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La revisione straordinaria delle partecipazioni detenute dalle Pubbliche Amministrazioni

 

di Carlo Rapicavoli

 

 

L’art. 24 del D. Lgs. 19 agosto 2016, n. 175, “Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica”, così come modificato dal D. Lgs. 16 giugno 2017, n.100, prevede che le Amministrazioni pubbliche effettuino, entro il 30 settembre 2017, con provvedimento motivato, la revisione straordinaria delle partecipazioni dirette e indirette detenute alla data di entrata in vigore del decreto stesso, ossia al 23 settembre 2016, individuando quelle che devono essere alienate o che devono essere oggetto delle misure di razionalizzazione nei casi previsti dall’art. 20, commi 1 e 2 dello stesso decreto.

Per gli anni successivi la revisione va effettuata annualmente e i relativi provvedimenti sono trasmessi entro il 31 dicembre al MEF ed alla corte dei Conti.

L’eventuale alienazione, da effettuare ai sensi dell’art. 10, deve avvenire entro un anno dall’avvenuta ricognizione. Gli obblighi di alienazione ove ne ricorrono i presupposti a seguito della revisione, valgono anche nel caso di partecipazioni societarie già acquistate in conformità ad espresse previsioni normative, statali o regionali.

Le pubbliche amministrazioni possono comunque mantenere le partecipazioni in società quotate detenute al 31 dicembre 2015.

La ricognizione è da effettuare per tutte le partecipazioni, anche se di minima entità.

Le Amministrazioni interessate dalla rilevazione sono:

1. quelle individuate dall’articolo 1, comma 2, del Decreto Legislativo del 30 marzo 2001 n. 165: tutte le amministrazioni dello Stato, ivi compresi gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunità montane, e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale, l’Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN);
2. consorzi o associazioni di Amministrazioni di cui al punto 1 per qualsiasi fine istituiti;
3. gli enti pubblici economici e le autorità di sistema portuale.

Per gli Enti territoriali, il suddetto provvedimento di ricognizione costituisce aggiornamento del piano operativo di razionalizzazione già adottato ai sensi dell’art. 1, comma 612, l. n. 190/2014.

L’esito della ricognizione, anche in assenza di partecipazioni o in caso di decisione di mantenimento senza interventi di razionalizzazione, deve essere comunicato attraverso l’applicativo del Dipartimento del Tesoro, di cui all’art. 17 del d.l. n. 90/2014.

Le informazioni così acquisite sono rese disponibili alla competente Sezione della Corte dei conti, nonché alla struttura del MEF competente per il monitoraggio, l’indirizzo e il coordinamento delle società a partecipazione pubblica di cui all’art. 15 del d.lgs., n. 175/2016.

Il processo di razionalizzazione – nella sua formulazione straordinaria e periodica – rappresenta il punto di sintesi di una valutazione complessiva della convenienza dell’ente territoriale a mantenere in essere partecipazioni societarie rispetto ad altre soluzioni.

Allo scopo, occorre specificare la sussistenza dei requisiti indicati dalla legge:

a) stretta necessità della società rispetto alle finalità perseguite dall’ente e svolgimento, da parte della medesima, di una delle attività consentite dall’art. 4:
– produzione di un servizio di interesse generale, ivi inclusa la realizzazione e la gestione delle reti e degli impianti funzionali ai servizi medesimi; per “servizi di interesse generale” si intendono: le attività di produzione e fornitura di beni o servizi che non sarebbero svolte dal mercato senza un intervento pubblico o sarebbero svolte a condizioni differenti in termini di accessibilità fisica ed economica, continuità, non discriminazione, qualità e sicurezza, che le amministrazioni pubbliche, nell’ambito delle rispettive competenze, assumono come necessarie per assicurare la soddisfazione dei bisogni della collettività di riferimento, così da garantire l’omogeneità dello sviluppo e la coesione sociale, ivi inclusi i servizi di interesse economico generale erogati o suscettibili di essere erogati dietro corrispettivo economico su un mercato;
– progettazione e realizzazione di un’opera pubblica sulla base di un accordo di programma fra amministrazioni pubbliche;
– realizzazione e gestione di un’opera pubblica ovvero organizzazione e gestione di un servizio d’interesse generale attraverso un contratto di partenariato con un imprenditore selezionato con le modalità previste dal Codice dei Contratti;
– autoproduzione di beni o servizi strumentali all’ente o agli enti pubblici partecipanti o allo svolgimento delle loro funzioni, nel rispetto delle condizioni stabilite dalle direttive europee in materia di contratti pubblici e della relativa disciplina nazionale di recepimento;
– servizi di committenza, ivi incluse le attività di committenza ausiliarie, apprestati a supporto di enti senza scopo di lucro e di amministrazioni aggiudicatrici di cui all’articolo 3 del Codice dei Contratti;
– società aventi per oggetto sociale esclusivo la valorizzazione del patrimonio delle amministrazioni stesse, tramite il conferimento di beni immobili allo scopo di realizzare un investimento secondo criteri propri di un qualsiasi operatore di mercato;
– società aventi per oggetto sociale prevalente la gestione di spazi fieristici e l’organizzazione di eventi fieristici, la realizzazione e la gestione di impianti di trasporto a fune per la mobilità turistico-sportiva eserciti in aree montane, nonché la produzione di energia da fonti rinnovabili.

b) se ricorrono o meno le situazioni di criticità sintetizzate dall’art. 20, comma 2, del decreto:
– partecipazioni societarie che non rientrino in alcuna delle categorie prima elencate alla lettera a);
– società che risultino prive di dipendenti o abbiano un numero di amministratori superiore a quello dei dipendenti;
– partecipazioni in società che svolgono attività analoghe o similari a quelle svolte da altre società partecipate o da enti pubblici strumentali;
– partecipazioni in società che, nel triennio precedente, abbiano conseguito un fatturato medio non superiore a un milione di euro;
– partecipazioni in società diverse da quelle costituite per la gestione di un servizio d’interesse generale che abbiano prodotto un risultato negativo per quattro dei cinque esercizi precedenti;
– necessità di contenimento dei costi di funzionamento;
– necessità di aggregazione di società aventi ad oggetto le attività consentite.

Se si riscontrano le situazioni prima elencate, vanno adottati i piani di razionalizzazione, corredati di un’apposita relazione tecnica, con specifica indicazione di modalità e tempi di attuazione.

In caso di adozione del piano di razionalizzazione, entro il 31 dicembre dell’anno successivo le pubbliche amministrazioni approvano una relazione sull’attuazione del piano, evidenziando i risultati conseguiti, e la trasmettono al MEF e alla sezione di controllo della Corte dei conti competente

I piani di riassetto possono prevedere anche la dismissione o l’assegnazione in virtù di operazioni straordinarie delle partecipazioni societarie acquistate anche per espressa previsione normativa.

I relativi atti di scioglimento delle società o di alienazione delle partecipazioni sociali sono disciplinati, salvo quanto diversamente disposto dal decreto, dalle disposizioni del codice civile e sono compiuti anche in deroga alla previsione normativa originaria riguardante la costituzione della società o l’acquisto della partecipazione.

Ciò vale anche per le partecipazioni di minima entità.

Nel motivare sugli esiti della ricognizione effettuata è importante tener conto dell’attività svolta dalla società a beneficio della comunità amministrata.

Pertanto, in caso di attività inerenti ai servizi pubblici locali, occorre esplicitare le ragioni della convenienza economica dell’erogazione del servizio mediante la società anziché in forme alternative (gestione diretta, azienda speciale, ecc.) e della sostenibilità della scelta in termini di costo-opportunità per l’ente.

In relazione ai servizi pubblici a rete di rilevanza economica, occorre anche dimostrare che non sono necessarie operazioni di aggregazione con altre società operanti nello stesso settore e che la società svolge servizi non compresi tra quelli da affidare per il tramite dell’Ente di Governo d’Ambito.

Le società a partecipazione di maggioranza, diretta e indiretta, delle pubbliche amministrazioni locali titolari di affidamento diretto da parte di soggetti pubblici per una quota superiore all’80 per cento del valore della produzione, che nei tre esercizi precedenti abbiano conseguito un risultato economico negativo, procedono alla riduzione del 30 per cento del compenso dei componenti degli organi di amministrazione. Il conseguimento di un risultato economico negativo per due anni consecutivi rappresenta giusta causa ai fini della revoca degli amministratori.

La mancata adozione degli atti di revisione delle partecipazioni da parte degli enti locali comporta la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da un minimo di euro 5.000 a un massimo di euro 500.000, salvo il danno eventualmente rilevato in sede di giudizio amministrativo contabile, comminata dalla competente sezione giurisdizionale regionale della Corte dei conti.

La Sezione autonomie della Corte dei Conti, con la deliberazione n. 19/2017, ha emanato le linee di indirizzo per la revisione straordinaria delle partecipazioni; il MEF ha pubblicato le istruzioni per la comunicazione della revisione.

 


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