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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Procedimento amministrativo Numero: 1546 | Data di udienza: 17 Gennaio 2019

PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO – Accesso civico – Principi di trasparenza e imparzialità – Artt. 1, 2., 97 e 118 Cost. – Accesso documentale ex art. 22 l. n. 241/1990 – Non sovrapponibilità.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 6 Marzo 2019
Numero: 1546
Data di udienza: 17 Gennaio 2019
Presidente: Veltri
Estensore: Sestini


Premassima

PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO – Accesso civico – Principi di trasparenza e imparzialità – Artt. 1, 2., 97 e 118 Cost. – Accesso documentale ex art. 22 l. n. 241/1990 – Non sovrapponibilità.



Massima

 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. 3^ – 6 marzo 2019, n. 1546


PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO – Accesso civico – Principi di trasparenza e imparzialità – Artt. 1, 2., 97 e 118 Cost. – Accesso documentale ex art. 22 l. n. 241/1990 – Non sovrapponibilità.

L’istituto dell’accesso civico risponde pienamente ai principi di trasparenza e imparzialità dell’azione amministrativa e di partecipazione diffusa dei cittadini alla gestione della ”Cosa pubblica” ai sensi degli articoli 1 e 2 della Costituzione, nonché, ovviamente, dell’art. 97 cost., secondo il principio di sussidiarietà di cui all’art. 118 della Costituzione.  L’accesso civico, che attiene alla cura dei beni comuni a fini d’interesse generale, si affianca  senza sovrapposizioni alle forme di pubblicazione on line del 2013 ed all’accesso agli atti amministrativi ex art. 22 della legge n. 241/1990, consentendo, del tutto coerentemente con la ratio che lo ha ispira e che lo differenzia dall’accesso qualificato previsto dalla citata legge generale sul procedimento, l’accesso alla generalità degli atti e delle informazioni, senza onere di motivazione, a tutti i cittadini singoli ed associati, in guisa da far assurgere la trasparenza a condizione indispensabile per favorire il coinvolgimento dei cittadini nella cura della “Cosa pubblica”, oltreché mezzo per contrastare ogni ipotesi di corruzione e per garantire l’imparzialità e il buon andamento dell’Amministrazione.

(Riforma TAR Lazio, n. 2994/2018) – Pres. f.f. Veltri, Est. Sestini – Confederazione Nazionale Coldiretti (avv.ti Mattarella e Petitto) c. Ministero della Salute  (Avv. Stato)


Allegato


Titolo Completo

CONSIGLIO DI STATO, Sez. 3^ - 6 marzo 2019, n. 1546

SENTENZA

 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. 3^ – 6 marzo 2019, n. 1546

Pubblicato il 06/03/2019

N. 01546/2019REG.PROV.COLL.
N. 05115/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5115 del 2018, proposto dalla
Confederazione Nazionale Coldiretti, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Bernardo Giorgio Mattarella, Marco Petitto, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo Studio Legale De Vergottini in Roma, via Bertoloni, 44;

contro

Ministero della Salute, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti

Caseificio dei Colli Pugliesi di Maiullari & C. S.r.l., Centro Latte Bonizzi S.r.l. non costituiti in giudizio;

per la riforma

della sentenza breve del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza) n. 02994/2018, resa tra le parti, sul ricorso concernente: – la nota della Direzione generale della sanità animale e dei farmaci veterinari prot. DGSAF 0013247 del 26 maggio 2017 avente ad oggetto “Richiesta di accesso ai dati dei flussi commerciali del latte e dei prodotti lattiero caseari oggetto di

scambio intracomunitario e provenienti dall’estero”; – la nota della Direzione generale della prevenzione sanitaria avente il medesimo oggetto e comunicata alla ricorrente in data 6 giugno 2017; – la nota del Responsabile della trasparenza del Ministero della Salute prot. n.

0029802 del 17 luglio 2017; nonchè per l’accertamento del diritto di Coldiretti ad accedere alla documentazione richiesta con l’istanza di accesso civico ai sensi dell’articolo 5 del d.lgs. n. 33 del 2013 presentata il 27 aprile 2017, con conseguente condanna dell’Amministrazione resistente ad esibire la documentazione richiesta con tale istanza;

e con motivi aggiunti depositati il 5 dicembre 2017:

– la nota prot. DGSAF n. 25577 del 9 novembre 2017 della Direzione generale della sanità animale e dei farmaci veterinari avente a oggetto “istanza di accesso civico ai sensi dell’art. 5, comma 2, del d.lgs. 33/2013” con cui è stata respinta l’istanza presentata dalla Confederazione Nazionale Coldiretti in data 11 ottobre 2017 e tutti gli atti ad essa connessi presupposti e consequenziali;

– il silenzio rifiuto opposto dalla Direzione della prevenzione sanitaria dello stesso Ministero della salute alla nuova istanza di accesso civico presentata in data 11 ottobre 2017 dalla Confederazione Nazionale Coldiretti ai sensi dell’articolo 5, comma 2, del decreto legislativo n. 33 del 2013, nonché per l’accertamento del diritto di Coldiretti ad accedere alla documentazione richiesta con l’istanza di

accesso civico ai sensi dell’articolo 5 del decreto legislativo n. 33/2013 presentata il 11 ottobre 2017 con conseguente condanna dell’Amministrazione resistente ad esibire la documentazione richiesta con tale istanza;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero della Salute;
Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 17 gennaio 2019 il Cons. Raffaello Sestini e uditi per le parti gli avvocati Bernardo Giorgio Mattarella, Marco Petitto e l’Avvocato dello Stato Marina Russo;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1 – La Coldiretti, confederazione nazionale che associa gran parte dei coltivatori diretti italiani, appella la sentenza n. 02994/2018 del Tar Lazio, Sezione III Quater, che ha respinto il ricorso ed i motivi aggiunti contro il diniego opposto dal Ministero della salute alla sua richiesta di accesso civico, avanzata ai sensi dell’articolo 5, comma 2, del decreto legislativo n. 33 del 2013, e volta a conoscere, anche mediante un collegamento permanente alla banca dati esistente, le specifiche quantità di importazioni di latte e prodotti lattiero caseari da Paesi UE ed extra Ue da parte di operatori economici italiani, nonché contro il diniego (impugnato con motivi aggiunti) opposto a una seconda domanda più limitata quanto ai prodotti interessati e senza la richiesta di collegamento telematico. L’Amministrazione si è costituita in giudizio e le parti hanno scambiato plurime memorie.

2– In particolare, nel 2017 la Coldiretti presentava alla Direzione Generale della Sanità animale e dei farmaci veterinari ed alla Direzione Generale per la Prevenzione sanitaria del Ministero della Salute due diverse istanze di accesso civico, aventi il medesimo oggetto, con la finalità di ottenere i dati ed i documenti relativi alle importazioni di latte e dei prodotti lattiero caseari provenienti da Paesi comunitari ed extracomunitari. La Direzione Generale della Sanità animale e dei farmaci veterinari, vista l’ampiezza dell’istanza e la mancata individuazione dei controinteressati, rispondeva richiedendo alla Coldiretti di “circostanziare l’istanza, individuando specificamente i dati e/o i documenti di interesse” riferendo che, secondo l’art. 5 bis, comma 2 del d.lgs. n. 33 del 2013 e secondo le Linee Guida dell’ANAC, l’Amministrazione doveva poter interpellare gli eventuali controinteressati onde venire a conoscenza degli eventuali motivi di pregiudizio recati dall’istanza. La Direzione generale concludeva facendo riserva comunque “di fornire tali dati e/o documenti attraverso un report contenente le informazioni aggregate per Paese estero di spedizione e per provincia di destinazione in Italia, senza i riferimenti delle ditte individuali e dei soggetti giuridici nazionali ed esteri”. D’altra parte, invece, la Direzione Generale per la Prevenzione sanitaria eccepiva la propria incompetenza in materia di latte e dei prodotti lattiero caseari.

2.1. La Coldiretti proponeva poi ricorso al responsabile della trasparenza del Ministero della salute ai sensi dell’ art. 5 del decreto legislativo n. 33 del 2013, chiedendo di accedere alla documentazione già richiesta con l’istanza di accesso civico ai sensi dell’art. 5 del decreto legislativo n. 33/2013, presentata il 27 aprile 2017, con conseguente richiesta di condanna dell’Amministrazione resistente ad esibire la documentazione, ma otteneva un nuovo diniego.

3 – La Coldiretti presentava, quindi, ricorso al Tribunale Amministrativo per il Lazio chiedendo l’annullamento:

-della nota della Direzione generale della sanità animale e dei farmaci veterinari del Ministero della Salute riguardante la richiesta di accesso ai dati dei flussi commerciali del latte e dei prodotti lattiero caseari oggetto di scambio intracomunitario e provenienti dall’estero;

-della nota della Direzione generale della prevenzione sanitaria avente il medesimo oggetto;

-della nota del Responsabile della trasparenza del Ministero della Salute;

-della risposta del responsabile della trasparenza del Ministero della salute avverso il ricorso che contestava la legittimità delle due risposte all’istanza di accesso civico fornite dalle due direzioni generali del Ministero della salute.

3.1. Con motivi aggiunti depositati il 5 dicembre 2017, la ricorrente impugnava anche la risposta alla nuova richiesta di accesso civico presentata dal Presidente della Coldiretti in data 11 ottobre 2017 per conoscere i dati relativi alla importazione di latte e di prodotti lattiero caseari provenienti da Paesi non aderenti all’UE ovvero oggetto di scambio intracomunitario, che aveva ottenuto una nuova risposta negativa.

3.2. Avverso gli atti summenzionati, la ricorrente, premessa la propria legittimazione a proporre la domanda di accesso civico, deduceva sia la violazione degli art. 5 e 5 bis del d. lgs n. 33 del 2013, sia il difetto di motivazione e la violazione dell’art 3 della l. n. 241 del 1990.

4 – Si costituiva in giudizio il Ministero intimato per contestare la legittimazione e l’interesse della Coldiretti e per difendere la legittimità del proprio operato. Seguiva un ampio scambio di memorie, con le quali, in particolare, la Coldiretti ribadiva il proprio interesse all’accesso civico pur in presenza di un obbligo di legge di etichettatura in ordine all’origine degli ingredienti di alcuni alimenti in quanto, da un lato, un tale obbligo non sussisteva per i formaggi affettati e venduti a peso dal commerciante e, d’altro lato, molti prodotti caseari erano prodotti e confezionati in Italia sulla base di altri prodotti caseari (come i cagliati) con conseguente impossibilià per il consumatore di ottenere una piena informazione sugli ingredienti; infine, in quanto la disciplina dell’etichettatura e della tracciabilità consentiva di vendere, come prodotti Italiani, alimenti che avevano subito in Italia alcune fasi della produzione ma le cui materie prime erano importate, conseguendone che “le informazioni prescritte nelle etichette sono ben minori di quelle a cui si chiede di accedere e soprattutto non consentono di tracciare i prodotti lattiero caseari dei quali il latte importato sia ingrediente.”. In conclusione, la Coldiretti confermava la richiesta di conoscere la quantità di latte importata da ciascuna impresa operante sul territorio italiano, ribadendo che non erano, viceversa, oggetto della domanda di accesso civico il prezzo e le condizioni contrattuali praticate dalle imprese importatrici, né l’identità dell’esportatore straniero, né l’uso fatto dei prodotti importati.

5 – Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio considerava non meritevole di tutela la domanda di accesso della Confederazione Nazionale Coldiretti e rigettava il ricorso. Riteneva infatti che il consumatore fosse in grado di conoscere la provenienza del latte lavorato o il tipo di latte usato attraverso l’articolo 2 del D.M. 9 dicembre 2016, che espressamente si riferisce alla “Indicazione dell’origine in etichetta della materia prima per il latte e i prodotti lattieri caseari, in attuazione del regolamento (UE) n. 1169/2011, relativo alla fornitura di informazioni sugli alimenti ai consumatori” e secondo il quale l’etichetta deve fornire “l’indicazione di origine del latte o del latte usato come ingrediente nei prodotti lattiero-caseari di cui all’allegato”.

Il Tar rilevava, poi, che le risposte offerte dall’Amministrazione in data 26 maggio 2017 ed in data 9 novembre 2017 non si ponevano come un diniego, in quanto entrambe offrivano, in alternativa, un report di dati aggregati per Paese estero di spedizione e per provincia di destinazione in Italia. Statuiva, inoltre, che “è legittimo il diniego di accesso motivato in base alla necessità di impedire che all’Ente venga imposto un facere straordinario quale produrre – in formato analogico o digitale – una mole irragionevole di dati o documenti “ (citando TAR Lombardia, Milano Sez. III, 11-10-2017, n. 1951).

6 – la Coldiretti proponeva appello, argomentando che la pubblica amministrazione aveva opposto un sostanziale ed illegittimo diniego alla domanda di accesso civico e che ciò aveva comportato, al contrario di quanto ritenuto dal TAR, l’impossibilità per il consumatore di poter conoscere la provenienza dei prodotti mediante il raffronto fra le importazioni di latte e prodotti lattiero caseari da parte di una determinata azienda, e le etichette dalla stessa apposte sui propri prodotti, ledendo, così, sia il diritto del consumatore ad essere informato, sia il buon andamento e lo sviluppo di un mercato largamente rappresentato dalla medesima Confederazione Nazionale Coldiretti, quale più grande associazione delle imprese agricole italiane con oltre 1.300.000 associati, di cui oltre 600.000 titolari attivi di impresa.

DIRITTO

7 – Ai fini della decisione, considera preliminarmente il Collegio che con l’appello la Coldiretti deduce in primo luogo la violazione della nuova disciplina dell’accesso civico, come oggi normata dagli articoli 5 e 5 bis del d.lgs. n. 33 del 2013 e successive modifiche ed integrazioni. Si tratta, osserva ancora il Collegio, di un innovativo istituto di recente introduzione, di non facile coordinamento con i preesistenti istituti sulla trasparenza amministrativa e di non semplice inserimento nel nostro ordinamento giuridico. Pertanto, ai fini della sua corretta interpretazione e della conseguente decisione sul ricorso si impone, in primo luogo, una attenta ricostruzione storica e sistematica del nuovo istituto dell’accesso civico nell’ambito del nostro sistema Costituzionale.

7.1. In particolare, il citato art. 5 prevede che “1. L’obbligo previsto dalla normativa vigente in capo alle pubbliche amministrazioni di pubblicare documenti, informazioni o dati comporta il diritto di chiunque di richiedere i medesimi, nei casi in cui sia stata omessa la loro pubblicazione.

2. Allo scopo di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche e di promuovere la partecipazione al dibattito pubblico, chiunque ha diritto di accedere ai dati e ai documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni, ulteriori rispetto a quelli oggetto di pubblicazione ai sensi del presente decreto, nel rispetto dei limiti relativi alla tutela di interessi giuridicamente rilevanti secondo quanto previsto dall’articolo 5-bis.

3. L’esercizio del diritto di cui ai commi 1 e 2 non è sottoposto ad alcuna limitazione quanto alla legittimazione soggettiva del richiedente. L’istanza di accesso civico identifica i dati, le informazioni o i documenti richiesti e non richiede motivazione. L’istanza può essere trasmessa per via telematica secondo le modalità previste dal decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, e successive modificazioni, ed è presentata alternativamente ad uno dei seguenti uffici:

a) all’ufficio che detiene i dati, le informazioni o i documenti;

b) all’Ufficio relazioni con il pubblico;

c) ad altro ufficio indicato dall’amministrazione nella sezione "Amministrazione trasparente" del sito istituzionale;

d) al responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza, ove l’istanza abbia a oggetto dati, informazioni o documenti oggetto di pubblicazione obbligatoria ai sensi del presente decreto.

4. Il rilascio di dati o documenti in formato elettronico o cartaceo è gratuito, salvo il rimborso del costo effettivamente sostenuto e documentato dall’amministrazione per la riproduzione su supporti materiali.

5. Fatti salvi i casi di pubblicazione obbligatoria, l’amministrazione cui è indirizzata la richiesta di accesso, se individua soggetti controinteressati, ai sensi dell’articolo 5-bis, comma 2, è tenuta a dare comunicazione agli stessi, mediante invio di copia con raccomandata con avviso di ricevimento, o per via telematica per coloro che abbiano consentito tale forma di comunicazione. Entro dieci giorni dalla ricezione della comunicazione, i controinteressati possono presentare una motivata opposizione, anche per via telematica, alla richiesta di accesso. A decorrere dalla comunicazione ai controinteressati, il termine di cui al comma 6 è sospeso fino all’eventuale opposizione dei controinteressati. Decorso tale termine, la pubblica amministrazione provvede sulla richiesta, accertata la ricezione della comunicazione.

6. Il procedimento di accesso civico deve concludersi con provvedimento espresso e motivato nel termine di trenta giorni dalla presentazione dell’istanza con la comunicazione al richiedente e agli eventuali controinteressati. In caso di accoglimento, l’amministrazione provvede a trasmettere tempestivamente al richiedente i dati o i documenti richiesti, ovvero, nel caso in cui l’istanza riguardi dati, informazioni o documenti oggetto di pubblicazione obbligatoria ai sensi del presente decreto, a pubblicare sul sito i dati, le informazioni o i documenti richiesti e a comunicare al richiedente l’avvenuta pubblicazione dello stesso, indicandogli il relativo collegamento ipertestuale. In caso di accoglimento della richiesta di accesso civico nonostante l’opposizione del controinteressato, salvi i casi di comprovata indifferibilità, l’amministrazione ne dà comunicazione al controinteressato e provvede a trasmettere al richiedente i dati o i documenti richiesti non prima di quindici giorni dalla ricezione della stessa comunicazione da parte del controinteressato. Il rifiuto, il differimento e la limitazione dell’accesso devono essere motivati con riferimento ai casi e ai limiti stabiliti dall’articolo 5-bis. Il responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza può chiedere agli uffici della relativa amministrazione informazioni sull’esito delle istanze.

7. Nei casi di diniego totale o parziale dell’accesso o di mancata risposta entro il termine indicato al comma 6, il richiedente può presentare richiesta di riesame al responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza di cui all’articolo 43, che decide con provvedimento motivato, entro il termine di venti giorni. Se l’accesso è stato negato o differito a tutela degli interessi di cui all’articolo 5-bis, comma 2, lettera a), il suddetto responsabile provvede sentito il Garante per la protezione dei dati personali, il quale si pronuncia entro il termine di dieci giorni dalla richiesta. A decorrere dalla comunicazione al Garante, il termine per l’adozione del provvedimento da parte del responsabile è sospeso, fino alla ricezione del parere del Garante e comunque per un periodo non superiore ai predetti dieci giorni. Avverso la decisione dell’amministrazione competente o, in caso di richiesta di riesame, avverso quella del responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza, il richiedente può proporre ricorso al Tribunale amministrativo regionale ai sensi dell’articolo 116 del Codice del processo amministrativo di cui al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104.

8. Qualora si tratti di atti delle amministrazioni delle regioni o degli enti locali, il richiedente può altresì presentare ricorso al difensore civico competente per ambito territoriale, ove costituito. Qualora tale organo non sia stato istituito, la competenza è attribuita al difensore civico competente per l’ambito territoriale immediatamente superiore. Il ricorso va altresì notificato all’amministrazione interessata. Il difensore civico si pronuncia entro trenta giorni dalla presentazione del ricorso. Se il difensore civico ritiene illegittimo il diniego o il differimento, ne informa il richiedente e lo comunica all’amministrazione competente. Se questa non conferma il diniego o il differimento entro trenta giorni dal ricevimento della comunicazione del difensore civico, l’accesso è consentito. Qualora il richiedente l’accesso si sia rivolto al difensore civico, il termine di cui all’articolo 116 del Codice del processo amministrativo decorre dalla data di ricevimento, da parte del richiedente, dell’esito della sua istanza al difensore civico. Se l’accesso è stato negato o differito a tutela degli interessi di cui all’articolo 5-bis, comma 2, lettera a), il difensore civico provvede sentito il Garante per la protezione dei dati personali, il quale si pronuncia entro il termine di dieci giorni dalla richiesta. A decorrere dalla comunicazione al Garante, il termine per la pronuncia del difensore è sospeso, fino alla ricezione del parere del Garante e comunque per un periodo non superiore ai predetti dieci giorni.

9. Nei casi di accoglimento della richiesta di accesso, il controinteressato può presentare richiesta di riesame ai sensi del comma 7 e presentare ricorso al difensore civico ai sensi del comma 8.

10. Nel caso in cui la richiesta di accesso civico riguardi dati, informazioni o documenti oggetto di pubblicazione obbligatoria ai sensi del presente decreto, il responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza ha l’obbligo di effettuare la segnalazione di cui all’articolo 43, comma 5.

11. Restano fermi gli obblighi di pubblicazione previsti dal Capo II, nonché le diverse forme di accesso degli interessati previste dal Capo V della legge 7 agosto 1990, n. 241.”

7.2. Dal complessivo testo dell’articolo si evince il diritto di chiunque di richiedere dati, informazioni e documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni, non solo quando l’Amministrazione non ottemperi all’obbligo di legge di pubblicarli (comma 1), bensì anche (comma 2) “allo scopo di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali”, nel rispetto della procedura di tutela degli eventuali controinteressati disciplinata dai commi seguenti e nei (soli) limiti relativi alla tutela di interessi giuridicamente rilevanti secondo quanto previsto dall’articolo 5 bis del medesimo decreto legislativo n. 33/2013 (che, nel caso di specie, la Coldiretti ritiene egualmente violato), secondo cui:

“1. L’accesso civico di cui all’articolo 5, comma 2, è rifiutato se il diniego è necessario per evitare pregiudizio concreto alla tutela di uno degli interessi pubblici inerenti a: a) la sicurezza pubblica e l’ordine pubblico; b)la sicurezza nazionale; c)la difesa e le questioni militari; d) le relazioni internazionali; e) la politica e la stabilità finanziaria ed economica dello Stato; f) la conduzione di indagini sui reati e il loro perseguimento; g) il regolare svolgimento di attività ispettive. 2. L’accesso di cui all’articolo 5, comma 2, è altresì rifiutato se il diniego è necessario per evitare un pregiudizio concreto alla tutela di uno dei seguenti interessi privati: a) la protezione dei dati personali, in conformità con la disciplina legislativa in materia; b) la libertà e la segretezza della corrispondenza; c) gli interessi economici e commerciali di una persona fisica o giuridica, ivi compresi la proprietà intellettuale, il diritto d’autore e i segreti commerciali.

3. Il diritto di cui all’articolo 5, comma 2, è escluso nei casi di segreto di Stato e negli altri casi di divieti di accesso o divulgazione previsti dalla legge, ivi compresi i casi in cui l’accesso è subordinato dalla disciplina vigente al rispetto di specifiche condizioni, modalità o limiti, inclusi quelli di cui all’articolo 24, comma 1, della legge n. 241 del 1990.

4. Restano fermi gli obblighi di pubblicazione previsti dalla normativa vigente. Se i limiti di cui ai commi 1 e 2 riguardano soltanto alcuni dati o alcune parti del documento richiesto, deve essere consentito l’accesso agli altri dati o alle altre parti”.

5. I limiti di cui ai commi 1 e 2 si applicano unicamente per il periodo nel quale la protezione è giustificata in relazione alla natura del dato. L’accesso civico non può essere negato ove, per la tutela degli interessi di cui ai commi 1 e 2, sia sufficiente fare ricorso al potere di differimento.

6. Ai fini della definizione delle esclusioni e dei limiti all’accesso civico di cui al presente articolo, l’Autorità nazionale anticorruzione, d’intesa con il Garante per la protezione dei dati personali e sentita la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, adotta linee guida recanti indicazioni operative.”

7.3. L’art. 5 bis citato consente, quindi, di individuare casi eccezionali in cui il soggetto non può ottenere l’accesso civico, mediante l’individuazione tassativa delle fattispecie in cui, nel bilanciamento di interessi contrapposti, l’accesso è suscettibile di pregiudicare un interesse generale di natura pubblica ovvero un affidamento tutelato di natura privata.

8 – Non è controverso che il diritto di accesso di cittadini ed imprese ai documenti ed alle informazioni detenuti dall’Amministrazione costituisca il necessario corollario dei principi di trasparenza e di partecipazione che devono caratterizzare l’attività amministrativa alla stregua dei principi fondamentali di legalità, di tutela dei diritti della persona e di uguaglianza e non discriminazione sanciti dai primi tre articoli della Costituzione che, al contempo, esso attui l’art. 97 e i principi di imparzialità e di buon andamento dell’Amministrazione.

9 – Già con la legge n. 241 del 1990, il legislatore nazionale ha previsto il “diritto degli interessati di prendere visione e di estrarre copia di documenti amministrativi” (art. 22, comma 1, lett. a), legge n.241/1990.) configurando tale previsione come “principio generale dell’attività amministrativa al fine di favorire la partecipazione e di assicurare l’imparzialità e la trasparenza” e includendo, giuste le previsioni di cui all’art 29, comma 2 bis, della medesima legge, i contenuti di tale “diritto” tra i livelli essenziali delle prestazioni ai sensi dell’art. 117, comma 2, lett. m), Cost..

In tale primigenia configurazione della posizione giuridica soggettiva, l’accesso viene garantito “agli interessati”: non basta, come precisato dalla giurisprudenza, la semplice curiosità, essendo necessario invece un interesse di base differenziato e meritevole di tutela, secondo la titolarità e nei limiti dell’utilità di una posizione giuridicamente rilevante.

9.1. La legge n. 241/1990 ha costruito il “diritto di accesso” in termini di protezione diretta di un bene della vita, secondo lo schema del diritto soggettivo. Sotto il profilo processuale la tutela di tale diritto è stata ricompresa nell’ambito delle materie devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo.

Ciò nonostante è comunque prevalsa la tesi che non si tratti di un diritto soggettivo in senso proprio e che l’accesso vada inquadrato, al di là del nomen utilizzato dalla legge, nella categoria dell’interesse legittimo, conseguendone la necessità che il diniego di accesso, quale provvedimento in senso proprio, sia impugnato nel termine di decadenza di 60 giorni, piuttosto che nel termine più lungo di prescrizione applicabile in via ordinaria ai diritti soggettivi (Consiglio di stato, Adunanza Plenaria 18 aprile 2006 n. 6 e 20 aprile 2006 n. 7).

10 – Accanto a questa prima forma di accesso sono state introdotte, di recente, nell’ordinamento, altre fattispecie di accesso qualificabili in termini di diritto soggettivo in senso proprio, tra le quali la recente disposizione sul cosiddetto accesso civico, noto anche come Freedom of Information Act (FOIA) sulla scorta dell’esempio statunitense – introdotta nell’ambito della normativa anticorruzione con il sopra riportato art. 5 del decreto legislativo del 14 marzo 2013 n.33, come modificato dal decreto legislativo n. 97 del 2016, che prevede due fattispecie:

a) In primo luogo, chiunque può richiedere l’accesso alle informazioni e ai dati che le amministrazioni avrebbero comunque l’obbligo di pubblicare sui propri siti o con altre modalità tutte le volte in cui esse hanno omesso questo adempimento.

b) In secondo luogo, con previsione ancor più generale volta a “favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche e di promuovere la partecipazione al dibattito pubblico,” si dispone che chiunque abbia diritto di accedere ai dati e documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni, anche a quelli per i quali non sussiste un obbligo di pubblicazione, anche se l’art. 5 bis prevede una serie di esclusioni in relazione alla necessità di tutelare interessi pubblici e privati come ad esempio la sicurezza nazionale, la difesa, le relazioni internazionali, la protezione dei dati personali, la libertà e la segretezza della corrispondenza e più in generale tutti i casi di esclusione di cui all’art. 24, comma 1, della legge n.241/1990.

11 – Dunque, osserva il Collegio, sia l’accesso documentale ex art. 22 della legge n. 241/1990, sia l’accesso civico ex art. 5 del d.lgs. n. 33/2013, hanno lo scopo di assicurare l’imparzialità e la trasparenza dell’attività amministrativa e di favorire la partecipazione dei privati, ed entrambi gli istituti scontano talune limitazioni risultanti dalla ponderazione con altri interessi costituzionalmente rilevanti. Tuttavia nel primo caso il diritto di accesso è riconosciuto solamente al soggetto titolare di un interesse qualificato in relazione ad un procedimento amministrativo. Nel caso dell’accesso civico, viceversa, tale diritto è esteso a qualunque soggetto, singolo o associato, e non vi è la necessità di dimostrare un particolare interesse qualificato a richiedere gli atti o le informazioni, secondo il modello del Freedom of Information Act (FOIA), che trae ispirazione dalle esperienze storiche d’oltralpe e d’oltreoceano.

12 – Al fine di interpretare ed applicare correttamente il nuovo istituto, occorre considerare che il modello FOIA è da tempo presente nella storia delle moderne democrazie: già nel 1766 si parlava in Svezia di libertà d’informazione, ed oggi è divenuto uno standard informativo il modello entrato in vigore negli Stati Uniti nel 1966, mediante il quale le agenzie dell’Executive Branch del Governo Federale hanno l’obbligo di rendere noti e di pubblicare, in modo celere, nel “Federal Register”, un’ampia varietà di documenti a vantaggio dei cittadini.

Il FOIA statunitense inoltre stabilisce che ogni ente governativo deve rendere disponibili a chiunque i documenti non inerenti agli obblighi di pubblicazione. Si tratta dunque di un’accessibilità pressoché totale (i cui limiti sono specificamente delineati in nove eccezioni) che ne fa, secondo i commentatori più attenti, uno degli indicatori più significativi del tasso di democraticità del sistema di governo americano.

In particolare, nel Freedom of Information Act il “right to know”, diritto di essere informati, persegue tre diversi obiettivi, il primo, “accountabilty”, vuole consentire un controllo diffuso sull’operato degli enti pubblici allo scopo di evitare fenomeni di corruzione. La seconda finalità, “partecipation”, vuole garantire ai cittadini una partecipazione consapevole alle decisioni pubbliche. Infine, con la legitimacy” si vogliono rafforzare le stesse pubbliche amministrazioni, che devono agire in completa trasparenza nei confronti dei cittadini.

Ad oggi esiste una versione del Freedom of Information Act in oltre cento Paesi del mondo, e l’accesso alle informazioni raccolte dallo Stato costituisce un punto di riferimento per gli Stati democratici, tanto da essere riconosciuto a livello internazionale come diritto umano collegato alla libertà di espressione dell’individuo in generale; a sostegno del FOIA si schiera la Convenzione Onu contro la Corruzione, che include l’obbligo per gli Stati di fornire accesso alle informazioni per promuovere la partecipazione della società civile nella prevenzione e nella lotta alla corruzione, mentre l’Unesco riconosce “il 28 settembre come la Giornata mondiale del diritto di accesso.”

13 – Il percorso per la trasparenza nel nostro Paese è iniziato solo in tempi più recenti: la prima norma contenente il diritto di accesso è entrata in vigore solo nel 1990 con la già citata legge n.241 sul procedimento amministrativo. Successivamente, il sopra citato decreto legislativo n.33/2013 ha disciplinato la pubblicazione on line di informazioni rilevanti sui siti web istituzionali delle pubbliche amministrazioni. Peraltro l’obbligo di pubblicazione, riguardante grandi quantità di dati talvolta di scarso interesse per le imprese e per i cittadini, è stato nuovamente disciplinato dal decreto legislativo n. 97/2016, che ha modificato il decreto n. 33/2013 precisando le informazioni da pubblicare nelle pagine web istituzionali. La medesima fonte ha infine introdotto, comè già ricordato, un nuovo sistema di accesso civico, tendenzialmente generalizzato, che si ispira al sopracitato FOIA statunitense secondo la regola primaria della general disclosure di qualsiasi atto, salvo tassative eccezioni, anche se non sottoposto a pubblicazione.

14 – L’introduzione del nuovo istituto di matrice anglosassone è stata accompagnata da talune perplessità ed incertezze applicative, riferite sia ai problemi di coordinamento derivanti dal mantenimento dei precedenti istituti di trasparenza amministrativa, sia alla radicale ridefinizione del rapporto fra cittadino e pubblica amministrazione ed alle possibili difficoltà organizzative derivanti per quest’ultima dalla possibilità generalizzata e diffusa di presentare richieste di accesso alle informazioni o agli atti pubblici senza dover fornire alcuna motivazione.

Osserva tuttavia il Collegio che il nuovo accesso civico risponde pienamente ai sopraindicati principi del nostro ordinamento nazionale di trasparenza e imparzialità dell’azione amministrativa e di partecipazione diffusa dei cittadini alla gestione della ”Cosa pubblica” ai sensi degli articoli 1 e 2 della Costituzione, nonché, ovviamente, dell’art. 97 cost., secondo il principio di sussidiarietà di cui all’art. 118 della Costituzione.

15 – In particolare l’art. 118 Cost., nella sua vigente formulazione, al primo comma prevede che “Le funzioni amministrative sono attribuite ai Comuni salvo che, per assicurarne l’esercizio unitario, siano conferite a Province, Città metropolitane, Regioni e Stato, sulla base dei princìpi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza”, sancendo il principio di sussidiarietà c.d. “verticale”, volto ad avvicinare le competenze dei pubblici uffici ai cittadini e alle imprese e alle loro associazioni e, quindi, ai bisogni del territorio, secondo il modello di “Stato delle Autonomie” già delineato dall’art. 5 Cost.. Esso, al quarto ed ultimo comma, introduce, ed è la vera novità, anche il principio di sussidiarietà in senso c.d. “orizzontale”, sancendo che “Stato, Regioni, Province, Città Metropolitane e Comuni favoriscono l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio della sussidiarità".

Il “nuovo” principio di sussidiarietà è, quindi, volto a favorire “l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati”, ovvero a favorire la partecipazione dei cittadini e delle formazioni sociali (imprenditoriali ed associative) nelle quali si svolge la loro personalità, ai sensi dell’art. 2 Cost., alla cura e al buon andamento della “Cosa pubblica” mediante “lo svolgimento di attività d’interesse generale”. In tal modo, viene riconosciuto in primis il valore del volontariato, che insieme alla cooperazione costituisce un patrimonio storico della nostra nazione (attualmente il “Terzo settore” annovera in Italia circa sette milioni di volontari impegnati a vario titolo, insieme a più di tremila associazioni e organizzazioni “no profit”, nell’assistenza ai più bisognosi e nella tutela della persona, dell’ambiente e della cultura, dando uno spontaneo adempimento ai “doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale” previsti dall’art. 2 Cost.). Al tradizionale modello solidaristico va progressivamente affiancandosi un nuovo modello di “cittadinanza attiva”, già patrimonio della lunga storia della democrazia in Europa e nei Paesi anglosassoni ma non estraneo alla storia Italiana, dai Comuni alle Repubbliche marinare, dalle Società di mutuo soccorso alle Cooperative di lavoro, dalle Signorie alle attuali “Misericordie” che affiancano i servizi sociali comunali. Tale nuovo modello è caratterizzato, alla stregua delle previsioni degli artt. 1, 2 e 118 della Costituzione, dalla spontanea cooperazione dei cittadini con le Istituzioni pubbliche mediante la partecipazione alle decisioni e alle azioni che riguardano la cura dei beni comuni, anziché dei pur rispettabili interessi privati, e che quindi cospirano alla realizzazione dell’interesse generale della società assumendo a propria volta una valenza pubblicistica, nella consapevolezza che la partecipazione attiva dei cittadini alla vita collettiva può concorrere a migliorare la capacità delle istituzioni di dare risposte più efficaci ai bisogni delle persone e alla soddisfazione dei diritti sociali che la Costituzione riconosce e garantisce.

16 – La sopradescritta disciplina nazionale del nuovo accesso civico, inquadrandosi in questo secondo modello, si pone in diretta attuazione delle previsioni costituzionali risultanti dalla riforma del Titolo V della Costituzione del 2001, quale istituto strumentale volto ad assicurare le condizioni –ovvero la conoscibilità generalizzata degli atti e delle informazioni in possesso dell’Amministrazione- necessarie “al fine di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche e di promuovere la partecipazione al dibattito pubblico” (art. 5, citato, sull’acceso civico) e quindi volte a favorire la “autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale” (art. 118 Cost., citato, che introduce il principio di sussidiarietà).

17. La ricostruzione del predetto quadro normativo consente al Collegio di evidenziare che il nuovo accesso civico, che attiene alla cura dei beni comuni a fini d’interesse generale, si affianca senza sovrapposizioni alle forme di pubblicazione on line del 2013 ed all’accesso agli atti amministrativi del 1990, consentendo, del tutto coerentemente con la ratio che lo ha ispira e che lo differenzia dall’accesso qualificato previsto dalla citata legge generale sul procedimento, l’accesso alla generalità degli atti e delle informazioni, senza onere di motivazione, a tutti i cittadini singoli ed associati, in guisa da far assurgere la trasparenza a condizione indispensabile per favorire il coinvolgimento dei cittadini nella cura della “Cosa pubblica”, oltreché mezzo per contrastare ogni ipotesi di corruzione e per garantire l’imparzialità e il buon andamento dell’Amministrazione.

18. Ciò accade, a giudizio del Collegio, anche nella specifica fattispecie in esame. La Coldiretti infatti, dopo una prima domanda di accesso generalizzato che comprendeva la richiesta di un collegamento alle banche dati dell’Amministrazione – ritenuta eccessivamente generica dall’Amministrazione e pertanto respinta con l’atto gravato con il ricorso principale di primo grado – ha liberamente proposto una nuova domanda, analoga ma molto più circostanziata e quindi sostitutiva della precedente, sostanzialmente volta a verificare la corrispondenza e la non contraddittorietà fra le importazioni di latte e di prodotti a base di latte da parte dei singoli operatori nazionali, da un lato, e le indicazioni fornite al consumatore in etichetta a termini di legge circa l’origine delle materie prime utilizzate dall’altro. Talì finalità corrispondono proprio a quelle forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e di partecipazione degli amministrati al dibattito pubblico, previste dalla nuova normativa del 2016 sull’accesso civico.

18 – Dalle pregresse considerazioni emerge, innanzitutto sul piano processuale: a) la sopravvenuta carenza d’interesse alla definizione dell’originario ricorso di primo grado contro il diniego opposto alla prima domanda, spontaneamente sostituita dall’Associazione appellante; b) la necessità di esaminare nel merito i motivi aggiunti, di ordine sostanziale, proposti contro il secondo diniego, che sono ugualmente incentrati sulla violazione della nuova disciplina dell’accesso civico .

19. Ai fini della decisione della specifica questione di cui al punto b) del par. 18, il Collegio deve preliminarmente dare risposta ai seguenti quesiti:

-se la Coldiretti abbia la legittimazione a proporre la domanda di accesso, e se vi possa essere un conflitto d’interessi con i suoi iscritti che potrebbero essere pregiudicati dalla richiesta informativa; -se la possibilità di Coldiretti di acquisire i dati dai propri iscritti, oppure l’offerto report periodico con dati aggregati, oppure il vigente obbligo di riportare in etichetta le indicazioni di legge, siano idonei a far venire meno l’interesse di Coldiretti all’accesso;

-se la domanda di accesso sia inammissibile poiché emulativa o comunque sproporzionata rispetto alle finalità dichiarate di tutela dei consumatori e del mercato, o se ciò comporti comunque oneri insostenibili per l’Amministrazione;

-se l’accesso ai dati richiesti possa compromettere i diritti dei contro interessati, ed in particolare degli operatori economici che importano latte o suoi derivati.

19.1. Procedendo con ordine, considerato che il diritto di accesso civico spetta a “chiunque” non appare dubbia la legittimazione della Coldiretti a proporre una domanda di accesso a documenti e ad informazioni, a maggior ragione se riguardanti un mercato in cui essa rappresenta la maggioranza degli operatori economici perseguendone, per finalità statutaria, la tutela e lo sviluppo, posto che la completa informazione dei consumatori (oltre a costituire un diritto di questi ultimi, sancito dal Codice del consumo) può favorire un corretto e regolato confronto concorrenziale, nonché un aumento dei consumi interni ed un ulteriore sviluppo di quel mercato. Ciò è vero e dirimente anche laddove dovesse tradursi in un danno per alcuni dei singoli operatori associati, posto che l’eventuale pregiudizio dei singoli non può andare a detrimento delle finalità associative statutariamente condivise.

In altre parole, e indipendentemente da ogni considerazione circa le dinamiche economiche sottese alla produzione nazionale ovvero alla importazione del latte e dei suoi derivati in una economia ormai globalizzata, non è ictu oculi priva di fondamento la tesi che la trasparenza e la credibilità di fronte ai consumatori circa la provenienza delle materie prime possa favorire lo sviluppo del mercato interno di riferimento, e che, conseguentemente, l’interesse di alcuni associati alla Coldiretti, potenzialmente pregiudicati dalle informazioni pubblicate, debba essere considerato recessivo in quanto non in linea con lo scopo comune della Coldiretti.

19.2. D’altro canto i dati e le informazioni richieste per conseguire la predetta finalità, ossia per ricostruire la filiera delle importazioni di ogni singolo produttore nazionale al fine di suscitare un controllo diffuso ed un dibattito circa la rispondenza fra etichette dei singoli prodotti offerti sul mercato e reali importazioni dei singoli produttori, non potrebbero essere raccolti dall’Associazione solo presso i propri iscritti (che costituiscono solo una parte degli operatori) né potrebbero essere sostituite dal proposto report periodico con dati aggregati.

19.3. Neppure gli obblighi d’informazione in etichetta già presenti per legge, sono, del resto, idonei a far venire meno l’interesse di Coldiretti all’accesso, atteso che, a superamento di quanto argomentato dal TAR, l’Associazione persegue proprio la verifica della credibilità di quelle dichiarazioni riportate in etichetta. In particolare, erra il Tar quando considera che la Coldiretti non avrebbe interesse a proporre l’istanza di accesso generalizzato poiché allo stesso fine è prevista statutariamente la disciplina sulle etichette (decreto ministeriale del 9 dicembre 2016 sulla etichettatura dei prodotti alimentari). Anche a voler seguire questa prospettazione, in ogni caso rimane l’interesse della Coldiretti ad “accedere ai dati e ai documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni, ulteriori rispetto a quelli oggetto di pubblicazione” (art. 5, comma 2, cit.). Infatti, il richiesto accesso ai dati a disposizione dell’Amministrazione in relazione ai procedimenti amministrativi concernenti l’importazione di materie prime e semilavorati da parte dei singoli operatori, oltre a consentire una verifica circa la complessiva affidabilità del controllo pubblico in ordine al rispetto dell’obbligo degli stessi operatori di indicare in etichetta l’origine degli ingredienti di alcuni alimenti, consentirebbe di integrare la predetta forma di pubblicità quanto alla complessiva provenienza delle materie prime utilizzate per produrre in Italia gli ingredienti ed i semilavorati a propria volta utilizzati nei prodotti commercializzati dal medesimo operatore, ma non indicati, a termini di legge, in etichetta.

Pertanto, a giudizio del Collegio le informazioni richieste dalla Coldiretti al Ministero della Salute, da un lato, integrano quelle oggetto di pubblicità obbligatoria ma non coincidono con esse e, dall’altro, non consentono di individuare alcun “abuso del diritto” d’informazione, in quanto rispondono alle dichiarate esigenze legate alla tutela dei consumatori e alla stessa ratio della rintracciabilità della filiera che motiva gli obblighi di etichettatura, operando quel “controllo diffuso sull’attività amministrativa” perseguito dalla nuova norma.

19.4. Venendo agli ulteriori quesiti, è pur vero che sebbene il summenzionato art. 5 del d.lgs. n. 33/2013 non richieda all’istante di fornire una specifica qualificazione o motivazione, la giurisprudenza ha talvolta attribuito rilievo al carattere emulativo o non proporzionato della domanda rispetto alle finalità perseguite.

Tuttavia le pregresse considerazioni consentono di escludere che ricorra una tale circostanza nella fattispecie in esame, considerata la corrispondenza fra la domanda e la dichiarata finalità di tutela della trasparenza del mercato e, quindi, del diritto dei consumatori di essere informati. In particolare, la richiesta di Coldiretti risulta conforme alle finalità di tutela dei consumatori del Codice del consumo che, all’art. 2, garantisce una serie di diritti del consumatore, alcuni dei quali appaiono connessi alla domanda di accesso civico in esame. L’art. 2 del Codice del Consumo afferma, infatti, che “1. Sono riconosciuti e garantiti i diritti e gli interessi individuali e collettivi dei consumatori e degli utenti, ne è promossa la tutela in sede nazionale e locale, anche in forma collettiva e associativa, sono favorite le iniziative rivolte a perseguire tali finalità, anche attraverso la disciplina dei rapporti tra le associazioni dei consumatori e degli utenti e le pubbliche amministrazioni.

2. Ai consumatori ed agli utenti sono riconosciuti come fondamentali i diritti:

a) alla tutela della salute;

b) alla sicurezza e alla qualità dei prodotti e dei servizi;

c) ad una adeguata informazione e ad una corretta pubblicità;

c-bis) all’esercizio delle pratiche commerciali secondo principi di buona fede, correttezza e lealtà;

d) all’educazione al consumo;

e) alla correttezza, alla trasparenza ed all’equità nei rapporti contrattuali;

f) alla promozione e allo sviluppo dell’associazionismo libero, volontario e democratico tra i consumatori e gli utenti;

g) all’erogazione di servizi pubblici secondo standard di qualità e di efficienza.”.

Tale articolo si mostra, quindi, in linea con le richieste della Coldiretti, che vuole indagare sul latte e sui prodotti caseari al fine di informare e rendere consapevoli i consumatori, coerentemente con la ratio dell’accesso civico generalizzato, così come disciplinato dal decreto del 2013 e modificato da quello del 2016.

19.5. Assume inoltre rilievo la circostanza che la seconda istanza proposta da Coldiretti è stata depurata di tutti quegli elementi che conferivano un carattere di genericità alla prima istanza, in conformità alle Linee Guida emanate dall’ANAC in materia.

19.6. Neppure può ritenersi che la domanda comporti oneri eccesivi o sproporzionati per l’Amministrazione. La stessa mira infatti ad ottenere dati disaggregati senza alcuna previa rielaborazione, la cui messa a disposizione (al contrario del report offerto dall’Amministrazione) non implica particolari oneri organizzativi o gestionali dell’Amministrazione (l’Associazione, nella prima domanda aveva anche proposto un diretto collegamento telematico alla banca dati, ma la questione, in disparte il rischio di interferenza della fattispecie con la diversa disciplina della pubblicazione on line erga omnes, non costituisce più, come sopra indicato, oggetto del presente giudizio).

19.7. Infine, quanto all’obiezione che l’accesso potrebbe compromettere i diritti degli operatori economici importatori, evidenzia il Collegio che l’art. 5 soprariportato disciplina dettagliatamente il procedimento in contraddittorio che l’Amministrazione deve obbligatoriamente avviare al ricevimento della domanda al fine di tutelare i possibili controinteressati, non potendo certamente l’Amministrazione limitarsi a prefigurare il rischio di un pregiudizio in via generica e astratta, e dovendo invece motivare, in modo puntuale, la effettiva sussistenza di un reale e concreto pregiudizio agli interessi considerati dai commi 1 e 2 del soprariportato art. 5 bis.

Sulla questione l’ANAC ha emanato nel 2016 le Linee Guida recanti “indicazioni operative ai fini della definizione delle esclusione e dei limiti all’accesso civico di cui all’art. 5, co 2 del D.Lgs 33/2013”, ed in tale documento viene affermato che “Affinché l’accesso possa essere rifiutato, il pregiudizio agli interessi considerati ai commi 1 e 2 deve essere concreto, quindi deve sussistere un preciso nesso di causalità tra l’accesso e il pregiudizio. L’Amministrazione, in altre parole, non può limitarsi a prefigurare il rischio di un pregiudizio in via generica e astratta, ma dovrà:

a) indicare chiaramente quale – tra gli interessi elencati all’art. 5 bis, co. 1 e 2 – viene pregiudicato;

b) valutare se il pregiudizio (concreto) prefigurato dipende direttamente dalla disclosure dell’informazione richiesta;

c) valutare se il pregiudizio conseguente alla disclosure è un evento altamente probabile, e non soltanto possibile”.

Risulta, quindi, confermata l’erroneità del diniego di accesso alla informazioni richieste dalla Coldiretti, in quanto il pregiudizio paventato ai controinteressati era solo ipotetico e comunque agevolmente rimovibile mediante la richiesta inziale di segnalare specifiche ed ipotetiche circostanze ostative, purché riferite a profili diversi rispetto alle informazioni già obbligatoriamente riportate in etichetta, alla stregua del comma 5 del citato art. 5, che disciplina la comunicazione ai soggetti controinteressati “fatti salvi i casi di pubblicazione obbligatoria”.

Alla luce della predetta precisazione normativa, in particolare, neppure può assumere rilievo la considerazione, svolta dalla Difesa dell’Amministrazione, circa il diverso impatto derivante dai diversi modi di divulgazione dei dati ai consumatori, i quali non possono essere pregiudizialmente ritenuti disattenti nella lettura delle informazioni già obbligatoriamente riportate in etichetta e nel conseguente giudizio sui prodotti.

20. Conclusivamente, la risposta ai quesiti, nei termini di cui al par. 19), conduce al riconoscimento del diritto d’accesso civico in capo all’associazione ricorrente. Alla stregua delle pregresse considerazioni l’appello deve essere accolto, e per l’effetto deve essere annullato, in riforma dell’appellata sentenza, il diniego impugnato in primo grado con i motivi aggiunti, dovendo invece essere dichiarata la sopravvenuta carenza d’interesse in ordine al ricorso principale di primo grado.

21. Ne consegue l’obbligo dell’Amministrazione intimata di dare corso, senza alcun indugio, alla seconda domanda di “accesso civico” dell’Associazione appellante, previa attivazione e conclusione, nei termini di legge, della procedura di confronto con i potenziali controinteressati, i quali, in relazione alla specificità del caso, potranno essere interpellati preliminarmente in via generale secondo modalità telematiche. L’Amministrazione potrà, se del caso, tenere conto (mediante il parziale oscuramento dei dati) solo di eventuali specifiche ragioni di riservatezza dei controinteressati, puntualmente motivate e circostanziate, eventualmente ritenute meritevoli di protezione, ma con riferimento a profili diversi ed ulteriori rispetto a quelli già implicitamente superate dai vigenti obblighi di informazione dei consumatori.

22. Quanto, infine, alle spese del presente giudizio, la novità e complessità delle questioni ne giustificano l’integrale compensazione fra le parti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma dell’appellata sentenza dichiara improcedibile il ricorso principale ed accoglie i motivi aggiunti, ai sensi e per gli effetti di cui in motivazione.

Compensa fra le Parti le spese del presente grado di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 17 gennaio 2019 con l’intervento dei magistrati:

Giulio Veltri, Presidente FF
Pierfrancesco Ungari, Consigliere
Giovanni Pescatore, Consigliere
Raffaello Sestini, Consigliere, Estensore
Solveig Cogliani, Consigliere

L’ESTENSORE
Raffaello Sestini
        
IL PRESIDENTE
Giulio Veltri
        
        
IL SEGRETARIO

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