+39-0941.327734 abbonati@ambientediritto.it
Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Rifiuti Numero: 2683 | Data di udienza: 14 Dicembre 2012

* RIFIUTI – Discariche – Barriera geologica – Criteri di permeabilità e spessore – Art. 2.4.2 All. I d.lgs. n. 36/2003 – Equivalenza tra barriera geologica naturale e barriera artificiale – Delibera regionale di aggiornamento del piano di gestione dei rifiuti – Impianti di discarica ubicati in siti caratterizzati da litologia non argillosa – Preclusione all’autorizzazione – Illegittimità.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 5^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 17 Maggio 2013
Numero: 2683
Data di udienza: 14 Dicembre 2012
Presidente: Volpe
Estensore: Bianchi


Premassima

* RIFIUTI – Discariche – Barriera geologica – Criteri di permeabilità e spessore – Art. 2.4.2 All. I d.lgs. n. 36/2003 – Equivalenza tra barriera geologica naturale e barriera artificiale – Delibera regionale di aggiornamento del piano di gestione dei rifiuti – Impianti di discarica ubicati in siti caratterizzati da litologia non argillosa – Preclusione all’autorizzazione – Illegittimità.



Massima

 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. 5^ – 17 maggio 2013, n. 2683


RIFIUTI – Discariche – Barriera geologica – Criteri di permeabilità e spessore – Art. 2.4.2 All. I d.lgs. n. 36/2003 – Equivalenza tra barriera geologica naturale e barriera artificiale – Delibera regionale di aggiornamento del piano di gestione dei rifiuti – Impianti di discarica ubicati in siti caratterizzati da litologia non argillosa – Preclusione all’autorizzazione – Illegittimità.

L’art. 2.4.2 dell’Allegato I al D.Lgs. 13 gennaio 2003, n. 36 disciplina puntualmente i criteri di permeabilità e spessore che debbono essere posseduti dal substrato della base e dei fianchi (c.d. barriera geologica) del sito ove l’attività di discarica è esercitata, il cui soddisfacimento, nelle fattispecie concrete, deve essere accertato mediante indagini e perforazioni geognostiche. La stessa disposizione prosegue prevedendo, peraltro, che “la barriera geologica può essere completata artificialmente attraverso un sistema barriera di confinamento opportunamente realizzato che fornisca una protezione equivalente”. La disciplina in esame, quindi, stabilisce l’equivalenza, sotto il profilo delle garanzie ambientali, tra la barriera geologica naturale e la barriera artificiale. Risulta pertanto illegittima, siccome violativa del parametro normativo sopra richiamato e comunque irrazionale, la delibera regionale  di aggiornamento del piano gestione rifiuti speciali nella Regione Puglia che preclude in radice la possibilità di autorizzare in deroga gli impianti di discarica ubicati in siti caratterizzati da litologia non argillosa, senza considerare che le barriere artificiali, attraverso l’adozione di adeguati accorgimenti tecnici, sono in grado di soddisfare in maniera ottimale i requisiti di permeabilità e spessore richiesti dalla legge, al pari di quelle naturali. La ratio della previsione di cui al punto 2.4.2. dell’Allegato I al D.Lgs. n. 36/2003 è, infatti, proprio quella di consentire la gestione di una discarica allorquando siano comunque assicurabili – ed in concreto assicurate – le condizioni di sicurezza del sito, indipendentemente dal tipo di barriera.


(Riforma T.A.R. PUGLIA, Lecce, n. 93/2011) – Pres. Volpe, Est.  Bianchi – Consorzio A. (avv. Quinto) c. regione Puglia (avv. Colelli)


Allegato


Titolo Completo

CONSIGLIO DI STATO, Sez. 5^ – 17 maggio 2013, n. 2683

SENTENZA

 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. 5^ – 17 maggio 2013, n. 2683

N. 02683/2013REG.PROV.COLL.
N. 00919/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 919 del 2011, proposto da:
Consorzio Asi di Brindisi, in persona del commissario straordinario, rappresentato e difeso dall’avv. Pietro Quinto, con domicilio eletto presso Alfredo Placidi in Roma, via Cosseria, 2;

contro

Regione Puglia, in persona del presidente della giunta regionale, rappresentata e difesa dall’avv. Tiziana T. Colelli, con domicilio eletto presso Uffici Delegazione Romana Regione Puglia in Roma, via Barberini n. 36;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. PUGLIA – SEZ. STACCATA DI LECCE,SEZIONE I, n. 00093/2011, resa tra le parti, concernente aggiornamento piano gestione rifiuti speciali nella Regione Puglia.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della Regione Puglia;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 14 dicembre 2012 il Cons. Antonio Bianchi e uditi per le parti gli avvocati Pietro Quinto e Tiziana T. Colelli;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Il Consorzio ASI di Brindisi (nel prosieguo Consorzio ASI) è titolare di un progetto di ampliamento della discarica di rifiuti pericolosi (ex 2C) della Piattaforma Polifunzionale per lo smaltimento di rifiuti industriali nell’agglomerato di Brindisi.

L’impianto de quo, il cui sito non è caratterizzato da litologia argillosa, è inserito all’interno del Piano provinciale dei rifiuti, emanato in attuazione del Piano regionale.

Con delibera n. 2668 del 28 dicembre 2009, pubblicata sul BURP n. 16 del 26 gennaio successivo, la Giunta regionale pugliese aggiornava il Piano dei rifiuti, introducendo, all’art. 15, la norma per cui “per le discariche di nuova realizzazione autorizzate e non in esercizio o da autorizzare all’esercizio successivamente alla data di approvazione del presente piano, si dispone che: le deroghe richieste ai sensi dell’art. 10 del Dm 3 agosto 2005 possono essere concesse solo nelle ipotesi di siti caratterizzati da litologia argillosa”.

Per ottenere l’annullamento di detta delibera, ritenuta impeditiva della propria attività, il Consorzio ASI proponeva ricorso al TAR Puglia, sezione staccata di Lecce, deducendo, in primis, la violazione dell’art. 2.4.2 dell’Allegato I al D.Lgs. 13 gennaio 2003, n. 36, a tenore del quale la barriera geologica, qualora non soddisfi naturalmente le condizioni di permeabilità e spessore previste dalla legge, “può essere completata artificialmente attraverso un sistema barriera di confinamento opportunamente realizzato che fornisca una protezione equivalente”.

Si costituiva in giudizio la Regione Puglia, chiedendo la declaratoria di inammissibilità del gravame e comunque il suo rigetto nel merito.

Con sentenza 19 gennaio 2011 n. 93 il TAR adito, senza pronunciarsi sull’ammissibilità del ricorso, lo ha respinto, ritenendo la delibera impugnata immune dai vizi denunciati dal ricorrente.

Avverso detta sentenza il Consorzio ASI ha interposto l’odierno appello, chiedendone l’integrale riforma.

Si è costituita in giudizio la Regione Puglia, reiterando le eccezioni di inammissibilità del gravame per difetto di interesse dell’appellante (per la natura generale della delibera impugnata e in considerazione del fatto che il Consorzio non avrebbe coltivato la procedura di A.I.A., avviata in data 7 dicembre 2011 per ottenere l’autorizzazione all’esercizio dell’impianto in deroga) e chiedendone comunque la reiezione nel merito.

Con sentenza interlocutoria 7 novembre 2011, n. 5882, la Sezione ha chiesto alla Regione Puglia una documentata relazione sulle ragioni fondanti dell’art. 15, comma ultimo, dell‘impugnata delibera.

Con ordinanza 23 gennaio 2012, n. 261, la Sezione ha disposto specifica verificazione affidando il relativo incarico al Direttore del Dipartimento di Scienze della Terra e Geoambientali della Università degli studi di Bari Aldo Moro.

Con successiva ordinanza 10 settembre 2012, n. 4792, la Sezione ha disposto ulteriori incombenti istruttori, richiedendo all’Amministrazione Provinciale di Brindisi di produrre documentata relazione in ordine agli esiti della istanza avanzata dal Consorzio appellante per ottenere il provvedimento di autorizzazione integrata ambientale (A.I.A.), contenente anche la concessione della deroga ai criteri di ammissibilità dei rifiuti.

Il verificatore incaricato e la Provincia di Brindisi hanno adempiuto ai rispettivi incombenti.

Alla pubblica udienza del 14 dicembre 2012, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1.Va esaminata preliminarmente l’eccezione di inammissibilità del ricorso sollevata dalla Regione Puglia appellata.

2. Sotto un primo profilo viene rilevato che, essendo stato archiviato, con determina dirigenziale n. 12 del 2011, il procedimento avviato per il rilascio dell’A.I.A. in favore del Consorzio ricorrente per la discarica di cui trattasi, e che l’istanza del Consorzio in data 7 dicembre 2011 è rimasta priva di seguito in quanto lo stesso non l’ha integrata con nessun altro documento, l’appellante non potrebbe ottenere beneficio alcuno dall’eventuale annullamento della delibera giuntale impugnata in primo grado.

Il Consorzio, infatti, non potrebbe comunque gestire – a prescindere dalla composizione litologica del sito – l’impianto, siccome privo della necessaria autorizzazione ambientale.

L’eccezione non può essere accolta.

Ed invero, come risulta dalla documentazione versata in atti, il Consorzio ha presentato in data 13 febbraio e 4 settembre 2012 nuove istanze di rilascio dell’A.I.A., rispettivamente alla Regione Puglia e alla Provincia di Brindisi, corredate da tutti i necessari allegati.

Ne consegue che il procedimento autorizzatorio de quo risulta, allo stato, pendente.

Nessun dubbio può dunque sussistere, sotto il profilo in esame, circa l’interesse da parte del Consorzio alla proposizione dell’odierno gravame.

Infatti, laddove venga disposto l’annullamento del provvedimento impugnato, l’appellante, in caso di definizione positiva del procedimento di A.I.A., potrebbe utilmente realizzare l’ampliamento della discarica e provvedere alla sua gestione, con ciò venendo ad essere soddisfatto l’interesse sostanziale dedotto in giudizio.

3. Sotto un secondo profilo, l’appellata deduce che la delibera di Giunta Regionale con cui è stata introdotta la previsione impugnata in prime cure non rappresenterebbe un atto immediatamente lesivo degli interessi del Consorzio, avendo carattere generale.

L’ eccezione non può parimenti essere condivisa.

Vero è, infatti, che le norme aventi natura generale ed astratta vanno impugnate, in linea di principio, assieme all’atto applicativo che rende concreta la lesione degli interessi di cui sono portatori i loro destinatari.

E’ altrettanto vero però che le stesse, allorquando per il loro carattere specifico e concreto siano idonee ad incidere direttamente la sfera giuridica degli interessati, debbono essere immediatamente impugnate nei prescritti termini decadenziali.

Orbene, la deliberazione giuntale per cui è causa ha introdotto, all’interno del Piano regionale dei rifiuti, una previsione generale tale da precludere in radice la possibilità che siano autorizzati in deroga gli impianti ubicati in siti caratterizzati da litologia non argillosa.

In altri termini, siffatta previsione è tale da rendere inutile la presentazione di qualsivoglia istanza di autorizzazione da parte dei soggetti che siano titolari di impianti ubicati nei siti anzidetti, in quanto sarebbe certamente rigettata.

Nel caso di specie, come già evidenziato, il sito nel quale opera il Consorzio si trova, per l’appunto, in detta situazione, con la conseguenza che la previsione impugnata ha effetti immediati e diretti sulla posizione giuridica del Consorzio stesso, impedendo di per sé il rilascio della autorizzazione in deroga necessaria al progettato ampliamento della discarica di cui è titolare.

Donde l’interesse dell’appellante, anche sotto questo profilo, alla proposizione del gravame.

4. Con il primo motivo di ricorso il Consorzio deduce l’erroneità della gravata sentenza, per non aver rilevato la violazione da parte della delibera regionale per cui è causa del D.Lgs. n. 36/2003 e, in particolare, di quanto previsto al punto 2.4.2. dell’Allegato I.

Assume, nello specifico, che il primo giudice avrebbe errato nel non riconoscere che il citato punto 2.4.2. parifica la barriera geologica, che naturalmente soddisfi le caratteristiche di permeabilità e spessore previste dal richiamato decreto legislativo, ad una barriera artificiale che fornisca una protezione equivalente.

Pertanto, in virtù di detta parificazione legislativamente codificata, una disposizione regionale – come quella gravata – che vieti la possibilità di esercitare in ogni caso l’impianto in deroga in terreni non argillosi, impedendo la possibilità di garantire le condizioni di sicurezza attraverso l’utilizzo di una barriera artificiale equivalente, sarebbe del tutto illogica.

5. La censura merita accoglimento.

Ed invero, l’art. 2.4.2 dell’Allegato I al D.Lgs. 13 gennaio 2003, n. 36 disciplina puntualmente i criteri di permeabilità e spessore che debbono essere posseduti dal substrato della base e dei fianchi (c.d. barriera geologica) del sito ove l’attività di discarica è esercitata, il cui soddisfacimento, nelle fattispecie concrete, deve essere accertato mediante indagini e perforazioni geognostiche.

La stessa disposizione prosegue prevedendo, peraltro, che “la barriera geologica può essere completata artificialmente attraverso un sistema barriera di confinamento opportunamente realizzato che fornisca una protezione equivalente”.

La disciplina in esame, quindi, stabilisce l’equivalenza, sotto il profilo delle garanzie ambientali, tra la barriera geologica naturale e la barriera artificiale.

Per quanto sopra risulta illegittima, siccome violativa del parametro normativo sopra richiamato e comunque irrazionale, la delibera regionale per cui è causa che preclude in radice la possibilità di autorizzare in deroga gli impianti di discarica ubicati in siti caratterizzati da litologia non argillosa, senza considerare che le barriere artificiali, attraverso l’adozione di adeguati accorgimenti tecnici, sono in grado di soddisfare in maniera ottimale i requisiti di permeabilità e spessore richiesti dalla legge, al pari di quelle naturali.

La ratio della previsione di cui al punto 2.4.2. dell’Allegato I al D.Lgs. n. 36/2003 è, infatti, proprio quella di consentire la gestione di una discarica allorquando siano comunque assicurabili – ed in concreto assicurate – le condizioni di sicurezza del sito, indipendentemente dal tipo di barriera.

Del resto, la possibilità di garantire le medesime condizioni di sicurezza naturalmente esistenti in un sito argilloso mediante l’adozione di una barriera artificiale, è espressamente confermata dalla relazione depositata in atti dal verificatore in adempimento agli incombenti disposti dalla Sezione.

Al punto 5 della verificazione, infatti, viene precisato che “rispetto alle modalità comunemente utilizzate per la costruzione delle barriere, e al previsto incremento della concentrazione degli inquinanti nel percolato di discariche che operano in regime di deroga, le barriere artificiali possono essere rese equivalenti o finanche migliori di barriere naturali costituite da litologia argillosa”, attraverso alcuni “interventi, da realizzare eventualmente in combinazione, con modalità da valutare caso per caso”.

6. Per le ragioni esposte il ricorso in appello si appalesa fondato e, come tale, da accogliere. Conseguentemente, il ricorso di primo grado va accolto e il provvedimento impugnato deve essere annullato per quanto di ragione.

7. Il compenso dovuto al verificatore per le attività svolte va determinato e liquidato in euro 9.600,00, da porre a carico della Regione Puglia che provvederà al relativo pagamento a saldo, nonché al rimborso al Consorzio ASI di Brindisi dell’anticipo già corrisposto

8. Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese del doppio grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta) definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto, in riforma della gravata sentenza, accoglie il ricorso proposto dal Consorzio in primo grado, annullando per quanto di ragione il provvedimento tramite questo impugnato.

Liquida in euro 9.600,00 il compenso dovuto al verificatore, condannando la Regione Puglia al pagamento del relativo saldo, oltre al rimborso al Consorzio di quanto a tale titolo già anticipato.

Spese del doppio grado di giudizio compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 14 dicembre 2012, con l’intervento dei magistrati:

Carmine Volpe, Presidente
Paolo Giovanni Nicolo’ Lotti, Consigliere
Antonio Amicuzzi, Consigliere
Doris Durante, Consigliere
Antonio Bianchi, Consigliere, Estensore

L’ESTENSORE

IL PRESIDENTE
 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 17/05/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
 

Iscriviti alla Newsletter GRATUITA

Ricevi gratuitamente la News Letter con le novità di AmbienteDiritto.it e QuotidianoLegale.

N.B.: se non ricevi la News Letter occorre una nuova iscrizione, il sistema elimina l'e-mail non attive o non funzionanti.

ISCRIVITI SUBITO


Iscirizione/cancellazione

Grazie, per esserti iscritto alla newsletter!