RIFIUTI – TARSU – Determinazione delle tariffe – Competenza della Giunta comunale.
Provvedimento: Sentenza
Sezione: 2^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 11 Giugno 2020
Numero: 2963
Data di udienza: 5 Maggio 2020
Presidente: Greco
Estensore: Lotti
Premassima
RIFIUTI – TARSU – Determinazione delle tariffe – Competenza della Giunta comunale.
Massima
CONSIGLIO DI STATO, Sez. 2^- 11 maggio 2020, n. 2963
RIFIUTI – TARSU – Determinazione delle tariffe – Competenza della Giunta comunale.
In materia di tassa per la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani, rientra nella competenza della Giunta comunale la determinazione delle relative tariffe della TARSU avente natura di tributo, in quanto l’art. 42, comma 2, lett. f), d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, attribuisce al Consiglio comunale il potere di istituire e dettare l’ordinamento dei tributi e, quindi, la fissazione dei criteri di determinazione della tariffa secondo coefficienti qualitativo-quantitativi di produzione dei rifiuti, con esplicita esclusione della determinazione delle relative aliquote (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 9 novembre 2011, n. 5910).
(Conferma TAR Puglia, Lecce, n. 1846/2011) – Pres. Greco, Est. Lotti – D. s.r.l. (avv. Pesce) c. Comune di Taranto (avv. Capece Minutolo Del Sasso)
Allegato
Titolo Completo
CONSIGLIO DI STATO, Sez. 2^- 11 maggio 2020, n. 2963SENTENZA
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale omissis del 2012, proposto da Delfinia S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Giovanni Pesce, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, p.zza Borghese, 3,
contro
il Comune di Taranto, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Valentino Capece Minutolo Del Sasso, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via dei Pontefici, 3,
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, sezione staccata di Lecce (Sezione Seconda) n. 1846/2011, resa tra le parti, concernente la determinazione della tassa smaltimento rifiuti solidi urbani (TARSU) per l’anno 2010.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Taranto;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore, all’udienza pubblica del 5 maggio 2020, il Cons. Paolo Giovanni Nicolò Lotti e dati per presenti, ai sensi dell’art. 84, comma 5, D.L. 17 marzo 2020, n. 18 (conv. in L. 24 aprile 2020, n. 27) gli avvocati delle parti costituite in appello;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.
FATTO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, Lecce, Sez. II, con sentenza del 25 ottobre 2011, n. 1846, ha respinto il ricorso proposto dall’attuale parte appellante per l’annullamento della delibera di Giunta comunale n. 46 del 16 aprile 2010, avente ad oggetto: “Tassa smaltimento rifiuti solidi urbani interni, riconferma tariffa applicata nell’anno 2009 per l’anno 2010” e della delibera del Consiglio comunale n. 42 del 18 maggio 2010, avente ad oggetto: “Tarsu, modifica Regolamento Comunale per l’applicazione della tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani interni”.
Secondo il TAR, sinteticamente:
– il Comune di Taranto ha dichiarato lo stato di dissesto finanziario e, ai sensi dell’art. 251, comma 5, d.lgs. n. 267-2000, gli enti in tale condizione sono tenuti ad applicare, ai fini della tassa smaltimento rifiuti solidi urbani (TARSU), misure tariffarie che assicurino complessivamente la copertura integrale dei costi di gestione del servizio, per il periodo di cinque anni, decorrente dall’anno dell’ipotesi di bilancio riequilibrato (il Decreto del Ministero dell’Interno con il quale è stato approvato il bilancio stabilmente riequilibrato del Comune di Taranto è del 25 maggio 2007);
– non trova riscontro nella documentazione versata in atti quanto dedotto dalla società ricorrente in ordine alla inclusione nel costo di gestione del servizio di voci di spesa di natura differente, che vi avrebbero dovuto essere escluse (pulizia e lavaggio aree cimiteriali; pulizia e lavaggio aree adibite a parchi e giardini; pulizia spiagge; etc.);
– la deliberazione che determina annualmente le tariffe della TARSU costituisce un allegato obbligatorio del bilancio di previsione e nella determinazione delle tariffe il Comune deve sì tener conto dei costi previsti per la gestione dei servizio, ma anche delle entrate che si prevede di accertare, in relazione alle dichiarazioni e alle variazioni intervenute con riguardo ai soggetti passivi del tributo nonché alle variazioni nella quantità di produzione dei rifiuti;
– alla deliberazione che ha determinato le tariffe TARSU per l’esercizio 2010 risulta allegata una tabella recante le previsioni di entrata della TARSU per l’esercizio 2010, dalla quale emerge una previsione di minor entrata per € -OMISSIS-, in relazione ad esclusioni, ai sensi dell’art. 62 del d.lgs. n. 507-1993, e riduzioni per particolari condizioni di uso, ai sensi dell’art. 66 del d.lgs. n. 507-1993 (minori quantità di produzione rifiuti);
– stando così le cose, non è irragionevole che siano state confermate anche per il 2010 le stesse tariffe del 2009;
– del pari si palesa infondata la dedotta violazione degli artt. 3 e 6 d.P.R. n. 158-1999, in ordine al fatto che il tributo gestito dal Comune sia rapportato esclusivamente alla superficie occupata e non tenga conto della quota variabile, essendo quest’ultima parametrazione prevista per il regime della TIA, della quale peraltro il legislatore con atto di interpretazione autentica ha riconosciuto la natura non tributaria (art. 14, comma 33, D.L. 31 maggio 2010, n. 78, convertito con legge 30 luglio 2010, n. 122);
– conformemente all’art. 68, comma 1, d.lgs. n. 507-1993 il Comune di Taranto si è dotato di apposito regolamento per l’applicazione della TARSU, approvato dall’organo consiliare;
– benché la potestà regolamentare dei Comuni sia attribuita al Consiglio comunale (fatta eccezione per il Regolamento sull’ordinamento degli uffici e dei servizi) e l’art. 61, comma 3-bis, d.lgs. n. 507-1993 demandi espressamente al regolamento la determinazione della percentuale del costo dello spazzamento, la successiva attribuzione alla Giunta comunale della determinazione delle tariffe tributarie (che pure originariamente era attribuita alla competenza dai Consigli comunali) esercita necessariamente una vis attractiva anche in ordine alla determinazione della percentuale del costo dello spazzamento;
– la deduzione del costo di spazzamento dal costo complessivo del servizio ha infatti una diretta incidenza sulla determinazione delle tariffe, avendo la evidente funzione di evitare che i contribuenti-utenti sopportino anche un costo (quello di spazzamento) connesso, ma distinto dal servizio di raccolta e di smaltimento dei rifiuti solidi urbani;
– deve ritenersi conforme al nostro ordinamento giuridico la determinazione annuale del costo dello spazzamento unitamente alla deliberazione annuale delle tariffe TARSU da parte della Giunta comunale;
– del pari si rivela priva di fondamento la censura relativa alla dedotta carenza di motivazione della determinazione del costo di spazzamento nella misura minima del 5% del costo complessivo del servizio, atteso che, nel provvedimento impugnato, la Giunta dà conto del fatto che il Decreto del Ministero dell’Interno del 25 maggio 2007, con il quale è stato approvato il bilancio stabilmente riequilibrato del Comune di Taranto, stabilisce espressamente che le tariffe TARSU debbono coprire integralmente i costi di gestione del servizio e che l’eventuale deduzione del costo del servizio di cui all’art. 61, comma 3-bis, d.lgs. n. 507-1993 dovrà essere determinata nella misura minima del 5%;
– la ricorrente richiama in maniera analitica le ipotesi di esenzione e di riduzione indicate dal Regolamento comunale, ma non fornisce alcun elemento concreto dal quale si possa inferire la erroneità della stima effettuata dalla Amministrazione e la incongruità della somma iscritta in bilancio, limitandosi a far rilevare che per la struttura alberghiera di cui è titolare essa paga quasi € -OMISSIS-;
– dall’unico elemento addotto, ossia l’ammontare della tassa posta a carico della struttura alberghiera ricorrente per la raccolta ed il trasporto dei rifiuti solidi urbani, non è possibile ricavare induttivamente alcuna evidenza probatoria in merito alla dedotta erroneità della stima effettuata dall’Amministrazione, non avendo la ricorrente formulato alcuna considerazione in merito alla entità numerica e quantitativa delle esenzioni e/o agevolazioni tributarie che hanno indotto l’Amministrazione comunale ad iscrivere in bilancio la somma di € -OMISSIS-.
L’appellante contestava la sentenza del TAR, eccependone l’erroneità e riproponendo, nella sostanza, anche se in senso critico rispetto alle asserzioni della sentenza del TAR, le censure contenute nel ricorso di primo grado.
Con l’appello in esame chiedeva l’accoglimento del ricorso di primo grado.
Si costituiva il Comune appellato, chiedendo il rigetto dell’appello.
All’udienza pubblica del 5 maggio 2020 la causa veniva trattenuta in decisione.
DIRITTO
1. Rileva il Collegio che l’oggetto della presente controversia attiene alla legittimità degli atti con cui il Comune di Taranto ha determinato per l’anno 2010 le tariffe relative alla tassa di smaltimento dei rifiuti solidi urbani (TARSU).
Il Comune di Taranto, con la deliberazione di Giunta comunale n. 46-2010, ha accertato per il 2010 un costo di esercizio del servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti pari a euro -OMISSIS-, mentre il costo per l’anno 2009 era stato di euro -OMISSIS-.
A fronte di una riduzione del costo di esercizio del servizio pari a euro -OMISSIS-, il Comune ha stabilito di non variare le tariffe relative alla TARSU per l’anno 2010 rispetto a quelle per l’anno 2009.
2. Secondo parte appellante, l’accertata riduzione del costo di esercizio del servizio avrebbe dovuto portare la diminuzione delle tariffe proprio perché il gettito complessivo non può superare il costo di esercizio.
Ritiene il Collegio che tale censura sia infondata.
Infatti, è pur vero, come sancito dalla giurisprudenza di questo Consiglio (cfr. Consiglio di Stato, sez. II, 10 ottobre 2012, n. 5325), che è illegittima la delibera di Giunta comunale avente ad oggetto la determinazione delle tariffe della tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani (TARSU) emanata in violazione delle prescrizioni dettate dall’art. 61 d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507, il quale stabilisce che il gettito complessivo della TARSU non può superare il costo di esercizio del servizio, per la cui determinazione deve essere dedotto un importo non inferiore al 5% e non superiore al 15% a titolo di costo dello spazzamento dei rifiuti solidi urbani.
La scelta del Comune di non variare le tariffe TARSU 2010 rispetto al 2009 è, tuttavia, imposta dal tenore dell’art. 251, comma 5, d.lgs. n. 267-2000 che prescrive che “Per il periodo di cinque anni, decorrente dall’anno dell’ipotesi di bilancio riequilibrato, ai fini della tassa smaltimento rifiuti solidi urbani, gli enti che hanno dichiarato il dissesto devono applicare misure tariffarie che assicurino complessivamente la copertura integrale dei costi di gestione del servizio e, per i servizi produttivi ed i canoni patrimoniali, devono applicare le tariffe nella misura massima consentita dalle disposizioni vigenti”.
Pertanto, il Comune di Taranto, ente per cui è stato dichiarato lo stato di dissesto da meno di cinque anni è obbligato a coprire integralmente il costo del servizio e non soltanto “il costo di esercizio del servizio”, ex art. 61 d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507.
Nel caso di specie, il Comune ha accertato una previsione di minori entrate (euro -OMISSIS-), da porre in relazione alle variazioni intervenute con riguardo ai soggetti passivi dell’imposizione (esclusioni e riduzioni dell’imposizione ex artt. 62 e 66 d.lgs. n. 507-1993), il cui minor gettito previsto non è compensato dalla previsione di maggiori introiti (-OMISSIS-euro derivanti dalla lotta all’evasione fiscale).
Pertanto, la scelta di confermare anche per il 2010 le medesime tariffe del 2009 non è irragionevole, in quanto a fronte del decremento previsionale dei costi (stimato nella misura del 6,85% rispetto all’esercizio precedente) il Comune di Taranto ha previsto e stimato anche una significativa riduzione della corrispondente entrata tributaria.
Né si può sostenere che le disposizioni contenute nell’art. 251, comma 5, d.lgs. n. 267-2000 siano state abrogate dall’articolo 31, comma 15, L. 27 dicembre 2002, n. 289, come modificato dall’art. 4, comma 208, L. 24 dicembre 2003, n. 350, atteso che tale disposizione riguarda soltanto l’assunzione di mutui per il risanamento dell’ente locale dissestato, nonché la contribuzione statale sul relativo onere di ammortamento, ma non incide sulla disciplina della copertura integrale dei costi per la gestione dei rifiuti solidi urbani.
3. Secondo parte appellante, il TAR commetterebbe un altro errore in relazione alla previsione di minori entrate per la TARSU relative all’anno 2010, che sarebbe pari a euro -OMISSIS- (come da tabella allegata alla delib. n. 46-2010), derivante dalla somma fra due voci: le esclusioni previste dall’art. 62 d.lgs. n. 507-1993 e le riduzioni per particolari condizioni d’uso previste dall’art. 66 d.lgs. n. 507-1993.
Il Collegio osserva che le riduzioni di cui all’art. 66 d.lgs. n. 507-1993 sono di varia natura e non tutte sono ricollegabili alla minore quantità di produzioni di rifiuti in relazione a particolari condizioni d’uso dell’immobile.
Peraltro, rispetto all’anno precedente, il costo complessivo per lo smaltimento degli stessi rifiuti è rimasto uguale e pari alla somma di euro -OMISSIS-ed è evidente che, pur trattandosi di costi di smaltimento e di conferimento in discarica non fissi, certamente non sono sempre direttamente proporzionali alle stime di produzione di rifiuti, come invece pretende parte appellante.
Per trasportare un chilo di rifiuti da un medesimo luogo o due chili è evidente che il costo è identico e per poterlo efficacemente contestare bisognerebbe contestare in specifico le quantità previste e i singoli costi relativi, contestazione che, però, non è stata formulata in modo così specifico dalla parte appellante.
4. Parte appellante contesta inoltre che le impugnate deliberazioni comunali avrebbero ricompreso nel costo complessivo di gestione del servizio di smaltimento dei rifiuti solidi urbani anche voci di costo di natura differente non imputabili ai fini TARSU.
In effetti, come osserva il TAR, tali aspetti non sono sufficientemente documentati e dimostrati.
Né l’esistenza di voci di costo di natura differente possono ricavarsi dal principio “chi inquina paga”, atteso che gli oneri relativi allo smaltimento e al conferimento dei rifiuti solidi urbani, dei rifiuti pericolosi, di quelli tossici, dei rifiuti ingombranti e delle varie tipologie di raccolta differenziata, compresa la raccolta di farmaci scaduti e materiali etichettati T/F (A/8) e la raccolta delle siringhe (A/10), sono regolati dalle apposite tariffe per ciascuna tipologia di rifiuto e sono imputabili ai produttori del rifiuto, in sintonia con l’indicato principio comunitario.
Nulla hanno a che fare con tale principio, i costi generali di esercizio e il vincolo di copertura integrale del servizio derivante dalla dichiarazione di dissesto del Comune cui si è detto.
E’ evidente, peraltro, che non è possibile realizzare un modello ideale di gestione e smaltimento dei rifiuti in cui ogni produttore o detentore di rifiuto provveda in prima persona allo smaltimento del rifiuto da lui prodotto, né è a questo modello che si ispira il principio “chi inquina paga”.
Nel momento in cui una comunità si assume l’onere di un servizio di cui beneficia la collettività, è evidente che deve coprirne anche i costi, che altrimenti sarebbero posti a carico di tutta la comunità nazionale, con evidenti distorsioni in punto responsabilità degli amministratori locali e delle comunità che li hanno eletti.
5. La censura relativa al passaggio dal regime della TARSU al regime della TIA è inammissibile, in quanto non è contenuta nel ricorso di primo grado ed è stata formulata, quindi, in violazione del divieto di nova in appello ex art. 104 c.p.a.
In ogni caso, essa è infondata.
Il legislatore, con i vari interventi, ha previsto un articolato regime transitorio, che concede termine ai Comuni, da ultimo fino a tutto il 2009, per sostituire la TARSU con la TIA, secondo uno scadenzario differenziato, in ragione sia del grado di copertura dei costi dei servizi raggiunto dai diversi Comuni sia dalla popolazione dei Comuni stessi (art. 1, comma 184, della Legge n. 296 del 27 dicembre 2006, quale modificato dall’art. 5, commi da 1 a 2-quinques, del D.L. 208 del 30 dicembre 2008, convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della Legge n. 13 del 27 febbraio 2009).
In particolare, l’art. 5, comma 1, del D.L. n. 208/2008 cit., che ha esteso anche al 2009 la previsione contenuta nell’art. 1, comma 184, della Legge n. 296 cit. (Finanziaria 2007), ha stabilito, nella formulazione della norma della Finanziaria 2006, modificata dal citato D.L. n. 208/2008, convertito, con modificazioni, dalla Legge 27/02/2009, n. 13, che:
“Nelle more della completa attuazione delle disposizioni recate dal decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni:
a) il regime di prelievo relativo al servizio di raccolta e smaltimento rifiuti adottato in ciascun Comune per l’anno 2006 resta invariato anche per l’anno 2007 e per gli anni 2008 e 2009”.
Questa è l’ultima proroga espressa del Legislatore.
Di conseguenza, conclude parte appellante, la TARSU non esisterebbe più per gli anni 2010 e 2011 perché sarebbe stata abrogata.
In realtà, come osserva anche il Ministero delle Finanze con apposita circolare (n. 3 dell’11 novembre 2011), al fine di impartire ai Comuni e agli uffici ministeriali le opportune disposizioni, dal combinato disposto dell’insieme delle norme che regolano nel complesso la materia in esame e, in particolare, dei richiamati commi 1 ed 11 dell’art. 238 d.lgs. n. 152-2006, emerge che i regolamenti TARSU e TIA1, già vigenti, continuano ad esplicare i loro effetti, fino a quando i Comuni non dispongano facoltativamente di effettuare il passaggio a TIA2 oppure fino a quando non venga emanato il regolamento di cui al comma 6 dell’art. 238 d.lgs. n. 152-2006 che obbligherebbe tutti i comuni ad applicare la TIA2.
In effetti, in assenza di tale regolamento la Legge istitutiva della TIA è inapplicabile, con la conseguenza che rimane ultrattiva la disciplina della TARSU.
Questa situazione, come è noto, è cessata solo con l’art. 14 D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito con modificazioni dalla L. 22 dicembre 2011, n. 214, il quale, nell’introdurre il nuovo Tributo comunale sui rifiuti e sui servizi, si è preoccupato di precisare che: “…A decorrere dal 1° gennaio 2013 sono soppressi tutti i vigenti prelievi relativi alla gestione dei rifiuti urbani, sia di natura patrimoniale sia di natura tributaria, compresa l’addizionale per l’integrazione dei bilanci degli enti comunali di assistenza” (comma 46).
Dalla ricostruzione che precede del quadro normativo, emerge con chiarezza che all’epoca dell’adozione del regolamento per l’anno 2010 il Comune non aveva alcun obbligo di applicare le disposizioni del d.P.R. n. 158-1999, ben potendo seguitare ad applicare ancora la TARSU.
6. Anche il quarto motivo di appello, con cui si reitera la censura di incompetenza della Giunta comunale ad adottare la delibera determinativa dell’aliquota per il servizio di spazzamento, è infondato.
Deve, infatti, essere ribadito l’indirizzo giurisprudenziale per cui, in materia di tassa per la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani, rientra nella competenza della Giunta comunale la determinazione delle relative tariffe della TARSU avente natura di tributo, in quanto l’art. 42, comma 2, lett. f), d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, attribuisce al Consiglio comunale il potere di istituire e dettare l’ordinamento dei tributi e, quindi, la fissazione dei criteri di determinazione della tariffa secondo coefficienti qualitativo-quantitativi di produzione dei rifiuti, con esplicita esclusione della determinazione delle relative aliquote (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 9 novembre 2011, n. 5910).
7. Al riguardo, l’appellante oppone che nel caso di specie, poiché il Regolamento comunale nulla prevedeva in ordine alle modalità di fissazione dell’aliquota tra il minimo (5%) e il massimo (15%) indicati dalla legge, sarebbe stata necessaria invece una previa delibera consiliare, per non lasciare alla Giunta l’arbitrio nella determinazione.
In realtà, il potere di determinazione dell’aliquota è riconosciuto ex lege alla Giunta, cui compete, pertanto, anche il relativo onere motivazionale e qualsiasi previsione regolamentare ostativa all’esercizio di tale potere, in ipotesi, sarebbe stata disapplicabile per contrasto con le norme di rango sovraordinato.
In questo caso, peraltro, come ammette la stessa parte appellante, la percentuale del 5% è stata fissata con decreto del Ministro dell’Interno a seguito del dissesto del Comune, e ciò esclude di per sé un obbligo motivazionale del Comune: poiché il Comune era tenuto a prendere atto delle superiori determinazioni dell’Amministrazione statale, nessuna valutazione tecnico-discrezionale era più di sua spettanza e, quindi, alcun obbligo motivazionale poteva incombergli.
8. Si ripropone, infine, la censura di inadeguatezza dei costi stimati dal Comune per le agevolazioni tributarie riconosciute a determinati soggetti.
Ritiene il Collegio che tali censure impingano in valutazioni tecnico-discrezionali che possono essere inficiate soltanto dimostrando la sussistenza di macroscopici profili di erroneità o di irragionevolezza, nella specie insussistenti.
In ogni caso, come osserva condivisibilmente il TAR, parte appellante richiama in maniera analitica le ipotesi di esenzione e di riduzione indicate dal regolamento comunale, ma non fornisce alcun elemento concreto dal quale si possa inferire la erroneità della stima effettuata dall’Amministrazione e l’incongruità della somma iscritta in bilancio.
Peraltro, dall’ammontare della tassa posta a carico della struttura alberghiera appellante per la raccolta ed il trasporto dei rifiuti solidi urbani non è evidentemente possibile ricavare induttivamente alcuna evidenza probatoria in merito alla dedotta erroneità della stima effettuata dall’Amministrazione, che hanno indotto la stessa ad iscrivere in bilancio la somma di € -OMISSIS-.
9. Conclusivamente, alla luce delle predette argomentazioni, l’appello deve essere respinto, in quanto infondato.
Le spese di lite del presente grado di giudizio possono essere compensate, sussistendo giusti motivi.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe indicato, lo respinge.
Compensa le spese di lite del presente grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso dalla Sezione Seconda del Consiglio di Stato con sede in Roma nella camera di consiglio del giorno 5 maggio 2020 convocata con modalità da remoto e con la contemporanea e continuativa presenza dei magistrati:
Raffaele Greco, Presidente
Paolo Giovanni Nicolo’ Lotti, Consigliere, Estensore
Giancarlo Luttazi, Consigliere
Italo Volpe, Consigliere
Francesco Frigida, Consigliere
L’ESTENSORE
Paolo Giovanni Nicolo’ Lotti
IL PRESIDENTE
Raffaele Greco
IL SEGRETARIO