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L’agenzia delle Nazioni Unite per il programma di sviluppo (UNDP) detta le regole per il finanziamento delle politiche di contrasto ai cambiamenti climatici

 

M. GABRIELLA IMBESI

Abstract

Le azioni politiche a sostegno della mitigazione dei cambiamenti climatici presuppongono forti investimenti ed il reperimento dei capitali necessari è oggetto del rapporto Blending Climate Finance Through National Climate Funds predisposto dall’apposita agenzia delle NU.  Il documento fornisce le più recenti soluzioni approntate in tema di finanziamenti, rifacendosi alle esperienze di alcuni Paesi emergenti che si stanno muovendo con spirito d’iniziativa e grande disinvoltura per contrastare le problematiche ambientali.
Tuttavia i modelli finanziari presentati, calati nella realtà italiana, potrebbero essere diversamente interpretati: tali modelli infatti si rifanno spesso ad istituti di ispirazione anglosassone, come i trust, che coprono una porzione marginale del panorama giuridico nazionale ed anche il richiamo a forme considerate fortemente “innovative”, come i prelievi fiscali, perde gran parte del connotato di originalità in un sistema che fa ormai troppo spesso ricorso al gettito fiscale per attrarre capitali e finanziare interventi di settore.

Il progetto di finanziamento

Il rapporto traccia le linee guida per la costituzione di fondi nazionali con il duplice scopo di individuare, da un lato, le priorità dei cambiamenti climatici e, dall’altro, di armonizzare le politiche sopranazionali di finanziamento di azioni di contrasto ai cambiamenti climatici.
Il progetto, cui aderiscono 176 Stati, sviluppa alcune tematiche ritenute essenziali per creare una governance sul cambiamento climatico:
–    identificare le priorità per mitigare il fenomeno;
–    analizzare la vulnerabilità dello scenario internazionale;
–    individuare gli strumenti politici e le risorse finanziarie necessarie;
–    tracciare la mappatura dei progetti di sviluppo a basso impatto ambientale sia per le emissioni nocive che per il cambiamento climatico.
I fondi nazionali per il clima (NCF’s) saranno lo strumento principe per avviare politiche integrate di sviluppo sostenibile e moltiplicare le azioni in diversi settori così da ridurre le emissioni di gas serra e gli shoks climatici e distribuire più equamente i profitti.
Il documento sottolinea la necessità di un coordinamento delle risorse finanziarie che sono messe in campo, da enti pubblici e privati o da accordi bilaterali e multilaterali. Mentre appena dieci anni fa le risorse finanziarie erano gestite da pochi Stati associati nell’ambito di un’apposita convenzione delle Nazioni Unite (UNFCCC1), il progetto attuale prevede di estendere il finanziamento delle azioni di contrasto ai cambiamenti climatici, coinvolgendo tutti gli stakeholders nella gestione di fondi consistenti. Per fare un esempio, entro il 2012 sono stati impegnati per contenere il cambiamento climatico ben 30 bilioni di dollari che saliranno a 100 bilioni annui dal 2020.
Il fondo (NCF) sarà dunque la chiave di volta di questo cambiamento epocale nella strategia finanziaria, in quanto supporterà i singoli Stati nella gestione dei finanziamenti, raccogliendo, coordinando le risorse ed adottando e implementando misure performanti. Al Fondo spetterà inoltra la supervisione del progetto sul cambiamento climatico ed il compito di approntare i servizi necessari al raggiungimento dell’obiettivo, tenendo conto delle priorità e delle strutture nazionali.
E’ evidente, per esempio, che la raccolta e la distribuzione di risorse sarà diversa a seconda che il NFC sia costituito con capitali internazionali e finanziamenti pubblici o possa contare soltanto su investimenti privati. Dovranno essere introdotti anche strumenti fiscali ad hoc che consentano concretamente di accedere al finanziamento pubblico e privato. Infatti le modalità di reperimento dei capitali influiranno sul successo dell’iniziativa e spetterà ai singoli Stati valutare e favorire la percorribilità di questa soluzione.
La rete UNDP, forte della propria esperienza, ha predisposto un vademecum in materia di finanziamenti, in quanto amministra oltre 750 Trust Founds che operano sia a livello nazionale che regionale (intesi come aree geografiche dalle caratteristiche comuni), o che perseguono precise tematiche (es. cambiamento climatico, povertà e ambiente, hiv/aids ecc.) e circa 40 Multi donor Trust Found. Nella pratica in seno all’UNDP il finanziamento dipende per il 58% da fondi nazionali, per il 25% da trust distinti per aree geografiche  ed infine per il 17% da trust a tema.

Le nuove regole
Sulla base di questa esperienza il network delle NU ha individuato alcune linee guida:
–    definizione degli obiettivi;
–    identificazione della capitalizzazione;
–    attuazione della effettiva governance;
–    poter contare su un management di fiducia e di provata esperienza;
–    avviare progetti efficienti di implementazione del progetto;
–    svolgere attività di controllo (MRV Monitoring, Reporting and Verification).
Un peso rilevante è attribuito proprio alla capitalizzazione, sottolineando anche forme innovative di finanziamento. Si tratta di risorse non tradizionali come i prelievi fiscali sulla produzione di petrolio e carbone o le imposte sulle società che inquinano.  Agli strumenti finanziari di nuova concezione si affiancano quelli più convenzionali rappresentati dai fondi erogati da organismi pubblici, dall’ONU, da accordi bancari multilaterali, da ONG e dal settore privato. Altrettanto interesse è dedicato all’attività MRV, che è una componente critica del Fondo in grado di assicurare che i risultati siano raggiunti. Saranno necessarie due tipologie di reporting: l’uno del tipo bottom up (dal basso verso l’alto) attuato dagli implementatori che rendicontano all’autorità politica sull’attività svolta; l’altro, che segue un processo inverso, nel senso che sono le autorità politiche a raccogliere i dati traendo valutazioni sull’attività di audit. Il monitoraggio può essere effettuato dai trustee che riferiscono le informazioni alle commissioni di controllo.
Il rapporto analizza le variabili step by step: la prima parte esamina la natura dello strumento, le finalità e le funzioni; la seconda individua il procedimento per definire gli obiettivi, la capitalizzazione, la governance, la direzione, l’implementazione delle strutture, anche attraverso il monitoraggio, la rendicontazione e la verifica del sistema; la terza parte descrive il management cui affidare il Fondo ed i servizi di consulenza offerti; quindi, tratte le conclusioni, il documento offre le interessanti esperienze sul campo di alcuni Paesi emergenti e con un tasso di sviluppo economico crescente, quali Indonesia, Bangladesh, Cina, Ecuador e Brasile.

Alcune esperienze significative
Le forme di finanziamento proposte dal rapporto riprendono sinteticamente le esperienze seguite da alcuni progetti pilota di paesi emergenti.
Ad esempio in Cina nel 2007, su iniziativa del Ministero delle finanze e della commissione nazionale di riforma dello sviluppo, è stato costituito un apposito fondo (China CDM Found) che rappresenta un innovativo strumento finanziario in grado di raccogliere risorse dalle entrate generate dai progetti CDM nazionali, dai profitti derivanti dalle operazioni commerciali CDM, da interessi e da altri finanziamenti da cooperazione e da accordi multilaterali. Il fondo eroga sovvenzioni e contributi per iniziative dirette a mitigare il cambiamento climatico e promuovere lo sviluppo economico e sociale sostenibile, privilegiando in particolare le iniziative di risparmio energetico e quelle relative alle energie rinnovabili. Entro il 2012 il fondo potrà contare su ben 1,5 bilioni di dollari destinati proprio al settore delle rinnovabili.
Anche il Brasile può utilizzare un fondo omologo (Brazilian National Found), costituito con le entrate dei prodotti petroliferi. Allo scopo di ridurre l’impatto negativo sull’ambiente di questo tipo di estrazione e di mitigare altresì il cambiamento climatico. Il fondo, istituito con legge nel 2009, è alle dirette dipendenze del Ministero dell’ambiente e collabora con la banca nazionale per lo sviluppo socio economico.
Altra esperienza interessante è quella dell’Indonesia con apposito fondo (Indonesia Climate Change Trust Found ICCTF) guidato da un comitato (Steering Committee) responsabile di formulare le politiche strategiche ed individuare le aree da finanziare. Tale organo è supportato nella valutazione dei progetti dai pareri espressi da un comitato tecnico e può contare su un segretariato per l’espletamento delle funzioni amministrative.  Il comitato tecnico esamina ogni singolo progetto e predispone una scheda informativa che è sottoposta all’attenzione dello Steering Committee, cui spetta in ultima istanza approvare o meno l’iniziativa proposta.
Il fondo ecuadoregno invece ha una struttura diversa. Infatti fa capo all’UNDP Multi Partner Trust Found MTPF Office, cioè all’Ufficio che gestisce il fondo, ricevendo e amministrando i contributi ed erogando i finanziamenti. Anche in questo caso l’attività è coordinata da un Comitato guida al quale l’ufficio rendiconta periodicamente, grazie ad una procedura on line, sull’attività svolta e sulle operazioni finanziarie effettuate.  
Infine il Bangladesh Climate Change Resilience Found è stato approvato dal governo nel 2009 a supporto dell’implementazione del piano d’azione strategico contro il cambiamento climatico del 2009/2018. Lo scopo principale è quello di aiutare le popolazioni più vulnerabili ad adattarsi alla maggiore incertezza dl clima che comporterà un cambiamento anche delle condizioni dell’agricoltura locale. Il fondo è guidato da un consiglio composto dai ministri dell’ambiente, delle finanze e dell’agricoltura, dal responsabile della protezione civile, dai rappresentanti degli enti sovvenzionatori e da componenti della società civile.

1 United Nations Framework Convention on Climate Change;

 

Pubblicato su AmbienteDiritto.it il 22/11/2011
 


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