APPALTI – Applicazione delle regole dell’equo compenso alle procedure di gara – Contrasto di giurisprudenza – Valore fisso e inderogabile dell’equo compenso – Rilievi critici – Riformulazioni in termini di equo ribasso – Giurisprudenza comunitaria – Novella apportata dal correttivo appalti.
Provvedimento: Sentenza
Sezione: 3^
Regione:
CittĂ :
Data di pubblicazione: 27 Gennaio 2025
Numero: 594
Data di udienza: 28 Novembre 2024
Presidente: De Nictolis
Estensore: Cerroni
Premassima
APPALTI – Applicazione delle regole dell’equo compenso alle procedure di gara – Contrasto di giurisprudenza – Valore fisso e inderogabile dell’equo compenso – Rilievi critici – Riformulazioni in termini di equo ribasso – Giurisprudenza comunitaria – Novella apportata dal correttivo appalti.
Massima
CONSIGLIO DI STATO, Sez. 3^ – 27 gennaio 2025, n. 594
APPALTI – Applicazione delle regole dell’equo compenso alle procedure di gara – Contrasto di giurisprudenza – Valore fisso e inderogabile dell’equo compenso – Rilievi critici – Riformulazioni in termini di equo ribasso – Giurisprudenza comunitaria – Novella apportata dal correttivo appalti.
Non può predicarsi alcuna antinomia tra la disciplina dei contratti pubblici e la sopravvenuta disciplina sull’equo compenso. I due plessi normativi devono essere interpretati e applicati in modo integrato e coordinato valorizzando le rispettive rationes legis, l’una proconcorrenziale per la disciplina sui contratti pubblici, l’altra di favor del professionista intellettuale, per la disciplina sull’equo compenso. La nozione di equo compenso applicabile alla contrattualistica pubblica deve essere riformulata piĂą perspicuamente in termini di equo ribasso, nozione frutto dell’esegesi coordinata tra corrispettivo equo e proporzionato posto a base di gara e minimum inderogabile evincibile dal range di flessibilitĂ del compenso liquidabile in ragione della complessitĂ della prestazione dedotta nell’affidamento. La contrapposta tesi del valore fisso e inderogabile dell’equo compenso per i professionisti negli appalti per i servizi di architettura e ingegneria incontra una pluralitĂ di rilievi critici: anche nell’ordito del nuovo codice dei contratti pubblici il richiamo operato dall’art. 8 d.lgs. 36/2023 evoca infatti solo il “principio” dell’equo compenso, non postulando dunque una individuazione univoca e rigida, tanto da ammettere, sia pur eccezionalmente, ipotesi derogatorie di prestazioni pro bono; l’innesto rigido ope legis di un valore univoco e predeterminabile di equo compenso mortificherebbe inoltre la ratio proconcorrenziale che permea la contrattualistica pubblica, relegando il confronto competitivo ad uno spazio sostanzialmente virtuale sulle voci per spese e oneri accessori; e tale rigiditĂ colliderebbe con i canoni di necessitĂ e proporzionalitĂ dettati dalla Direttiva 2006/123/CE (art. 15) per la sottoposizione dell’esercizio di un’attivitĂ o servizio a requisiti limitativi tra cui, per l’appunto, “tariffe obbligatorie minime e/o massime che il prestatore deve rispettare”. Tale esegesi si concilia con gli arresti recenti del giudice europeo, tra cui CGUE, 4 luglio 2019, causa C-377/2017, in materia di compensi professionali, per cui l’indicazione delle tariffe minime e massime è vietata in quanto incompatibile con il diritto dell’Unione Europea, ma sono comunque ammesse deroghe per motivi di interesse pubblico, come la tutela dei consumatori, la qualitĂ dei servizi e la trasparenza dei prezzi (posizione confermata dalla successiva sentenza del 25 gennaio 2024, causa C-438/2022). Si orienta nel senso prospettato la novella recata dal cd. “correttivo appalti” all’art. 41 d.lgs. n. 36/2023, cui rinvia anche la novella dell’art. 8 (“la pubblica amministrazione garantisce comunque l’applicazione del principio dell’equo compenso secondo le modalitĂ previste dall’articolo 41, commi 15-bis, 15-ter e 15-quater”): secondo la relazione illustrativa, la soluzione adottata dal correttivo garantirebbe il principio dell’equa remunerazione del progettista, aprendo al contempo ad una valutazione competitiva tra diverse offerte economiche, al fine, in ogni caso, di valorizzare nell’affidamento quegli operatori economici che propongono migliori condizioni di economicitĂ e qualitĂ del servizio. La sede naturale della verifica dell’equo ribasso operato dagli offerenti rispetto agli importi stabiliti dai parametri per la liquidazione dei compensi dei professionisti iscritti agli ordini o ai collegi professionali, fissati col d.m. n. 140/2012, unitamente alla verifica di sostenibilitĂ giuridico-economica di tale ribasso va individuata in modo strutturale nel modulo subprocedimentale di verifica dell’anomalia dell’offerta demandata al RUP.
(Riforma TAR Veneto n. 632/2024) – Pres. De Nictolis, Est. Cerroni – Azienda U.L.S.S. n. 4 “Veneto Orientale” (avv. Signor) c. SocietĂ di Ingegneria I. a r.l. (avv.ti D’Ambrosio e Pastore)
Allegato
Titolo Completo
CONSIGLIO DI STATO, Sez. 3^ - 27 gennaio 2025, n. 594SENTENZA
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5709 del 2024, proposto dall’Azienda U.L.S.S. n. 4 “Veneto Orientale”, in persona del legale rappresentante pro tempore, in relazione alla procedura CIG 993752510F, 99377277BF, rappresentata e difesa dall’avvocato Diego Signor, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Manens s.p.a in proprio e quale capogruppo e mandataria del Rtp, F-Project S.r.l. in proprio e quale mandante del Rtp, Mar Giovanna in proprio e quale mandante del Rtp, Gorin Francesco in qualitĂ di titolare dello studio Tec. Assoc. Multimpianti in proprio e in qualitĂ di mandataria Rtp, non costituiti in giudizio;
SocietĂ di Ingegneria Inm and Partner a r.l., Studio D’Ambrosio & Associati S.r.l., Studio Tecnico Associato Multimpianti, Chiara Arch. Parrino, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dagli avvocati Luigi D’Ambrosio e Ermelinda Pastore, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
nei confronti
Pool Engineering S.r.l. in proprio e quale mandataria del R.T.P costituendo, T14 Associati in proprio e quale mandante del R.T.P. Costituendo, 3ti Progetti Italia – Ingegneria Integrata S.P.A in proprio e quale mandante del R.T.P. costituendo, Seingim Global Service S.r.l. in proprio e quale mandante del R.T.P. costituendo, Cusin Federica in proprio e quale mandante del R.T.P. costituendo, Areatecnica S.r.l. in proprio e quale mandataria del costituendo R.T.P., Trentino Progetti S.r.l. in proprio e quale mandante del costituendo R.T.P., Studio Plicchi S.r.l. in proprio e quale mandante del costituendo R.T.P., Iconia Ingegneria Civile S.r.l. in proprio e quale mandante del costituendo R.T.P., Boscherini Stefano in proprio e quale mandante del costituendo R.T.P., Griguolo Jacopo in proprio e quale mandante del costituendo R.T.P., Poolmilano S.r.l. in proprio e quale mandataria del costituendo Rtp, Cooprogetti – SocietĂ Cooperativa a responsabilitĂ limitata in proprio e quale mandante del costituendo Rtp, Sidoti Engineering S.r.l., non costituiti in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Terza) n. 632/2024, resa tra le parti, per l’annullamento
– della deliberazione del Direttore Generale n. 1011 del 31.10.2023 della Azienda UnitĂ Locale Socio sanitaria n. 4 “Veneto Orientale” ad oggetto l’affidamento dell’incarico di progettazione definitiva, con opzione della progettazione esecutiva e del coordinamento della sicurezza in fase progettuale inerente ai lavori di “Adeguamento alla normativa di prevenzione incendi e antisismica dei PP.OO. di san DonĂ di Piave e Portoguaro” suddiviso in due lotti funzionali così distinti: a) Lotto Funzionale 01; P.O. di san DonĂ di Piave – Fase 1; b) Lotto Funzionale 02: P.O. di Portogruaro – Fase 1” (CIG lotto 01, 993752510F; CIG lotto 02, 99377277BF), recante l’aggiudicazione della procedura in favore del RTP Manens, pubblicata in data 5.11.2023 e comunicata all’istante il 13.11.2023 e della presupposta proposta del Direttore dell’U.O.C. Servizi Tecnici e Patrimoniali, condivisa da Direttore Generale in sede di approvazione degli atti di gara (“esaminata la questione e ritenuto di condividere le argomentazioni e le considerazioni prospettate”, pag. 10 deliberazione n. 1011/2023);
– dei verbali di gara, nessuno escluso e, in particolare, di quelli del 28.8.2023 (verbale di apertura delle buste amministrative: 1a seduta), 5.9.2023 (verbale di apertura delle buste amministrative: 2a seduta), del 13.9.2023 (verbale di consegna delle buste tecniche alla Commissione giudicatrice), dell’11.9.2023 (verbale di analisi della documentazione – soccorso istruttorio), del 20.9.2023 (verbale di apertura delle buste tecniche: 1a seduta), del 27.9.2023 (verbale di apertura delle buste tecniche: 2a seduta), del 5.10.2023 (verbale di apertura delle buste tecniche: 3^ seduta), del 6.10.2023 (verbale di apertura delle buste tecniche: 4a seduta), del 9.10.2023 (verbale di apertura delle buste economiche: 1^ seduta), del 24.10.2023 (verbale di verifica di anomalia delle offerte: 1a seduta);
– comunque dei non conosciuti atti relativi al sub procedimento di anomalia;
– del bando di gara spedito per la pubblicazione sulla Gazzetta dell’Unione Europea in data 30.6.2023 e pubblicato sulla GURI in data 13.7.2023, del disciplinare di gara e relativi allegati e comunque della lex specialis laddove dovesse interpretarsi nel senso di consentire il ribasso sui compensi ai professionisti, in deroga alla legge sull’equo compenso;
– di tutti gli atti presupposti, connessi, conseguenziali, ancorchĂ© non conosciuti, ivi inclusa la presupposta deliberazione del Direttore Generale n. 636 del 29.6.2023 di indizione della procedura, non conosciuta, nonchĂ©
per la declaratoria di nullitĂ
del contratto ove medio tempore stipulato tra le parti ai sensi e per gli effetti degli artt. 121, co. 1, lett. c) e d), 122 e 124, d. lgs. n. 104/2010;
ed altresì per l’accoglimento
– della domanda di risarcimento in forma specifica volta a conseguire l’aggiudicazione dell’appalto de quo e conseguente sottoscrizione del contratto previa, ove occorra e in ipotesi di intervenuta sottoscrizione del contratto con l’aggiudicataria in esecuzione dei provvedimenti impugnati, dichiarazione di inefficacia e accoglimento della domanda di subentro qui espressamente proposta.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Società di Ingegneria Inm and Partner a r.l., di Studio D’Ambrosio & Associati S.r.l., di Studio Tecnico Associato Multimpianti e di Chiara Arch. Parrino;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore, nell’udienza pubblica del giorno 28 novembre 2024, il Cons. Angelo Roberto Cerroni e uditi per le parti gli avvocati come da verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. – Il raggruppamento temporaneo di professionisti con capogruppo “Società di Ingegneria INM and Partner a r.l.” (qui di seguito, breviter, “Raggruppamento INM”) ha partecipato alla gara, suddivisa in due lotti funzionali, indetta dall’Azienda U.L.S.S n. 4 “Veneto Orientale” (qui di seguito, breviter, “Azienda”) ai sensi del d.lgs. n. 50/2016 per l’affidamento dell’incarico di progettazione dei lavori di “adeguamento alla normativa di prevenzione incendi e antisismica” del presidio ospedaliero di San Donà (Lotto 1) e di quello di Portogruaro (Lotto 2) e si è classificata, rispettivamente, al quinto e al settimo posto.
2. – Con rituale ricorso innanzi al TAR per il Veneto il Raggruppamento INM ha impugnato l’aggiudicazione e ha chiesto la declaratoria di nullitĂ del contratto (ove medio tempore stipulato) e l’accoglimento della domanda di risarcimento in forma specifica: nel primo motivo di ricorso ha dedotto che dopo l’entrata in vigore della legge 21 aprile 2023, n. 49 in materia di “equo compenso”, le tariffe stabilite dal d.m. 17 giugno 2016 non possono piĂą costituire un mero criterio o base di riferimento per le Stazioni Appaltanti ai fini dell’individuazione dell’importo da porre a base di gara dell’affidamento, in quanto dovrebbero essere considerate un parametro vincolante e inderogabile per la determinazione dei corrispettivi negli appalti di servizi di ingegneria e di architettura, con la conseguente impossibilitĂ per gli operatori economici di sottoporre a ribasso la componente “compensi” nell’ambito delle procedure di gara da svolgere con il criterio di aggiudicazione dell’offerta qualitativamente migliore in base al rapporto qualitĂ /prezzo. Con un secondo motivo ha contestato quanto argomentato dalla Commissione in sede di verifica dell’anomalia dell’offerta dell’aggiudicataria, laddove un compenso professionale, evidentemente non equo, è stato giustificato in ragione del fatto che il costo dei lavoratori dipendenti dell’operatore economico aggiudicatario risulta comunque rispettoso dei trattamenti salariali minimi previsti dal CCNL applicato. Con il terzo motivo di impugnazione, proposto in via subordinata, il raggruppamento ricorrente ha osservato come la disciplina di gara avrebbe dovuto comunque ritenersi eterointegrata dalle norme imperative previste dalla legge n. 49/2023.
3. – Il giudice di prime cure, disattese le eccezioni di inammissibilitĂ della Azienda USL resistente, pur giungendo a dichiarare l’improcedibilitĂ della domanda annullatoria per compiuto esaurimento del rapporto contrattuale agognato, ha ritenuto di vagliare la domanda di mero accertamento dell’illegittimitĂ ai fini risarcitori e a tal riguardo ha affermato che non vi sia alcuna antinomia in concreto tra la legge n. 49/2023 e la disciplina del codice dei contratti pubblici di cui al d.lgs. n. 50/2016 alla stregua di un’interpretazione letterale e teleologica: segnatamente, mediante l’interpretazione coordinata delle norme in materia di equo compenso e del codice dei contratti pubblici ha affermato che il compenso del professionista sia soltanto una delle componenti del “prezzo” determinato dall’Amministrazione come importo a base di gara, al quale si affiancano altre voci, relative in particolare alle “spese ed oneri accessori” e sarebbe proprio su queste ultime che potrebbe seguitare a dispiegarsi la pressione concorrenziale, ferma restando invece la determinazione del compenso in termini di equitĂ ai sensi della legge n. 49/2023 – la quale, sotto tale aspetto, stabilisce che è equo il compenso dell’ingegnere o architetto determinato con l’applicazione dei decreti ministeriali adottati ai sensi dell’art. 9, d.l. 24 gennaio 2012, n. 1.
3.1. – Il TAR ha ulteriormente precisato che le due tipologie di decreti ministeriali, ossia il d.m. 17 giugno 2016 e il d.m. n. 140/2012 adottato ai sensi dell’articolo 9 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, sono costruiti con l’applicazione degli stessi parametri e la valorizzazione delle medesime voci; inoltre, lo stesso art. 9, d.l. 24 gennaio 2012, n. 1 disciplina unitariamente sia la determinazione dei compensi liquidabili giudizialmente al professionista, sia la determinazione degli importi da porre a base di gara da parte delle Amministrazioni. Da ciò il primo giudice ha fatto derivare che il compenso determinato dall’Amministrazione ai sensi del d.m. 17 giugno 2016 deve ritenersi non ribassabile dall’operatore economico, trattandosi di “equo compenso” il cui ribasso si risolverebbe, essenzialmente, in una proposta contrattuale volta alla conclusione di un contratto pubblico gravato da una nullità di protezione e contrastante con una norma imperativa. Senonché, nella ricostruzione operata nella decisione di primo grado il confronto competitivo potrebbe comunque dispiegarsi sulle altre componenti di prezzo come spese e oneri accessori: nel caso di specie, il bando di gara non ha previsto, espressamente, l’applicazione della legge sul c.d. “equo compenso” e non ha precluso la formulazione di offerte economiche al ribasso sulla componente “compenso” del prezzo stabilito; tale lacuna, con riferimento ad un profilo sottratto alla libera disponibilità della Stazione appaltante, deve ritenersi eterointegrata dalle norme imperative previste dalla legge n. 49/2023 che ha stabilito la nullità delle clausole che non prevedono un compenso equo e proporzionato all’opera prestata secondo il meccanismo delle nullità di protezione. Ciò anche per evitare dolose o maliziose deduzioni postume della nullità successivamente alla stipula del contratto con conseguente riconduzione ad equità ed alterazione postuma dell’offerta.
3.2. – Così argomentando il giudice di prime cure giunge, infine, a disattendere anche le due questioni pregiudiziali, l’una unionale, l’altra costituzionale, in ordine al possibile contrasto tra la legge n. 49/2023, come interpretata da questo Collegio, e gli artt. 49, 56, 101 T.F.U.E., nonché con quanto previsto dalla Direttiva 2006/123/CE e dagli artt. 3, 41, 81, 117 Cost..
3.3. – Calando tali coordinate applicative nel caso concreto, il TAR ha, quindi, concluso che nel caso di specie il ribasso offerto dall’aggiudicatario era stato superiore in entrambi i lotti al valore delle uniche voci soggette a ribasso (ossia spese e accessori) stante l’inderogabilità della voce sui compensi, indi l’aggiudicazione è stata giudicata affetta da illegittimità per violazione della disciplina imperativa sull’equo compenso.
La statuizione conclusiva è stata pertanto l’accertamento, ai fini risarcitori, dell’illegittimità dell’aggiudicazione e degli atti di gara impugnati nella parte in cui la Stazione appaltante, in ragione della proposizione di una offerta economica formulata in violazione della legge n. 49/2023, non ha escluso dalla procedura il raggruppamento controinteressato e ha aggiudicato allo stesso l’appalto in oggetto.
4. – L’Azienda USL Veneto 4 ha impugnato in appello la sfavorevole pronuncia adducendo i seguenti nuclei censori, così rubricati:
4.1. – Errores in procedendo et in iudicando nella parte in cui la sentenza, anziché limitarsi a dichiarare l’improcedibilità dell’intero ricorso, ha emesso pronuncia di accertamento sull’illegittimità dell’aggiudicazione ai sensi dell’art. 34, c. 3, c.p.a.: violazione degli artt. 34, 121, 122 e 124 c.p.a..
L’appellante lamenta che non si sarebbe potuta pronunciare una sentenza di accertamento dell’illegittimità degli atti per la futura proposizione di una domanda risarcitoria quando, in quel giudizio, la domanda risarcitoria (il cui accoglimento presuppone l’accertamento dell’illegittimità degli atti) è già stata incardinata.
4.2. – Errores in procedendo et in iudicando nella parte in cui la Sentenza non ha dichiarato il ricorso inammissibile (o comunque tardivo): contraddittorietà e perplessità di motivazione; violazione dell’art. 39 c.p.a. e dell’art. 100 c.p.c..
L’appellante ripropone l’eccezione di inammissibilità sollevata in primo grado in sostanza per violazione del divieto di venire contra factum proprium: il RTI primo ricorrente avrebbe, infatti, invocato l’esclusione di chi aveva offerto un ribasso sul “compenso per la … prestazione professionale per l’incarico oggetto di affidamento” malgrado il fatto che la stessa offerta della ricorrente contemplerebbe un ribasso percentuale sul ridetto compenso complessivo incorrendo pertanto nell’inammissibilità da sanzionare con l’esclusione.
4.3. – Error in iudicando nella parte in cui la Sentenza, accogliendo il primo motivo di ricorso ha ritenuto il compenso determinato ex d.m. 17.6.2016 non ribassabile: violazione della l. n. 49/2023, degli artt. 24 e 95 d.lgs. n. 50/2016 e del d.m. 17.6.2016.
L’Azienda USL appellante prospetta una esegesi alternativa del rapporto tra la disciplina sopravvenuta sull’equo compenso e quella dei contratti pubblici in materia di affidamento di S.A.I. (servizi di architettura e ingegneria) secondo cui l’art. 3 l. n. 49/2023, nell’individuare il compenso che deve considerarsi non “equo e proporzionato all’opera prestata, tenendo conto a tale fine anche dei costi sostenuti dal prestatore d’opera”, fa riferimento al “compenso inferiore agli importi stabiliti dai parametri per la liquidazione dei compensi dei professionisti iscritti agli ordini o ai collegi professionali, fissati con decreto ministeriale” “ai sensi dell’articolo 9” del D.L. n. 1/2012 e non già “inferiore agli importi stabiliti, ad altri fini, dal d.m. 17.6.2016 ovverosia dal decreto interministeriale (del “Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti”) che ai sensi dell’art. 24, c. 8, d.lgs. n. 50/2016 ha fissato i parametri che (non già gli organi giurisdizionali ma) le stazioni appaltanti sono chiamate ad utilizzare (non per liquidare compensi, bensì) per definire gli importi “da porre a base di gara dell’affidamento” e da ribassare successivamente in sede di gara”. In particolare, i decreti ministeriali che fissano i parametri per la liquidazione dei compensi dei professionisti iscritti agli ordini o ai collegi professionali, indicano altresì la possibilità per il Giudice di procedere ad un aumento percentuale (c.d. “massimi”) o ad una riduzione percentuale (c.d. “minimi”) entro un range fissato dal decreto; di contro, il decreto cui rinvia la disciplina sull’equo compenso discorre espressamente di “corrispettivi da porre a base di gara” e quindi da ribassare.
In piĂą, l’appellante dubita che si possa effettivamente sostenere che vi possa essere un serio confronto concorrenziale – o meglio: che vi possa essere quel serio confronto concorrenziale che la normativa comunitaria pretende di avere tra i professionisti o le societĂ di progettazione quando si pone in gara un S.A.I. – se si limita il confronto all’importo fissato da d.m. per spese e accessori, le quali di contro dovrebbe ricadere nella nozione di equo compenso di cui all’art. 3 l. 49/2023.
4.4. – Error in iudicando nella parte in cui la Sentenza, accogliendo il terzo motivo di ricorso, ha ritenuto la lex specialis di gara eterointegrata dalla l. n. 49/2023: violazione della l. n. 49/2023; contraddittorietà di motivazione.
L’appellante censura l’intero costrutto interpretativo svolto dal primo giudice circa l’eterointegrazione della lex specialis con la disciplina imperativa sull’equo compenso: invero, non vi era alcuna omissione da integrare nella lex specialis di gara, poiché la ridetta lex, lungi dall’omettere indicazioni in ordine alla formulazione del ribasso (lasciando se del caso spazio all’eterointegrazione con norme imperative), era inequivoca nel chiedere ai concorrenti di formulare un’offerta strutturata come “percentuale di sconto – ribasso … da applicare al compenso per la propria prestazione professionale per l’incarico oggetto di affidamento, comprensivo di ogni tipo di spese e compensi accessori”.
Adduce a sostegno dei suoi argomenti le considerazioni con cui la delibera ANAC n. 101/2024, nel decidere una fattispecie assolutamente analoga a quella sub judice ha concluso nel senso che “i principi di certezza del diritto, legittimo affidamento e dell’autovincolo impediscono che nel caso di specie possa operare l’eterointegrazione del bando di gara e che, per tale via, possa disporsi l’esclusione dei concorrenti che precedono l’istante”.
4.5. – Error in iudicando nella parte in cui la Sentenza, accogliendo il secondo motivo di ricorso, ha ritenuto non congrua l’offerta dell’aggiudicataria: violazione dell’art. 97 d.lgs. n. 50/2016.
Le considerazioni svolte dal TAR in relazione alla asserita incongruità dell’offerta aggiudicataria, accusata di aver sovrastimato le spese generali e di aver considerato un costo del personale “ampliamente inferiore ai compensi previsti dalla disciplina di gara”, dimostrerebbero l’insostenibilità della tesi per cui il decreto sui parametri per la liquidazione dei compensi (riferimento obbligatorio per considerare equo un compenso) coincida con il decreto (d.m. 17.6.2016) che per converso è stato adottato per definire i parametri da utilizzare per l’individuazione delle basi d’asta.
Inoltre, la contestazione del Raggruppamento INM avrebbe dovuto esser radicalmente dichiarata inammissibile atteso che la contestazione sul giudizio di anomalia non è stata successivamente coltivata con motivi aggiunti all’esito dell’esperimento dell’accesso documentale.
4.6. – Errores in procedendo et in iudicando della Sentenza nella parte in cui ha ritenuto la non ribassabilità del compenso determinato ex d.m. 17.6.2016 conforme alla disciplina UE in punto di tutela della concorrenza (§ 2.1) e non ha accolto le questioni pregiudiziali di conformità al diritto UE e alla Costituzione sollevate in primo grado (§ 4): violazione degli artt. 49, 56, 101 TFUE; violazione Direttiva 2006/123/CE e degli artt. 3, 41, 81 e 117 Cost..
L’appellante ripropone la duplice questione pregiudiziale, eurounitaria e costituzionale, per il contrasto tra la l. n. 49/2023, come interpretata dal TAR, e gli artt. 49, 56, 101 TFUE, nonché con quanto previsto dalla Direttiva 2006/123/CE e dagli artt. 3, 41, 81, 117 Cost..
4.6.1. – In sostanza, l’esclusione della formulazione di ribassi sui compensi si tradurrebbe nell’imposizione, da parte del legislatore, di tariffe obbligatorie prive di flessibilità , idonee ad ostacolare la libertà di stabilimento, di prestazione di servizi e la libera concorrenza nel mercato europeo, con particolare riferimento alla peculiare cautela con cui la Direttiva 123/2006/Ce affronta le “tariffe obbligatorie minime o massime” come possibile ostacolo alla libera prestazione dei servizi.
In sintesi, il nuovo sistema tariffario per la remunerazione dei S.A.I. nelle commesse pubbliche che l’applicazione della legge sull’equo compenso imporrebbe secondo la tesi del ricorrente sposata dal TAR, non sarebbe foriero di discriminazione rispetto allo Stato di origine, ma si presenterebbe problematico sotto il profilo della necessità e ancor più rispetto alla condizione di proporzionalità (v. sent. CGUE 25 gennaio 2024, C-438/22 sugli importi minimi; sent. 4 luglio 2019, C-377/17).
4.6.2. – Vi sarebbe, poi, un evidente contrasto con i principi costituzionali di ragionevolezza, di proporzionalitĂ e un incremento della spesa pubblica senza che la stessa l. n. 49/2023 abbia previsto le risorse con cui farvi fronte – vuoi per l’operare a valle del meccanismo perequativo del compenso ope iudicis ex art. 3, co 5 legge n. 49/2023, vuoi per la cristallizzazione delle basi d’asta.
5. – Il raggruppamento INM si è costituito nel giudizio di appello e ha diffusamente controdedotto per la reiezione del gravame.
6. – Espletato lo scambio di memorie difensive ex art. 73 c.p.a. la causa è venuta in discussione all’udienza pubblica del 28 novembre 2024: in apertura della discussione il Collegio ha sottoposto in via officiosa ex art. 73 c.p.a. al contraddittorio delle parti la questione della possibile inammissibilità del ricorso di primo grado per difetto di legittimazione attiva. All’esito della discussione la causa è stata incamerata per la decisione.
DIRITTO
1. – Viene all’attenzione del Collegio una controversia vertente sulla applicazione della disciplina dell’equo compenso di cui alla l. n. 49/2023 alle gare bandite nel vigore del previgente codice dei contratti pubblici dalla pubblica amministrazione per i servizi di ingegneria e architettura (S.I.A.) da affidarsi con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa.
2. – In via pregiudiziale, vanno scrutinati i motivi di appello con cui sono riproposte talune eccezioni sollevate in primo grado e disattese dal TAR.
Il primo motivo di appello ripropone l’analoga eccezione di inammissibilità della domanda di accertamento dell’illegittimità ai soli fini risarcitori a fronte della previa proposizione della domanda di risarcimento del danno in forma specifica.
2.1. – La censura è infondata.
Va infatti puntualizzato che la ricorrente di primo grado ha spiegato domanda risarcitoria in forma specifica, mentre solo in corso di giudizio ha svolto una emendatio libelli, del tutto ammissibile, commutando la domanda in risarcimento per equivalente stante l’esaurimento degli effetti contrattuali.
Invero, il rapporto tra l’azione di risarcimento in forma specifica e l’azione di risarcimento dei danni per equivalente è stata ampiamente indagata dalla giurisprudenza civile e amministrativa in sede di giurisdizione esclusiva osservandosi che si tratta di due rimedi in rapporto di concorso alternativo, diretti all’attuazione dell’unico diritto alla reintegrazione della sfera giuridica lesa che trova la sua fonte nella medesima fattispecie di illecito, con la particolaritĂ che l’effetto programmato dalla norma al verificarsi della fattispecie si determina, nel suo specifico contenuto, con riguardo alla scelta compiuta dal titolare circa l’una o l’altra forma di tutela.
2.2. – Come enunciato dalla Ad. Pl. n. 6/2021 nella pur dissimile fattispecie della occupazione illegittima del bene da parte della pubblica amministrazione, i due rimedi costituiscono mezzi concorrenti alternativi a tutela dell’unico diritto al risarcimento dei danni, tant’è che è consentita la scelta in corso di giudizio per una delle due modalitĂ , qualificata come ammissibile emendatio libelli anzichĂ© come vietata mutatio (v. Cons. Stato, Sez. IV, 22 gennaio 2014, n. 306; id., 1° giugno 2011, n. 3331; per la giurisprudenza civile, v. Cass. civ., Sez. Un., 28 maggio 2014, n. 11912, secondo cui la pretesa risarcitoria, pur nella duplice alternativa attuativa, è unica, potendo la parte, tramite una mera emendatio, convertire l’originaria richiesta nell’altra ed il giudice di merito attribuire d’ufficio al danneggiato il risarcimento per equivalente, anzichĂ© in forma specifica; con la precisazione, che la giurisprudenza civile non sembra, invece, consentire la modificazione della domanda di risarcimento per equivalente a domanda di risarcimento in forma specifica, argomentando dalla maggiore onerositĂ di quest’ultimo rimedio).
3. – Il secondo motivo ripropone l’eccezione di inammissibilità del ricorso del raggruppamento appellato per aver esso stesso formulato una proposta in termini di ribasso percentuale sul compenso complessivo suscettibile di condurre all’esclusione della stessa offerta o, comunque, per non aver impugnato primariamente la disciplina di gara, assuntamente a valenza escludente.
3.1. – Il motivo è infondato.
Il RTI primo ricorrente si è infatti conformato alla strutturazione dell’offerta imposta dalla Stazione appaltante, ma il ribasso offerto, molto modesto (3,8% a fronte del 40% dell’aggiudicataria), è rimasto confinato entro il margine erodibile delle voci di spese e accessori, senza dunque intaccare le voci di compenso professionale, assuntamente inderogabili alla luce della disciplina imperativa sull’equo compenso.
3.2. – Né merita condivisione il profilo di censura ancillare alla cui stregua avrebbe dovuto essere impugnata tempestivamente la lex specialis: in verità , il primo ricorrente si è mosso nella prospettiva ermeneutica dell’eterointegrazione del bando con la disciplina legislativa sull’equo compenso, in più, con tutta evidenza ha ben potuto formulare un’offerta senza che si venissero a configurare quelle ipotesi limite di impossibilità di partecipazione per clausole immediatamente escludenti, previsioni ostative, irragionevoli, manifestamente sconvenienti o antieconomiche, enucleate dalla consolidata giurisprudenza nomofilattica dell’Adunanza Plenaria nei noti arresti nn. 1/2003 e 4/2018.
4. Sempre in via pregiudiziale, va affrontata la questione di rito sollevata in via officiosa all’udienza pubblica del 28 novembre 2024.
Il Collegio ritiene, infatti, che il ricorso introduttivo del giudizio sia inammissibile per difetto di legittimazione attiva.
4.1. – Il rilievo del difetto di legittimazione attiva della prima ricorrente rinviene il suo fondamento nella disamina strutturale della nullità di protezione fatta valere dal raggruppamento INM nel suo ricorso introduttivo desumendo dalla nullità civilistica delle clausole che prevedono un compenso non equo un vizio di legittimità degli atti della procedura evidenziale.
4.2. – Occorre muovere dal nitido dato letterale scolpito dalla l. 21 aprile 2023, n. 49 recante disposizioni in materia di equo compenso delle prestazioni professionali che, all’art. 3, dopo aver comminato la nullitĂ delle clausole che non prevedono un compenso equo e proporzionato all’opera prestata dal professionista, tenendo conto a tale fine anche dei costi sostenuti dal prestatore d’opera, precisa al comma 4 che la nullitĂ delle singole clausole, oltre che operare parzialmente senza travolgere l’intero contratto, “opera solo a vantaggio del professionista ed è rilevabile d’ufficio”.
L’esplicita connotazione sostanziale di tale nullitĂ in senso parziale unitamente al regime processuale che coniuga la rilevabilitĂ di ufficio alla legittimazione esclusivamente relativa in favore del professionista corrobora la sussunzione di tale comminatoria nell’alveo delle nullitĂ di protezione, al pari delle nullitĂ delle clausole vessatorie stabilite dalla disciplina consumeristica (art. 36 d.lgs. 206/2005), la cui comune ratio legis va rinvenuta nell’intento del legislatore di approntare una disciplina di tutela a favore di categorie ritenute contrattualmente deboli di fronte al potere negoziale della controparte – che sia l’imprenditore, l’istituto di credito o, nel caso di specie, il committente – nel corso delle trattative precontrattuali – potere suscettibile di determinare, mediante l’inserzione di clausole abusive, un significativo squilibrio del sinallagma contrattuale.
4.3. – La peculiare ratio di tutela del contraente debole lumeggia, dunque, il regime di legittimazione relativa di tali patologie negoziali, le quali possono essere appunto denunciate e fatte valere giudizialmente ad iniziativa esclusiva del contraente debole nel cui interesse sono state previste, in deroga alla regula iuris codicistica della legittimazione assoluta, secondo cui la nullità civilistica, in quanto patologia negoziale di indole genetica posta a tutela di interessi generali, può essere fatta valere da chiunque vi abbia interesse (art. 1421 cod. civ.).
Tali rilievi sistematici possono essere calati anche nell’esegesi della nullitĂ delineata dall’art. 3 della legge n. 49/2023 la cui introduzione va chiaramente ricondotta alla ratio legis di tutela del professionista intellettuale quale contraente debole nell’ambito di rapporti negoziali squilibrati, puntualmente perimetrati e individuati dal legislatore nello “svolgimento, anche in forma associata o societaria, delle attivitĂ professionali svolte in favore di imprese bancarie e assicurative nonchĂ© delle loro societĂ controllate, delle loro mandatarie e delle imprese che nell’anno precedente al conferimento dell’incarico hanno occupato alle proprie dipendenze piĂą di cinquanta lavoratori o hanno presentato ricavi annui superiori a 10 milioni di euro” (art. 3, co. 1 l. cit.) oltre che nelle “prestazioni rese dai professionisti in favore della pubblica amministrazione e delle societĂ disciplinate dal testo unico in materia di societĂ a partecipazione pubblica” (art. 3, co. 3 l. cit.).
A riprova di ciò, il legislatore ha ulteriormente previsto al successivo comma 4 un incisivo meccanismo di perequazione giudiziale del compenso assuntamente iniquo, che può essere attivato su iniziativa del professionista che lamenta di aver subito la pattuizione in conseguenza del divario di potere negoziale (“la convenzione, il contratto, l’esito della gara, l’affidamento, la predisposizione di un elenco di fiduciari o comunque qualsiasi accordo che preveda un compenso inferiore ai valori determinati ai sensi del comma 1 possono essere impugnati dal professionista innanzi al tribunale competente per il luogo ove egli ha la residenza o il domicilio, al fine di far valere la nullitĂ della pattuizione e di chiedere la rideterminazione giudiziale del compenso per l’attivitĂ professionale prestata”).
4.4. – Chiarito, dunque, che la nullità delle clausole che prevedono un compenso non equo va sussunta nella figura delle nullità di protezione a legittimazione relativa, non può che concludersi in via strettamente sillogistica che, nella fattispecie in esame, il raggruppamento INM non era legittimato a far valere la nullità del contratto medio tempore stipulato tra la ASL e il RTP Manens s.p.a. per l’asserita violazione della disciplina imperativa sull’equo compenso.
Men che meno può configurarsi la sua legittimazione ad impugnare gli atti di gara assumendo che, alla nullità civilistica del contratto a valle, si giustapponesse l’annullabilità degli atti amministrativi a monte sul rilievo che essi avrebbero dato falsa applicazione alla disciplina imperativa sull’equo compenso anche nel corso della fase pubblicistica ad evidenza pubblica.
Mutatis mutandis, il vizio quivi denunciato, ammesso e non concesso che fosse configurabile, avrebbe potuto esser fatto valere esclusivamente dal RTP Manens in qualità di aggiudicatario dell’affidamento e controparte negoziale del contratto stipulato a valle della procedura per l’assorbente rilievo che la nullità di protezione coniata dalla disciplina sull’equo compenso opera solo a vantaggio del professionista contraente debole e non certo di terzi competitori, pur se nella cornice di procedure di gara.
4.5. – Alla luce di quanto precede, il Collegio ritiene di dover dare seguito al rilievo officioso e, in riforma dell’impugnata sentenza, di dover dichiarare il ricorso introduttivo del giudizio di primo grado inammissibile per difetto di legittimazione attiva del raggruppamento ricorrente INM.
5. – Per completezza della disamina, vista anche la peculiarità delle questioni interpretative e sistematiche sottese al gravame, il Collegio ritiene comunque di scrutinare funditus i motivi di censura di cui ai nn. 3, 4, 5 e 6.
5.1. – Le censure sono fondate nei termini che seguono.
5.2. – La quaestio iuris forma oggetto di un contrasto giurisprudenziale venutosi a delineare nella giurisprudenza di merito dacchĂ© la pronuncia impugnata (TAR Veneto, Sez. III, n. 632 del 3 aprile 2024) è stata seguita dalle sentenze conformi del TAR Lazio, Roma, Sez. V ter, 30 aprile 2024, n. 8580 – impugnata in appello e allibrata al r. g. n. 4562/2024 – e TRGA – Sezione Bolzano, 9 ottobre 2024, n. 230 e n. 231.
5.3. – In senso difforme si registrano invece le pronunce del TAR Campania, Salerno, sez. II, 16 luglio 2024, n. 1494 e del TAR Calabria, Reggio Calabria, 25 luglio 2024, n. 483, le quali hanno affermato l’incompatibilità tra i due sistemi normativi con esclusione dell’applicazione delle regole dell’equo compenso alle procedure di gara regolate dal codice dei contratti pubblici. Secondo tale tesi sarebbe praticabile il ribasso sui corrispettivi professionali, in quanto la loro congruità rimarrebbe, in ogni caso, adeguatamente assicurata dal modulo procedimentale di verifica dell’anomalia dell’offerta, con riferimento al ribasso praticato sul corrispettivo dei servizi di progettazione. In tale ottica, la verifica di anomalia delle offerte sarebbe finalizzata ad evitare che le prestazioni professionali siano rese a prezzi incongrui, consentendo, nel contempo, alle amministrazioni di affidare gli appalti a prezzi più competitivi.
5.4. – Vi è un primo punto, in sostanza incontestato da tutte le parti del giudizio al punto da potersi ritenere assiomatico e al quale il Collegio intende esprimere adesione: non può predicarsi alcuna antinomia tra la disciplina dei contratti pubblici e la sopravvenuta disciplina sull’equo compenso.
Ciò che invece distingue le posizioni svolte dalle due parti in causa sono i relativi corollari applicativi.
L’assunto, in tesi assiomatico, merita comunque la giusta contestualizzazione a beneficio della ricostruzione sistematica della cornice normativa applicabile alla fattispecie.
i. Va in primis osservato che, i due plessi normativi in parola devono essere interpretati e applicati in modo integrato e coordinato valorizzando le rispettive rationes legis, l’una proconcorrenziale per la disciplina sui contratti pubblici, l’altra di favor del professionista intellettuale, per la disciplina sull’equo compenso.
ii. Il primo argomento da spendere contro la tesi dell’antinomia (e della conseguente eterointegrazione della lex specialis che ipoteticamente ammetta la ribassabilitĂ dei compensi) deve prendere le mosse dalla disamina attenta del dato normativo: in primis, l’art. 1 della legge n. 49/2023 scolpisce la nozione di “compenso equo” nella “corresponsione di un compenso proporzionato alla quantitĂ e alla qualitĂ del lavoro svolto, al contenuto e alle caratteristiche della prestazione professionale, nonchĂ© conforme ai compensi previsti rispettivamente: […] per i professionisti iscritti agli ordini e collegi, dai decreti ministeriali adottati ai sensi dell’articolo 9 del decreto-legge 24 gennaio 2012, n. 1, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2012, n. 27”, mentre l’art. 3, nell’apprestare il congegno della nullitĂ di protezione delimita la nozione complementare di “compenso non equo e proporzionato all’opera prestata” o, breviter, iniquo nella pattuizione di un compenso non “equo e proporzionato all’opera prestata, tenendo conto a tale fine anche dei costi sostenuti dal prestatore d’opera” e precisa che “sono tali le pattuizioni di un compenso inferiore agli importi stabiliti dai parametri per la liquidazione dei compensi dei professionisti iscritti agli ordini o ai collegi professionali, fissati con decreto ministeriale”.
iii. Segnatamente, il compenso equo di cui all’art. 1 si Ă ncora, in termini di conformitĂ , ai “compensi previsti dai decreti ministeriali adottati” ai sensi dell’art. 9 del D.L. 1/2012, mentre il compenso è iniquo – ossia “non…equo e proporzionato all’opera prestata” se risulta inferiore agli importi stabiliti dai parametri per la liquidazione dei compensi dei professionisti iscritti agli ordini o ai collegi professionali, fissati con decreto ministeriale. A differenza di quanto opinato dal primo giudice alle pagg. 19-20 della decisione gravata, i due meccanismi di parametrizzazione restano normativamente distinti, tanto che il rinvio all’art. 9 D.L. 1/2012 richiama, rispettivamente, un decreto del Ministro vigilante per la determinazione dei parametri di liquidazione dei compensi da parte di un organo giurisdizionale (nel caso di specie si tratta del d.m. n. 140/2012), da impiegarsi anche ai fini dell’acclaramento del compenso iniquo, e un decreto interministeriale (del Ministro della Giustizia di concerto con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti) per la determinazione dei corrispettivi da porre a base di gara nelle procedure di affidamento di contratti pubblici dei servizi relativi all’architettura e all’ingegneria (nella specie, D.I. 17 giugno 2016).
Come evidenziato dalla difesa di parte appellante, pur condividendo lo stesso meccanismo algoritmico di calcolo secondo la comune formula moltiplicatoria CP=VĂ—GĂ—QĂ—P, il d.m. n. 140/2012 stabilisce espressamente per le professioni dell’area tecnica un range di flessibilitĂ in ragione della complessitĂ della prestazione (espressa dal parametro G) che tenga conto della natura dell’opera, pregio della prestazione, dei risultati e dei vantaggi, anche non economici, conseguiti dal cliente, dell’eventuale urgenza della prestazione, di tal chĂ© l’organo giurisdizionale può aumentare o diminuire il compenso di regola fino al 60 per cento rispetto a quello altrimenti liquidabile (art. 36). Tale meccanismo rientra a pieno titolo nei “parametri per la liquidazione dei compensi” richiamati dall’art. 3 l. n. 49/2023 e definisce una soglia minima (e massima) del compenso del professionista, al di sotto del quale scatta la qualificazione normativa di “compenso non equo” passibile di nullitĂ di protezione.
Di contro, il D.I. 17 giugno 2016 non contempla alcun meccanismo di flessibilitĂ limitandosi a recepire la formula moltiplicatoria del d.m. n. 140/2012: ciò non deve stupire perchĂ© tale decreto interministeriale mira a definire i corrispettivi commisurati al livello qualitativo delle prestazioni di progettazione utilizzabili dalle stazioni appaltanti, ove motivatamente ritenuti adeguati, quale criterio o base di riferimento ai fini dell’individuazione dell’importo dell’affidamento ai sensi dell’art. 24, co. 8 d.lgs. n. 50/2016. Tale impianto è stato poi ripreso e in parte riattualizzato, quanto alle aliquote, dal nuovo codice dei contratti pubblici (v. art 41, co. 15 e allegato I.13 d.lgs. n. 36/2023).
iv. In definitiva, i due meccanismi divisati dal d.m. n. 140/2012 e dal D.I. 17 giugno 2016 pur recando un nucleo comune (la formula moltiplicatoria per il compenso) differiscono quanto a natura della fonte normativa (si tratta di due regolamenti ministeriali ben distinti, l’uno ministeriale, l’altro interministeriale), scopi (l’uno mira a disciplinare la liquidazione dei compensi equi, l’altro punta alla determinazione dei corrispettivi da porre a base di gara) e struttura (l’una si contraddistingue per un range di flessibilità , mentre l’altro definisce un importo fisso) legittimando una ricostruzione dicotomica nel senso che la prima fonte individua il minimum corrispettivo inderogabile (il compenso equo ribassabile sino al 60%), mentre la seconda individua il corrispettivo equo da porre a base di gara.
5.5. – Ricostruito in tali termini il rapporto tra i due plessi normativi, si dissolve ogni dubbio di possibile antinomia tra la disciplina sui contratti pubblici e quella sopravvenuta sull’equo compenso, la cui sfera di applicabilità è peraltro dichiaratamente estesa alle “prestazioni rese dai professionisti in favore della pubblica amministrazione e delle società disciplinate dal testo unico in materia di società a partecipazione pubblica” (art. 2, co. 2 legge n. 49/2023): ne riviene che la nozione di equo compenso applicabile alla contrattualistica pubblica deve essere riformulata più perspicuamente in termini di equo ribasso, nozione frutto dell’esegesi coordinata tra corrispettivo equo e proporzionato posto a base di gara e minimum inderogabile evincibile dal range di flessibilità del compenso liquidabile in ragione della complessità della prestazione dedotta nell’affidamento.
5.6. – Del resto, la contrapposta tesi del valore fisso e inderogabile dell’equo compenso per i professionisti negli appalti per i servizi di architettura e ingegneria incontrerebbe, di contro, una pluralità di rilievi critici:
i. anche nell’ordito del nuovo codice dei contratti pubblici il richiamo operato dall’art. 8 d.lgs. 36/2023 evoca solo il “principio” dell’equo compenso, non postulando dunque una individuazione univoca e rigida, tanto da ammettere, sia pur eccezionalmente, ipotesi derogatorie di prestazioni pro bono;
ii. l’innesto rigido ope legis di un valore univoco e predeterminabile di equo compenso – all’infuori di deliberate opzioni discrezionali della lex specialis volte a circoscrivere la concorrenza su altri aspetti ex art. 108, co. 5 d.lgs. 36/2023 – mortificherebbe la ratio proconcorrenziale che permea la contrattualistica pubblica, relegando il confronto competitivo ad uno spazio sostanzialmente virtuale sulle voci per spese e oneri accessori (che, nel caso di specie, ammontano solo al 14% del valore di ciascun lotto in gara);
iii. tale rigiditĂ colliderebbe con i canoni di necessitĂ e proporzionalitĂ dettati dalla Direttiva 2006/123/CE (art. 15) per la sottoposizione dell’esercizio di un’attivitĂ o servizio a requisiti limitativi tra cui, per l’appunto, “tariffe obbligatorie minime e/o massime che il prestatore deve rispettare”. Tale esegesi si concilia con gli arresti recenti del giudice europeo, tra cui CGUE, 4 luglio 2019, causa C-377/2017, in materia di compensi professionali, per cui l’indicazione delle tariffe minime e massime è vietata in quanto incompatibile con il diritto dell’Unione Europea, ma sono comunque ammesse deroghe per motivi di interesse pubblico, come la tutela dei consumatori, la qualitĂ dei servizi e la trasparenza dei prezzi (posizione confermata dalla successiva sentenza del 25 gennaio 2024, causa C-438/2022 secondo cui le tariffe minime relative al compenso professionale degli avvocati devono essere disapplicate in quanto contrastanti con il principio di concorrenza).
5.7. – Da ultimo, per completezza della disamina giova soggiungere che si orienta nel senso prospettato da questa esegesi la novella recata dal cd. “correttivo appalti” all’art. 41 d.lgs. n. 36/2023, cui rinvia anche la novella dell’art. 8 (“la pubblica amministrazione garantisce comunque l’applicazione del principio dell’equo compenso secondo le modalitĂ previste dall’articolo 41, commi 15-bis, 15-ter e 15-quater”): tale novella prevede, da un lato, che le tariffe siano considerate per il 65 per cento come un importo “a prezzo fisso”, come tale non ribassabile in sede di gara; dall’altro, che rispetto al restante 35 per cento, l’elemento relativo al prezzo possa essere invece oggetto di offerte al ribasso in sede di presentazione delle offerte; per mitigare l’impatto di tali ribassi sull’aggiudicazione e valorizzare la componente tecnica della progettazione, si prevede tuttavia che per tale residuo 35 per cento, la stazione appaltante stabilisca un tetto massimo per il punteggio economico, entro il limite del 30 per cento. Secondo quanto riferito dalla relazione illustrativa, tale soluzione garantirebbe il principio dell’equa remunerazione del progettista, aprendo al contempo ad una valutazione competitiva tra diverse offerte economiche, al fine, in ogni caso, di valorizzare nell’affidamento quegli operatori economici che propongono migliori condizioni di economicitĂ e qualitĂ del servizio.
6. – L’approdo esegetico appena tratteggiato, compendiabile con una locuzione di sintesi nel senso dell’equa ribassabilità del compenso dei professionisti nell’ambito degli affidamenti dei servizi di architettura e ingegneria, conduce, per incidens, a concludere che non può configurarsi un contrasto tra la lex specialis e la disciplina imperativa tale da far luogo al meccanismo di eterointegrazione contrattuale ex art. 1376 e 1339 cod. civ. sposato in tesi dal primo giudice (cfr. in termini, anche il parere ANAC reso in sede precontenziosa con la delibera n. 101 del 28 febbraio 2024).
Di contro, va rimarcato che la sede naturale della verifica dell’equo ribasso operato dagli offerenti rispetto agli importi stabiliti dai parametri per la liquidazione dei compensi dei professionisti iscritti agli ordini o ai collegi professionali, fissati col d.m. n. 140/2012, unitamente alla verifica di sostenibilità giuridico-economica di tale ribasso va individuata in modo strutturale nel modulo subprocedimentale di verifica dell’anomalia dell’offerta demandata al RUP – come in effetti è avvenuto nella fattispecie de qua.
7. – Alla luce della disamina svolta, i motivi di appello sub nn. 3-5 sono comunque fondati, con conseguente assorbimento delle questioni pregiudiziali di compatibilità eurounitaria e di costituzionalità per il contrasto tra la l. n. 49/2023, come interpretata dal TAR, e gli artt. 49, 56, 101 TFUE, nonché con quanto previsto dalla Direttiva 2006/123/CE e dagli artt. 3, 41, 81, 117 Cost..
8. – Conclusivamente, in accoglimento dell’appello proposto dall’Azienda USL Veneto 4 orientale, la sentenza impugnata deve essere riformata, per l’effetto dichiarando il ricorso di primo grado in primis inammissibile per difetto di legittimazione attiva e, comunque, infondato.
9. – Considerato l’esito del giudizio, le spese possono essere compensate in ragione del 50%. Nel restante 50% seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, dichiara il ricorso di primo grado inammissibile e, comunque, infondato.
Condanna l’appellato alla rifusione in favore dell’appellante delle spese di lite che si liquidano nell’importo di euro 3.000,00 (tremila/00) oltre accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 28 novembre 2024 con l’intervento dei magistrati:
Rosanna De Nictolis, Presidente
Nicola D’Angelo, Consigliere
Ezio Fedullo, Consigliere
Giovanni Tulumello, Consigliere
Angelo Roberto Cerroni, Consigliere, Estensore
L’ESTENSOREÂ
Angelo Roberto Cerroni
IL PRESIDENTE
Rosanna De Nictolis
IL SEGRETARIO