turistico, della pianificazione territoriale o della destinazione dei suoli, i quali definiscono il quadro di riferimento per l’autorizzazione dei progetti elencati negli allegati I e II della direttiva 85/337/Cee. (13), incidendo positivamente sulla biodiversità in generale e su altri aspetti come la qualità dell’aria o dell’acqua o il patrimonio culturale o architettonico.
Viepiù, la valutazione ambientale strategica introdotta dalla direttiva 42/2001/Ce è una procedura finalizzata precipuamente a mettere in rilievo le possibili cause di un degrado ambientale derivanti dall’adozione di piani e programmi interessanti il territorio. (14)
La direttiva VAS e la direttiva Habitat si applicano, dunque, cumulativamente a tutti i piani e programmi che hanno ripercussioni sui siti protetti ai sensi dell’articolo 6 e 7 della direttiva Habitat, ed una procedura combinata può essere effettuata a condizione che siano soddisfatti sia i requisiti della direttiva VAS e della direttiva Habitat.
Alla luce di ciò, ritenere che un piano abbia effetti ambientali significativi su uno o più siti – ai sensi dell’articolo 6, paragrafo 3 della direttiva habitat – è condizione sufficiente e necessaria perché si renda obbligatorio il ricorso alla valutazione ambientale strategica di cui alla direttiva VAS, e nessun’altra procedura di controllo è richiesta in tal senso. (15)
Questo l’orientamento che ha abbracciato la Corte nella sua sentenza. 
I Giudici Europei hanno interpretato l’art. 3, paragrafo 2, lettera (b) della direttiva VAS nel senso che esso subordina l’obbligo di sottoporre un determinato piano o programma a valutazione ambientale strategica al ricorrere, per tale piano, dei presupposti perché lo si debba sottoporre a valutazione d’incidenza – ai sensi della direttiva habitat.
Come già specificato, il requisito di un’opportuna valutazione delle incidenze di un piano o di un progetto è subordinato alla condizione che vi sia una probabilità o un rischio che quest’ultimo pregiudichi significativamente il sito interessato, ovverosia che non possa escludersi – sulla base di elementi oggettivi – che detto piano o programma pregiudichi significativamente il sito interessato.
Di conseguenza, la Corte ritiene che l’esame effettuato dagli Stati membri, volto a verificare se il piano o il programma, in esame, possa avere incidenze significative sul sito interessato – ai sensi della direttiva habitat – è necessariamente limitato alla questione di stabilire se possa essere escluso, sulla base di elementi oggettivi, che detto piano o progetto pregiudichi significativamente il sito interessato.
In altre parole, i Giudici di Lussemburgo attribuiscono agli Stati membri, per i piani e i programmi per i quali si rende necessaria una valutazione d’incidenza – ai sensi della direttiva habitat – il solo compito limitato di stabilire se il piano o il progetto, sulla base di elementi oggettivi, pregiudichi in modo significativo il sito interessato, che, essendo un sito di importanza comunitaria (cosiddetta Sic) è oggetto di speciale tutela da parte della direttiva habitat, mentre non consente loro di determinare successivamente se il piano o il programma in esame possa avere effetti significativi sull’ambiente attraverso l’esame caso per caso, come prescritto all’art. 5 della direttiva VAS.
Invero, la valutazione ambientale strategica, per tali piani o programmi, è resa necessaria di conseguenza, in quanto non potrà esservi valutazione d’incidenza senza parallela valutazione ambientale strategica – ai sensi della direttiva VAS – e pertanto un piano o un programma assoggettato ad una valutazione d’incidenza rientra in quell’ambito di applicazione obbligatorio della direttiva VAS, definito all’art. 3. (16)
L’unico controllo che gli Stati membri possono effettuare, per tali piani o programmi, è di fermarsi al primo step e non procedere nel senso di svolgere successivamente anche la valutazione ambientale strategica per gli stessi piani o programmi, al fine di verificare i possibili effetti significativi sull’ambiente.
Diversamente, in tutti gli altri casi in cui i piani o i programmi non siano soggetti ad una valutazione d’incidenza, gli Stati membri verificano se il piano o il programma possa avere effetti significativi sull’ambiente al fine di sottoporli ad valutazione ambientale strategica ai sensi degli articoli da 4 a 9 della direttiva VAS.
La giurisprudenza analizzata si colloca in un orientamento volto a garantire una protezione sempre più intensa dell’ambiente, superando di gran lunga le prospettive iniziali che avevano fino ad allora indirizzato la normativa comunitaria, volte ad adottare solo misure di antinquinamento, cercando di avere maggiore controllo e, soprattutto cura, dei siti di importanza comunitaria.
Infatti, l’emanazione da parte dell’ Unione Europea –  della direttiva habitat e della direttiva uccelli prima, e della direttiva VAS dopo – ha rappresentato una indubbia evoluzione dell’intervento comunitario in materia ambientale, sulla scorta delle indicazioni dell’Atto Unico Europeo del 1987 e del Quarto Programma comunitario in favore dell’ambiente.
Dalla decisione giurisprudenziale che si annota si evince, pertanto, il chiaro segnale da parte dei Giudici di Lussemburgo di voler sempre più intervenire in una materia che ha solo di recente suscitato interesse in ambito comunitario, e di voler proseguire in un’ottica di protezione dell’ambiente, cercando di guidare gli Stati membri affinché adottino le opportune misure per tutelare il ‘patrimonio naturale della Comunità’.

(1) Sentenza della Corte (Ottava Sezione) del 21 giugno 2012 (domanda di pronuncia pregiudiziale proposta dal Symvoulio tis Epikrateias – Grecia) – Syllogos Ellinon Poleodom Kai chorotakton/ Ypourgos Perivallontos, Chorotaxias & Dimosion Ergon, Ypourgos Oikonomikon, Ypourgos Esoterikon, Dimosias Dioikiisis Kai Apokentrosis – Causa C-177/11.
(2) Direttiva 2001/42/Ce del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 giugno 2001, concernente la valutazione degli effetti di determinati piani e programmi sull’ambiente.
(3) Direttiva 92/43/Ce del Consiglio, del 21 maggio 1992, relativa alla conservazione degli habitat naturali e semi naturali e della flora e della fauna selvatiche, GU L 206, pag. 7, come modificata dalla direttiva 2006/105/Ce del Consiglio, del 20 novembre 2006, GU L 363, pag. 368.
(4) Ai sensi dell’art. 2, lettera a), direttiva VAS, sono oggetto di valutazione ambientale strategica solo piani e programmi di natura pubblica, ‘ cioè elaborati e/o adottati da un’autorità a livello nazionale, regionale o locale oppure predisposti da un’autorità per essere approvati, mediante una procedura legislativa, dal parlamento o dal governo e che sono previsti da disposizioni legislative, regolamentari o amministrative’. Non rientrano, pertanto, nell’ambito di applicazione della direttiva i piani e i programmi elaborati dai privati per scopi propri.
(5) V. l’art. 1 della direttiva VAS ‘concernente la valutazione degli effetti di determinati piani e programmi sull’ambiente’.
(6) Si ricorda che l’art. 3 paragrafo 5 della direttiva VAS intitolato “Ambito di applicazione”, statuisce: “ Gli Stati membri determinano se i piani o i programmi di cui ai paragrafi 3 e 4 possono avere effetti significativi sull’ambiente attraverso l’esame caso per caso o specificando i tipi di piani e programmi o combinando le due impostazioni. A tale scopo gli Stati membri tengono comunque conto dei pertinenti criteri di cui all’Allegato II, al fine di garantire che i piani e i programmi con probabili effetti significativi sull’ambiente rientrino nell’ambito di applicazione della presente direttiva”.
(7) Sulla direttiva habitat e valutazione d’incidenza cfr. Riccardo Montanaro, Direttiva Habitat e valutazione d’incidenza: primi interventi giurisprudenziali, in Foro Amm. TAR 2002, 11, 3602 B.
(8) Interessante osservare come il progetto di elenco dei siti definiti di ‘importanza comunitaria’ distingue, poi, i siti in cui sono presenti habitat o specie animali per i quali i pericoli e i rischi sono maggiori e per la cui conservazione l’Unione Europea riconosce la propria responsabilità, qualificandoli come ‘prioritari’.
(9) Direttiva 79/409/CEE del Consiglio, del 2 aprile 1979, concernente la conservazione degli uccelli selvatici, come modificata dalla direttiva 2009/147/CEE del Parlamento europeo e del Consiglio del 30 novembre 2009, cosiddetta direttiva ‘Uccelli’ (GU 2010, L 20, pag. 7).
(10) V., in tal senso il documento “Gestione dei siti della rete Natura 2000: guida all’interpretazione dell’articolo 6 della direttiva “Habitat” 92/43/CEE”.
(11) V., in tal senso, sentenza del 13 dicembre 2007, Commissione Europea /Irlanda, C- 418/04, Racc. pag. I-10947, punto 227).
(12) Va precisato che Il regime di tutela delle direttive habitat e uccelli non vieta qualsivoglia attività umana all’interno dei siti Natura 2000, ma si limita a subordinare l’autorizzazione di dette attività ad una previa valutazione di incidenza ambientale del progetto interessato (sentenza del 21 luglio 2011, Azienda Agro-Zootecnica Franchini Srl, Eolica di Altamura Srl / Regione Puglia, C-2/10, Foro amm. CDS 2011, 7-8, 2180).
Infatti, anche un progetto di dimensioni ridotte può avere notevole impatto ambientale se ubicato in un luogo in cui i fattori ambientali come la fauna e la flora, il suolo, l’acqua, il clima o il patrimonio culturale sono sensibili al minimo cambiamento. Uno Stato membro non può quindi dare per scontato che alcune categorie di piani o progetti, determinate da settori di attività e specifici impianti, abbiano per definizione un impatto trascurabile sull’uomo e sull’ambiente (sentenza del 26 maggio 2011, Commissione europea/ Belgio, C- 538/09, Foro amm. CDS 2011, 5, 1395).
(13) Cfr. al riguardo, Corte UE, Sez. IV, 17 giugno 2010, n. C-110/09.
(14) Consiglio di Stato, sez. IV, 13.11.2012, Red. amm. CDS 2012, 11.
(15)L’art. 3, paragrafo 2, lettera b), della direttiva 42/2001/Ce dispone, proprio, che la valutazione ambientale strategica venga effettuata per tutti i piani o programmi per i quali, in considerazione dei possibili effetti sui siti, si ritiene necessaria l’effettuazione della valutazione d’incidenza.
(16) A tal proposito, la direttiva VAS non prevede necessariamente l’unificazione delle due procedure, ma all’articolo 11 della stessa invita gli Stati membri a prevedere procedure coordinate o comuni.

 


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