DIRITTO DELL’ENERGIA – Tariffe incentivanti – Decadenza – Potere del GSE di accertare la conformità dell’impianto all’autorizzazione paesaggistica – Carattere non sostanziale della lesione ai valori paesaggistici – Non rileva (Massima a cura di Antonio Persico)
Provvedimento: Sentenza
Sezione: 2^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 5 Aprile 2022
Numero: 2531
Data di udienza: 23 Febbraio 2022
Presidente: Maruotti
Estensore: Sabbato
Premassima
DIRITTO DELL’ENERGIA – Tariffe incentivanti – Decadenza – Potere del GSE di accertare la conformità dell’impianto all’autorizzazione paesaggistica – Carattere non sostanziale della lesione ai valori paesaggistici – Non rileva (Massima a cura di Antonio Persico)
Massima
CONSIGLIO DI STATO, Sez. 2^ – 5 aprile 2022, n. 2531
DIRITTO DELL’ENERGIA – Tariffe incentivanti – Decadenza – Potere del GSE di accertare la conformità dell’impianto all’autorizzazione paesaggistica – Carattere non sostanziale della lesione ai valori paesaggistici – Non rileva.
L’allegato 1 del D.M. 31 gennaio 2014, nell’elencare le quantità e la tipologia delle violazioni rilevanti ai sensi dell’art. 42, comma 3, d.lgs. 28/2011, nella sua formulazione ratione temporis vigente (2015-2017), alla lettera j) include l’“insussistenza dei requisiti per la qualificazione dell’impianto, per l’accesso agli incentivi ovvero autorizzativi”. In tale ultima locuzione, per il suo tenore generale, rientra senz’altro anche l’autorizzazione rilasciata a fini paesaggistici, di talché il GSE è competente a verificare che l’impianto sia stato realizzato nel rispetto delle distanze prescritte nell’autorizzazione paesaggistica, adottando in caso di riscontro negativo il provvedimento di decadenza, sebbene la Soprintendenza abbia successivamente rilevato, ai fini del rilascio della richiesta sanatoria, la mancata incidenza dell’abuso commesso sul piano paesaggistico, trattandosi, infatti, di considerazione che afferisce al piano sostanziale e che pertanto non supera il profilo formale, in grado di sorreggere autonomamente il provvedimento di decadenza, che si fonda sulla rilevata violazione delle prescrizioni recate dalla autorizzazione paesaggistica.
Conferma TAR Lazio, sez. III Ter, n. 2355/2018 – Pres. Maruotti Est. Sabbato – S.B.P. s.r.l. (avv.ti Corà e Paratico) c. G.S.E. – Gestore dei Servizi Energetici S.p.a. (avv. Fraccastoro) e altro (n.c.)
Allegato
Titolo Completo
CONSIGLIO DI STATO, Sez. 2^ – 5 aprile 2022, n. 2531SENTENZA
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3596 del 2018, proposto dalla società Sun Brothers Pineto, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Nadia Corà, Guido Paratico, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia,
contro
il G.S.E. – Gestore dei Servizi Energetici S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Giorgio Fraccastoro, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Piemonte, n. 39,
nei confronti
della Regione Abruzzo e del Comune di Roseto degli Abruzzi, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, non costituiti in giudizio,
per la riforma
della sentenza del T.a.r. per il Lazio, sede di Roma – Sezione III ter, n. 2355 del 2 marzo 2018, resa inter partes, concernente la decadenza dal diritto alle tariffe incentivanti relative ad impianto fotovoltaico.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio di G.S.E. – Gestore dei Servizi Energetici S.p.a.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza telematica del giorno 23 febbraio 2022 il consigliere Giovanni Sabbato, nessuno presente per le parti;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con ricorso n. 1732 del 2017, proposto innanzi al T.a.r. per il Lazio, la società Sun Brothers Pineto S.r.l. (di seguito la società) aveva chiesto l’annullamento dei provvedimenti con i quali il G.S.E. – Gestore dei Servizi Energetici (di seguito GSE) ha dapprima, in data 3 aprile 2015, disposto la sospensione dell’erogazione delle tariffe incentivanti relative all’impianto fotovoltaico n. 600543, di potenza pari a 868,95 kW, sito in via Monti della Laga 1, nel Comune di Roseto degli Abruzzi (TE) indi, in data 2 dicembre 2016, ha disposto la decadenza ed infine, in data 9 gennaio 2017, ne ha chiesto la restituzione per un importo di € 913.978,72.
2. A sostegno del ricorso la società aveva dedotto, tra l’altro, l’incompetenza del GSE a verificare la legittimità del titolo edilizio relativo all’impianto oggetto di controllo.
3. Costituitisi il GSE, la Regione Abruzzo ed il Comune di Roseto degli Abruzzi, il Tribunale amministrativo adìto (Sezione III ter) dopo aver respinto la domanda cautelare con ordinanza (n. 1604/2017) riformata in appello (ordinanza n. 3059/2017), ha così deciso il gravame al suo esame:
– ha disposto, su eccezione di parte, l’estromissione della Regione Abruzzo dal giudizio (questo capo della sentenza non è stato impugnato ed è pertanto passato in giudicato);
– ha soprasseduto alla disamina dei vizi formali sollevati in ricorso;
– ha respinto il ricorso;
– ha condannato la società al pagamento delle spese di lite (€ 3.000,00 di cui € 1.500,00 a favore del GSE ed € 1.500,00 a favore del Comune di Roseto degli Abruzzi).
4. In particolare, il T.a.r., dopo aver rilevato che il GSE è legittimato ad effettuare la verifica circa la conformità dell’impianto ai titoli autorizzativi rilasciati, tanto più che nel caso di specie tale controllo è avvenuto con l’ausilio del Comune, ha evidenziato che quest’ultimo “ha rilevato nei propri provvedimenti che la realizzazione dell’impianto è avvenuta in difformità dall’Autorizzazione Paesaggistica e dal Parere di Conformità Urbanistica rilasciate dal Comune stesso per la formazione dell’Autorizzazione Unica Generalizzata ai sensi del DGR 244 del 22.03.2010 della Regione Abruzzo, sia sotto il profilo del mancato rispetto della distanza di 50 metri dal fosso, prescritta dall’autorizzazione paesaggistica, sia con riferimento al diverso orientamento che è stato dato ai pannelli fotovoltaici installati”.
5. Avverso tale pronuncia la società ha interposto appello, notificato il 27 aprile 2018 e depositato il 4 maggio 2018, lamentando, attraverso quattro motivi di gravame (pagine 12-23), quanto di seguito sintetizzato:
I) si reiterano, preliminarmente, i vizi formali dedotti in prime cure e non esaminati dal T.a.r., lamentandosi che il giudice di prime cure non avrebbe tenuto in adeguata considerazione sia le riflessioni di questo Consiglio, rese in sede cautelare, con le quali si è evidenziato “l’utilizzo di piante non in scala ai fini della determinazione della misura della distanza del manufatto della riva al fosso” sia la nota della Soprintendenza regionale del 28 marzo 2017, con cui esprimeva parere positivo alla domanda di sanatoria, così concludendo nel senso che l’opera realizzata non comporta alcun danno sotto il profilo paesaggistico/ambientale;
II) si deduce, altresì, che non rientrerebbe nell’oggetto del controllo del GSE l’accertamento in ordine alle distanze dai confini e al rispetto delle disposizioni in materia paesaggistica, con conseguente insussistenza del potere di controllo esercitato, e si ripropone la censura, non esaminata dal T.a.r., della violazione dell’art. 11 d.m. 31 gennaio 2014 e dell’eccesso di potere per manifesta sproporzione e abnormità.
6. L’appellante ha concluso chiedendo, in accoglimento dell’appello, la riforma dell’impugnata sentenza.
7. In data 11 giugno 2018, il GSE si è costituito in giudizio, chiedendo il rigetto dell’avverso gravame e la condanna di controparte alle spese di giudizio, con anticipazione al difensore dichiaratosi antistatario.
8. In vista della trattazione nel merito del ricorso, le parti hanno svolto difese scritte, l’appellante anche in replica, insistendo per le rispettive conclusioni.
9. La causa, chiamata per la discussione alla udienza telematica del 23 febbraio 2022, è stata trattenuta in decisione.
10. L’appello è infondato.
10.1 Come esposto in narrativa, con il primo mezzo parte appellante rimarca le considerazioni espresse da questo Consiglio in sede cautelare e il conseguimento, in data 28 marzo 2017, dell’autorizzazione paesaggistica in sanatoria.
L’infondatezza delle deduzioni sollevate deriva, in primo luogo, dal fatto che, in linea di principio, un pronunciamento reso in sede di sommaria cognitio non può influire sull’esito del giudizio di merito in quanto la relativa decisione è emessa funditus ovverosia all’esito dell’approfondita disamina delle questioni sollevate in ricorso, che è preclusa in sede cautelare dalle esigenze di celerità che tale giudizio sottende.
Come ha precisato, di recente, questa Sezione, “le ordinanze cautelari del giudice amministrativo hanno una funzione strumentale e servente, nonché se del caso anticipatoria, rispetto agli effetti della eventuale sentenza di accoglimento del ricorso: qualsiasi sia l’esito del giudizio, vengono meno gli effetti delle ordinanze cautelari emesse medio tempore e degli atti emessi per darvi loro esecuzione” (cfr. Cons. Stato, sez. II, 1° giugno 2020, n. 3421).
Per quanto poi riguarda il conseguimento, peraltro soltanto dopo l’emissione della pronuncia di primo grado impugnata in questa sede, dell’autorizzazione paesaggistica rilasciata, a seguito di parere favorevole della Soprintendenza regionale, con la nota prot. 4579, in data 28 marzo 2017, questa in realtà non esclude ma anzi conferma la sussistenza delle violazioni paesaggistiche riscontrate in sede procedimentale e poste a base del provvedimento impugnato.
Le questioni sollevate con il gravame vanno quindi risolte prendendo le mosse dalla formulazione dell’art. 42, comma 3, d.lgs. 28/2011 – nella formulazione ratione temporis applicabile – secondo cui “nel caso in cui le violazioni riscontrate nell’ambito dei controlli di cui ai commi 1 e 2 siano rilevanti ai fini dell’erogazione degli incentivi, il GSE dispone il rigetto dell’istanza ovvero la decadenza dagli incentivi, nonché il recupero delle somme già erogate”.
Al fine di meglio circoscrivere l’ambito delle “violazioni” di cui discorre il testé riprodotto art. 42, comma 3, vale quanto previsto dall’allegato 1 del D.M. 31 gennaio 2014, che, nell’elencare le quantità e la tipologia di siffatte violazioni, alla lettera j) include l’“insussistenza dei requisiti per la qualificazione dell’impianto, per l’accesso agli incentivi ovvero autorizzativi”.
In tale ultima locuzione, per il suo tenore generale, rientra senz’altro anche l’autorizzazione rilasciata a fini paesaggistici, quale appunto valorizzata dall’amministrazione con il provvedimento impugnato in prime cure. Ciò che rileva al fine e che “la realizzazione dell’impianto è avvenuta in difformità dell’Autorizzazione Paesaggistica e del Parere di Conformità Urbanistica (ed alla documentazione ad essi allegata) rilasciati dal Comune di Roseto degli Abruzzi per la formazione dell’Autorizzazione Unica Generalizzata ai sensi della DGR 244 del 22.03.2010 della Regione Abruzzo”, giacché le distanze minime dei pannelli rispetto alla riva del fosso sono risultate nettamente inferiori ai 50 mt. prescritti”. Invero, nell’ambito del procedimento di controllo e verifica del riconoscimento della tariffa incentivante nella misura pari a 0,263 €/KWh di cui alla comunicazione del 25 gennaio 2012, il Gestore, con nota del 3 aprile 2015, a fronte di quanto prescritto dopo circa la distanza di almeno 50 mt. dalla riva del fosso inserito negli elenchi e la cui area di rispetto è oggetto di tutela paesaggistica delimitata da una rete sui lati sud, ovest e nord, aveva rilevato che: “lato sud – la distanza rete-palo struttura è pari a mt. 6,04; – lato ovest – la distanza rete-palo struttura prima fila sud è pari a mt. 6,45; – lato ovest – la distanza rete-palo struttura undicesima fila da sud è pari a mt. 8,36; – lato ovest – distanza rete-palo struttura prima fila da nord è pari a mt. 15,46; – lato nord – la distanza rete-palo struttura è pari a 4,60”.
All’esito di tali misurazioni quindi è emerso, così come evidenziato dal Gestore, la notevole riduzione della distanza della struttura dell’impianto rispetto alla riva del fosso, tale da integrare la evidente violazione di quanto prescritto in sede di rilascio dell’autorizzazione paesaggistica.
È pur vero che la Soprintendenza ha rilevato, ai fini del rilascio della richiesta sanatoria, che “nelle tavole di progetto allegate alla citata richiesta di Autorizzazione paesaggistica erano fuori scala e non quotate e che le opere effettivamente eseguite (filari di pannelli) distano anziché 50 m dal fosso Canale da un minimo di 34 m ad un massimo di 40 m, con una distanza media di circa 37 m”, ma questo non esclude, anzi conferma, che la struttura è stata realizzata in violazione della distanza di metri 50. Tale prescrizione non è vanificata da quanto ulteriormente osservato dalla Soprintendenza in ordine alla mancata incidenza dell’abuso commesso sul piano paesaggistico, osservando che “anche se fosse stato possibile realizzare l’impianto a 50 m dalla riva del fosso non ci sarebbe stato alcun miglioramento qualitativo in termini di tutela del paesaggio, in quanto la piccola porzione di area occupata in più rispetto alla prescrizione, fuori dalla fascia di vegetazione spontanea, è quasi impercettibile rispetto all’estensione totale dell’impianto fotovoltaico”.
Trattasi, infatti, di considerazioni che afferiscono al piano sostanziale e che pertanto non superano il profilo formale, in grado di sorreggere autonomamente il provvedimento impugnato in prime cure, e che si fonda sulla rilevata violazione delle prescrizioni recate dalla autorizzazione paesaggistica.
10.2 Da quanto sopra rilevato in ordine alla estensione del potere di controllo del gestore, tale da involgere tutti gli atti autorizzativi rilasciati ai fini della realizzazione ed attivazione dell’impianto, stante l’ampia formula dell’articolo richiamato, discende l’infondatezza di quanto dedotto con il secondo mezzo in ordine appunto alla latitudine del potere di controllo esercitato.
10.3 Infondato è anche quanto ulteriormente lamentato, riproponendo testualmente le censure così come articolate in primo grado, a proposito della pretesa violazione dell’art. 11 del D.M. 31 gennaio 2014 e del difetto di proporzionalità.
Invero, il provvedimento impugnato in prime cure è adeguatamente suffragato dalla violazione delle prescrizioni impartite dall’autorità paesaggistica in sede di rilascio della relativa autorizzazione e prodotta ai fini del riconoscimento, della tariffa incentivante in misura pari a 0,263 Euro/kWh.
Ciò che rileva, infatti, è che il rispetto di tali prescrizioni costituiva un elemento documentalmente acquisito al momento in cui venivano riconosciute le tariffe incentivanti, con la comunicazione del 25 gennaio 2012, cosicché non poteva l’amministrazione esimersi dal disporre il ripristino delle condizioni di legalità tale da retroagire al momento del rilascio del provvedimento favorevole.
Da ciò deriva l’infondatezza anche di quanto dedotto a proposito della violazione del principio di proporzionalità, in quanto la conseguenza dell’accertata violazione paesaggistica non era suscettibile di graduazione e doveva pertanto avere una ricaduta determinante sul provvedimento favorevole originariamente rilasciato.
11. In conclusione, l’appello è infondato e deve essere respinto.
12. Sussistono nondimeno giusti motivi, in considerazione della particolarità della vicenda e della novità delle questioni sollevate, per compensare le spese del presente grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto (n.r.g. 5396/2018), lo respinge.
Spese del presente grado di giudizio compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in collegamento da remoto nella camera di consiglio del giorno 23 febbraio 2022 con l’intervento dei magistrati:
Luigi Maruotti, Presidente
Francesco Gambato Spisani, Consigliere
Raffaello Sestini, Consigliere
Giovanni Sabbato, Consigliere, Estensore
Davide Ponte, Consigliere
L’ESTENSORE
Giovanni Sabbato
IL PRESIDENTE
Luigi Maruotti
IL SEGRETARIO