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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Beni culturali ed ambientali Numero: 2302 | Data di udienza: 21 Aprile 2015

BENI CULTURALI E AMBIENTALI – Rinvenimenti archeologici – Art. 92 d.lgs. n. 42/2004 – Premio per il ritrovamento – Assimilazione delle p.a. al privato – Inconfigurabilità – Ratio della disposizione.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 6^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 7 Maggio 2015
Numero: 2302
Data di udienza: 21 Aprile 2015
Presidente: Severini
Estensore: Meschino


Premassima

BENI CULTURALI E AMBIENTALI – Rinvenimenti archeologici – Art. 92 d.lgs. n. 42/2004 – Premio per il ritrovamento – Assimilazione delle p.a. al privato – Inconfigurabilità – Ratio della disposizione.



Massima

 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. 6^ – 7 maggio 2015, n. 2302


BENI CULTURALI E AMBIENTALI – Rinvenimenti archeologici – Art. 92 d.lgs. n. 42/2004 – Premio per il ritrovamento – Assimilazione delle p.a. al privato – Inconfigurabilità – Ratio della disposizione.

In tema di rinvenimenti archeologici, assimilare la posizione – funzionale ed economica – delle pubbliche amministrazioni territoriali, quand’anche proprietarie, a quella di un privato proprietario del terreno, contraddice il chiaro disposto delle norme del Codice, attuative del principio fondamentale dell’art. 9 Cost.. In questo quadro l’art. 92 (Premio per i ritrovamenti) del Codice è riferibile esclusivamente al privato “proprietario dell’immobile dove è avvenuto il ritrovamento”, nella ratio (non di indurlo alla ricerca, ma) di premiarlo per avere consegnato il bene scoperto fortuitamente alle autorità competenti (Cons. Stato, VI, 4 giugno 2004, n. 3492), tra le quali, a riprova del compito pubblico spettante all’ente, vi è anche il sindaco (art. 90, comma 1). Non è ipotizzabile per l’ente territoriale un diverso comportamento, che la norma intende per converso disincentivare, di non rendere noto il ritrovamento.

(Riforma T.A.R. LAZIO, Roma, n. 2334/2014) – Pres. Severini, Est. Meschino – Ministero per i beni e le attività culturali – Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Napoli e Pompei (Avv. Stato) c. Comune di Pozzuoli (avv. Sartorio) e altro (n.c.)


Allegato


Titolo Completo

CONSIGLIO DI STATO, Sez. 4^ – 7 maggio 2015, n. 2302

SENTENZA

 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. 6^ – 7 maggio 2015, n. 2302

N. 02302/2015REG.PROV.COLL.
N. 08031/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA
 

sul ricorso numero di registro generale 8031 del 2014, proposto da
Ministero per i beni e le attività culturali – Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Napoli e Pompei, in persona del Ministro in carica, rappresentato e difeso per legge dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria in Roma, Via dei Portoghesi, 12;


contro

Comune di Pozzuoli, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dall’avvocato Giuseppe Sartorio, presso il quale è elettivamente domiciliato in Roma, Via Luigi Luciani, 1;
Comitato di Coordinamento Compendio Rione Terra-Porto Pozzuoli, Consorzio Rione Terra Pozzuoli;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. LAZIO – ROMA: SEZIONE II QUATER n. 2334/2014, resa tra le parti;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Pozzuoli;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 21 aprile 2015 il consigliere Maurizio Meschino e uditi per le parti l’avvocato dello Stato Tortora e l’avvocato Nicoletta Tradardi per delega dell’avvocato Sartorio;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. Il Comune di Pozzuoli, con il ricorso n. 7386 del 2012 proposto al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, ha chiesto:

a) l’annullamento:

– della nota prot. n. 6146 del 5 giugno 2012 adottata dal Ministero per i beni e le attività culturali (in seguito “Ministero”) con la quale il Direttore generale per i beni archeologici – Servizio II, in ottemperanza alla sentenza n. 2174 del 2012 resa dalla Settima sezione del Tribunale amministrativo regionale per la Campania, Napoli, la quale, in accoglimento del ricorso proposto dal Comune di Pozzuoli, aveva dichiarato l’obbligo del Ministero di provvedere in modo espresso e motivato sulle istanze formulate dal Comune nel 2009 affinché venisse valutato e corrisposto il premio per i ritrovamenti archeologici, oltre che dei diritti di indennizzo per occupazione, rinvenuti in occasione dei lavori di recupero e di valorizzazione dell’immobile “Rione Terra” in Pozzuoli, ha espresso il proprio formale atto di diniego;

– della nota prot. n. 26396 del 12 luglio 2012, adottata dalla Soprintendenza per i beni archeologici di Napoli e Pompei, con la quale, sempre in ottemperanza alla succitata sentenza n. 2174 del 2012 e ad integrazione di quanto espresso dalla Direzione generale nella nota di cui sopra, ha sostanzialmente confermato il diniego della pratica, dichiarando in compenso di essere disponibile a far esporre all’interno del Castello di Baia i reperti archeologici ritrovati nel “Rione Terra” con lo scopo di arricchire l’istituto “Museo archeologico nazionale dei Campi Flegrei”, ove tuttavia l’ente locale dovesse rinvenire le necessarie risorse finanziarie per l’allestimento del Museo del Rione Terra,

b) la declaratoria: del diritto del Comune di Pozzuoli al conseguimento dei premi e degli importi previsti ai sensi degli artt. 92 e 93 del decreto legislativo n. 42 del 2004, maggiorati di interessi e di rivalutazione monetaria come per legge.

2. Il Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sezione seconda quater, con la sentenza n. 2334 del 2014, ha dichiarato il ricorso in parte inammissibile; lo ha accolto nella parte restante; ha condannato il Ministero al pagamento a favore del Comune di Pozzuoli delle spese del giudizio, liquidate nel complesso in € 2.500,00, oltre gli accessori di legge ed alla restituzione del contributo unificato, se versato; ha compensato le spese con le altre parti.

3. Con l’appello in epigrafe è chiesto l’annullamento della sentenza di primo grado, con domanda cautelare di sospensione dell’esecutività.

Alla camera di consiglio del 2 dicembre 2014 l’esame della domanda cautelare è stato abbinato alla trattazione della controversia nel merito.

4. All’udienza del 21 aprile 2015 la causa è stata trattenuta per la decisione.


DIRITTO

1. Nella sentenza si afferma anzitutto la giurisdizione del giudice amministrativo sugli impugnati provvedimenti di diniego dei presupposti per l’attribuzione al Comune di Pozzuoli del premio di ritrovamento di cui agli articoli 92 e 93 del d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio, in seguito “Codice”), trattandosi di provvedimenti basati sulla valutazione discrezionale dell’an del riconoscimento, mentre è declinata a favore del giudice ordinario la giurisdizione sulla domanda relativa alla misura del premio e alle modalità di riscossione, poiché concernente la posizione di diritto sul quantum originata dal provvedimento che riconosca i detti presupposti.

Nel merito il ricorso è accolto considerato che negli articoli da 90 a 93 del Codice (come nei precedenti articoli 48 della legge 1 giugno 1939 n. 1089 e 87-90 d.lgs. 29 ottobre 1999, n. 490) non è previsto che il premio per il ritrovamento, da attribuire allo scopritore fortuito e al proprietario del bene (nella specie il Rione Terra di proprietà del Comune di Pozzuoli), spetti soltanto alle persone fisiche e non anche alle persone giuridiche, ivi compresi gli enti pubblici diversi dallo Stato; dovendosi osservare che il Ministero nel caso di specie non ha mai negato la proprietà dell’area in capo al Comune di Pozzuoli né il caso fortuito del ritrovamento durante i lavori ivi eseguiti dall’ente locale, limitandosi a negare la legittimazione del Comune alla pretesa del premio ma prospettando, contraddittoriamente, l’ipotesi della sistemazione dei reperti in un’area del Museo dei Campi Flegrei a spese del Comune stesso, così riconoscendogli la legittimazione e l’interesse all’esame nel merito della domanda di riconoscimento del premio.

2. Nell’appello in censura della sentenza di primo grado:

– si precisa anzitutto che i reperti di cui si tratta sono stati trovati durante lavori eseguiti non dal Comune ma dalla Regione all’esito di un’attività di ricerca programmata tra la Soprintendenza, la Regione, il Comune, il concessionario ed altri;

– si afferma che dal quadro normativo di cui agli articoli 1, comma 3, 5, comma 1, 30, comma 1, e 112, commi 1, 4, 5 e 6, del Codice emerge che i Comuni e gli altri enti territoriali hanno per legge l’obbligo di cooperare attivamente alle funzioni di tutela e valorizzazione del patrimonio archeologico al fine della conservazione del bene culturale quale bene pubblico collettivo, prescindendo dal regime proprietario e non gravando sul privato un analogo obbligo di comportamento positivo, e che la comunanza di interessi tra lo Stato e gli enti territoriali così individuata è confermata dagli articoli 88 e 89, comma 6, del Codice, per cui il Ministero, al quale sono riservate le ricerche archeologiche, può, su richiesta, lasciare in sede locale le cose rinvenute, per fini espositivi, se ne sia garantita l’idonea conservazione e custodia;

– dalla collocazione in questo contesto dell’istituto del premio di rinvenimento, di cui all’art. 92 del Codice, consegue che esso, pur se attribuibile a persone giuridiche, non può esser riconosciuto ad un ente pubblico territoriale, il cui obbligo istituzionale di realizzare la tutela e la conservazione del patrimonio culturale si concreta nella finalità di renderne possibile la scoperta sul proprio territorio, non potendo evidentemente trarre da ciò un beneficio economico, salva l’ipotesi di sfruttare la capacità attrattiva del bene rinvenuto attraverso la sua esposizione;

– vale anche al riguardo la distinzione tra “ritrovamento” e “scoperta fortuita” di beni culturali, essendo il primo il frutto di una ricerca mirata, come quella programmata nel caso di specie, ed essendo perciò contraddittorio riconoscere il premio al soggetto che ha il compito istituzionale di cooperare a tale ricerca, mentre la seconda è occasionale e indipendente da ogni preordinata ricerca, con il riconoscimento del premio a chi abbia cooperato al rinvenimento pur non essendone obbligato;

– in questo quadro la giurisprudenza della Corte di Cassazione e del Consiglio di Stato, sul presupposto dell’appartenenza allo Stato sin dall’origine delle cose rinvenute, ha chiarito che il premio non ha natura di corrispettivo per la perdita della proprietà, o di indennizzo per il depapeuramento patrimoniale del proprietario, ma di remunerazione dell’attività collaborativa del privato al perseguimento del pubblico interesse alla conservazione e incremento del patrimonio culturale della collettività (attività collaborativa cui gli enti pubblici sono obbligati), ad incentivazione non del fine della ricerca e rinvenimento di beni di ignota esistenza ma della loro consegna all’autorità preposta alla tutela.

3. L’appello è fondato per le ragioni che seguono.

3.1. Nel sistema del Codice il ruolo degli enti territoriali (regioni, comuni, città metropolitane e province) è individuato nel concorso, seppure con varie modulazioni di doverosità, ai compiti pubblici riguardanti il patrimonio culturale.

Ciò emerge con chiarezza già dalle “Disposizioni generali”, recanti i principi di base della normativa e dell’attribuzione dei compiti, per cui gli enti territoriali insieme con lo Stato “assicurano e sostengono la conservazione del patrimonio culturale e ne favoriscono la pubblica fruizione e la valorizzazione.” (art. 1, comma 3), “cooperano con il Ministero nell’esercizio delle funzioni di tutela” (art. 5, comma 1), perseguono con il Ministero “il coordinamento, l’armonizzazione e l’integrazione delle attività di valorizzazione dei beni pubblici.” (art. 7, comma 2) e i loro beni culturali, in quanto di appartenenza pubblica, sono di per sé “destinati alla fruizione della collettività” (art. 2, comma 4).

Questa, pur differenziata e articolata, posizione è ribadita e specificata nelle norme successive del Codice in cui si prevede la partecipazione degli enti territoriali a compiti afferenti alla tutela (come è negli articoli 14, comma 1; 17, comma 1; 18, comma 2; 24, comma 1; 46, comma 1; 52; 62), alla conservazione (articoli 30, comma 1, 40, comma 1), alla fruizione e valorizzazione (articoli 101, comma 3; 102, comma 1, 103; 112 commi 1, 4 e 5).

3.2. Il Codice prevede che sui beni culturali dei privati sia immanente la cura di uno scopo pubblico ma sempre in connessione con l’esercizio delle funzioni pubbliche in materia, venendo sottoposti i detti beni alle prescrizioni di tutela riservate allo Stato e ai diversi interventi previsti di autorizzazione, vigilanza e accordo con lo Stato o gli enti territoriali per il loro uso.

3.3. Sussiste perciò una netta distinzione nell’ordinamento dei beni del patrimonio culturale tra la funzione degli enti territoriali, integralmente identificata dall’assolvimento di compiti di natura pubblica, e quella dei privati, che sono responsabili rispetto ai singoli beni culturali di cui dispongano ai fini dell’esercizio delle correlate funzioni pubbliche dello Stato e degli enti territoriali: non sussistono per gli enti territoriali, di conseguenza, posizioni funzionalmente identificabili con quelle, specie economiche, proprie del privato poiché tutte correlate all’insieme delle responsabilità pubbliche che gli enti devono assolvere. Assimilare rispetto ai rivenimenti archeologici e alle loro conseguenze circa il premio per i ritrovamenti, la posizione – funzionale ed economica – delle pubbliche amministrazioni territoriali, quand’anche proprietarie, a quella di un privato proprietario del terreno, contraddice il chiaro disposto delle norme del Codice, attuative del principio fondamentale dell’art. 9 Cost..

In questo quadro l’art. 92 (Premio per i ritrovamenti) del Codice è riferibile esclusivamente al privato “proprietario dell’immobile dove è avvenuto il ritrovamento”, nella ratio (non di indurlo alla ricerca, ma) di premiarlo per avere consegnato il bene scoperto fortuitamente alle autorità competenti (Cons. Stato, VI, 4 giugno 2004, n. 3492), tra le quali, a riprova del compito pubblico spettante all’ente, vi è anche il sindaco (art. 90, comma 1). Non è ipotizzabile per l’ente territoriale un diverso comportamento, che la norma intende per converso disincentivare, di non rendere noto il ritrovamento.

Così come è coerente con tale contesto la previsione dell’articolo 89 (Concessione di ricerca), comma 6, del Codice, che, nel prevedere che le cose rinvenute nel corso delle ricerche rimangano, su richiesta, presso gli enti territoriali “per fini espositivi”, ha la ratio di consentire agli enti di avvantaggiarsi economicamente dei rinvenimenti nel proprio territorio ma con modalità coerente con la loro attività di concorso alle funzioni pubbliche generali di fruizione e valorizzazione.

4. Nella memoria difensiva del Comune, depositata il 12 marzo 2015, si richiama che il Ministero non ha corrisposto al Comune alcun finanziamento per la gestione e custodia dei beni, dovuto invece, si sostiene, ai sensi dell’art. 90 (Scoperte fortuite), comma 4 del Codice, per il quale, in caso di scoperte fortuite, “Le spese sostenute per la custodia e rimozione sono rimborsate dal Ministero”, concludendo, se il Ministero non sarà obbligato a corrispondere il premio, che “in via del tutto gradata, il Ministero stesso sarà comunque onerato a reperire e corrispondere in favore del Comune i costi per la custodia e al gestione dei beni di proprietà statale rinvenuti dall’Ente locale.” .

Il Collegio rileva qui che se con ciò è proposta un’ulteriore, pur subordinata domanda, la stessa è inammissibile ai sensi dell’art. 104, comma 1, Cod. proc. amm. non essendo stata avanzata nel ricorso di primo grado

5. Per le ragioni esposte l’appello è fondato e deve perciò essere accolto.

Le spese dei due gradi del giudizio seguono, come di regola, la soccombenza e sono liquidate nel dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) accoglie l’appello in epigrafe n. 8031 del 2014 e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata respinge il ricorso di primo grado.

Condanna il Comune di Pozzuoli, appellato, al pagamento delle spese dei due gradi del giudizio a favore del Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo, appellante, che liquida nel complesso in € 4.000,00 (quattromila/00).

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 21 aprile 2015, con l’intervento dei magistrati:

Giuseppe Severini, Presidente
Maurizio Meschino, Consigliere, Estensore
Roberto Giovagnoli, Consigliere
Gabriella De Michele, Consigliere
Vincenzo Lopilato, Consigliere

L’ESTENSORE

IL PRESIDENTE
        

DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 07/05/2015
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)
 

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