APPALTI – Ambiente – Omissione dei criteri ambientali minimi (C.A.M.) – Appalti pubblici – Bando di gara – Interesse ad agire – Impugnazione (Massima a cura di Giuseppina Lofaro)
Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 14 Ottobre 2022
Numero: 8773
Data di udienza: 29 Settembre 2022
Presidente: Greco
Estensore: Tulumiello
Premassima
APPALTI – Ambiente – Omissione dei criteri ambientali minimi (C.A.M.) – Appalti pubblici – Bando di gara – Interesse ad agire – Impugnazione (Massima a cura di Giuseppina Lofaro)
Massima
CONSIGLIO DI STATO, Sez. 3^ – 14 ottobre 2022, n. 8773
APPALTI – Ambiente – Omissione dei criteri ambientali minimi (C.A.M.) – Appalti pubblici – Bando di gara – Interesse ad agire – Impugnazione.
L’omesso inserimento dei criteri ambientali minimi (C.A.M.) nella lex specialis di gara determina la caducazione dell’intera gara e la riedizione totale della stessa, emendata dal vizio de quo. La mancata conformità della legge di gara agli artt. 34 e 71 del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, in tema di criteri ambientali minimi (C.A.M.) non impone l’impugnazione immediata del bando di gara, non ricadendosi nelle fattispecie eccezionali di clausole escludenti o impeditive. La partecipazione alla gara in un simil caso non può ritenersi quale acquiescenza alle regole di gara, essendo l’impugnazione proponibile soltanto all’esito della procedura e avverso l’aggiudicazione, senza che ciò possa intendersi come violazione del divieto di venire contra factum proprium.
Pres. Greco, Est. Tulumello – P. s.r.l. (avv. Ciocia) c. Ministero dell’Economia e delle Finanze e la Guardia di Finanza – Comando Generale (Avv. Stato) e altro (n.c.)
Allegato
Titolo Completo
CONSIGLIO DI STATO, Sez. 3^ - 14 ottobre 2022, n. 8773SENTENZA
Pubblicato il 14/10/2022
N. 08773/2022REG.PROV.COLL.
N. 10818/2021 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 10818 del 2021, proposto dalla Pastore S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Alessandra Ciocia, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia,
contro
– il Ministero dell’Economia e delle Finanze e la Guardia di Finanza – Comando Generale, in persona dei rispettivi rappresentanti legali pro tempore, rappresentati e difesi ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria in Roma, via dei Portoghesi, 12;
– il Comando della Legione Allievi della Guardia di Finanza di Bari, non costituito in giudizio;
nei confronti
– di Ladisa S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Ermelinda Pastore, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
– di Innova S.p.a. e Dussmann Service S.r.l., non costituite in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, sede di Bari (Sezione Seconda), n. 1702/2021, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell’Economia e delle Finanze, di Ladisa S.r.l. e della Guardia di Finanza – Comando Generale;
Visti tutti gli atti della causa;
Visti gli artt. 74 e 120, co. 10, cod. proc. amm.;
Relatore, nell’udienza pubblica del giorno 29 settembre 2022, il Cons. Giovanni Tulumello e viste le conclusioni delle parti come da verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con sentenza n. 1721 del 2021 il T.A.R. della Puglia, sede di Bari, ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto dalla Pastore S.r.l. contro gli atti della procedura di gara, e in particolare contro il provvedimento di aggiudicazione in favore della società Ladisa, relativi al «servizio di ristorazione collettiva in forma di “catering completo” a mezzo self-service presso la Legione Allievi della Guardia di Finanza, Caserma “De Falco – Sottile”, sita in Bari».
La ricorrente in primo grado ha impugnato l’indicata sentenza con ricorso in appello.
Si sono costituiti, per resistere, il Ministero dell’economia e delle Finanze, il Comando generale della Guardia di Finanza e l’aggiudicataria.
Con ordinanza n. 558/2022 è stata rigettata la domanda di sospensione cautelare della sentenza impugnata.
Il ricorso in appello è stato trattenuto in decisione alla pubblica udienza del 29 settembre 2022.
2. Il T.A.R. ha ritenuto inammissibile il ricorso di primo grado perché la società ricorrente si è con esso doluta del fatto che la gara “si sia svolta in contrasto con le prescrizioni di cui all’art. 34 del decreto legislativo n. 50/2016, il quale richiede l’inserimento, nella documentazione progettuale e di gara, almeno delle specifiche tecniche e delle clausole contrattuali contenute nei CAM di cui al citato decreto ministeriale del 10.3.2020”: tuttavia tale doglianza non è stata tempestivamente rivolta contro la legge della gara, ma solo all’esito dell’aggiudicazione alla controinteressata, vale a dire “solo successivamente al momento in cui erano state espressamente accettate tutte le condizioni di partecipazione alla selezione in esame”.
Il ricorso di primo grado è stato ritenuto inammissibile anche per una concorrente ragione, legata al difetto d’interesse a coltivare l’impugnazione: “Occorre in proposito rimarcare come la società Pastore s.r.l. – nelle vesti di concorrente quarta graduata – non abbia svolto censura alcuna avverso il posizionamento in graduatoria di ciascuno degli operatori economici che la precedono con rango potiore nella graduatoria finale”.
3. Con i primi due motivi del ricorso in appello la ricorrente in primo grado ha contestato entrambe le richiamate statuizioni d’inammissibilità; riproponendo, per l’ipotesi di fondatezza di tali mezzi, i motivi del ricorso di primo grado non esaminati dal T.A.R. in ragione della portata assorbente della pronuncia in rito.
3.1. Con il primo motivo, in particolare, l’appellante richiama l’orientamento giurisprudenziale secondo cui l’illegittimità del bando può essere dedotta anche a seguito dell’impugnazione dell’aggiudicazione ove, come nel caso di specie, le clausole censurate non impediscano la presentazione dell’offerta.
Il mezzo deduce, in particolare, che “l’azione della ricorrente, odierna appellante, risulta perfettamente coerente, oltre che improntata ai principi di buona fede e correttezza, posto che la partecipazione non costituisce acquiescenza alle regole di gara e, nel contempo, non v’era nemmeno l’onere di una immediata reazione avverso gli atti indittivi della gara, non essendosi al cospetto di clausole impeditive la partecipazione alla gara stessa”.
3.2. Con il secondo motivo si deduce che la prova di resistenza non è dovuta in relazione a censure che abbiano lo scopo di invalidare l’intera procedura, e di implicare – ove accolte – la riedizione della gara.
4. L’appellata deduce anzitutto, in rito, che l’appellante ha omesso di impugnare il capo di sentenza con cui il T.A.R. ha rilevato che la ricorrente in primo grado “non ha neanche chiaramente allegato, né tanto meno provato, di essersi effettivamente attenuta ai Criteri ambientali minimi nell’offerta dalla medesima presentata”.
L’eccezione è infondata perché il passaggio motivazionale in questione non costituisce un autonomo capo di sentenza.
In ogni caso il rilievo è del tutto inessenziale perché, come si dirà ulteriormente, impinge nel medesimo vizio logico su cui sono fondate le difese – e la sentenza di primo grado che le ha accolte – relative all’interesse a ricorrere.
L’appellata deduce poi ulteriormente che l’appellante “neppure ha svolto censure sugli esiti della gara, dimostrando concludentemente che l’unica ragione per cui dolersi degli esiti della gara è la gara stessa, ovvero l’unica ragione immediatamente già percepibile all’atto di indizione della procedura e che sorregge l’interesse a ricorrere: tale interesse deve essere fatto valere al momento della indizione della gara e non certo in via differita al momento dell’aggiudicazione, chè altrimenti si verificherebbe un uso distorto dell’azione giurisdizionale, sino all’abuso del processo”.
Nel merito l’aggiudicataria invoca in contrario la sentenza dell’Adunanza plenaria di questo Consiglio di Stato n. 4/2018, e in particolare la previsione per cui fra le ipotesi di onere di immediata impugnazione del bando rientrerebbe quella relativa a “clausole impositive di obblighi contra ius (“clausole impositive di obblighi contra ius”, ovvero “nei bandi contenenti gravi carenze nell’indicazione di dati essenziali per la formulazione dell’offerta”) e che impongono peraltro la formulazione di una offerta difforme dal paradigma normativo in quanto relativa ad un servizio da svolgere con modalità difformi dalla legge (secondo quanto dedotto da controparte)”.
Secondo l’appellata i richiami giurisprudenziali invocati dall’appellante sono inconferenti, poiché “affermano principi generali sulla possibilità di impugnazione differita del bando unitamente al provvedimento di aggiudicazione e che riguardano fattispecie ben diverse da quella che ci occupa, appuntata sulla scelta dell’appellante di partecipare alla gara e di coltivare -all’esito- il mero interesse strumentale alla riedizione della procedura in assenza della dimostrazione dell’interesse concreto e attuale della quarta classificata nella graduatoria finale ad accrescere la propria sfera di interessi (asseritamente incisa dalla omessa previsione dei CAM)”.
5. Ritiene il Collegio, ad una valutazione più approfondita – in sede di cognizione piena – rispetto alla sommaria delibazione di cui all’ordinanza cautelare n. 558/2022, che il primo motivo di appello sia fondato.
Va anzitutto osservato che la ricorrente lamentava “l’illegittimità degli atti di gara, in quanto – in tesi – redatti senza tener conto delle specifiche tecniche e delle clausole contrattuali contenute nei “Criteri ambientali minimi per il servizio di ristorazione collettiva e fornitura di derrate alimentari” di cui al decreto ministeriale 10 marzo 2020 del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare (d’ora innanzi anche CAM), in assenza, peraltro, di alcun rinvio funzionale esterno per la ricezione/applicazione dei medesimi”.
Il T.A.R. ha ritenuto il ricorso di primo grado inammissibile sia perché la ricorrente non ha impugnato subito il bando, poi contestato dopo l’esito della gara; sia perché la ricorrente, quarta graduata, non ha “svolto censura alcuna avverso il posizionamento in graduatoria di ciascuno degli operatori economici che la precedono con rango potiore nella graduatoria finale” (in realtà, come si specificherà ulteriormente, il ricorso mira alla riedizione dell’intera gara).
L’impugnata sentenza del giudice di primo grado però non afferma che la clausola contestata fosse escludente, né che impedisse di formulare l’offerta: queste essendo le uniche due categorie di clausole che la pacifica giurisprudenza di questo Consiglio di Stato, a seguito della richiamata sentenza dell’Adunanza plenaria, grava dell’onere di immediata impugnazione.
Pertanto, non può essere condivisa l’affermazione contenuta nella sentenza del T.A.R. secondo la quale “A tal riguardo è la stessa ricorrente a precisare nei propri scritti difensivi che “l’omesso rispetto dei CAM per il servizio posto in affidamento non ha integrato una condizione direttamente impeditiva per la partecipazione alla gara, non ne ha precluso l’utile partecipazione, né l’omesso rispetto dei CAM ha reso impossibile il calcolo di convenienza tecnica ed economica ai fini della partecipazione alla procedura”, dando prova testuale del tenore evidentemente contraddittorio delle proprie contestazioni”.
La difesa della ricorrente in primo grado in realtà non è affatto contraddittoria, perché elenca la non sussistenza, nel caso di specie, delle condizioni che, secondo la Plenaria, avrebbero imposto/consentito l’impugnazione immediata del bando: anzi, la prospettazione della ricorrente in primo grado risulta – a differenza delle conclusioni tratte dalla sentenza gravata – coerente ai princìpi di diritto enunciati dalla Plenaria.
Se poi si scende dal piano dei princìpi alla materia specificamente attinente l’oggetto delle clausole in questione, va rimarcato che in forza di uno stabile indirizzo giurisprudenziale, che il Collegio condivide, la non conformità della legge di gara agli articoli 34 e 71 del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, in tema di criteri ambientali minimi (C.A.M.) non è vizio tale da imporre un’immediata e tempestiva impugnazione del bando di gara, non ricadendosi nei casi eccezionali di clausole escludenti o impeditive che, sole, consentono l’immediata impugnazione della lex specialis di gara (cfr. Cons. Stato, sez. V, 3 febbraio 2021, n. 972).
Conseguentemente, la partecipazione alla gara in un’ipotesi del genere non può considerarsi acquiescenza alle regole di gara, essendo l’impugnazione proponibile solo all’esito della procedura e avverso l’aggiudicazione, senza che ciò possa qualificarsi come un venire contra factum proprium come invece ritenuto dal primo giudice (cfr. Cons. Stato, sez. V, n. 972/2021, cit.).
6. Quanto alla circostanza che la stessa offerta dell’odierna appellante non fosse rispettosa dei C.A.M., va osservato che, in disparte il fatto che ciò non configura vizio finché detta offerta era conforme alla lex specialis, in ogni caso la controinteressata, ove avesse inteso farlo valere quale motivo di necessaria esclusione della ricorrente dalla gara (assumendo, in sostanza, che la sua offerta era affetta dagli stessi vizi che rimproverava agli altri concorrenti), avrebbe dovuto farlo proponendo impugnazione incidentale avverso l’ammissione in gara della stessa ricorrente e non con mera eccezione.
Ciò posto, l’indicata circostanza non rileva neppure sul piano dell’interesse a ricorrere, come accennato in precedenza.
Una volta chiarita l’ammissibilità del gravame rivolto contro un’aggiudicazione viziata dal mancato inserimento dei criteri ambientali minimi nella legge di gara, la conseguenza dell’accoglimento di tale censura è la caducazione dell’intera gara e l’integrale riedizione della stessa, emendata dal vizio in questione.
Ladisa deduce in argomento che «il ricorso di prime cure è carente di interesse attuale e concreto, non essendo chiarito come e in quale parte l’introduzione dei CAM asseritamente carenti avrebbe potuto sovvertire gli esiti della gara comunque ampliare la sfera degli interessi della società Pastore che ha partecipato e concorso ad armi pari con gli altri operatori economici alle condizioni date».
In realtà, come già chiarito, è pacifico che in un caso del genere rilevi (e sia sufficiente) l’interesse “strumentale” alla riedizione della procedura di gara (cfr. Cons. Stato, sez. V, n. 972/2021, cit., con richiami di giurisprudenza).
Dal che la fondatezza anche del motivo di appello che deduce l’erroneità della sentenza impugnata nella parte in cui ha dichiarato inammissibile il ricorso di primo grado per mancata dimostrazione della prova di resistenza.
7. L’accoglimento dei motivi di appello relativi alla statuizione di inammissibilità del ricorso di primo grado comporta l’esame, nel merito, delle riproposte censure del ricorso di primo grado (non esaminate dal T.A.R., arrestatosi alla ridetta decisione in rito) e, in particolare, del mezzo con cui la ricorrente deduce l’illegittimità della legge di gara per violazione degli artt. 34 e 71 del d. lgs. n. 50/2016.
In senso contrario all’accoglimento di tale censura l’appellata deduce che il riferimento ai C.A.M. di cui al d.m. 10 marzo 2020 dovesse considerarsi sottinteso nel (generico) richiamo all’applicabilità di tutte le disposizioni di legge e regolamentari vigenti in materia.
Ladisa, nella memoria depositata il 1° febbraio 2022, argomenta inoltre l’infondatezza del mezzo sostenendo di avere presentato un’offerta comunque conforme ai C.A.M..
Ancora, in memoria di replica l’appellata insiste sul fatto che nel caso di specie il mancato rispetto dei C.A.M. “neppure ricorre nella specie in virtù del rinvio esterno alle disposizioni vigenti contenute nel disciplinare e in considerazione dell’offerta della deducente”.
8. Tali argomenti ad avviso del Collegio non possono essere condivisi, mentre risulta fondata la censura del ricorso di primo grado riproposta nel presente giudizio dall’appellante.
In verità l’art. 18.1 del disciplinare, invocato dall’appellata, prevede il criterio dei “servizi migliorativi aggiuntivi”, per il quale sono attribuiti 5 punti per l’utilizzo di prodotti biologici”.
Ciò implica che la legge di gara ha dato rilievo ai C.A.M. unicamente sul piano dei punteggi aggiuntivi per i servizi migliorativi: il che comporta che, in assenza, ben avrebbe potuto la gara essere aggiudicata ad un’offerta del tutto non conforme alla disciplina dei C.A.M..
La conseguenza della richiamata disciplina di gara è infatti quella di relegare un contenuto necessario all’alea delle offerte migliorative.
La più volte citata sentenza n. 972/2021 di questo Consiglio di Stato ha, al contrario, chiaramente affermato che le disposizioni in materia di C.A.M., “lungi dal risolversi in mere norme programmatiche, costituiscono in realtà obblighi immediatamente cogenti per le stazioni appaltanti, come si desume plasticamente dal terzo comma dell’art. 34, il quale sancisce che “L’obbligo di cui ai commi 1 e 2 si applica per gli affidamenti di qualunque importo, relativamente alle categorie di forniture e di affidamenti di servizi e lavori oggetto dei criteri ambientali minimi adottati nell’ambito del citato Piano d’azione”.
Anche la dottrina ha chiaramente argomentato che la peculiarità innovativa del dato normativo in esame è data dalla doverosità dell’inserimento del requisito ambientale già nel “momento della definizione dell’oggetto dell’appalto”.
La giurisprudenza di questo Consiglio di Stato è pacifica nel rinvenire la ratio dell’obbligatorietà dei criteri ambientali minimi nell’esigenza di garantire “che la politica nazionale in materia di appalti pubblici verdi sia incisiva non solo nell’obiettivo di ridurre gli impatti ambientali, ma nell’obiettivo di promuovere modelli di produzione e consumo più sostenibili, “circolari” e nel diffondere l’occupazione “verde” (così, da ultimo, la sentenza n. 6934/2022).
La previsione in parola, e l’istituto da essa disciplinato, contribuiscono dunque a connotare l’evoluzione del contratto d’appalto pubblico da mero strumento di acquisizione di beni e servizi a strumento di politica economica: in particolare, come affermato in dottrina, i cc.dd. green public procurements si connotano per essere un “segmento dell’economia circolare”.
9. Ne consegue che non possono ritenersi rispettate tali previsioni allegando il generico rinvio della legge di gara alle disposizioni vigenti, ovvero opponendo in memoria – in un’ottica di risultato – che l’aggiudicataria avesse comunque “offerto in gara prodotti biologici e possiede certificazioni idonee a minimizzare l’impatto ambientale nella fase esecutiva della commessa”.
Una simile affermazione non equivale a prospettare la conformità del risultato della gara allo scopo voluto dai parametri normativi evocati dalla ricorrente, perché – a tacer d’altro – esprime una rilevanza ambientale del contenuto dell’offerta che, oltre a non coincidere con lo schema normativo di riferimento, si connota per essere soltanto parziale, casuale ed occasionale: ma soprattutto, volontariamente “concessa” dall’offerente (che, in base alla legge di gara, a ciò non era tenuto).
10. Le questioni sopra vagliate esauriscono la vicenda sottoposta all’esame del Collegio, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell’art. 112 c.p.c., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato (come chiarito dalla giurisprudenza costante, ex plurimis, per le affermazioni più risalenti, Cass. civ., Sez. II, 22 marzo 1995, n. 3260, e, per quelle più recenti, Cass. civ., Sez. V, 16 maggio 2012, n. 7663, e per il Consiglio di Stato, Sez. VI, 18 luglio 2016, n. 3176).
Gli argomenti di difesa non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.
11. L’assorbente fondatezza dei motivi di appello esaminati comporta che, in riforma della sentenza gravata, il ricorso di primo grado debba essere accolto, con annullamento degli atti di gara con esso impugnati.
Il ricorso in appello rinvia nelle conclusioni alle domande formulate in primo grado, fra cui la declaratoria di inefficacia del contratto eventualmente stipulato.
Dagli atti risulta che il relativo contratto, avente durata di trenta mesi, è stato stipulato il 17 settembre 2021.
In conseguenza dell’annullamento degli atti del procedimento di gara, per violazione di una disposizione posta a presidio di interessi superindividuali, deve essere accolta, ai sensi dell’art. 122 cod. proc. amm., anche la domanda volta alla declaratoria di inefficacia di tale contratto, con conseguente obbligo di rinnovare la gara: essendo necessario ai fini della tutela dell’interesse pubblico portato dalle norme violate ripetere la procedura di gara, previa emenda del vizio.
Le spese del doppio grado di giudizio, liquidate come in dispositivo, seguono la regola della soccombenza, e vanno poste a carico, in solido, della stazione appaltante e dell’aggiudicataria che ha resistito in giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto, in riforma della sentenza gravata, accoglie il ricorso di primo grado; in conseguenza annulla i provvedimenti con esso impugnati, e dichiara inefficace il contratto di appalto in forza degli stessi stipulato.
Condanna il Comando Generale della Guardia di Finanza e Ladisa S.p.a., in solido fra loro, al pagamento in favore dell’appellante delle spese del doppio grado di giudizio, liquidate in complessivi euro diecimila/00, oltre accessori come per legge, in ragione di euro cinquemila/00 oltre accessori per ciascuna parte.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 29 settembre 2022 con l’intervento dei magistrati:
Raffaele Greco, Presidente
Massimiliano Noccelli, Consigliere
Raffaello Sestini, Consigliere
Ezio Fedullo, Consigliere
Giovanni Tulumello, Consigliere, Estensore
L’ESTENSORE
Giovanni Tulumello
IL PRESIDENTE
Raffaele Greco
IL SEGRETARIO