Commento alla Circolare 10/08/2012 n.9 – Dipartimento della Funzione pubblica.
Anche al settore pubblico si applica la mediazione civile e commerciale, limitata soltanto alle controversie che implicano una responsabilità della PA per atti di natura non autoritativa.
La direttiva europea 2008/52/CE seguita dalla legge delega 69/009, che ha poi di fatto introdotto l’istituto in Italia, ha tuttavia escluso esplicitamente la materia fiscale, doganale e amministrativa. Il chiarimento, al vaglio della Corte dei conti, arriva dal dipartimento della Funzione pubblica con la circolare 9/2012.
Definizione e finalità della mediazione
Con finalità deflattive del contenzioso giudiziale, il legislatore ha introdotto l’istituto della mediazione come mezzo di risoluzione alternativa delle controversie civili e commerciali.
La lettera a) del comma 1 dell’articolo 1 del d.lgs. 28/2010 fornisce la definizione del concetto di mediazione. Si tratta dell'”attività, Comunque denominata, svolta da un terzo imparziale e finalizzata ad assistere due o più soggetti sia nella ricerca di un accordo amichevole per la composizione di una controversia, sia nella formulazione di una proposta per la risoluzione della stessa”.
L’elemento caratterizzante è dato dalla finalità di assistenza delle parti nella ricerca di una composizione non giudiziale di una controversia.
Per controversia è da intendersi la crisi di cooperazione tra soggetti privati, ovvero tra privati e pubbliche amministrazioni che agiscono “iure privatorum”, risolubile non soltanto attraverso la netta demarcazione tra torti e ragioni di ciascuno, ma anche per mezzo di accordi amichevoli che tendano a rinegoziare e a ridefinire gli obiettivi, i contenuti e i tempi del rapporto di cooperazione, in vista del suo prolungamento, e non necessariamente della sua chiusura definitiva. Già nella definizione iniziale viene pertanto esplicitata l’opzione per una mediazione che sappia abbracciare contemporaneamente forme sia facilitative (accordo amichevole) che aggiudicative (proposta di conciliazione). Alle forme facilitative è anzi assegnata una certa preferenza (V. anche gli articoli 8 e 11), in virtù della loro maggiore duttilità rispetto ai reali interessi delle parti e della conseguente loro maggiore accettabilità sociale.
Ambito di applicazione o esclusione della mediazione
Resta ferma e continua ad applicarsi la disciplina speciale in materia di conciliazione per le controversie di lavoro prevista dall’articolo 410 c.p.c., così come sostituito dall’articolo 31, comma 1, della legge 4 novembre 2010, n. 183, applicabile anche alle controversie relative ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni in considerazione del comma 9 dello stesso articolo 31 della legge 183/2010.
Rimane, altresì, esclusa la disciplina relativa alle controversie riguardanti l’equa riparazione in caso di violazione del termine ragionevole del processo ai sensi deila legge 24 marzo 2001, n. 895» tenuto conto del fatto che il potere giurisdizionale rientra nell’esercizio dell’attività amministrativa di natura autoritativa.
In generale, la mediazione ha per oggetto diritti di cui le parti possano disporre mentre sono da escludere le controversie che abbiano ad oggetto diritti indisponibili.
I principi generali, espressi nella circolare 9/2012, si applicano a tutte le amministrazioni dello Stato, tuttavia, per ovvie ragioni di competenza e autonomia le indicazioni sulle modalità procedurali e sulla rappresentanza in giudizio non valgono per le regioni e le autonomie locali che, possono comunque farvi riferimento “come utili criteri applicativi ove compatibili”.
Infatti, al comma 2 dell’articolo 2 si è poi precisato che la procedura di mediazione disciplinata dal decreto non esclude il ricorso a istituti già ampiamente sperimentati nella pratica, che consentono di giungere alla composizione di controversie su base paritetica o attraverso procedure di reclamo disciplinate dalle carte di servizi, ma che si differenziano dalla mediazione per il mancato intervento di organismi terzi e imparziali.
Pertanto, al tentativo facoltativo di mediazione, previsto per le controversie di cui all’articolo 2 del d.lgs. 28/2010, si aggiunge, l’obbligo del previo esperimento della procedura nelle controversie indicate nel successivo articolo 5.
Così a titolo di esempio, il tentativo di mediazione rimane obbligatorio per tutte le controversie in materia di: responsabilità medica e diffamazione a mezzo stampa, risarcimento del danno derivante dalla circolazione dei veicoli e natanti, condominio, affitto di aziende, diritti reali, divisione, successioni ereditarie patti di famiglia, locazione, comodato, contratti assicurativi, bancari e finanziari.
Avvocatura di Stato, funzioni e limiti
Rimane opportuno che l’amministrazione formuli una motivata richiesta di parere all’Avvocatura dello Stato, nel caso di controversie di particolare rilievo o riflesso, sia per gli effetti in termini economico/finanziari che ne potrebbe conseguire che di quelli giuridici, esponendo le proprie valutazioni sulla controversia anche in riferimento al numero di controversie ulteriori che potrebbero derivarne, analogamente a quanto previsto dall’articolo 417-bis, comma 2, del codice di procedura civile. Al di fuori di queste ipotesi il parere va sollecitato unicamente nel caso in cui l’amministrazione sia orientata alla conclusione di un accordo.
Pertanto, innanzi all’organismo di mediazione, trattandosi di procedura non riconducibile alla tutela legale contenziosa in senso stretto, non è necessaria la presenza dell’Avvocatura dello Stato, che però, a fronte di una richiesta dell’amministrazione, può sempre intervenire, con funzione di affiancamento e mai sostitutiva.
Resta fermo che le amministrazioni in favore delle quali l’Avvocatura dello Stato svolge attività di patrocinio obbligatorio non possono avvalersi dell’assistenza di avvocati del libero foro.
Aspetti procedurali Procedura della media conciliazione
In base all’articolo 4 del d.lgs. 28/2010, la domanda di mediazione relativa alle controversie sogette a conciliazione è presentata mediante deposito di un’istanza presso un organismo ovvero, in base alla lettera d) del comma 1 dell’articolo 1 del medesimo decreto legislativo, presso un ente pubblico o privato, ove può svolgersi il procedimento di mediazione ai sensi del medesimo decreto.
L’istanza deve indicare l’organismo, le parti, l’oggetto e le ragioni della pretesa.
Non avendo contenuto giurisdizionale, gli atti di accesso alla mediazione saranno notificati all’amministrazione convenuta.
Per i Casi di cui all’articolo 5 del dlgs. 28/2010 il previo esperimento della procedura di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale.
L’articolo 8 del dlgs. 28/2010 disciplina il procedimento di mediazione di talché, all’atto della presentazione della domanda di mediazione, il responsabile dell’organismo designa un mediatore e fissa il primo incontro tra le parti non oltre quindici giorni dal deposito della domanda. La domanda e la data del primo incontro sono comunicate all’altra parte con ogni mezzo idoneo ad assicurarne la ricezione, anche a cura della parte istante.
Il procedimento si svolge senza formalità presso la sede dell’organismo di mediazione o nel luogo indicato dal regolamento di procedura dell’organismo.
In caso di mancata partecipazione senza giustificato motivo al procedimento di mediazione, il giudice può desumere argomenti di prova nel successivo giudizio ai sensi dell’articolo 116, secondo comma, del codice di procedura civile.
Esperito l’iter, l’amministrazione, procede alla valutazione in concreto sulla convenienza a partecipare al procedimento di mediazione, provvedendo, ove non intenda intervenire, a formalizzare con specifico atto la scelta operata sulla base della propria discrezionalità e, ove ritenuto opportuno, comunicando tale scelta all’organismo di mediazione.
Infine, il giudice, condannerà al versamento all’entrata del bilancio dello Stato, di una somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto per il giudizio, la parte costituita che, nei casi previsti dall’articolo 5, non abbia partecipato al procedimento senza giustificato motivo.
Il successivo articolo 11 del dlgs. 28/2010 disciplina la fase conclusiva del procedimento di mediazione, prevedendo che se è raggiunto un accordo amichevole, il mediatore forma processo verbale al quale è allegato il testo dell’accordo.
Mentre nei casi in cui l’accordo non viene raggiunto, il mediatore può formulare una proposta di conciliazione. In ogni caso, il mediatore formula una proposta di conciliazione se le parti gliene fanno concorde richiesta in qualunque momento del procedimento.
Tale proposta di conciliazione sarà comunicata alle parti per iscritto. Le parti dovranno far pervenire al mediatore, per iscritto ed entro 7 giorni, l’accettazione o il rifiuto della proposta. In mancanza di risposta nel termine, la proposta si ha per rifiutata.
Salvo diverso accordo delle parti, la proposta non può contenere alcun riferimento alle dichiarazioni rese o alle informazioni acquisite nei corso del procedimento.
In riferimento alla ristrettezza dei termini di legge (7 gg.) entro cui rispondere alla proposta transattiva, l’amministrazione Che, in esito alla trattativa, ritenga ipotizzabile una composizione bonaria della controversia rappresenta all’organo di mediazione l’eventuale esigenza di un termine più congruo per permettere all’amministrazione di formulare la richiesta di parere all’Avvocatura dello Stato e ricevere un eventuale riscontro in merito, nello spirito dei commi 2 e 3 dell’articolo 8 del d.lgs. 28/2010.
Potere di rappresentanza dell’Ente: Dirigente o Funzionario responsabile
La Pubblica Amministrazione, conferirà il potere di rappresentanza e di sottoscrizione della proposta di conciliazione, davanti all’organismo di mediazione, al dirigente o funzionario responsabile, sulla base della delega appositamente conferita, a questi spetta il potere di valutare se accogliere o rigettare la proposta di conciliazione, anche tenuto conto del parere dell’Avvocatura dello Stato ove richiesto e pervenuto assicurando comunque il rispetto dei termini della procedura.
Tale prerogativa di rappresentanza, può anche essere a sua volta delegata a dipendenti di qualifica inferiore, purché dotati di “comprovata e particolare competenza ed esperienza nella materia del contenzioso e in quella cui afferisce la controversia”. Nel dettaglio, la circolare indica per i ministeri i dipendenti dell’Area III o equiparati, con formazione giuridico economica e laurea.
Organizzazione interna della P.A.
Sarà cura delle Pubbliche Amministrazini valutare come all’uopo sarà opportuno organizzarsi, di fatto se centralizzare tutte le funzioni in un unico ufficio oppure assegnare la funzione all’ufficio dirigenziale di volta in volta competente. Mentre per le sedi periferiche, per non intasare gli uffici, è stato richiesto di fare sempre capo all’amministrazione centrale prima di procedere a richiedere un parere all’avvocatura dello Stato.
Infine, “a garanzia del principio di economicità”, come suggerito anche dall’Avvocatura di Stato, le pubbliche amministrazioni dovranno individuare l’organismo di mediazione che comporti “minori oneri”, avvalendosi anche del mezzo della gara pubblica.