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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Diritto dell'energia Numero: 461 | Data di udienza: 5 Luglio 2018

DIRITTO DELL’ENERGIA – Regione Siciliana – Impianti di produzione di energie rinnovabili – Punto 21 del PEARS – Distanze – Illegittimità.


Provvedimento: Sentenza
Sezione:
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 30 Luglio 2018
Numero: 461
Data di udienza: 5 Luglio 2018
Presidente: De Nictolis
Estensore: Gaviano


Premassima

DIRITTO DELL’ENERGIA – Regione Siciliana – Impianti di produzione di energie rinnovabili – Punto 21 del PEARS – Distanze – Illegittimità.



Massima

 

CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA PER LA REGIONE SICILIANA – 30 luglio 2018, n. 461


DIRITTO DELL’ENERGIA – Regione Siciliana – Impianti di produzione di energie rinnovabili – Punto 21 del PEARS – Distanze – Illegittimità.

Il punto 21 del Piano energetico ambientale regionale siciliano (P.E.A.R.S.) approvato nel 2009 , secondo il quale "Gli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili di potenza superiore a 10 MW devono essere realizzati ad una distanza l’uno dall’altro non inferiore a 10 KM o, comunque, a distanza congrua sulla base di adeguata motivazione", è formulato in termini inammissibilmente generici e sostanzialmente discriminatori. In primo luogo infatti non tiene in alcun conto le caratteristiche socio-geografiche specifiche del territorio ove dovrebbe insediarsi il nuovo impianto, e fissa così un limite generale valido ugualmente per ambiti pianeggianti, collinari , montuosi, antropizzati, tutelati etc. con evidente irrazionalità. In secondo luogo la norma non rapporta adeguatamente la distanza minima alla tipologia e alla dimensione effettiva dell’impianto, essendo invece notorio, ad esempio, che l’impatto paesaggistico ed ambientale di un parco eolico può essere diverso rispetto a quello di un impianto fotovoltaico. Infine, e soprattutto, la norma consente la concessione dell’eventuale deroga alla distanza minima sulla base di un criterio così generico ( la congruità della distanza stessa) che finisce per qualificarsi come sostanzialmente arbitrario, mancando l’enunciazione previa di parametri obiettivi per la valutazione del requisito. Quindi, la norma va annullata presentando evidenti profili di illegittimità.

Pres. De Nictolis, Est. Gaviano – Presidenza della Regione Siciliana e altri (Avv. Stato) c. E. s.r.l. (avv.ti Velluto, Reggiani e Comandè)


Allegato


Titolo Completo

CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA PER LA REGIONE SICILIANA – 30 luglio 2018, n. 461

SENTENZA

 

CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA PER LA REGIONE SICILIANA – 30 luglio 2018, n. 461

Pubblicato il 30/07/2018

N. 00461/2018REG.PROV.COLL.
N. 00645/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA PER LA REGIONE SICILIANA

in sede giurisdizionale

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 645 del 2014, proposto dalla Presidenza della Regione Siciliana, dall’Assessorato regionale Energia e Servizi di Pubblica Utilità e dall’Assessorato regionale Beni Culturali e Identità Siciliana – Dipartimento Beni Culturali e Soprintendenza Beni Culturali di Palermo, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato, presso la quale sono domiciliati ex lege in Palermo, via De Gasperi 81;

contro

Eolica Falcone s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Giuseppe Velluto, Guido Reggiani e Carlo Comandè, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Palermo, via Nunzio Morello 40;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia n. 1459/2014, resa tra le parti, concernente mancato accoglimento di domanda di autorizzazione unica relativa ad impianto eolico denominato "Falcone".

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della soc. Eolica Falcone;
Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 5 luglio 2018 il Cons. Nicola Gaviano e uditi per le parti l’avv. dello Stato Maria Gabriella Quiligotti e l’avv. Paola Floridia su delega dell’avv. Carlo Comandé;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1 Con ricorso al T.A.R. per la Sicilia notificato l’11 settembre 2013 e depositato il seguente giorno 19 la s.r.l. Eolica Falcone, che il 19 luglio del 2007 aveva presentato una domanda di autorizzazione unica per la costruzione e gestione dell’impianto eolico denominato "Falcone", costituito da 23 aerogeneratori da realizzare in località Maronazzo, Zena e altre, nel territorio del Comune di Trapani, impugnava:

– il provvedimento D.R.S. n. 186 del 30 maggio 2013, comunicatole il successivo 14 giugno, con il quale erano stati disposti il rigetto e l’archiviazione della sua domanda di autorizzazione;

– il decreto dell’Assessorato regionale dell’Energia e dei Servizi di Pubblica Utilità n. 161 del 17 maggio 2013, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale delle Regione Sicilia n. 27 del 7 giugno 2013;

– ove occorresse, il D.D.G. del 12 agosto 2013 approvativo del calendario delle conferenze di servizi;

– in via subordinata, infine, la disciplina transitoria prevista dall’art. 13 del D.P.R.S. n. 58/2012.

Il rigetto della domanda di autorizzazione era stato motivato con la circostanza che la conferenza di servizi del 7 settembre 2011 aveva accertato la palese difformità del progetto della società dai dettami del Piano energetico ambientale regionale, approvato con Delibera della Giunta regionale n. 1 del 3 febbraio 2009 e al tempo ancora vigente, con specifico riferimento al suo art. 21 (“Limiti di potenza e distanze”), nella parte in cui stabiliva che “gli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili di potenza non inferiore a 10Mw, devono essere realizzati ad una distanza l’uno dall’altro non inferiore a 10 Km (…)”.

La ricorrente deduceva a fondamento della propria impugnativa censure che il Tribunale adìto avrebbe così esposto.

1) “Inapplicabilità dell’art. 21 del PEARS. Violazione dell’art. 13 del decreto presidenziale della Regione Sicilia 18 luglio 2012, n. 48; violazione del’art. 12 D.lgs. n. 387/2003 e degli artt. 10 bis, 14 ter e quater, 21 quinquies e nonies della legge n. 241/1990; eccesso di potere per violazione del principio tempus regit actum; elusione della sentenza TAR Sicilia Palermo n. 1849/2010; sviamento”.

L’art. 21 del P.E.A.R.S. non era norma vigente nell’ordinamento regionale al tempo dello svolgimento della conferenza di servizi del 7 settembre 2011, poiché era già stato annullato per effetto della sentenza del T.A.R. Sicilia – Palermo n. 1849 del 12 febbraio 2010. In ogni caso, il provvedimento conclusivo del procedimento autorizzatorio (decreto dirigenziale n. 186 del 30 maggio 2013) era stato adottato solo dopo l’entrata in vigore del nuovo P.E.A.R.S. approvato con decreto Presidenziale n. 48 del 18 luglio 2012 (“Regolamento recante norme di attuazione dell’art. 105, co. 5 della legge 12 maggio 2010, n.11”), il quale non prevedeva più il limite di distanza di 10 Km tra gli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili di potenza non inferiore a 10Mw: e tale nuova disciplina sarebbe stata applicabile alla fattispecie in forza di quanto disposto dall’art. 13 del decreto medesimo, trattandosi di procedimento in corso non ancora definito da conferenza di servizi decisoria alla sua data di entrata in vigore;

2) “Illegittimità derivata dei provvedimenti impugnati per illegittimità dell’art. 21 del PEARS; violazione e falsa applicazione dell’art. 12 D.lgs. n. 387/2003; violazione e falsa applicazione del DM 10 settembre 2010; violazione dell’art. 4 e 117 della Costituzione; violazione e falsa applicazione della legge n. 239/2004; violazione delle direttive 2001/77/CE, 2003/30/CE, 2009/28/CE; violazione degli artt. 1 e 3 della legge n. 241/1990; eccesso di potere per illogicità manifesta disparità di trattamento, difetto d’istruttoria e di motivazione.”

La motivazione del mancato accoglimento e dell’archiviazione della domanda di autorizzazione unica per la costruzione e gestione dell’impianto risiedeva unicamente nell’asserita violazione del parametro di distanza posto dell’art. 21 del P.E.A.R.S., previsione che sarebbe però stata in contrasto, sotto diversi aspetti, con le norme di rango primario sia nazionali, sia regionali, che disciplinano la materia;

3) “Illegittimità del decreto dell’Assessorato all’Energia e dei Servizi della Pubblica Utilità del 17 maggio 2013, violazione dell’art. 12 del D.lgs. n. 387/2003; violazione degli artt. 14.6 e 15.1 del D.M. 10 settembre 2010; violazione degli artt. 1,2,3,14 ter e quater della legge n. 241/1990; violazione dell’art. 97 e 113 della Costituzione; violazione del divieto di aggravio procedimentale; eccesso di potere per ingiustizia manifesta e illogicità”.

Veniva impugnata, in via prudenziale, la norma del decreto assessoriale n. 161 del 17 maggio 2013 che imponeva, a quanti avessero presentato un’istanza finalizzata al rilascio dell’autorizzazione unica anteriormente all’entrata in vigore del D.P. Reg. Sic. n. 48 del 2012, di formulare nel termine perentorio di trenta giorni una dichiarazione di sussistenza dell’interesse all’ottenimento del titolo autorizzatorio predetto;

4) “In via subordinata: illegittimità dell’art. 13”.

Per l’ipotesi in cui non fosse ritenuto fondato il primo motivo di gravame, infine, si censurava l’art. 13 del già menzionato decreto Presidenziale n. 48 del 18 luglio 2012, qualora interpretato nel senso di escludere l’applicazione ai procedimenti di autorizzazione unica del nuovo P.E.A.R.S. se, al momento dell’entrata in vigore di quest’ultimo, risultasse già convocata la conferenza di servizi decisoria, così come sarebbe avvenuto nel caso di specie.

La società ricorrente corredava il proprio ricorso anche di una domanda di risarcimento del danno.

Si costituivano in giudizio in resistenza al ricorso la Presidenza della Regione Siciliana, l’Assessorato regionale dell’Energia e dei Servizi di pubblica Utilità e l’Assessorato regionale dei beni culturali e dell’Identità Siciliana.

Il Tribunale accoglieva la domanda cautelare proposta dalla ricorrente con ordinanza dell’11 ottobre 2013, motivata con riferimento al fumus boni juris dei motivi riguardanti l’errata applicazione del P.E.A.R.S.. Tale provvedimento veniva però riformato da questo Consiglio con ordinanza n. 24 del 14 gennaio 2014, sulla scorta della seguente motivazione: “Ritenuto, prima facie, che il ricorso di primo grado non appare assistito da sufficienti elementi di fumus, considerato che il verbale con il quale la Conferenza dei Servizi si è espressa conclusivamente è intervenuta anteriormente all’entrata in vigore del decreto presidenziale n. 48/2012 e che, inoltre, quella del rispetto delle distanze è solo una delle problematiche emerse in sede di Conferenza dei Servizi”.

2 All’esito del giudizio di primo grado il Tribunale adìto, con la sentenza n. 1459/2014 in epigrafe, accoglieva il ricorso del privato.

2a Il primo motivo del gravame della società veniva peraltro ritenuto infondato, in forza delle seguenti considerazioni.

“E’ sufficiente rilevare che l’invocata sentenza n. 1849 del 12 febbraio 2010 di questa Sezione, che ha pronunciato l’annullamento dell’art. 21 della delibera approvativa del P.E.A.R.S., avendo ritenuti fondati i dedotti i vizi di eccesso di potere per illogicità manifesta e per disparità di trattamento, nonché di violazione e falsa applicazione dell’art. 12, comma 7, del d. lgs. 387/2003, è stata appellata innanzi al C.G.A.R.S. con ricorso n. 479 depositato il 13 aprile 2010 e che la relativa domanda cautelare è stata accolta con ordinanza n. 436 del 28 aprile 2010; il giudizio è stato sospeso con ordinanza n. 1023 del 19 dicembre 2011, sino all’esito del giudizio incidentale di legittimità costituzionale rimesso alla Corte Costituzionale, che a sua volta, con sentenza n. 80 del 3 maggio 2013, ha ritenuto inammissibili le questioni sollevate; il giudizio d’appello è stato dunque riassunto e l’udienza di discussione nel merito si è svolta il 19 marzo 2014: non risulta pertanto depositata la decisione che definirà il giudizio di secondo grado.

Ne consegue che al momento dello svolgimento della Conferenza di servizi del 7 settembre 2011, l’art. 21 del P.E.A.R.S. era norma vigente nell’ordinamento regionale, come tale pienamente applicabile alla fattispecie de qua.

A ciò si aggiunga che non può dubitarsi della natura decisoria della Conferenza di servizi disciplinata dall’art. 12 del d.lgs. 387/2003, per cui è alla data di svolgimento della medesima, anche nel caso di specie, che occorre fare riferimento al fine della corretta applicazione dell’art. 13 del decreto presidenziale della Regione Sicilia 18 luglio 2012, n. 48 che, prevedendo in modo chiaro che “Le norme del presente regolamento trovano applicazione anche in relazione ai procedimenti in corso non definiti da conferenza di servizi decisoria alla data di entrata in vigore dello stesso”, conferma l’esclusione dell’applicazione del sopravvenuto P.E.A.R.S..”

2b E il T.A.R. disattendeva parimenti anche il quarto mezzo del ricorso, recante l’impugnativa dell’art. 13 del decreto Presidenziale n. 48/2012 proposta in via subordinata per il caso della ritenuta infondatezza del primo motivo, osservando come la medesima impugnativa fosse generica e come tale inammissibile.

2c Il secondo motivo del ricorso veniva però giudicato fondato.

Sul punto il T.A.R. dichiarava, infatti, di recepire le argomentazioni della propria precedente sentenza n. 1849 del 12 febbraio 2010, con la quale era stato già annullato l’impugnato l’art. 21 del P.E.A.R.S.:

“La distanza minima stabilita – cui corrisponde un evidente vincolo – non risulta ancorata ad alcun plausibile parametro tecnico o scientifico.

In più, la previsione generalizzata di tale misura per siti anche molto diversi fra loro, porta inevitabilmente al trattamento eguale di situazioni diverse.

La norma è in realtà funzionale ad interessi solo in parte coincidenti con quelli legittimanti l’esercizio del potere regolamentare in esame.

Valgono per questo tipo di previsione le considerazioni che la giurisprudenza ha da tempo espresso a proposito della legittimità del potere regolamentare comunale in materia di localizzazione sul territorio di impianti elettromagnetici e stazioni radio base, e della finalità reale cui rispondono previsioni generalizzate di distanze minime particolarmente impeditive, del tutto avulse dalla concreta verifica dello stato dei luoghi (in questo senso, ex multis, T.A.R. Abruzzo Pescara, sez. I, 23 maggio 2009 , n. 375)”.

2d Da ciò la conclusione del Tribunale dell’illegittimità derivata dell’impugnato decreto n. 186 del 2013, che si sarebbe fondato “esclusivamente sulla rilevata violazione dei parametri posti dall’art. 21 di che trattasi, così come si evince dalla motivazione del provvedimento impugnato.”

La domanda di risarcimento del danno spiegata dalla ricorrente veniva tuttavia respinta, in quanto “formulata genericamente e … altresì priva di supporto probatorio”.

3 Seguiva avverso tale sentenza la proposizione del presente appello, per quanto di suo interesse, da parte dell’Amministrazione regionale, che sottoponeva a critica gli argomenti con i quali il predetto art. 21 era stato reputato illegittimo e, di riflesso, l’impugnativa avversaria giudicata fondata.

L’originaria ricorrente si costituiva in giudizio in resistenza all’appello riproponendo tutti i motivi del proprio primitivo ricorso e deducendo, nel prosieguo, l’infondatezza del gravame dell’Amministrazione.

Alla pubblica udienza del 5 luglio 2018 la causa è stata trattenuta in decisione.

4 Il Collegio deve preliminarmente dare atto della mancata impugnazione dei capi della sentenza in epigrafe di segno sfavorevole alla società ricorrente, ossia quelli con i quali sono stati disattesi il primo e il quarto motivo dell’originario ricorso nonché la domanda risarcitoria della soc. Eolica Falcone.

La sentenza di primo grado sotto i relativi profili deve pertanto ritenersi già passata in giudicato.

In questa sede non vi è quindi luogo a provvedere sui corrispondenti motivi del primitivo gravame, che, essendo ormai stati definitivamente respinti, solo del tutto irritualmente sono stati riproposti.

5 Tanto premesso, l’appello è infondato.

5a Come già rilevato dal Tribunale, il provvedimento reiettivo della domanda dell’attuale appellata è stato motivato dall’Amministrazione unicamente con la difformità del progetto della società dal parametro di distanza minima tra gli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili previsto dall’art. 21 del Piano energetico ambientale regionale (P.E.A.R.S.) approvato nel 2009. Anche il verbale della Conferenza decisoria agli atti denota, difatti, che la ragione ostativa emersa a carico del progetto era riconducibile alla suddetta criticità in punto di distanze, cui avevano fatto riferimento anche i pareri negativi che si trovano citati nel decreto finale.

5b Ciò posto, deve subito ricordarsi che questo Consiglio ha avuto già modo di esprimersi nel senso dell’illegittimità della norma sulle distanze recata dal citato art. 21 in occasione della propria decisione 22 luglio 2014 n. 437, che sul punto ha confermato proprio quella sentenza dello stesso T.A.R., la n. 1849/2010, cui la pronuncia in epigrafe aveva inteso uniformarsi.

Giova, allora, senz’altro ricordare, qui di seguito, le lineari argomentazioni allora esposte da questo Organo.

“Viene da ultimo in rilievo il punto 21 delle Linee Guida (Limiti di potenza e distanze) secondo il quale "Gli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili di potenza superiore a 10 MW devono essere realizzati ad una distanza l’uno dall’altro non inferiore a 10 KM o, comunque, a distanza congrua sulla base di adeguata motivazione.".

Secondo il T.A.R. – che ha annullato la disposizione perché viziata per eccesso di potere e disparità di trattamento – il criterio adottato in merito alle distanze minime non risulta ancorato ad alcun plausibile parametro tecnico- scientifico.

Sostiene l’Avvocatura che, al contrario, tale criterio – elaborato dalla Regione nell’esercizio dei suoi poteri conformativi e programmatori derivanti dalla potestà legislativa esclusiva in tema di protezione del paesaggio conferitale dall’art. 14 comma 1 lettera n) dello Statuto – mira ragionevolmente a conseguire obiettivi di sostenibilità tecnica e territoriale di impianti che per la loro invasività non possono essere concentrati su un’area ristretta del territorio.

Al riguardo osserva il Collegio che la individuazione in via generale della distanza minima, come statuito dalla sentenza appellata, non risulta effettuata sulla scorta di criteri predefiniti, idonei a dimostrarne l’effettiva ragionevolezza e congruità.

D’altra parte la disposizione è formulata in termini inammissibilmente generici e sostanzialmente discriminatori.

In primo luogo essa infatti non tiene in alcun conto le caratteristiche socio-geografiche specifiche del territorio ove dovrebbe insediarsiil nuovo impianto, e fissa così un limite generale valido ugualmente per ambiti pianeggianti, collinari , montuosi, antropizzati, tutelati etc. con evidente irrazionalità.

In secondo luogo la norma non rapporta adeguatamente la distanza minima alla tipologia e alal dimensione effettiva dell’impianto, essendo invece notorio ( per stare agli esempi più ricorrenti nella pratica giurisprudenziale) che l’impatto paesaggistico ed ambientale di un parco eolico può essere diverso rispetto a quello di un impianto fotovoltaico.

Infine e soprattutto la norma consente la concessione dell’eventuale deroga alla distanza minima sulla base di un criterio così generico ( la congruità della distanza stessa) che finisce per qualificarsi come sostanzialmente arbitrario, mancando l’enunciazione previa di parametri obiettivi per la valutazione del requisito.

Quindi, anche a voler prescindere dalla controversa questione concernente l’applicabilità nella Regione Siciliana del comma 10 dell’art. 12 e quindi in sostanza delle Linee guida nazionali per il corretto inserimento nel paesaggio di tali impianti nel territorio, la norma presenta tutti i profili di illegittimità riscontrati dal TAR ed è stata quindi esattamente annullata.”

5c L’appello in scrutinio non offre argomenti suscettibili d’indurre il Collegio a discostarsi dalle puntuali considerazioni appena riportate, le quali, meritando di essere per converso ribadite, evidenziano l’infondatezza delle critiche rivolte dall’Amministrazione alla sentenza in epigrafe.

5d La confermata fondatezza del motivo di gravame accolto a suo tempo dal primo Giudice esime il Collegio, infine, dal vaglio del terzo motivo del primitivo ricorso introduttivo, assorbito dal T.A.R. ma qui riproposto, doglianza che era stata dichiaratamente sollevata solo “in viaprudenziale” e non risulta rivestire in concreto profili d’interesse per la parte già vittoriosa.

6 Le ragioni esposte impongono, pertanto, il rigetto dell’appello dell’Amministrazione, con la conseguente conferma della sentenza impugnata.

Si ravvisano, tuttavia, elementi tali da giustificare la compensazione tra le parti delle spese processuali anche per quanto concerne il presente grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, in sede giurisdizionale, definitivamente pronunciando sull’appello in epigrafe, lo respinge.

Compensa le spese processuali del giudizio di appello tra le parti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Palermo nella Camera di consiglio del giorno 5 luglio 2018 con l’intervento dei magistrati:

Rosanna De Nictolis, Presidente
Hadrian Simonetti, Consigliere
Nicola Gaviano, Consigliere, Estensore
Giuseppe Barone, Consigliere
Giuseppe Verde, Consigliere

L’ESTENSORE
Nicola Gaviano
        
IL PRESIDENTE
Rosanna De Nictolis
        
       
IL SEGRETARIO

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