DIRITTO DELL’ENERGIA – Art. 42 d.lgs. n. 28/2011 – Ammssione alle tariffe incentivanti – Atti prodromici di competenza di altre amministrazioni – Controllo operato dal GSE – Natura meramente formale – Verifica della legittimità – Esclusione – Controlli sulla PAS e verifica della compatibilità del progetto con gli strumenti urbanistici – Competenza dell’amministrazione comunale – PAS – Realizzazione di un impianto di potenza inferiore a quella iscritta e ammessa al Registro – Possibilità.
Provvedimento: Sentenza
Sezione: 4^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 29 Marzo 2019
Numero: 2085
Data di udienza: 15 Novembre 2018
Presidente: Troiano
Estensore: Martino
Premassima
DIRITTO DELL’ENERGIA – Art. 42 d.lgs. n. 28/2011 – Ammssione alle tariffe incentivanti – Atti prodromici di competenza di altre amministrazioni – Controllo operato dal GSE – Natura meramente formale – Verifica della legittimità – Esclusione – Controlli sulla PAS e verifica della compatibilità del progetto con gli strumenti urbanistici – Competenza dell’amministrazione comunale – PAS – Realizzazione di un impianto di potenza inferiore a quella iscritta e ammessa al Registro – Possibilità.
Massima
CONSIGLIO DI STATO, Sez. 4^ – 29 marzo 2019, n. 2085
DIRITTO DELL’ENERGIA – Art. 42 d.lgs. n. 28/2011 – Ammssione alle tariffe incentivanti – Atti prodromici di competenza di altre amministrazioni – Controllo operato dal GSE – Natura meramente formale – Verifica della legittimità – Esclusione – Controlli sulla PAS e verifica della compatibilità del progetto con gli strumenti urbanistici – Competenza dell’amministrazione comunale.
In relazione agli atti prodromici che devono essere adottati da altre amministrazioni ovvero dagli enti locali o, in generale in relazione a procedimenti che devono essere gestiti dai detti enti, il controllo operato dal GSE ha carattere meramente formale, ossia di verifica della sussistenza del titolo, non potendosi spingere sino alla verifica della legittimità dello stesso a pena di stravolgimento del riparto di competenze fissato dal legislatore (cfr. art. 42 d.lgs. n. 28/2011). Una opposta conclusione porterebbe a ritenere che il GSE operi quale Amministrazione sovraordinata rispetto a quelle che concorrono a rilasciare i titoli necessari per l’ammissione alle tariffe incentivanti. Tale esegesi, non sostenuta da una disposizione espressa di legge, risulterebbe oltretutto in contrasto con i valori e i principi presidiati dagli artt. 5 e 118 Cost.. Di conseguenza, qualora il GSE dubiti della legittimità di un atto rilasciato da altra amministrazione deve interloquire con quest’ultima, invitandola ad esercitare i propri poteri di controllo e a trasmettere tempestivamente l’esito degli accertamenti effettuati. In particolare, l’amministrazione comunale, è l’unica competente ad effettuare i controlli sulla PAS e a verificare la compatibilità del progetto con gli strumenti urbanistici approvati e i regolamenti edilizi vigenti e la non contrarietà agli strumenti urbanistici adottati, nonché il rispetto delle norme di sicurezza e di quelle igienico-sanitarie nonché, eventualmente, ad inibirne la realizzazione.
DIRITTO DELL’ENERGIA – PAS – Realizzazione di un impianto di potenza inferiore a quella iscritta e ammessa al Registro – Possibilità.
Le Procedure applicative vigenti in materia di PAS, prevedono l’eventualità che il Soggetto Responsabile, realizzi un impianto di potenza inferiore a quella iscritta e ammessa al Registro per l’accesso alle tariffe incentivanti, previa idonea comunicazione, e che tale riduzione della potenza è ammessa ove la stessa non comporti “una variante sostanziale tale da richiedere la modifica del titolo autorizzativo originario”. In altre parole, la modifica della potenza di un impianto non comporta necessariamente una variante del titolo abilitativo edilizio.
(Riforma TAR Lazio, n.. 5848/2018) – Pres. Troiano, Est. Martini – E. s.r.l. (avv.ti Marini e Sticchi Damiani) c. Gestore dei Servizi Energetici – G.S.E. S.p.A. (avv.ti Cancrini e Vagnucci)
Allegato
Titolo Completo
CONSIGLIO DI STATO, Sez. 4^ - 29 marzo 2019, n. 2085SENTENZA
CONSIGLIO DI STATO, Sez. 4^ – 29 marzo 2019, n. 2085
Pubblicato il 29/03/2019
N. 02085/2019REG.PROV.COLL.
N. 06697/2018 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6697 del 2018, proposto dalla società Energy Power s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Francesco Saverio Marini e Andrea Sticchi Damiani, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio del secondo, in Roma, piazza San Lorenzo in Lucina 26;
contro
Gestore dei Servizi Energetici – G.S.E. S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Arturo Cancrini e Francesco Vagnucci, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio del primo, in Roma, piazza San Bernardo n. 101;
nei confronti
Green Water Engineering And Contracting s.r.l., E.OL. s.r.l. non costituiti in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza) n. 5848 del 2018.
Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Gestore dei Servizi Energetici – G.S.E. S.p.A.;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore alla pubblica udienza del giorno 15 novembre 2018 il Cons. Silvia Martino;
Uditi, per le parti rispettivamente rappresentate, gli avvocati Francesco Saverio Marini, Andrea Sticchi Damiani e Francesco Vagnucci;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con ricorso proposto innanzi al TAR per il Lazio, la società Energy Power s.r.l., rappresentava di essere rientrata in posizione utile nella graduatoria redatta ai sensi del d.m. 6.7.2012 (Tab. A, pubbl. il 15.1.2013, registro EOLN_RG2012) per un impianto eolico realizzato in base a una procedura autorizzativa semplificata (PAS) presentata al Comune di Potenza in data 5.11.2012, impianto entrato in esercizio il 13.2.2015, e di aver chiesto al GSE il riconoscimento dell’inerente tariffa onnicomprensiva.
Oggetto dell’impugnava era il provvedimento del 17.9.2015 con cui il Gestore, previa acquisizione delle osservazioni al preavviso di rigetto del 15.6.2015, aveva disposto la decadenza dell’impianto stesso dalla graduatoria e la non ammissione agli incentivi sul rilievo della difformità tra la potenza elettrica indicata nella PAS e quella dichiarata nell’istanza di iscrizione al registro.
A sostegno del ricorso deduceva:
1) Violazione degli artt. 3, 10 e 10-bis l. n. 241/90 e degli artt. 3 e 97 Cost.; violazione del punto 4.2.3 delle Procedure applicative; eccesso di potere per carenza di istruttoria; mancanza di motivazione: il GSE non avrebbe preso in considerazione le motivate osservazioni in ordine al preavviso di rigetto, supportate dalla nota del Comune di Potenza del 19.6.2015;
2) Violazione dell’art. 10 d.m. 6.7.2012 e dei principi generali sui progetti autorizzabili in pas di cui agli artt. 6 d.lgs. n. 28/2011 e 23 d.P.R. n. 380/2001; eccesso di potere per carenza di istruttoria; travisamento dei presupposti di fatto e di diritto; mancanza di motivazione; sviamento di potere; incompetenza e sconfinamento nei poteri del competente Comune: il Gestore non avrebbe tenuto conto della circostanza che in sede di PAS la ricorrente aveva presentato un progetto di massima da puntualizzare nella fase realizzativa, come desumibile dal tenore del titolo e dalle convergenti affermazioni della competente amministrazione comunale (esposte nella menzionata nota del 19.6.2015);
3) Violazione dei principi generali di ragionevolezza e proporzionalità ex art. 97 Cost.; violazione dell’art. 10 d.m. 6.7.2012; eccesso di potere per carenza di istruttoria; travisamento dei presupposti di fatto e di diritto; illogicità; ingiustizia manifesta; mancanza di motivazione: sarebbe stata disposta una “sanzione” sproporzionata rispetto a un elemento semmai qualificabile come errore formale e in ogni caso del tutto ininfluente sulla graduatoria; tanto più che la potenza dell’impianto installato (195 kW) coinciderebbe esattamente con quella indicata nella richiesta di iscrizione al registro e recepita nella graduatoria.
La società chiedeva pertanto l’annullamento del provvedimento decadenziale, l’accertamento del diritto di “mantenere l’iscrizione nel registro” e di percepire la relativa tariffa onnicomprensiva, con condanna del Gestore al risarcimento in forma specifica ovvero per equivalente (in relazione ai danni subiti).
2. Nelle resistenza del GSE, il TAR respingeva il ricorso con condanna alle spese.
3 La sentenza è stata appellata dalla società Energy Power, alla stregua delle argomentazioni che possono essere così sintetizzate.
1. Illegittimità della sentenza per erroneo inquadramento giuridico e travisamento dei presupposti di fatto. Sulla inesistenza di una falsa dichiarazione addebitabile all’odierna appellante.
In punto di fatto, la società precisa che a sostegno della decisione impugnata, il GSE ha rilevato che «alla data di iscrizione al registro, la Energy Power S.r.l. era in possesso di una PAS relativa a un impianto eolico di potenza elettrica pari a 200 kW, diversamente da quanto dichiarato nell’istanza di iscrizione al Registro (195 kW)» con ciò beneficiando «ai fini della formazione della graduatoria, del vantaggio derivante dall’applicazione del criterio di priorità di cui all’art. 10, comma 3, lett. g) del Decreto [inerente la minor potenza degli impianti]».
L’appellante precisa, al riguardo:
i) di essere titolare di una PAS per la realizzazione di un impianto di produzione di energia da fonte eolica di potenza fino a 200 kW;
ii) che al momento dell’iscrizione al Registro ha dichiarato – secondo il modello predisposto dal GSE – che «l’impianto avrà una potenza, debitamente autorizzata, pari a 0,195 MW»;
iii) che una volta collocatasi in posizione utile in Graduatoria, la Società ha effettivamente realizzato un impianto di 195 kW, in modo pienamente legittimo, come attestato dal Comune di Potenza, secondo cui «l’aerogeneratore effettivamente installato ha una potenza nominale di kW 195 congruente con la PAS presentata»;
iv) che a valle dell’entrata in esercizio, ha chiesto il riconoscimento degli incentivi per un impianto di potenza pari a 195 kW.
Il provvedimento impugnato in primo grado si risolverebbe perciò in un indebito e comunque erroneo sindacato, da parte del GSE, sulla validità ed efficacia del titolo autorizzativo rilasciato dal Comune di Potenza in favore di EP, in quanto il Gestore contesta che la PAS fosse inidonea per la realizzazione di un impianto di 195 kW, essendo ammissibile unicamente la costruzione di un impianto di 200 kW.
L’appellante richiama, al riguardo, la più recente giurisprudenza di questo Consiglio, secondo cui il controllo operato dal GSE ha carattere meramente formale, ossia di verifica della sussistenza del titolo, non potendosi spingere sino alla verifica della legittimità dello stesso a pena di stravolgimento del riparto di competenze fissato dal legislatore.
In tale ottica, qualora il GSE dubiti della legittimità di un atto rilasciato da altra amministrazione deve interloquire con quest’ultima, invitandola ad esercitare i propri poteri di controllo e a trasmettere tempestivamente l’esito degli accertamenti effettuati (Cons. St., IV, sentenza n. 2859/2018).
Nel caso di specie, non solo il GSE non ha coinvolto nel procedimento l’amministrazione territorialmente competente, ma il Comune di Potenza ha espressamente attestato la piena validità, efficacia e idoneità della PAS sottostante l’impianto;
2. Illegittimità della sentenza impugnata in relazione al secondo motivo del ricorso introduttivo. Incompetenza del GSE.
Il TAR ha affermato che non potrebbe essere invocata la chiara attestazione del Comune di Potenza in ordine alla congruità del titolo autorizzativo in quanto “tale asserita ‘congruità’” non elide la circostanza che nell’istanza di incentivazione la ricorrente ha indicato una potenza inferiore rispetto a quella dello specifico impianto assentito.
Tuttavia, secondo quanto chiarito da questo Consiglio, spetta soltanto agli enti territoriali accertare se il progetto realizzato corrisponde (sotto tutti i profili rilevanti, e quindi anche sotto il profilo della potenza installata) a quello comunicato mediante gli strumenti di semplificazione amministrativa (nel caso di specie la PAS).
Nel caso di specie, il GSE ha finito per negare validità ed efficacia a un titolo autorizzativo, non solo senza coinvolgere l’amministrazione territoriale interessa, ma, addirittura, in aperto contrasto con la chiara attestazione rilasciata dal Comune di Potenza (peraltro trasmessa già in sede procedimentale;
3. Illegittimità della sentenza impugnata in relazione al secondo motivo del ricorso introduttivo.
In particolare, con tale motivo, oltre a censurare l’incompetenza del GSE a deliberare in ordine ai titoli abilitativi rilasciati dalle amministrazioni territoriali, l’odierna appellante aveva eccepito l’illegittimità del provvedimento di decadenza, tenuto conto di quanto previsto dall’art. 6 del d.lgs. n. 28/2011 e dall’art. 23 del d.P.R. n. 380/2001; disposizioni in forza delle quali il progetto presentato in seno a una procedura autorizzativa semplificata per un impianto di produzione di energia da fonte rinnovabile è un progetto di massima, destinato a essere successivamente specificato in sede esecutiva.
Nel rigettare tale censura, il TAR ha così statuito «sono in ogni caso condivisibili le deduzioni del Gestore sulla necessità che la pas rechi ai sensi dell’art. 6 d.lgs. n. 28/2011 una puntuale illustrazione dell’intervento, da documentare con una “dettagliata relazione” (firmata da un “progettista abilitato”) e con gli “opportuni elaborati progettuali”, al fine di dimostrare la “compatibilità del progetto con gli strumenti urbanistici approvati e i regolamenti edilizi vigenti e la non contrarietà agli strumenti urbanistici adottati, nonché il rispetto delle norme di sicurezza e di quelle igienico-sanitarie” (art 6, co. 2), e sull’oggetto del “collaudo finale”, con cui attestare “la conformità dell’opera al progetto presentato con la dichiarazione” (art. 6, co. 8; mem. 1.3.18 res.)» (p. 8 Sentenza).
Ciò, ad avviso del Giudice di prime cure, consentirebbe di «concludere per l’irrilevanza delle allegazioni della ricorrente sulla genericità del progetto (“di massima”) autorizzato con pas, dal momento che se pure così fosse in astratto, in concreto essa ha comunque indicato lo specifico impianto che avrebbe provveduto a installare, illustrandone in dettaglio le caratteristiche (inclusa la potenza)» (p. 7 Sentenza).
EP contesta le argomentazioni del TAR sia perché, in astratto, la normativa non prevede affatto che la relazione di accompagnamento alla PAS sia dettagliata al punto da cristallizzare una volta per tutte l’impianto ivi indicato, sia perché, in concreto, la documentazione versata in atti dimostra che l’odierna appellante ha inteso indicare un progetto di massima e non un impianto puntuale.
Dalla lettura dell’art. 6 del d.lgs. n. 28/2011 si evincerebbe – in linea con gli obiettivi di semplificazione amministrativa di matrice euro-unitaria – il principio generale per cui il progetto presentato in seno a una procedura autorizzativa semplificata per un impianto di produzione di energia da fonte rinnovabile è un progetto di massima, destinato ad essere successivamente specificato in sede esecutiva.
Dall’esame dei documenti versati in atti si evince altresì che l’odierna appellante ha dichiarato nella PAS l’installazione di un “mono-aerogeneratore con potenza massima nominale di 200 kW”.
Nell’ipotesi in cui dovesse accedersi all’interpretazione accolta dal Giudice di prime cure, l’art. 6 del d.lgs. n. 28/2011 si porrebbe in contrasto la normativa eurounitaria di riferimento, con conseguente necessità di operare un rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia.
In particolare, la Corte di Giustizia dovrebbe essere chiamata a verificare se osta alla direttiva 2009/28/CE, e in particolare ai considerando 40 e 41 e all’art. 13, una normativa nazionale, quale quella qui in esame, che consente a una amministrazione pubblica di disporre la decadenza dal Registro per l’accesso alle tariffe incentivanti a fronte della realizzazione di un impianto di produzione di energia elettrica da fonte eolica di potenza inferiore a quella “massima” indicata nella Relazione di progetto.
La società chiede in particolare che venga valutato se un simile divieto sia compatibile con gli obiettivi di riduzione degli ostacoli normativi alla produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili e di predisposizione di una regolamentazione chiara, semplice, trasparente e non discriminatoria;
4. Illegittimità della sentenza impugnata in relazione al terzo motivo del ricorso introduttivo. Violazione del principio di proporzionalità.
Posto quanto sopra, la sentenza sarebbe illegittima anche nella parte in cui il giudice di prime cure ha respinto il terzo motivo del ricorso introduttivo, con cui la ricorrente aveva lamentato la violazione del principio di proporzionalità, affermando che «la disciplina di riferimento […] non contempla tra i presupposti per l’integrazione della fattispecie decadenziale il conseguimento di un beneficio, ma pone al contrario particolare enfasi sull’attestazione del ricorrere delle condizioni costituenti criteri di priorità e sulle differenze e difformità in ordine alle informazioni rilevanti ai fini della formulazione della graduatoria» (p. 10 Sentenza).
Tale impostazione, tuttavia costituirebbe manifesta violazione del principio di proporzionalità di matrice euro-unitaria.
Il GSE, infatti, ha disposto una sanzione sproporzionata rispetto a una circostanza che non soltanto è insussistente ma che potrebbe equivalere a non più che un errore formale che non ha in realtà avuto incidenza e rilevanza concreta, tantomeno sulla graduatoria.
Infatti, la potenza dell’impianto effettivamente realizzato dall’odierna appellante è di 195 kW, esattamente come indicato dalla stessa nella richiesta di iscrizione nel Registro e recepito dal GSE nella graduatoria. Tale circostanza non ha poi avuto, né avrebbe potuto avere, neppure potenzialmente, alcuna incidenza sulla graduatoria relativa al bando dell’8.9.2012 (EOLN_RG2012) e neppure sulle graduatorie di cui ai bandi successivi del 2013 e 2014;
5. Illegittimità della sentenza in relazione al primo motivo del ricorso introduttivo.
La sentenza sarebbe illegittima anche in relazione al primo motivo di ricorso, con il quale era stata dedotta la violazione dei principi del giusto procedimento e, in particolare, il difetto di istruttoria e di motivazione in ordine alle controdeduzioni svolte dall’odierna appellante in sede procedimentale (configurandosi, in quest’ottica, la violazione dell’art. 10-bis della legge n. 241/90).
Il GSE avrebbe dovuto attentamente valutare le osservazioni, svolgere un’adeguata istruttoria in merito a tutte le circostanze e argomentazioni addotte dalla ricorrente e, infine, motivare adeguatamente il proprio provvedimento;
6. Subordinatamente. Illegittimità della sentenza in relazione alla normativa sopravvenuta.
Nella memoria per l’udienza pubblica di primo grado, l’odierna appellante ha dato conto delle novità normative che hanno interessato la disciplina settoriale, al fine di dimostrare l’illegittimità del provvedimento impugnato per contrasto con il principio di proporzionalità.
Rileva, in particolare, l’art. 1, comma 960, della l. n. 205/2017, che ha modificato l’art. 42, comma 3, del d.lgs. n. 28/2011, prevedendo che «al fine di salvaguardare la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili che al momento dell’accertamento della violazione percepiscono incentivi, il GSE dispone la decurtazione dell’incentivo in misura ricompresa tra il 20 e l’80% per cento in ragione dell’entità della violazione».
Tale disposizione ha, in buona sostanza, escluso tra i poteri del GSE quello di adottare provvedimenti di decadenza, riconoscendo il potere di sanzionare le condotte degli operatori economici in ragione dell’entità della violazione.
Secondo l’appellante siffatta disposizione si applicherebbe anche ai provvedimenti di decadenza che sono stati disposti dal GSE in relazione a impianti incentivati prima della sua entrata in vigore.
Sarebbe quindi assolutamente irragionevole e iniquo – oltre che contrario a ogni principio informatore dell’ordinamento – applicare in via retroattiva una normativa sfavorevole (la previgente versione dell’art. 42) e solo pro futuro la nuova normativa favorevole.
In particolare, una lettura costituzionalmente orientata della disposizione in questione imporrebbe di ritenere applicabile la disposta salvaguardia a tutti gli impianti che abbiano completato la loro messa in esercizio e contribuiscano all’assolvimento degli obblighi euro unitari di produzione di energia da fonte rinnovabile.
La novella normativa avrebbe poi chiarito che il potere esercitato ha natura sanzionatoria, anche tenendo conto che, secondo la giurisprudenza della Corte di Strasburgo, misure che facciano seguito alla violazione di un precetto possono ritenersi pene in senso proprio ai fini CEDU, pur laddove non abbiano – secondo gli ordinamenti nazionali – una finalità esclusivamente punitivo-deterrente (cfr. Corte EDU, Ezeh C. Regno Unito, 9.10.2003; Corte Edu, Blokhing C. Russia, 14.11.2013; C.Edu, Menarini C. Italia, 27.9.2011; Corte Edu, Malige C. Francia, 23.9.1998; Corte Edu, Hamer C. Belgio, 27.11.2007).
La disposizione censurata sarebbe poi illegittima per eccesso di delega ai sensi dell’art. 76 Cost., in forza dell’art. 2 lett. c) della legge 96/2010 quale norma interposta.
Al riguardo, l’appellante richiama quanto statuito dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 51/2017, con cui ha dichiarato l’incostituzionalità dell’art. 23, comma 3, e dell’art. 43, comma 1, del d.lgs. n. 28 del 2011 per violazione dell’art. 76 Cost. con riferimento all’art. 2 della legge di delegazione n. 96 del 2010 il quale, a sua volta, contiene principi e criteri direttivi anche con riguardo all’individuazione, in sede attuativa, delle disposizioni contemplanti sanzioni, penali o amministrative.
Infine, la novella normativa, nella parte in cui non sarebbe applicabile agli impianti decaduti dal Registro, si rivelerebbe costituzionalmente illegittima anche per contrasto con gli artt. 3 Cost. e 41 Cost. non ravvisandosi ragioni logico giuridiche per escludere dalla sanatoria gli impianti eleggibili alle tariffe, ma non ancora incentivati (anche se già entrati in esercizio).
4. L’appellante ha poi riproposto le domande di accertamento e di condanna.
In particolare, ha domandato l’accertamento del diritto di mantenere l’iscrizione nel Registro informatico e di ottenere, per l’impianto eolico di cui si tratta, la tariffa onnicomprensiva nella misura richiesta, ossia pari a 268 Euro/kW (come previsto dal D.M. 6.7.2012) per gli impianti eolici di potenza non superiore a 200 kW inclusi nella graduatoria del Bando 2012 ed entrati in esercizio nei 16 mesi successivi, meno la decurtazione dello 0,5% per ogni mese di ritardo rispetto a detto termine.
Per quanto riguarda la domanda risarcitoria ha domandato sia il risarcimento in forma specifica, con reintroduzione dell’impianto della ricorrente nella graduatoria relativa al bando pubblicato nel settembre 2012 (EOLN_RG2012) e, ove ritenuto possibile, il riconoscimento alla ricorrente medesima della tariffa incentivante nella misura di cui sopra, con la conseguente condanna del GSE a pagare tutte le somme che dovessero a questa spettare in base ai criteri sopra indicati oltre interessi al tasso legale applicabile e rivalutazione monetaria ovvero maggior danno.
Ha articolato, altresì, una domanda di risarcimento del danno per equivalente, riservandosi di meglio specificare in corso di causa le voci di danno.
5. Si è costituito, per resistere, il GSE, significando che:
– l’attività del GSE non ha mai riguardato la legittimità della PAS ex adverso vantata, ma solo il differente profilo dell’accertamento della sussistenza di elementi preclusivi alla concessione delle misure economiche;
– la nota del Comune di Potenza esibita in giudizio sarebbe inconferente poiché un aerogeneratore di potenza pari a 195 kW, quale quello installato, è un impianto diverso da un aerogeneratore di potenza pari a 200 kW, quale quello autorizzato con il titolo originario. Il documento esibito non ha valenza certificativa e costituisce soltanto una valutazione giuridico-amministrativa di “congruenza” che non può vincolare il GSE nell’esercizio dei diversi apprezzamenti ad esso istituzionalmente riservati, anche perché riferita ad un elemento (la potenza dell’impianto) che tanto il GSE quanto il Comune non possono che mutuare “passivamente” da soggetti terzi (i.e., i produttori);
– a differenza della DIA, la PAS ex art. 6 del d.lgs. n. 28/2011 non avrebbe natura di atto privato avente mera valenza comunicativa nei confronti dell’amministrazione, ma integra a tutti gli effetti un atto avente rilievo pubblicistico, il quale conclude il previo procedimento autorizzativo ex art. 6 del d.lgs. n. 28/2011 avviato su impulso del richiedente;
– dal combinato disposto degli artt. 5 e 6 del d.lgs. n. 28/2011 si ricaverebbe che qualsiasi variazione non sostanziale rispetto all’impianto autorizzato dall’amministrazione competente tramite PAS deve inderogabilmente essere comunicata ed assentita dall’amministrazione competente;
– il titolo abilitativo autorizza il richiedente a realizzare lo specifico progetto di impianto che l’amministrazione, all’esito della verifica degli opportuni e dettagliati documenti progettuali prodotti dal richiedente, ha assentito;
– tutta la documentazione tecnico-progettuale ed il preventivo di connessione allegati, afferiscono univocamente alla realizzazione di un aerogeneratore di potenza pari a 200 kW;
– anche il preventivo di connessione rilasciato da Enel ed allegato alla PAS risulta calcolato facendo preciso riferimento ad un impianto di potenza nominale pari a 200 kW;
– la disciplina della procedura di ammissione agli incentivi non impediva affatto alla Energy Power di dar conto, anche nelle more del procedimento e fino all’entrata in esercizio degli impianti, di eventuali varianti non sostanziali intervenute medio tempore;
– infatti, a mente del punto 2.2.9. delle Procedure Applicative, il Soggetto Responsabile che realizzi un impianto di potenza inferiore a quella iscritta ed ammessa al Registro è tenuto a darne comunicazione al GSE prima dell’entrata in esercizio, purché da tale riduzione di potenza non derivi una variante sostanziale tale da richiedere la modifica del titolo autorizzativo originario. In tale caso si intende rinunciatario della quota parte di potenza non installata. Si precisa che, per queste casistiche, la tariffa riconosciuta all’intervento è quella spettante alla potenza dichiarata nella richiesta di iscrizione al Registro;
– il Soggetto Responsabile è univocamente tenuto ad indicare la potenza effettivamente autorizzata (ossia quella attestata dalla PAS) e non certo l’eventuale dato di potenza astrattamente “voluto”;
– sarebbe radicalmente inammissibile l’invocato rinvio pregiudiziale alla C.G.U.E. in quanto doglianza formulata per la prima volta solo in grado di appello;
– in ogni caso, quanto alla violazione del canone di proporzionalità ricorda che l’art. 23, comma 3, del d.lgs. n. 28/2011 dispone espressamente che «non hanno titolo a percepire gli incentivi per la produzione di energia da fonti rinnovabili, da qualsiasi fonte normativa previsti, i soggetti per i quali le autorità e gli enti competenti abbiano accertato che, in relazione alla richiesta di qualifica degli impianti o di erogazione degli incentivi, hanno fornito dati o documenti non veritieri, ovvero hanno reso dichiarazioni false e mendaci»;
– le dichiarazioni del Soggetto Responsabile in ordine alle caratteristiche dell’impianto incentivabile assumono rilievo cruciale nel sistema di incentivazione delineato dal d.m. 6.7.2012, poiché è sulla base dei dati ivi contenuti – che si devono supporre veritieri, stante il rango di dichiarazione sostitutiva di atto notorio ex art. 47, d.P.R. 445/2000 – che promanano tutte le successive fasi dell’iter di accesso agli incentivi;
– sul principio di autoresponsabilità invoca anche quanto osservato da questo Consiglio (Sez. IV, 7 luglio 2016, n. 3014);
– la dichiarazione non veritiera in ordine a un dato astrattamente rilevante ai fini della definizione della graduatoria, non può che comportare la sanzione decadenziale, ai sensi del punto 2.2.8. delle Procedure, degli artt. 23, co. 3, e 42, co. 3, del d.lgs. n. 28/2011 e, in ultimo, dell’art. 11, co. 1. del d.m. 12.2.2014;
– il GSE ha ritenuto che le osservazioni rese nel corso del procedimento fossero inidonee a superare i profili di criticità puntualmente evidenziati nel preavviso di rigetto;
– quanto poi all’applicazione dell’art. 42, comma 3, del d.lgs. n. 28/2011, come novellato dall’art. 1, co. 960, della l. n. 205/2017, evidenzia che gli impianti della ricorrente erano iscritti al Registro, e quindi erano eleggibili per le tariffe, e il GSE ha emesso un provvedimento di decadenza (dal Registro Informatico) quando gli impianti già erano entrati in esercizio;
– la novella normativa richiamata non può valere quale canone interpretativo rispetto alla fattispecie controversa, stante l’assoluta eterogeneità dell’ipotesi disciplinata dalla norma;
– la deroga invocata è stata introdotta dal Legislatore al fine di salvaguardare gli impianti che già al momento dell’accertamento della violazione percepiscono gli incentivi, in modo da contemperare l’interesse del GSE al recupero di fondi pubblici indebitamente erogati con l’obiettivo consolidamento della posizione del Soggetto Responsabile che si trovi ad avere già fruito – prima che il GSE avesse completato la verifica ex art. 42 del D.Lgs. n. 28/20011 – degli incentivi;
– la fattispecie ricade nell’ambito applicativo del primo periodo della disposizione in commento;
– quanto alla questione di legittimità costituzionale, richiama le osservazioni svolte dal TAR che ha ravvisato il difetto di rilevanza, in assenza di specifica impugnazione del provvedimento decadenziale per i profili con esse dedotti:
– il potere esercitato in parte qua non ha certamente natura penale;
– non sarebbe stato specificamente né puntualmente impugnato il capo di sentenza con cui il TAR ha motivatamente respinto la questione;
– non avendo il GSE irrogato la misura interdittiva ex art. 42 del d.lgs. n. 28/2011, consistente nell’esclusione decennale dal regime degli incentivi, la società ricorrente conserva la facoltà di partecipare alle future procedure concorsuali del GSE ed accedere, se del caso, alla tariffa energetica incentivante.
6. Le parti hanno depositato ulteriori memorie in vista dell’udienza pubblica di discussione.
L’appellante, in particolare, ha specificato la domanda di risarcimento per equivalente in misura pari ai maggiori interessi moratori che ha dovuto pagare per l’esposizione bancaria.
7. L’appello, infine, è stato assunto in decisione alla pubblica udienza del 15.11.2018.
8. La presente controversia ruota intorno alla natura della c.d. PAS disciplinata dall’art. 6 del d.lgs. n. 198/2011 nonché in ordine all’ambito dei poteri di verifica e di controllo spettanti al GSE ai fini dell’erogazione degli incentivi.
Sotto il primo profilo, giova richiamare, nella parte di interesse, quando disposto dall’art. 6 del d.lgs. n. 28/2011, relativamente agli impianti alimentati da fonti rinnovabili soggetti a procedura abilitativa semplificata secondo cui «Il proprietario dell’immobile o chi abbia la disponibilità sugli immobili interessati dall’impianto e dalle opere connesse presenta al Comune […] almeno trenta giorni prima dell’effettivo inizio dei lavori, una dichiarazione accompagnata da una dettagliata relazione a firma di un progettista abilitato e dagli opportuni elaborati progettuali, che attesti la compatibilità del progetto con gli strumenti urbanistici approvati e i regolamenti edilizi vigenti e la non contrarietà agli strumenti urbanistici adottati, nonché il rispetto delle norme di sicurezza e di quelle igienico-sanitarie […]» (comma 2). Inoltre, «ove entro il termine indicato al comma 2 sia riscontrata l’assenza di una o più delle condizioni stabilite al medesimo comma, notifica all’interessato l’ordine motivato di non effettuare il previsto intervento e, in caso di falsa attestazione del professionista abilitato, informa l’autorità giudiziaria e il consiglio dell’ordine di appartenenza; è comunque salva la facoltà di ripresentare la dichiarazione, con le modifiche o le integrazioni necessarie per renderla conforme alla normativa urbanistica ed edilizia. Se il Comune non procede ai sensi del periodo precedente, decorso il termine di trenta giorni dalla data di ricezione della dichiarazione di cui comma 2, l’attività di costruzione deve ritenersi assentita».
Al riguardo, la Sezione ha precisato (cfr. Cons. St., Sez. IV, 12 novembre 2015 n. 5161; id., 29 febbraio 2016 n. 839; id., 19 maggio 2016 n. 2077) che la dichiarazione di inizio attività ivi disciplinata è un atto soggettivamene ed oggettivamente privato, alla cui presentazione può seguire da parte della p.a. un silenzio di tipo significativo il quale, una volta decorso il relativo termine, le preclude l’esercizio di poteri inibitori.
Anche in tale ipotesi (come più in generale per l’analogo istituto disciplinato dal d.P.R. n. 380 del 2001), «la denuncia d’inizio attività non è un provvedimento amministrativo a formazione tacita e non dà luogo in ogni caso ad un titolo costitutivo, ma costituisce un atto privato volto a comunicare l’intenzione di intraprendere un’attività direttamente ammessa dalla legge […]» (Cons. St., Sez. IV. 4 settembre 2012, n. 4669).
9. Nel caso di specie il GSE, nel provvedere sulla richiesta di accesso agli incentivi di cui al d.m. 6.7.2012, ha rilevato che alla data di iscrizione al Registro, la ricorrente era titolare di una PAS per la costruzione di un impianto con potenza nominale di 200 kW «diversamente da quanto dichiarato nell’istanza di iscrizione al Registro (195 kW)» e che per tale ragione, aveva «indebitamente beneficiato, ai fini della formazione della graduatoria, del vantaggio derivante dall’applicazione del criterio di priorità di cui all’art. 10, comma 3, lettera g) del Decreto».
In particolare, al momento dell’iscrizione al Registro, l’odierna appellante ha dichiarato che «l’impianto avrà una potenza, debitamente autorizzata, pari a 0,195 MW».
Deve allora verificarsi se, tra le attribuzioni di verifica e di controllo attribuite al GSE dall’art. 42 del d.lgs. n. 28 del 2011, vi sia anche quella di stabilire se il titolo posseduto da EP fosse idoneo a consentire la realizzazione di un impianto di potenza pari a quella dichiarata all’atto della richiesta di iscrizione al Registro di cui trattasi.
9.1. In materia, questo Consiglio ha recentemente osservato che il cit. art. 42 del d.lgs. n. 28/2011 «contiene la disciplina relativa ai poteri di controllo e di sanzione del GSE. Il comma 1 definisce l’oggetto della verifica dei dati forniti dai soggetti responsabili che presentano istanza, che deve avvenire sulla documentazione trasmessa, nonché con controlli a campione sugli impianti. La natura del controllo sulla documentazione si spiega alla luce di quanto dispongono i successivi commi 2 e 4 dello stesso art. 42. Il primo, infatti, fa salve le competenze in tema di controlli e verifiche spettanti alle amministrazioni statali, regionali, agli enti locali nonché ai gestori di rete.
Il secondo, invece, stabilisce che, nel caso in cui le violazioni riscontrate nell’ambito dei controlli di cui ai commi 1 e 2 siano rilevanti ai fini dell’erogazione degli incentivi, le amministrazioni e gli enti pubblici, deputati ai controlli relativi al rispetto delle autorizzazioni rilasciate per la costruzione e l’esercizio degli impianti da fonti rinnovabili, fermo restando il potere sanzionatorio loro spettante, trasmettono tempestivamente al GSE l’esito degli accertamenti effettuati.
Da ciò si ricava […] che in relazione agli atti prodromici che devono essere adottati da altre amministrazioni ovvero dagli enti locali o, in generale in relazione a procedimenti che devono essere gestiti dai detti enti, il controllo operato dal GSE ha carattere meramente formale, ossia di verifica della sussistenza del titolo, non potendosi spingere sino alla verifica della legittimità dello stesso a pena di stravolgimento del riparto di competenze fissato dal legislatore.
Una opposta conclusione porterebbe a ritenere che il GSE operi quale Amministrazione sovraordinata rispetto a quelle che concorrono a rilasciare i titoli necessari per l’ammissione alle tariffe incentivanti.
Tale esegesi, non sostenuta da una disposizione espressa di legge (che avrebbe chiaramente indole eccezionale), risulterebbe oltretutto in contrasto con i valori e i principi presidiati dagli artt. 5 e 118 Cost. secondo l’interpretazione che ne è stata data dalla giurisprudenza del giudice delle leggi e di questo Consiglio (cfr. ex plurimis e da ultimo Corte cost., 20 maggio 2016, n. 110; Cons. Stato, sez. IV, ordinanza 4 dicembre 2017, n. 5711).
Il GSE, pertanto, si deve limitare a verificare, ai sensi del combinato disposto degli artt. 42, commi 1 e 2, cit. e 4, co. 2, lett. c), d.m. cit., l’esistenza del titolo autorizzativo, non potendo, invece, sindacare la legittimità e conseguentemente l’efficacia dello stesso.
Non può, in definitiva, dubitarsi che il cd. principio di equiparazione in termini di efficacia degli atti amministrativi illegittimi a quelli legittimi, operi anche nei rapporti fra Amministrazioni, a meno che il legislatore in via eccezionale non consenta ad un soggetto pubblico di sindacare e ritenere tamquam non esset in caso ne valuti l’illegittimità, l’atto adottato da altra amministrazione.
Pertanto, qualora il GSE dubiti della legittimità di un atto rilasciato da altra amministrazione deve interloquire con quest’ultima, invitandola ad esercitare i propri poteri di controllo e a trasmettere tempestivamente l’esito degli accertamenti effettuati».
Nel caso di specie, è tuttavia accaduto che, come messo in luce dall’appellante, il GSE non abbia previamente interloquito con il Comune di Potenza, che aveva rilasciato la PAS, bensì abbia direttamente valutato che l’impianto per cui era stata chiesta l’iscrizione al Registro, non fosse “debitamente autorizzato”, secondo l’espressione utilizzata nella richiesta avanzata dalla società odierna appellante.
A tale riguardo, va poi sottolineato che, le stesse Procedure applicative vigenti in materia – quali riportate nelle proprie difese dal GSE – in un caso speculare a quello qui in esame, prevedono l’eventualità che il Soggetto Responsabile, realizzi “un impianto di potenza inferiore a quella iscritta e ammessa al Registro”, previa idonea comunicazione, e che tale riduzione della potenza è ammessa ove la stessa non comporti “una variante sostanziale tale da richiedere la modifica del titolo autorizzativo originario”.
In altre parole anche il GSE è consapevole del fatto che la modifica della potenza di un impianto non comporta necessariamente una variante del titolo abilitativo edilizio.
Pertanto, nel caso di specie, prima di adottare un provvedimento di decadenza il GSE avrebbe dovuto chiedere al Comune di Potenza se la PAS presentata dalla società appellante legittimasse anche un impianto di potenza pari a 195 Kw, come quello dichiarato all’atto dell’iscrizione nel Registro.
L’amministrazione comunale, è, infatti, l’unica competente ad effettuare i controlli sulla PAS ed in particolare a verificare «la compatibilità del progetto con gli strumenti urbanistici approvati e i regolamenti edilizi vigenti e la non contrarietà agli strumenti urbanistici adottati, nonché il rispetto delle norme di sicurezza e di quelle igienico-sanitarie» nonché, eventualmente, ad inibirne la realizzazione.
Per la stessa ragione, il TAR avrebbe dovuto prendere in debita considerazione la nota del 19.6.2015 con cui il Comune di Potenza ha affermato che «dalla semplice visione della documentazione agli atti si evince che l’aerogeneratore effettivamente installato ha una potenza nominale di kW 195 congruente con la PAS presentata».
Tale attestazione consente infatti di escludere sia che il titolo in possesso di EP legittimi unicamente un impianto di potenza pari a 200 Kw, sia che la società abbia fornito, in sede di iscrizione al Registro, una dichiarazione (oggettivamente) non veritiera.
10. La fondatezza dei primi due mezzi di gravame consente di assorbire le ulteriori censure e fa venire meno la necessità di disporre un’eventuale rimessione della questione alla Corte di giustizia ovvero alla Corte costituzionale come richiesto dall’appellante.
11. Per quanto riguarda le residue domande di accertamento e di condanna, devono invece condividersi le osservazioni del GSE secondo cui l’appellante non ha puntualmente confutato la statuizione di reiezione, argomentata dal TAR con riferimento alla natura di diritto soggettivo della pretesa azionata.
12. La domanda di risarcimento per equivalente deve essere respinta.
La pronuncia che si è in precedenza riportata costituisce un punto di approdo della giurisprudenza della Sezione in ordine al rapporto che intercorre tra le attribuzioni del GSE in materia di controlli e sanzioni e quelle spettanti alle amministrazioni deputate ai controlli relativi al rispetto delle autorizzazioni rilasciate per la costruzione e l’esercizio degli impianti da fonti rinnovabili.
Ne deriva che l’adozione del provvedimento impugnato non può imputarsi ad imperizia e/o negligenza del GSE che ha agito in un quadro applicativo e giurisprudenziale non ancora consolidato.
13. In definitiva, per quanto testé argomentato, l’appello merita, in parte, accoglimento e, per l’effetto, va accolto, nella parte impugnatoria, il ricorso instaurativo del giudizio di primo grado con il conseguente annullamento del provvedimento impugnato.
Data la novità delle questioni, unitamente alla parziale reciproca soccombenza, sussistono giustificate ragioni per l’integrale compensazione delle spese del doppio grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull’appello, di cui in premessa, lo accoglie in parte, nei sensi di cui in motivazione.
Per l’effetto, accoglie il ricorso instaurativo del giudizio di primo grado e annulla il provvedimento del Gse prot. P20150071147 del 17.9.2015, di decadenza dell’impianto eolico di proprietà della società appellante dal registro informatico di cui all’art. 9 d.m. 6.7.2012 e di diniego della tariffa onnicomprensiva prevista dallo stesso d.m..
Respinge la domanda di risarcimento del danno.
Compensa le spese del doppio grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 15 novembre 2018 con l’intervento dei magistrati:
Paolo Troiano, Presidente
Oberdan Forlenza, Consigliere
Leonardo Spagnoletti, Consigliere
Luca Lamberti, Consigliere
Silvia Martino, Consigliere, Estensore
L’ESTENSORE
Silvia Martino
IL PRESIDENTE
Paolo Troiano
IL SEGRETARIO