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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Diritto venatorio e della pesca Numero: 1147 | Data di udienza: 24 Ottobre 2012

DIRITTO VENATORIA – Esercizio della caccia con l’ausilio di richiami – Richiamo privo di anello inamovibile – Disciplina applicabile.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 9 Gennaio 2013
Numero: 1147
Data di udienza: 24 Ottobre 2012
Presidente: Lombardi
Estensore: Graziosi


Premassima

DIRITTO VENATORIA – Esercizio della caccia con l’ausilio di richiami – Richiamo privo di anello inamovibile – Disciplina applicabile.



Massima

 

 

CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez.3^, 9 Gennaio 2013 (Ud. 24/10/2012) Sentenza n. 1147


DIRITTO VENATORIO – Esercizio della caccia con l’ausilio di richiami – Richiamo privo di anello inamovibile –  Disciplina applicabile.
 
L’esercizio della caccia con richiami non autorizzati, da individuarsi in quelli non identificabili mediante anello inamovibile e numerato secondo le norme regionali, è sanzionato unicamente in via amministrativa, integrando illecito penale la diversa condotta dell’esercizio della caccia con l’ausilio di richiami vietati (Cass. sez.III, 17/03/2009 n. 11581).
 
(annulla senza rinvio sentenza n. 5601/2010 TRIB. SEZ. DIST. di PONTASSIEVE, del 28/10/2010) Pres. Lombardi, Est. Graziosi, Ric. Macabbi

Allegato


Titolo Completo

CORTE DI CASSAZIONE PENALE Sez.3^, 9 Gennaio 2013 (Ud. 24/10/2012) Sentenza n. 1147

SENTENZA

 

 
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
 
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
TERZA SEZIONE PENALE
 
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
 
 
Dott. ALFREDO MARIA LOMBARDI – Presidente
Dott. LUIGI MARINI – Consigliere
Dott. ELISABETTA ROSI – Consigliere
Dott. CHIARA GRAZIOSI – Consigliere Rel.
Dott. ALESSANDRO MARIA ANDRONIO – Consigliere
 
ha pronunciato la seguente
 
SENTENZA
 
sul ricorso proposto da MACABBI SANDRO N. IL 13/10/1966
avverso la sentenza n. 5601/2010 TRIB.SEZ.DIST. di PONTASSIEVE, del 28/10/2010
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 24/10/2012 la relazione fatta dal Consigliere Dott. CHIARA GRAZIOSI
Udito il Procuratore Generale in pers na del Dott. MARIO FRATICELLI che ha concluso per l’annullamento senza rinvio perchè il fatto non è previsto dalla legge come reato;
 
RITENUTO IN FATTO
 
1. Con la sentenza impugnata il Tribunale di Firenze, sezione distaccata di Pontassieve, ha dichiarato Macabbi Sandro colpevole del reato di cui all’art. 30, comma primo lett. h), in relazione all’art. 5, comma settimo, della legge 11/02/1992 n. 157, a lui ascritto per avere esercitato la caccia cori due allodole da richiamo prive di anello inamovibile, condannandolo, concesse le attenuanti generiche, alla pena di euro 400 di ammenda.
 
L’imputato era stato trovato in possesso di otto allodole, delle quali sei regolarmente inanellate e due prive di anello, e aveva esibito la scheda regionale dalla quale risultava che tutti gli uccelli erano di proprietà di tale Balzani Luciano, il quale glieli aveva prestati.
 
Il giudice di merito ha ritenuto illecito il comodato delle allodole ex art. 21 lett. p) della L. n. 157/1992 ed ha affermato che l’uso di uccelli privi di anello, che ne attesti la provenienza da allevamenti provinciali autorizzati, rientra nella fattispecie, sanzionata penalmente, della caccia con l’uso di mezzi vietati ai sensi del citato art. 30, primo comma lett. h), e non nella violazione di cui all’art.. 31, primo comma lett. h). della medesima legge, punita con sanzione amministrativa.
 
2. Avverso la sentenza ha proposto ricorso personalmente l’imputato che la denuncia per violazione di legge.
 
Si osserva che, anche a voler accedere alla interpretazione estensiva data dal giudice di merito alla nozione di mezzi vietati, di cui all’art. 30, primo comma lett. h), della legge sulla caccia, ricomprendendosi in essa l’uso di richiami vietati, la stessa non è applicabile al caso in esame, rientrando le allodole nel novero dei richiami vivi dei quali è consentita l’utilizzazione.
 
La fattispecie in esame rientra, invece, nell’ipotesi dell’utilizzo di richiami non autorizzati, punita con sanzione amministrativa dall’art. 31, primo comma lett, h), della medesima legge, che sanziona espressamente l’uso di richiami non autorizzati ovvero in violazione delle disposizioni emanate dalle regioni ai sensi dell’art. 5, primo comma, sempre della legge sulla caccia. Peraltro, anche l’art. 58 lett. h) della legge della Regione Toscana n. 3 del 1994 prevede l’irrogazione di una sanzione amministrativa nei confronti di chi si avvale di richiami non autorizzati.
 
La fattispecie penale è, invece, applicabile ai sensi dell’art. 30, primo comma lett. h), solo nell’ipotesi di uso di richiami vietati ai sensi dell’art. 21, primo comma lett. r), e, cioè, di uccelli vivi accecati o mutilati ovvero legati per le ali.
 
CONSIDERATO IN DIRITTO
 
3. Il ricorso è fondato.
 
La giurisprudenza di questa Suprema Corte insegna chiaramente che “l’esercizio della caccia con richiami non autorizzati, da individuarsi in quelli non identificabili mediante anello inamovibile e numerato secondo le norme regionali, è sanzionato unicamente in via amministrativa, integrando illecito penale la diversa condotta dell’esercizio della caccia con l’ausilio di richiami vietati” (Cass. sez.III, 17/03/2009 n. 11581, Rv. 243018).
 
Diversamente interpretando, in senso ampio quindi, la nozione di mezzi vietati, includendovi anche l’uso di richiami vietati, si rende pleonastica la disposizione di cui alla seconda parte dell’art. 30, primo coma lett. h), della legge n. 157/1992. Peraltro, con riferimento ai richiami vivi la norma fa espresso riferimento esclusivamente a quelli vietati di cui all’art. 21, comma l lett. r), della medesima legge e, cioè, “uccelli vivi accecati o mutilati ovvero legati per le ali”, non trovando quindi riscontro un’interpretazione estensiva come quella adottata dal giudice di merito.
 
L’art. 5, comma 7, della L. n. 157/1992, in conclusione, è correlato esclusivamente alla sanzione dell’art. 31, primo comma, lett. h), della stessa legge, per cui la sentenza, in accoglimento del ricorso, va annullata perché il fatto non è previsto dalla legge come reato, disponendosi la trasmissione degli atti al Prefetto di Firenze in relazione all’eventuale illecito amministrativo.
 
P.Q.M.
 
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non è previsto dalla legge come reato. Dispone trasmettersi gli atti al Prefetto di Firenze.
 
Così deciso il 24/10/2012

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