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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Procedimento amministrativo Numero: 7927 | Data di udienza: 11 Maggio 2023

PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO – Revoca – Concessione – Nuova valutazione dell’interesse pubblico originario – Errata indicazione del valore della concessione (Massima a cura di Augusto Di Cagno)


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 5^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 24 Agosto 2023
Numero: 7927
Data di udienza: 11 Maggio 2023
Presidente: Caringella
Estensore: Fasano


Premassima

PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO – Revoca – Concessione – Nuova valutazione dell’interesse pubblico originario – Errata indicazione del valore della concessione (Massima a cura di Augusto Di Cagno)



Massima

CONSIGLIO DI STATO, Sez. 5^ – 24 agosto 2023, n. 7927

PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO – Revoca – Concessione – Nuova valutazione dell’interesse pubblico originario – Errata indicazione del valore della concessione

La nozione di revoca regolamentata dall’art. 21 quinquies l. n. 241 del 1990 è ampia, essendo contemplati tre presupposti alternativi per la legittima adozione del provvedimento: i sopravvenuti motivi di pubblico interesse; il mutamento della situazione di fatto; la nuova valutazione dell’interesse pubblico originario (c.d. ius poenitendi). In particolare, tra i presupposti alternativi, il presupposto che si differenzia in termini di particolare ‘ampiezza’ è quello per cui l’Amministrazione può revocare il provvedimento non solo per l’insorgenza di sopravvenienze (tra cui possono essere annoverati anche i mutamenti di situazioni di fatto), ma anche per una nuova (e diversa) valutazione dell’interesse pubblico originario. Pertanto, può essere ritenuto adeguatamente motivato un provvedimento di revoca consistente in ‘una nuova valutazione dell’interesse pubblico in virtù dell’ampia discrezionalità di cui gode l’Amministrazione nell’esercizio del cosiddetto ius penitendi’ (Nel caso di specie, l’errata indicazione del valore della concessione ha costituito ragione dirimente di illegittimità del bando idonea a giustificare l’esercizio del potere di ritiro dell’Amministrazione, posto che la sottostima di tale valore ha di fatto scoraggiato altri operatori economici dal partecipare alla gara, in questo modo rappresentando un legittimo motivo di rivalutazione dell’interesse pubblico originario, stante l’asimmetria informativa di cui ha beneficiato la società appellante, la quale è stata sempre ben consapevole del maggior valore del progetto rispetto a quello considerato dall’Amministrazione)

(Conferma TAR PIEMONTE n. 933/2022) – Pres. Caringella, Est. Fasano – B. s.r.l. (avv. Grillo) c. Comune di Borgo Ticino (avv. Ferrario)


Allegato


Titolo Completo

CONSIGLIO DI STATO, Sez. 5^ - 24 agosto 2023, n. 7927

SENTENZA

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1361 del 2023, proposto da
Betasint s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, in relazione alla procedura CIG n. 8568639896, rappresentata e difesa dall’avvocato Loredana Grillo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Comune di Borgo Ticino, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Anna Laura Ferrario, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Giovanni Corbyons in Roma, via Cicerone n. 44;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte (Sezione Prima) n. 00933/2022, resa tra le parti;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Borgo Ticino;

Viste le memorie delle parti;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 11 maggio 2023 il Cons. Annamaria Fasano e uditi per le parti gli avvocati Grillo e Ferrario;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1. La società Betasint s.r.l. ha proposto appello avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte n. 933/2022 che ha respinto il ricorso, con domanda risarcitoria, dalla stessa proposto avverso gli atti con i quali il Comune di Borgo Ticino ha disposto l’annullamento della procedura aperta già aggiudicata, ex artt. 95 e 183 d.lgs. n. 50 del 2016, alla società ricorrente, nonché ‘annullamento e revoca’ della dichiarazione di pubblico interesse della proposta di aggiudicazione Finanza di Progetto ex art.183, comma 15 d.lgs. n. 50 del 2016 per la concessione del ‘servizio di illuminazione pubblica comprensivo di progettazione ed esecuzione degli interventi di adeguamento normativo, riqualificazione ed efficientamento energetico dei relativi impianti, manutenzione e fornitura di energia elettrica, gestione degli impianti termini degli immobili comunali comprensiva di progettazione, adeguamento normativo, riqualificazione ex d.lgs. 50/2016”.

2. La società Betansint s.r.l. aveva presentato al Comune di Borgo Ticino una proposta di parternariato pubblico privato, in regime di finanza di progetto, per l’affidamento del servizio di pubblica illuminazione e di gestione degli impianti termici degli immobili comunali. La proposta era stata dichiarata di pubblico interesse con deliberazione di Giunta comunale n. 179 del 24 novembre 2020 e inserita nel piano triennale delle opere pubbliche con delibera del Consiglio comunale n. 40 del 30 novembre 2020.

2.1. Con determinazione del Responsabile dell’Ufficio tecnico n. 386 del 23 dicembre 2020 era stata indetta una procedura aperta per l’aggiudicazione della concessione, il cui valore complessivo veniva stimato in euro 2.858.580,00 oltre I.V.A., pari al canone annuo proposto a base d’asta di euro 142.929,00 oltre I.V.A., moltiplicato per i venti anni di durata della concessione. La gara veniva aggiudicata a Betasint s.r.l., unica offerente, con determinazione dirigenziale n. 220 del 19 luglio 2021.

2.2. Con determinazione dirigenziale n. 130 del 9 maggio 2022, il Comune annullava in autotutela il provvedimento di aggiudicazione e i presupposti atti di gara. La decisione comunale veniva fondata sulle seguenti criticità: a) erronea indicazione del valore del servizio, pari al canone annuale di euro 142.929,00 moltiplicato per i venti anni di durata della concessione, quando invece il piano economico finanziario allegato alla proposta di project financing esponeva un canone annuo crescente fino ad un massimo di euro 189.104,00 e, dunque, un valore complessivo nei vent’anni di euro 3.299.732,00; b) erronea valutazione dell’interesse economico alla concessione, poiché effettuata sulla base dei costi storici sostenuti dal Comune nel 2017, rivelatisi superiori a quelli degli anni successivi; c) insufficiente trasferimento al concessionario, in violazione dell’art. 180, co. 3, d.lgs. 50/2016 e delle linee guida ANAC n. 9, del rischio operativo cd. di offerta (trattandosi di un’opera fredda senza remunerazione da parte dell’utenza, il rischio di domanda era di per sé azzerato); segnatamente, non risultavano adeguatamente traslati: i) rischio di disponibilità, che era fortemente limitato dal fatto che la manutenzione straordinaria era posta a carico dell’ente; ii) il rischio di performance e di indisponibilità della struttura e/o dei servizi, che era fortemente limitato da un sistema di penali non incisivo; iii) il rischio di costruzione, limitato al fatto che non vi erano penali per eventuali ritardi nel completamento dei lavori e dal fatto che non era chiarito su chi gravassero il rischio amministrativo (rilascio di pareri e nulla osta di enti terzi) e quello normativo/regolamentare; d) mancata validazione del progetto prima della gara e conseguente violazione dell’art. 26, co.8, d.lgs. 50/2016.

2.3. L’Amministrazione, con deliberazione del Consiglio n. 28 del 26 maggio 2022 e con deliberazione della Giunta n. 93 del 31 maggio 2022, provvedeva ad ‘annullare e revocare’ le delibere di approvazione della proposta di Betasint s.r.l. reputandola, in ragione dei rilievi indicati, non più di pubblico interesse.

2.4. Il Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte, con la sentenza impugnata, riteneva infondato il ricorso proposto da Betasint s.r.l. per l’annullamento dei provvedimenti assunti in autotutela e per il risarcimento del danno conseguente all’illecito operato dal Comune, respingendo anche la domanda di indennizzo ex art. 21 quinquies l. 241 del 1990, proposta in subordine.

2.5. Il Collegio di primo grado riteneva che, nel caso di specie, il valore indicato nel bando, pari a euro 2.858.580,00, derivante dalla moltiplicazione per venti anni di un canone fisso, non rispecchiava i reali introiti conseguibili dal concessionario, i quali comprendevano, in base a quanto indicato nel piano economico finanziario allegato alla proposta di project financing, anche gli incrementi di canone plausibilmente discendenti dall’aumento dei prezzi dell’energia e dall’inflazione. Pertanto, la mancata o scorretta indicazione del valore della concessione inficiava senz’altro la legittimità della gara, trattandosi di un’informazione, imposta dall’art. 167 d.lgs. 50/2016, necessaria a consentire agli operatori economici di formulare le offerte nella più completa conoscenza dei dati economici del servizio da svolgere. Il giudice di prime cure riteneva che, a prescindere dalla locuzione formale utilizzata <<annullare e revocare>>, le delibere impugnate costituivano, quantomeno con riferimento all’aspetto relativo al valore della concessione, espressione del potere di revocare in autotutela ex art. 21 quinquies l. 241/1990 e, in quanto tali, non erano soggette ad alcun limite temporale. Il Comune aveva dato conto dell’interesse pubblico sotteso all’annullamento promanante dall’erronea indicazione del valore della concessione, consistente nelle necessità che ‘la gara sia bandita consentendo la massima concorrenza e con prevedibilità della spesa, considerata anche la durata ventennale del contratto’. Il T.A.R. respingeva la domanda di risarcimento del danno, stante l’insussistenza dell’illegittimità dell’annullamento dell’aggiudicazione, escludendo la ricorrenza di una responsabilità precontrattuale del Comune, per l’assorbente mancanza di una posizione di legittimo affidamento in capo a Betasint s.r.l. che, essendo ben consapevole del maggior valore del progetto rispetto a quello considerato dall’Amministrazione, non poteva considerarsi in posizione di buona fede soggettiva, ossia di incolpevole ignoranza della criticità posta alla base dell’atto di autotutela. Veniva respinta, altresì, la domanda di indennizzo, atteso che occorreva considerare che l’indennizzo spettava solo in caso di revoca di atti attributivi di vantaggi certi e definitivi, mentre, nella specie, l’unico atto che aveva attribuito alla ricorrente un’utilità definitiva era l’aggiudicazione della concessione, la quale, però, non era stata revocata ex art. 21 quinquies l. 241/1990, ma annullata ex art. 21 nonies l.241/1990.

3. Con atto di appello, notificato nei termini e nelle forme di rito, Betasint s.r.l. (in seguito anche solo Betasint) ha impugnato la suddetta pronuncia, chiedendone la riforma, e denunciando: “1. Erronea ed insufficiente motivazione e travisamento degli atti di causa in relazione al capo (sub 5) di rigetto del I motivo di ricorso (Violazione e falsa applicazione degli artt. 21 – octies e 21 nonies l.241/90 in relazione agli artt. 26, co.8, 3 co. 1 lett. vv), 165 e 180 co.3 e 167 d.lgs. 50/2016 – Eccesso di potere per illogicità e contraddittorietà manifeste, travisamento – Erronea e contraddittoria motivazione); l’esponente ripropone i motivi (sub 1 A e C del ricorso di I grado) non esaminati dal T.A.R. a contestazione degli ulteriori profili motivazionali dedotti a fondamento della revoca/annullamento dei provvedimenti impugnati; 2. Erronea ed insufficiente motivazione, travisamento degli atti di causa in relazione al capo (sub 6) di rigetto del II motivo di ricorso ed al capo sub 5.4.1; 3. Erronea ed insufficiente motivazione, travisamento degli atti di causa in relazione al capo (sub 7) di rigetto del III motivo di ricorso in I grado (ulteriore violazione dell’art. 21 nonies l. 241/90 e dei principi in materia di autotutela – Eccesso di potere per illogicità manifesta; 4. Erronea ed insufficiente motivazione, travisamento degli atti di causa in relazione al capo (sub 8) di rigetto del IV motivo di ricorso (eccesso di potere per travisamento, errore sui presupposti, illogicità manifesta); 5) Sul rigetto delle istanze risarcitorie ed indennizzo (Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1175, 1336, 1337, 2043 c.c. e del principio di buona fede e correttezza nello svolgimento delle trattative); 6) Sulle spese di giudizio”.

4. Il Comune di Borgo Ticino si è costituito in resistenza, formulando richiesta di autorizzazione alla chiamata in causa della compagnia assicuratrice del Comune (AIG Europe SA) e concludendo per il rigetto dell’appello.

5. All’udienza del 11 maggio 2023, la causa è stata assunta in decisione.

DIRITTO

6. Con il primo mezzo, Betasint contesta la sentenza impugnata nella parte in cui ha respinto il primo motivo di gravame del ricorso introduttivo sull’assunto della fondatezza del profilo motivazionale relativo all’errata indicazione negli atti di gara del valore della concessione in relazione all’art. 167 d.lgs. n. 50/2016. Il Collegio giudicante avrebbe erroneamente ritenuto che il ‘fatturato totale’ generato ai fini dell’art. 167 d.lgs. 50/2016 avrebbe dovuto comprendere ‘ogni pagamento, a titolo di canone o ad altro titolo, che l’Amministrazione sarà plausibilmente tenuta a corrispondere al concessionario nel corso del rapporto’, ivi compresi gli ‘incrementi valoriali’ a titolo di revisione prezzi, essendo il fatturato un ‘stima prospettica’. Sulla base di tale presupposto, il T.A.R. ha concluso che ‘la mancata o scorretta indicazione del valore della concessione inficia senz’altro la legittimità della gara’, essendo plausibile nel caso specifico che tale sottostima abbia scoraggiato la partecipazione di altri operatori, consentendo a Betasint ‘unica a conoscenza del valore della concessione di concorrere da sola’, pertanto tale ragione rappresenterebbe un plausibile motivo di rivalutazione dell’interesse pubblico. Secondo l’appellante, tale statuizione sarebbe errata in quanto il valore contrattuale determinato ai sensi del combinato disposto di detta norma e dell’art. 35 non deve tenere conto dei futuri, presunti, incrementi del canone del servizio a titolo di ‘revisione prezzi’, ciò in quanto l’importo revisionato non può costituire valore attuale da considerare in maniera attendibile in sede di indizione della gara, in quanto incremento eventuale e comunque non certo nella sua entità, nonchè per il lasso di tempo ventennale ed in relazione a fattori volatili come il costo dell’energia. L’esponente precisa che, nell’ipotesi in cui questo Collegio dovesse considerare corretta l’interpretazione dell’art. 167 da parte dell’Ente comunale e condivisa dal Collegio di prima istanza, va contestata la statuizione anche nella parte in cui assume l’illegittimità della procedura quale conseguenza dell’errata indicazione di importo. La sottostima, comunque insussistente, non avrebbe rilievo invalidante, posto che lo stesso art. 167 dispone (al comma 3) che solo nel caso in cui la sottostima sia superiore del 20% (caso che peraltro non ricorrerebbe nella fattispecie) sorgerebbe l’obbligo di fare riferimento al valore più elevato senza conseguenza alcuna sulla validità della procedura. Né varrebbe a fondare l’illegittimità del bando di gara il giudizio di plausibilità formulato dal T.A.R. rispetto al disincentivo alla partecipazione di altri operatori dell’indicazione della base d’asta: la clausola revisionale era ben indicata negli atti di gara, essendo i relativi atti ad essi allegati quale proposta del promotore a base d’asta. Ne conseguirebbe, secondo l’appellante, l’erroneità delle affermazioni contenute nella sentenza impugnata (capo 5.3.5) nella parte in cui si ritiene che la ricorrente sarebbe stata l’unica depositaria dell’informazione relativa al supposto reale valore della concessione e che i potenziali concorrenti non potessero avere accesso a detta informazione ‘non essendo tenuti a revisionare tale documento’ (il PEF). La società impugna, pertanto, i capi della sentenza 5.4 e 5.5. laddove assumono l’erronea indicazione del valore della concessione come dato idoneo a sorreggere le decisioni di ritiro di cui alle Delibere di C.C. n. 28/22 e G.C. n. 93/22 (dichiarazione di pubblico interesse) anche sotto specie di revoca, atteso che la dichiarazione di pubblico interesse era stata seguita dal consolidarsi dell’affidamento con l’approvazione dell’aggiudicazione, sicchè il ritiro andava soggetto alla disciplina che l’art. 21 quinquies l. 241/90 dettata per gli atti attributivi di posizioni di vantaggio economico, non essendo quindi ammessa la rivalutazione dell’interesse pubblico originario.

L’appellante censura anche i capi della sentenza 5.4.2 e 5.4.3 evidenziando che, contrariamente a quanto sostenuto dal T.A.R., i profili motivazionali dei provvedimenti impugnati sono stati tutti contestati dall’esponente, anzitutto in fase di osservazioni ex art. 10 l. 241/90 e, comunque, nel ricorso di primo grado. Quanto alla ‘pretesa invariabilità’ del canone (in nessun modo prevista nella proposta di Betasint), la ricorrente ribadisce che la proposta è stata elaborata sulla base di costi storici manutentivi messi a disposizione dall’Amministrazione essendo stata presentata nel novembre 2019, pertanto la stessa non poteva tenere conto dei costi (non disponibili) del 2019 e del 2020.

Con il medesimo motivo, vengono riproposte le critiche (sub 1 A e C del ricorso di primo grado) non esaminate dal giudice di prima istanza, relative a contestare gli ulteriori profili motivazionali dedotti a fondamento della revoca/annullamento nei provvedimenti impugnati, e riferite alla mancata validazione del Progetto prima dell’indizione della procedura aperta per l’affidamento della concessione in relazione all’art. 26, comma 8, d.lgs. 50/2016, atteso che la predetta validazione invece sarebbe intervenuta mediante l’affidamento dell’incarico ai sensi dell’art. 31 d.lgs. n. 50 del 2016 con Determinazione n. 230 del 4.8.2020, e la relativa attività sarebbe stata correttamente eseguita. Qualsiasi eventuale vizio dovrebbe essere, al contrario, addebitato in via esclusiva alla negligente condotta procedimentale dell’Amministrazione procedente, laddove essa abbia omesso l’esplicito e formale atto finale ed avrebbe inserito la dichiarazione di intervenuta validazione all’interno della delibera di Giunta n. 179/20, pretendendo poi di utilizzare tale modus procedendi quale leva per decretare la perdita dell’affidamento in pregiudizio dell’incolpevole contraente privato. Vengono censurati i provvedimenti impugnati anche in relazione ai profili dei rischi, atteso che la proposta presenterebbe profili di accollo del rischio tali da qualificare l’operazione quale valida iniziativa di partenariato pubblico privato.

7. Con il secondo motivo, si impugnano i capi di sentenza 5.4.1 e 6, che hanno ritenuto corretta, e comunque irrilevante ai fini della legittimità dei provvedimenti impugnati, la duplice loro qualificazione come ‘di revoca e annullamento’ atteso che, pur a fronte dei medesimi presupposti di fatto e rilievi in punto di diritto, il Comune ha strumentalmente adoperato non già la qualificazione più consona, bensì quella più idonea a perseguire il risultato di negare a Betasint ogni indennizzo o risarcimento, facendo ricorso all’annullamento per l’atto immediatamente attributivo di vantaggi economici (l’aggiudicazione), pure a fronte dei medesimi profili (in fatto e in diritto) dedotti negli atti di ritiro della dichiarazione di pubblico interesse.

8. Con la terza censura, si denuncia l’erroneità della statuizione del T.A.R. che ha ritenuto infondata la doglianza relativa all’adozione degli atti oltre il ‘termine ragionevole’ di cui all’art. 21 nonies l. 241/90 e comunque in violazione dei principi dell’autotutela, a fronte della tardività della decisione in assenza di qualsivoglia fatto nuovo, della mancata comparazione tra gli interessi coinvolti, della disponibilità manifestata da Betasint (prima che il Comune palesasse qualsivoglia volontà di ritiro) a rivedere l’accollo degli oneri di manutenzione straordinaria, poi indicati tra i motivi del disposto ritiro e, infine, dell’imputabilità al Comune dei pretesi vizi dedotti (considerazione dei dati di spesa storica di soli due anni, mancata validazione del progetto e importo a base d’asta).

L’appellante impugna la statuizione del T.A.R. sotto il profilo della ponderazione tra gli interessi coinvolti, risultando erronea in punto di fatto la valutazione contenuta nella sentenza impugnata secondo cui l’interesse alla correttezza della procedura di gara (che sarebbe inficiata dall’errato valore a base d’asta) sarebbe prevalente rispetto “all’interesse di Betasint a mantenere un’aggiudicazione che essa ha conseguito anche grazie ad un’asimmetria informativa tra la proposta di p.f. e gli di gara”, laddove dai fatti esposti emergerebbe che Betasint non avrebbe beneficiato di alcuna ‘asimmetria informativa’, avendo proposto in modo assolutamente chiaro e trasparente tutte la condizioni negoziali, poi messe a disposizioni di potenziali concorrenti.

9. Con il quarto mezzo, l’appellante lamenta che tra i presupposti dell’annullamento/revoca degli atti impugnati viene indicato il ‘parere acquisito dal Dipartimento di Programmazione e coordinamento della politica economica (DIPE) prot. 261 del 21.1.2022’, ma tale parere non esprimerebbe alcuna valutazione riferita alla procedura di cui è causa, disponendo nondimeno il rigetto del motivo, ritenuto che ‘il richiamo al parere non ha alcuna influenza sulla legittimità dei provvedimenti in autotutela’. Tale statuizione sarebbe erronea, atteso che l’invocare tra i presupposti di un provvedimento un atto (il parere del DIPE) non conferente integrerebbe un obiettivo errore sui presupposti e vizi della motivazione atti ad inficiare il provvedimento impugnato.

10. Con il quinto motivo, si impugna la statuizione di rigetto della domanda principale, che l’appellante ripropone per l’ipotesi di accoglimento dell’impugnazione quanto all’annullamento della Determina n. 130/22 di approvazione dell’aggiudicazione di condanna del Comune risarcimento a titolo di lucro cessante ex art. 2043 c.c. nella misura di euro 255.517,00 (o per la diversa somma accertata) per il mancato utile conseguente al disposto annullamento. Secondo l’esponente, i profili di responsabilità sotto il profilo della condotta e dell’elemento soggettivo sarebbero integrati anzitutto dall’avere il Comune reiteratamente rassicurato l’esponente in ordine all’affidamento e mai palesato la volontà di ritiro, salvo poi avviare il procedimento di concomitanza con la diffida alla stipula di Betasint, a distanza di quasi un anno e mezzo dalla dichiarazione di pubblico interesse e di quasi un anno dall’aggiudicazione. Il Comune ha adottato plurimi atti di ritiro sulla base di un’unica motivazione, qualificandoli in maniera duplice come annullamento e revoca, senza riconoscere all’esponente alcun ristoro economico, neppure per le spese sostenute, pur avendone richiesto conto nell’ambito del procedimento in autotutela. In subordine all’annullamento degli atti impugnati, per l’ipotesi della quantificazione degli stessi quali provvedimenti illegittimi, l’importo di euro 44.474,29 viene richiesto a titolo di responsabilità precontrattuale ex art. 1337 c.c., ovvero a titolo di indennizzo ex art. 21 quinquies l. 241 del 1990 posto che gli atti di ritiro sarebbero stati adottati successivamente alla definitiva aggiudicazione della concessione, sulla base di elementi ab initio esistenti e comunque di situazioni determinate in via esclusiva da fatto della P.A. procedente, avendo assunto gli atti della procedura la connotazione di atti ad effetti durevoli. Secondo l’appellante, sarebbe erronea la statuizione della sentenza impugnata nella parte in cui considera singolarmente la dichiarazione di pubblico interesse, ignorando il fatto che alla stessa ha fatto seguito l’aggiudicazione definitiva della concessione. La società ricorrente conclude chiedendo, in uno con la riforma della sentenza impugnata, l’annullamento della statuizione di condanna a suo carico al pagamento delle spese del primo grado di giudizio.

11. Le critiche sopra sintetizzate, da esaminarsi congiuntamente in quanto attinenti a profili logicamente connessi, sono infondate.

11.1. La società appellante contesta la decisione assunta dal Comune di Borgo Ticino che, con Determinazione dirigenziale n. 130 del 9 maggio 2022, ha annullato in autotutela il provvedimento di aggiudicazione e i presupposti atti di gara, in ragione della erronea indicazione del valore di servizio, e dell’erronea valutazione dell’interesse economico alla concessione, poiché effettuata sulla base dei costi storici sostenuti dal Comune nel 2017, rivelatisi superiori a quelli degli anni successivi. L’Amministrazione si è determinata per l’annullamento anche per l’insufficiente trasferimento al concessionario, in violazione dell’art. 180, co. 3, d.lgs. 50/2016 e delle linee guida ANAC n. 9 dei profili di rischio (rischio di disponibilità, rischio di performance e di indisponibilità della struttura e dei servizi, rischio di costruzione), oltre che per la mancata validazione del progetto prima della gara con violazione dell’art. 26, co. 8, d.lgs. 50/2016.

12. Va premesso, per l’esatto inquadramento della vicenda processuale, che secondo l’indirizzo prevalente della giurisprudenza amministrativa, la nozione di revoca regolamentata dall’art. 21 quinquies l. n. 241 del 1990 è ampia, essendo contemplati tre presupposti alternativi per la legittima adozione del provvedimento: i sopravvenuti motivi di pubblico interesse; il mutamento della situazione di fatto; la nuova valutazione dell’interesse pubblico originario (c.d. ius poenitendi). In particolare, tra i presupposti alternativi, il presupposto che si differenzia in termini di particolare ‘ampiezza’ è quello per cui l’Amministrazione può revocare il provvedimento non solo per l’insorgenza di sopravvenienze (tra cui possono essere annoverati anche i mutamenti di situazioni di fatto), ma anche per una nuova (e diversa) valutazione dell’interesse pubblico originario. Pertanto, può essere ritenuto adeguatamente motivato un provvedimento di revoca consistente in ‘una nuova valutazione dell’interesse pubblico in virtù dell’ampia discrezionalità di cui gode l’Amministrazione nell’esercizio del cosiddetto ius penitendi’.

Ne consegue che, in disparte il chiarimento espresso dal Giudice di prima istanza in sentenza in ordine alla definizione di ‘annullamento’ o ‘revoca’ del provvedimento impugnato, non colgono nel segno le critiche prospettate con riferimento alla necessità che l’atto di ritiro andasse soggetto alla disciplina di cui all’art. 21 nonies l. 241 del 1990.

L’appellante, invero, si duole del fatto che il Collegio di prima istanza ha ritenuto corretta, e comunque irrilevante ai fini della legittimità dei provvedimenti impugnati, la duplice loro qualificazione come ‘di revoca e annullamento’ atteso che, pur a fronte dei medesimi presupposti di fatto e rilievi in punto di diritto, il Comune ha strumentalmente adoperato non già la qualificazione più consona, bensì quella più idonea a perseguire il risultato di negare a Betasint ogni indennizzo o risarcimento, facendo ricorso all’annullamento per l’atto immediatamente attributivo di vantaggi economici (l’aggiudicazione), pure a fronte dei medesimi profili (in fatto e in diritto) dedotti negli atti di ritiro della dichiarazione di pubblico interesse. Lamenta che la maggiorazione del canone concessorio, in quanto derivante dalla revisione dei prezzi e da clausole di indicizzazione, sarebbe irrilevante ai fini della stima del valore della concessione, per come richiesta dall’art. 167 d.lgs. 50/2016, e comunque tale errore non avrebbe potuto recare danno, atteso che eventuali terzi interessati alla gara avrebbero potuto prendere contezza degli incrementi valoriali analizzando il piano economico finanziario allegato alla proposta di parternariato.

13. Le critiche non possono essere condivise.

13.1. Va premesso che, come correttamente ha precisato il Tribunale adito, gli atti di autotutela impugnati sono plurimotivati, sicchè nell’ipotesi in cui sussista anche una sola ragione idonea a sorreggere autonomamente le decisioni dell’Amministrazione, diviene irrilevante ogni altra contestazione espressa sulla motivazione dei suddetti provvedimenti (Cons Stato n.4939 del 2022).

La precisazione assume rilievo al fine dell’assorbimento delle ulteriori censure illustrate con i mezzi che questa Sezione ritiene superfluo scrutinare, tenuto conto che l’eventuale esame degli stesse non determinerebbe una soluzione di segno contrario a quella che di seguito verrà esposta.

Nella specie, l’errata indicazione del valore della concessione ha costituito certamente una ragione dirimente di illegittimità del bando idonea a giustificare l’esercizio del potere di ritiro dell’Amministrazione, posto che la sottostima di tale valore ha di fatto scoraggiato altri operatori economici dal partecipare alla gara (alla quale ha partecipato solo la società Betasint), in questo modo rappresentando un legittimo motivo di rivalutazione dell’interesse pubblico originario, stante l’asimmetria informativa di cui ha beneficiato la società appellante, la quale è stata sempre ben consapevole del maggior valore del progetto rispetto a quello considerato dall’Amministrazione.

13.2. L’assunto è confortato dai fatti di causa.

Invero, la sottostima del valore della concessione ha effettivamente indotto altre imprese a non partecipare alla gara, consentendo solo a Betasint, unica partecipante perchè la sola a conoscenza del reale valore della concessione.

14. L’art. 167 del d.lgs. n. 50 del 2016 rubricato ‘metodi di calcolo del valore stimato delle concessioni’, che ha recepito la direttiva 2014/23/UE stabilisce al comma 1 che ‘il valore di una concessione, ai fini di cui all’articolo 35, è costituito dal fatturato totale del concessionario generato per tutta la durata del contratto, al netto dell’IVA, stimato dall’amministrazione aggiudicatrice o dall’ente aggiudicatore, quale corrispettivo dei lavori e dei servizi oggetto della concessione, nonché per le forniture accessorie a tali lavori e servizi’, aggiungendo, al comma 2, che ‘il valore stimato è calcolato al momento dell’invio del bando di concessione o, nei casi in cui non sia previsto un bando, al momento in cui l’amministrazione aggiudicatrice o l’ente aggiudicatore avvia la procedura di aggiudicazione della concessione’ e, al comma 4, che ‘il valore stimato della concessione è calcolato secondo un metodo oggettivo specificato nei documenti della concessione’ (Cons. Stato n. 2017 del 2411). Pertanto, diversamente da quanto sostenuto dall’appellante, la norma, ancorando la stima al fatturato conseguibile dal concessionario, impone di determinare la remunerazione reale dell’investimento. Infatti, il valore della concessione è costituito dal fatturato totale del concessionario generato per tutta la durata del contratto, al netto dell’IVA, quale corrispettivo dei servizi oggetto della concessione, nonché per le forniture accessorie a tali servizi.

Orbene, la giurisprudenza ha, in più occasioni, chiarito che il valore della concessione non può essere ancorato unicamente al parametro del canone di concessione (Cons. Stato n. 2411 del 2017), e ciò soprattutto rispetto alla concessione di cd. opere fredde, quale quella oggetto di causa, caratterizzate dal fatto che il concessionario non è destinato a ricevere i pagamenti dagli utenti finali del servizio, sicchè emerge all’evidenza che quella del fatturato si inquadra come “una stima prospettica, che richiede l’attualizzazione di ogni ricavo futuro ritraibile dalla gestione del servizio per tutta la durata dell’affidamento”, atteso che ‘va parametrata al fatturato complessivo che si prevede possa derivare dalla fornitura dei servizi a favore della massa degli utenti’ (Cons. Stato, n. 4343 del 2016).

In sostanza, stante il carattere prospettico della stima del fatturato, quest’ultimo avrebbe dovuto comprendere sia i valori presenti che i valori futuri attualizzati al momento dell’indizione della gara.

Come precisato dal T.A.R. nella sentenza impugnata: “nel caso di specie il valore indicato dal bando, pari a euro 2.858.580,00 derivante dalla moltiplicazione per venti anni di un canone fisso, non rispecchia i reali introiti conseguibili dal concessionario, i quali comprendono, in base a quanto indicato nel piano economico finanziario allegato alla proposta di project financing, anche gli incrementi di canone plausibilmente discendenti dall’aumento dei prezzi dell’energia e dell’inflazione. Proprio considerando tali ulteriori valori, infatti, il piano economico finanziario illustra una proiezione complessiva del fatturato pari a complessivi euro 3.299.732,00”.

Si deve ragionevolmente concludere che l’errata determinazione del valore della concessione non ha consentito di formulare un’offerta corretta, completa, consapevole e ponderata, sicchè ha rappresentato una ragione idonea a sorreggere le decisioni adottate con le Delibere impugnate di ritirare i precedenti provvedimenti con cui la proposta di Betasint è stata valutata rispondente all’interesse pubblico e inserita nel piano triennale delle opere pubbliche (Delibera del C.C. n. 40 del 2020 e della G.C. n. 179 del 2020).

Né può assumere rilievo l’obiezione illustrata dalla società ricorrente circa il fatto che il valore della concessione era conoscibile ab initio, atteso che, come si è detto, stante il chiaro tenore letterale dell’art. 21 quinquies l. 241 del 1990, la revoca è un atto sempre ammissibile in ipotesi, come quella di specie, di rivalutazione dell’interesse pubblico originario (ius poenitendi).

Quanto alle critiche riferite alla asserita confusione dell’Amministrazione nella utilizzazione di un provvedimento di annullamento piuttosto che di revoca, va ribadito quanto puntualmente e condivisibilmente precisato dal T.A.R., secondo cui ‘a prescindere dalla locuzione formale utilizzata (‘annullare e revocare’), le delibere in questione costituiscono, quantomeno con riferimento all’aspetto relativo al valore della concessione, espressione del potere di revoca in autotutela ex art. 21 quinquies l.241/1990. La proposta di parternariato pubblico privato è stata infatti ritirata non tanto per profili d’illegittimità, quanto perché dimostratasi, alla luce dell’errata valutazione dei costi per l’amministrazione, non rispondente all’interesse del comune’, laddove invece l’aggiudicazione della concessione è stata annullata ex art. 21 nonies l. 241 del 1990.

Né può essere predicata alcuna contraddittorietà tra gli atti autotutela, con riferimento alla Determinazione dirigenziale n. 130 del 2022, qualificata come atto di annullamento, e le Delibere del Consiglio comunale n. 28 del 2022 e della Giunta n. 93 del 2022, come annullamento e revoca, atteso che uno stesso elemento fattuale può contemporaneamente rappresentare motivo di illegittimità del provvedimento o ragione di inopportunità dello stesso.

Tale ‘ratio decidendi’ va sostenuta anche con riferimento all’ulteriore argomentazione illustrata nella sentenza impugnata dal Collegio di primo grado, il quale ha evidenziato come non è ‘neppure inconcepibile accorpare in un medesimo provvedimento l’esercizio del potere di annullamento e di revoca, purchè ciascuna delle due determinazioni sia incentrata, rispettivamente, sull’illegittimità e sulla rivalutazione del merito delle scelte iniziali”. Né può essere certamente considerato irragionevole e contraddittorio il comportamento dell’Amministrazione che abbia ritenuto una medesima valutazione discrezionale contestualmente fondamento dell’esercizio del proprio potere, senza precisare se tale potere sia espressione di ‘annullamento o revoca’ delle proprie precedenti determinazioni.

15. Le critiche riferite al decorso temporale delle determinazioni dell’Amministrazione sono state condivisibilmente respinte dal Tribunale di primo grado, dovendosi rilevare che, nella specie, non si può certamente sostenere che sia stato adottato un termine eccessivamente lungo, posto che la rivalutazione dell’interesse pubblico sotteso all’annullamento degli atti per errata indicazione del valore della concessione è intervenuta a meno di un anno dall’aggiudicazione avvenuta il 19 luglio 2021. Le Deliberazioni n. 28 del 2022 e n. 93 del 2022, come si è detto, sono atti di revoca e quindi non sono soggetti ad alcun limite temporale, e sono state oggetto, diversamente da quanto predicato dall’appellante, di un bilanciamento degli interessi in conflitto, apparendo ragionevole la scelta di dare prevalenza all’interesse pubblico rispetto al vantaggio che avrebbe conseguito Betasint dall’aggiudicazione della gara, comunque determinatasi a seguito dell’applicazione di una scorretta legge di gara. Infine, il riferimento al parere acquisito dal Dipartimento per la Programmazione e il Coordinamento della Politica Economica (DIPE) della Presidenza del Consiglio dei Ministri prot. 261 del 21 gennaio 2022, di cui si denuncia l’inconferenza, non vale ad inficiare la validità degli atti impugnati, potendo essere considerato un ‘obiter’, ossia un inciso che non modifica le ragioni poste a fondamento dei provvedimenti.

16. Passando all’esame delle domande risarcitorie e di indennizzo, introdotte dall’appellante anche in questo giudizio, vanno condivise le conclusioni raggiunte dal Tribunale adito, posto che il risarcimento del danno da lucro cessante presuppone l’ingiustizia del danno ex art. 2043 c.c., che nella specie, per i rilievi sopra espressi, non è sussistente.

Un ulteriore argomento consente di superare le doglianze introdotte con l’appello.

Il Collegio rileva la contrarietà ai doveri di correttezza e buona fede della società appellante, la quale non può vantare alcuna posizione tutelabile e, quindi, neppure ottenere il risarcimento dei danni a titolo di responsabilità precontrattuale.

L’esame del comportamento negoziale delle parti porta a ritenere, ai fini della responsabilità precontrattuale, che Betansint era ben consapevole del maggior valore del progetto rispetto a quello considerato dall’Amministrazione nel bando, sicchè non versava in situazione di buona fede (soggettiva), ossia in posizione di incolpevole ignoranza, tenuto conto della evidente scorretta indicazione del valore della concessione. Oltre al fatto che la determinazione del valore dell’interesse economico della concessione, per come ammesso dalla stessa società appellante, era stato effettuato sulla base dei costi storici sostenuti dal Comune del 2017.

Invero, la valutazione della condotta di buona fede del concorrente va posta in relazione anche con il principio della tutela dell’apparenza, dal momento che viene ritenuta sussistente solo se è idonea ad evitare situazioni di apparenza di fatto o di diritto tali da generare un fallace convincimento nell’esito dell’attività contrattuale. A tale riguardo, è significativa la decisione del 4 maggio 2018, n. 5, dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, con cui si è chiarito che la buona fede deve essere osservata nell’ambito di qualsiasi situazione relazionale qualificata, fonte di ragionevoli affidamenti e fondate aspettative. L’assenza di una ignoranza incolpevole da parte di Betasint sulle criticità del valore della concessione induce certamente ad escludere una responsabilità in capo all’Amministrazione da comportamento illecito.

Con la recente sentenza n. 5870 del 2021, questa Sezione ha ribadito che la responsabilità precontrattuale della p.a. non sorge per il sol fatto che essa abbia deciso o meno di avviare e/o concludere la procedura di project financing, ma si determina nel momento in cui il privato può effettivamente vantare un affidamento obiettivamente meritevole di tutela, dimostrando di non avere ‘colpevolmente’ contribuito a creare il proprio affidamento. Stante la preminente considerazione dell’interesse pubblico, che connota l’esercizio del potere di revoca, e tenuto conto della insussistenza della condizione di legittimo affidamento in capo a Betasint non ravvisandosi una buona fede soggettiva, si deve concludere per la correttezza del capo di sentenza reiettivo della articolata istanza risarcitoria. Anche al concorrente grava l’obbligo sancito dall’art. 1337 c.c. di comportarsi secondo buona fede durante lo svolgimento delle trattative (cfr. Cons. Stato, Ad. Plen. 5 settembre 2005, n. 6).

In sostanza, nella fattispecie, non può essere riconosciuta una responsabilità risarcitoria se l’azione di riesame della convenienza di una proposta di finanza e progetto, a cui sia conseguita una aggiudicazione per un ‘evidente’ difetto originario della legge di gara, sia stata determinata alla luce di un interesse pubblico rivalutato, non idoneo a interferire con l’interesse del promotore, posto che tale interesse era comunque, implicitamente, subordinato alla presentazione di una proposta ammissibile, nell’ipotesi in esame non ravvisabile, essendo stata prospettata sulla base di una situazione di errore in cui è incorsa l’Amministrazione durante le varie fasi della procedura.

17. Va respinta, altresì, la domanda di indennizzo di cui all’art. 21 quinquies l. 241 del 1990, atteso che la revoca degli atti di gara in presenza di una rivalutazione del pubblico interesse a fronte di una proposta di project financing non obbliga l’Amministrazione alla corresponsione dell’indennizzo, in quanto l’art. 21 quinquies è cedevole rispetto alla disciplina specifica dettata dall’art. 183, co.12 e 15 d.lgs.50/2016, ove si prescrive il riconoscimento dell’interesse contrattuale negativo o dell’indennizzo per le sole ipotesi in cui il promotore non risulti aggiudicatario della gara.

Inoltre, stante l’insussistenza di qualsiasi responsabilità dell’Amministrazione, anche a titolo di responsabilità precontrattuale, nessun indennizzo va riconosciuto, considerato che, l’unico atto che ha attribuito al ricorrente una utilità definitiva, ossia l’aggiudicazione della concessione, è stato annullato ai sensi dell’art. 21 nonies l. 241 del 1990 (Cons. Stato n. 3025 del 2018).

18. In definitiva, l’appello va respinto ed ogni altra questione deve ritenersi assorbita, atteso che, come sopra precisato, l’eventuale esame della stessa non determinerebbe una conclusione di segno contrario.

19. Le ragioni della decisione e la peculiarità della vicenda processuale giustificano la compensazione integrale delle spese di lite del grado tra le parti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Compensa integralmente tra le parti le spese di lite del grado.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso, in Roma, nella camera di consiglio del giorno 11 maggio 2023 con l’intervento dei magistrati:

Francesco Caringella, Presidente

Angela Rotondano, Consigliere

Giovanni Grasso, Consigliere

Giuseppina Luciana Barreca, Consigliere

Annamaria Fasano, Consigliere, Estensore

L’ESTENSORE
Annamaria Fasano

IL PRESIDENTE
Francesco Caringella

IL SEGRETARIO

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