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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Diritto processuale amministrativo Numero: 2335 | Data di udienza: 11 Febbraio 2021

PROCESSO AMMINISTRATIVO – Rito avverso il silenzio inadempimento – Annullamento d’ufficio in autotutela di permesso di costruire rilasciato dal commissario ad acta – Illegittimità – Atti commissariali – Natura – Contestazione mediante reclamo di cui all’ art. 114, c. 6, DLgs. 104/2010 (Massima a cura di Alessia Tersigni)


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 4^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 18 Marzo 2021
Numero: 2335
Data di udienza: 11 Febbraio 2021
Presidente: Greco
Estensore: Lamberti


Premassima

PROCESSO AMMINISTRATIVO – Rito avverso il silenzio inadempimento – Annullamento d’ufficio in autotutela di permesso di costruire rilasciato dal commissario ad acta – Illegittimità – Atti commissariali – Natura – Contestazione mediante reclamo di cui all’ art. 114, c. 6, DLgs. 104/2010 (Massima a cura di Alessia Tersigni)



Massima

CONSIGLIO DI STATO, Sez. 4^ – 18 marzo 2021, n. 2335

PROCESSO AMMINISTRATIVO – Rito avverso il silenzio inadempimento – Annullamento d’ufficio in autotutela di permesso di costruire rilasciato dal commissario ad acta – Illegittimità – Atti commissariali – Natura – Contestazione mediante reclamo di cui all’ art. 114, c. 6, DLgs. 104/2010.

Gli atti del commissario ad acta nominato nell’ambito di un giudizio avverso il silenzio-inadempimento della P.A possono essere contestati dalle parti del giudizio attraverso lo strumento del reclamo dinanzi allo stesso giudice che ha nominato il commissario, ai sensi dell’art. 114, comma 6, c.p.a.; non possono, invece, essere annullati in autotutela dall’Amministrazione non essendo geneticamente riconducibili all’ordinario esercizio della potestà amministrativa, ma, al contrario, conseguendo, a monte, al rilievo giurisdizionale di un illegittimo esercizio di tale potestà o di un’illegittima omissione di tale doveroso esercizio.

(Conferma TAR Molise, Sez. 1^ n. 185/2017) Pres. Greco, Est. Lamberti – Comune di Campobasso (avv. Iacovelli) c. P.B. (avv. Zezza) ed altri


Allegato


Titolo Completo

CONSIGLIO DI STATO, Sez. 4^ - 18 marzo 2021, n. 2335

SENTENZA

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5526 del 2017, proposto dal Comune di Campobasso, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Matteo Iacovelli, domiciliato presso la Segreteria della IV Sezione del Consiglio di Stato in Roma, piazza Capo di Ferro, 13,
contro
– il sig. Paolo Balsamo, rappresentato e difeso da sé stesso e dall’avvocato Margherita Zezza, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Michele Lioi in Roma, viale Bruno Buozzi, 32;
– l’Ufficio Territoriale del Governo di Campobasso, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
– il sig. Enrico Antenucci, quale commissario ad acta, non costituito in giudizio;
per la riforma
della sentenza del T.a.r. per il Molise, Sezione I, n. 185 del 18 maggio 2017, resa tra le parti, concernente un provvedimento di annullamento d’ufficio in autotutela di permesso di costruire rilasciato dal commissario ad acta nominato dal medesimo T.a.r.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del sig. Paolo Balsamo e dell’Ufficio Territoriale del Governo di Campobasso;
Visti tutti gli atti della causa;
Vista l’istanza di passaggio in decisione dell’Ufficio Territoriale del Governo di Campobasso, depositata in data 8 febbraio 2021;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 11 febbraio 2021, svoltasi da remoto ai sensi del d.l. n. 137 del 2020 convertito con l. n. 176 del 2020, il Cons. Luca Lamberti e uditi per le parti gli avvocati Matteo Iacovelli e Margherita Zezza, che partecipano alla discussione orale da remoto ai sensi della medesima disposizione;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. Con la sentenza indicata in epigrafe il T.a.r. per il Molise ha accolto il ricorso svolto dall’odierno appellato avverso il provvedimento dirigenziale prot. n. 16725 del 25 maggio 2016, con il quale il Comune di Campobasso ha annullato in autotutela il provvedimento prot. n. 9179 del 22 marzo 2016, con cui il commissario ad acta nominato dal T.a.r. con sentenza n. 452 del 2015 aveva rilasciato all’odierno appellato il permesso di costruire n. 33 del 22 marzo 2016.
Il T.a.r., in particolare, ha così deciso:
– ha accolto il primo motivo di ricorso, ritenendo che, alla luce del carattere inter-soggettivo e non semplicemente inter-organico della relazione intercorrente tra il commissario ad acta nominato nell’ambito di un giudizio avverso il silenzio-inadempimento e l’ente sostituito, il Comune non abbia il potere di incidere in autotutela su un atto commissariale, potendo, di contro, soltanto svolgere reclamo avanti il giudice dell’ottemperanza, ai sensi dell’art. 114, comma 6, c.p.a.;
– ha assorbito i restanti motivi di ricorso – con cui l’interessato contestava la sussistenza sia dei vizi di legittimità indicati dal Comune, sia, prima ancora, dei presupposti stessi per la spendita del potere di autotutela – “tenuto conto che dal loro esame il ricorrente non potrebbe trarre alcuna ulteriore giuridica utilità”;
– ha dichiarato che la “successiva adozione della delibera consiliare n. 2 del 2016, in fase di approvazione, non può comportare l’improcedibilità del ricorso … atteso che le scelte pianificatorie sopravvenute non possono ritenersi opponibili una volta che il permesso di costruire … ha visto ripristinata la propria efficacia … trattandosi di provvedimento perfezionatosi precedentemente all’adozione della predetta delibera”;
– ha, pertanto, annullato il provvedimento prot. n. 16725 del 25 maggio 2016 e la successiva nota comunale del 23 giugno 2016, con cui, rimosso il cennato provvedimento commissariale, l’Ente locale aveva preannunciato il rigetto dell’istanza di rilascio di titolo edilizio;
– ha dichiarato che, “una volta rimosso il provvedimento di autotutela con conseguente reviviscenza del permesso di costruire n. 33 del 22 marzo 2016”, il ricorrente non avrebbe più interesse all’annullamento dla delibera consiliare n. 38 del 2015.
2. Il Comune ha interposto appello, sostenendo che, allorché, come nella specie, il commissario sia stato nominato nell’ambito di un giudizio avverso il silenzio-inadempimento, non sarebbe applicabile l’istituto del reclamo avanti il giudice, sia per generali ragioni logico-sistematiche, sia per più specifici profili testuali; oltretutto, ha aggiunto l’Ente, il potere di autotutela dell’Amministrazione sarebbe “immanente” e non espropriabile.
Il ricorrente in prime cure si è costituito in resistenza, contestando l’avverso appello e riproponendo le censure assorbite in prime cure.
Si è altresì costituito l’Ufficio Territoriale del Governo di Campobasso (cui apparteneva il commissario ad acta), sostenendo il proprio difetto di legittimazione passiva.
Con ordinanza n. 3860 del 15 settembre 2017 la Sezione ha rigettato, con l’onere delle spese, l’istanza cautelare svolta dal Comune, sulla base della seguente motivazione: “Osservato che, nell’attuale sede cautelare, il Collegio non intende discostarsi dai consolidati principi più volte affermati da questo Consiglio in punto di possibilità, per l’Amministrazione sostituita, di annullare in autotutela gli atti emanati in sua vece dal Commissario ad acta (cfr., da ultimo, Cons. Stato, Sez. III, 22 agosto 2016, n. 3664)”.
In vista della trattazione del ricorso le parti hanno versato in atti difese scritte.
In particolare:
– il Comune ha evidenziato che l’appellato non avrebbe iniziato (né, a fortiori, terminato) i lavori di costruzione dell’opus, con conseguente decadenza del titolo edilizio rilasciato dal commissario e possibile sopravvenuta carenza di interesse alla definizione del presente giudizio;
– l’appellato ha contestato la fondatezza di tale argomentazione, sostenendo che “il permesso in questione non è mai divenuto esecutivo necessitando, per espressa indicazione del commissario che lo ha rilasciato, di una serie di adempimenti demandati espressamente al comune e che il comune, ritenendo di dover invece proporre appello avverso la sentenza del TAR Molise, non ha mai posto in essere, così di fatto creando uno sbarramento alla possibilità stessa di dare inizio ai lavori”.
Il ricorso è stato introitato in decisione alla pubblica udienza dell’11 febbraio 2021, svoltasi da remoto ai sensi delle vigenti disposizioni di legge.
Nel corso della discussione, la difesa dell’appellato ha precisato che la nota del 13 gennaio 2021, citata dal Comune nella memoria di replica, non sarebbe in atti, né sarebbe mai stata altrimenti comunicata: il contraddittorio in merito, pertanto, è stato espressamente rifiutato.
3. Prendendo le mosse dai profili di rito, il Collegio osserva che effettivamente la nota del 13 gennaio 2021 non risulta in atti e, dunque, non è da considerarsi ai fini della presente decisione.
Sempre in rito, non vi sono rilievi evidenti e palesi della sopravvenuta carenza di interesse da ultimo eccepita dal Comune; in proposito, si precisa che, per giurisprudenza consolidata, la pronuncia di improcedibilità consegue al riscontro dell’assoluto difetto di interesse alla coltivazione del ricorso, che deve essere compiutamente dimostrato dalla parte che solleva la relativa eccezione.
Nella specie, a tacer d’altro, risulta per tabulas che il titolo edilizio rilasciato dal commissario subordinava l’esecuzione materiale dell’opus ad una serie di incombenti amministrativi di esclusiva competenza del Comune.
Infine, va dichiarato il difetto di legittimazione passiva dell’Ufficio Territoriale del Governo di Campobasso, oggettivamente estraneo alla res controversa, giacché il dipendente pubblico nominato dal giudice come commissario ad acta opera uti singulus, non quale esponente dell’Amministrazione di provenienza.
4. Quanto al merito, il Collegio osserva che la questione contenziosa attiene al regime giuridico degli atti posti in essere dal commissario ad acta nominato nell’ambito di un giudizio avverso il silenzio-inadempimento dell’Amministrazione.
In particolare, la res controversa richiede di individuare:
– quale sia il regime di impugnazione degli atti in questione, in particolare se essi siano soggetti a reclamo ai sensi dell’articolo 114, comma 6, c.p.a.;
– correlativamente, se tali atti siano rimuovibili in via di autotutela dall’Amministrazione sostituita.
Secondo il Comune, gli atti commissariali in tal modo emanati sarebbero imputabili all’Ente e, dunque, ordinariamente annullabili in autotutela, secondo le regole generali.
In un’ottica logico-sistematica, argomenta l’Ente, il commissario ad acta nominato nel contesto di un giudizio avverso il silenzio amministrativo esercita per la prima volta un potere amministrativo, laddove il commissario ad acta nominato in sede di ottemperanza “è chiamato ad adottare <<quel>> provvedimento (ad es.: rilascio di un’autorizzazione) pre-determinato nel contenuto dalla sentenza”.
Invero, aggiunge l’Ente, “soltanto nel caso dell’ottemperanza il commissario ad acta assume il ruolo di mandatario del giudice, da quest’ultimo chiamato all’attuazione di un proprio decisum a monte deliberato, mentre nell’ipotesi del silenzio-rifiuto l’organo commissariale è chiamato a pronunziarsi per la prima volta sull’istanza rimasta inevasa, sulla base di un comando giudiziario finalizzato a superare l’inerzia … Da ciò deriva l’impossibilità di applicare all’istituto del silenzio-rifiuto ex art. 117 c.p.a. i rimedi giudiziali di induzione all’adempimento previsti dal c.p.a. a proposito del giudizio di ottemperanza”, quale il reclamo al giudice previsto dall’art. 114, comma 6, c.p.a.; oltretutto, tale istituto sarebbe stato espressamente disciplinato solo con riferimento al giudizio di ottemperanza.
A tutto concedere, infine, la procedura del reclamo, quale incidente di esecuzione, sarebbe meramente facoltativa, ma non priverebbe l’Amministrazione dell’immanente potere di autotutela.
Siffatta esegesi non convince.
Il Collegio, pur rilevando che, al riguardo, la giurisprudenza non è del tutto univoca, ritiene infatti che:
– il commissario ad acta nominato dal giudice, in quanto tale, sia un organo ausiliario del giudice medesimo, non un organo straordinario dell’Amministrazione;
– i relativi atti, pertanto, non possano che essere contestati avanti il medesimo giudice;
– l’Amministrazione sia priva del potere di autotutela, che, secondo i principi generali, è spendibile solo nei confronti di atti emessi dalla stessa Amministrazione, ovvero da altra Amministrazione sotto-ordinata, almeno con riferimento all’esercizio del potere de quo (cfr. art. 21-nonies, comma 1, l. n. 241 del 1990).
Tale conclusione risponde, invero, a generali considerazioni sistemiche ed è altresì in linea con le previsioni codicistiche (cfr. Cons. Stato, Sez. VI, 11 agosto 2020, n. 5006).
In primo luogo, l’art. 117, comma 4, c.p.a. dispone che “il giudice conosce di tutte le questioni relative all’esatta adozione del provvedimento richiesto, ivi comprese quelle inerenti agli atti del commissario”.
E’ evidente la ratio legis di concentrare in capo al giudice la cognizione di tutte le vicende conseguenti alla pronuncia avverso il silenzio-inadempimento, ivi incluso il sindacato sugli atti commissariali eventualmente emanati.
Ciò, del resto, collima con la strutturale natura giuridica del commissario ad acta, figura che promana dal giudice, che svolge funzioni ausiliarie allo stesso e di cui costituisce longa manus: in definitiva, il commissario svolge attività soggettivamente giurisdizionale, pur se calata in una forma amministrativa.
Del resto, allorché il giudice abbia stigmatizzato come illegittimo (recte, anti-giuridico) il silenzio-inadempimento serbato dall’Amministrazione, l’esigenza di una piena ed effettiva tutela della posizione soggettiva agita in giudizio (art. 1 c.p.a.) impone che:
– il giudice, a mezzo appunto del commissario, provveda a quella ponderazione comparativa, anche discrezionale, illegittimamente omessa dall’Amministrazione, in violazione del generale dovere di conclusione del procedimento (art. 2 l. n. 241 del 1990);
– tale delibazione non sia annullabile in autotutela dall’Amministrazione, pena da un lato la mortificazione del diritto di difesa sancito dall’art. 24 Cost. e ribadito dal c.p.a. proprio nella disposizione di apertura, dall’altro la violazione del principio di separazione dei poteri, consentendosi altrimenti la sterilizzazione amministrativa dell’intervento giurisdizionale.
In definitiva, il dato decisivo al fine di dirimere la res controversa è costituito non dal tipo di attività (segnatamente, dall’ampiezza della valutazione discrezionale) che il commissario è chiamato a svolgere nel contesto del giudizio di ottemperanza e del giudizio avverso il silenzio-inadempimento, bensì dalla natura intrinseca degli atti commissariali, in quanto tali.
Questi, infatti, non sono geneticamente riconducibili all’ordinario esercizio della potestà amministrativa, ma, al contrario, conseguono proprio, a monte, al rilievo giurisdizionale di un illegittimo esercizio di tale potestà o di un’illegittima omissione di tale doveroso esercizio.
Ne consegue, in un sistema che costituzionalmente non tollera vuoti di tutela giurisdizionale, l’esigenza di una supplenza giudiziaria, veicolata tramite una specifica figura che, sostituendosi all’Amministrazione, emani, quale ausiliario del giudice e nell’esercizio, dunque, di un potere soggettivamente giurisdizionale, i necessari atti.
L’Amministrazione sostituita, pertanto, non viene indebitamente “espropriata” del potere di autotutela, che, nel caso degli atti commissariali, in radice non le compete, proprio perché il commissario non è un organo straordinario dell’Amministrazione, bensì un organo ausiliario del giudice.
Di converso, l’Amministrazione non è privata della facoltà di contestare gli atti commissariali, potendo attivare l’apposito rimedio del reclamo.
5. Per le esposte ragioni, pertanto, il ricorso in appello va rigettato, essendo fondato il primo motivo di ricorso svolto in prime cure.
Ne consegue che è superfluo, in questa sede, scrutinare le restanti censure articolate in primo grado dall’odierno appellato e qui riproposte.
Le spese di lite del grado, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza con riferimento al Comune, mentre possono compensarsi con riguardo all’Ufficio Territoriale del Governo.
E’ fatto salvo quanto disposto, in tema di spese, in sede cautelare.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo rigetta.
Condanna il Comune di Campobasso a rifondere al sig. Paolo Balsamo le spese di lite del grado, liquidate in complessivi € 3.000,00 (euro tremila/00), oltre accessori come per legge, salvo quanto disposto in sede cautelare.
Spese compensate con l’Ufficio Territoriale del Governo di Campobasso.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso nella camera di consiglio del giorno 11 febbraio 2021, svoltasi da remoto ai sensi del d.l. n. 137 del 2020 convertito con l. n. 176 del 2020, con l’intervento dei magistrati:

Raffaele Greco, Presidente
Luca Lamberti, Consigliere, Estensore
Alessandro Verrico, Consigliere
Silvia Martino, Consigliere
Giuseppe Rotondo, Consigliere
 

L’ESTENSORE

Luca Lamberti

IL PRESIDENTE
Raffaele Greco
https://it.intrend.it/p-9131040402003-virgus-nero

 IL SEGRETARIO

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