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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Diritto processuale amministrativo Numero: 836 | Data di udienza: 17 Dicembre 2020

DIRITTO PROCESSUALE AMMINISTRATIVO – Omessa pronuncia sull’istanza di rinvio pregiudiziale – Figura dell’errore di fatto revocatorio – Presupposti e limiti – Principio di corrispondenza tra chiesto e pronunziato – Istituto giuridico della revocazione – Interpretazione della normativa di fonte eurocomune – I diversi orientamenti della giurisprudenza. (Massima e nota a cura di Salvatore Esposito)


Provvedimento: SENTENZA
Sezione: 5^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 28 Gennaio 2021
Numero: 836
Data di udienza: 17 Dicembre 2020
Presidente: SALTELLI
Estensore: GRASSO


Premassima

DIRITTO PROCESSUALE AMMINISTRATIVO – Omessa pronuncia sull’istanza di rinvio pregiudiziale – Figura dell’errore di fatto revocatorio – Presupposti e limiti – Principio di corrispondenza tra chiesto e pronunziato – Istituto giuridico della revocazione – Interpretazione della normativa di fonte eurocomune – I diversi orientamenti della giurisprudenza. (Massima e nota a cura di Salvatore Esposito)



Massima

CONSIGLIO DI STATO, sez. V, sentenza 28 gennaio 2021, n. 836

DIRITTO PROCESSUALE AMMINISTRATIVO – Omessa pronuncia sull’istanza di rinvio pregiudiziale – Figura dell’errore di fatto revocatorio – Presupposti e limiti – Principio di corrispondenza tra chiesto e pronunziato – Istituto giuridico della revocazione – Interpretazione della normativa di fonte eurocomune – I diversi orientamenti della giurisprudenza.

L’istanza di rinvio pregiudiziale va acquisita in termini di mera sollecitazione al rilievo officioso, essendo inidonea a strutturare, sul piano formale, una domanda (o una eccezione) in senso tecnico, in ordine alla quale operi, in chiave di doveroso, necessario e compiuto riscontro, il principio di corrispondenza tra chiesto e pronunziato (cfr. art. 112 cod. proc. civ.). Per l’effetto, non è possibile prospettare una omessa pronunzia sulla questione interpretativa, in ordine alla quale possa anche solo astrattamente prefigurarsi, nei sensi chiarito, un errore senso percettivo del giudice, che – per una svista – abbia trascurato di apprezzarla. L’esatta interpretazione della normativa di fonte eurocomune, per quanto riservata – per note ed evidenti ragioni di uniformità – alla Corte di giustizia, è in ogni caso mediata, trattandosi di questione di diritto e non di fatto, dal necessario e strumentale vaglio di rilevanza, ancorato alla sussistenza di un concreto e specifico dubbio ermeneutico dell’organo giudicante, tipicamente escluso – nella logica dell’acte claire – dalla riscontrata esistenza di precedenti pronunzie della Corte, idonee ad orientare, senza residui, la decifrazione e la ricostruzione dell’ordito normativo rilevante ai fini della definizione della controversia. In definitiva, (sebbene il Collegio non ignori decisioni sul punto diversamente orientate: cfr. e.g. e da ultimo Cons. Stato, sez. IV 26 aprile 2018, n. 2532), deve essere ribadito che non sussiste la pretesa, tutelabile ex se, a “conoscere, sulla vicenda, il punto di vista della Corte di giustizia” e tanto meno la possibilità di affidare tale pretesa ad una “istanza precisa”, articolata e formalizzata “in stretta aderenza alle censure dedotte avverso l’atto impugnato”, tale che il suo omesso vaglio (anche quando – diversamente da quanto, in ogni caso, avvenuto nella vicenda processuale in esame, in cui, come vale ripetere, la mancata rimessione è stata espressamente argomentata e motivata in ragione della ritenuta insussistenza di dubbio interpretativo) possa prefigurare una fattispecie revocatoria.

La revocazione non appare esperibile nei casi in cui il giudice nazionale, quand’anche di ultima istanza, abbia omesso di formulare, anche a negativo od omesso riscontro all’istanza di parte, questione interpretativa e di operare il rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia europea. L’istanza di rinvio pregiudiziale va qualificata in termini di mera sollecitazione al rilievo officioso in quanto inidonea a strutturare una domanda (o un’eccezione) in senso tecnico. In ordine ad essa, quindi, non opera il principio di corrispondenza tra chiesto e pronunziato. Ne discende l’impossibilità di prospettare l’omessa pronunzia sulla questione interpretativa e, per l’effetto, si esclude la configurabilità dell’errore di fatto revocatorio. (massima e nota a cura di Salvatore Esposito)  

L’OMESSA PRONUNCIA SULL’ISTANZA DI RINVIO PREGIUDIZIALE NON INTEGRA L’ERRORE DI FATTO REVOCATORIO. Salvatore Esposito

 


Allegato


Titolo Completo

CONSIGLIO DI STATO, sez.5^, 28/01/2021 (Ud. 17/12/2020), sentenza n. 836

SENTENZA

Pubblicato il 28/01/2021

N. 00836/2021REG.PROV.COLL.
N. 04757/2020 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4757 del 2020, proposto da
-OMISSIS- in proprio e nella qualità di capogruppo mandataria della costituenda associazione temporanea di imprese con -OMISSIS-in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Raffaele Ferola, Gian Michele Roberti e Giuseppe Tesauro, con domicilio digitale come da registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Raffaele Ferola in Roma, al corso Vittorio Emanuele II, n. 18;

contro

Consip S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, alla via dei Portoghesi, n. 12;
Manital s.c.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Gianluca Maria Esposito e Valeria Ciervo, con domicilio digitale come da registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Gianluca Maria Esposito in Roma, al lungotevere Arnaldo Da Brescia, n. 11;
Manitalidea S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Gianluca Maria Esposito, Valeria Ciervo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Gianluca Maria Esposito in Roma, Lungotevere Arnaldo Da Brescia 11;
nei confronti

Elba Assicurazioni S.p.A., non costituita in giudizio;
per la revocazione

della sentenza del Consiglio di Stato – sez. V n. 477/2020, resa tra le parti

Visti il ricorso per revocazione e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Consip S.p.A., di Manitalidea S.p.A. e di Manital s.c.p.a.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 17 dicembre 2020, tenuta da remoto ai sensi dell’art. 4, comma 1, del d.l. 30 aprile 2020, n. 28, convertito con modificazioni dalla legge 25 giugno 2020, n. 70, come richiamato dall’art. 25, comma 1, del d.l. 18 ottobre 2020, n. 137, il Cons. Giovanni Grasso e uditi per le parti, pure da remoto, gli avvocati Ferola, Roberti, Ciervo e l’avvocato dello Stato Pluchino;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1.- Con ricorso per revocazione ex art. 106 cod. proc. amm. -OMISSIS- esponeva:

a) che Consip s.p.a. aveva sancito la sua esclusione dalla gara denominata F24, sull’assunto che concretassero grave errore professionale, imputabile alla società ex art. 38, co. 1, lett. f) d. lgs. n. 163/2006, le risultanze delle indagini preliminari nei confronti del socio di minoranza avv. -OMISSIS-

b) che, pendente il contenzioso instaurato avverso la ridetta determinazione, Consip s.p.a. aveva proceduto, con successivo provvedimento in data 6 marzo 2018, alla esclusione della ricorrente da ulteriori sei gare in corso, tutte regolate ratione temporis dal d. lgs. n. 163/2006 cit. e, in particolare, dalla gara indetta per l’affidamento per l’affidamento dei servizi integrati, gestionali e operativi negli istituti e luoghi di cultura: e ciò in base all’ulteriore assunto che le misure di riorganizzazione (c.d. self cleaning) attuate dalla società (e validate dal Tribunale di Roma, con ordinanza in data 1° agosto 2017 ai fini della idoneità a contrattare con la pubblica amministrazione) avrebbero sortito effetti soltanto per il futuro, e non relativamente alle procedure evidenziali già in corso;

c) che anche tale misura era stata impugnata con ulteriore ricorso, integrato da motivi aggiunti, dinanzi al TAR per il Lazio, che – all’esito della pronunzia n. 5424/2018, resa da questo Consiglio di Stato in relazione alla prima gara – lo aveva respinto;

d) che la sentenza era stata gravata da rituale appello, con il quale – nel corpo dei plurimi ed articolati motivi di doglianza – era stata anche formalizzata specifica istanza di rimessione alla Corte di Giustizia UE, con rinvio pregiudiziale, della questione d’interpretazione della norma unionale di cui all’art. 45, comma 2, lett. d), della Direttiva n. 18/2004, recepita dal D.Lgs. n. 163/2006;

e) che, con la sentenza in epigrafe, il Consiglio di Stato aveva respinto l’appello, segnatamente disattendendo l’istanza di rimessione sull’argomentato (ed asseritamente scarno e immotivato) assunto che “i principi desumibili dal precedente di Corte Giust. UE 20 dicembre 2017, n. 178, in causa C-178/16, Impresa di Costruzioni Ing. E. Mantovani s.p.a.”, consentissero di superare “la questione interpretativa pregiudiziale al giudice eurounitario”.

2.- Tanto premesso, la società impugna la decisione, allegando – in termini di decisivo e rilevante errore di fatto revocatorio, ex art. 395, comma 1 n. 4 cod. proc. civ. e 106 cod. proc. amm. – l’“l’omesso esame e/o travisamento di un atto processuale”, in termini di “sostanziale omessa pronuncia sull’istanza di rinvio pregiudiziale”.

Assume sul punto che il rifiuto di procedere al sollecitato rinvio pregiudiziale avrebbe dovuto essere “comunque almeno motivato”, non essendo all’uopo sufficiente “un mero riferimento ad una sentenza della Corte di giustizia” (che, per giunta, nella specie sarebbe stata evocata e valorizzata “non si sa con quale criterio” e che sarebbe in ogni caso – a suo dire – “del tutto inconferente”): di tal che, in definitiva, l’omessa pronuncia denunziata sarebbe stata determinata “proprio dalla svista consistente nel non aver prestato attenzione” a quanto criticamente dedotto con il corrispondente motivo di gravame).

3.- Si sono costituite in giudizio, in resistenza, Consip s.p.a., Manital s.c.p.a. e Manitalidea s.p.a..

Alla pubblica udienza del 17 dicembre 2020, la causa è stata riservata per la decisione.

DIRITTO

1.- Il ricorso è inammissibile.

2.- Importa rammentare che, per consolidato intendimento, l’errore di fatto, idoneo a legittimare la domanda di revocazione ai sensi del combinato disposto degli artt. 106 cod. proc. amm. e 395, comma 1 n. 4 cod. proc. civ, è confìgurabile nell’attività preliminare del giudice relativa alla lettura ed alla percezione degli atti acquisiti al processo (quanto alla loro esistenza ed al loro significato letterale) ma non coinvolge la successiva attività di ragionamento, di apprezzamento, di interpretazione e di valutazione del contenuto delle domande e delle eccezioni, ai fini della formazione del suo convincimento, che può prefigurare esclusivamente un errore di giudizio (cfr. ex multis Cons. Stato, V, 9 aprile 2020, n. 2342; Id., IV, 14 aprile 2020, n. 2438; Id., III, 3 giugno 2020, n. 3470).

È, per tal via, necessario che l’errore, per essere concretamente rilevante:

a) derivi da una semplice errata od omessa percezione del contenuto meramente materiale degli atti del giudizio, che abbia indotto l’organo giudicante a decidere sulla base di un falso presupposto fattuale, ritenendo con ciò come comprovato un fatto documentalmente escluso od obiettivamente inesistente;

b) sia accertabile e riscontrabile, attesa la genesi sensopercettiva, con immediatezza, senza necessità di argomentazioni induttive o indagini ermeneutiche;

c) attenga ad un punto non controverso e sul quale la decisione non abbia, comechessia, espressamente motivato;

d) concreti elemento decisivo della decisione revocanda, necessitando, a tal fine, un rapporto di causalità tra l’erronea presupposizione e il decisum (cfr. Cons. Stato, V, 6 aprile 2017, n. 1610).

Ne discende che l’errore di fatto revocatorio è confìgurabile nell’attività preliminare del giudice di lettura e percezione degli atti acquisiti al processo, quanto alla loro esistenza ed al loro significato letterale, senza coinvolgere la successiva attività d’interpretazione e di valutazione del contenuto delle domande e delle eccezioni ai fini della formazione del convincimento.

Se, perciò, vi rientrano i casi in cui il giudice, per svista sulla percezione delle risultanze materiali del processo, sia incorso in omissione di pronunzia o abbia esteso la decisione a domande o ad eccezioni non rinvenibili negli atti del processo, ne devono, per contro, essere escluse le ipotesi di erroneo, inesatto (o anche solo incompleto: cfr. Cons. Stato, ad. plen., 27 luglio 2016, n. 21) apprezzamento delle risultanze processuali, di anomalia del procedimento logico di interpretazione del materiale probatorio, ovvero i casi in cui la questione controversa sia stata risolta sulla base di specifici canoni ermeneutici o sulla base di un esame critico della documentazione acquisita: tutte ipotesi, queste ultime, che danno luogo semmai ad un ipotetico errore di giudizio, non censurabile mediante la revocazione, la quale altrimenti si trasformerebbe in un ulteriore grado del giudizio, non previsto dall’ordinamento.

Per queste ragioni, l’errore revocatorio è configurabile in ipotesi di omessa pronuncia su una censura sollevata dal ricorrente, purché risulti evidente dalla lettura della sentenza che in nessun modo il giudice ha preso in esame la censura medesima: si deve trattare, in altri termini, di una totale mancanza di esame e/o valutazione del motivo e non di un difetto di motivazione della decisione (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 1° settembre 2015, n. 4099; Id., sez. V, 6 aprile 2017, n. 1610).

3.- Sulle esposte premesse risulta evidente che, nella vicenda in esame, alcun errore di fatto ad attitudine revocatoria infici la sentenza impugnata, la quale non ha omesso di vagliare ed apprezzare tutte le ragioni di doglianza formulate dalla appellante ed ha ritenuto di disattendere la correlata istanza di rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia europea in base all’argomentato rilievo (di cui nella presente sede è, beninteso, inibito il preteso e rinnovato vaglio di correttezza ed esaustività) che, alla luce della precedente giurisprudenza della Corte, non sussistessero dubbi in ordine alla esatta interpretazione della direttiva comunitaria evocata in giudizio.

4.- La considerazione che precede è dirimente.

Nondimeno, non è inopportuno soggiungere, per completezza, che il rimedio revocatorio non appare esperibile nei casi in cui, come quello in esame, il giudice (quand’anche, come quello di ultima istanza, gravato dal relativo obbligo) abbia omesso di formulare, anche a negativo od omesso riscontro alla istanza di parte, questione interpretativa e di operare il rinvio pregiudiziale alla Corte europea, ai sensi dell’art. 234 del Trattato.

L’esatta interpretazione delle norme applicabili al caso deciso – nel cui contesto si colloca, secondo il modello processuale del reféré, facoltativo od obbligatorio, l’esclusiva nomofilattica della Corte di giustizia, relativamente alla normativa di matrice eurocomune – rientra, invero, nella esclusiva disponibilità officiosa del giudicante, che non è vincolato, se non nei limiti del thema decidendum nei giudizi impugnatori affidato ai motivi di gravame, alla prospettazione delle parti, in base al principio jura novit Curia (cfr. art. 113 cod. proc. civ.).

Ne discende:

a) che l’istanza di rinvio pregiudiziale (non diversamente, del resto, da quello che accade nei casi in cui la questione interpretativa si collochi sul crinale del dubbio di legittimità costituzionale) va acquisita in termini di mera sollecitazione al rilievo officioso, essendo inidonea a strutturare, sul piano formale, una domanda (o una eccezione) in senso tecnico, in ordine alla quale operi, in chiave di doveroso, necessario e compiuto riscontro, il principio di corrispondenza tra chiesto e pronunziato (cfr. art. 112 cod. proc. civ.);

b) che, per l’effetto, non è possibile, per definizione, prospettare una omessa pronunzia sulla questione interpretativa, in ordine alla quale possa anche solo astrattamente prefigurarsi, nei sensi chiarito, un errore sensopercettivo del giudice, che – per una svista – abbia trascurato di apprezzarla;

c) che, per giunta, l’esatta interpretazione della normativa di fonte eurocomune, per quanto riservata – per note ed evidenti ragioni di uniformità – alla Corte di giustizia, è in ogni caso mediata, trattandosi di questione di diritto e non di fatto, dal necessario e strumentale vaglio di rilevanza, ancorato alla sussistenza di un concreto e specifico dubbio ermeneutico dell’organo giudicante, tipicamente escluso – nella logica dell’acte claire – dalla riscontrata esistenza di precedenti pronunzie della Corte, idonee ad orientare, senza residui, la decifrazione e la ricostruzione dell’ordito normativo rilevante ai fini della definizione della controversia.

In definitiva, sebbene il Collegio non ignori decisioni sul punto diversamente orientate: cfr. e.g. e da ultimo Cons. Stato, sez. IV 26 aprile 2018, n. 2532), deve essere ribadito che non sussiste la pretesa, tutelabile ex se, a “conoscere, sulla vicenda, il punto di vista della Corte di giustizia” e tanto meno la possibilità di affidare tale pretesa ad una “istanza precisa”, articolata e formalizzata “in stretta aderenza alle censure dedotte avverso l’atto impugnato”, tale che il suo omesso vaglio (anche quando – diversamente da quanto, in ogni caso, avvenuto nella vicenda processuale in esame, in cui, come vale ripetere, la mancata rimessione è stata espressamente argomentata e motivata in ragione della ritenuta insussistenza di dubbio interpretativo) possa prefigurare una fattispecie revocatoria.

5.- Alla luce delle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo che segue.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile.

Condanna la ricorrente alla refusione delle spese di lite, che quantifica in complessivi € 5.000,00 (cinquemila/00), oltre accessori di legge, a favore di Consip s.p.a., in € 5.000,00 (cinquemila/00), oltre accessori, a favore di Manital s.c.p.a. e in € 5.000,00 (cinquemila/00), oltre accessori, a favore di Manitalidea s.p.a..

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (e degli articoli 5 e 6 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016), a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all’oscuramento delle generalità.

Così deciso nella camera di consiglio del giorno 17 dicembre 2020, tenuta da remoto ai sensi dell’art. 4, comma 1, del d.l. 30 aprile 2020, n. 28, convertito con modificazioni dalla legge 25 giugno 2020, n. 70, come richiamato dall’art. 25, comma 1, del d.l. 18 ottobre 2020, n. 137, con l’intervento dei magistrati:

Carlo Saltelli, Presidente

Raffaele Prosperi, Consigliere

Angela Rotondano, Consigliere

Giovanni Grasso, Consigliere, Estensore

Elena Quadri, Consigliere

L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
Giovanni Grasso Carlo Saltelli

IL SEGRETARIO

 

In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.

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