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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Appalti Numero: 10627 | Data di udienza: 28 Novembre 2022

APPALTI – Procedura ex art. 183 D.Lgs. n. 50 del 2016 – Accesso alla prelazione – Regolare ammissione dell’offerta alla gara – Speciale figura di affidamento di concessione dei lavori e/o servizi – Concessioni – Elementi dell’offerta economica – Non chiarezza disposto normativo – Sussistenza di contrasti giurisprudenziali – Legittimità del soccorso istruttorio (Massime a cura di Camilla Della Giustina)


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 5^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 5 Dicembre 2022
Numero: 10627
Data di udienza: 28 Novembre 2022
Presidente: Barra Caracciolo
Estensore: Caminiti


Premassima

APPALTI – Procedura ex art. 183 D.Lgs. n. 50 del 2016 – Accesso alla prelazione – Regolare ammissione dell’offerta alla gara – Speciale figura di affidamento di concessione dei lavori e/o servizi – Concessioni – Elementi dell’offerta economica – Non chiarezza disposto normativo – Sussistenza di contrasti giurisprudenziali – Legittimità del soccorso istruttorio (Massime a cura di Camilla Della Giustina)



Massima

CONSIGLIO DI STATO, Sez. 5^ – 5 dicembre 2022, n. 10627

APPALTI – Procedura ex art. 183 D.Lgs. n. 50 del 2016 – Accesso alla prelazione – Regolare ammissione dell’offerta alla gara – Speciale figura di affidamento di concessione dei lavori e/o servizi.

Il soggetto promotore, nella procedura ex art. 183 D.Lgs. n. 50 del 2016, può accedere alla prelazione (e dunque al conseguimento dell’aggiudicazione alle condizioni offerte dalla ditta prima classificata) solo ove l’offerta presentata dallo stesso sia regolarmente ammessa alla gara. Pertanto, in caso di offerta inammissibile da parte del promotore, tale soggetto non sarà ammesso a esercitare l’opzione di cui all’art. 183 comma 15 e a conseguire l’aggiudicazione. La norma di cui all’art. 183, D.Lgs. n. 50 del 2016 prevede infatti una speciale figura di affidamento di concessione di lavori e/o servizi pubblici attraverso lo strumento della finanza di progetto. Si tratta di una tipologia di scelta del contraente in cui un soggetto, c.d. promotore, propone un progetto di fattibilità delle opere a farsi che viene posto a base di gara, ma la scelta dell’operatore economico cui affidare la concessione presuppone comunque una procedura ad evidenza pubblica, con l’indizione di una gara regolata da un bando, da un disciplinare di gara, con la correlativa fase di valutazione e/o comparazione delle offerte. La facoltà di cui al comma 15 di detto articolo, facoltà che è solo eventuale, residua a conclusione della gara alla quale il promotore ha preso parte e nella misura in cui sia utilmente posizionato in graduatoria, di guisa che la partecipazione alla procedura selettiva e la valutazione della sua offerta costituiscono condizione sine qua non per poter, eventualmente, esercitare il diritto di prelazione, ancorché lo stesso promotore non sia aggiudicatario della gara. Se così non fosse, se cioè si prescindesse dall’ammissione alla gara e dall’utile collocazione in graduatoria, si stravolgerebbe invero il senso e la portata prescrittiva delle disposizioni di cui al citato art. 183 del Codice dei Contratti pubblici.

APPALTI – Concessioni – Elementi dell’offerta economica – Non chiarezza disposto normativo – Sussistenza di contrasti giurisprudenziali – Legittimità del soccorso istruttorio.

La non chiarezza del disposto normativo e il relativo formarsi di contrasti giurisprudenziali sulla sua interpretazione per quanto attiene alla sussistenza o meno dell’obbligo di inserire un dato nell’offerta economica integra una condizione che legittima la Stazione Appaltante a disporre il soccorso istruttorio nei confronti del concorrente che abbia omesso il dato.

Pres. Barra Caracciolo, Est. Caminiti – S. S.p.A. (avv. Napoli) c. Comune di Pavia (avv. Boifava)


Allegato


Titolo Completo

CONSIGLIO DI STATO, Sez. 5^ - 5 dicembre 2022, n. 10627

SENTENZA

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 539 del 2022, proposto da
Saie S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avvocato Marco Napoli, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Comune di Pavia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Maurizio Boifava, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

nei confronti

Eco Fly S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Filippo Martinez, Davide Moscuzza, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Filippo Martinez in Roma, via Alessandria n.130;
Porfido F.Lli Pedretti S.p.A., non costituito in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Quarta) n. 02646/2021, resa tra le parti, concernente l’impugnazione della determinazione n. 840 del 25 maggio 2021, con la quale il dirigente del Settore 5 del Comune di Pavia, dopo aver preso atto dell’intervenuto esercizio del diritto di prelazione da parte del r.t.i. rappresentato da Ecofly Srl, ha aggiudicato a quest’ultima la procedura indetta dallo stesso Ente, “ai sensi dell’articolo 183, comma 15, D.Lgs. 50/2016”, per l’affidamento della “ristrutturazione, fornitura, installazione dei forni e gestione dell’impianto di cremazione comunale”;

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Comune di Pavia e di Eco Fly S.r.l.;

Visti tutti gli atti della causa;

Visti gli artt. 74 e 120, co. 10, cod. proc. amm.;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 14 luglio 2022 il Cons. Diana Caminiti e uditi per le parti gli avvocati Napoli, Boifava e Martinez.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1. Con atto notificato in data 21 gennaio 2022 e depositato il successivo 23 gennaio Saie S.p.A. ha interposto appello avverso la sentenza n. 2646 del 30 novembre 2021, resa dal TAR Lombardia, Sez. IV, notificata a SAIE in data 22 dicembre 2021, nella parte in cui ha respinto il ricorso di prime cure (RG 999/2021) proposto da quest’ultima avverso la mancata esclusione del r.t.i. guidato da Eco Fly S.r.l. dalla procedura indetta dal Comune di Pavia per l’affidamento della “ristrutturazione, fornitura, installazione dei forni e gestione dell’impianto di cremazione comunale”.

2. Dagli atti di causa risulta quanto di seguito specificato.

2. 1. Con bando di gara pubblicato in GUCE il 2 dicembre 2016 il Comune di Pavia – valendosi del “modulo” procedimentale della finanza di progetto su iniziativa del privato – ha indetto una gara per l’affidamento delle “attività di ristrutturazione, fornitura, installazione dei forni e gestione dell’impianto di cremazione comunale finalizzata alla concessione del servizio di cremazione da svolgere presso il cimitero di Pavia, ai sensi dell’articolo 183, comma 15, del D.lgs. 50/2016”; il tutto per un investimento pari ad Euro 1.329.500,00 e per una durata prevista della concessione (a base d’asta) pari a trent’anni. Il termine previsto per la presentazione delle offerte era fissato, ai sensi dell’art. 4 del disciplinare, al 28 febbraio 2017.

2.2. Il criterio di affidamento prescelto dal Comune di Pavia è stato quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa in base ai criteri illustrati dal disciplinare di gara, ove si stabiliva che alle proposte tecnico-progettuali dei concorrenti alla selezione sarebbero stati riservati 70 punti su 100.

2.2.1. Quanto invece all’offerta economica, il disciplinare assegnava:

10 punti all’offerta con il maggior “canone di concessione offerto all’Amministrazione espresso in percentuale sul volume d’affari indicato dal PEF (Piano Economico Finanziario) a base di gara”; 10 punti al più elevato “sconto sulla tariffa di cremazione per i residenti rispetto alla tariffa ministeriale”;

10 punti all’offerta per la minor “durata della concessione”.

2.2.2. La lex specialis di gara imponeva anche l’allegazione all’offerta economica del piano economico finanziario previsto dall’articolo 183, comma 9, del D.lgs. 50/2016, nella cui sede andavano pertanto illustrati i costi previsti e i ricavi attesi dalla concessione, avuto riguardo all’intera durata del rapporto e alle tempistiche di ammortamento.

2.3. Alla gara hanno preso parte, oltre a SAIE SpA (all’epoca, SAIE Srl), due raggruppamenti temporanei di imprese: uno capeggiato da Altair Srl e l’altro composto dalla Eco Fly S.r.l. (designata mandataria) e della Porfido F.lli Pedretti S.p.A..

2.4. Quest’ultima associazione temporanea di imprese, in particolare, ha presentato offerta in gara anche in ragione della sua posizione di promotore dell’intera iniziativa di project financing da cui la procedura ha preso le mosse.

2.5. All’esito di ricorso ex articolo 120, comma 2-bis, c.p.a. proposto da SAIE innanzi al TAR Lombardia, il r.t.i. capeggiato da Altair è stato estromesso dalla selezione (cfr. sentenza n. 157/2018 poi confermata da Cons. Stato, Sez. V, n. 4329/2018); sicché la fase di valutazione delle offerte tecniche ed economiche si è svolta solo tra SAIE ed il r.t.i. Eco Fly.

2.6. Come riportato dal verbale di gara n. 6 (relativo alla seduta riservata del 20 novembre 2017), le offerte tecniche di SAIE e di Eco Fly sono state poste a confronto tra loro e – all’esito delle operazioni di valutazione condotte dai commissari di gara – SAIE ha ottenuto, per il suo progetto, 44,2 punti, contro il maggior punteggio di 51,9 assegnato invece ad Eco Fly.

2.6.1. In occasione della seduta di gara del 24 novembre 2017, la Commissione ha aperto le offerte economiche, assegnando i relativi punteggi. All’esito di tale fase – nonostante il maggior punteggio ottenuto da SAIE per la componente economica della sua proposta (28,33 punti su 30, contro il minor punteggio di 27,44 assegnato ad Eco Fly) – la graduatoria finale della gara ha visto prevalere l’offerta di Eco Fly.

2.7. Il provvedimento di aggiudicazione è stato oggetto di impugnativa da parte di SAIE innanzi al TAR Lombardia, che, con sentenza n. 1064 del 13 maggio 2019, ha ritenuto fondato ed assorbente – anche rispetto alle doglianze incidentali di Eco Fly – il motivo di ricorso (il terzo) che la stessa SAIE aveva indirizzato contro la composizione delle Commissione di gara. Le impugnative di Eco Fly e del Comune di Pavia avverso tale sentenza sono state rigettate da questo Consiglio di Stato, con sentenza n. 2471 del 17 aprile 2020; pertanto l’Amministrazione ha nominato una nuova commissione giudicatrice che – dopo averle rese anonime – ha valutato ex novo le due originarie offerte in gara (quella di SAIE e quella di Eco Fly).

2.8. La nuova valutazione ha visto prevalere, anche sotto il profilo tecnico, la proposta di SAIE, che, pertanto, anche in considerazione del maggior punteggio economico già in precedenza conseguito, è risultata aggiudicataria della procedura.

2.9. Tuttavia, Eco Fly – con le note del 3 e del 17 maggio 2021 – ha esercitato il diritto di prelazione previsto a favore del promotore dalla lex specialis ex articolo 183, comma 15, del D.lgs. 50/2016, impegnandosi nei confronti dell’Ente ad adeguare la sua offerta tecnico-economica a quella presentata da SAIE, risultata aggiudicataria.

2.10. Il Comune di Pavia, con la determina n. 840 del 25 maggio 2021, ha preso atto della prelazione così esercitata, assegnando ad Eco Fly l’affidamento del contratto de quo.

3. SAIE ha dunque impugnato dinnanzi al TAR Lombardia l’affidamento disposto in favore di Eco Fly, deducendo che la stazione appaltante non aveva verificato che l’offerta presentata in gara da tale operatore era carente sotto il profilo dell’indicazione degli oneri della sicurezza cd. “interni”, per cui la stessa doveva essere esclusa dalla selezione. Pertanto, in tesi di parte ricorrente, la prelazione non avrebbe potuto essere esercitata, dovendo il promotore comunque essere escluso dalla gara, in ragione dell’inadeguatezza della propria offerta. In particolare, nella prospettazione attorea, pur trattandosi nella specie di una concessione mista con prevalenza di servizi, ove la fase di gestione dell’opera riveste quindi una funzione preminente, Eco Fly non solo aveva completamente omesso di indicare i propri oneri aziendali di sicurezza nella sua offerta economica, ma, anche a voler ritenere superabile tale lacuna attingendo ai dati riportati nel PEF, aveva comunque mancato di dichiarare i costi della sicurezza relativi all’intera gestione ventennale del servizio di cremazione, essendosi limitata ad esporre unicamente gli oneri concernenti l’intervento iniziale di adeguamento dell’impianto.

3.1 Con parallelo ricorso, Eco Fly ha a sua volta contestato gli esiti della procedura, tramite una serie di censure di carattere tecnico, al fine di collocarsi al vertice della graduatoria e di poter quindi realizzare il progetto alle condizioni da essa offerte in gara.

3.2. A seguito di rinuncia alla tutela cautelare da parte di entrambi i ricorrenti, i due gravami sono stati riuniti, con conseguente loro trattazione congiunta nel merito.

4. Con sentenza n. 2646 del 30 novembre 2021, la Quarta Sezione del TAR Lombardia:

– per un verso, ha disatteso le censure formulate da Eco Fly, ritenendole tutte destituite di fondamento;

– per altro verso, ha respinto anche il ricorso di SAIE, assumendo che l’indicazione, da parte di Eco Fly, degli oneri di sicurezza relativi alla fase di realizzazione delle opere edili sarebbe stata sufficiente ad escludere tout court la violazione dell’onere dichiarativo contemplato all’articolo 95, comma 10, del D.Lgs. 50/2016. Ha inoltre ritenuto che la dichiarazione relativa agli oneri aziendali di sicurezza potesse essere inserita anche “nel PEF anziché nella vera e propria offerta economica”, potendosi in tal caso configurare “tutt’al più una mera irregolarità”.

5. Avverso tale sentenza ha proposto appello SAIE articolando i seguenti motivi:

I. Erroneità dell’impugnata sentenza per travisamento di presupposti di fatto e di diritto – Violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 95, comma 10, del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, nonché dell’articolo 164, comma 2, del d.lgs. 50/2016 – Violazione dei principi generali in materia di pubbliche gare (artt. 30, 83 e 97, d.lgs. 50/2016).

In tesi di parte appellante la prospettazione da cui aveva preso le mosse la sentenza di prime cure sarebbe errata in quanto condurrebbe ad un inaccettabile “svuotamento” del senso e della portata dell’obbligo di separata indicazione dei costi aziendali di sicurezza, finendo inevitabilmente per frustrare le finalità di tutela ad esso sottese, non potendosi accedere alla tesi secondo la quale l’assenza dello scorporo dei costi della sicurezza in un’offerta economica potrebbe essere “sanata” nella successiva fase di verifica della congruità, alla luce di quanto chiaramente affermato dalla giurisprudenza dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (ord. 24 gennaio 2019, nn. 1, 2 e 3).

Nel caso di specie, a fronte di un intervento del valore complessivo ai 40 milioni di euro, tenendo doverosamente conto sia della fase di costruzione che di quella di gestione dell’impianto di cremazione, Eco Fly aveva indicato i propri costi di sicurezza interni, peraltro solamente nel PEF, e non nell’apposita sede dell’offerta economica, con esclusivo riferimento al segmento relativo all’esecuzione delle opere edili. Il valore dell’investimento relativo a tale prestazione, in base alle stime della stessa Ecofly, era pari ad € 1.654.920,00, e gli oneri di sicurezza esposti erano pari a soli 15.000,00 euro.

Per quanto l’impugnata pronuncia, nella prospettazione attorea, non abbia messo in dubbio l’applicabilità dell’articolo 95, comma 10, D.Lgs. 50/2016 alla presente fattispecie, e cioè ad una concessione mista con prevalenza di servizi, parte appellante, al fine di prevenire la verosimile riproposizione, ad opera delle parti resistenti in primo grado, degli argomenti di segno contrario, ha anticipato le repliche sul punto, deducendo che nel senso dell’applicabilità della norma de qua all’ambito delle concessioni di servizi militerebbero argomenti letterali, sistematici e di semplice logica, oltre che diverse pronunce della giurisprudenza.

6. Eco Fly, nel costituirsi in giudizio, con memoria depositata in data 18 febbraio 2022, ha riproposto, ex art. 101 comma 2 c.p.a., le eccezioni assorbite in prime cure ed in particolare l’eccezione di difetto di interesse fondata sulla considerazione che non rileverebbe l’eventuale inammissibilità della sua offerta, atteso che, quale promotrice che aveva esercitato il diritto di prelazione, avrebbe dovuto eseguire non detta offerta ma quella dell’appellante.

Ha eccepito inoltre l’inammissibilità del ricorso di prime cure per mancata impugnazione dell’atto di esercizio della prelazione e della lex specialis di gara che aveva consentito detto esercizio.

In ogni caso ha dedotto che l’art. 95 comma 10 del codice dei contratti pubblici non si applicherebbe alle concessioni di servizi e che il ricorso sarebbe comunque infondato nel merito, non essendo possibile escludere un’ offerta di cui si assume l’incapienza degli oneri di sicurezza, dovendo al riguardo procedersi ad una valutazione di congruità, laddove la ricorrente in prime cure non aveva censurato la mancata attivazione del giudizio di verifica dell’anomalia.

7. SAIE s.p.a. ha contestato con la memoria ex art. 73 c.p.a. le dedotte eccezioni, assumendo in particolare che il promotore, per potere esercitare la prelazione, debba avere presentato un’offerta ammissibile e debba pertanto essere in graduatoria, alla luce di quanto ritenuto dalla giurisprudenza amministrativa. Ha inoltre eccepito, quanto alla mancata considerazione dell’inapplicabilità dell’art. 95 comma 10 del codice dei contratti pubblici alle concessioni, che la controinteressata avrebbe dovuto proporre appello incidentale.

7.1. Eco Fly con la memoria di replica ex art. 73 comma 1 c.p.a., nell’insistere nelle preliminari eccezioni di rito da essa formulate con la memoria di costituzione ex art. 101 c.p.a., ha replicato all’eccezione di parte appellante in merito alla dedotta necessità di appello incidentale. In ogni caso ha concluso per il rigetto nel merito dell’appello.

7.2. Anche il Comune di Pavia con la memoria di replica ex art. 73 comma 1 c.p.a. ha insistito per il rigetto dell’appello.

8. La causa è stata trattenuta in decisione all’esito dell’udienza pubblica del 14 luglio 2022 sulle conclusioni in tale sede rassegnate dalle parti.

DIRITTO

9. In limine litis va delibata l’eccezione formulata dall’appellante SAIE secondo cui Eco Fly, al fine di introdurre nel presente giudizio i rilievi formulati in prime cure, fra cui quello relativo all’inapplicabilità dell’art. 95 comma 10 del Codice dei contratti pubblici alle concessioni di servizi, avrebbe dovuto proporre appello incidentale.

9.1. L’eccezione è infondata in quanto, a norma dell’art. 101 comma 2 c.p.a. “le domande e le eccezioni dichiarate assorbite o non esaminate nella sentenza di primo grado”, possono essere proposte dalle parti diverse dall’appellante con la memoria di costituzione non notificata, purchè la stessa sia depositata a pena decadenza entro il termine per la costituzione in giudizio (ex mulitis Cons. Stato Sez. V, 16/08/2022, n. 7145; Cons. Stato Sez. III, 14/12/2020, n. 7967) ovvero, essendo applicabile al presente giudizio il rito appalti ex art. 120 c.p.a., entro il termine di trenta giorni della notifica del ricorso in appello. Pertanto soltanto nell’ipotesi in cui l’eccezione pregiudiziale sia stata esaminata e disattesa dal giudice di primo grado, la parte eccipiente (in quanto soccombente) ha l’onere di impugnare il relativo capo della sentenza nelle forme dell’appello incidentale, sia pure condizionato (Cons. Stato Sez. III, 14/12/2020, n. 7967 cit.).

Da ciò la piena ammissibilità delle eccezioni riproposte in questa sede da Eco Fly con la memoria depositata in data 18 febbraio 2022, ovvero nel termine di rito di trenta giorni dalla notifica dell’atto di appello, effettuata in data 21 gennaio 2022, posto che le eccezioni preliminari formulate da SAIE in prime cure sono state dichiaratamente assorbite nella sentenza appellata “attesa la complessiva infondatezza dell’impugnativa”. In particolare la circostanza che la sentenza appellata abbia considerato assolto l’onere dichiarativo relativo agli oneri della sicurezza, assumendo pertanto che non rilevasse ai fini dell’ammissione dell’offerta la dedotta incapienza di quegli oneri, è argomento tranciante addotto nella sentenza di prime cure al fine di escludere in ogni caso la fondatezza del ricorso; ciò peraltro non postula che la sentenza abbia implicitamente ammesso che detto obbligo debba essere assolto anche nelle procedure relative alle concessioni di servizio.

10. Ciò posto, va peraltro disattesa l’eccezione secondo cui il ricorso di prime cure doveva essere dichiarato inammissibile per mancata impugnazione dell’atto di esercizio della prelazione e della lex specialis di gara che aveva consentito detto esercizio, in considerazione del fatto che SAIE ha correttamente contestato l’aggiudicazione in favore della prelazionaria sulla base del rilievo che la sua offerta non doveva essere ammessa, assumendo pertanto che la stessa non poteva conseguentemente validamente esercitare il diritto di prelazione, postulante la collocazione in graduatoria; alcun altro onere di impugnazione, da intendersi riferito ai provvedimenti amministrativi lesivi, doveva pertanto essere assolto da parte di SAIE.

10.1. Ed invero il soggetto promotore, nella procedura ex art. 183 D.Lgs. n. 50 del 2016, può accedere alla prelazione (e dunque al conseguimento dell’aggiudicazione alle condizioni offerte dalla ditta prima classificata) solo ove l’offerta presentata dallo stesso sia regolarmente ammessa alla gara. Pertanto, in caso di offerta inammissibile da parte del promotore, tale soggetto non sarà ammesso a esercitare l’opzione di cui all’art. 183 comma 15 cit., e a conseguire l’aggiudicazione.

La norma di cui all’art. 183, D.Lgs. n. 50 del 2016 prevede infatti una speciale figura di affidamento di concessione di lavori e/o servizi pubblici attraverso lo strumento della finanza di progetto. Trattasi di una tipologia di scelta del contraente in cui un soggetto, c.d. promotore, propone un progetto di fattibilità delle opere a farsi che viene posto a base di gara, ma la scelta dell’operatore economico cui affidare la concessione presuppone comunque una procedura ad evidenza pubblica, con l’indizione di una gara regolata da un bando, da un disciplinare di gara, con la correlativa fase di valutazione e/o comparazione delle offerte. In particolare, poi, la facoltà di cui al comma 15 di detto articolo, che è solo eventuale, residua a conclusione della gara alla quale il promotore ha preso parte e nella misura in cui sia utilmente posizionato in graduatoria, di guisa che la partecipazione alla procedura selettiva e la valutazione della sua offerta costituiscono condizione sine qua non per poter, eventualmente, esercitare il diritto di prelazione, ancorché lo stesso promotore non sia aggiudicatario della gara. Se così non fosse, se cioè si prescindesse dall’ammissione alla gara e dall’utile collocazione in graduatoria, si stravolgerebbe invero il senso e la portata prescrittiva delle disposizioni di cui al citato art. 183 del Codice dei Contratti pubblici.

10.2. Alla luce di tali considerazioni va anche disattesa l’eccezione di difetto di interesse avanzata da Eco Fly fondata sulla circostanza che sarebbe irrilevante l’ammissibilità della sua offerta, dovendo essa eseguire non detta offerta, ma quella dell’appellante SAIE, in quanto originaria aggiudicataria della gara.

Infatti, come già evidenziato da questa Sezione (Cons. Stato Sez. V, Sent., 10-02-2020, n. 1005) sussiste la necessità di porre attenzione, nell’interpretazione dell’art. 183, comma 15 del D.Lgs. n. 50 del 2016, all’esigenza di preservare l’effettiva concorrenzialità della gara, al fine di non trasformarla in un mero simulacro. In tale ottica con detta sentenza si è pertanto affermato che “il giudizio di inidoneità dell’offerta tecnica del concorrente/promotore derivante dal mancato raggiungimento del previsto punteggio minimo, che rende insuscettibile di valutazione la correlata offerta economica e impossibile la graduazione finale dell’offerta complessiva, che viene conseguentemente esclusa, si riflette anche sul diritto di prelazione, rendendo la stessa offerta complessiva tamquam non esset anche ai fini della venuta a esistenza del diritto. La conclusione è, del resto, ben compatibile con la previsione dell’art. 183, comma 15 del D.Lgs. n. 50 del 2016, che, pur non disponendo espressamente al riguardo, stabilisce che “Se il promotore non risulta aggiudicatario, può esercitare, entro quindici giorni dalla comunicazione dell’aggiudicazione, il diritto di prelazione e divenire aggiudicatario se dichiara di impegnarsi ad adempiere alle obbligazioni contrattuali alle medesime condizioni offerte dall’aggiudicatario”, in tal modo riconducendo il diritto di prelazione al “promotore non aggiudicatario” e rendendo necessaria per la sua nascita l’effettività della sua partecipazione alla gara, mediante la presentazione di un’offerta che, sino all’esito della procedura, sia stata comparata con le offerte presentate dagli altri concorrenti e figuri nella graduatoria finale in una posizione diversa dalla prima”.

11. Ciò posto, quanto al rilevante profilo ermeneutico dell’applicabilità dell’art. 95 comma 10 del Codice dei contratti, riferito all’obbligo di separata indicazione degli oneri della sicurezza anche alle procedure relative, come nella specie, alle concessioni di servizi, oggetto di contestazione fra le parti e non espressamente esaminato nella sentenza di prime cure, vi è da osservare come lo stesso sia dibattuto nella stessa giurisprudenza.

11.1. Va peraltro preliminarmente evidenziato come le stesse conseguenze connesse all’inosservanza di tale disposto normativo siano state oggetto di ampio dibattito in giurisprudenza anche in riferimento alle procedure di appalto, in relazione alle quali l’obbligo è espressamente affermato dalla norma de qua.

L’art. 95, comma 10, del d.lgs. n. 50/2016, codice dei contratti pubblici, nella formulazione introdotta dall’art. 60, comma 1, lett. e) del correttivo di cui al d.lgs. n. 56/2017, stabilisce che “Nell’offerta economica l’operatore deve indicare i propri costi della manodopera e gli oneri aziendali concernenti l’adempimento delle disposizioni in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro ad esclusione delle forniture senza posa in opera, dei servizi di natura intellettuale e degli affidamenti ai sensi dell’articolo 36, comma 2, lettera a)”.

Per contro nella previsione codicistica antecedente il correttivo di cui al d.l.gs. 56/2017 – entrato in vigore il 20 maggio 2017 – applicabile ratione temporis alla procedura de qua, essendo stato il bando pubblicato in data 2 dicembre 2016, con scadenza per il termine per la presentazione delle offerte al 28 febbraio 2017, la norma si limitava genericamente a stabilire, sia pure in riferimento agli oneri di sicurezza, che “nell’offerta economica l’operatore deve indicare i propri costi aziendali concernenti l’adempimento delle disposizioni in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro”.

La previsione normativa successiva alla formulazione del correttivo, che ha esteso l’obbligo dichiarativo in parola ai costi della manodopera, come evincibile dalle ordinanze di rimessione all’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato (C.G.A.R.S., n. 772 e n. 773 del 2018; Cons. Stato, V, n. 6122/2018; n. 6069/2018) e di proposizione di questione pregiudiziale alla Corte di giustizia UE (T.a.r. Lazio, II-bis, n. 4562 del 24 aprile 2018), è stata oggetto di contrastanti interpretazioni della giurisprudenza amministrativa, che, in estrema sintesi, per il caso di mancata indicazione dei predetti costi, hanno oscillato tra un indirizzo più rigoroso, comportante l’insanabilità dell’omissione dichiarativa, e un diverso orientamento che, senza obliterare la cogenza della disposizione normativa e al fine di verificarne il rispetto sostanziale, ha ritenuto l’ammissibilità del soccorso istruttorio di cui all’art. 83 del d.lgs. n. 50/2016.

Il predetto contrasto era già stato valorizzato nell’ordinanza cautelare di questa Sezione n. 3377/2018, che, tenendo conto delle oscillazioni giurisprudenziali sulla materia, della carenza nella lex specialis della gara della previsione della sanzione espulsiva per la mancata indicazione dei costi della manodopera, nonché dell’affermazione della parte di aver considerato tali costi, pur non avendoli indicati nella sua offerta economica, con conseguente inconfigurabilità di una modifica della stessa, aveva ordinato alla stazione appaltante un approfondimento istruttorio in relazione alla soccorribilità della lacuna, da svolgersi in sede di esame di congruità dell’offerta.

Come noto, avuto riguardo all’incertezza delle conseguenze connesse all’inosservanza di detto obbligo, con ordinanze nn. 1, 2 e 3 del 24 gennaio 2019 l’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, nell’affrontare le questioni interpretative inerenti l’art. 95, comma 10 del d.lgs. n. 50/2016, a lei deferite ai sensi dell’art. 99 Cod. proc. amm. con le ordinanze n. 6122/2018 di questa Sezione e n. 772/2018 del C.G.A.R.S., e nel pronunziarsi a favore dell’indirizzo più rigoroso, ha ritenuto di verificarne la compatibilità con le disposizioni e i princìpi del diritto dell’Unione europea. Ha pertanto sottoposto questione pregiudiziale alla Corte di giustizia UE, ex art. 267 TFUE, così formulata: “se il diritto dell’Unione europea (e segnatamente i princìpi di legittimo affidamento, di certezza del diritto, di libera circolazione, di libertà di stabilimento e di libera prestazione dei servizi) ostino a una disciplina nazionale (quale quella di cui agli articoli 83, comma 9, 95, comma 10 e 97, comma 5 del ‘Codice dei contratti pubblici’ italiano) in base alla quale la mancata indicazione da parte di un concorrente a una pubblica gara di appalto dei costi della manodopera e degli oneri per la sicurezza dei lavoratori comporta comunque l’esclusione dalla gara senza che il concorrente stesso possa essere ammesso in un secondo momento al beneficio del c.d. ‘soccorso istruttorio’, pur nelle ipotesi in cui la sussistenza di tale obbligo dichiarativo derivi da disposizioni sufficientemente chiare e conoscibili e indipendentemente dal fatto che il bando di gara non richiami in modo espresso il richiamato obbligo legale di puntuale indicazione”.

La Corte di giustizia (C. giust. UE, IX, 2 maggio 2019 C-309/18) si è pronunciata sulla questione precedentemente posta dalla citata ordinanza del Tar Lazio n. n. 4562/2018, affermando che “I principi della certezza del diritto, della parità di trattamento e di trasparenza, quali contemplati nella direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, sugli appalti pubblici e che abroga la direttiva 2004/18/CE, devono essere interpretati nel senso che essi non ostano a una normativa nazionale, come quella oggetto del procedimento principale, secondo la quale la mancata indicazione separata dei costi della manodopera, in un’offerta economica presentata nell’ambito di una procedura di aggiudicazione di un appalto pubblico, comporta l’esclusione della medesima offerta senza possibilità di soccorso istruttorio, anche nell’ipotesi in cui l’obbligo di indicare i suddetti costi separatamente non fosse specificato nella documentazione della gara d’appalto, sempreché tale condizione e tale possibilità di esclusione siano chiaramente previste dalla normativa nazionale relativa alle procedure di appalti pubblici espressamente richiamata in detta documentazione. Tuttavia, se le disposizioni della gara d’appalto non consentono agli offerenti di indicare i costi in questione nelle loro offerte economiche, i principi di trasparenza e di proporzionalità devono essere interpretati nel senso che essi non ostano alla possibilità di consentire agli offerenti di sanare la loro situazione e di ottemperare agli obblighi previsti dalla normativa nazionale in materia entro un termine stabilito dall’amministrazione aggiudicatrice”. (…).

Peraltro, anche dopo l’indicata pronuncia, la giurisprudenza ha ritenuto ammissibile il soccorso istruttorio quante volte la documentazione di gara non sia chiara in ordine all’assolvimento dell’obbligo e alle conseguenze a pena di esclusione (TAR Brescia, 18.03.2021 n. 264; TAR Lazio, Roma, Sez. I ter, 6 giugno 2019, n. 7324 secondo cui “ciò significa che sebbene non sia violativo della normativa comunitaria prevedere una ipotesi di esclusione automatica dalla procedura selettiva per mancata indicazione dei costi della manodopera, è comunque necessario operare una valutazione in concreto sulle indicazioni fornite nella documentazione di gara che non devono dare adito a dubbi circa gli adempimenti richiesti a pena di esclusione”; Consiglio di Stato, sez. V, 04.10.2019 n. 6688 secondo cui “Quanto, poi, al fatto che l’esclusione discenderebbe direttamente dall’art. 95, comma 10 del d.lgs. 50/2016, si rammenta che la previsione, come noto, non commina alcuna sanzione espulsiva, e che neanche il discplinare di gara sanzionava la mancata indicazione per cui è causa (…). Tutti i predetti elementi portano a concludere per la correttezza del ricorso nella fattispecie al rimedio del soccorso istruttorio volto a verificare il rispetto “sostanziale” dell’art. 95, comma 10 del d.lgs. n. 50/2016, i cui esiti sono stati validati dalla sentenza appellata in aderenza a conforme giurisprudenza, risultante non contrastante con la posizione poi assunta dalla Corte di giustizia. (…)

Una volta chiarito, come sopra, che la legge di gara per cui è causa ha richiamato espressamente l’obbligo di cui all’art. 95, comma 10 del d.lgs. n. 50 del 2016 senza corredarlo di sanzione, non si pone il problema della cogenza dell’obbligo, bensì quello dell’apprezzamento delle conseguenze da riconnettere alla sua violazione.

Ciò, sulla base del rilievo, evidenziato in tale sentenza, che la già citata ordinanza “n. 3/2019 dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, laddove rileva al capo 1.5.2. che, se l’opposto indirizzo privilegia il principio di par condicio competitorum, il secondo orientamento qui in rilievo, racchiuso da ultimo nella sentenza della III Sezione di questo Consiglio di Stato n. 2554/2018, “sembrerebbe inteso a salvaguardare i diversi principi di massima partecipazione alle gare e di tassatività e tipicità delle cause di esclusione di cui all’art. 83, comma 8 del nuovo. In base a tale disposizione le cause di esclusione dalla gara, in quanto limitative della libertà di concorrenza, devono essere ritenute di stretta interpretazione, senza possibilità di estensione analogica (cfr. Cons. Stato, V, sentenza n. 2064 del 2013), per cui, in caso di equivocità delle disposizioni, deve essere preferita l’interpretazione che, in aderenza ai criteri di proporzionalità e ragionevolezza, eviti eccessivi formalismi e illegittime restrizioni alla partecipazione”.

12. Peraltro in relazione alla fattispecie de qua, relativa come detto non ad un appalto di lavori o di servizi e forniture, ma ad una concessione mista di lavori e servizi, sia pure con prevalenza dei servizi, si deve evidenziare anche il contrasto giurisprudenziale concernente l’applicabilità dell’obbligo dichiarativo in parola anche alle procedure relative alle concessioni ed in particolare alle concessioni di servizi.

12.1. Segnatamente in senso negativo si è espressa questa Sezione con la sentenza 24.06.2020 n. 4034 – riferita ad una procedura per la concessione della gestione biennale dei parcheggi pubblici a pagamento e per la vigilanza per la stagione balneare, annualità 2019-2020 – con cui si è affermato “che l’art. 164 comma 2 del d. lgs. 50 del 2016, richiamato dal bando per definire il tipo di gara stabilisce che “Alle procedure di aggiudicazione di contratti di concessione di lavori pubblici o di servizi si applicano, per quanto compatibili, le disposizioni contenute nella parte I e nella parte II, del presente codice, relativamente ai principi generali, alle esclusioni, alle modalità e alle procedure di affidamento, alle modalità di pubblicazione e redazione dei bandi e degli avvisi, ai requisiti generali e speciali e ai motivi di esclusione, ai criteri di aggiudicazione, alle modalità di comunicazione ai candidati e agli offerenti, ai requisiti di qualificazione degli operatori economici, ai termini di ricezione delle domande di partecipazione alla concessione e delle offerte, alle modalità di esecuzione.

Dunque trattandosi di una concessione di servizi e non di un contratto passivo di appalto per lavori, servizi o forniture, si deve rilevare che la diversa struttura giuridica del negozio non comportava la dovuta applicazione della norma di cui all’art. 95 comma 10 stesso d. lgs. 50, vista l’evidente differenza strutturale ed il peso economico assunto nei secondi dal costo del lavoro”.

Detta sentenza si fonda pertanto sul rilievo della differenza strutturale fra l’appalto per lavori, servizi e forniture – quale contratto passivo per la pubblica amministrazione – e la concessione di servizi, contratto in cui il rischio della gestione è assunto in proprio dal concessionario, quale evidenziata dalla giurisprudenza anche di questa Sezione.

Infatti secondo quanto chiarito da Consiglio di Stato, sez. VI, 04.05.2020 n. 2810 “in linea di diritto, occorre premettere che, secondo la consolidata giurisprudenza della Corte di Giustizia UE, la differenza tra un appalto di servizi e una concessione di servizi risiede nel corrispettivo della fornitura di servizi, nel senso che un appalto pubblico di servizi comporta un corrispettivo che è pagato direttamente dall’amministrazione aggiudicatrice al prestatore di servizi, mentre si è in presenza di una concessione di servizi allorquando le modalità di remunerazione pattuite consistono nel diritto del prestatore di sfruttare la propria prestazione ed implicano che quest’ultimo assuma il rischio legato alla gestione dei servizi in questione (CGUE 15 ottobre 2009, nella causa C-196/08; CGUE 13 novembre 2008, nella causa C-437/07); in particolare, una concessione di servizi richiede che l’amministrazione concedente/aggiudicatrice abbia trasferito integralmente o in misura significativa all’operatore privato il rischio di gestione economica connesso all’esecuzione del servizio (v. CGUE 21 maggio 2015, nella causa C-269/14). In altri termini, la figura della concessione è connotata dall’elemento del trasferimento all’impresa concessionaria del rischio operativo, inteso come rischio di esposizione alle fluttuazioni di mercato che possono derivare da un rischio sul lato della domanda o sul lato dell’offerta, ossia da fattori al di fuori dalla sfera di controllo delle parti (v. il Considerando 20 e l’art. 5, n. 1, della direttiva 2014/23/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 febbraio 2014 sull’aggiudicazione dei contratti di concessione).

Tale orientamento è, peraltro, stato recepito dall’art. dall’art. 3, comma 1, lettera vv), d.lgs. n. 50/2016, che definisce come “concessione di servizi” un contratto a titolo oneroso stipulato per iscritto in virtù del quale una o più stazioni appaltanti affidano a uno o più operatori economici la fornitura e la gestione di servizi diversi dall’esecuzione di lavori di cui alla lettera ll) riconoscendo a titolo di corrispettivo unicamente il diritto di gestire i servizi oggetto del contratto o tale diritto accompagnato da un prezzo, con assunzione in capo al concessionario del rischio operativo legato alla gestione dei servizi.

Anche secondo il consolidato orientamento di questo Consiglio di Stato l’elemento qualificante della concessione di servizi è costituito dal trasferimento del rischio economico/operativo a carico dell’affidatario. In particolare, è stato affermato che, nel campo dei servizi pubblici, si ha concessione, quando l’operatore si assume in concreto i rischi economici della gestione del servizio, rifacendosi essenzialmente sull’utenza per mezzo della riscossione di un qualsiasi tipo di canone o tariffa, mentre si ha appalto, quando l’onere del servizio stesso viene a gravare sostanzialmente sull’amministrazione aggiudicatrice, sicché può affermarsi che è la modalità della remunerazione il tratto distintivo della concessione dall’appalto di servizi (v. Cons. Stato, Sez. VI , 4 settembre 2012, n. 4682; Cons. Stato, Sez. V, 3 maggio 2012 n. 2531).

12.2. Nel senso della configurabilità di detto obbligo dichiarativo anche in ipotesi di concessione di servizi si è per contro di recente pronunciata la sentenza Cons. Giust. Amm. Reg. Sic., 21 giugno 2021, n. 586 secondo cui “Ammesso che si sia in presenza di una ” concessione di servizi”, caratterizzata dall’assunzione in capo all’affidatario del rischio operativo legato alla sua gestione, l’art. 164, comma 2, del d.lgvo 50/2016 stabilisce che “Alle procedure di aggiudicazione di contratti di concessione di lavori pubblici o di servizi si applicano, per quanto compatibili, le disposizioni contenute nella parte I e nella parte II, del presente codice, relativamente ai principi generali, alle esclusioni, alle modalità e alle procedure di affidamento, alle modalità di pubblicazione e redazione dei bandi e degli avvisi, ai requisiti generali e speciali e ai motivi di esclusione, ai criteri di aggiudicazione, alle modalità di comunicazione ai candidati e agli offerenti, ai requisiti di qualificazione degli operatori economici, ai termini di ricezione delle domande di partecipazione alla concessione e delle offerte, alle modalità di esecuzione”. E l’onere di indicazione nell’offerta economica dei costi della manodopera e degli oneri aziendali concernenti l’adempimento delle disposizioni in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro è previsto dall’art.95, comma 10, relativo ai criteri di aggiudicazione, ricompreso nella parte II del codice”.

12.2.1. Peraltro anche tale pronuncia si è espressa nel senso dell’ammissibilità del soccorso istruttorio sulla base del rilievo che “occorre rilevare che il modello 7 offerta economica (…), il cui utilizzo era obbligatorio, a mente del disciplinare, non prevedeva l’inserimento dei costi di manodopera e sicurezza.

Occorre, allora, richiamare l’orientamento giurisprudenziale (di recente: Consiglio di Stato sez. V, 08/01/2021, n.283) secondo il quale la ratio dell’obbligo dell’indicazione separata dei costi della manodopera è esplicitata nell’ultimo periodo dell’art. 95, comma 10, del d.lgs. n. 50 del 2016, come sostituito dall’art. 60 del d.lgs. n. 56 del 2017, secondo il quale “le stazioni appaltanti, relativamente ai costi della manodopera, prima dell’aggiudicazione procedono a verificare il rispetto di quanto previsto dall’art. 97, comma 5, lett. d)”, vale a dire il rispetto dei minimi salariali retributivi del personale indicati nelle tabelle di cui all’art. 23, comma 16. Dato tale presupposto normativo, è corretto affermare che l’indicazione separata dei propri costi della manodopera è componente essenziale dell’offerta economica e perciò la relativa carenza è di regola sottratta, ai sensi dell’art. 83, comma 9, del Codice dei contratti pubblici alla sanatoria con soccorso istruttorio.

Tuttavia, già la Corte di Giustizia ha fatto salvo il caso in cui «le disposizioni della gara d’appalto non consentono agli offerenti di indicare i costi in questione nelle loro offerte economiche» (così la sentenza del 2 maggio 2019, C-309/18), per il quale, secondo il citato principio di trasparenza e quello di proporzionalità, deve ritenersi consentita la regolarizzazione dell’offerta mediante il potere di soccorso istruttorio da parte della stazione appaltante. Tale eccezione si giustifica ogniqualvolta l’operatore economico “ragionevolmente informato e normalmente diligente” possa nutrire un valido e concreto affidamento sulla correttezza, non solo della modulistica predisposta dalla stazione appaltante, ma anche delle richieste da questa avanzate con i documenti di gara, in conformità ai principi di tutela del legittimo affidamento, nonché di trasparenza e di certezza del diritto.

Sul punto si è pronunciata l’Adunanza plenaria affermando che “Se le disposizioni della gara d’appalto non consentono agli offerenti di indicare i costi in questione nelle loro offerte economiche, i principi di trasparenza e di proporzionalità devono essere interpretati nel senso che essi non ostano alla possibilità di consentire agli offerenti di sanare la loro situazione e di ottemperare agli obblighi previsti dalla normativa nazionale in materia entro un termine stabilito dall’amministrazione aggiudicatrice (2.4.2020, n. 7) ”.

In definitiva, è corretta l’affermazione del giudice di primo grado secondo la quale nella gara in questione doveva ritenersi vigente l’obbligo di indicare i costi in questione, e tuttavia, stante l’ambiguità del disciplinare e la formulazione del modello di offerta economica, non poteva comminarsi l’esclusione, dovendosi ammettere l’impresa al soccorso istruttorio.

Va precisato che quanto fin qui detto non contrasta con il recente precedente di questo Consiglio (sent. n. 421/21 del 12/5/2021), atteso che lo stesso verteva sulla diversa situazione in cui il bando aveva espressamente richiesto l’indicazione dei costi in questione (a differenza del disciplinare relativo alla gara per cui è causa), ed inoltre, sebbene nel modulo elettronico predisposto dalla stazione appaltante non fosse contenuto il campo per la dichiarazione sulla stima dei costi della manodopera, nondimeno la stazione appaltante aveva previsto una sezione denominata “Documentazione economica aggiuntiva” al fine di consentire agli operatori economici di aggiungere ulteriori informazioni o dati all’offerta di cui la modulo predefinito”.

13. Ciò posto, nonostante appaia maggiormente condivisibile l’orientamento che postula l’applicabilità dell’obbligo dichiarativo di cui all’art. 95 comma 10 del Codice dei contratti pubblici altresì alle concessioni di servizi – in considerazione anche del rilievo che l’art. 30 comma 3 del D.lgs. 50/2016 impone agli operatori economici, “nell’esecuzione di appalti pubblici e di concessioni” di rispettare “gli obblighi in materia ambientale, sociale e del lavoro stabiliti dalla normativa europea e nazionale, dai contratti collettivi o dalle disposizioni internazionali” , cui si correla il predetto obbligo dichiarativo, l’appello va rigettato, sia pure in parte con diversa motivazione.

13.1. Infatti la lex specialis della gara de qua, antecedente non solo al noto e richiamato pronunciamento della Corte di Giustizia, ma alla stessa riformulazione del disposto dell’art. 95 comma 10 d.lgs. 50/2016 ad opera del correttivo di cui al d.lgs. 56/2017, non solo non prevedeva alcuna sanzione espulsiva correlata al mancato assolvimento dell’obbligo di indicazione separata dei costi della sicurezza, ma non prevedeva expressis verbis detto obbligo, neppure con rinvio al correlativo disposto normativo.

L’art. 4 del disciplinare di gara infatti stabiliva espressamente che: “i concorrenti dovranno presentare offerta relativamente a: 1. canone di concessione offerto all’Amministrazione espresso in percentuale sul volume d’affari indicato dal PEF a base di gara; 2. sconto in termini percentuali sulla tariffa di cremazione applicato ai residenti nel comune di Pavia, rispetto alla tariffa pubblica ministeriale; 3. durata della concessione. L’offerta economica dovrà essere accompagnata dal piano economico finanziario, asseverato da uno dei soggetti di cui all’art. 183, c. 9, primo periodo, del D. Lgs. 50/2016”.

Pertanto, la legge di gara, come evidenziato da Eco Fly, indicava specificamente gli elementi in relazione ai quali doveva essere presentata l’offerta, e tra questi non riportava gli oneri di sicurezza. Né era previsto che tale dato dovesse essere riportato in dichiarazioni ulteriori; anzi, i moduli predisposti dall’Ente non ricomprendevano il riferimento agli oneri di sicurezza.

13.2. A ciò si aggiunge l’incertezza giurisprudenziale connessa all’applicabilità del disposto dell’art. 95 comma 10 del Codice alle concessioni di servizio, nonché la circostanza – giova rimarcarlo – che il bando di gara è stato pubblicato nel 2016, e dunque in un periodo nel quale, non solo l’orientamento giurisprudenziale prevalente avrebbe deposto nel senso di negare che la mancata indicazione degli oneri di sicurezza interni potesse condurre all’automatica esclusione dell’operatore, non essendo ancora intervenute le pronunce in materia della Corte di Giustizia UE e dell’Adunanza Plenaria di questo Consiglio di Stato, ma anche la formulazione della norma di cui all’art. 95 comma 10 del Codice, in quanto antecedente al correttivo di cui al d.lgs. 56/2017, era alquanto generica, non potendosi esattamente intendere, in mancanza del riferimento dell’obbligo dichiarativo de quo anche alla separata indicazione dei costi della manodopera, la portata essenziale dello stesso in quanto riferibile alla omicomprensiva protezione delle condizioni dei lavoratori.

13.3. Pertanto alla fattispecie de qua era senza dubbio applicabile il soccorso istruttorio, con l’attivazione del subprocedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta, la cui applicabilità è prevista dall’art. 8 del disciplinare di gara (“Relativamente alla verifica dell’anomalia l’Amministrazione rispetterà i criteri stabiliti dalla vigente normativa”) non solo e non tanto per la circostanza indicata nella sentenza di prime cure – riferita al soddisfacimento parziale del predetto obbligo dichiarativo, invero expressis verbis relativo alla sola fase dei lavori e non anche a quella della gestione del servizio – ma per il fondamentale rilievo che dalla lex specialis di gara, quale interpretabile ratione temporis, non erano evincibili né la sussistenza dell’obbligo de quo, né tantomeno le conseguenze da riconnettersi a pena di esclusione alla sua inosservanza.

Né l’attivazione del soccorso istruttorio nella presente fattispecie si pone in contrasto con le indicazioni fornite nel noto pronunciamento della Corte di Giustizia, UE, IX, 2 maggio 2019 C-309/18, essendosi in tale sede chiarito che intanto può operare l’esclusione automatica connessa al mancato assolvimento del predetto obbligo dichiarativo, anche in assenza di un’esplicita indicazione in tal senso della lex specialis di gara, “sempreché tale condizione e tale possibilità di esclusione siano chiaramente previste dalla normativa nazionale relativa alle procedure di appalti pubblici espressamente richiamata in detta documentazione”.

Non essendo pertanto chiare, alla luce della normativa interna, all’epoca dell’indizione della gara de qua, le conseguenze connesse al mancato assolvimento di tale obbligo – neanche richiamato nella lex specialis di gara – neppure in relazione alle procedure di appalto, e vieppiù in relazione alle procedure di concessione, il rispetto dei principi di trasparenza, di proporzionalità e di tassatività della cause di esclusione, imponevano senza dubbio l’attivazione del soccorso istruttorio, mercè l’apertura del subprocedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta.

14. In considerazione di tali dirimenti rilievi, l’appello va pertanto rigettato, dovendosi confermare, sia pure in parte con diversa motivazione, le conclusioni della sentenza di prime cure, con conseguente rigetto anche della domanda risarcitoria per equivalente svolta in via subordinata rispetto alla domanda di subentro nel contratto.

15. Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Condanna parte appellante alla refusione delle spese di lite in favore delle controparti, liquidate in euro 4.000,00 (quattromila/00) in favore di Eco Fly ed in euro 3.000,00 (tremila/00) in favore del Comune di Pavia.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 14 luglio 2022 con l’intervento dei magistrati:

Luciano Barra Caracciolo, Presidente

Valerio Perotti, Consigliere

Angela Rotondano, Consigliere

Giuseppina Luciana Barreca, Consigliere

Diana Caminiti, Consigliere, Estensore

L’ESTENSORE
Diana Caminiti
 
IL PRESIDENTE
Luciano Barra Caracciolo
 
 

IL SEGRETARIO

 

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