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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Diritto dell'energia Numero: 2972 | Data di udienza: 31 Gennaio 2012

* DIRITTO DELL’ENERGIA – Impianto di produzione di energia da fonti rinnovabili – Autorizzazione –  L.r. Puglia n. 11/2006, art. 16, c. 2 – Istruttoria della pratica – Termine di dieci giorni – Natura ordinatoria.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 5^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 22 Maggio 2012
Numero: 2972
Data di udienza: 31 Gennaio 2012
Presidente: Barra Caracciolo
Estensore: Durante


Premassima

* DIRITTO DELL’ENERGIA – Impianto di produzione di energia da fonti rinnovabili – Autorizzazione –  L.r. Puglia n. 11/2006, art. 16, c. 2 – Istruttoria della pratica – Termine di dieci giorni – Natura ordinatoria.



Massima

 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. 5^ – 22 maggio 2012, n. 2972


DIRITTO DELL’ENERGIA – Impianto di produzione di energia da fonti rinnovabili – Autorizzazione –  L.r. Puglia n. 11/2006, art. 16, c. 2 – Istruttoria della pratica – Termine di dieci giorni – Natura ordinatoria.

Il termine di 10 giorni previsto dal comma 2 dell’art. 16 della l. reg. n. 11 del 2006 per l’istruttoria della pratica non ha natura perentoria, ma meramente ordinatoria o, in limine accelleratoria, sicché il suo decorso senza che l’amministrazione abbia provveduto non costituisce prova implicita della regolarità della documentazione esibita a corredo della domanda, né sottrae all’amministrazione il potere istruttorio sull’istanza. Il silenzio va quindi configurato alla stregua del c.d. silenzio inadempimento, rimuovibile dall’interessato attraverso gli strumenti apprestati dall’ordinamento processuale perché sia fissato un termine all’amministrazione perché concluda il procedimento, ovvero promuovendo la nomina di commissario ad acta che agisca in nome e conto dell’amministrazione inadempiente.

Riforma T.A.R. PUGLIA, Bari n. 1/2009 – Pres. Barra Caracciolo, Est. Durante – I. s.r.l. (avv.ti Liccardo, Vecchione e Abenavoli) c. Regione Puglia (avv. Liberti)


Allegato


Titolo Completo

CONSIGLIO DI STATO, Sez. 5^ - 22 maggio 2012, n. 2972

SENTENZA

 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. 5^ – 22 maggio 2012, n. 2972

N. 02972/2012REG.PROV.COLL.
N. 02688/2009 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2688 del 2009, proposto da:
Ico Energy S.r.l., rappresentata e difesa dagli avvocati Federico Liccardo, Francesco Vecchione e Giuseppe Abenavoli, con domicilio eletto presso l’avv. Marco Tronci in Roma, via Sabotino 22;

contro

la Regione Puglia, rappresentata e difesa dall’avv. Maria Liberti, con domicilio eletto presso la Delegazione della Regione Puglia in Roma, via Barberini, 36;

nei confronti di

Comune di Monteleone di Puglia;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. PUGLIA – BARI: SEZIONE III n. 00001/2009, resa tra le parti, concernente DINIEGO AUTORIZZAZIONE PROGETTO IMPIANTO PRODUZIONE DI ENERGIA EOLICA – RISARCIMENTO DANNI

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 31 gennaio 2012 il Consigliere di Stato Doris Durante;

Uditi per le parti gli avvocati Roberto Bisceglia, su delega dell’avv. Francesco Vecchione e Maria Liberti;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1.- Ico Energy s.r.l., azienda che opera nel campo della produzione di energia elettrica ricavata da fonti rinnovabili, intendendo realizzare un insediamento per la produzione di energia eolica nel territorio del Comune di Monteleone di Puglia, in provincia di Foggia, in data 27 marzo 2007 inoltrava istanza per il rilascio dell’autorizzazione unica alla costruzione dell’impianto della potenza di 2,55 MW.

Contestualmente inoltrava alla Regione Puglia, Assessorato all’Ecologia, l’istanza per l’attivazione della procedura di assoggettabilità a valutazione di impatto ambientale del suddetto progetto.

In data 25 luglio 2007, tramite il Comune di Monteleone al quale era stato chiesto di esprimere il parere di competenza sull’impianto, veniva trasmessa ad essa società la nota dell’Assessorato all’Ecologia n. 8499 del 24 maggio 2007 (già comunicata alla società, non riscontrata e respinta al mittente), con la quale si rappresentava la carenza della documentazione presentata a corredo dell’istanza e si invitava la società a presentare una nuova istanza corredata dai documenti di cui agli artt. 9, 10 e 11 del regolamento regionale n. 16 del 2006 pubblicato sul BURP n. 128 del 6 ottobre 2006.

La Ico Energy impugnava tale determinazione con ricorso al TAR Puglia, assumendo violazione della l. n. 241 del 1990; violazione del giusto procedimento; violazione degli artt. 3, 97 e 41 della Costituzione ed eccesso di potere sotto diversi profili, assumendo di aver presentato in allegato alla domanda di autorizzazione tutta la documentazione richiesta al punto 2.3.1. comma 2 dell’allegato A della delibera di giunta regionale n. 35 del 23 gennaio 2007 e di aver allegato alla domanda di v.i.a. la stessa documentazione inoltrata all’Assessorato allo Sviluppo economico, nonché i documenti richiesti dal regolamento regionale n. 16 del 2006 e dalla l. regionale n. 11 del 2001 e perché non sarebbero indicati i documenti asseritamente mancanti, nonché per violazione della l. n. 11 del 2001 e del relativo regolamento, essendo l’istanza conforme a tale normativa.

Chiedeva anche il risarcimento dei danni subiti e subendi per effetto degli atti gravati.

2.- Il TAR Puglia, con sentenza n. 1 del 19 gennaio 2009 dichiarava inammissibile il ricorso per carenza di reale efficacia lesiva della nota impugnata, rilevando che ben poteva la società integrare la documentazione mancante e comunque lo respingeva nel merito, con compensazione in parte delle spese di giudizio.

3.- La Eco Energy ha impugnato la suddetta sentenza, di cui chiede l’annullamento o la riforma per error in iudicando e in procedendo sotto cinque diversi profili, con i quali deduce travisamento dei fatti; difetto di congrua istruttoria; violazione e falsa applicazione dell’art. 16 della l. reg. n. 11 del 2001; carenza di motivazione; ultrapetizione.

La società appellante dichiara, altresì, di avere interesse a coltivare la gradata richiesta di danni alla luce degli ingenti costi sostenuti per avviare il progetto e degli ulteriori impegni economici legati agli interventi da realizzare nel comune di Monteleone di Puglia.

4.- Si è costituita in giudizio la Regione Puglia che ha eccepito la carenza di interesse alla decisione e ha contestato in fatto e diritto le censure, sostenendo la correttezza della sentenza del TAR, attesa la natura soprassessoria della nota impugnata e la infondatezza della gradata domanda risarcitoria.

Le parti hanno depositato memorie difensive e di replica e, alla pubblica udienza del 31 gennaio 2012, il giudizio è stato assunto in decisione.

5.- Con il primo motivo, la ricorrente censura la sentenza nella parte in cui ha ritenuto che la nota impugnata era priva di efficacia lesiva.

Rappresenta che al fine di assecondare la difesa della Regione, che prospettava l’opportunità di un nuovo invio della documentazione, in data 12 ottobre 2007, ha inoltrato con una nuova istanza tutta la documentazione richiesta con la nota impugnata.

Assume che tale nuovo deposito non fa venir meno la censura avverso la declaratoria di inammissibilità dell’azione proposta, ma legittima l’aspettativa della ricorrente di vedere riconosciuto il silenzio – assenso formatosi sulla sua proposta, sulla scorta della normativa cui si era vincolata l’amministrazione con riferimento agli interventi volti ad agevolare fonti energetiche alternative.

Aggiunge, con memoria difensiva, che la nota impugnata, comunque, avrebbe determinato un arresto procedimentale, avendo in concreto rigettato la richiesta di v.i.a. e per aver provveduto oltre il termine di 10 giorni fissato dalla stessa disposizione di legge.

La Regione dal canto suo insiste sulla natura soprassessoria della nota del 24 maggio 2007.

4.1- Così riassunte le posizioni delle parti, va, innanzi tutto precisato, che la controversia attiene ad una fase del complesso procedimento volto all’autorizzazione di impianti eolici e più propriamente alla fase relativa alla richiesta di verifica circa l’assoggettamento del progetto a valutazione di impatto ambientale (c.d. screening) ex art. 16 della l. reg. n. 11 del 2001.

Non riguarda, quindi, l’attivazione del procedimento di valutazione di impatto ambientale, disciplinato dall’art. 5 della medesima legge (la valutazione di impatto ambientale, nell’ambito del procedimento di valutazione ambientale, è eventuale, in quanto consegue all’esito dello screening) e non comporta, pertanto, arresto procedimentale.

Invero, la nota impugnata, motivata con riferimento alla carenza documentale, non può qualificarsi nemmeno in termini di negativa valutazione dell’istanza di screening, e tanto meno di negativa valutazione di impatto ambientale, contenendo nella sostanza un mero invito a riformulare l’istanza coerentemente alle disposizioni della l. reg. n. 11 del 2001, corredata degli elementi dettagliatamente indicati dal regolamento regionale n. 16 del 2006, articoli 9 e 10.

Ne consegue, come riconosciuto dal TAR con la sentenza impugnata, e da questa stessa sezione con ordinanza cautelare n. 1327 dell’11 marzo 2008 (“la nota impugnata non ha natura di provvedimento di diniego di v.i.a. bensì di semplice invito a riformulare l’istanza di assoggettabilità a v.i.a. in conformità delle norme di legge e regolamento vigenti nella Regione Puglia con riferimento alla documentazione da presentare per cui non trova applicazione l’art. 10 bis in tema di preavviso di rigetto”), che non ha natura provvedimentale, sicché è fuor di luogo parlare di arresto procedimentale.

4.2- Assume l’appellante che, comunque, l’amministrazione avrebbe violato la normativa di settore che stabilisce in 10 giorni il termine per richiedere le integrazioni o la documentazione mancante e tanto evidenzierebbe la completezza della documentazione presentata.

Invero, il termine di 10 giorni previsto dal comma 2 dell’art. 16 della l. reg. n. 11 del 2006 per l’istruttoria della pratica non ha natura perentoria, ma meramente ordinatoria o, in limine accelleratoria, sicché il suo decorso senza che l’amministrazione abbia provveduto non costituisce prova implicita della regolarità della documentazione esibita a corredo della domanda, né sottrae all’amministrazione il potere istruttorio sull’istanza.

L’art. 16, l. reg. n. 11 del 2001, dopo aver elencato la documentazione da produrre a corredo dell’istanza di screening, stabilisce il modus procedendi dell’ufficio (“L’ufficio competente accerta, entro dieci giorni dal ricevimento della richiesta, la completezza degli elaborati presentati. Qualora ne rilevi l’incompletezza richiede entro lo stesso termine per una sola volta, le integrazioni e i chiarimenti necessari. La richiesta di integrazione interrompe i termini della procedura di verifica di cui al presente articolo. Nel caso in cui il proponente non ottemperi alle integrazioni entro due mesi dalla data della richiesta, non si procede al compimento della procedura di verifica”), senza attribuire alcun significato al vano decorso del suddetto termine di 10 giorni.

Tale silenzio va quindi configurato alla stregua del c.d. silenzio inadempimento, rimuovibile dall’interessato attraverso gli strumenti apprestati dall’ordinamento processuale perché sia fissato un termine all’amministrazione perché concluda il procedimento, ovvero promuovendo la nomina di commissario ad acta che agisca in nome e conto dell’amministrazione inadempiente.

4.3- Assume la società ricorrente che in forza del combinato disposto dei commi 2 e 7 dell’art. 16, della l. regionale n. 11 del 2001, il progetto da essa presentato sarebbe stato escluso dalla v.i.a. per effetto del silenzio concludente sulla istanza, essendo decorso dalla sua presentazione il termine di 60 giorni, senza che sia intervenuta pronuncia da parte dell’amministrazione.

Il comma 7 dell’art. 16, della legge regionale citata, nella formulazione al tempo vigente, effettivamente, attribuiva al silenzio dell’amministrazione sull’istanza di screening, la valenza di esclusione del progetto dalla valutazione di impatto ambientale (“L’autorità competente si pronuncia non oltre i sessanta giorni dalla data di presentazione della richiesta del proponente ovvero della presentazione della documentazione integrativa, esprimendosi contestualmente sulle osservazioni presentate…. Decorso tale termine, in caso di silenzio dell’Autorità competente, il progetto si intende escluso dalla procedura di v.i.a.”).

Il silenzio significativo previsto dalla disposizione citata, presupponeva, tuttavia, la completezza della documentazione presentata a corredo dell’istanza, oltre agli ulteriori adempimenti (parere del comune interessato dall’intervento e adeguate forme di pubblicità), elementi e formalità dettagliatamente elencate oltre che dall’art. 16, della l. reg. n. 11 del 2001, dal Regolamento regionale di attuazione n. 16 del 2006.

L’istanza presentata dalla società ricorrente in data 29 marzo 2007 non era completa ed aveva dato luogo a richiesta di integrazione documentale, oltre ad essere carente del parere e delle forme di pubblicità, sicché non poteva dar luogo al silenzio significativo di cui sopra.

La lacunosità della documentazione prodotta a corredo dell’istanza del 29 marzo 2007 è indubbia, non solo per il comportamento concludente della società che ha ripresentato l’istanza corredandola della documentazione richiesta con la nota impugnata, ma perché la stessa società ha dichiarato di aver trasmesso la documentazione prevista dall’art. 9 del regolamento n. 16 del 2006, senza menzionare l’art. 10 del suddetto regolamento che contiene l’elenco dettagliato dei documenti necessari, indicati in 11 capoversi contrassegnati con le lettere dell’alfabeto da a) ad m).

D’altra parte è la stessa ricorrente a dichiarare residuale l’interesse sull’istanza presentata in data 29 marzo 2007 laddove, nell’atto di appello, precisa che, anche a non voler prendere per buono il procedimento avviato con istanza del 29 marzo 2007, ve ne è un altro che ulteriormente legittima la posizione della ICO Energy, ovvero quello che si collega alla nuova presentazione della documentazione avvenuta in data 12 ottobre 2007.

Afferma poi che anche tale istanza non ha avuto esito alcuno e che essendo decorso il termine di 60 giorni dalla sua presentazione su di essa si sarebbe formato il silenzio – significativo ex art. 16, comma 7, l. reg. 11 del 2006.

Deve, a tal punto, darsi atto che la società ricorrente concorda in sostanza con la natura soprassessoria della nota del 24 maggio 2007, avendo tra l’altro, abbandonato, per dichiarata carenza di attualità, la censura di violazione degli artt. 7 e 10 della l. n. 241 del 1990 (adempimenti dei quali era già stata rilevata la non pertinenza, attesa la natura endoprocedimentale della nota del 27 luglio 2007).

4.4- Quanto all’istanza presentata in data 12 ottobre 2007, premesso che ai fini del decorso del termine per il formarsi del silenzio significativo, è irrilevante se essa sia “nuova istanza” o “istanza integrativa”, atteso che il termine utile al silenzio – significativo decorre comunque, anche nell’ipotesi di integrazione documentale, dal deposito della documentazione, nel caso avvenuta in data 12 ottobre 2007, l’accertamento del silenzio significativo, esula da questo giudizio, il cui petitum riguarda la nota dell’amministrazione regionale relativa all’istanza del 29 marzo 2007 e non contiene alcuna domanda esplicita di accertamento, né elementi probatori per consentire una statuizione al riguardo.

Peraltro, alla data del 12 ottobre 2007, era in parte cambiata la disciplina ed in particolare, il termine per la formazione del silenzio – significativo non era più di 60 giorni ma di 180 giorni.

Con legge regionale 14 giugno 2007, n. 17 (Disposizioni in campo ambientale, anche in relazione al decentramento delle funzioni amministrative in materia ambientale), pubblicato sul BURP n. 87 del 18 giugno 2007 (articolo 10, comma 5), era stato previsto che “Le istanze di verifica di assoggettabilità a procedure di VIA presentate alla Regione alla data di entrata in vigore della presente legge, sono esaminate e definite dalla Regione in applicazione della disciplina vigente al momento della presentazione. In relazione a tali procedimenti, il termine di conclusione del procedimento previsto dall’art. 16, comma 7, della l. reg. n. 11 del 2001 è prorogato a complessivi 180 giorni, decorsi i quali i progetti si intendono esclusi dalla procedura di VIA”.

5- Assume la società appellante che anche a voler ammettere la non immediata lesività della nota del 24 maggio 2007, il comportamento della ICO è stato in linea con lo spirito dello stesso TAR Puglia con il consolidarsi del silenzio – assenso nei termini chiariti e che tanto fonda la riforma della decisione appellata, non sussistendo né una inammissibilità, né tanto meno l’infondatezza nel merito.

Fermo, quanto esposto in ordine alla natura soprassessoria del provvedimento impugnato e dell’estraneità a questo giudizio del procedimento sull’istanza del 12 ottobre 2007, mancando al giudizio oltre alla domanda di accertamento, la prova della completezza dell’istanza, non può escludersi in via di principio che sulla predetta istanza del 12 ottobre 2007 si sia formato il silenzio significativo, con conseguente esclusione dalla valutazione di impatto ambientale, atteso che la norma all’epoca vigente dava tale valenza al silenzio. Era, comunque, onere della parte, decorso il suddetto termine, promuovere il procedimento di autorizzazione, assumendo l’implicita valutazione favorevole sull’istanza di screening.

Erroneamente, quindi, il TAR, entrando nel merito delle censure, ha escluso a priori l’operatività di tale istituto, che invece la disciplina di settore prevedeva, non essendo, peraltro, coerente con la statuizione di inammissibilità l’esame delle censure di merito.

6.- La società ricorrente chiede, poi, la riforma della sentenza, quanto alla domanda di risarcimento danni.

Invero, la questione del silenzio – assenso sull’istanza di assoggettabilità a verifica ambientale sulla quale si sofferma la ricorrente appare prospettata esclusivamente a sostegno della domanda posta da essa in via gradata – e sulla quale – allo stato, essa società dichiara di aver concentrato l’interesse alla decisione, cioè quella tesa al risarcimento dei danni.

Tuttavia tale domanda oltre ad essere infondata per mancanza di prova dell’elemento del comportamento contra legem dell’amministrazione, nonché del danno e del rapporto di causalità tra il danno e il comportamento dell’amministrazione, è inammissibile, non risultando che un provvedimento soprassessorio quale la richiesta di integrazione documentale, al quale ha dato seguito la ricorrente che ha prodotto la nuova istanza completa della documentazione richiesta, integri un comportamento causativo di danni.

Quanto sin qui esposto sulla natura soprassessoria della nota impugnata, comporta la conseguente declaratoria di inammissibilità del ricorso e della domanda risarcitoria, con conseguente riforma della sentenza, quanto alla statuizione di rigetto per error in iudicando e ultra petizione, in disparte l’inutilità delle valutazioni di carattere generale sul fenomeno delle fonti energetiche nella Regione Puglia, per giustificare comportamenti che, seppure non censurabili sotto il profilo della legittimità, denotano scarsa attenzione per gli interessi degli operatori del settore.

L’appello va, invece, accolto nei sensi e nei limiti di cui in motivazione.

Quanto alle spese di giudizio, si può disporre la compensazione parziale delle spese di entrambi i gradi di giudizio, in ragione della solo parziale soccombenza della costituita Regione, e quindi nella misura della metà; spese liquidate conseguentemente come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta) definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei sensi e nei limiti di cui in motivazione e, per l’effetto, in riforma della sentenza di primo grado dichiara inammissibile il ricorso di primo grado e la correlata domanda di risarcimento danni.

Compensa le spese di giudizio in ragione della metà, ponendole a carico della Regione nella misura di euro 3000,00, per onorari e diritti, oltre ad oneri di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 31 gennaio 2012 con l’intervento dei magistrati:

Luciano Barra Caracciolo, Presidente
Vito Poli, Consigliere
Doris Durante, Consigliere, Estensore
Antonio Bianchi, Consigliere
Fabio Franconiero, Consigliere
  
L’ESTENSORE 

IL PRESIDENTE
        
   
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 22/05/2012
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
 

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