LEGITTIMAZIONE PROCESSUALE – Associazioni locali – Legittimazione ad impugnare atti incidenti sull’ambiente – Riconoscimento caso per caso – Presupposti – VIA, VAS E AIA – VAS e VIA – Differenze – Differimento della VAS alla fase programmatoria attuativa – Illegittimità – BENI CULTURALI E AMBIENTALI – Piano paesistico – Assoggettabilità a VAS – Esclusione – Piano paesaggistico – Rapporto con gli atti di pianificazione ad incidenza territoriale – Assenza di contenuti urbanistici – Impatti sull’ambiente – Incofigurabilità – Assoggettabilità a VAS – Esclusione – Piano paesaggistico – Adozione – Regione siciliana – Competenza – Individuazione – Art. 144 d.lgs. n. 42/2004 – Regione siciliana – Procedimento di pianificazione – Disciplina regionale – Partecipazione, informazione e comunicazione. (SI ringraziano gli avv.ti avv. Nicola Giudice e Alessandra Mari per la segnalazione)
Provvedimento: Sentenza
Sezione:
Regione: Sicilia
Città:
Data di pubblicazione: 27 Settembre 2012
Numero: 811
Data di udienza: 7 Marzo 2012
Presidente: Turco
Estensore: Russo
Premassima
LEGITTIMAZIONE PROCESSUALE – Associazioni locali – Legittimazione ad impugnare atti incidenti sull’ambiente – Riconoscimento caso per caso – Presupposti – VIA, VAS E AIA – VAS e VIA – Differenze – Differimento della VAS alla fase programmatoria attuativa – Illegittimità – BENI CULTURALI E AMBIENTALI – Piano paesistico – Assoggettabilità a VAS – Esclusione – Piano paesaggistico – Rapporto con gli atti di pianificazione ad incidenza territoriale – Assenza di contenuti urbanistici – Impatti sull’ambiente – Incofigurabilità – Assoggettabilità a VAS – Esclusione – Piano paesaggistico – Adozione – Regione siciliana – Competenza – Individuazione – Art. 144 d.lgs. n. 42/2004 – Regione siciliana – Procedimento di pianificazione – Disciplina regionale – Partecipazione, informazione e comunicazione. (SI ringraziano gli avv.ti avv. Nicola Giudice e Alessandra Mari per la segnalazione)
Massima
CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA PER LA REGIONE SICILIANA – 27 settembre 2012, n. 811
LEGITTIMAZIONE PROCESSUALE – Associazioni locali – Legittimazione ad impugnare atti incidenti sull’ambiente – Riconoscimento caso per caso – Presupposti.
Il giudice può riconoscere, caso per caso, la legittimazione ad impugnare atti amministrativi incidenti sull’ambiente ad associazioni locali (indipendentemente dalla loro natura giuridica), purché perseguano statutariamente in modo non occasionale obiettivi di tutela ambientale ed abbiano un adeguato grado di rappresentatività e stabilità in un’area di afferenza ricollegabile alla zona in cui è situato il bene a fruizione collettiva che si assume leso (arg. ex Cons. St., VI, 23 maggio 2011 n. 3107; cfr. pure id., V, 22 marzo 2012 n. 1640, per le associazioni non riconosciute e sui criteri che esse devono simultaneamente soddisfare per vedersi riconosciuta la legittimazione).
(Riforma TAR Sicilia – Catania (sez. I) n. 2146 del 2011) – Pres. Turco, Est. Russo – Legambiente comitato regionale ONLUS (avv.ti Giudice e Giuliani) c. Comune di Ragusa (avv. Frediani)
VIA, VAS E AIA – VAS e VIA – Differenze – Differimento della VAS alla fase programmatoria attuativa – Illegittimità.
La VAS, nella sua definizione posta dalla dir. n. 42/2001/CE, è volta a garantire che gli effetti sull’ambiente di determinati piani e programmi siano considerati durante l’elaborazione e prima dell’adozione degli stessi. Tanto al fine d’anticipare nella fase di pianificazione e programmazione quella valutazione di compatibilità ambientale che, se effettuata, come avviene per la VIA, sulle singole realizzazioni progettuali, non consentirebbe di compiere un’effettiva valutazione comparativa (cfr. la deliberazione della Giunta regionale siciliana 10 giugno 2009 n. 200 che, in applicazione dell’art. 59, c. 1 della l. reg. Sic. 14 maggio 2009 n. 6, fissa il modello metodologico procedurale per la VAS di piani e programmi nella Regione siciliana, replicando tal quale l’art. 6 del Dlg 152/2006). La VAS, a differenza della VIA che interviene per progetti singoli e puntiformi, ai sensi dell’art. 4, c. 3, II per. del Dlg 152/2006 attiene invece al momento programmatorio. Sicché la sua eventuale mancanza o il differimento dell’accertamento di compatibilità solo alla fase attuativa toglierebbero al soggetto programmatore la possibilità in concreto di disporre di soluzioni alternative per la localizzazione degli insediamenti e, in generale, per stabilire, nella prospettiva dello sviluppo sostenibile (art. 4, c. 4, lett. a), le modalità di utilizzazione del territorio.
(Riforma TAR Sicilia – Catania (sez. I) n. 2146 del 2011) – Pres. Turco, Est. Russo – Legambiente comitato regionale ONLUS (avv.ti Giudice e Giuliani) c. Comune di Ragusa (avv. Frediani)
VIA, VAS E AIA – BENI CULTURALI E AMBIENTALI – Piano paesistico – Assoggettabilità a VAS – Esclusione.
Il piano paesistico, pur senza dubbio essendo uno strumento di programmazione, non soggiace a VAS, non perché sia, o non, fuori dal campo di applicazione della relativa disciplina, ma solo perché esso fissa il parametro di validità e di validazione di tutti i piani e programmi che devono esser sottoposti alla VAS stessa, essendo a loro volta obbligati dalla legge a proporre soluzioni di sviluppo sostenibile a salvaguardia dell’ambiente e del patrimonio culturale.
(Riforma TAR Sicilia – Catania (sez. I) n. 2146 del 2011) – Pres. Turco, Est. Russo – Legambiente comitato regionale ONLUS (avv.ti Giudice e Giuliani) c. Comune di Ragusa (avv. Frediani)
BENI CULTURALI E AMBIENTALI – Piano paesaggistico – Rapporto con gli atti di pianificazione ad incidenza territoriale.
Ai fini della tutela essenziale di tutela del paesaggio, le disposizioni dei piani paesaggistici prevalgono sul quelle contenute negli atti di pianificazione ad incidenza territoriale, previsti dalle normative di settore, compresi quelli degli enti gestori di aree protette. Le norme di piano non sono pertanto soltanto il metro per la valutazione e per la conformazione dei piani e programmi di governo del territorio e delle relative attività d’esecuzione, come ben evincesi, d’altro canto dagli artt. 146 e ss. del Dlg 42/2004, sulla vigilanza ed i controlli per le vicende inerenti ai beni culturali e del paesaggio. Esse costituiscono altresì, perché lo dice l’art. 143, c. 1, lett. g) e h), il metodo per l’individuazione sia degli interventi (di competenza operativa comunque altrui) di recupero e riqualificazione delle aree compromesse o degradate, sia delle misure necessarie per il corretto inserimento, nel contesto paesaggistico, degli interventi di trasformazione del territorio per lo sviluppo sostenibile delle aree coinvolte. Pertanto, le norme di piano di per sé sole non servono, quand’anche abbiano contenuti ulteriori a quelli minimi posti dall’art. 143, c. 1, a porre regole esecutive dirette di gestione territoriale.
(Riforma TAR Sicilia – Catania (sez. I) n. 2146 del 2011) – Pres. Turco, Est. Russo – Legambiente comitato regionale ONLUS (avv.ti Giudice e Giuliani) c. Comune di Ragusa (avv. Frediani)
VIA, VAS E AIA – BENI CULTURALI E AMBIENTALI – Piano paesistico – Assenza di contenuti urbanistici – Impatti sull’ambiente – Incofigurabilità – Assoggettabilità a VAS – Esclusione.
Il tipo di prescrizione proprio di un piano paesistico è assai differente dal contenuto d’ uno strumento urbanistico, essendo volto non già al dimensionamento dei nuovi interventi, quanto alla valutazione ex ante della loro tipologia ed incidenza qualitativa. Sicchè, un piano privo di contenuti urbanistici non è assoggettato a VAS, perché non determina alcun impatto sull’ ambiente (anzi, lo protegge).
(Riforma TAR Sicilia – Catania (sez. I) n. 2146 del 2011) – Pres. Turco, Est. Russo – Legambiente comitato regionale ONLUS (avv.ti Giudice e Giuliani) c. Comune di Ragusa (avv. Frediani)
BENI CULTURALI E AMBIENTALI – Piano paesaggistico – Adozione – Regione siciliana – Competenza – Individuazione.
La competenza ad adottare il piano paesaggistico, nella regione Siciliana, è dell’Assessore del ramo, chiarissimo essendo sul punto l’art. 2 della l. reg. Sic. 15 maggio 2000 n. 10, il quale lascia sì ai dirigenti l’emanazione dei provvedimenti ad efficacia verso terzi, ma non anche degli atti generali ed a contenuto pianificatorio.
(Riforma TAR Sicilia – Catania (sez. I) n. 2146 del 2011) – Pres. Turco, Est. Russo – Legambiente comitato regionale ONLUS (avv.ti Giudice e Giuliani) c. Comune di Ragusa (avv. Frediani)
BENI CULTURALI E AMBIENTALI – Piano paesaggistico Art. 144 d.lgs. n. 42/2004 – Regione siciliana – Procedimento di pianificazione – Disciplina regionale – Partecipazione, informazione e comunicazione.
La Regione siciliana non ha tuttora disciplinato, come prescrive l’art. 144, c. 1, del Dlg 42/2004, mediante apposite norme di legge i procedimenti di pianificazione paesaggistica, se del caso anche con forme ulteriori di partecipazione, informazione e comunicazione. Pertanto, restano tuttora in vigore le norme ex artt. 23 e 24 del citato RD 1357/1940 come specificamente impone l’art. 158 del Dlg 42/2004, integrate, ai fini partecipativi, dalle norme generali della l. 7 agosto 1990 n. 241. Siffatta partecipazione, con la relativa pubblicità, in assenza del definitivo recepimento in Sicilia del citato art. 144, s’invera nelle forme ordinarie del RD 1357/1940 e della l. 241/1990 e senza che ciò trasmuti in qualsivoglia forma di codecisione con i soggetti coinvolti, nei limiti posti dalla stessa Regione con il decreto assessorile n. 5820 dell’8 maggio 2002. Il criterio di sufficienza della partecipazione va quindi valutato in con-creto, ossia in relazione sia alla concertazione istituzionale di cui all’art. 5, c. 5 del D.A. 5820/2002, sia alle occasioni effettive in cui i soggetti medesimi abbiano potuto manifestare il proprio avviso alla P.A. procedente.
(Riforma TAR Sicilia – Catania (sez. I) n. 2146 del 2011) – Pres. Turco, Est. Russo – Legambiente comitato regionale ONLUS (avv.ti Giudice e Giuliani) c. Comune di Ragusa (avv. Frediani)
Allegato
Titolo Completo
CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA PER LA REGIONE SICILIANA – 27 settembre 2012, n. 811SENTENZA
CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA PER LA REGIONE SICILIANA – 27 settembre 2012, n. 811
N. 811/12 Reg.Sent.
NN. 1154
1206 Reg.Ric.
ANNO 2011
N. 84 Reg.Ric.
ANNO 2012
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana in sede giurisdizionale ha pronunciato la seguente
SENTENZA SUI RICORSI RIUNITI IN APPELLO
n. 1154/2011, proposto dall’Associazione LEGAMBIENTE – Comitato regionale ONLUS, con sede in Palermo, in persona del legale rappre-sentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Corrado V. Giuliano e Nicola Giudice ed elettivamente domiciliata in Pa-lermo, via M. D’Azeglio n. 27/c; n. 1206/2011, proposto dall’ASSESSORATO REGIONALE DEI BENI CULTURALI E DELL’IDENTITÀ SICILIANA, in persona del sig. Assessore pro tempore e dalla SOPRINTENDENZA AI BB. CC. AA. per la provincia di Ragusa, in persona del Soprindente pro tempore, rappresentati e difesi ope legis dall’Avvocatura distrettuale dello Stato di Palermo, domiciliataria; e n. 84/ 2012, proposto dall’Associazione nazionale Italia Nostra – ONLUS, con sede in Roma, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Corrado V. Giuliano e Nicola Giudice, come sopra elettivamente domiciliata in Palermo,
c o n t r o
– il COMUNE DI RAGUSA, in persona del sig. Sindaco pro tempore, appellato, rappresentato e difeso dall’avv. Angelo Frediani ed eletti-vamente domiciliato in Palermo, via E. Amari n. 76, presso lo studio dell’avv. Gullo
e n e i c o n f r o n t i
– della PROVINCIA REGIONALE DI RAGUSA, in persona del Pre-sidente pro tempore, interventrice ad opponendum, rappresentata e difesa dall’avv. Salvatore Mezzasalma ed elettivamente domiciliata in Palermo, presso la Segreteria di questo Consiglio,
– del COMUNE DI COMISO, in persona del sig. Sindaco pro tempore, interventore ad opponendum, rappresentato e difeso dagli avvocati Giovanni Distefano ed Alessandra Leonardi ed elettivamente domici-liato in Palermo, piazzale Ungheria n. 84, presso lo studio dell’avv. Gambino,
– del COMUNE DI GIARRATANA, del COMUNE DI SCICLI, del COMUNE DI POZZALLO, del COMUNE DI MODICA e del CO-MUNE DI CHIARAMONTE GULFI, in persona dei rispettivi sigg. Sindaci pro tempore, non costituiti nel presente giudizio e
– del Circolo Il Carrubo Legambiente Ragusa, dell’Associazione na-zionale Italia Nostra – ONLUS, del Movimento di tutela Terre d’O-riente – ONLUS e dell’Associazione Circolo Legambiente Il Melo-grano, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, non costituiti nel presente giudizio;
per la riforma
della sentenza del TAR Sicilia – Catania (sez. I) n. 2146 del 2011, resa tra le parti;
Visti i ricorsi con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune appellato e gli atti d’intervento meglio indicati in premessa
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore alla pubblica udienza del 7 marzo 2012 il Cons. dott. Silvestro Maria Russo e uditi altresì, per le parti costituite, gli avvocati Giudice, Frediani (anche per delega dell’avv. Leonardi) e Mezzasalma e l’Avvocato dello Stato Tutino;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:
F A T T O E D I R I T T O
1. – Con decreto n. 1767 del 10 agosto 2010, l’Assessore regiona-le dei bb.cc. e dell’identità siciliana ha approvato la proposta di pia-no paesaggistico per il territorio provinciale di Ragusa, relativamente agli ambiti nn. 15), 16) e 17) della Regione siciliana.
Al riguardo e curata la pubblicazione della proposta di piano presso l’albo pretorio di tutti i Comuni coinvolti, è stato previsto un termine di tre mesi per la presentazione, alla competente Soprintendenza ai bb.cc.aa. o all’Assessorato regionale dei bb.cc., di osservazioni al relativo contenuto. L’art. 9 delle NTA del piano ha stabilito altresì che, a decorrere dalla pubblicazione di esso, «… non sono consentiti per gli immobili o nelle aree degli Ambiti 15, 16 e 17 ricadenti nella provincia di Ragusa definiti dall’art. 134 del Codice interventi in contrasto con le prescrizioni di tutela per essi previsti nel Piano stesso…».
2. – Avverso il piano è allora insorto innanzi al TAR Catania, con il ricorso n. 2701/2011, il Comune di Ragusa, ritenendo il relativo contenuto già immediatamente lesivo a causa del vincolo apposto su una rilevante parte del territorio comunale. Al riguardo, il Comune ricorrente ha dedotto in punto di diritto sette articolati mezzi d’impugnazione e, in particolare, quello della violazione degli artt. 11 e 21 del Dlg 3 aprile 2006 n. 152, giacché il piano paesistico adottato non fu preceduto dalla valutazione ambientale strategica–VAS di cui alla dir. n. 2001/ 42/CE del 27 giugno 2001.
L’adito TAR, con la sentenza n. 2146 del 1° settembre 2011, ha accolto la pretesa attorea, appunto sotto il profilo dell’omessa VAS sul piano impugnato, che non è ne escluso ai sensi dell’art. 6, c. 4 del Dlg 152/2006.
Il TAR afferma al riguardo che la VAS, essendo uno strumento di tutela dell’ambiente, va svolta per legge ogni qual volta i piani abbiano impatti significativi sull’ambiente e sul patrimonio culturale. Né impatto significativo è solo quello caratterizzato da connotazioni negative, in termini di alterazioni delle valenze ambientali, ma è quello indicato nell’art. 5, c. 1, lett. c), laddove definisce «impatto ambientale» ogni «…alterazione qualitativa e/o quantitativa, diretta ed indiretta, a breve e a lungo termine, permanente e temporanea, singola e cumulativa, POSITIVA e negativa dell’ambiente, inteso come sistema di relazioni fra i fattori antropici, naturalistici…».
3. – Appella allora (ricorso n. 1154/2011) in primo luogo l’Asso-ciazione LEGAMBIENTE – Comitato regionale ONLUS, con sede in Palermo.
Il Sodalizio appellante deduce anzitutto l’erronea interpretazione resa dal TAR sulla necessità della VAS per un piano, qual è quello in esame, di per sé preordinato alla tutela paesaggistico – ambientale e privo di un’effettiva incidenza urbanistica perché meramente dichiarativo e riassuntivo di vincoli già vigenti ed efficaci. Tanto a differenza di quanto è invece previsto per quelli di cui all’art. 6, c. 2, lett. a) del Dlg 152/2006 (quando, cioè, essi siano preordinati a progetti obbligatoriamente soggetti a VIA statale o regionale), o di cui alla successiva lett. b) (quando possano avere impatti sulle finalità di conservazione di zone di protezione speciale per la fauna avicola selvatica o di siti classificati d’importanza comunitaria). L’appellante si duole altresì della violazione dell’art. 11 del Dlg 152/2006, laddove il TAR annulla detto piano che è ancora soltanto adottato ed il cui procedimento approvativo non è concluso, mentre la norma impone la VAS entro la conclusione definitiva dei piani cui essa si applica. L’appellante, che contesta la sentenza per il riferimento all’art. 14 del Dlg 152/2006 —a suo dire superfluo, trattandosi d’un piano che non soggiace a VAS—, segnala la necessità d’un rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia UE in or-dine al significato di «impatto qualificato» che la sentenza propugna anche per gli effetti positivi sull’ambiente promananti dal piano, al fi- ne di dirimere ogni contrasto interpretativo sul disposto dell’art. 5, c. 1, lett. c) del Dlg 152/2006 o di questo con la dir. n. 2001/42/CE.
Appellano inoltre (ricorso n. 1206/2011), con il patrocinio ex lege dell’Avvocatura erariale, le Amministrazioni emananti e soccombenti in primo grado, che contestano la sentenza impugnata anzitutto per non aver dichiarato inammissibile il ricorso di primo grado per difetto dell’interesse azionato dal Comune sotto vari profili e, nel merito, per l’assenza dei presupposti in ordine all’assoggettabilità a VAS del piano de quo.
Appella infine (ricorso n. 84/2012) l’Associazione nazionale Ita-lia Nostra – ONLUS, con sede in Roma, che deduce l’erroneità della sentenza appellata sotto il profilo della non soggezione del piano impugnato alla procedura di VAS.
S’è costituito in giudizio l’appellato Comune di Ragusa, eccepen-do: A) – l’inammissibilità del ricorso n. 1154/2011, per difetto di legittimazione del Sodalizio appellante, poiché esso è una mera articolazione territoriale di un’associazione nazionale, quella sì legittimata ai sensi dell’art. 18 della l. 8 luglio 1986 n. 349); B) – la piena sussistenza del proprio interesse all’impugnazione di primo grado, avendo agito per la salvaguardia dell’integrità del suo territorio e delle relative potestà di governo e gestione; C) – nel merito, l’infondatezza di tutt’e tre gli appelli in esame. Il Comune appellato ripropone pure i cinque motivi del ricorso di primo grado dichiarati assorbiti dal TAR.
Interviene ad opponendum la Provincia regionale di Ragusa, che conclude per l’inammissibilità degli appelli in epigrafe per carenza d’ interesse (essendo intervenute altre sentenze del TAR Catania sul medesimo piano, ancorché su ricorsi proposti da altri soggetti, pubblici e privati), per l’assenza di contraddittorio integro nel presente giudizio e, nel merito, per l’infondatezza degli appelli stessi. Anche il Comune di Comiso (RG) s’è costituito in giudizio per opporsi all’appello delle Amministrazioni regionali (ricorso n. 1206/2011), concludendo per il rigetto di questo.
Alla pubblica udienza del 7 marzo 2012, su conforme richiesta delle parti costituite, i tre appelli in epigrafe sono congiuntamente assunti in decisione dal Collegio.
4.1. – Ai sensi dell’art. 96, c. 1, c.p.a., i tre appelli in epigrafe, es-sendo stati proposti tutti avverso la medesima sentenza del TAR Catania n. 1246/2011, vanno riuniti e qui contestualmente decisi.
4.2. – Va poi respinta l’eccezione di difetto di legittimazione atti-va, relativamente al ricorso n. 1154/2011, riscontrata in capo all’Associazione LEGAMBIENTE – Comitato regionale ONLUS per-ché essa è l’articolazione territoriale d’un sodalizio nazionale, quello sì legittimato ai sensi degli artt. 13 e 18 della l. 349/1986.
Al riguardo, non sfugge certo al Collegio l’avviso della prevalente giurisprudenza sullo specifico punto (cfr., per tutti, Cons. St., IV, 16 giugno 2011 n. 3662), in virtù della quale siffatta speciale legittima-zione processuale ex lege va intesa come rigorosamente circoscritta alle sole associazioni riconosciute ai sensi dell’art. 13 della l. 349/ 1986. In tal senso, non sarebbe possibile attribuire una legittimazione de facto a qualsiasi soggetto collettivo, ancorché dimostrasse di possedere determinati requisiti in termini di radicamento sul territorio.
Non v’è dubbio che detta legittimazione discenda dall’intervento del legislatore, preordinato appunto a colmare il deficit di tutela degli interessi diffusi grazie al riconoscimemento che il citato art. 13 opera in capo alle associazioni medesime. V’è, però, spazio ad un diverso approccio a tal questione: invero, tal speciale legittimazione non può essere estesa sic et simpliciter anche a soggetti estranei al regime di cui al medesimo art. 13, ma essa non esclude di per sé sola altri tipi di legittimazione ad agire in ambito territoriale ben circoscritto. E ciò soprattutto a favore di meri comitati spontanei che si costituiscano al precipuo scopo di proteggere l’ambiente, la salute e/o la qualità della vita delle popolazioni residenti su tale circoscritto territorio, oppure di quelle articolazioni territoriali di sodalizi nazionali che svolgano in ambito locale tali compiti. Altrimenti opinando, le località e le relative popolazioni, interessate da minacce alla salute pubblica o all’ambiente in un ambito locale circoscritto, non avrebbero autonoma protezione, in caso d’inerzia delle associazioni ambientaliste espressamente legittimate per legge.
Questo Giudice ha quindi titolo per riconoscere, caso per caso, la legittimazione ad impugnare atti amministrativi incidenti sull’ambiente ad associazioni locali (indipendentemente dalla loro natura giuridica), purché perseguano statutariamente in modo non occasionale obiettivi di tutela ambientale ed abbiano un adeguato grado di rappresentatività e stabilità in un’area di afferenza ricollegabile alla zona in cui è situato il bene a fruizione collettiva che si assume leso (arg. ex Cons. St., VI, 23 maggio 2011 n. 3107; cfr. pure id., V, 22 marzo 2012 n. 1640, per le associazioni non riconosciute e sui criteri che esse devono simultaneamente soddisfare per vedersi riconosciuta la legittimazione).
La serena lettura della documentazione depositata dal Sodalizio appellante in data 19 gennaio 2012 permette al Collegio di verificare come esso possieda i requisiti in parola, ossia: a) – il perseguimento della tutela ambientale in modo non occasionale e per espressa previsione dello statuto; b) – il godimento d’un adeguato grado di rappresentatività e stabilità nell’area ricollegabile alla zona in cui si trova il bene ambientale che si presume leso. In particolare, il Sodalizio ha una capacità operativa statutaria sufficientemente stabilizzata nel territorio siciliano; persegue stabilmente i fini di tutela ambientale in via d’azione ai sensi dell’art. 2, VIII per. dello statuto sociale; effettua studi e ricerche sui reperti d’arte e di cultura, nonché su molteplici aspetti della natura in Sicilia. È appena da soggiungere che, per prevalente giurisprudenza, se già la legittimazione speciale ex art. 18 della l. 349/1986 non è limitata ai soli aspetti di tutela del danno ambientale, a più forte ragione quella generale a garanzia degli interessi diffusi, di cui testé il Collegio si sta occupando, non sconta limitazioni di sorta.
4.3. – Neppure convince l’eccezione d’inammissibilità dei ricorsi in epigrafe, sollevata dalla Provincia interventrice perché pendono alquanti appelli avverso altre statuizioni del TAR Catania sul medesimo piano paesistico. Tali cause, in particolare, proprio quelle indicate dall’interventrice e per vero proposte da altri soggetti, anche privati e su altri aspetti di tale piano, sono stati chiamati e discussi all’odierna udienza pubblica, onde sul punto nulla quaestio.
Del pari, non si procede all’invocata (dalla medesima Provincia) integrazione del contraddittorio processuale, perché questo è già completo per ciò che attiene al presente giudizio, mentre i soggetti indicati da tale P.A. sono parti nelle altre cause chiamate all’odierna udienza pubblica, sicché è superflua la loro presenza in questa sede.
5. – Nel merito, gli appelli in epigrafe sono fondati e vanno accol-ti, con contestuale rigetto delle domande del Comune appellato assorbite dal TAR e qui riproposte ai sensi dell’art. 101, c. 2, c.p.a.
6.1. – Oggetto del contendere è in primo luogo la necessità ex lege, o meno (per gli appellanti), di sottoporre a VAS il piano paesistico per cui è causa.
Per il TAR, invero, esso è un piano che, non essendo indicato tra quelli che l’art. 6, c. 4 del Dlg 152/2006 espressamente esclude, è certo «… preordinato a dettare un quadro conoscitivo e una normativa di riferimento, eminentemente conservativa dei valori paesaggistici…». Tuttavia, esso serve anche alla «… rivisitazione critica del rapporto tra pianificazione paesistica e governo del territorio…», onde riguarda la pianificazione territoriale ed incide sull’ambiente. Esso, quindi, rientra nelle definizioni ex art. 6, c. 1 del Dlg 152/2006 ed art. 3, § 2, lett. a) della dir. n. 2001/42/CE e, come tale, non può presindere dalla previa VAS secondo quanto così impongono il considerato n. 14) e l’ art. 4, § 1 della direttiva, a pena di svuotarne di senso lo scopo.
Ora, non dura fatica il Collegio ad intendere la VAS, nella sua de-finizione posta dalla dir. n. 42/2001/CE, come volta a garantire che gli effetti sull’ambiente di determinati piani e programmi siano consi-derati durante l’elaborazione e prima dell’adozione degli stessi. Tanto al fine d’anticipare nella fase di pianificazione e programmazione quella valutazione di compatibilità ambientale che, se effettuata, come avviene per la VIA, sulle singole realizzazioni progettuali, non consentirebbe di compiere un’effettiva valutazione comparativa. In senso simile s’esprime la deliberazione della Giunta regionale siciliana 10 giugno 2009 n. 200 che, in applicazione dell’art. 59, c. 1 della l. reg. Sic. 14 maggio 2009 n. 6, fissa il modello metodologico procedurale per la VAS di piani e programmi nella Regione siciliana, all’uopo replicando tal quale l’art. 6 del Dlg 152/2006.
La VAS, a differenza della VIA che interviene per progetti singoli e puntiformi, ai sensi dell’art. 4, c. 3, II per. del Dlg 152/2006 attiene invece al momento programmatorio, p. es., del territorio. Sicché la sua eventuale mancanza o il differimento dell’accertamento di compatibilità solo alla fase attuativa toglierebbero al soggetto pro-grammatore la possibilità in concreto di disporre di soluzioni alternative per la localizzazione degli insediamenti e, in generale, per stabilire, nella prospettiva dello sviluppo sostenibile (art. 4, c. 4, lett. a), le modalità di utilizzazione (tanto per restare nel predetto esempio) del territorio.
Reputa nondimeno il Collegio che la sentenza appellata muova da un fraintendimento di fondo proprio sul senso delle norme regolatrici della VAS, applicata al piano paesistico de quo, più che sulla funzione di essa, come testé brevemente descritta.
6.2. – In particolare —e già solo a volersi soffermare sul solo da-to testuale—, l’art. 6, c. 1 del Dlg 152/2006 stabilisce che la VAS «… riguarda i piani e i programmi che possono avere impatti significativi sull’ambiente e sul patrimonio culturale…».
Quest’ultimo va inteso, in base alla specifica regola di cui al pre-cedente art. 5, c. 1, lett. d), come «…l’insieme costituito dai beni cul-turali e dai beni paesaggistici in conformità al disposto di cui all’articolo 2, comma 1…» del Dlg 22 gennaio 2004 n. 42. Detta disposizione indica che il patrimonio de quo è costituito, oltre che dai beni culturali propriamente detti, anche dai beni paesaggistici, ossia dagli «… immobili e le aree indicati all’articolo 134, costi-tuenti espressione dei valori storici, culturali, naturali, morfologici ed estetici del territorio…», ossia gli immobili ed aree di notevole interesse pubblico ex art. 136 e le aree protette ex lege di cui al successivo art. 142.
Dal canto suo, il combinato disposto degli artt. 135 e 143 del me-desimo decreto n. 42, fissa le regole ed il contenuto essenziale dei piani paesistici e, in particolare, la ricognizione del territorio oggetto di pianificazione (mediante l’analisi delle sue caratteristiche paesaggistiche, impresse da natura, storia e loro interrelazioni) e degli immobili ed aree di notevole interesse pubblico e delle aree protette. In particolare, l’art. 135, c. 1 fa riferimento alla necessità d’assicurare che «… tutto il territorio sia adeguatamente conosciuto, salvaguardato, pianificato e gestito in ragione dei differenti valori espressi dai diversi contesti che lo costituiscono…». La norma esprime una complessiva esigenza di conoscenza e di articolate modalità di gestione del territorio nella sua ineludibile correlazione con il paesaggio (arg. ex Cons. St., VI, 30 dicembre 2001 n. 7004).
Essa, però, non comporta necessariamente l’assoggettamento a re-gime vincolistico di tutto il territorio, come risulta chiaramente dal-l’art. 143. In virtù di quest’ultimo, la ricognizione del territorio è il presupposto per gli interventi differenziati, per aree e modalità d’azione amministrativa, inclusa la disciplina atta ad assicurare altresì lo sviluppo sostenibile delle aree interessate mercè la trasformazione del territorio stesso. L’art. 143 quindi disciplina, quale metodo della tutela, l’analisi delle dinamiche di trasformazione del territorio per individuarne i fattori di rischio e gli elementi di vulnerabilità del paesaggio, l’individuazione degli interventi di recupero e riqualificazione di aree molto compromesse o degradate e di quelli di valorizzazione compatibili con le esigenze della tutela e altresì l’individuazione delle misure necessarie per il corretto inserimento, nel contesto paesaggistico, degli interventi di trasformazione del territorio, per appunto realizzare uno sviluppo sostenibile. Finalità del piano è quindi indicare l’insieme coordinato dei parametri di tutela e salvaguardia dei valori paesistico-ambientali delle zone d’interesse paesaggistico, conformando a sé tutti gli usi, pianificati e/o programmati, quell’uso del territorio che intercetti beni o contesti sensibili.
La norma, in ultima analisi, impone usi coerenti con lo sviluppo sostenibile che, come si vede, è lo stesso scopo cui risponde la VAS ai sensi del combinato disposto dell’art. 1 della dir. n. 2001/42/CE e del citato art. 6, c. 1 del Dlg 152/2006. E ciò a maggior ragione se si tien presente che, in virtù del richiamo del considerato n. 10) e dell’art. 3, § 2 della direttiva alle regole della dir. n. 85/337/CEE (applicabile ratione temporis alla vicenda in esame) in tema d’impatto ambientale, a questi ultimi fini pure il patrimonio culturale è oggetto di tutela diretta, ai fini VIA, dalla normativa comunitaria.
Da ciò discende che il piano paesistico, pur senza dubbio essendo uno strumento di programmazione, non soggiace a VAS, non perché sia, o non, fuori dal campo di applicazione della relativa disciplina, ma solo perché esso fissa il parametro di validità e di validazione di tutti i piani e programmi che devono esser sottoposti alla VAS stessa, essendo a loro volta obbligati dalla legge a proporre soluzioni di sviluppo sostenibile a salvaguardia dell’ambiente e del patrimonio culturale.
Non a caso, già da tempo era jus receptum come il contenuto degli strumenti urbanistici fosse conformato dai vincoli paesaggistici indicati nel relativo piano, donde l’illegittimità d’ogni assetto del territorio che risultasse incompatibile con detti vincoli. Ai piani paesistici è devoluta la funzione di dettare norme minime, non derogabili da ogni vicenda di gestione del territorio di qualsiasi livello, a salvaguardia dei beni vincolati e con riferimento a qualsiasi attività umana pur diversa da quella puramente urbanistico-edilizia. Oggidì l’art. 145, c. 3 prevede espressamente che le previsioni dei piani paesaggistici ex artt. 143 e 156 «… non sono derogabili da parte di piani, programmi e progetti nazionali o regionali di sviluppo economico, sono cogenti per gli strumenti urbanistici…, sono immediatamente prevalenti sulle disposizioni difformi eventualmente (colà) contenute…, stabiliscono norme di salvaguardia applicabili in attesa dell’adeguamento degli strumenti urbanistici e sono…vincolanti per gli interventi settoriali …».
Ai fini della tutela essenziale di tutela del paesaggio, le disposizioni dei piani paesaggistici prevalgono sul quelle contenute negli atti di pianificazione ad incidenza territoriale, previsti dalle normative di settore, compresi quelli degli enti gestori di aree pro-tette.
Se ciò ha un senso, recte un significato giuridico cogente e concreto, allora le norme di piano non sono soltanto il metro per la valutazione e per la conformazione dei piani e programmi di governo del territorio e delle relative attività d’esecuzione, come ben evincesi, d’altro canto, proprio dagli artt. 146 e ss. del Dlg 42/2004, sulla vigilanza ed i controlli per le vicende inerenti ai beni culturali e del paesaggio. Esse costituiscono altresì, perché lo dice l’art. 143, c. 1, lett. g) e h), il metodo per l’individuazione sia degli interventi (di competenza operativa comunque altrui) di recupero e riqualificazione delle aree compromesse o degradate, sia delle misure necessarie per il corretto inserimento, nel contesto paesaggistico, degli interventi di trasformazione del territorio per lo sviluppo sostenibile delle aree coinvolte.
6.3. – Pertanto, le norme di piano di per sé sole non servono, quand’anche abbiano contenuti ulteriori a quelli minimi posti dall’art. 143, c. 1, a porre regole esecutive dirette di gestione territoriale.
Né va sottaciuto come ogni successivo intervento o programmatorio, o esecutivo soggiaccia pur sempre sia al controllo di compatibilità paesaggistica, sia alla ex lege equiordinata valutazione, a seconda dei contesti, ambientale strategica o d’impatto ambientale, sì da integrarne le tutele. È solo da soggiungere a tal ultimo riguardo che, in base alle competenze esclusive ex art. 14 dello Statuto, la Regione siciliana è abilitata a procedere in via autonoma alla redazione dei piani paesistici con contenuto di tutela ambientale ai sensi del ripetuto art. 143, c. 2, I per., così risolvendo in radice ogni questione sulla tutela congiunta di tutti i valori sottesi all’art. 9 Cost.
Il TAR sostiene il contrario, partendo dalla, per vero più enfatica che sostanziosa, affermazione della relazione tecnica del piano stesso, secondo cui questo è imperniato sulla «…rivisitazione critica del rapporto tra pianificazione paesistica e governo del territorio…».
Mancano nondimeno, nell’appellata sentenza ed oltre tal passag-gio, elementi probanti da cui inferire la significativa incidenza del piano impugnato sull’ambiente, sì da doverlo sottoporre sicuramente alla VAS. A parte ciò, in realtà la chiave di lettura di tale frase va ricercata nell’art. 135, c. 4 del Dlg 42/2004. Invero, all’uopo tale disposizione dà facoltà al piano d’individuare le «…linee di sviluppo urbanistico ed edilizio, in funzione della loro compatibilità con i diversi valori paesaggistici riconosciuti e tutelati, con particolare attenzione alla salvaguardia dei paesaggi rurali e dei siti inseriti nella lista del patrimonio mondiale dell’UNESCO…». Tanto non volendo considerare che il piano in sé, ma anche tal norma da sola non sono suscettibili d’esaurire interamente ogni verifica di garanzia dell’interesse paesaggistico —la quale, per forza di cose, va implementata in sede di controllo sul progetto singolo o sul piano territoriale—, né si risolve in una meccanica e mera verifica di corrispondenza tra questi ed i principi di tutela (arg. ex Cons. St., VI, 18 gennaio 2012 n. 173), sicché questi costituiscono le linee-guida per gli apprezzamenti di tipo qualitativo e riferiti ai valori tutelati con il vincolo.
Dal che l’impossibilità di dedurre dalla predetta frase un senso più che solo programmatorio di piani o interventi altrui sul territorio, qualora intercettino tali valori tutelati e per il cui governo occorre metter in campo gli accertamenti qualitativi di compatibilità e ambientale e paesaggistica.
6.4. – Ma quand’anche si volesse accedere alla tesi propugnata dal Giudice di prime cure, rettamente gli appellanti ne contestano la soggezione ineluttabile ed in ogni caso del piano impugnato a VAS.
Ora, non è qui in discussione il concetto, chiaro in giurisprudenza, che i piani paesaggistici regionali, ben lungi dal limitarsi ad una funzione solo ricognitiva dei beni paesaggistici individuati ex lege, adempiono un ruolo autonomo d’individuazione dei beni stessi, sì da poter direttamente qualificare come beni paesaggistici aree ulteriori rispetto a quelle dichiarate tali in via amministrativa o ex lege, purché con un valore specifico da tutelare (cfr., da ultimo, Cons. St., IV, 16 aprile 2012 n. 2188). Né sfugge al Collegio di riconoscere come i piani paesistici abbiano assunto nel tempo una portata territoriale e qualitativa via via più ampia.
Come s’è visto, la legge ha affidato ad essi il compito di dettare una specifica normativa d’uso e di valorizzazione ambientale si tutto il territorio coinvolto e per mezzo d’una pluralità di strumenti di tutela, sì da pervenire ad una protezione combinata e congiunta d’ogni aspetto del territorio e ciascuno per le proprie essenza e specificità. Il Dlg 42/2004 ha portato a compimento tal processo di metodi della regolazione, che trovarono il primo punto di coagulo negli artt. 1 e 1-bis del DL 27 giugno 1985 n. 312 (convertito, con modificazioni, dalla l. l. 8 agosto 1985 n. 431). Già in queste norme della c.d. “legge Galasso” si vede il superamento d’ogni pregressa equivalenza tra paesaggio e bellezze naturali, nonché l’affermarsi d’una più compiuta e totalizzante nozione di paesaggio, inteso sia come forma del paese (creato dall’azione cosciente e sistematica della comunità che vi è insediata: «ambiente costruito»), sia come ambiente naturale. Con il Codice del 2004 la tutela del paesaggio ha assunto una portata generale e comunque una decisiva prevalenza di valore rispetto alla pianificazione urbanistica, sull’intero territorio, venendo quindi a disciplinare anche immobili non soggetti a vincolo paesaggistico. Tanto, com’è noto, anche in osservanza degli impegni assunti dalla Repubblica con la convenzione europea del paesaggio (conclusa a Firenze il 20 ottobre 2000 ed entrata in vigore in Italia nel settembre 2006).
Se questo è vero, è parimenti indubbio il permanere, nell’ordina-mento positivo (art. 135, c. 1, I per. del Dlg 42/2004) della distinzione tra piani paesaggistici “meri” (ossia quelli un tempo regolati dall’art. 5 della l. 29 giugno 1939 n. 1497 e dagli artt. 23 e 24 del RD 3 giugno 1940 n. 357) e piani urbanistico-territoriali, che si suole assimilare ai «piani territoriali di coordinamento» previsti dall’art. 5 della l. 17 agosto 1942 n. 1150 (l. urb.).
Ebbene, non avrebbero potuto il Comune di Ragusa, nel suo ricorso introduttivo, né tampoco il Giudice di prime cure prescindere da tal distinzione, o dal contenuto del piano impugnato in quella sede, al fine di verificarne in che cosa mai incidesse sul territorio a guisa di vero e proprio piano urbanistico e compromettesse valori ambientali.
Per meglio dire, il ricorso di primo grado (cfr. il VI motivo, pagg. 18/22) censura il contenuto di alcuni articoli delle NTA del piano, sotto il profilo della grave contraddittorietà e dell’illogicità del relativo contenuto. Nondimeno, tali contestate prescrizioni fissano stringenti regole non sulla costruzione, ma sui limiti di compatibilità di talune strutture agricole a forte impatto in aree sensibili, secondo valutazioni tecnico-discrezionali non manifestamente arbitrarie o irrazionali. In tal senso, d’altronde, il TAR s’è pronunziato in termini sfavorevoli alla tesi del Comune appellato. A parte ciò, più in generale è noto (cfr., per tutti, Cons. St., VI, 12 gennaio 2011 n. 110) che già il tipo di prescrizione proprio di un piano paesistico è assai differente dal contenuto d’ uno strumento urbanistico, essendo volto non già al dimensionamento dei nuovi interventi, quanto alla valutazione ex ante della loro tipologia ed incidenza qualitativa. Sicché le predette doglianze, sebbene per vero inducano l’attività costruttiva nel settore agricolo alla deconcentrazione delle strutture dalle aree sensibili, non colgono nel segno né in sé nel senso che non dimostrano l’evidente irrazionalità, ma anzi appalesano un metodo rigoroso e dinamico di tutela dell’ambiente e del paesaggio (soprattutto in caso di dismissione di colture agricole, ecc.), né quale sintomo dello straripamento del contenuto del piano dal senso dell’art. 143 del Dlg 42/2004. Se, quindi, il piano paesistico-territoriale ha solo (ovviamente, nel senso spiegato dianzi) una funzione conservativa degli ambienti reputati meritevoli di tutela, a più forte ragione ciò si riscontra in quelli che riepilogano, organizzano e chiariscono i vincoli finora esistenti nel territorio considerato.
Non spetta al Collegio, non essendo argomento dedotto in ap-pello, discettare sull’avviso dell’Assessorato regionale territorio ed ambiente, nel parere prot. 22864 del 1° aprile 2010 reso nei confronti dell’Assessorato ai bb.cc., in ordine alla soggezione a VAS di quelle parti d’ un piano paesistico-territoriale che abbia eventualmente aspetti urbanistici. Ciò che rileva, invece e così condividendo l’avviso degli appellanti e dello stesso Assessorato, è che un piano privo di tal contenuto non è assoggettato a VAS, perché non determina alcun impatto sull’ ambiente (anzi, lo protegge).
Del pari, va condiviso il parere dell’Ufficio legislativo e legale della Regione, racchiuso nella nota prot. n. 1827.195.11.2009 del 21 gennaio 2010, pagg. 9 e ss. (in atti). L’Uffico parte dalla disamina dell’art. 6, commi 1 e 2 del Dlg 152/2006 e, con molta lealtà, si mostra consapevole della prassi esistente in altre Regioni circa la soggezione a VAS dei piani paesistici. Nondimeno, afferma che questi ultimi hanno una fisionomia del tutto differente da ogni strumento urbanistico e, quindi, il loro contenuto serve a garantire, non ad alterare gli equilibri ambientali della zona considerata. Il predetto parere afferma perciò un principio di diritto, propugnato peraltro dagli appellanti, per cui i piani de quibus, non abilitando alla realizzazione di progetti nel territorio, non rientrano nel campo di applicazione della VAS, nel senso spiegato dal Collegio nei paragrafi di cui sopra.
6.5. – Inoltre, non basta predicare la sicura assoggettabilità tout court del piano paesistico a VAS, in base al mero dato testuale, il quale, d’altronde, si riferisce agli impatti significativi, tali anzitutto essendo quelli determinati da piani e programmi che, nei settori indicati dall’art. 3, § 1) della dir. n. 2001/42/CE, intervengano per la realizzazione di progetti elencati negli allegati II, III e IV del Dlg 152/2006.
In questi casi e per i piani ed i programmi che gli Stati membri in-dividuano bisognosi di VAS (cfr. art. 6, c. 3-bis del Dlg 152/2006), a tutto concedere ed ai sensi dell’art. 6, c. 1, in tanto la soggezione a VAS si verificherà, in quanto tale piano attinga la soglia dell’impatto significativo sull’ambiente, cosa, questa, di cui la sentenza appellante non fa cenno.
Né si può aggirare tal ostacolo logico-argomentativo grazie solo al riferimento, che la sentenza compie, alla definizione d’impatto ambientale di cui al precedente art. 5, c. 1, lett. c) e, in particolare, all’alterazione positiva dell’ambiente. Si deve concordare con la tesi degli appellanti secondo la quale la norma si riferisce, in base alla serena sua lettura e nell’uso quasi incalzante degli aggettivi del sostantivo «alterazione». Se, quindi, la norma associa all’impatto ambientale il concetto di «alterazione» (ossia quello dell’altro da sé, dell’alterità degenerata, della modificazione, del turbamento), allora sfugge la ragione della necessità della VAS nei casi, quali quelli indicati dal piano paesistico, di modificazioni sì, ma positive, anzi d’elevazione del livello, singolo e/o complessivo, della protezione ambientale. A ben vedere, l’alterazione positiva ha un significato diverso da quello accolto dal TAR: essa non corrisponde alla cennata vicenda di miglioramento della tutela o di più rigorosa salvaguardia dei valori ambientali, ma vuol indicare le condotte commissive attive il cui effetto è pur sempre pregiudizievole nei riguardi di questi ul-timi.
7. – Il Comune appellato, che non ha proposto impugnazione incidentale autonoma sul rigetto del VI motivo del ricorso di primo grado, replica in questa sede le doglianze assorbite dal TAR.
Ebbene, quanto alla dedotta violazione dell’art. 2 della l. reg. Sic. 15 maggio 2000 n. 10 ed incompetenza, la questione è del tutto spe-ciosa. Invero, la competenza ad adottare il piano de quo è dell’Asses-sore del ramo, chiarissima essendo sul punto la norma, la quale lascia sì ai dirigenti l’emanazione dei provvedimenti ad efficacia verso terzi, ma non anche degli atti generali ed a contenuto pianificatorio. Sicché l’apposizione della sottoscrizione dei dirigenti di settore, in calce al decreto d’adozione, del piano è vicenda in sé inidonea a modificare l’ assetto delle attribuzioni poste al riguardo dalla legge, o ad ingenerare confusioni sull’effettiva imputazione soggettiva dell’atto, che è peraltro facilmente evincibile dal contesto di quest’ultimo.
Neppure convince la pretesa violazione degli artt. 139 e 144 del Dlg 42/2004 e delle regole di pubblicità.
Ora, la Regione siciliana non ha tuttora disciplinato, come prescrive il medesimo art. 144, c. 1, II per., mediante apposite norme di legge i procedimenti di pianificazione paesaggistica, se del caso anche con forme ulteriori di partecipazione, informazione e comunicazione. Pertanto, fino a quel momento, restano tuttora in vigore le norme ex artt. 23 e 24 del citato RD 1357/1940 come specificamente impone l’art. 158 del Dlg 42/2004, integrate, ai fini partecipativi, dalle norme generali della l. 7 agosto 1990 n. 241. È soltanto da precisare che siffatta partecipazione, con la relativa pubblicità, in assenza del definitivo recepimento in Sicilia del citato art. 144, s’invera nelle forme ordinarie del RD 1357/1940 e della l. 241/1990 e senza che ciò trasmuti in qualsivoglia forma di codecisione con i soggetti coinvolti, nei limiti posti dalla stessa Regione con il decreto assessorile n. 5820 dell’8 maggio 2002. Il criterio di sufficienza della partecipazione va quindi valutato in con-creto, ossia in relazione sia alla concertazione istituzionale di cui all’art. 5, c. 5 del D.A. 5820/2002, sia alle occasioni effettive in cui i soggetti medesimi abbiano potuto manifestare il proprio avviso alla P.A. procedente. La mancanza dell’art. 144, nella specie e ben lungi dal trasformare ciò in un error in procedendo, ha indotto anzi l’Assessorato, mutuando all’uopo la procedura dall’art. 139 per la dichiarazione di notevole interesse, ad assicurare un adeguato coinvolgimento concertativo (non codecisorio, è ovvio) dei soggetti stessi attraverso la duplice fase della previa adozione e della definitiva approvazione del piano a seguito degli avvisi espressi da questi ultimi.
Il Comune appellato se ne duole, ma non dimostra quale procedura alternativa all’art. 144 sarebbe potuta esser più congrua, né tampoco in che cosa si sia sostanziato il mancato apporto partecipativo a causa di quella adoperata dell’Assessorato.
Il Comune contesta poi la scala cartografica (1:50.000) scelta dall’ Assessorato medesimo per la redazione delle carte allegate al piano. Il Comune ritiene, perché troppo elevata, inidonea la scala adottata dall’ Assessorato a garantire l’esatta rappresentazione e delimitazione dei beni, specialmente dove ricada la linea di confine tra le aree interessate dai vari livelli di tutela ed al riguardo colorate in modo differente. In realtà, il Comune si riferisce alle sole tavole generali, afferenti al piano adottato, per cui, in sede d’approvazione di questo, si potrà avere una cartografia che, con maggior dettaglio, rappresenti più in particolare (ossia, con una più immediatamente percepibile indicazione, rispetto ai limiti delle particelle coinvolte) l’andamento delle linee di confine tra le aree stesse.
Infine, lamenta il Comune appellato che l’effetto conformativo del piano impugnato, per quanto concerne l’area di massima protezione, si riverberi con un vincolo d’inedificabilità (art. 20 delle NTA) sulle zone E (rurali) di PRG, per le quali la legge ammette invece la realizzabilità di case rurali case rurali ed insediamenti produttivi sul fondo. Il motivo è malamente riproposto, perché non indica a quali norme legislative regionali si faccia riferimento, tant’è che quest’ultimo s’evince solo dalla lettura del ricorso di primo grado, che riguarda appunto la violazione dell’art. 22 della l.r. 27 dicembre 1978 n. 71 e dell’art. 15 della l. r. 12 giugno 1976 n. 78. Ebbene, quanto al primo aspetto, l’effetto conformativo del piano prevale ex lege su ogni diversa previsione degli strumenti urbanistici, mentre gli insediamenti indicati nel citato art. 22, il cui regime è già in sé molto rigoroso, vanno valutati in base al precedente art. 1, lett. c), cioè nel senso che la loro ammissibilità è legittimamente subordinata alla valorizzazione ed alla salvaguardia del patrimonio naturale e dell’ambiente. In ordine, poi, al secondo aspetto, è solo da rammentare che il piano fissa, con volizione della Regione che ne fa pieno recepimento, l’ampiezza dell’area di protezione della fascia costiera in perfetta coerenza con l’art. 142, c. 1, lett. A) del Dlg 42/2004.
8. – In definitiva, gli appelli qui riuniti vanno accolti, ma la com-plessità della controversia e giusti motivi suggeriscono la compensa-zione integrale, tra tutte le parti, delle spese del presente giudizio
P. Q. M.
Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana in sede giurisdizionale, definitivamente pronunciando e previa loro riu-nione, accoglie gli appelli in epigrafe e, in parziale riforma della sen-tenza impugnata, rigetta integralmente il ricorso di primo grado, pro-posto dal Comune di Ragusa.
Spese compensate.
Ordina all’Autorità amministrativa d’eseguire la presente sentenza.
Così deciso in Palermo il 7 marzo 2012 dal Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana in sede giurisdizionale, in camera di consiglio, con l’intervento dei Signori: Paolo Turco, Presi-dente, Antonino Anastasi, Silvestro Maria Russo (est.), Giuseppe Mi-neo, Alessandro Corbino, Componenti.
F.to Paolo Turco, Presidente
F.to Silvestro Maria Russo, Estensore
Depositata in Segreteria
27 settembre 2012