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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Diritto dell'energia Numero: 5417 | Data di udienza:

* DIRITTO DELL’ENERGIA – Istanza di autorizzazione unica ex art. 12 d.lgs. n. 387/2003 – Regione Puglia – Linee guida regionali – Omessa integrazione della documentazione prescritta – Punto 3.5. dell’Allegato alle Linee guida – Interpretazione – Principio di non aggravamento del procedimento.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 5^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 12 Novembre 2013
Numero: 5417
Data di udienza:
Presidente: Volpe
Estensore: Luttazi


Premassima

* DIRITTO DELL’ENERGIA – Istanza di autorizzazione unica ex art. 12 d.lgs. n. 387/2003 – Regione Puglia – Linee guida regionali – Omessa integrazione della documentazione prescritta – Punto 3.5. dell’Allegato alle Linee guida – Interpretazione – Principio di non aggravamento del procedimento.



Massima

 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. 5^ – 12 novembre 2013, n. 5417


DIRITTO DELL’ENERGIA – Istanza di autorizzazione unica ex art. 12 d.lgs. n. 387/2003 – Regione Puglia – Linee guida regionali – Omessa integrazione della documentazione prescritta – Punto 3.5. dell’Allegato alle Linee guida – Interpretazione – Principio di non aggravamento del procedimento.

Il punto 3.5 dell’Allegato alle Linee guida regionali, che commina la decadenza dell’istanza di autorizzazione unica ex art. 12 d.lgs. n. 387/2003, nel caso di omessa integrazione della documentazione prescritta (nella specie, dichiarazione resa da istituto bancario, relativa alla disponibilità finanziaria dell’istante), deve essere interpretato alla lice del disfavore, manifestato a livello costituzionale e comunitario, per gli inutili aggravi procedimentali , l’inciso del citato punto 3.5 “in tal caso il proponente ha ulteriori 30 giorni per completare la documentazione, decorsi inutilmente i quali l’istanza si intende automaticamente decaduta”, va pertanto correttamente inteso come riferito a una totale inerzia/inattività documentale integrativa da parte dell’istante, e non – come nella fattispecie – a una non adeguata integrazione di documenti.

 (Riforma T.a.r. PUGLIA,Bari, n. 1292/2012) – Pres. Volpe, Est. Luttazi – F. s.r.l. (avv. Conte) c. Regione Puglia (avv. Colelli)


Allegato


Titolo Completo

CONSIGLIO DI STATO, Sez. 5^ - 12 novembre 2013, n. 5417

SENTENZA

 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. 5^ – 12 novembre 2013, n. 5417

N. 05417/2013REG.PROV.COLL.
N. 06524/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente


SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6524 del 2012, proposto da Fovi s.r.l., in persona del legale rappresentante in carica,rappresentata e difesa dall’avv. Giovanni Battista Conte, e con domicilio eletto presso il difensore in Roma, via E. Q. Visconti 99;

contro

la Regione Puglia, in persona del presidente in carica, rappresentata e difesa dall’avv. Tiziana Colelli, e con domicilio eletto presso la Regione Puglia – Delegazione romana in Roma, via Barberini 36;

per la riforma

della sentenza del T.a.r. Puglia – Bari, Sezione I – n. 01292/2012, resa tra le parti, concernente diniego autorizzazione unica realizzazione impianto di produzione energia elettrica da fonte rinnovabile.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della Regione Puglia;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 19 febbraio 2013 il Cons. Giancarlo Luttazi;

Uditi per le parti gli avvocati Giovanni Battista Conte e Anna Lagonegro (nella fase preliminare), su delega dell’avv. Tiziana Colelli;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

La sentenza appellata ha respinto il ricorso proposto dalla FO.VI. s.r.l. avverso:

– il provvedimento contenuto nella nota 1 luglio 2011 prot. n. Puglia/AOO-159/01/07/2011/0008468U, con il quale il Dirigente dell’Area politiche per lo sviluppo, il lavoro e l’innovazione, servizio energia, reti, infrastrutture materiali per lo sviluppo ha rigettato l’istanza presentata dalla FO.VI. medesima per l’ottenimento dell’autorizzazione unica per la realizzazione e l’esercizio dell’impianto di produzione di energia elettrica da fonte energetica rinnovabile, localizzato in Castellaneta (TA), con potenza elettrica nominale di 19,00 MW;

– in parte qua [segnatamente la lettera x) del punto 2.2 e il punto 3.3], il presupposto documento “Disciplina del procedimento unico di autorizzazione alla realizzazione ed all’esercizio di impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili”, approvato con deliberazione della Giunta regionale 30 dicembre 2010, n. 3029.

Il diniego è stato adottato per carenze documentali (non conformità sia della dichiarazione resa da istituto bancario relativa alla disponibilità finanziaria, sia degli “strati informativi” da allegare al progetto) previamente comunicate alla ricorrente ma dall’Amministrazione ritenute non sanate dal relativo riscontro di FO.VI. s.r.l..

Il Tar ha ritenuto correttamente applicata dall’Amministrazione la sopravvenuta disciplina procedimentale di cui alla citata delibera della Giunta regionale 30 dicembre 2010 n. 3029 impugnata in parte qua; ed ha altresì ritenuto correttamente adottato il diniego per le citate carenze documentali relative alla non conformità della dichiarazione resa da istituto bancario relativa alla disponibilità finanziaria e degli “strati informativi” da allegare al progetto.

L’appello ribadisce e integra le censure disattese dal primo giudice.

La Regione si è costituita con memoria.

FO.VI. s.r.l. ha controdedotto con memoria; cui la Regione ha a sua volta replicato.

La causa è passata in decisione alla udienza pubblica del 19 febbraio 2013.

DIRITTO

1. – La decisione dell’appello richiede una più dettagliata ricostruzione del fatto.

In data 23 luglio 2010 la ricorrente FO.VI. s.r.l. ha presentato alla Regione Puglia istanza volta all’ottenimento di autorizzazione unica per la realizzazione e l’esercizio di un impianto di produzione di energia elettrica da fonte energetica rinnovabile localizzato in Castellaneta (TA) con potenza elettrica nominale 19,00 MW.

Con nota del 20 settembre 2010, il Dirigente del Settore industria ed industria energetica della Regione ha chiesto l’integrazione della documentazione allegata alla istanza, e FO.VI. ha fornito l’integrazione il successivo 23 settembre.

In data 3 ottobre 2010 è entrato in vigore il D.M. 10 settembre 2010 (recante “Linee guida per l’autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili”; pubblicato nella Gazzetta ufficiale n. 219 del 18 settembre 2010 e in vigore dal 3 ottobre 2010 ai sensi del proprio art. 1: “Le Linee guida in allegato entrano in vigore nel decimoquinto giorno successivo alla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale”).

In data 19 ottobre e 8 novembre 2010 la deducente ha sollecitato la Regione a convocare la conferenza di servizi ai sensi del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387 (“Attuazione della direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell’elettricità’”) e della deliberazione della Giunta regionale n. 35 del 23 gennaio 2007 (“Procedimento per il rilascio dell’Autorizzazione unica ai sensi del Decreto Legislativo 29 dicembre 2003, n.387 e per l’adozione del provvedimento finale di autorizzazione relativa ad impianti alimentati da fonti rinnovabili e delle opere agli stessi connesse, nonché delle infrastrutture indispensabili alla costruzione e all’esercizio”).

Con deliberazione della Giunta regionale 30 dicembre 2010 n. 3029 è stata approvata la disciplina del procedimento unico di autorizzazione alla realizzazione ed all’esercizio di impianti di produzione di energia elettrica (c.d. Linee guida regionali).

Conseguentemente vi è stata richiesta dell’Amministrazione alla ricorrente di riproporre la domanda mediante il sistema informatizzato. Ciò sul presupposto della applicabilità di tali Linee guida, secondo le disposizioni transitorie, anche al procedimento de quo, già in corso.

La deducente ha adempiuto il 15 febbraio 2011.

In data 1 marzo 2011 la Regione ha inviato alla deducente una e-mail con richiesta di integrazione documentale e preavviso di improcedibilità in caso di mancato adempimento entro 30 giorni.

Dopo un successivo carteggio e-mail su richieste di chiarimenti della deducente, e una nota integrativa da quest’ultima inviata il 30 marzo 2011 al fine di sanare le carenze documentali comunicatele dalla Regione, è stato emesso l’atto impugnato in prime cure (la citata nota 1 luglio 2011 prot. n. Puglia/AOO-159/01/07/2011/0008468U).

Il provvedimento – ravvisate carenze documentali di non conformità sia quanto alla dichiarazione resa da istituto bancario, relativa alla disponibilità finanziaria, sia degli “strati informativi” da allegare al progetto – ha negato la autorizzazione unica.

Il diniego – e le presupposte disposizioni regolamentari di cui alla lettera x) del punto 2.2. e al punto 3.3 della deliberazione regionale n. 3029 del 30 dicembre 2010 – sono stati impugnati dinanzi al Tar per la Puglia.

Il Tar ha respinto l’istanza cautelare con ordinanza n. 877/2011, la quale è stata riformata, in sede di appello cautelare, con ordinanza di questa Sezione V n. 458/2012.

Il Tar ha poi respinto il ricorso della FO.VI. s.r.l. con l’appellata sentenza n. 1292/2012.

2.0 – L’appello, che ribadisce e integra le censure disattese dal Tar, va accolto così come di seguito specificato.

2.1 – La prima serie di censure formulate dalla FO.VI. ha natura specificamente procedimentale, e va disattesa.

Ribadendo il primo motivo del ricorso di primo grado la deducente sostiene che, risultando il procedimento già avviato dal 9 ottobre 2010 (cioè – ai sensi del punto 14.4 delle Linee guida nazionali di cui al D.M. 10 settembre 2010 – 15 giorni dopo il deposito delle iniziali integrazioni, avvenuto il 23 settembre 2010: v. il precedente capo 1), eventuali carenze documentali avrebbero potuto esser contestate solo in sede di conferenza di servizi, da indire entro 30 giorni ai sensi del successivo punto 14.6; e che erroneamente l’appellata sentenza ha ritenuto in proposito che “la ricorrente, ripresentando l’istanza in modalità informatizzata, ha di fatto spontaneamente aderito alla sopravvenuta disciplina regionale”.

A prescindere da precisazioni sui riferimenti normativo-temporali del presente motivo [che invero appaiono inesatti: l’invocato D.M. 10 settembre 2010 è entrato in vigore il 3 ottobre 2010 (v. il precedente capo 1), quindi dopo la istanza iniziale del 23 luglio 2010 e le citate integrazioni del successivo 23 settembre; e ancora nelle proprie istanze 19 ottobre e 8 novembre 2010 la ricorrente sollecitava la Regione a convocare la conferenza di servizi ai sensi della normativa previgente (“ai sensi del D.Lgs. 387/2003; e della deliberazione della Giunta regionale n.35 del 23 gennaio 2007, pubblicata sul BURP n.19 del 6 febbraio 2007”) e non del successivo D.M. 10 settembre 2010, che peraltro reca particolari norme transitorie (v. punti 18.3 e seguenti) inapplicabili alle citate istanza iniziale del 23 luglio 2010, integrazioni del successivo 23 settembre, istanze 19 ottobre e 8 novembre 2010], la sentenza appellata appare corretta sul punto: prima dell’atto impugnato in primo grado (provvedimento contenuto nella nota 1 luglio 2011 protocollo n. Puglia/AOO-159/01/07/2011/0008468U), e dopo l’invocato termine di 30 giorni dal 9 ottobre 2010, la deducente, dal 15 febbraio 2011, si è ripetutamente adeguata agli atti della Regione che, dopo la citata deliberazione della Giunta regionale n. 3029 del 30 dicembre 2010 (Linee guida regionali sul procedimento unico in oggetto) chiedevano alla ricorrente (sul presupposto della applicabilità di tali Linee guida regionali, secondo le disposizioni transitorie, anche al procedimento de quo) di riproporre la domanda mediante il sistema informatizzato.

Dopo la e-mail della Regione in data 1 marzo 2011 recante richiesta di integrazione documentale e preavviso di improcedibilità in caso di mancato adempimento entro 30 giorni, vi è stato un carteggio, pure tramite e-mail, su richieste di chiarimenti della deducente; e infine, da parte di quest’ultima, una nota integrativa del 30 marzo 2011 finalizzata a sanare le carenze documentali comunicate dalla Regione, e dunque concretante, con le precedenti e-mail interlocutorie, acquiescenza alle relative richieste regionali di integrazione documentale, poiché si è concretata, rispetto alla poi contestata richiesta di riproporre la domanda mediante il sistema informatizzato, una inequivoca manifestazione di piena accettazione mediante atti univocamente rivelatori della volontà di accettarne gli effetti (v., per tutte, C.d.S. – Sez. V, 27 novembre 2012, n. 5966).

Il rilievo successivo, oltre che inammissibile per acquiescenza come da precedenti rilievi, risulta anche infondato.

La FO.VI. s.r.l. sostiene che il Tar avrebbe erroneamente ritenuto la corretta applicabilità alla fattispecie della sopravvenuta disciplina procedimentale di cui alla deliberazione della Giunta regionale n. 3029 del 30 dicembre 2010; secondo la disciplina transitoria di cui al punto 7.2 di quella delibera [“i procedimenti in corso alla data di entrata in vigore del presente provvedimento sono conclusi ai sensi della previgente normativa (deliberazione della Giunta regionale 23 gennaio 2007 n.35) qualora riferiti a progetti completi della soluzione di connessione di cui al punto 2.2. lettera m) e per i quali siano intervenuti i pareri ambientali prescritti”], traendo argomenti di prova ex art. 64 del codice del processo amministrativo dalla mancata allegazione dei pareri ambientali da parte della deducente. Era invece l’Amministrazione – sostiene FO.VI. s.r.l. – a dover eccepire la carenza di prova.

Il rilievo è infondato poiché, in ogni caso, alla data di entrata in vigore della deliberazione della Giunta regionale 30 dicembre 2010 n. 3029 (1 gennaio 2011: vedine l’art. 6.1) non risultavano intervenuti tutti i pareri ambientali: il parere favorevole del Ministero per i beni e le attività culturali era datato 12 gennaio 2011 (v. l’allegato 14 al ricorso di primo grado).

Un ulteriore rilievo sostiene l’erroneità dell’appellata sentenza laddove – con riferimento al punto 3.5 del documento allegato alla deliberazione della Giunta regionale n. 3029/2010, il quale fissa un termine di 15 giorni decorrente dalla presentazione dell’istanza per la comunicazione di improcedibilità, senza la quale il procedimento si intende avviato – afferma “va comunque esclusa la perentorietà del termine de quo, non essendo rinvenibile alcuna testuale previsione al riguardo”.

Sostiene l’appellante che la e-mail della Regione 1 marzo 2011 (recante richiesta di integrazione documentale e preavviso di improcedibilità in caso di mancato adempimento entro 30 giorni) è stata comunicata quando erano trascorsi in termini previsti dalle Linee guida nazionali (D.M. 10 settembre 2010) e da quelle regionali (deliberazione di Giunta n.35 del 23 gennaio 2007, sostituita dalla deliberazione della 30 dicembre 2010 n. 3029), trascorsi i quali il procedimento è considerato avviato ex lege e quindi non può essere più considerato nella fase preliminare. Ciò determinerebbe l’erroneità della riferita affermazione della appellata sentenza “va comunque esclusa la perentorietà del termine de quo, non essendo rinvenibile alcuna testuale previsione al riguardo”.

La censura va respinta perché la deducente aveva aderito, con la propria domanda in formato digitale del 15 febbraio 2011 (allegato 10 all’appello) alla richiesta dell’Amministrazione di riproporre la domanda mediante il sistema informatizzato ai sensi delle nuove Linee guida regionali di cui alla deliberazione della Giunta regionale 30 dicembre 2010 n. 3029, punto 2.1); e la Regione, nel rispetto del termine di 15 giorni di cui al successivo punto 3.5 della delibera (“Entro 15 giorni dalla presentazione dell’istanza, la Regione, verificata la completezza formale della documentazione, comunica al richiedente l’avvio del procedimento ai sensi degli articoli 7 e 8 della legge 7 agosto 1990, n.241 e successive modificazioni e integrazioni, ovvero comunica la improcedibilità dell’istanza per carenza della documentazione prescritta; in tal caso il proponente ha ulteriori 30 giorni per completare la documentazione, decorsi inutilmente i quali l’istanza si intende automaticamente decaduta. Trascorso il termine di 15 giorni dalla presentazione dell’istanza, senza che l’Amministrazione abbia comunicato l’improcedibilità, il procedimento si intende avviato”), ha concesso alla proponente l’ulteriore termine perentorio di 30 giorni per completare la documentazione.

Risulta dunque rispettata dalla Regione la tempistica posta dalla normativa, legislativa e regolamentare, statale e regionale, di riferimento. Anche se, come evidenziato nel capo che segue, la normativa regolamentare della Regione sugli effetti del mancato rispetto di quella tempistica risulta male applicata dagli atti impugnati in primo grado.

2.2.0 – Le successive censure d’appello – che ripropongono e integrano la seconda parte del primo motivo nonché il secondo e il terzo motivo del ricorso di primo grado – possono essere esaminate congiuntamente, poiché tutte relative alle carenze documentali riscontrate dall’Amministrazione regionale e alle conseguenti determinazioni di quest’ultima.

Le carenze documentali ravvisate dall’Amministrazione – sostiene l’appello – in verità consistono in semplici difformità di alcuni documenti depositati (peraltro dovute anche al mancato riscontro da parte dell’Amministrazione alle molteplici richieste di supporto avanzate dalla deducente).

L’elenco dei documenti che devono essere oggetto dell’istanza è previsto dalla normativa nazionale, la quale può essere ampliata dalle regioni soltanto con ulteriori richieste rese necessarie dalla normativa di settore e non con ulteriore documentazione che costituisca inutile aggravio procedimentale. Pertanto la norma regolamentare regionale, laddove prevede questa documentazione ulteriore come requisito di procedibilità [punti 2.2, lettera x). 3.3 e 3.5 della deliberazione della Giunta regionale n. 3029/2010], è illegittima e altresì contraria alla normativa comunitaria che impone la semplificazione dei procedimenti autorizzatori in materia di energia rinnovabile (direttive 2001/77/CE e 2009/28/CE).

Quanto alla “bancabilità” – prosegue l’appellante – la legge regionale 21 ottobre 2008, n. 31 [art. 4, comma 1, lett. a)] prevede il deposito della relativa dichiarazione come indispensabile solo per la convocazione della conferenza di servizi e non per la procedibilità delle domande.

Inoltre, se è plausibile accompagnare alla presentazione di un progetto un piano economico asseverato da un istituto bancario, appare invece vessatorio gravare l’impresa anche della dichiarazione attestante che la medesima società disponga di adeguate risorse finanziarie, in quanto è evidente che le risorse finanziarie sono erogate dagli istituti di credito solo successivamente all’approvazione del progetto di autorizzazione.

Le carenze documentali riscontrate avrebbero potuto tutt’al più legittimare una sospensione del procedimento secondo i principi contenuti nel citato D.M. 10 settembre 2010, non già il rigetto definitivo dell’istanza. Ciò ai sensi del punto 3.5 della deliberazione della Giunta regionale n. 3029/2010 (“Entro 15 giorni dalla presentazione dell’istanza, la Regione, verificata la completezza formale della documentazione, comunica al richiedente l’avvio del procedimento ai sensi degli articoli 7 e 8 della legge 7 agosto 1990, n. 241 e successive modificazioni e integrazioni, ovvero comunica la improcedibilità dell’istanza per carenza della documentazione prescritta; in tal caso il proponente ha ulteriori 30 giorni per completare la documentazione, decorsi inutilmente i quali l’istanza si intende automaticamente decaduta. Trascorso il termine di 15 giorni dalla presentazione dell’istanza, senza che l’Amministrazione abbia comunicato l’improcedibilità, il procedimento si intende avviato”) e del punto 14.4 del D.M. 10 settembre 2010 (“Entro 15 giorni dalla presentazione dell’istanza, l’Amministrazione competente, verificata la completezza formale della documentazione, comunica al richiedente l’avvio del procedimento ai sensi degli articoli 7 e 8 della legge n.241 del 1990 e successive modificazioni e integrazioni, ovvero comunica la improcedibilità dell’istanza per carenza della documentazione prescritta; in tal caso il procedimento può essere avviato solo alla data di ricevimento dell’istanza completa. Trascorso detto termine senza che l’Amministrazione abbia comunicato l’improcedibilità, il procedimento si intende avviato”).

In particolare, nel caso in esame la presentazione delle integrazioni richieste dall’Amministrazione è avvenuta il 30 marzo 2011. Pertanto, l’eventuale provvedimento di improcedibilità doveva essere comunicato entro il 14 aprile seguente ed è stato invece inviato il 1 luglio 2011, ben oltre tre mesi dalla presentazione delle integrazioni.

Prosegue FO.VI. s.r.l., nel terzo riproposto motivo, che, in base al sopraccitato testo del punto 14.4 del D.M. 10 settembre 2010 (“Entro 15 giorni dalla presentazione dell’istanza, l’Amministrazione competente, verificata la completezza formale della documentazione, comunica al richiedente l’avvio del procedimento ai sensi degli articoli 7 e 8 della legge n.241 del 1990 e successive modificazioni e integrazioni, ovvero comunica la improcedibilità dell’istanza per carenza della documentazione prescritta; in tal caso il procedimento può essere avviato solo alla data di ricevimento dell’istanza completa. Trascorso detto termine senza che l’Amministrazione abbia comunicato l’improcedibilità, il procedimento si intende avviato”), l’unico potere dell’Amministrazione, qualora riscontri la carenza formale di documentazione, è di non avviare il procedimento fino alla data di completamento dell’istanza, non già di rigettarlo costringendo la ricorrente a ripresentarlo e ad assumere di nuovo tutti i costi istruttori già supportati.

Invece – lamenta FO.VI. – la sentenza appellata ha erroneamente ritenuto che le successive Linee guida regionali di cui alla deliberazione n. 3029/2010 abbiano legittimamente, ai sensi del punto 6.1 dello stesso D.M. 10 settembre 2010 (“Le Regioni o le Province delegate rendono pubbliche anche tramite il proprio sito web, le informazioni circa il regime autorizzatorio di riferimento a seconda della tipologia, della potenza dell’impianto e della localizzazione, l’autorità competente al rilascio del titolo, la eventuale documentazione da allegare all’istanza medesima aggiuntiva a quella indicata al paragrafo 13 e comunque relativa alle competenze degli enti tenuti ad esprimersi nell’ambito del procedimento unico, il numerodi copie necessario, le modalità e i termini di conclusione dei relativi procedimenti, fornendo l’apposita modulistica per i contenuti dell’istanza di autorizzazione unica”), stabilito una differente scansione temporale del procedimento con modifica peggiorativa rispetto la disciplina statale, contraria alla logica e alla stessa intenzione del legislatore regionale, illegittimamente consentendo all’Amministrazione, in ogni caso di difformità documentale, di dichiarare l’improcedibilità dell’istanza senza preclusioni e limiti temporali.

In questo modo lo strumento del procedimento unico invece di accelerare e semplificare il procedimento (così come richiesto espressamente dalle direttive della Comunità europea e dal decreto legislativo n. 387/2003) verrebbe compromesso e complicato.

2.2.1 – I rilievi testé descritti sono fondati nel senso che di seguito si precisa.

Quanto alla prima delle due ostative anomalie ascritte dall’impugnata nota protocollo n. Puglia/AOO-159/01/07/2011/0008468U del 1 luglio 2011 [dichiarazione resa da istituto bancario relativa alla disponibilità finanziaria (c.d. bancabilità) “non conforme ai requisiti della LR 31 art. 4)”], la citata e-mail della Regione del 1 marzo 2011, con richiesta di integrazione documentale e preavviso di improcedibilità in caso di mancato adempimento entro 30 giorni (ed alla quale la deducente si era conformata: v. il precedente capo 2.1), richiedeva, ai sensi del punto 2.2, lettere w) ed x), della citata delibera n. 3029 del 30 dicembre 2010:

– un piano economico finanziario, asseverato da un istituto bancario o da un intermediario finanziario iscritto nell’elenco speciale di cui all’articolo 107 del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia (decreto legislativo 1 settembre 1993, n. 385), come da ultimo modificato dall’articolo 1, comma 1, lettera m), del decreto legge 27 dicembre 2006, n. 297, come a sua volta modificato dalla relativa legge di conversione, che ne attestasse la congruità [ai sensi dell’art. 4, comma 1, lett. a) della legge regionale n. 31/2008];

– una dichiarazione resa da un istituto bancario la quale attestasse che il soggetto medesimo disponeva di risorse finanziarie ovvero di Linee di credito proporzionate all’investimento per la realizzazione dell’impianto [ai sensi dell’art. 4, comma 1, lett. b) della legge regionale n. 31 del 2008].

Appare con evidenza che – come correttamente rilevato dal Tar e dall’Amministrazione – le attestazioni di “bancabilità“ concretavano un importante incombente procedimentale di natura finanziaria, a garanzia dell’interesse pubblico alla realizzabilità effettiva del progetto.

A fronte di ciò la deducente, come ammesso nell’appello e nello stesso ricorso di primo grado (a pag. 14), ha presentato la corretta documentazione bancaria soltanto il 26 aprile 2011.

Analoghe considerazioni vanno fatte quanto agli “strati informativi”, di cui l’atto impugnato ha stigmatizzato la non conformità ai requisiti della determinazione dirigenziale 3 gennaio 2011, n. 1 (recante l’approvazione delle “Istruzioni tecniche per la informatizzazione della documentazione a corredo dell’Autorizzazione unica” e delle “Linee guida procedura telematica”; ed emessa ai sensi dell’art. 2, comma 2.2, della deliberazione della Giunta regionale n. 3029/2010).

In proposito va condivisa la sentenza appellata laddove ha sottolineato l’importanza di una corretta elaborazione degli “strati informativi” per la necessità di avere una mappatura precisa degli impianti proposti e di quelli già autorizzati o in esercizio, per la verifica del “consumo di territorio”, e dunque ritenuto la relativa prescrizione non irragionevole, proporzionata e non eccessivamente onerosa.

La deducente non ha rispettato le prescrizioni della determinazione dirigenziale 3 gennaio 2011, n. 1 quanto agli “strati informativi”. Sicché anche per questo profilo non risultano esaurientemente adempiute le richieste procedimentali dell’Amministrazione

Detto questo, appare però da escludere che le pur presenti carenze documentali legittimassero la Regione a rigettare in toto la domanda FO.VI. s.r.l., così costringendo quest’ultima a riavviare il gravoso iter.

Quanto alla “bancabilità” può osservarsi preliminarmente che la legge regionale 21 ottobre 2008, n. 31 [art. 4, comma 1, lett. a)] prevede il deposito della relativa dichiarazione come indispensabile solo per la convocazione della conferenza di servizi di cui all’articolo 12 del d.lgs. 387/2003 e non per la procedibilità delle domande.

Invero la sopraggiunta normativa regolamentare della Regione reca in proposito, rispetto alla analoga disciplina regolamentare statale, una disposizione più incisiva, che statuisce espressamente la decadenza dell’istanza.

Infatti:

– mentre il punto 14.4 delle Linee guida statali di cui al D.M. 10 settembre 2010 prevede “Entro 15 giorni dalla presentazione dell’istanza, l’Amministrazione competente, verificata la completezza formale della documentazione, comunica al richiedente l’avvio del procedimento ai sensi degli articoli 7 e 8 della legge numero 241 del 1990 e successive modificazioni e integrazioni, ovvero comunica la improcedibilità dell’istanza per carenza della documentazione prescritta; in tal caso il procedimento può essere avviato solo alla data di ricevimento dell’istanza completa. Trascorso detto termine senza che l’Amministrazione abbia comunicato l’improcedibilità, il procedimento si intende avviato”;

– il punto 3.5 dell’Allegato alle Linee guida regionali, di cui alla deliberazione di Giunta n. 3029 del 30 dicembre 2010, prevede: “Entro 15 giorni dalla presentazione dell’istanza, la Regione, verificata la completezza formale della documentazione, comunica al richiedente l’avvio del procedimento ai sensi degli articoli 7 e 8 della legge 7 agosto 1990, n. 241 e successive modificazioni e integrazioni, ovvero comunica la improcedibilità dell’istanza per carenza della documentazione prescritta; in tal caso il proponente ha ulteriori 30 giorni per completare la documentazione, decorsi inutilmente i quali l’istanza si intende automaticamente decaduta”.

Le Linee guida regionali aggiungono dunque, rispetto alla previsione statale, l’espressa comminatoria di decadenza.

Però può convenirsi con l’appellante che una interpretazione alla luce dei principi invocati in appello, anche costituzionali e comunitari, di disfavore per gli inutili aggravi procedimentali (v. supra il capo 2.2.0), consente di escludere che le pur presenti carenze documentali portassero alla totale caducazione dell’istanza e non invece – in caso, come nella fattispecie, di atteggiamento collaborativo del soggetto istante – solo a una ulteriore integrazione documentale a carico di quest’ultimo.

Alla luce di quei principi, infatti, l’inciso del citato punto 3.5 delle Linee guida regionali “in tal caso il proponente ha ulteriori 30 giorni per completare la documentazione, decorsi inutilmente i quali l’istanza si intende automaticamente decaduta”, va correttamente inteso come riferito a una totale inerzia/inattività documentale integrativa da parte dell’istante, e non – come nella fattispecie – a una non adeguata integrazione di documenti; integrazione non esaustiva ma nel caso in esame pur sempre avvenuta.

Del resto lo stesso impugnato punto 3.3 delle Linee guida regionali prevede che la documentazione della domanda per l’autorizzazione unica “è considerata contenuto minimo dell’istanza ai fini della sua procedibilità” e non a pena di decadenza.

Da quanto sopra consegue la denunciata illegittimità della nota 1 luglio 2011 prot. n. Puglia/AOO-159/01/07/2011/0008468U, perché sul punto non ha correttamente interpretato le Linee guida regionali [segnatamente la lettera x) del punto 2.2 e il punto 3.3; nonché il punto 3.5, della deliberazione della Giunta regionale 30 dicembre 2010, n. 3029].

A fronte delle carenze documentali della ricorrente (non inerte o inattiva nel procedimento, ma pur sempre collaborativa) la Regione ha opposto alla richiesta di autorizzazione unica un non consentito diniego definitivo, anziché collaborare con l’istante al fine di completare esaurientemente la domanda.

L’appello va dunque accolto.

Le spese dei due gradi possono essere compensate.


P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie.

Per l’effetto, in riforma della sentenza appellata, accoglie il ricorso di primo grado e annulla l’impugnato provvedimento regionale in data 1 luglio 2011.

Spese compensate del doppio grado.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 19 febbraio 2013 con l’intervento dei magistrati:

Carmine Volpe, Presidente
Carlo Saltelli, Consigliere
Paolo Giovanni Nicolo’ Lotti, Consigliere
Carlo Schilardi, Consigliere
Giancarlo Luttazi, Consigliere, Estensore

L’ESTENSORE

IL PRESIDENTE
    

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 12/11/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
 

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