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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Appalti Numero: 252 | Data di udienza: 11 Aprile 2018

APPALTI – Gravi illeciti professionali – Risoluzione contrattuale sub iudice – Stazione appaltante – Possibilità di applicare la causa di esclusione di cui all’art 80 del d.lgs. n. 50/2016 – Supporti probatori – Motivazione.


Provvedimento: Sentenza
Sezione:
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 30 Aprile 2018
Numero: 252
Data di udienza: 11 Aprile 2018
Presidente: De Nictolis
Estensore: Gaviano


Premassima

APPALTI – Gravi illeciti professionali – Risoluzione contrattuale sub iudice – Stazione appaltante – Possibilità di applicare la causa di esclusione di cui all’art 80 del d.lgs. n. 50/2016 – Supporti probatori – Motivazione.



Massima

 

CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA PER LA REGIONE SICILIANA – 30 aprile 2018, n. 252


APPALTI – Gravi illeciti professionali – Risoluzione contrattuale sub iudice – Stazione appaltante – Possibilità di applicare la causa di esclusione di cui all’art 80 del d.lgs. n. 50/2016 – Supporti probatori – Motivazione.

L’art. 80 del d.lgs. n. 50/2016, la cui elencazione dei gravi illeciti professionali è meramente esemplificativa, consente l’esclusione, al di là delle tipizzazioni che pur ne costituiscono il nucleo (al cospetto delle quali opera un meccanismo di tipo presuntivo), anche in tutti i casi in cui “la stazione appaltante dimostri con mezzi adeguati che l’operatore economico si è reso colpevole di gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità.” Ne consegue che a un’impresa non basta aver contestato in giudizio la risoluzione contrattuale subìta per porsi completamente al riparo, per tutta la durata del processo, dal rischio di esclusioni da gare d’appalto indotte dalla relativa vicenda risolutoria. Anche in presenza di una risoluzione per inadempimento che si trovi sub iudice, infatti, alla Stazione appaltante non è precluso applicare ugualmente la causa di esclusione di cui al menzionato art. 80, valorizzando la clausola normativa di chiusura sulla possibilità di dimostrare comunque “con mezzi adeguati che l’operatore economico si è reso colpevole di gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità”. All’uopo occorre, però, che essa sia appunto in grado di far constare con i necessari supporti probatori, e con motivazione adeguata, la effettività, gravità e inescusabilità degli inadempimenti dell’impresa, e perciò, correlativamente, la mera pretestuosità delle contestazioni da questa sollevate in giudizio avverso la misura risolutoria, oltre che, naturalmente, la dubbia “integrità o affidabilità” del medesimo operatore.

Pres. De Nictolis, Est. Gaviano – E. s.r.l. (avv. Cannizzaro) c. Fondazione Istituto G. Giglio di Cefalù (avv. Di Giorgio)


Allegato


Titolo Completo

CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA PER LA REGIONE SICILIANA – 30 aprile 2018, n. 252

SENTENZA

 

CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA PER LA REGIONE SICILIANA – 30 aprile 2018, n. 252


Pubblicato il 30/04/2018

N. 00252/2018REG.PROV.COLL.
N. 01017/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA PER LA REGIONE SICILIANA

in sede giurisdizionale

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1017 del 2017, proposto dalla Emanuele Fiore Mancini s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Vincenzo Cannizzaro, con domicilio eletto presso il suo studio in Palermo, via Belgio, 20;

contro

Fondazione Istituto G. Giglio di Cefalù, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Fabio Di Giorgio, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Catania, via Amore, 10;

nei confronti

Gimas s.r.l., non costituita in giudizio;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. SICILIA – PALERMO n. 2548/2017, resa tra le parti.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della Fondazione Istituto G. Giglio di Cefalù;
Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 11 aprile 2018 il Cons. Nicola Gaviano e uditi per le parti gli avvocati Vincenzo Cannizzaro e Giuseppe Innocenti, questo secondo su delega dell’avv. Di Giorgio;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1 La s.r.l. Emanuele Fiore Mancini impugnava, con ricorso al T.A.R. per la Sicilia, il provvedimento della Fondazione Istituto G. Giglio di Cefalù del 13 settembre 2017 con il quale era stata disposta la revoca dell’aggiudicazione provvisoria in suo favore della gara relativa alla fornitura biennale di dispositivi per la biopsia prostatica – lotto 3 (aghi ecogeni tipo chiba), nonché l’aggiudicazione della stessa gara alla Gimas s.r.l., seconda classificata; veniva altresì richiesta la declaratoria dell’inefficacia del contratto stipulato con la controinteressata, e del diritto della ricorrente al subentro nella sua esecuzione, con riserva di una successiva azione per il risarcimento dei danni per equivalente.

La revoca impugnata, disposta ai sensi dell’art. 80, comma 5, lett. c), del d.lgs. n. 50/2016, era stata motivata in ragione dell’avvenuta risoluzione per inadempimento il precedente 11 settembre 2017, vale a dire solo due giorni prima, di un precedente contratto di fornitura di dispostivi medici stipulato tra le parti il 13 ottobre 2015.

Il ricorso era affidato alle seguenti censure: violazione e falsa applicazione dell’art. 80, c. 5, lett. c), d.lgs. n. 50/2016 – violazione e falsa applicazione delle linee guida dell’ANAC n. 6/2016 – eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione.

In sostanza, la ricorrente deduceva che la risoluzione del precedente contratto non poteva integrare un “grave illecito professionale”, quale causa giustificativa della revoca della nuova aggiudicazione, in quanto era stata impugnata davanti al Tribunale civile di Termini Imerese (udienza di citazione 25/2/2018), mentre l’art. 80, comma 5, lett. c), del d.lgs. n. 50/2016 presuppone che la risoluzione per inadempimento non sia stata contestata in giudizio.

L’Amministrazione e la controinteressata, benché ritualmente intimate, non si costituivano in giudizio.

2 Il Tribunale adìto con la sentenza n. 2548/2017 in epigrafe, emessa in forma semplificata ai sensi dell’art. 60 C.P.A., respingeva il ricorso, reputandolo infondato.

3 Seguiva avverso tale sentenza la proposizione del presente appello da parte della società soccombente, che riproponeva le proprie domande e doglianze e sottoponeva a critica gli argomenti con cui il Tribunale le aveva disattese.

Questo Consiglio con ordinanza n. 14 del 10-12 gennaio 2018 accoglieva la domanda cautelare proposta dalla ricorrente, ritenendo che apparisse “meritevole di favorevole valutazione, in presenza di una risoluzione contrattuale sub iudice, la censura della società ricorrente di difetto di motivazione, da parte della Stazione appaltante, in ordine all’integrità/affidabilità della medesima concorrente”.

Nel prosieguo del giudizio la Stazione appaltante si costituiva in resistenza all’impugnativa, deducendone l’infondatezza e chiedendone il rigetto.

L’appellante con successiva memoria riprendeva, per converso, i propri argomenti e rilievi critici, insistendo per l’accoglimento dell’appello.

Alla pubblica udienza dell’11 aprile 2018 la causa è stata trattenuta in decisione.

4 L’appello è fondato nei termini che verranno esposti.

5 Ai fini di causa viene in rilievo la previsione dell’art. 80, comma 5, lett. c), del d.lgs. n. 50/2016, che per quanto qui rileva stabilisce: “Le stazioni appaltanti escludono dalla partecipazione alla procedura d’appalto un operatore economico in una delle seguenti situazioni … qualora: … c) la stazione appaltante dimostri con mezzi adeguati che l’operatore economico si è reso colpevole di gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità. Tra questi rientrano: le significative carenze nell’esecuzione di un precedente contratto di appalto o di concessione che ne hanno causato la risoluzione anticipata, non contestata in giudizio, ovvero confermata all’esito di un giudizio, ovvero hanno dato luogo ad una condanna al risarcimento del danno o ad altre sanzioni…”.

Il Giudice di prime cure con la propria sentenza ha osservato per un verso, sul piano esegetico, che l’elencazione dei gravi illeciti professionali contenuta nel citato art. 80, comma 5, lett. c), non è tassativa ma solo esemplificativa, in quanto mira a tutelare il vincolo fiduciario che deve sussistere tra Amministrazione e operatore economico, consentendo quindi di attribuire rilevanza a ogni tipologia di illecito che per la sua gravità sia in grado di minare l’integrità morale e professionale del secondo. Per altro verso, con più specifico riferimento alla concreta vicenda, che “l’inadempimento (incontestato) posto in essere dalla ricorrente in ordine al precedente contratto di forniture ha dato luogo non solo alla risoluzione del contratto (oggetto di contestazione davanti all’a.g.o.), ma anche all’applicazione di una penale, rispetto alla quale non vi è contestazione nell’an, ma solo nel quantum”.

Da ciò la conclusione del T.A.R. della legittimità della revoca dell’aggiudicazione provvisoria disposta dalla Stazione appaltante.

6 Il Consiglio ritiene che le critiche mosse avverso la così motivata decisione meritino accoglimento, con particolare riferimento al mancato esame da parte del Tribunale della fondata censura di difetto d’istruttoria e, soprattutto, di motivazione della revoca di aggiudicazione oggetto di controversia.

6a L’esame della causa richiede però innanzitutto delle opportune premesse.

La ricorrente nella vigenza del precedente contratto del 13 ottobre 2015 ebbe a subire, per ritardi nell’esecuzione delle forniture, una prima applicazione di penali con nota del 10 maggio 2017 per l’importo di euro 2.143,26, e una seconda con nota dell’11 settembre 2017 per l’ammontare di euro 6.613,53.

Con la stessa seconda nota veniva altresì disposta, in forza dei medesimi ritardi colpiti contestualmente da penale, la risoluzione del contratto.

Due giorni dopo, con provvedimento del 13 settembre 2017 la Fondazione Istituto G. Giglio disponeva a carico dello stesso operatore la revoca dell’aggiudicazione provvisoria in suo favore (risalente al precedente giorno 5) della gara relativa all’affidamento di una nuova fornitura.

La motivazione che la Stazione appaltante poneva a base del proprio atto di revoca era la seguente: “Considerato che … con nota … del 11/9/2017, questa Fondazione, a causa di reiterate inadempienze contrattuali relative all’affidamento di precedenti forniture di dispositivi medici di cui al contratto … del 13/10/2015, è stata costretta a procedere all’emissione di un atto di revoca a carico della ditta E. Fiore Mancini s.r.l., con altresì gravi disagi per i dovuti approvvigionamenti essenziali per la continuità assistenziali; Ritenuto che per quanto sopra e in applicazione di quanto disposto dalle linee guida n. 4 dell’Anac di cui al D.Lgs. 50/2016, si ritiene giusto procedere con la revoca dell’aggiudicazione provvisoria del lotto 3 alla ditta E. Fiore Mancini e con la contestuale aggiudicazione alla 2° ditta in graduatoria …”.

L’attuale ricorrente, dinanzi a tutto ciò, impugnava:

– dapprima la risoluzione del precedente contratto dinanzi al Tribunale civile di Termini Imerese, adducendo in tale sede, in sintesi, la scarsa importanza e non imputabilità dei propri ritardi, e contestando espressamente anche l’entità delle penali inflittele, delle quali chiedeva la riduzione;

– poco dopo, la revoca dell’aggiudicazione provvisoria e il contestuale affidamento alla seconda graduata dinanzi al Giudice amministrativo.

Tanto premesso, in merito alle deduzioni svolte in giudizio dalle parti costituite deve osservarsi quanto segue.

6b La ricorrente correttamente ricorda che l’art. 80, comma 5, lett. c), del d.lgs. n. 50/2016 prevede testualmente l’esclusione dell’operatore cui siano ascrivibili “significative carenze nell’esecuzione di un precedente contratto di appalto o di concessione che ne hanno causato la risoluzione anticipata, non contestata in giudizio, ovvero confermata all’esito di un giudizio”.

La stessa società allega, tuttavia, di aver regolarmente contestato, dinanzi al Tribunale civile di Termini Imerese, la risoluzione contrattuale che l’aveva colpita.

Orbene, il Collegio ritiene che tale iniziativa processuale giovi (pur nei limiti che si vedranno nel prossimo paragr. 6f) alla ricorrente.

La Stazione appaltante ha posto a base della propria misura espulsiva dalla nuova gara una risoluzione contrattuale disposta appena due giorni prima. E’ quindi evidente come tale risoluzione non solo non potesse dirsi “confermata all’esito di un giudizio”, ma nemmeno, a ben vedere, “noncontestata in giudizio”, dal momento che al privato non era stata lasciata alcuna pur minima possibilità di adire già medio tempore le vie legali contro la risoluzione, avendo potuto materialmente farlo solo dopo essere stato colpito anche dall’esclusione dalla nuova gara (laddove, come ha fatto notare C.d.S., Sez. V, 27 aprile 2017, n. 1955, la formula normativa “non contestata in giudizio” implica che al provvedimento di risoluzione debba essere stata prestata un’acquiescenza).

La posizione della ricorrente non rientrava, pertanto, nell’ipotesi della tipizzazione legislativa di cui all’art. 80, comma 5, lett. c), incentrata sulle “carenze nell’esecuzione di un precedente contratto … che ne hanno causato la risoluzione anticipata”.

6c Il Tribunale, mostrando implicitamente di condividere la sostanza della constatazione appena fatta, ha valorizzato allora la circostanza che “l’inadempimento (incontestato) posto in essere dalla ricorrente in ordine al precedente contratto di forniture ha dato luogo non solo alla risoluzione del contratto (oggetto di contestazione davanti all’a.g.o.), ma anche all’applicazione di una penale, rispetto alla quale non vi è contestazione nell’an, ma solo nel quantum”.

Con il presente appello è stato però ragionevolmente obiettato, in proposito:

– che poiché la ricorrente in sede civile aveva contestato in radice l’imputabilità dei ritardati adempimenti ascrittile, ciò avrebbe posto sostanzialmente in questione anche lo stesso “an” dell’applicabilità delle penali;

– che, inoltre, anche l’entità delle medesime penali aveva formato nell’occasione oggetto di contestazione, con espressa domanda di riduzione, e, trovandosi sub iudice, avrebbe ben potuto uscirne ridimensionata.

Sotto questo secondo profilo la ricorrente non ha poi mancato di ricordare che il Consiglio di Stato, nel parere reso sulle pertinenti Linee Guida dell’A.N.A.C., ha avvertito che le penali di misura modesta non potrebbero considerarsi di per sé sintomatiche di un grave illecito professionale.

Il Tribunale, inoltre, non ha preso in considerazione il motivo di gravame imperniato sul difetto di motivazione dell’impugnata revoca di aggiudicazione: provvedimento la cui concreta motivazione non solo non faceva menzione delle penali inflitte, bensì della sola risoluzione contrattuale, ma aveva la pretesa di far derivare da questa l’esclusione dalla nuova gara a guisa di un automatismo. E tale motivo d’impugnazione, come si sta per vedere, risulta fondato.

6d Tirando le fila di quanto precede, e sviluppandolo, il Collegio può osservare quindi quanto segue.

6e La ricorrente non solo era stata colpita da una risoluzione che al momento della successiva revoca di aggiudicazione, ossia appena due giorni dopo, non poteva ancora dirsi “non contestata in giudizio”, ma si era doluta dinanzi al Giudice civile anche delle penali che l’avevano colpita (non guasta ricordare, infatti, che questo Consiglio con la sentenza 28 dicembre 2017, n. 575, ha esteso alle penali contrattuali quella condizione, della “non contestazione” o “definitività”, che il legislatore ha esplicitato per la risoluzione per inadempimento).

La s.r.l. Emanuele Fiore Mancini non versava, pertanto, in una condizione riconducibile ad alcuna delle esemplificazioni specifiche costituenti il nucleo della norma dell’art. 80, comma 5, lett. c), del d.lgs. n. 50/2016, e pertanto della relativa causa di esclusione.

6f Quanto appena detto non è però sufficiente a concludere che la ricorrente si trovasse toutcourt al di fuori del campo di applicazione della norma appena citata, e sia perciò fondata la sua censura di violazione della norma stessa.

La norma in questione, la cui elencazione è meramente esemplificativa, consente l’esclusione, invero, al di là delle tipizzazioni che pur ne costituiscono il nucleo (al cospetto delle quali opera un meccanismo di tipo presuntivo), anche in tutti i casi in cui “la stazione appaltante dimostri con mezzi adeguati che l’operatore economico si è reso colpevole di gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità.”

Ne consegue che a un’impresa non basta aver contestato in giudizio la risoluzione contrattuale subìta per porsi completamente al riparo, per tutta la durata –per giunta, prevedibilmente cospicua- del processo, dal rischio di esclusioni da gare d’appalto indotte dalla relativa vicenda risolutoria.

Anche in presenza di una risoluzione per inadempimento che si trovi sub iudice, infatti, alla Stazione appaltante non è precluso applicare ugualmente la causa di esclusione in discussione, valorizzando la clausola normativa di chiusura sulla possibilità di dimostrare comunque “con mezzi adeguati che l’operatore economico si è reso colpevole di gravi illeciti professionali, tali da rendere dubbia la sua integrità o affidabilità”. All’uopo occorre, però, che essa sia appunto in grado di far constare con i necessari supporti probatori, e con motivazione adeguata, la effettività, gravità e inescusabilità degli inadempimenti dell’impresa, e perciò, correlativamente, la mera pretestuosità delle contestazioni da questa sollevate in giudizio avverso la misura risolutoria, oltre che, naturalmente, la dubbia “integrità o affidabilità” del medesimo operatore.

Su una lunghezza d’onda simile, del resto, il Consiglio di Stato, sez. V, con la sentenza 2 marzo 2018 n. 1299 ha già osservato che il pregresso inadempimento, anche se non abbia prodotto gli effetti risolutivi, risarcitori o sanzionatori tipizzati dal legislatore, può rilevare comunque a fini escludenti qualora assurga al rango di “grave illecito professionale”, tale da rendere dubbia l’integrità e l’affidabilità dell’operatore economico, e deve pertanto ritenersi rimessa alla discrezionalità della Stazione appaltante la valutazione della portata di “pregressi inadempimenti che non abbiano (o non abbiano ancora) prodotto” simili effetti specifici, fermo restando che in tale eventualità i correlativi oneri di prova e motivazione incombenti sull’Amministrazione sono ben più rigorosi e impegnativi rispetto a quelli operanti in presenza delle particolari ipotesi esemplificate dal testo di legge.

6g Ciò posto, è agevole avvedersi, tuttavia, che la motivazione spesa dall’Amministrazione a base della revoca di aggiudicazione da essa assunta (motivazione non integrabile, per pacifica giurisprudenza, mediante la memoria difensiva del suo legale prodotta in giudizio) non soddisfa neppure lontanamente gli impegnativi requisiti sostanziali appena richiamati.

Come si è visto, invero, tale motivazione fa risalire l’esclusione della ricorrente dalla nuova gara alla precedente risoluzione contrattuale a guisa di automatismo.

Una motivazione siffatta, però, sarebbe potuta essere sufficiente solo se la fattispecie concreta fosse rientrata nella cerchia delle esemplificazioni costituenti il nucleo della norma più volte citata, in presenza delle quali opera un meccanismo legale di tipo presuntivo (nel già citato parere della Commissione speciale del Consiglio di Stato n. 2286/2016 si è parlato di una “semplificazione a fini probatori”; nella sentenza di questo Consiglio n. 575/2017 di un “rilievo patologico ex lege”).

Ma si è già visto nel paragr. 6e che la presente vicenda non può essere fatta rientrare fra le suddette esemplificazioni tipizzate.

L’Amministrazione avrebbe potuto, quindi, fare applicazione della norma, e della causa di esclusione da essa delineata, solo a condizione di fornire una motivazione satisfattiva dei requisiti che sono stati indicati nel paragr. 6f.

E poiché essa ciò non ha fatto, l’impugnativa del privato merita accoglimento sotto il profilo, appunto, del dedotto vizio – non esaminato in prime cure- di difetto d’istruttoria e, soprattutto, di motivazione, in relazione alla corretta deduzione di fondo della ricorrente per cui nella specie, in definitiva, “il rilievo di significative carenze nell’esecuzione di un precedente appalto, pur se riscontrato dalla definitiva risoluzione del sottostante rapporto contrattuale, non è di per sé sufficiente a dimostrare l’inaffidabilità dell’operatore economico.”

7 In conclusione, le considerazioni esposte conducono all’accoglimento dell’appello nonché, di riflesso, in riforma della sentenza impugnata, dell’originario ricorso introduttivo, con il conseguente annullamento dell’impugnato atto di revoca dell’aggiudicazione.

Tale annullamento comporta a sua volta la declaratoria, pure richiesta, dell’inefficacia, ai sensi dell’art. 122 c.p.a., del contratto di fornitura concluso dall’Amministrazione il 13 settembre 2017 con la seconda graduata, con la decorrenza di cui al seguente dispositivo.

Restano tuttavia salvi gli ulteriori provvedimenti che l’Amministrazione riterrà di assumere nel corretto esercizio della propria discrezionalità.

Una considerazione complessiva della vicenda amministrativa e giurisdizionale occorsa induce il Collegio a compensare tra le parti le spese processuali del doppio grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, in sede giurisdizionale, definitivamente pronunciando sull’appello in epigrafe, lo accoglie, e per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, accoglie l’originario ricorso introduttivo e annulla il provvedimento di revoca che ne formava oggetto.

Dichiara l’inefficacia, con decorrenza dalla data di pubblicazione della presente decisione, del contratto stipulato dalla Stazione appaltante con la seconda graduata.

Compensa tra le parti le spese del doppio grado di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Palermo nella Camera di consiglio del giorno 11 aprile 2018 con l’intervento dei magistrati:

Rosanna De Nictolis, Presidente
Silvia La Guardia, Consigliere
Nicola Gaviano, Consigliere, Estensore
Giuseppe Barone, Consigliere
Maria Immordino, Consigliere

L’ESTENSORE
Nicola Gaviano
        
IL PRESIDENTE
Rosanna De Nictolis
        
        
IL SEGRETARIO

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