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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Diritto demaniale, Diritto urbanistico - edilizia Numero: 4791 | Data di udienza: 27 Giugno 2017

DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – DIRITTO DEMANIALE – Strade – Esistenza di un diritto di uso pubblico – Presupposto – Titolo idoneo  (atto pubblico o privato) – Idoneità della strada a soddisfare esigenze di carattere pubblico.


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 5^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 16 Ottobre 2017
Numero: 4791
Data di udienza: 27 Giugno 2017
Presidente: Caringella
Estensore: Perotti


Premassima

DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – DIRITTO DEMANIALE – Strade – Esistenza di un diritto di uso pubblico – Presupposto – Titolo idoneo  (atto pubblico o privato) – Idoneità della strada a soddisfare esigenze di carattere pubblico.



Massima

 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. 5^ – 16 ottobre 2017, n. 4791


DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – DIRITTO DEMANIALE – Strade – Esistenza di un diritto di uso pubblico – Presupposto – Titolo idoneo  (atto pubblico o privato) – Idoneità della strada a soddisfare esigenze di carattere pubblico.

L’esistenza di un diritto di uso pubblico di una strada non può sorgere per meri fatti concludenti, ma presuppone un titolo idoneo a tal fine. In particolare, laddove la proprietà del sedime stradale non appartenga ad un soggetto pubblico, bensì ad un privato, la prova dell’esistenza di una servitù di uso pubblico non può discendere da semplici presunzioni o dal mero uso pubblico di fatto della strada, ma necessariamente presuppone un atto pubblico o privato (provvedimento amministrativo, convenzione fra proprietario ed amministrazione, testamento) o l’intervento della usucapione ventennale, fermo restando che relativamente a quest’ultimo titolo di acquisto del diritto va preliminarmente accertata la riconosciuta idoneità della strada a soddisfare esigenze di carattere pubblico (in questi termini, espressamente, Cons. Stato, V, 1° dicembre 2003, n. 7831).

(Conferma T.A.R. MARCHE, n. 1595/2007) – Pres. Caringella, Est. Perotti – Comune di Sarnano (avv.ti Felici Bedetti e Felici) c. P.G. (avv. Grisostomi Travaglini)


Allegato


Titolo Completo

CONSIGLIO DI STATO, Sez. 5^ - 16 ottobre 2017, n. 4791

SENTENZA

 

CONSIGLIO DI STATO, Sez. 5^ – 16 ottobre 2017, n. 4791

Pubblicato il 16/10/2017

N. 04791/2017REG.PROV.COLL.
N. 00147/2008 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente


SENTENZA

sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 147 del 2008, proposto da:
Comune di Sarnano, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Antonella Felici Bedetti e Ranieri Felici, con domicilio eletto presso lo studio legale dell’avvocato Ilaria Brunelli in Roma, via Cassia, n. 240;


contro

Piergentili Giovanni, rappresentato e difeso dall’avvocato Lorenzo Grisostomi Travaglini, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Civitavecchia, n. 7;

nei confronti di

Perugini Giovanni, non costituito in giudizio;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. MARCHE – ANCONA, SEZIONE I n. 01595/2007, resa tra le parti, concernente ripristino del suolo di strada vicinale

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 27 giugno 2017 il Cons. Valerio Perotti e uditi per le parti gli avvocati Giovanni Mancini su delega degli avvocati Antonella Felici Bedetti e Ranieri Bedetti, nonché Scoca su delega dell’avvocato Lorenzo Grisostomi Travaglini,;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con due separati ricorsi al Tribunale amministrativo delle Marche, il sig. Piergentili Giovanni, proprietario di un terreno agricolo sito nel territorio del Comune di Sarnano, impugnava, rispettivamente, i provvedimenti 31 marzo 2004 n. 16 e 2 settembre 2004, n. 45, con cui il Sindaco di Sarnano ordinava il ripristino di un tratto della strada vicinale denominata di S. Maria Superiore, nella parte ricadente sulla particella 89 del foglio catastale n. 24, alterato dal Piergentili a seguito di aratura del suolo e, quindi, di fatto unito i fondi confinanti di sua proprietà.

Deduceva, in particolare, l’illegittimità di tali provvedimenti poiché adottati in difetto del presupposto dell’autotutela possessoria dell’ente pubblico, non potendosi parlare, in concreto, di uso pubblico (attuale e pregresso) della strada in esame.

Costituitosi in giudizio per entrambi i ricorsi, il Comune di Sarnano eccepiva l’infondatezza dei gravami e ne chiedeva conseguentemente il rigetto. Interveniva altresì, ad opponendum, il sig. Perugini Giovanni (per il ricorso n. 608 del 2004), instando parimenti per la reiezione del ricorso.

Con ordinanze 7 luglio 2004, n. 316 (per il ricorso n. 608 del 2004) e 5 novembre 2004, n. 552 (per il ricorso n. 990 del 2004) il Tribunale adito accoglieva le istanze di sospensione dei provvedimenti impugnati; quindi, con successiva ordinanza 3 aprile 2006, n. 17, dopo aver riunito i due procedimenti per ragioni di connessione, disponeva l’espletamento di una verificazione, allo scopo di acquisire chiarimenti su alcune circostanze di fatto rilevanti ai fini della decisione.

All’esito dell’istruttoria, con sentenza 10 ottobre 2007, n. 1595, il Tribunale amministrativo delle Marche dichiarava improcedibile il ricorso n. 608 del 2004 ed accoglieva quello iscritto al n. 990 del 2004, conseguentemente annullando l’impugnata l’ordinanza sindacale 2 settembre 2004, n. 45, prot. n. 9108.

Avverso tale decisione il Comune di Sarnano interponeva appello, deducendo i seguenti vizi di legittimità:

difetto di giurisdizione del giudice adito, dato che la questione in merito alla natura demaniale o meno della strada inclusa nell’elenco delle strade vicinali, gravata secondo l’amministrazione di uso pubblico, avrebbe dovuto essere conosciuta e decisa dal giudice ordinario;

la sentenza non avrebbe tenuto conto della presunzione di demanialità della strada per essere stata inclusa in quell’elenco, ma sulla scorta della verificazione ha negato tale natura per lo stato disagevole della strada e per il fatto che originariamente era utilizzata dalla popolazione per raggiungere una chiesa ora in rovina;

erroneamente la sentenza richiederebbe che l’uso pubblico risalga a tempo immemore, così come irrilevante sarebbe ogni riferimento ad un’eventuale usucapione della stessa da parte del proprietario dei fondi finitimi;

L’appellato Piergentili Giovanni si costituiva in giudizio, eccependo l’inammissibilità del gravame e, comunque, la sua infondatezza.

Successivamente le parti ulteriormente illustravano, con apposite memorie, le proprie tesi difensive, ed all’udienza del 27 giugno 2017, dopo la rituale discussione, la causa passava in decisione.

DIRITTO

Il primo motivo di appello, con il quale viene contestata la giurisdizione del giudice amministrativo, è infondato.

Oggetto dell’introduttivo ricorso, infatti, sono alcuni provvedimenti del Sindaco del Comune di Sarnano, contestati dal Piergentili, diretti al ripristino della viabilità della strada vicinale denominata “di S. Maria Superiore” e per tali costituenti esercizio del potere sindacale contemplato dall’art. 378 della legge 20 marzo 1865 n. 2248 all.F, il quale configura una ipotesi di autotutela possessoria iuris publici in tema di strade sottoposte all’uso pubblico.

Al riguardo, il Collegio ritiene di doversi conformare al precedente di Cons. Stato, IV, 7 settembre 2006, n. 5209, dal che consegue che tutte le argomentazione sviluppate dalla parti per dare dimostrazione, con esiti contrapposti, della natura pubblica o privata della strada per cui è causa, sono estranee all’ambito giurisdizionale della presente controversia, che rimane circoscritto all’accertamento dell’uso pubblico di detta strada all’epoca dei provvedimenti in contestazione.

Dunque, poiché l’oggetto del presente giudizio concerne solamente la legittimità o meno dei provvedimenti impugnati, diretti a ripristinare il passaggio pubblico sulla strada vicinale in contestazione, mediante l’imposizione di un obbligo di facere in capo al Piergentili, sussiste la giurisdizione del giudice adito.

Invero, se è pacifico che il giudice amministrativo non ha giurisdizione per l’accertamento, in via principale, della natura vicinale, pubblica o privata, della strada in parola, ovvero della servitù pubblica di passaggio, essendo dette questioni devolute alla giurisdizione del giudice ordinario, è anche vero che il medesimo giudice ben può (anzi, deve) valutare – incidenter tantum, ossia ai limitati fini del giudizio concernente la legittimità degli atti impugnati – la natura vicinale, pubblica o privata, del passaggio nella strada su cui si controverte, dal momento che tale questione costituisce un presupposto degli atti sottoposti al suo esame in via principale.

Ciò premesso sotto il profilo procedimentale, vanno adesso esaminate le questioni di merito dedotte dall’amministrazione appellante.

Circa la mancata considerazione della presunzione di demanialità, contestata nel secondo, articolato motivo di appello, va rilevato come il primo giudice si sia in realtà conformato al precedente della Sezione, 4 marzo 2010, n. 1266 – dal quale non v’è ragione di discostarsi, nel caso di specie – a mente del quale il requisito della servitù di uso pubblico, secondo consolidata giurisprudenza sussiste soltanto laddove “la strada vicinale possa essere percorsa indistintamente da tutti i cittadini per una molteplicità di usi e con una pluralità di mezzi e conseguentemente il Comune possa introdurre alcune limitazioni al traffico, come per il resto della viabilità comunale”.

La medesima giurisprudenza precisa altresì che – salva l’ipotesi dell’immemorabile (questione affrontata nel terzo motivo di appello), il requisito dell’uso pubblico “insorge dall’inserimento, ricollegabile alla volontà del proprietario e palesantesi nel mutamento della situazione dei luoghi, della strada nella rete viaria cittadina, come può accadere in occasione di convenzioni urbanistiche, di nuove edificazioni o di espropriazioni e tale uso deve essere inteso come comportamento della collettività contrassegnato dalla convinzione di esercitare il diritto di uso della strada, palesata da una situazione dei luoghi che non consente di distinguere la strada in questione da una qualsiasi altra strada della rete viaria pubblica” (conforme, Cons. Stato, V, 9 giugno 2008, n. 2864).

Nel fare concreta applicazione di tali principi di ordine generale, il primo giudice ha innanzitutto evidenziato che non è configurabile l’assoggettamento di una strada vicinale a servitù di passaggio ad uso pubblico in relazione ad un transito sporadico ed occasionale, anche laddove essa sia adibita al transito di persone diverse dai proprietari o possa servire da collegamento con una via pubblica.

Inoltre, sempre rifacendosi alla giurisprudenza di questa Sezione, ha rilevato come l’esistenza di un diritto di uso pubblico del bene non possa sorgere per meri fatti concludenti, ma presupponga un titolo idoneo a tal fine. In particolare, laddove – come nel caso in esame – la proprietà del sedime stradale non appartenga ad un soggetto pubblico, bensì ad un privato, la prova dell’esistenza di una servitù di uso pubblico non può discendere da semplici presunzioni o dal mero uso pubblico di fatto della strada, ma necessariamente presuppone “un atto pubblico o privato (provvedimento amministrativo, convenzione fra proprietario ed amministrazione, testamento) o l’intervento della usucapione ventennale, fermo restando che relativamente a quest’ultimo titolo di acquisto del diritto va preliminarmente accertata la riconosciuta idoneità della strada a soddisfare esigenze di carattere pubblico” (in questi termini, espressamente, Cons. Stato, V, 1° dicembre 2003, n. 7831, peraltro impropriamente richiamato anche dall’appellante a sostegno delle proprie difese).

Alla luce degli atti di causa, il giudice di prime cure ha ritenuto – con argomentazione che si condivide – che nel caso di specie non sussistessero tali presupposti.

Invero, come del resto evidenziato nella relazione di verificazione disposta nel precedente grado di giudizio, “non sussistono le condizioni di palese uso pubblico della variante alla strada vicinale, nonostante la stessa sia inclusa nell’elenco comunale delle strade vicinali”, in quanto “il Comune non ha mai esercitato su tale strada i poteri di polizia, di regolamento della circolazione e dell’ordine, di controllo tecnico, di manutenzione, di apposizione della segnaletica prescritta e di rilascio delle autorizzazioni e delle concessioni previste dal codice della strada. Inoltre l’uso della strada, anche per carenze strutturali, è sporadico e occasionale, limitato agli usi agricoli o a fini escursionistici”.

Tali circostanze di fatto, a rigore neppure oggetto di puntuale smentita da parte dell’appellante, appaiono del tutto coerenti con lo stato dei luoghi quale risultante dal materiale cartografico fotografico in atti, posto che la stessa vicinale di cui trattasi presenta una larghezza estremamente ridotta per una strada (tra m. 2,30 a m. 2,80), nonché un piano viabile sterrato “pressoché impraticabile in caso di piogge”. Inoltre, ad essere revocato in dubbio è lo stesso uso pubblico (seppur di mero fatto), attuale e pregresso, essendo l’utilizzo di tale transito limitato ai mezzi agricoli dei proprietari finitimi ed, al più, ad occasionali turisti. La stessa chiesa servita dalla vicinale, in passato forse officiata, da moltissimo tempo risulterebbe ridotta allo stato di rudere ed isolata.

Non può quindi considerarsi illogica la conclusione di cui alla sentenza, per cui non sussisterebbero, allo stato, i requisiti del “passaggio esercitato da una collettività di persone qualificate dall’appartenenza ad un gruppo territoriale” e della “concreta idoneità a soddisfare esigenze di generale interesse”, requisiti che la giurisprudenza consolidata considera imprescindibili al fine della connotazione di una strada come di uso pubblico.

Neppure rileva il dato, esclusivamente formale, che nel 1976 il tratto stradale in questione sarebbe stato inserito nell’elenco delle strade vicinali, dal momento che la destinazione ad uso pubblico di una strada è desumibile dall’uso pubblico effettivo della stessa, dalla toponomastica, nonché dalla presenza o meno dell’illuminazione pubblica, unitamente all’inserimento della stessa nella rete viaria pubblica, o mediante un atto negoziale, oppure in modo simile a quanto previsto dall’art. 1062 c.c. per la costituzione di servitù per destinazione del padre di famiglia, mediante una sistemazione dei luoghi in cui sia implicita la realizzazione di una strada per uso pubblico (così Cons. Stato, V, 23 giugno 2003, n. 3716). Il solo dato formale di cui trattasi –

Tali rilievi fattuali, come si è detto, non sono stati oggetto di puntuale confutazione da parte dell’appellante, ragion per cui il secondo motivo di gravame andrà respinto.

Per analoghe ragioni non può ritenersi fondato neppure il terzo motivo di appello, in ampia parte ripetitivo delle censure già dedotte nel precedente.

Solo per completezza, va evidenziata l’impropria estrapolazione, ad opera di parte appellante, di parti delle motivazioni del precedente di Cons. Stato, V, 1° dicembre 2003, n. 7831, al fine di desumerne il principio secondo cui sarebbe sufficiente che la strada di cui trattasi abbia anche in passato soddisfatto esistenze di carattere generale per il collegamento con vie pubbliche, “non foss’altro per la utilizzazione della strada in antico per raggiungere quella chiesa e per collegarsi con le strade pubbliche”.

In realtà, la suddetta pronuncia non solleva l’ente pubblico dall’onere della prova circa l’attualità e la continuità dell’utilizzo pubblico della strada, bensì ritiene che questi abbia concretamente assolto al proprio onere della prova proprio in quanto avrebbe dimostrato (e non semplicemente presunto) nientemeno che l’utilizzo continuativo della stessa “da tempo immemorabile”, parametro quest’ultimo che però proprio l’appellante considera a più riprese inutilizzabile nel giudizio avanti al giudice amministrativo.

Conclusivamente, l’appello va dunque respinto. Le spese di lite, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge, confermando per l’effetto la sentenza impugnata.

Condanna l’appellante Comune di Sarnano al pagamento delle spese di lite del presente grado di giudizio in favore di Piergentili Giovanni, che liquida in euro 3.000,00 (tremila/00), oltre oneri di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 27 giugno 2017 con l’intervento dei magistrati:

Francesco Caringella, Presidente
Roberto Giovagnoli, Consigliere
Valerio Perotti, Consigliere, Estensore
Stefano Fantini, Consigliere
Daniele Ravenna, Consigliere

L’ESTENSORE
Valerio Perotti
        
IL PRESIDENTE
Francesco Caringella
        
        
IL SEGRETARIO

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