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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Diritto dell'energia Numero: 2484 | Data di udienza: 22 Marzo 2022

DIRITTO DELL’ENERGIA – Raggruppamento di impianti fotovoltaici – Decadenza dagli incentivi – Artato frazionamento – Abuso del diritto – Art. 29 del d.m. 23 giugno 2016 – Potere di verifica e decadenza del GSE – Art. 7 d.lgs 387/2003 – Poteri impliciti – Sussistenza (Massime a cura di Antonio Persico)


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 2^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 4 Aprile 2022
Numero: 2484
Data di udienza: 22 Marzo 2022
Presidente: Cirillo
Estensore: Addesso


Premassima

DIRITTO DELL’ENERGIA – Raggruppamento di impianti fotovoltaici – Decadenza dagli incentivi – Artato frazionamento – Abuso del diritto – Art. 29 del d.m. 23 giugno 2016 – Potere di verifica e decadenza del GSE – Art. 7 d.lgs 387/2003 – Poteri impliciti – Sussistenza (Massime a cura di Antonio Persico)



Massima

CONSIGLIO DI STATO, Sez. 2^ – 4 aprile 2022, n. 2484

DIRITTO DELL’ENERGIA – Raggruppamento di impianti fotovoltaici – Decadenza dagli incentivi – Artato frazionamento – Abuso del diritto – Art. 29 del d.m. 23 giugno 2016.

Il divieto di artato frazionamento degli impianti costituisce una declinazione, nello specifico settore dei meccanismi di incentivazione per la produzione di energia da fonti rinnovabili, del generale divieto di abuso del diritto, quale principio generale dell’ordinamento giuridico. Pertanto, l’art. 29 del d.m. 23 giugno del 2016 non ha natura costitutiva del divieto di artato frazionamento, ma chiarisce, sul piano positivo, gli elementi che connotano la fattispecie elusiva (più impianti riconducibili ad un’unica iniziativa imprenditoriale), con l’indicazione di taluni indizi, di carattere non tassativo, da cui desumere l’artato frazionamento nei casi di impianto a media-alta tensione.

DIRITTO DELL’ENERGIA – Potere di verifica e decadenza del GSE – Art. 7 d.lgs 387/2003 – Poteri impliciti – Sussistenza.

Con l’introduzione dell’art 42, comma 3, d.lgs 28/2011 il legislatore non ha affidato al G.S.E. un potere prima inesistente, ma ha disciplinato in maniera più puntuale un potere di cui il gestore era già titolare sulla base del quadro normativo previgente imperniato sull’ art. 7 d.lgs 387/2003, articolo il quale demanda all’Autorità di settore la definizione nel dettaglio dei meccanismi incentivanti, l’individuazione del soggetto attuatore, la determinazione delle modalità di ammissione, di verifica e di conseguente decadenza.

Pres. Cirillo, Est. Addesso – OMISSIS (avv.ti Sticchi Damiani e Marini) c. Ministero dello Sviluppo Economico e altri (Avv. Stato) e Gse – Gestore dei Servizi Energetici Spa (avv.ti Fidanzia e Gigliola)


Allegato


Titolo Completo

CONSIGLIO DI STATO, Sez. 2^ – 4 aprile 2022, n. 2484

SENTENZA

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale omissis del 2017, proposto da
-OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentatie e difese dagli avvocati Ernesto Sticchi Damiani e Francesco Saverio Marini, con domicilio eletto presso lo studio dell’Avv. Francesco Saverio Marini in Roma, via di Villa Sacchetti 9;

contro

Ministero dello Sviluppo Economico, Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, in persona dei rispettivi Ministri pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
Gse – Gestore dei Servizi Energetici Spa, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Sergio Fidanzia e Angelo Gigliola, con domicilio eletto presso lo studio dell’Avv. Sergio Fidanzia in Roma, Piazzale delle Belle Arti 6;
per la riforma
della sentenza breve del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione terza ter) n. -OMISSIS-/2017, resa tra le parti, concernente l’annullamento dei provvedimenti di decadenza dalle tariffe incentivanti per impianti fotovoltatici;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dello Sviluppo Economico, del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, del Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali e del Gse – Gestore dei Servizi Energetici Spa;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 22 marzo 2022 il Cons. Carmelina Addesso e uditi per le parti gli avvocati Sergio Fidanzia, Angelo Gigliola, Francesco Saverio Marini e Andrea Sticchi Damiani;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. Le società appellanti chiedono la riforma della sentenza del TAR Lazio, sez III ter n. -OMISSIS-/2017 del 27.6.2017 con cui è stato respinto il ricorso per l’annullamento dei provvedimenti di decadenza relativi agli impianti incentivati ex D.M. 28.07.2005 e autorizzati dalla Regione -OMISSIS-con A.U. n. -OMISSIS-, siti in loc. Balcone nel Comune di Pisticci (MT).
1.1 Deducono, in sintesi, le appellanti che:
– sono responsabili di impianti di potenza inferiore a 50 kW, ammessi agli incentivi di cui al d.m. 28.7.2005 (Primo Conto Energia) a seguito di subentro nei diritti all’incentivazione, acquisiti dagli originari soggetti responsabili;
-gli impianti in esame sono stati autorizzati dalla Regione -OMISSIS-con Autorizzazione Unica n. -OMISSIS-, rilasciata a favore della società -OMISSIS- e avente ad oggetto l’autorizzazione per la costruzione e l’esercizio “di un raggruppamento in condominio di n. 14 impianti fotovoltaici, ciascuno di potenza nominale di 49,94 kW (…) da installare a terra alle località “Balcone” in agro del Comune di Pisticci”;
– per ciascuno degli impianti oggetto di raggruppamento in condominio gli originari soggetti responsabili-persone fisiche e giuridiche diverse dalla società in favore della quale era stata rilasciata l’autorizzazione unica- presentavano distinte domande di ammissione alle tariffe incentivanti nel primo semestre dell’anno 2006;
– con distinti provvedimenti adottati nell’anno 2006, il G.R.T.N. (oggi,G.S.E.) riconosceva il diritto agli incentivi di cui al D.M. 28.7.2005, assegnando il numero identificativo e comunicando la tariffa incentivante che sarebbe stata attribuita al momento dell’entrata in esercizio dell’impianto;
-successivamente, nei termini di cui all’art. 8, comma 3, del d.m. 28.7.2005 (come espressamente prorogati dal G.S.E. per effetto del D.M. 19.2.2007), ciascuno degli originari soggetti responsabili comunicava la data di inizio dei lavori di realizzazione dell’impianto;
– gli originari soggetti responsabili cedevano poi la titolarità degli impianti alle società appellanti e presentavano, nell’anno 2009, la richiesta di autorizzazione al trasferimento al G.S.E. che la accoglieva, disponendo il subentro;
-successivamente alla comunicazione della conclusione dei lavori degli impianti e della relativa entrata in esercizio, il G.S.E., con distinti provvedimenti adottati ad agosto del 2009, dava avvio all’incentivazione, stipulando le convenzioni di durata ventennale;
-in data 17 dicembre 2013, il fondo di diritto lussemburghese IKAV Global Energy S.r.l. acquistava dal curatore fallimentare della società di diritto tedesco Global PVQ SE i.I. le quote della società -OMISSIS-S.r.l., determinandosi all’investimento soprattutto in ragione dell’ormai acquisita certezza della titolarità degli incentivi da parte delle appellanti e della stabilità della relativa situazione giuridica;
– tra luglio e settembre del 2016 il G.S.E. comunicava alle società del gruppo l’“Avvio del procedimento di decadenza dal diritto alle tariffe incentivanti, ai sensi dell’art. 42 del D.lgs. 3 marzo 2011, n. 28 e del D.M. 31 gennaio 2014”. In particolare, nel provvedimento, si assumeva che, a seguito dei controlli effettuati ai sensi dell’art. 42 del d.lgs. n. 28 del 2011 e del d.m. 31.1.2014, sarebbe emerso che: i) le domande di ammissione alle tariffe incentivanti sarebbero state presentate anche per altri impianti fotovoltaici, di potenza inferiore a 50 kW, ubicati nella medesima particella catastale, successivamente frazionata; ii) le società che avevano presentato tali domande, subentrate ciascuna nei distinti diritti all’incentivazione maturati dagli originari soggetti responsabili, “sono riconducibili a un’unica proprietà, vale a dire la -OMISSIS-S.r.l.”; iii) non sarebbe, quindi, veritiera la dichiarazione “di non aver presentato entro la medesima scadenza di cui all’art. 7, comma 1 del D.M. 28 luglio 2005, altre domande di ammissione alle tariffe incentivanti relative a impianti fotovoltaici da realizzare nel medesimo sito, anche tramite società controllate o collegate”, resa da ciascuna società unitamente alla domanda di subentro; iv) la riconducibilità delle società appellanti a un’unica proprietà, unitamente all’avvenuta installazione degli impianti su particelle contigue originatesi dal frazionamento di un’unica particella, rappresenterebbero “elementi indicativi di un artato frazionamento della potenza degli impianti (che presentano tutti una potenza inferiore a 50 kW), attuato al fine di eludere la normativa di riferimento nella parte in cui prevede, per gli impianti di potenza superiore a 50 kW e inferiore a 1.000 kW, la presentazione di una cauzione definitiva”; v) l’autorizzazione unica regionale sarebbe stata presentata da un soggetto diverso da quelli che si sono nel tempo qualificati al G.S.E. quali soggetti responsabili degli impianti;
-tra marzo e aprile 2017 il G.S.E. comunicava la decadenza dal diritto alle tariffe incentivanti di cui al d.m. 28.7.2005, contestando le violazioni rilevanti di cui all’All. 1 del D.M. 31 gennaio 2014, lett. j) e lett. a), e specificamente: i) omesso pagamento cauzione definitiva; ii) falsa dichiarazione in sede di subentro; iii) mancata titolarità dell’Autorizzazione Unica;
– avverso il provvedimento di decadenza dagli incentivi le società proponevano ricorso al T.A.R. Lazio, contestandone la legittimità sotto plurimi profili. In particolare: i) con il primo motivo di ricorso, di carattere assorbente, veniva contestata l’applicazione retroattiva delle norme evocate a presupposto del potere esercitato dal G.S.E., e, in particolare, dell’art. 42 d.lgs. n. 28 del 2011 e delle violazioni rilevanti di cui al d.m. 31.1.2014, nonché – anche se citato espressamente nella sola comunicazione di avvio del procedimento, e non nei provvedimenti conclusivi, che comunque ne fanno tacita applicazione – dell’art. 29 d.m. 23.6.2016, come pure del d.m. 5.5.2011; ii) con il secondo motivo di ricorso, si è contestata, in via subordinata, l’insussistenza di tutte le violazioni “rilevanti” ascritte alla società dal GSE, sia in base alla normativa illegittimamente applicata in via retroattiva, che in base a quella ratione temporis vigente; iii) con il terzo motivo di ricorso, anch’esso di carattere assorbente, si è contestata l’illegittimità del provvedimento impugnato per violazione dei principi in materia di autotutela, nonché del principio di proporzionalità e del diritto di proprietà delle esponenti, come cristallizzato nella CEDU, proponendo, in via subordinata, questione di legittimità costituzionale dell’art. 42 d.lgs. n. 28 del 2011; iv) con il quarto motivo di ricorso, si è eccepita l’illegittimità del provvedimento impugnato per violazione dei principi di proporzionalità e di ragionevolezza, per non aver consentito il passaggio dal primo al secondo conto energia, che non prevedeva i limiti dimensionali e il pagamento della cauzione contestati dal G.S.E.;
-il T.A.R. Lazio, con sentenza resa ex art 60 c.p.a., respingeva il ricorso, sulla base dell’assorbente rilievo della mancanza, in capo al soggetto responsabile dell’impianto, del titolo autorizzativo alla realizzazione e all’esercizio dell’impianto. Quanto alle altre censure proposte, le stesse venivano ritenute in parte infondate e in parte inammissibili per difetto di interesse.
2. Con l’appello epigrafe le società chiedono la riforma della sentenza sulla scorta di quattro motivi di appello con cui censurano: i capi della sentenza di primo grado che hanno dichiarato inammissibili per difetto di interesse il primo e il terzo motivo di ricorso, relativi all’illegittima applicazione retroattiva dell’art. 42 d.lgs 28/2011 che fonda il potere di decadenza del G.S.E. e dell’art. 29 del d.m. 23.6.2016 che reca il divieto di artato frazionamento degli impianti, il capo della sentenza che ha statuito la legittimità dei provvedimenti di decadenza impugnati a fronte dell’asserito disallineamento tra il soggetto responsabile e il titolare dell’autorizzazione unica e il capo della sentenza che ha respinto il quarto motivo di ricorso con cui si era chiesto lo slittamento dal primo al secondo conto energia di cui al d.m. 19.2.2007. Vengono, infine, riproposti i motivi di ricorso di primo grado dichiarati inammissibili per difetto di interesse, relativi al mancato versamento della cauzione e alla non veridicità delle dichiarazioni rese.
2.1 Si sono costituiti il G.S.E. e, con memoria di stile, il Ministero dello sviluppo economico, il Ministero dell’ambiente e il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali.
2.2 Con memorie ritualmente notificate e depositate in data 21 febbraio 2018 e 15 ottobre 2020 le società appellanti hanno integrato con motivi aggiunti le proprie difese alla luce delle modifiche normative introdotte, nelle more del giudizio di appello, dall’art. 1, comma 960, della legge n. 205/2017 e dall’art. 56 comma 7, del d.l. n. 76/2020, conv. in legge n. 120/2020; deducono, in particolare, che, nel caso in cui venisse confermata l’applicabilità dell’art. 42 d.lgs. n. 28 del 2011 al caso di specie e venissero respinte tutte le altre censure formulate con l’appello, comunque i provvedimenti impugnati in primo grado, ancora non definitivi, dovranno essere annullati, con conseguente accertamento del diritto delle appellanti agli incentivi di cui al d.m. 28.7.2005, nella percentuale da determinare ai sensi dell’art. 42, comma 3, del d.lgs. n. 28 del 2011, come modificato dall’art. 1, comma 960, della legge n. 205/2017; aggiungono che l’illegittimità dei provvedimenti risulta confermata dall’art. 56, comma 7, del d.l. n. 76/2020, conv. in legge n. 120/2020, che ha chiarito che anche il potere sanzionatorio del G.S.E. deve sottostare alle regole che governano l’esercizio del potere di autotutela.
2.3 Con successiva memoria del 18 febbraio 2022 la parte appellante riferisce che, in corso di causa, è venuta a conoscenza del contenuto dei verbali interni del Gruppo di verifica del G.S.E., inerenti a sette ispezioni svolte in sito nel 2010 e precisamente nel Parco Macchia, in cui le società ricorrenti avevano, insieme ad altre, ciascuna un impianto, e che, all’esito delle verifiche, è stata accertata la sussistenza dei presupposti soggettivi e oggettivi per ottenere e mantenere gli incentivi. Poiché le verifiche avevano ad oggetto i medesimi profili esaminati nel 2017, la decadenza avrebbe potuto essere disposta solo in presenza dei presupposti dell’autotutela indicati dall’art 21 nonies l. 241/1990: di qui un ulteriore profilo di illegittimità del provvedimento impugnato.
2.4 Con memoria ex art. 73 c.p.a il G.S.E. ha dedotto che, per i medesimi fatti oggetto del presente giudizio, sono pendenti due giudizi per responsabilità erariale davanti alla Corte dei conti del Veneto e a quella del Trentino Alto Adige (nell’ambito dei quali è stato disposto il sequestro conservativo dei 246 impianti fotovoltaici appartenenti al gruppo -OMISSIS-e delle somme sui conti correnti delle società), nonché un procedimento penale per truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche (art. 640 bis c.p.) davanti al Tribunale di -OMISSIS-, in relazione al quale il G.U.P. ha disposto in data 18 febbraio 2022 il rinvio a giudizio di 69 soggetti appartenenti alle società -OMISSIS-.
2.5 Le parti hanno depositato memorie di replica e documenti, insistendo nelle rispettive difese.
3. All’udienza del 22 marzo 2022 la causa è stata trattenuta in decisione.
4. Il ricorso è infondato.
5. Con il primo, articolato, motivo di appello le società appellanti lamentano l’erroneità del capo della sentenza che non ha esaminato i vizi caducanti fatti valere con il primo e con il terzo motivo di ricorso, idonei a travolgere in toto il provvedimento di decadenza impugnato, perché fondato su norme inapplicabili al caso in esame e perché adottato in elusione dei principi di autotutela e dei vincoli sovranazionali in materia di proprietà.
5.1 In particolare, con il sub motivo contrassegnato con la lettera A) la parte appellante ripropone il primo motivo di ricorso di primo grado, inerente all’illegittima applicazione retroattiva delle norme citate dal G.S.E. a presupposto del potere esercitato.
5.2 Le censure sono infondate.
5.3 Quanto alla lamentata applicazione retroattiva dell’art 42, comma 3, d.lgs 28/2011, il Collegio osserva che:
-il procedimento di decadenza dalle tariffe incentivati è stato avviato in data 9 agosto 2016, come risulta dalla comunicazione di avvio del procedimento trasmessa via pec dal G.S.E. alle appellanti, ossia in data successiva all’entrata in vigore del d.lgs 28 del 2011 (art 47 d.lgs 28/2011) e del d.m. 31 gennaio 2014 che disciplinano i poteri di controllo, verifica e decadenza del G.S.E.;
-il procedimento in questione non può ritenersi sottratto, in ragione di specificità dell’oggetto, al paradigma generale della l. 241/1990 che, peraltro, è espressamente richiamata dal d.m. 31 gennaio 2014;
-la pretesa inapplicabilità temporale non può trovare fondamento, come sostenuto dalla parte appellante, negli artt. 24 e 25 d.lgs 28/2011 che si riferiscono esclusivamente ai meccanismi di incentivazione (disciplinati dai successivi Quarto e Quinto Conto Energia) e non ai poteri di verifica, controllo e decadenza del soggetto attuatore. L’art. 25, comma 9, inoltre, si limita a prevedere che le disposizioni del d.m. 6 agosto 2010 (Terzo Conto Energia) si applicano alla produzione di energia elettrica da impianti solari fotovoltaici che entrino in esercizio entro il 31 maggio 2011.
5.4 Ne discende che l’esercizio dei poteri di verifica e decadenza non rappresenta un’illegittima applicazione retroattiva dell’art 42 d.lgs 28/2011, ma una coerente esplicazione del principio tempus regit actum in quanto il procedimento ha avuto inizio e si è concluso successivamente all’entrata in vigore della nuova normativa.
5.5 Non è possibile sovrapporre e confondere il procedimento di ammissione alle tariffe incentivanti, che è stato avviato su istanza di parte nel 2006 e concluso con l’ammissione all’incentivo, a seguito di subentro, nel 2009, e il procedimento di verifica e decadenza, avviato d’ufficio dal G.S.E. in data 9 agosto 2016 e concluso con il provvedimento del 8 marzo 2017.
5.6 La giurisprudenza citata da parte appellante a sostegno della ritenuta inapplicabilità del richiamato decreto legislativo n. 28/2011 a impianti entrati in esercizio prima della data 31 maggio 2011 è priva di rilevanza in questa sede in quanto afferente all’applicazione delle meno favorevoli tariffe incentivanti previste dal Quarto Conto Energia agli impianti autorizzati durante la vigenza del Terzo Conto Energia ed entrati in esercizio dopo la data del 31 maggio 2011 prevista dall’art 25 comma 9 d.lgs 28/2011 (Cons. Stato, sez. VI 3 marzo 2015, n. 1043). Si tratta di un aspetto che nulla ha a che vedere con il procedimento di verifica e decadenza di cui si discute.
5.7 Non sussiste, pertanto, la lamentata applicazione retroattiva del combinato disposto dell’art 42 d lgs 28/2011 e del d.m. 31 gennaio 2014 (c.d. “decreto controlli”).
6. Le sopra esposte considerazioni rendono inammissibile per difetto di interesse la censura afferente all’assenza di un fondamento normativo del potere di decadenza nel quadro normativo antecedente all’entrata in vigore del d lgs 28/2011.
6.1 In ogni caso, il potere di verifica e decadenza in questione non può considerarsi sfornito di base giuridica nemmeno alla luce della disciplina previgente.
6.2 L’art. 7 d.lgs 387/2003 demanda ad appositi decreti ministeriali la definizione dei criteri per l’incentivazione della produzione di energia elettrica, ivi compresa la fissazione dei requisiti soggettivi, di quelli tecnici minimi dei componenti e degli impianti, delle condizioni di cumulabilità con altri incentivi e delle modalità di determinazione della tariffa incentivante. In attuazione della disposizione sopra indicata, l’art. 9 d.m. 28 luglio 2005 (Primo Conto Energia) ha affidato all’Autorità di regolazione l’individuazione del soggetto erogatore delle tariffe incentivanti, delle modalità e delle condizioni di erogazione, inclusa la verifica dei requisiti tecnici minimi degli impianti e della cumulabilità degli incentivi.
6.3 L’Autorità per l’energia elettrica e il gas, con delibera AEEG n. 188/2005, ha, quindi, individuato nel G.S.E. il soggetto erogatore delle tariffe, a cui competono anche poteri di verifica dei requisiti di ammissione. L’esisto negativo della verifica comporta la non ammissione alle tariffe incentivanti, la decadenza dalle tariffe incentivanti già ammesse, l’obbligo di restituzione delle tariffe già percepite (art. 6 punto 6.7 della delibera).
6.4 Tra le modalità e le condizioni per l’erogazione del beneficio che l’art. 7 d.lgs 387/2003 demanda alla fonte secondaria è logicamente compresa anche la verifica in concreto dei requisiti, soggettivi e oggettivi, per l’incentivazione, in assenza dei quali il beneficio non può essere erogato o, se erogato, deve essere recuperato, secondo le regole generali della ripetizione dell’indebito.
6.5 Il potere di concessione di benefici economici non può essere dissociato dal potere di verifica della ricorrenza dei presupposti e dei requisiti a cui la legge subordina l’erogazione, con il corollario della non ammissione, della decadenza e del recupero delle somme in caso di esito negativo della verifica. A ragionare diversamente, infatti, verrebbe frustrata l’intera finalità del d.lgs 387/2003, unitamente al principio di derivazione comunitaria della massima diffusione degli impianti di energia a fonte rinnovabili (direttiva 2001/77/CE e direttiva 2009/28/CE), in quanto si consentirebbe la percezione e il mantenimento degli incentivi anche in assenza dei requisiti soggettivi o per impianti inidonei, a discapito di altri aventi diritto e, in definitiva, dell’intera collettività che sopporta gli extracosti per incentivi nell’ambito degli oneri di sistema dell’energia elettrica. Il provvedimento di decadenza, infatti, è un atto vincolato di natura accertativa dell’assodata mancanza dei requisiti condizionanti ab origine l’ammissione al finanziamento pubblico (Cons. Stato, sez. IV, 12 gennaio 2017, n. 50; 15/10/2020, n. 6241).
6.6 In altri termini, il potere di verifica e di conseguente decadenza è strumentale al potere di ammissione al finanziamento, con la conseguenza che il riconoscimento del primo è inscindibilmente connesso all’attribuzione del secondo, in coerenza con la teoria dei poteri impliciti, elaborata in relazione alle Autorità indipendenti (Corte cost. 7 aprile 2017, n. 69; Cons. Stato, sez. VI, 14/12/2020 n. 7972, id. 4/02/2020 n. 879/2020; 1/10/2014 n. 4874).
6.7 Per tali ragioni, il potere in questione, pur non essendo disciplinato in maniera puntuale dalla normativa previgente, non era sfornito di base positiva, in quanto era proprio la legge a demandare all’Autorità di settore la definizione nel dettaglio dei meccanismi incentivanti, l’individuazione del soggetto attuatore, la determinazione delle modalità di ammissione, di verifica e di conseguente decadenza.
6.8 Con l’introduzione dell’art 42, comma 3, d.lgs 28/2011 il legislatore non ha affidato al G.S.E. un potere prima inesistente, ma ha disciplinato in maniera più puntuale un potere di cui il gestore era già titolare sulla base del quadro normativo previgente.
6.9 Il motivo deve, quindi, essere respinto.
7. Passando all’esame censura relativa all’applicazione retroattiva dell’art. 29 d.m. 23 giugno 2016 e dell’art. 12, comma 5, d.m. 5.5.2011 che disciplinano la fattispecie di artato funzionamento degli impianti, censura di cui la difesa sostiene la portata caducante dell’intero provvedimento di decadenza, se ne deve rilevare l’inammissibilità per difetto di interesse.
7.1 Come correttamente osservato dal giudice di primo grado e come verrà chiarito infra, il provvedimento di decadenza è sufficientemente motivato con riferimento all’assenza in capo al responsabile dell’impianto del titolo autorizzativo alla gestione, a prescindere dalla fondatezza o meno del profilo afferente alla sussistenza, nel caso di specie, di un’ipotesi di artato frazionamento.
7.2 In ogni caso, la censura, oltre che inammissibile, è anche infondata.
7.3 Sul piano generale, il divieto di artato frazionamento degli impianti costituisce una declinazione, nello specifico settore dei meccanismi di incentivazione per la produzione di energia da fonti rinnovabili, del generale divieto di abuso del diritto, quale principio generale dell’ordinamento giuridico. L’elusione delle regole di settore al fine di conseguire vantaggi non spettanti, infatti, non può assurgere a fattispecie costitutiva del diritto all’incentivazione (o del diritto a un’incentivazione superiore a quella spettante), in quanto pregiudica gli altri operatori economici che quelle regole hanno rispettato, vanifica l’imposizione, ad opera dei vari “conti energia”, di specifici requisiti di potenza per l’ammissione al beneficio e frustra, in ultima analisi, la stessa finalità perseguita attraverso la distribuzione delle risorse scarse in questione.
7.4 Questo Consiglio di Stato ha precisato che “il divieto dell’abuso degli istituti giuridici – cui è funzionale la nozione di “artato frazionamento” – è un valore ordinamentale diffuso e di portata generale, che non richiede specifiche e puntuali disposizioni settoriali, posto che consegue all’intrinseca necessità di rispettare la ratio dell’istituto volta per volta in considerazione” (Cons. Stato sez IV 25.01.2021).
7.5 Per tale ragione, il decreto del 2016 (e quello del 2011 per il fotovoltaico), contrariamente a quanto sostenuto da parte appellante, non ha natura costitutiva del divieto di artato frazionamento, ma chiarisce, sul piano positivo, gli elementi che connotano la fattispecie elusiva (più impianti riconducibili ad un’unica iniziativa imprenditoriale), con l’indicazione di taluni indizi, di carattere non tassativo, da cui desumere l’artato frazionamento nei casi di impianto a media-alta tensione (art 29: l’unicità del nodo di raccolta dell’energia prodotta da impianti riconducibili a un medesimo soggetto). Anche sul piano delle conseguenze che derivano dall’accertamento in concreto, il decreto si limita a positivizzare un principio immanente nel sistema e consistente nel disconoscimento di qualunque effetto giuridico a fattispecie che, pur rispettose sul piano formare della regola, ne frustrano nella sostanza la ratio: di qui la previsione che considera gli impianti artatamente frazionati come un unico impianto di potenza cumulata e che, in caso di violazione delle norme per l’accesso agli incentivi, ne dispone la decadenza con recupero integrale delle somme (art 29 comma 2 e 3 del decreto).
7.6 In coerenza con quanto sopra osservato, il “decreto controlli” del 31 gennaio 2014 sancisce, con formula aperta, che, al di fuori delle fattispecie di violazioni rilevanti espressamente contemplate nell’allegato 1, il rigetto dell’istanza e la decadenza dagli incentivi può derivare, oltre che da “violazioni” e “inadempimenti”, anche da “elusioni” a cui consegua un indebito accesso agli incentivi (art 11).
7.7 Il frazionamento degli impianti deve comunque essere esclusivamente finalizzato, mediante un contegno elusivo, a limitare la potenza degli impianti e, per l’effetto, a sfruttare procedure autorizzative più snelle ovvero a conseguire incentivi non spettanti o superiori a quelli spettanti (cfr. Cons Stato, sez. IV, 28/02/2022 n. 1393; ord. 15/06/2020 n. 3520 e 12/06/2020 n. 3428; in ambito penale, nel caso in cui l’artato frazionamento sia strumentale a far apparire sufficiente il rilascio di dichiarazione di inizio attività in luogo della prescritta autorizzazione unica, cfr. Cassazione penale sez. III, 21/06/2017, n.888, id., 25 giugno 2014, n. 40561; 5 febbraio 2014, n. 11981).
7.8 Per le ragioni sopra esposte la censura relativa all’applicazione retroattiva del principio di artato frazionamento degli impianti è infondata.
8. Con la censura indicata al punto B) del primo motivo di appello, le appellanti chiedono la riforma della sentenza impugnata nella parte in cui ha respinto il terzo motivo di ricorso, inerente la violazione dei principi e dei limiti in materia di autotutela e di proporzionalità. Deducono, in particolare, che il provvedimento di decadenza impugnato in primo grado – oltre a mancare del presupposto principale per agire in autotutela, cioè l’illegittimità dell’atto di ammissione agli incentivi– risulta adottato al di là di ogni termine ragionevole e senza alcuna adeguata comparazione dei contrapposti interessi, con conseguente violazione anche del diritto di proprietà, come tutelato a norma della CEDU.
8.1 La censura è infondata.
8.2 L’orientamento univoco della giurisprudenza, in linea con i principi espressi dall’Adunanza Plenaria n. 18/2020, ha escluso che i provvedimenti di decadenza del G.S.E. siano riconducibili al paradigma dell’autotutela, in quanto espressione di un potere di verifica, accertamento e controllo, di natura doverosa ed esito vincolato (cfr. Cons. Stato sez IV 24/01/2022 n. 462 e 20/01/2021 n. 594; sez VI 03/01/2022 n. 9 e 28/09/2021 n. 6516; Corte cost., 13/11/2020, n. 237).
8.3 Né assume rilievo dirimente, ai fini della riconduzione della decadenza all’ambito dei poteri di autotutela, la giurisprudenza richiamata da parte appellante (in particolare, Cons Stato sez. VI, 29/07/2019 n. 5324: cfr memoria del 15.10.2020) in quanto, contrariamente ai precedenti richiamati, la verifica di cui si controverte ha avuto ad oggetto non il riesame di requisiti e presupposti già esaminati in fase di vaglio di ammissibilità della domanda, ma il controllo per la prima volta della veridicità delle dichiarazioni rese e dell’effettiva titolarità dell’autorizzazione, documento, quest’ultimo, che la delibera n. 188/2005 non impone di produrre al momento di richiesta di ammissione, essendo sufficiente la mera dichiarazione (punto 3.1 della delibera e relativo allegato A, contenente il modello di domanda di ammissione), con conseguente assunzione di responsabilità.
8.4 L’espressa previsione dell’onere dichiarativo, inoltre, esclude che possa ravvisarsi un affidamento meritevole di tutela in ordine alla superfluità di un requisito che, in sede di ammissione, l’istante ha dichiarato espressamente di possedere o di impegnarsi a conseguire. L’obbligo di acquisire l’autorizzazione, peraltro, non può essere limitato agli originari richiedenti con esclusione società subentranti, per la semplice ragione che il subentro ha ad oggetto sia i diritti sia gli obblighi connessi al finanziamento.
8.5 Quanto alla censura di illegittimità dei provvedimenti impugnati perché contrastanti con i diversi esiti dei sopralluoghi eseguiti dagli ispettori del G.S.E. nell’anno 2010 su cinque impianti siti in località Parco Macchia, a prescindere dalla circostanza che si tratta di impianti diversi da quelli oggetto del presente giudizio, se ne rileva l’inammissibilità in quanto proposta con mera memoria non notificata in violazione dell’art 104 comma 3 c.p.a. (memoria del 18 febbraio 2022).
9. Sotto diverso ma connesso profilo, si osserva che, contrariamente a quanto sostenuto da parte appellante (memoria del 15 ottobre 2020), la modifica all’art 42 comma 3 d.lgs 28/2011, introdotta dall’art 56, comma 7, del d.l. 76/2020 che prevede l’esercizio del potere di decadenza in presenza dei presupposti di cui all’articolo 21-nonies della legge 7 agosto 1990, n. 241, non ha mutato la natura del potere esercitato, che rimane di decadenza (cfr. Ad. Plen. 18/2020 e giurisprudenza sopra richiamata) e che viene accomunato a quello di autotutela limitatamente ai presupposti per il legittimo esercizio. La disposizione, inoltre, non ha natura di norma di interpretazione autentica e, per espressa previsione, si applica ai procedimenti pendenti o, se già definiti, solo a seguito di apposita istanza dell’interessato, alle condizioni indicate dall’art 56 comma 8, d.l. 76/2020.
9.1 Le società appellanti, conformemente a quanto previsto dall’articolo da ultimo citato, hanno chiesto l’annullamento d’ufficio dei provvedimenti di decadenza, a cui è seguito il provvedimento di diniego del G.S.E. oggetto di successivo ricorso al T.A.R. Lazio (all. 3 memoria appellante del 21 febbraio 2018 e deposito del 11 novembre 2021; deposito G.S.E. del 26 gennaio 2021).
9.2 Ne consegue che i profili di legittimità del diniego ai sensi della novella citata non possono che essere valutati nell’ambito del giudizio pendente davanti al T.A.R.
10. Del pari infondata è la lamentata violazione dell’art. 1 del 1° Protocollo addizionale alla CEDU, in quanto l’ampiezza della nozione di bene elaborata dalla giurisprudenza della CEDU non consente la tutela di vantaggi patrimoniali indebitamente conseguiti.
10.1 La Corte europea, pur ritenendo che la nozione di bene non si limiti alla proprietà di beni tangibili, ma che anche diritti e interessi che costituiscono elementi patrimoniali possano ritenersi «diritti patrimoniali», compresi i crediti (Corte EDU, 22 giugno 2004, Broniowski c. Polonia; 28 settembre 2004, Kopecký c. Slovacchia), ha previsto l’irripetibilità per i soli pagamenti ricevuti in buona fede in caso di indebito retributivo o previdenziale (sentenza Casarin c. Italia, 11 febbraio 2021 e la giurisprudenza ivi richiamata; sul punto, cfr. Cass. Sez. lavoro n. 40004 del 14/12/2021 che ha sollevato la questione di legittimità costituzionale dell’art 2033 c.c. per contrarietà agli artt. 11 e 117 Cost., in rapporto all’articolo 1 del Protocollo 1 alla CEDU). In generale, uno degli elementi valutati dalla Corte per accertare se vi sia stata un’ingiustificata ingerenza nel diritto al rispetto dei propri beni è la posizione del ricorrente in rapporto agli interventi dello Stato limitativi della proprietà, sotto il profilo della condotta, della qualifica posseduta, dell’effettiva conoscenza o della conoscibilità di future restrizioni nel godimento della proprietà (Grande camera, sent. 28 giugno 2018 G.I.E.M. S.r.l. e altri c. Italia in tema di confisca, sent. 15 marzo 2018 Taşkaya c. Turchia in tema di qualifica di esperto contabile; sent. 18 febbraio 1991 causa Fredin c. Svezia in tema di conoscenza o conoscibilità delle limitazioni alla proprietà).
10.2 Nel solco della giurisprudenza della Corte europea, la Corte di Giustizia ha statuito che gli incentivi alla produzione dell’energia fotovoltaica rientrano nella nozione di beni elaborata dalla giurisprudenza della Corte europea relativa all’art. 1 prot. 1 CEDU e devono, ai sensi dell’art 52 paragrafo 3 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione, essere oggetto delle garanzie in materia di proprietà previste dall’art 17 della Carta (Corte di Giustizia, sent. 15 aprile 2021, cause riunite C‑798/18 e C‑799/18, Athesia Energy Srl e a.), ma ha limitato la tutela prevista dal citato art 17 (avente, ai sensi dell’art 52 par. 3, lo stesso significato e la stessa portata dell’art 1 prot. 1 CEDU) ai casi in cui sussista in capo all’interessato un legittimo affidamento a conseguire il valore patrimoniale.
10.3 Per la giurisprudenza sovranazionale è rilevante, ai fini della tutela della proprietà, la situazione soggettiva dell’interessato che deve aver ricevuto il beneficio in circostanze da cui emerga la buona fede o il legittimo affidamento, in quanto solo in questo caso, pur essendo l’ingerenza legittima, è carente il requisito di proporzionalità.
10.4 Nel caso di specie le appellanti sono operatori professionali che hanno agito al dichiarato scopo di effettuare un ampio investimento, attraverso la capogruppo e le altre società veicolo, nel settore delle energie rinnovabili, sicché avrebbero dovuto diligentemente munirsi dei titoli necessari per il conseguimento dell’incentivo, tra cui l’autorizzazione unica richiesta dall’art. 12 d.lgs 387/2003 e dall’art 3.1 della delibera n. 188/05.
La titolarità dell’autorizzazione, inoltre, è oggetto, come già osservato, di un espresso onere dichiarativo, con conseguente assunzione di responsabilità in ordine al conseguimento del titolo al momento dell’ammissione all’incentivo (e del successivo subentro).
10.5 In un settore connotato da scarsità delle risorse, com’è quello degli incentivi di cui si discute, l’azione di recupero nei confronti dei non legittimati è, oltre che obbligatoria, anche essenziale al corretto funzionamento dei regimi di sostegno che devono essere riconosciuti solo in presenza dei requisiti soggettivi e oggettivi richiesti dalla legge. La non ripetibilità dell’incentivo fondato sulla sola circostanza dell’avvenuto pagamento introduce una ipotesi di soluti retentio che muta la causa dell’erogazione da sostegno alla produzione di energia da fonte rinnovabile a mero finanziamento a fondo perduto dell’operazione imprenditoriale, suscettibile di porsi in contrasto con il divieto di aiuti di Stato.
11. Del pari, non possono trovare accoglimento l’eccezione di legittimità costituzionale e la richiesta di rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia avanzate dalla difesa di parte appellante ai punti C e D del primo motivo di appello.
11.1 Al punto C) del primo motivo le appellanti eccepiscono l’illegittimità costituzionale dell’art 42 d. lgs 28/2011 per violazione dell’art. 76 Cost., con riferimento all’art. 2 della legge di delegazione n. 96 del 2010; deducono, in particolare, che la legge delega ha previsto l’esercizio del potere di irrogare sanzioni penali o amministrative, limitando queste ultime solo a quelle di tipo pecuniario, e non contempla alcuna misura di decadenza quale quella riconosciuta al G.S.E. dall’art 42 d.lgs 28/2011. La disposizione sarebbe, inoltre, costituzionalmente illegittima per violazione dell’art. 117, comma 1, Cost., in relazione agli artt. 6 e 7 della CEDU.
11.2 La questione è manifestamente infondata.
11.3 La natura non sanzionatoria del potere di decadenza del G.S.E. è stata chiarita dalla già citata sentenza dell’Adunanza Plenaria n.18/2010, che ha evidenziato come la decadenza si differenzi dalla sanzione sia sul piano dell’elemento soggettivo, non richiedendo né dolo né colpa, sia sul piano dell’effetto ablatorio, che è limitato e coincide “al massimo” con l’utilità già concessa mediante il provvedimento ampliativo. Il discrimen fra la decadenza dal beneficio incentivante e la sanzione per la violazione delle norme che disciplinano il rapporto con la pubblica amministrazione, inoltre, “è segnato dallo stesso art. 42 del d.lgs. n. 28 del 2011, che specificatamente demanda al GSE il compito di trasmettere gli atti, a base del provvedimento di decadenza, all’Autorità indipendente di settore (ARERA) per l’eventuale irrogazione delle sanzioni” (Ad. Plen. 11/09/2020 n. 18; Cons. Stato, IV, 12/01/2017, n. 50).
11.4 Ne discende che “la decadenza non ha natura sanzionatoria, ma ripristinatoria di un assetto procedimentale alterato dalla erronea asseverazione della presenza di requisiti viceversa mancanti. Invero, le sanzioni vere e proprie vengono applicate unicamente dalla Autorità di settore, con la conseguenza che risulta inconferente la questione della applicazione dei c.d. Engel criteria e del principio di non retroattività delle sanzioni, proprio in applicazione degli argomenti e principi sviluppati dalle richiamate sentenze della Corte costituzionale n. 237 del 2020 e n. 51 del 2017.” (Cons Stato sez. IV, 20/01/2020 n. 594).
11.5 Al punto D del primo motivo di appello la parte appellante ritiene che l’interpretazione del potere di decadenza di cui all’art. 42 d.lgs. n. 28/2011, quale norma speciale svincolata dai presupposti per agire in autotutela, esperibile in qualsiasi momento dal G.S.E, senza alcuna valutazione dei contrapposti interessi e del tempo decorso dall’ammissione agli incentivi, sia elusiva della direttiva 2009/28/CE che prevede che l’incentivazione pubblica debba garantire condizioni di stabilità per gli investitori.
11.6 La lettura della direttiva 2009/28, in particolare dei considerando n. 8 e 14, non conforta la tesi dell’appellante secondo cui il potere di decadenza del GSE, ove non limitato alla sola fase dell’ammissione all’incentivo, frustrerebbe l’obiettivo nazionale obbligatorio degli Stati membri.
11.7 L’obiettivo nazionale obbligatorio è costituito, per ogni Stato membro, da una quota percentuale di energia sul consumo finale lordo che deve essere necessariamente prodotta da fonti rinnovabili, nell’ambito dell’obiettivo complessivo del 20% fissato a livello comunitario. La fissazione di un obiettivo obbligatorio a livello nazionale consente “di creare la stabilità a lungo termine di cui le imprese hanno bisogno per effettuare investimenti razionali e sostenibili nel settore delle energie rinnovabili” (considerando 8). Tra le principali finalità dell’obiettivo nazionale obbligatorio vi è quella di creare certezza per gli investitori nonché stimolare lo sviluppo costante di tecnologie capaci di generare energia a partire da ogni tipo di fonte rinnovabile (considerando 14).
11.8 La certezza degli investitori si realizza, quindi, mediante l’obbligatorietà della quota percentuale di energia da fonti rinnovabili che lo Stato membro è tenuto a raggiungere, obiettivo a cui sono strumentali sia le misure di sostegno erogate da G.S.E.-imperniate sul c.d. effetto incentivazione- sia il connesso potere di verifica, controllo e decadenza.
11.9 La medesima direttiva (considerando 25) sancisce, infatti, che “per il corretto funzionamento dei regimi di sostegno nazionali è essenziale che gli Stati membri possano controllare gli effetti e i costi dei rispettivi regimi in funzione dei loro diversi potenziali”.
11.10 Il potere di verifica e di decadenza, garantendo la distribuzione degli incentivi ai soli operatori economici in possesso dei requisiti di legge secondo la logica incentivante sopra indicata, lungi dal pregiudicare le finalità della direttiva, è, invece, funzionale al raggiungimento all’obiettivo nazionale obbligatorio e alla creazione di un quadro di certezza per gli investitori, come previsto dalla direttiva medesima.
11.11 Quanto alla tutela del legittimo affidamento sul diritto all’incentivo, la Corte di Giustizia- dopo aver ricordato la non obbligatorietà dei regimi di sostegno che gli Stati membri sono liberi di prevedere o meno, e ponendosi nel solco della giurisprudenza sopra richiamata in tema di tutela ex art 1 prot 1 CEDU e art 17 CDFUE- ha precisato che, qualora un operatore economico prudente ed avveduto sia in grado di prevedere l’adozione di un provvedimento idoneo a ledere i suoi interessi, esso non può invocare detto principio nel caso in cui il provvedimento venga adottato. Inoltre, gli operatori economici non possono fare legittimamente affidamento sul mantenimento di una situazione esistente che può essere modificata nell’ambito del potere discrezionale delle autorità nazionali (Corte giustizia UE sez. X sentenza 11/07/2019, n. 180, Agrenergy Srl e Fusignano Due, C‑180/18, C‑286/18; sez V 15 aprile 2021 Federazione nazionale delle imprese elettrotecniche ed elettroniche-Anie e Athesia Energy Srl C‑798/18 e C‑799/18).
11.12 I principi elaborati dalla Corte valgono a maggior ragione nel caso di specie, ove non vi è stata una modifica in senso peggiorativo del regime di sostegno a cui l’operatore aveva diritto, ma difettavano già all’origine, in capo all’interessato, i requisiti per beneficiare dell’incentivo, venendo meno la stessa legittimità dell’affidamento invocato (cfr., sul punto, Cons. Stato, sez. VI, sent. n. 2362 del 2013: “fino allo svolgimento dell’attività di controllo e al suo positivo superamento nessun legittimo affidamento può crearsi nella parte privata in relazione alla sussistenza e alla debenza degli incentivi, tenuto conto che le verifiche hanno proprio la finalità di appurare tale situazione”).
11.13 Il quadro normativo e giurisprudenziale sopra richiamato esclude che possa ravvisarsi un contrasto con la normativa europea nel caso in cui la decadenza sia stata disposta a causa di riscontrate violazioni, che devono, in ogni caso, essere rilevanti ai sensi dell’art 11 d.m. 31 gennaio 2014.
11.14 La decadenza dalla tariffa incentivante, anche se applicata a distanza di un certo lasso di tempo dal provvedimento di ammissione, non può rappresentare un rimedio incompatibile con gli obiettivi di corretto funzionamento dei regimi di sostegno nazionali, poiché l’istituzione di procedure di controllo non è idonea a ingenerare la sfiducia negli operatori in possesso dei requisiti per il conseguimento degli incentivi e non produce alcuna situazione di instabilità, non determinando una sopravvenuta modifica della normativa (Cons Stato sez IV 20/01/2021 n. 594).
11.15 In conclusione, sia la direttiva che la giurisprudenza della Corte di Giustizia escludono che la previsione di un potere di verifica e decadenza in capo al GSE sia, di per sé, in contrasto con il legittimo affidamento e la fiducia degli investitori, la quale viene, per contro, tutelata, attraverso il corretto funzionamento dei regimi di sostegno che impongono un controllo non limitato alla mera fase iniziale di incentivazione (Corte giustizia UE grande sezione – 06/10/2021, n. 561, Catania Multiservizi e SpA e Rete Ferroviaria Italiana SpA, punto 47).
12. Con il secondo motivo, le società censurano il capo della sentenza di primo grado che ha ritenuto legittima la decadenza per l’asserito disallineamento fra il responsabile dell’impianto e il titolare dell’autorizzazione unica.
12.1 Il motivo è infondato.
12.2 La pretesa legittimità della scissione soggettiva tra la titolarità dell’autorizzazione e la responsabilità dell’impianto e l’affermata non sovrapponibilità tra l’oggetto dell’autorizzazione (costruzione ed esercizio) e l’oggetto della responsabilità (realizzazione ed esercizio) è priva di fondamento sul piano giuridico, oltre che su quello logico.
12.3 Il dato normativo non conforta siffatta interpretazione:
-l’art. 12, comma 3 e 4, d. lgs 387/2003 prevede che la costruzione e l’esercizio degli impianti di produzione di energia elettrica alimentati da fonti rinnovabili sono soggetti ad un’autorizzazione unica e che il rilascio dell’autorizzazione costituisce “titolo a costruire e esercire l’impianto”;
-l’art. 2, comma 1, lettera g), del d.m. 28 luglio 2005 sancisce che il soggetto responsabile dell’impianto è “il soggetto, avente i requisiti di cui all’art. 3, responsabile della realizzazione e dell’esercizio dell’impianto e che ha diritto a richiedere ed ottenere le tariffe incentivanti”;
-l’art.3 del medesimo decreto prevede che beneficiano dell’incentivazione alla produzione di energia elettrica “le persone fisiche e giuridiche … responsabili dei medesimi impianti, progettati, realizzati ed eserciti in conformità alle disposizioni del presente decreto”;
-la deliberazione dell’AEEG n. 188/2005, al punto 3.1 prevede che il soggetto responsabile per essere ammesso a beneficiare delle “tariffe incentivanti” previste dal decreto ministeriale 28 luglio 2005 deve dichiarare, sotto la propria responsabilità, tra l’altro, di “assumere l’impegno a conseguire tutte le autorizzazioni necessarie alla costruzione ed all’esercizio dell’impianto nonché di essere consapevole delle proprie responsabilità civili e penali verso terzi connesse alle attività di costruzione ed esercizio dell’impianto”.
12.4 La necessità che l’autorizzazione faccia capo- o perché rilasciata ab inizio o perché successivamente trasferita- al responsabile dell’impianto è correlata al carattere indisponibile della medesima da parte del soggetto interessato, che può essere solo quello a nome del quale è stato emesso il provvedimento autorizzativo. Ne discende che il titolo, per una elementare esigenza di certezza dei rapporti giuridici e di controllo da parte dell’amministrazione, deve necessariamente fare capo al soggetto che gestisce l’impianto e percepisce gli incentivi, anche se agisce per conto altrui (Cons. Stato sez IV, 29/10/2018 n. 6146 e 14/09/2018 n. 5412).
12.5 Il quadro normativo e giurisprudenziale è univoco nell’identificazione soggettiva tra il titolare dell’autorizzazione alla costruzione e all’esercizio dell’impianto e il responsabile dell’impianto ammesso agli incentivi.
12.6 La mancanza del titolo non può essere compensata attraverso il ricorso a strumenti privatistici, non controllabili né opponibili all’amministrazione, quali il contratto di locazione dell’impianto o la partecipazione di controllo nella società che gestisce l’impianto. Solo il soggetto a favore del quale il titolo è rilasciato o volturato può legittimamente esercitare l’impianto e fruire dei benefici per l’energia prodotta, indipendentemente dalla proprietà del medesimo.
12.7 La tesi di parte appellante, secondo cui il titolare dell’autorizzazione unica è responsabile dell’esercizio (oltre che della costruzione e della dismissione) dell’impianto e può essere diverso dal responsabile dell’impianto che risponde della sola produzione di energia, introduce una frammentazione nell’identica responsabilità di difficile comprensione, sia sul piano logico che sul piano pratico, in quanto esercizio dell’impianto non può che significare utilizzo dell’impianto per produzione di energia, anche da fonte rinnovabile, sicché non è dato comprendere come la responsabilità dell’esercizio (discendente dall’autorizzazione unica) si distingua dalla responsabilità di produzione dell’energia da fonte rinnovabile, derivante dall’ammissione all’incentivo e dalla sottoscrizione della convenzione.
12.8 Nel caso di specie non vi è coincidenza soggettiva tra il titolare dell’autorizzazione e il soggetto responsabile dell’impianto, in quanto l’autorizzazione unica fa capo alla capogruppo, mentre responsabili degli impianti sono le società veicolo.
12.9 Quanto alla richiesta di presa d’atto delle variazioni intervenute nella titolarità delle autorizzazioni uniche a partire dal 2009 che la -OMISSIS-S.r.l. ha inviato alla Regione -OMISSIS-in data 8 novembre 2016 (all. 2 del ricorso in appello), si tratta di un documento nuovo, prodotto solo in grado di appello in violazione del divieto di cui all’art 104 c.p.a.
12.10 Il documento- a cui la difesa pare assegnare un effetto retroattivo (ora per allora) della voltura – non è comunque indispensabile per la decisione: esso costituisce una mera comunicazione del privato, al di fuori di qualunque schema procedimentale e provvedimentale (nemmeno riconducibile al paradigma di cui all’art 19 l. 241/1990: cfr. Cons Stato sez IV 14/09/2018 n. 541) ed è inidoneo a determinare una novazione soggettiva dell’autorizzazione. Quest’ultima, inoltre, era stata originariamente concessa per la costruzione e l’esercizio di un unico impianto fotovoltaico in condominio, sicché non può essere semplicemente frazionata per essere utilizzata per parti separate e distinte dell’unico originario impianto, sebbene divisibile in natura, a prescindere da qualunque accertamento sulla possibilità di autorizzazione su tali parti separate e distinte (sez IV 14/09/2018 n. 5412).
12.11 Difetta, pertanto, il requisito in questione con conseguente rilevanza della violazione ai sensi dell’allegato 1 lett J d.m. 31 gennaio 2014 e decadenza dagli incentivi, come previsto dall’art 11 del medesimo d.m.
12.12 Né è possibile affermare, come sostiene la difesa, che il G.S.E., una volta riscontrata la mancanza dell’autorizzazione unica, avrebbe dovuto chiedere alle appellanti di volturare il titolo. A prescindere dall’inidoneità di siffatta richiesta a sanare ex post il difetto del requisito di ammissione, in capo al gestore non sussiste alcun obbligo in tal senso, poiché è chi aspira ad ottenere le scarse e non facilmente riproducibili risorse finanziarie pubbliche d’incentivo alle fonti d’energia rinnovabili che deve adempiere agli obblighi che condizionano l’ammissione al beneficio, secondo il principio dell’autoresponsabilità (Cons. Stato, sez. IV 12/01/2017 n. 50).
13. Quanto alle eccezioni di legittimità costituzionale e alla richiesta di rinvio pregiudiziale indicate al punto b) del secondo motivo di appello, le stesse sono irrilevanti, oltre che manifestamente infondate. Il G.S.E non ha sindacato la legittimità dell’autorizzazione unica originariamente rilasciata dalla Regione -OMISSIS-alla società Valcerasa Srl, invadendo la sfera di competenza regionale, ma si è limitato ad accertare ab externo il difetto, in capo al destinatario dell’incentivo, del requisito in questione, ai sensi del d.m. 31 gennaio 2014. In relazione agli atti prodromici che devono essere adottati da altre amministrazioni ovvero dagli enti locali o, in generale, in relazione a procedimenti che devono essere gestiti dai detti enti, il controllo operato dal G.S.E. ha carattere meramente formale, ossia di verifica della sussistenza del titolo, non potendosi spingere sino alla verifica della legittimità dello stesso a pena di stravolgimento del riparto di competenze fissato dal legislatore (Cons Stato sez IV 24/10/2018 n. 6060).
14. La legittimità del provvedimento di decadenza fondato sulla mancanza dell’autorizzazione in capo al responsabile dell’impianto rende inammissibili per difetto di interesse gli ulteriori motivi di ricorso in primo grado, riproposti con il terzo motivo di appello e relativi alle ulteriori violazioni rilevanti contestate nel provvedimento impugnato in primo grado (violazione dell’all. 1, lett. a) e j) d.m. 31.1.2014 ).
15. Con il quarto motivo le appellanti censurano il capo della sentenza che ha respinto il quarto motivo di ricorso con cui si era chiesto lo slittamento dal primo al secondo conto energia di cui al d.m. 19.2.2007.
15.1 Il motivo è infondato.
15.2 La mancanza, in capo all’istante, del requisito soggettivo costituito dall’autorizzazione unica alla costruzione e all’esercizio dell’impianto è ostativa all’ammissione al beneficio, a prescindere dal meccanismo di incentivazione.
15.3 La superfluità del requisito in esame non può essere desunta dalla definizione di soggetto responsabile contenuta nell’art.2 del d.m. 19.2.2007.
Secondo la difesa, poiché l’art. 2 lett. h) del d.m. 19.2.2007 definisce il “soggetto responsabile” come il soggetto responsabile del solo esercizio dell’impianto, e non della realizzazione e dell’esercizio, ne discende la superfluità dell’autorizzazione unica per l’incentivazione prevista dal decreto.
15.4 E’ sufficiente osservare che la natura meramente definitoria della disposizione in esame è incompatibile con la valenza precettiva che le assegna la difesa, nel senso di escludere-per giunta, in via implicita- un requisito essenziale per l’esercizio dell’impianto previsto da una norma di rango superiore (art 12 d.lgs 387/2003), requisito che viene, per contro, espressamente richiamato, in quanto logico presupposto per l’ammissione all’incentivo, anche dal secondo conto energia (art 5 comma 7).
15.5 Il richiesto slittamento dal primo al secondo conto energia è, inoltre, privo di base normativa, non essendo sufficiente il generico riferimento al principio di proporzionalità indicato dalla difesa.
15.6 I criteri e le modalità di erogazione degli incentivi devono essere predeterminati anche sul piano temporale a tutela dei principi di imparzialità, trasparenza e parità di trattamento (art 12 l. 241/1990). Nel caso di specie, l’art. 6 d.m. 19.2.2007 ha indicato il periodo di diritto, senza prevedere alcuna possibilità di “slittamento” per gli impianti entrati in esercizio sotto la vigenza del precedente conto energia.
15.7 Il motivo deve, pertanto, essere respinto.
16. In ultimo, con memoria depositata data 21 febbraio 2018 l’appellante chiede in via subordinata la rimodulazione dell’incentivo ai sensi dell’art 42, comma 3, d.lgs 28/2011 come modificato dall’art. 1, comma 960, della legge n. 205/2017, entrata in vigore nelle more del giudizio di appello.
16.1 La disposizione prevede, in luogo della decadenza, una decurtazione dell’incentivo in misura compresa tra il 20 e l’80 per cento (poi modificato in misura ricompresa fra il 10 e il 50 dall’art. 3-bis, comma 1, lettera a), del D.L. 3 settembre 2019, n. 101, dalla l.2 novembre 2019, n. 128) in ragione dell’entità della violazione. Secondo parte appellante la modifica sarebbe applicabile alla fattispecie per cui è causa, in quanto si riferisce agli impianti che al momento dell’accertamento della violazione percepiscono incentivi.
16.2 La giurisprudenza, tuttavia, ha chiarito che la novella non ha portata interpretativa, ma innovativa e dunque non può che applicarsi alle violazioni accertate dopo il 1 gennaio 2018, data di entrata in vigore della legge finanziaria che l’ha introdotta (Con. Stato sez IV, 14/05/2020 n. 2396; 2 ottobre 2019 n. 6583; 24 ottobre 2018 n. 6060; sez VI 03/01/2022 n. 9).
16.3 La rimodulazione dell’incentivo, inoltre, presuppone che non si tratti di violazioni rilevanti ai fini dell’ottenimento, come accaduto nel caso di specie (Cons Stato sez. IV 24/01/2022 n. 462).
17. In conclusione, l’appello è infondato e deve essere respinto.
18. Sussistono giustificati motivi, stante la complessità della controversia, per compensare tra le parti le spese del presente grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell’articolo 10 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare le società appellanti.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 22 marzo 2022 con l’intervento dei magistrati:
Gianpiero Paolo Cirillo, Presidente
Giovanni Sabbato, Consigliere
Carla Ciuffetti, Consigliere
Carmelina Addesso, Consigliere, Estensore
Fabrizio D’Alessandri, Consigliere

L’ESTENSORE

Carmelina Addesso

IL PRESIDENTE
Gianpiero Paolo Cirillo 

IL SEGRETARIO

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