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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Beni culturali ed ambientali Numero: 427 | Data di udienza: 19 Marzo 2013

* BENI CULTURALI E AMBIENTALI – Art. 21, c. 4, d.lgs. n. 42/2004 – Opere in aderenza o in appoggio al manufatto vincolato – Autorizzazione della Soprintendenza.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 6^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 28 Gennaio 2014
Numero: 427
Data di udienza: 19 Marzo 2013
Presidente: Maruotti
Estensore: Pannone


Premassima

* BENI CULTURALI E AMBIENTALI – Art. 21, c. 4, d.lgs. n. 42/2004 – Opere in aderenza o in appoggio al manufatto vincolato – Autorizzazione della Soprintendenza.



Massima

 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. 6^ – 28 gennaio 2014, n. 427


BENI CULTURALI E AMBIENTALI – Art. 21, c. 4, d.lgs. n. 42/2004 – Opere in aderenza o in appoggio al manufatto vincolato – Autorizzazione della Soprintendenza.

Con la disposizione di cui all’art. 21, c. 4 d.lgs. n. 42/2004, secondo cui occorre l’autorizzazione della Soprintendenza per “l’esecuzione di opere e di lavori di qualunque genere su beni culturali”, il legislatore non si è inteso riferire soltanto ai lavori ed alle opere da realizzare sul bene sottoposto al vincolo (cioè al suo interno o sulle sue facciate), ma anche ai lavori ed alle opere realizzate ‘all’esterno’ dell’edificio stesso, che alterino la consistenza dell’edificio nel suo complessivo perimetro. Mentre per le opere ‘staccate’ dall’edificio sottoposto a vincolo rilevano le disposizioni e gli atti riguardanti il c.d. vincolo indiretto (volto a salvaguardare la visibilità e lo stesso decoro e il pregio artistico e storico dell’edificio tutelato in via diretta), per le opere che comportino la modifica del perimetro, e comunque implichino ‘l’aderenza’ o ‘l’appoggio’ di un nuovo manufatto a quello vincolato, occorre pertanto l’autorizzazione della Soprintendenza, senza necessità della previa imposizione di un vincolo indiretto: non v’è dubbio che, nel realizzare l’edificio in aderenza o in appoggio, siano ‘toccate’ le stesse strutture dell’edificio sottoposto al vincolo e cioè vi sono opere e lavori “su” un bene culturale.

(Conferma TAR Umbria, n. 511/2009) – Pres. Maruotti, Est. Pannone – M.G. (avv. Rampini) c. Comune di Bettona (avv. Mariani Marini) e Ministero per i beni e le attività culturali (Avv. Stato)


Allegato


Titolo Completo

CONSIGLIO DI STATO, Sez. 6^ - 28 gennaio 2014, n. 427

SENTENZA

CONSIGLIO DI STATO, Sez. 6^ – 28 gennaio 2014, n. 427

N. 00427/2014REG.PROV.COLL.
N. 00605/2010 REG.RIC.
N. 00699/2010 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 605 del 2010, proposto dal sig. Morganti Giannantonio, rappresentato e difeso dall’avv. Mario Rampini, con domicilio eletto presso il signor Paolo Giuseppe Fiorilli in Roma, via Cola di Rienzo, 180;

contro

Il Comune di Bettona, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Alarico Mariani Marini, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Goffredo Gobbi in Roma, via Maria Cristina 8;
il Ministero per i beni e le attività culturali (Soprintendenza per i beni architettonici e paesistici dell’Umbria), in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti di

La s.r.l. Castello di Rosciano, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Pasquale Di Rienzo e Mario Busiri Vici, con domicilio eletto presso lo studio del primo in Roma, viale G. Mazzini, 11;
i signori Giuseppe Marini e Giuliana Massucci, nonché nei confronti dell’Italia Nostra Onlus;

sul ricorso numero di registro generale 699 del 2010, proposto dai signori Marini Giuseppe e Massucci Giuliana, rappresentati e difesi dall’avvocato Fulco Ruffo, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Marcello Cardi in Roma, viale Bruno Buozzi, n. 53;

contro

Il Comune di Bettona, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Alarico Mariani Marini, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Goffredo Gobbi in Roma, via Maria Cristina, 8;

nei confronti di

La s.r.l. Castello di Rosciano, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Pasquale Di Rienzo e Mario Busiri Vici, con domicilio eletto presso lo studio del primo in Roma, viale G. Mazzini, 11;
il Ministero per i beni e le attività culturali (Soprintendenza per i beni architettonici e paesistici dell’Umbria), in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria in Roma, via dei Portoghesi, 12;
il signor Giannantonio Morganti;

per la riforma parziale,

quanto a entrambi i ricorsi n. 605 e n. 699 del 2010, della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per l’Umbria, n. 511/2009.

Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Bettona, del Ministero per i beni e le attività culturali (Soprintendenza per i beni architettonici e paesistici dell’Umbria) e di Castello di Rosciano s.r.l.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 19 marzo 2013 il consigliere Andrea Pannone e uditi per le parti gli avvocati Rampini, Picciurro per delega dell’avv.to Mariani Marini, Di Rienzo, Ruffo e l’avvocato dello Stato D’Avanzo;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

 

1. Con la sentenza appellata n. 511 del 2009, il TAR per l’Umbria si è occupato delle questioni sollevate con i ricorsi di primo grado n. 226 del 2007 e relativi motivi aggiunti (dei signori G. Marini e G. Massucci) e n. 228 del 2007 (del signor G. Morganti).

Con i due ricorsi, gli interessati (ciascuno con riferimento ai propri beni) hanno impugnato (tra gli altri) i seguenti atti:

a) l’atto del Comune di Bettona 23 aprile 2007, n. 16 (che ha disposto l’annullamento d’ufficio della concessione in sanatoria 4 luglio 1989, n. 24, e del certificato di agibilità 11 novembre 1986, riguardanti opere realizzate in sopraelevazione sulla particella 417 del foglio 16), nonché l’atto del medesimo Comune 29 novembre 2007, n. 9605, riguardante il rilascio di un ulteriore certificato di agibilità;

b) le note nn. 281, 282 e 283 del 9 gennaio 2009 e n. 4523 del 26 novembre 2008, con cui la Soprintendenza per i beni architettonici e paesistici dell’Umbria ha formulato alcune proprie determinazioni, con riferimento sia all’edificio realizzato sulla particella n. 417, sia al ‘palazzo Biancalana’ (cui ‘in appoggio’ sono state realizzate le sopraelevazioni).

In particolare, la nota n. 281 ha comunicato al Comune che il ‘Palazzo Biancolana’ – in parte di proprietà pubblica – si deve intendere sottoposto ope legis a vincolo storico-artistico e che con atto del 20 ottobre 2008 era stato avviato il procedimento di dichiarazione dell’interesse culturale, ai sensi degli articoli 10 e 14 del Codice n. 42 del 2004, con i relativi effetti cautelari; la nota n. 282 ha comunicato il proprio parere negativo sulla richiesta di condono proposta con riferimento alla sopraelevazione dell’edificio posto sulla particella n. 417; la nota n. 283 ha comunicato il parere negativo in ordine alla richiesta di accertamento della compatibilità paesaggistica delle opere realizzate.

La sentenza impugnata n. 511 del 2009 ha respinto quasi tutte le censure di primo grado, tranne quelle riguardanti l’impugnazione delle note della Soprintendenza nn. 282 e 283 del 9 gennaio 2009 e della nota del Comune del 29 novembre 2007, di cui ha conseguentemente disposto l’annullamento.

2. Le complesse vicende che hanno condotto alla proposizione dei ricorsi di primo grado sono state dettagliatamente ricostruite da pp. 5 a 12 della sentenza appellata.

2.1. Per quanto rileva nel presente grado del giudizio, vanno richiamate le seguenti circostanze:

– il fabbricato posto sulla particella 417 (avente circa 7 metri di larghezza e 19 di lunghezza) è stato realizzato in aderenza e ‘in appoggio’ ad un edificio preesistente, di maggiori dimensioni e di importanza architettonica, denominato ‘Palazzo Biancalana’;

– il medesimo fabbricato si compone di tre livelli, di cui il piano terra (accessibile dalla piazza Cavour) è di proprietà dei signori Marini e Massucci, il terrazzo è di proprietà del signor Morganti (ed è comunicante con un appartamento del primo piano del ‘Palazzo Biancalana’, anch’esso del signor Morganti), mentre il piano seminterrato è diviso in due locali, uno di proprietà del Comune, l’altro di proprietà del medesimo signor Morganti, che lo ha destinato ad autorimessa (il cui accesso carrabile si apre su una strada in cui, di rimpetto, si trova il ‘Palazzo Baglioni’, di proprietà dalla s.r.l. Castello di Rosciano, intervenuta ad opponendum nei ricorsi di primo grado e costituitasi anche nel presente grado del giudizio);

– negli anni Cinquanta del secolo scorso, esisteva solo il piano seminterrato (di cui non è discussa la legittimità), al di sopra del quale vi era un giardino pensile di pertinenza del ‘Palazzo Biancalana’ e comunicante con il suo piano terreno;

– tra il 1952 ed il 1957 (la precisazione dell’anno in questa fascia temporale non rileva), al di sopra del piano seminterrato e in sostituzione del giardino pensile, è stato realizzato – senza titolo – il piano terra ora di proprietà dei signori Marini e Massucci, con il sovrastante terrazzo ora di proprietà del signor Morganti.

Oggetto del presente giudizio sono dunque gli atti che hanno riguardato la sopraelevazione, nonché quelli – connessi al condono chiesto dagli interessati – concernenti gli aspetti monumentali del ‘Palazzo Biancalana’.

In relazione alle opere del piano terra realizzate in sopraelevazione sulla particella 417, il Comune ha rilasciato:

– la concessione edilizia 4 agosto 1986, n. 81, per il mutamento di destinazione da magazzino a negozio;

– la concessione edilizia 4 luglio 1989, n. 24, in accoglimento della domanda di condono edilizio, presentata in base alla legge n. 47 del 1985.

2.2. Con il provvedimento 23 aprile 2007, n. 16, il Comune ha annullato in sede di autotutela la concessione rilasciata a titolo di condono il 4 luglio 1989, rilevando una pluralità di suoi vizi e cioè che:

– il condono non è stato preceduto dai pareri obbligatori, riguardanti il vincolo monumentale (che riguarda il ‘Palazzo Biancalana’) ed il vincolo paesaggistico (posto sull’intero territorio comunale con decreto ministeriale 10 dicembre 1962);

– non vi era stata in precedenza la certificazione di idoneità statica, neppure in occasione del rilascio della certificazione di agibilità con destinazione negozio, rilasciato l’11 novembre 1986, che è stato anch’esso dunque annullato.

Il medesimo provvedimento del 23 aprile 2007 ha inoltre rilevato che l’accesso carrabile del vano seminterrato è stato realizzato abusivamente (disponendo il ripristino della situazione originaria) ed ha rilevato che alcune opere (una serra, il pergolato, ecc.), realizzate sul terrazzo soprastante, sono difformi da quelle autorizzate nel 1980.

I ricorsi di primo grado sono stati proposti dai signori Marini, Massucci e Morganti contro il provvedimento 23 aprile 2007, n. 16.

I signori Marini e Massucci hanno proposto motivi aggiunti contro la nota del Comune del 29 novembre 2007, che – in relazione ad una istanza di riesame della pratica con riferimento al certificato di agibilità, basata su una nota della Provincia di Perugia del 1° agosto 2007 – ha considerato opportuno attendere l’esito dei pendenti ricorsi di primo grado.

2.3. Con motivi aggiunti di primo grado, gli originari ricorrenti hanno impugnato anche gli atti (indicati al § 1) emessi successivamente sulla vicenda dagli organi del Ministero per i beni e le attività culturali.

Infatti, a seguito dell’annullamento in sede di autotutela della concessione del 1989, il Comune ha reso nota al Ministero la pendenza della pratica di condono della parte del fabbricato in questione, chiedendo il suo parere in relazione al vincolo monumentale ritenuto sussistente sul ‘Palazzo Biancalana’.

Con la relazione del 20 ottobre 2008, la Soprintendenza:

– ha rilevato che il ‘Palazzo Biancalana’ è sottoposto al vincolo monumentale di cui alla legge n. 1089 del 1939 (trasfusa nel testo unico n. 490 del 1999 e poi nel Codice per i beni culturali n. 42 del 2004), poiché una sua parte è di proprietà del Comune di Bettona ed è adibito ad uso pubblico, perché ospita un settore della pinacoteca comunale:

– ha preso posizione nel senso della incompatibilità del fabbricato abusivo sia con i valori paesaggistico-ambientali, sia con quelli storico-culturali del sito.

Con la nota n. 24849 del 26 novembre 2008, il Ministero ha condiviso quanto rappresentato dalla Soprintendenza.

Nello stesso giorno in cui ha trasmesso la relazione al Ministero (20 ottobre 2008), con la nota n. 4524 la Soprintendenza ha avviato il procedimento di imposizione del vincolo storico-artistico sull’intero ‘Palazzo Biancalana’, informandone i privati proprietari ai fini della partecipazione al procedimento e avvisandoli degli effetti cautelari inerenti alla proposta (il vincolo risulta poi apposto con il provvedimento della Direzione regionale di data 12 marzo 2009).

Con note nn. 281, 282 e 283 del 9 gennaio 2009, rispettivamente la Soprintendenza:

– ha rappresentato al Comune che il ‘Palazzo Biancalana’, essendo in parte di proprietà pubblica, va considerato vincolato ope legis e che è stato avviato il 20 ottobre 2008 il procedimento per estendere il vincolo all’intero immobile;

– ha comunicato al Comune il parere negativo al condono del fabbricato per la parte d’interesse dei signori Marini e Massucci, sia per i profili ambientali che per quelli monumentali;

– ha comunicato l’analogo parere negativo per la sanatoria degli abusi contestati al signor Morganti.

I signori Marini, Massucci e Morganti hanno impugnato con motivi aggiunti questi atti del Ministero e della Soprintendenza (tranne la nota n. 4524 del 20 ottobre 2008 di avvio del procedimento di dichiarazione dell’interesse pubblico dell’intero Palazzo Biancalana, con la relativa tutela cautelare).

3. Il TAR, con la sentenza impugnata n. 511 del 2009, ha respinto i ricorsi proposti contro l’atto di annullamento d’ufficio 23 aprile 2007, n. 16, ed ha accolto in parte le deduzioni dei ricorrenti, annullando le note della Soprintendenza n. 282 (in parte) e n. 283 del 9 gennaio 2009, nonché la nota del Comune 29 novembre 2007, che non ha rilasciato il certificato di agibilità.

4. Con gli appelli in epigrafe, da riunire perché proposti avverso la medesima sentenza, i signori Marini, Massucci e Morganti hanno impugnato la sentenza del TAR, chiedendo l’accoglimento delle loro deduzioni respinte in primo grado.

5. Con l’appello n. 699 del 2010, dopo aver ricostruito le vicende che hanno condotto al presente grado del giudizio (pp. 1-8) i signori Marini e Massucci:

a) col primo motivo, hanno dedotto che le opere sono state realizzate su un’area sulla quale non vi erano vincoli e pianificata per la prima volta con il piano di fabbricazione approvato con decreto del Ministero dei lavori pubblici del 13 giugno 1958, n. 4519 (contestando la statuizione del TAR che ha considerato efficace il regolamento edilizio del Comune del 1929, nonché quella che ha ritenuto necessaria la licenza edilizia, per l’art. 31 della legge urbanistica del 1942);

b) col secondo motivo, hanno dedotto che l’atto del 23 aprile 2007, di annullamento della concessione che ha accolto l’istanza di condono, sarebbe viziato per difetto di istruttoria, perché non sarebbe stato valutato il certificato n. 9366, rilasciato dal Soprintendente su richiesta del 10 maggio 2007 ed attestante l’inesistenza del vincolo monumentale, oltre la mancata valutazione del nulla osta ambientale n. 561 del 1986 rilasciato dal Consorzio economico urbanistico dei Comuni della Valle Umbra Nord;

c) col terzo motivo, hanno rilevato che l’annullamento del condono non è stato disposto entro un termine ‘ragionevole’ (in quanto disposto a distanza di 18 anni dal rilascio della concessione in sanatoria), in violazione dell’art. 21 nonies della legge n. 241 del 1990, anche perché il Comune avrebbe dovuto valutare il nulla osta ambientale n. 561 del 1986;

d) col quarto motivo, richiamate le vicende che hanno condotto alle note del 9 gennaio 2009, hanno dedotto che non vi sarebbe il vincolo monumentale sull’edificio (criticando la opposta statuizione del TAR) e, inoltre, hanno criticato la statuizione con cui il TAR, nel pronunciarsi in senso conformativo sulla vicenda, ha osservato che – in sede di rinnovazione del procedimento di esame della originaria istanza di condono del 1986 – rileva l’atto del 20 ottobre 2008, con cui è stato avviato il procedimento di imposizione del vincolo monumentale sull’intero ‘Palazzo Biancalana’ con i relativi effetti cautelari, aggiungendo altresì che il TAR ha errato (ed invaso le valutazioni dell’Amministrazione) nel considerare l’edificio in questione come una ‘superfetazione’ del medesimo Palazzo.

A sua volta, con l’appello denominato incidentale, perché proposto successivamente, ma recante l’anteriore numero 605 del 2010, il signor Morganti:

aa) col primo motivo, ha lamentato che:

– il TAR, pur avendo rilevato che sulla particella n. 417 (esterna alla superficie di ingombro del ‘Palazzo Biancalana’) non è mai stato apposto il vincolo monumentale, ha ritenuto legittimi gli atti della Soprintendenza del 9 gennaio 2009, con cui è stato espresso il parere sfavorevole rispetto alle esigenze di tutela del vincolo monumentale;

– la proposta di vincolo del 20 ottobre 2008 è stata impugnata in primo grado, contrariamente a quanto rilevato sinteticamente dal TAR, e comunque è irrilevante nella specie, perché essa riguarda le opere da eseguire dopo la sua adozione e non anche il procedimento di condono di opere già realizzate nel 1957;

– lo stesso ‘Palazzo Biancalana’ non può essere considerato sottoposto a vincolo monumentale, come rilevato nella certificazione n. 9396, sicché nessun parere doveva e deve essere chiesto dal Comune al Ministero dei beni culturali;

– l’edificio in questione non è una superfetazione del ‘Palazzo Biancalana’, ma è un edificio autonomo;

bb) con le censure proposte contro le statuizioni del TAR di reiezione delle censure contro il provvedimento del 23 aprile 2007, ha dedotto:

– la mancata attivazione del subprocedimento finalizzato al rilascio della autorizzazione paesaggistica, che avrebbe potuto far evitare il disposto annullamento d’ufficio, da considerare dunque illegittimo per tale mancata attivazione;

– la violazione dell’art. 21 nonies della legge n. 241 del 1990, l’assenza di una puntuale motivazione e la presenza di altri profili di eccesso di potere;

– l’erroneità della statuizione del TAR secondo cui l’immobile va considerato abusivo, perché va considerato irrilevante (perché non pubblicato) il regolamento edilizio del 1929, con la conseguente irrilevanza anche dell’art. 31 della legge urbanistica, sicché rileva il fatto che esso è stato realizzato prima della entrata in vigore del regolamento edilizio approvato con delibera n. 4519 del 13 giugno 1958;

– l’erroneità della pronuncia del TAR, sia per la parte in cui essa si è riferita alla fase della rinnovazione del procedimento, poiché non si dovrebbe attribuire rilievo alla proposta in itinere di imposizione del vincolo monumentale sul ‘Palazzo Biancalana’, sia per la parte in cui ha ritenuto sussistente l’esigenza di acquisire il parere per la sussistenza di un preesistente vincolo monumentale su una parte del medesimo Palazzo;

– l’erroneità della statuizione che ha ravvisato la necessità di una licenza per l’apertura dell’accesso carrabile al vano seminterrato, rilevando che il regolamento del 1929 non è rilevante, perché mai pubblicato, sicché esso è stato realizzato quando nessun titolo era richiesto.

6. Così ricostruite le articolate censure contenute negli atti di appello, ritiene la Sezione che – sotto il profilo logico – è preliminare l’esame della questione se l’edificio in questione (tranne il seminterrato per il quale non vi è alcuna contestazione tra le parti) vada considerato abusivo.

Ritiene la Sezione che – per due distinte ragioni – vada integralmente confermata sul punto la sentenza appellata.

In punto di fatto, è pacifico che le opere in questione siano state realizzate nel corso degli anni Cinquanta, prima dell’entrata in vigore del regolamento edilizio approvato nel 1958.

In primo luogo, rileva dunque l’art. 31 della legge urbanistica n. 1150 del 1942, che nel testo originario prevedeva la necessità del previo rilascio della licenza edilizia per tutte le costruzioni da farsi nei centri abitati, a prescindere dall’esistenza di un piano regolatore e, qualora vi fosse un piano regolatore, anche dentro le zone destinate all’espansione.

Nella specie, il fabbricato si trova all’interno del centro abitato e si affaccia sulla piazza centrale, sicché risulta senz’altro applicabile l’art. 31.

In secondo luogo, il regolamento comunale del 1929 (che a sua volta già richiedeva il rilascio della licenza edilizia per la costruzione di edifici nel centro abitato, così come consentito dall’art. 111 del regolamento approvato col regio decreto 12 febbraio 1911, di attuazione dell’allora vigente testo unico sugli enti locali) risulta pubblicato sull’albo pretorio il 29 luglio 1929, unitamente alla delibera podestarile di approvazione n. 22 dell’11 luglio 1929: tali circostanze sono state documentate nel corso del giudizio di primo grado e comunque non hanno trovato contestazione specifica – con riferimento a tale documentazione – negli atti di appello.

Ciò comporta che l’istanza di condono ha riguardato opere effettivamente abusive e che l’atto di annullamento d’ufficio, emesso il 23 aprile 2007, ha il suo presupposto fondante.

Vanno dunque respinti tutti i corrispondenti motivi degli atti di appello.

7. Vanno ora esaminate le ulteriori censure riproposte dalle parti appellanti avverso il medesimo provvedimento del 23 aprile 2007.

Esse si possono compendiare nelle seguenti questioni:

a) se effettivamente vi sia il vincolo monumentale sulla particella 417, e cioè nel corso del procedimento di condono doveva effettivamente essere acquisito il parere della Autorità statale preposta alla tutela del vincolo;

b) se il Comune, per i profili paesaggistici, abbia dovuto attribuire rilievo al parere n. 561 del 1986, rilasciato dal Consorzio economico urbanistico dei Comuni della Valle Umbra Nord;

c) se l’atto di annullamento d’ufficio sia stato emanato in violazione dell’art. 21 nonies della legge n. 241 del 1990 e se sia affetto da altri profili di illegittimità.

8. Anche su tali questioni, la Sezione ritiene adeguatamente motivate e condivisibili le statuizioni contenute nella sentenza appellata.

8.1. Non è contestato che una parte del ‘Palazzo Biancalana’ è di proprietà del Comune ed ospiti la pinacoteca comunale.

Pertanto, la medesima parte risulta sottoposta ope legis a vincolo monumentale, come previsto dalla legge n. 1089 del 1939, trasfusa nel testo unico n. 490 del 1999 e nell’art. 10, comma 1, del Codice n. 42 del 2004.

Ciò comporta l’applicazione della regola generale, anch’essa risalente alla legge n. 1089 del 1939 e ora contenuta nell’art. 21, comma 4, del medesimo Codice, secondo cui occorre l’autorizzazione della Soprintendenza per “l’esecuzione di opere e di lavori di qualunque genere su beni culturali”.

Con tale risalente disposizione, il legislatore non si è inteso riferire soltanto ai lavori ed alle opere da realizzare sul bene sottoposto al vincolo (cioè al suo interno o sulle sue facciate), ma anche ai lavori ed alle opere realizzate ‘all’esterno’ dell’edificio stesso, che alterino la consistenza dell’edificio nel suo complessivo perimetro.

Mentre per le opere ‘staccate’ dall’edificio sottoposto a vincolo rilevano le disposizioni e gli atti riguardanti il c.d. vincolo indiretto (volto a salvaguardare la visibilità e lo stesso decoro e il pregio artistico e storico dell’edificio tutelato in via diretta), per le opere che comportino la modifica del perimetro, e comunque implichino ‘l’aderenza’ o ‘l’appoggio’ di un nuovo manufatto a quello vincolato, occorre senz’altro l’autorizzazione della Soprintendenza, senza necessità della previa imposizione di un vincolo indiretto: non v’è dubbio che, nel realizzare l’edificio in aderenza o in appoggio, siano ‘toccate’ le stesse strutture dell’edificio sottoposto al vincolo e cioè vi sono opere e lavori “su” un bene culturale.

Pertanto, anche se la particella n. 417 non è di per sé sottoposta a vincolo monumentale, per i lavori a suo tempo realizzati sine titulo occorreva anche l’autorizzazione di cui alla legge n. 1089 del 1939.

8.2. Quanto alla autorizzazione paesaggistica, risulta dalla documentazione – e non è contestato – che l’intero territorio del Comune di Bettona sia stato sottoposto al vincolo, con il decreto ministeriale 10 dicembre 1962.

Tenuto conto dei principi costantemente affermati da questo Consiglio, anche in sede di Adunanza Plenaria (con la sentenza n. 20 del 1999), sulla istanza di condono occorreva acquisire il parere della autorità preposta alla tutela del vincolo (sia pure se sopravvenuto rispetto alla data di realizzazione delle opere abusive).

Ciò posto, come ha correttamente evidenziato la sentenza impugnata, il parere – in base al principio di legalità – doveva essere reso sulla base della normativa rilevante in sede di esame della istanza di condono e al termine del procedimento legislativamente previsto.

Dunque, si sarebbe dovuto seguire il procedimento previsto dall’allora vigente decreto legislativo n. 616 del 1977, la cui disciplina è stata poi trasfusa nel testo unico n. 490 del 1999 e poi nell’art. 159 del Codice n. 42 del 2004, cioè il procedimento caratterizzato dall’atto dell’autorità preposta alla tutela del vincolo, da sottoporre al riesame del Ministero per i beni culturali ed ambientali.

Nella specie, anche con riferimento all’aspetto conformativo della sentenza di primo grado, gli appellanti invocano il rilievo del nulla osta ambientale n. 561 del 1986, rilasciato dal Consorzio economico urbanistico dei Comuni della Valle Umbra Nord, ma tale tesi non è condivisibile, poiché esso non ha mai acquisito efficacia, in quanto non è stata attivata la fase del riesame, presso gli organi del Ministero dei beni culturali.

Pertanto, si deve rilevare che la concessione n. 24 del 4 luglio 1989 – che a suo tempo accolse l’istanza di condono – è stata emessa non solo in assenza della autorizzazione richiesta dalla legge n. 1089 del 1939, ma anche in assenza di una efficace autorizzazione paesaggistica, sicché anche sotto tali profili sussistono i presupposti posti a base dell’atto di autotutela del 23 aprile 2007.

Non rileva in contrari o il fatto che il Soprintendente abbia rilasciato il certificato n. 9366 su richiesta degli interessati del 10 maggio 2007.

Oltre a rilevare il fatto che l’atto di autotutela è stato emesso in data anteriore all’emanazione del certificato (che quindi non poteva essere valutato), è decisivo considerare che non importa la mancata espressa imposizione di un vincolo monumentale sulla particella n. 417, poiché, come si è sopra osservato, la necessità della autorizzazione derivava dalle modalità costruttive dell’edificio in questione, che è stato realizzato in appoggio al ‘Palazzo Biancalana’, con incisione – non solo sotto il profilo estetico – sulle strutture dell’edificio sottoposto al vincolo monumentale.

8.3. Circa la dedotta violazione dell’art. 21 nonies della legge n. 241 del 1990 e al lamentato superamento del termine ‘ragionevole’, entro il quale può essere disposto l’annullamento d’ufficio, osserva la Sezione che anche per tale questione va confermata la sentenza appellata.

L’art. 21 nonies demanda all’Autorità emanante una specifica valutazione dell’interesse pubblico alla rimozione dell’atto illegittimo, che tenga conto non solo della situazione in cui versa il beneficiario dell’atto illegittimo (e del se egli stesso abbia fatto sorgere la questione, violando la legge, come nel caso degli abusi edilizi, non potendo), ma anche di tutti gli interessi pubblici coinvolti.

Nella specie, essendo mancate le valutazioni delle Autorità statali circa la compatibilità dell’edificio – nella parte risultata abusiva – con le esigenze di tutela del ‘Palazzo Biancalana’ (e con le esigenze di salvaguardia del vincolo paesaggistico), il Comune non avrebbe potuto di certo sostituire le proprie valutazioni a quelle risultate mancanti.

Come ha puntualmente osservato il TAR, il Comune – ravvisata l’illegittimità della concessione in sanatoria – non poteva esprimere valutazioni non rientranti ‘nella sua disponibilità’.

In altri termini, se è rilasciata una concessione in sanatoria o a titolo di condono in assenza della indefettibile autorizzazione rimessa alla valutazione della autorità preposta alla tutela del vincolo, il Comune – nell’annullare il titolo illegittimo – non può che riattivare il procedimento sorto a seguito della relativa istanza dell’interessato.

Risulta pertanto anche infondata la deduzione secondo cui, una volta rilevata l’originaria illegittimità della concessione del 1989, il Comune si sarebbe dovuto attivare per acquisire ex post i ‘pareri’ favorevoli delle Autorità statali: si sarebbe avuta una fase anomala del procedimento, non solo in contrasto col principio generale sulla inammissibilità dell’esercizio ex post della funzione consultiva, ma anche in contrasto col principio specifico riguardante i rapporti che sussistono tra le valutazioni dei vincoli e quelle riguardanti gli aspetti edilizi (e per il quale le autorità preposte alla tutela dei vincoli si devono pronunciare sulla istanza prima della emanazione dell’atto conclusivo del procedimento).

9. Va esaminata l’ulteriore censura contenuta nell’appello dei signori Marini e Massucci, rivolta avverso la statuizione con cui il TAR, nel conformare l’ulteriore attività amministrativa, ha rilevato che in sede di rinnovazione del procedimento di esame della originaria istanza di condono del 1986 non può che rilevare l’atto del 20 ottobre 2008, con cui è stato avviato il procedimento di imposizione del vincolo monumentale sull’intero ‘Palazzo Biancalana’ con i relativi effetti cautelari.

Osserva la Sezione che del tutto correttamente il TAR abbia statuito tale rilevanza.

Infatti, una volta riaperto il procedimento amministrativo sul condono a seguito dell’annullamento della concessione emessa nel 1989, non possono che rilevare le sopravvenienze, secondo i principi generali anche richiamati dalla citata sentenza della Adunanza Plenaria n. 20 del 1999, poiché il provvedimento che dispone la nuova chiusura del procedimento va emesso tenendo conto della situazione sussistente alla sua data di emanazione.

Va respinta anche la doglianza (contenuta in entrambi gli atti di appello), secondo cui il TAR non si sarebbe potuto esprimere nel senso che l’edificio per cui è causa sarebbe una ‘superfetazione’ del ‘Palazzo Biancalana’.

Con tale affermazione, il TAR non ha inteso incidere sulle valutazioni che dovranno essere formulate dalle competenti autorità amministrative nel corso del procedimento rinnovato.

Il richiamo alla ‘superfetazione’ va inteso non in un senso ‘valutativo’ (e cioè che per la salvaguardia del ‘Palazzo Biancalana’ occorra demolire le opere oggetto delle istanze di condono), ma nel senso meramente ‘descrittivo’, volendo il TAR unicamente evidenziare come sotto il profilo cronologico sia stato dapprima realizzato l’edificio sottoposto (in parte qua) al vincolo monumentale e solo dopo sia stato aggiunto un corpo di fabbrica di dimensioni più contenute, sia pure autonomo, per la cui realizzazione occorreva l’autorizzazione (proprio in ragione della ‘aggiunzione’).

10. Si deve ora passare all’esame delle censure formulate avverso le statuizioni con cui il TAR si è pronunciato sulla legittimità degli atti emessi dalla Soprintendenza.

10.1. In assenza di un appello incidentale dell’Amministrazione statale o di altri soccombenti, resta fermo l’annullamento disposto dal TAR delle note n. 282 e n. 283 del 9 gennaio 2009.

10.2. Quanto alle censure rivolte contro l’atto con cui è stato avviato il procedimento di imposizione del vincolo monumentale sull’intero ‘Palazzo Biancalana’, osserva la Sezione che difetti un interesse a dedurle: la sussistenza del vincolo monumentale sulla parte di edificio di proprietà del Comune già di per sé comporta la necessità che, in sede di rinnovazione del procedimento, vada acquisito il parere della competente Soprintendenza.

Peraltro, risulta anche concluso il procedimento volto ad imporre il vincolo sull’intero Palazzo.

Inoltre, le relative deduzioni risultano infondate.

Il Codice n. 42 del 2004, così come le corrispondenti legislazioni del 1939 e del 1999, prevede che l’atto che avvia il procedimento di imposizione del vincolo monumentale abbia anche effetti cautelari: finché perdurano tali effetti, si applica l’art. 21, comma 4, secondo cui occorre l’autorizzazione della Soprintendenza per “l’esecuzione di opere e di lavori di qualunque genere su beni culturali”.

Tale disposizione – come quelle corrispondenti delle precedenti legislazioni – si deve interpretare nel senso che l’autorizzazione occorre se risultano opere già realizzate senza titolo: essa riguarda – e non può che riguardare – sia la realizzazione ex novo che il mantenimento di opere “su” un bene vincolato (anche perché, diversamente opinando, vi sarebbe una agevole ed evidente elusione della normativa posta a tutela dei beni vincolati).

11. Va infine respinta la censura rivolta avverso la ulteriore statuizione del TAR, sulla necessità di una licenza per l’apertura dell’accesso carrabile al vano seminterrato: come sopra si è osservato, occorreva effettivamente la licenza, poiché il regolamento del 1929 è stato a suo tempo pubblicato e andava considerato efficace sul punto, alla data di realizzazione dell’abuso.

12. Per le ragioni che precedono, previa loro riunione e conferma delle statuizioni nonché di tutti i passaggi argomentativi contenuti nella sentenza impugnata, gli appelli vanno respinti.

Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese e gli onorari del secondo grado del giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), previa riunione degli appelli n. 605 e n. 699 dell’anno 2010, come in epigrafe proposti, definitivamente pronunciando su di essi, li respinge.

Compensate le spese del secondo grado di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 19 marzo 2013 con l’intervento dei magistrati:

Luigi Maruotti, Presidente
Roberto Giovagnoli, Consigliere
Giulio Castriota Scanderbeg, Consigliere
Andrea Pannone, Consigliere, Estensore
Vincenzo Lopilato, Consigliere

L’ESTENSORE

IL PRESIDENTE
  

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 28/01/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
 

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