BENI CULTURALI E AMBIENTALI – Trasferimento di opere all’estero – Procedimento di dichiarazione dell’interesse culturale – Art. 65, c. 4 bis d.lgs. n. 42/2004 – Questione di legittimità costituzionale, nella parte in cui la norma non prevede la possibilità di avviare il procedimento per le ipotesi di cui all’art. 10, c. 3 d.lgs. n. 42/2004 diverse dalla lett. D-bis – Rilevanza e non manifesta infondatezza.
Provvedimento: Ordinanza
Sezione: 6^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 17 Gennaio 2025
Numero: 363
Data di udienza: 19 Dicembre 2024
Presidente: Simonetti
Estensore: Gallone
Premassima
BENI CULTURALI E AMBIENTALI – Trasferimento di opere all’estero – Procedimento di dichiarazione dell’interesse culturale – Art. 65, c. 4 bis d.lgs. n. 42/2004 – Questione di legittimità costituzionale, nella parte in cui la norma non prevede la possibilità di avviare il procedimento per le ipotesi di cui all’art. 10, c. 3 d.lgs. n. 42/2004 diverse dalla lett. D-bis – Rilevanza e non manifesta infondatezza.
Massima
CONSIGLIO DI STATO, Sez. 6^ – 17 gennaio 2025, ord. n. 363
BENI CULTURALI E AMBIENTALI – Trasferimento di opere all’estero – Procedimento di dichiarazione dell’interesse culturale – Art. 65, c. 4 bis d.lgs. n. 42/2004 – Questione di legittimità costituzionale, nella parte in cui la norma non prevede la possibilità di avviare il procedimento per le ipotesi di cui all’art. 10, c. 3 d.lgs. n. 42/2004 diverse dalla lett. D-bis – Rilevanza e non manifesta infondatezza.
E’ rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale, per contrasto con gli artt. 3, comma 1, 9, comma 1 e comma 2, 97, comma 2, Cost., dell’art. 65, comma 4-bis, secondo periodo, del d.lgs. n. 42 del 2004, nella parte in cui, al suo secondo periodo, consente all’ufficio di esportazione, all’atto della ricezione della autodichiarazione finalizzata al trasferimento di opera all’estero, di avviare il procedimento di dichiarazione dell’interesse culturale di cui all’articolo 14 del d.lgs. n. 42 del 2004 solo nell’ipotesi in cui la medesima ricada nella fattispecie ex art. 10, comma 3, lett. d-bis) del medesimo decreto (id est “le cose, a chiunque appartenenti, che presentano un interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico eccezionale per l’integrità e la completezza del patrimonio culturale della Nazione”) e non anche nelle altre ipotesi di cui all’art. 10, comma 3, del d.lgs. n. 42 del 2004.
Pres. Simonetti, Est. Gallone – Ministero della Cultura (Avv. Stato) c. M. s.r.l. (avv.ti Calabi e Celotto)
Allegato
Titolo Completo
CONSIGLIO DI STATO, Sez. 6^ - 17 gennaio 2025, ord. n. 363SENTENZA
REPUBBLICA ITALIANA
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
ORDINANZA
sul ricorso numero di registro generale 4934 del 2024, proposto da
Ministero della Cultura, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;
contro
Matteo Lampertico S.r.l., rappresentata e difesa dagli avvocati Giuseppe Calabi e Alfonso Celotto, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda) n. 19029/2023, resa tra le parti.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio della Matteo Lampertico S.r.l.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza pubblica del giorno 19 dicembre 2024 il Cons. Giovanni Gallone e udito per la parte appellata l’avv. Alfonso Celotto;
FATTO E DIRITTO
1. La Matteo Lampertico S.r.l. ha acquistato, in data 18 marzo 2021, presso “Cambi Casa d’Aste” di Genova, la miniatura denominata “Madonna col bambino (Madonna dei fusi) – tempera su pergamena applicata su supporto ligneo (mm. 132 x 101)”, attribuito ad Agostino Decio (Milano, 1532/1533 – 1615) al prezzo di aggiudicazione di € 9.000,00.
1.1 Successivamente, in data 31 marzo 2021, ha presentato presso l’Ufficio esportazione della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per la città metropolitana di Genova e la provincia di La Spezia (di seguito anche solo per brevità l’“Ufficio esportazione” o la “Soprintendenza”), la dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà relativa alla circostanza che per il predetto bene da trasferire all’estero non era prevista l’autorizzazione (ex art. 65, co. 4 bis, d.lgs. n. 42/2004).
Il 16 giugno 2021, il suddetto Ufficio esportazione ha formulato alla Matteo Lampertico S.r.l. una propria proposta di acquisto coattivo, allegandovi una relazione storico-artistica;
1.2 In data 18 giugno2021 la Matteo Lampertico S.r.l. ha comunicato alla Soprintendenza la propria volontà di rinunciare all’uscita dell’opera, avvalendosi della facoltà prevista dall’art. 70, comma 2, d.lgs. n. 42/2004, come strumento atto a paralizzare la proposta di acquisto coattivo.
Il 26 luglio 2021, l’Ufficio esportazione ha avviato, con nota prot. n. 21039, il procedimento di dichiarazione di interesse culturale particolarmente importante dell’opera, ai sensi dell’art. 10, comma 3, lettera a), nonché degli artt. 13 e 14 del d.lgs. n. 42/2004, e dell’art. 7, co. 3, D.M. n. 246/2018.
2. Con ricorso notificato il 4 marzo 2022 e depositato l’11 marzo 2022 Lampertico S.r.l. ha impugnato dinanzi al T.A.R. per il Lazio – sede di Roma, chiedendone l’annullamento, i seguenti atti:
– l’art. 7, comma 3, D.M. 246/2018, nella parte in cui disciplina l’avvio di “procedimento di dichiarazione di interesse particolarmente importante” prevedendo l’ampliamento dei casi in cui l’Ufficio Esportazione può avviare procedimento di dichiarazione di interesse culturale in violazione del dettato normativo di cui al combinato disposto degli artt. 10, comma 3, lett. d-bis) e 65, comma 4 e comma 4-bis del d.lgs. n. 42/2004;
– il provvedimento di dichiarazione di interesse culturale di cui al decreto prot. 0000035-P del 4 gennaio 2022 assunto dal Ministero della Cultura, Segretariato Regionale per la Liguria, Ufficio Tutela Beni Culturali in relazione al bene di cui alla dichiarazione ex art. 65, comma 4, lettera b) del D. Lgs. 42/2004 del 6 maggio 2021, di cui alla nota prot. 16741 del 15 giugno 2021 (codice pratica SUE 543574) della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per la città metropolitana di Genova e la provincia di La Spezia – Ufficio Esportazione;
– la nota prot. n. 21039 del 26 luglio 2021 della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per la città metropolitana di Genova e la provincia di La Spezia – Ufficio Esportazione nella parte in cui ha disposto l’avvio del procedimento di dichiarazione d’interesse culturale in relazione al bene di cui alla dichiarazione ex art. 65, comma 4, lettera b) del D. Lgs. 42/2004 del 6 maggio 2021, di cui alla nota prot. 16741 del 15 giugno 2021 (codice pratica SUE 543574);
– ogni altro atto preordinato, conseguente o comunque connesso ai suddetti atti.
2.1 A sostegno del ricorso di primo grado ha dedotto i motivi così rubricati:
1) sviamento di potere e falsità dei presupposti, nonché’ errata identificazione del procedimento da adottare e dei relativi provvedimenti;
2) eccesso di potere. violazione del principio di ragionevolezza tecnica;
3) Rinvio pregiudiziale alla CGUE, ai sensi dell’art. 267 TFUE, in ordine all’art. 65 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio ai sensi dell’articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137), per violazione dell’art. 36 TFUE, nonché dei principi di proporzionalità, non discriminazione e necessità.
3. Ad esito del relativo giudizio, con la sentenza indicata in epigrafe, il T.A.R., ritenuto fondato il primo motivo di gravame, ha accolto il ricorso ed ha annullato i provvedimenti impugnati.
4. Con ricorso notificato il 15 giugno 2024 e depositato il 18 giugno 2024 il Ministero della cultura ha proposto appello avverso la suddetta sentenza chiedendone, previa concessione di tutela cautelare ex art. 98 c.p.a, la riforma.
4.1 Ha affidato il gravame ai motivi così rubricati:
1) Sull’annullamento in parte qua dell’art. 7, comma 3, del DM 246/2023.
5. In data 12 luglio 2024 si è costituita in giudizio la Matteo Lampertico S.r.l. chiedendo la reiezione del gravame.
6. Ad esito dell’udienza in camera di consiglio del 18 luglio 2024, questa Sezione, con ordinanza cautelare n. 2779 del 19 luglio 2024, “Ritenuto che, ad una prima sommaria delibazione propria della presente fase cautelare, l’appello appare fondato con riguardo ad entrambi i profili di doglianza dovendosi rilevare, da un lato, che la lettura a sistema del comma 4-bis dell’art. 65 del d.lgs. n. 42 del 2004 con il precedente comma 1 e con il comma 6 dell’art. 14 del medesimo decreto sembra smentire la ricostruzione accolta dal T.A.R. e, dall’altro, che la documentazione versata in atti (all. 2 e 2a della produzione documentale in primo grado del Ministero della cultura del 5 marzo 2022) pare dimostrare che l’opera de qua sia stata effettivamente visionata dall’Ufficio esportazione di Genova in data 11 maggio 2021”, ha accolto la domanda cautelare proposta dall’appellante e, per l’effetto, ha sospeso l’esecutività della sentenza impugnata.
7. Con memoria depositata il 12 settembre 2024 la Matteo Lampertico S.r.l. ha riproposto ex art. 101, comma 2 c.p.a. i seguenti motivi dichiarati assorbiti e non esaminati dal giudice di prime cure:
1) In subordine: eccesso di potere. Violazione del principio di ragionevolezza tecnica –
1.1) Carenza e/o contraddittorietà della motivazione. Sull’incerta attribuzione dell’Opera;
1.2) Difetto di motivazione della Dichiarazione;
1.3) Illogicità della motivazione. Sull’assenza del carattere di rarità;
1.4) irragionevolezza manifesta. Sulla collezione Santo Varni;
2) Rinvio pregiudiziale alla CGUE, ai sensi dell’art. 267 TFUE, in ordine all’art. 65 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio ai sensi dell’articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137), per violazione dell’art. 36 TFUE, nonché dei principi di proporzionalità, non discriminazione e necessità.
8. In data 15 novembre 2024 parte appellante ha depositato memorie ex art. 73 c.p.a..
9. All’udienza pubblica del 19 dicembre 2024 la causa è stata introitata per la decisione.
10. Con un primo profilo di doglianza parte appellante censura la sentenza impugnata nella parte in cui la stessa ha ritenuto fondato il primo motivo del ricorso di primo grado a mezzo del quale è stata dedotta l’illegittimità dell’art. 7, comma 3, del D.M. n.246/18 nella parte in cui consente agli uffici di esportazione di avviare il procedimento di dichiarazione di interesse culturale particolarmente importante di cui all’art. 10, comma 3, lettera a) del Codice, anche per i beni oltre i settant’anni ma di valore inferiore a € 13.500.
In particolare, il T.A.R avrebbe errato nell’affermare che:
– “La norma secondaria infatti attribuisce all’Amministrazione il potere di avviare il procedimento che conduce alla dichiarazione di interesse culturale non solo nel caso previsto dalla legge [art. 10, co. 3, lett. d-bis): cose mobili di “interesse eccezionale”], ma anche nelle altre ipotesi previste dal citato art. 10, co. 3 [diverse da quelle contemplate dalla lett. d-bis)], e segnatamente anche nella fattispecie (ritenuta sussistente dall’amministrazione nel caso oggetto del presente giudizio) di cui alla lett. a), relativa alle cose mobili di “interesse particolarmente importante”;
– tale norma secondaria si pone in contrasto con la norma primaria nella parte in cui estendendo il campo di applicazione di quest’ultima consentendo all’amministrazione di comprimere le facoltà dei soggetti privati oltre i casi espressamente previsti dalla legge.
Si osserva che, secondo tale ricostruzione, mentre i beni con oltre 70 anni d’età ma con valore inferiore a €13.500 euro possono essere dichiarati di interesse culturale particolarmente importante ai sensi dell’art. 10, comma 3, lettera a) del d.lgs. n. 42 del 2004 in via ordinaria, agli uffici ministeriali resterebbe invece preclusa l’adozione di siffatto vincolo in sede di esportazione (posto che in tale sede per i medesimi beni sarebbe azionabile, per espressa previsione di legge, solo la dichiarazione “eccezionale” di cui alla lettera d-bis).
Ciò avrebbe, secondo la difesa erariale, conseguenze paradossali e consentirebbe l’uscita del bene dal territorio italiano, pur se d’interesse culturale particolarmente importante, con perdita irreversibile del medesimo.
10.1 Con un secondo profilo di doglianza parte appellante censura la sentenza impugnata nella parte in cui la stessa ha ritenuto fondato il primo motivo del ricorso di primo grado anche con riguardo all’ulteriore profilo di doglianza con cui si è lamentato la violazione, da parte del provvedimento gravato in prime cure, dello stesso art. 7, comma 3, D.M. n. 246/2018.
In particolare, il primo giudice avrebbe errato nel ritenere che “Non è stata neppure allegata invece dall’amministrazione resistente la circostanza che essa abbia chiesto la presentazione fisica del bene entro 10 giorni dalla presentazione della dichiarazione”.
Osserva sul punto parte appellante che:
– vi sarebbe un’insanabile contraddizione nel ragionamento seguito dal giudice di prime cure laddove dopo aver accertamento l’illegittimità e disposto l’annullamento di comma 3 dell’art. 7 del D.M. n.246/18 ha al contempo ritenuto che l’Ufficio esportazione fosse comunque tenuto sulla base della medesima previsione a chiedere entro dieci giorni la presentazione fisica della res;
– in ogni caso la documentazione prodotta agli atti dimostrerebbe che l’opera è stata visionata dall’Ufficio esportazione di Genova in data 11 maggio 2021.
11. Il Collegio ritiene ex officio sussistenti i presupposti per sollevare dinanzi alla Corte costituzionale la questione di legittimità costituzionale dell’art. 65, comma 4-bis, del d.lgs. n. 42 del 2004 per contrasto con gli artt. 3, comma 1, 9, comma 1 e comma 2, 97, comma 2, Cost., nella parte in cui, al suo secondo periodo, consente all’ufficio di esportazione, all’atto della ricezione della autodichiarazione finalizzata al trasferimento di opera all’estero, di avviare il procedimento di dichiarazione dell’interesse culturale di cui all’articolo 14 del d.lgs. n. 42 del 2004 solo nell’ipotesi in cui la medesima ricada nella fattispecie ex art. 10, comma 3, lett. d-bis) del medesimo decreto (id est “le cose, a chiunque appartenenti, che presentano un interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico eccezionale per l’integrità e la completezza del patrimonio culturale della Nazione”) e non anche nelle altre ipotesi di cui all’art. 10, comma 3, del d.lgs. n. 42 del 2004.
Si chiede quindi – per il caso in cui il dubbio sia ritenuto fondato – la declaratoria di illegittimità dell’art. 65, comma 4-bis, del d.lgs. n. 42 del 2004 relativamente al seguente inciso, contenuto, al suo secondo periodo: “lettera d-bis)”.
11.1 In punto di rilevanza della questione di legittimità costituzionale in parola è sufficiente osservare che questo giudice, nello scrutinare il primo profilo di doglianza dell’appello, è certamente tenuto a fare applicazione dell’art. 65, comma 4-bis, secondo periodo, del d.lgs. n. 42 del 2004, avendo tale disposizione costituito il principale parametro impiegato dal T.A.R. per pervenire alla declaratoria di parziale illegittimità dell’art. 7, comma 3, del D.M. n. 246/18.
Va, poi, aggiunto che ove la Corte dovesse ritenere fondata la stessa pervenendo alla declaratoria di illegittimità costituzionale in parte qua dell’art. 65, comma 4-bis, secondo periodo, del d.lgs. n. 42 del 2004 ciò condurrebbe ad accogliere sotto tale aspetto il primo motivo dell’appello in esame e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, a respingere sotto il medesimo profilo il ricorso di primo grado (salva la necessità dello scrutinio, nella prosecuzione del giudizio, dell’ulteriore profilo di doglianza dell’unico motivo di appello e dei motivi riproposti ex art. 101, comma 2, c.p.a. da parte appellata). E, infatti, l’annullamento in parte qua con effetti ex tunc della norma in parola varrebbe a elidere in radice il lamentato contrasto tra l’art. 7, comma 3, del D.M. n. 246/18 gravato in prime cure e lo stesso art. 65, comma 4-bis, del d.lgs. n. 42 del 2004.
In questo senso depone la giurisprudenza costituzionale secondo cui il concetto di “rilevanza” implica l’“esigenza minima, ma inderogabile, che la questione abbia riferimento a leggi o disposizioni di legge delle quali il giudice debba, in qualsiasi modo, direttamente o indirettamente, fare applicazione nel processo dinanzi ad esso svolgentesi” (Corte cost, sentenza n. 142/1968; nonché sentenza n. 216/1993 e più di recente ordinanza n. 23/2004) e che, di riflesso, l’eventuale sentenza di accoglimento possa spiegare una sua influenza sul processo principale (Corte cost, sentenze nr. 184/2006, 422/1994, 62/1993, 10/1982, 90/1968 e 132/1967).
11.2 Quanto, invece, alla non manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale appare opportuno in limine tratteggiare brevemente il quadro normativo di riferimento anche evidenziando la sua più recente evoluzione.
L’art. 65 del d.lgs. n. 42 del 2004 si occupa della “Uscita definitiva” dal territorio della Repubblica dei beni che rivestono (ovvero possono rivestire) interesse culturale.
Detta disposizione individua tre distinte ipotesi:
– quella dei beni di cui è sempre vietata l’uscita definitiva (commi 1 e 2 dell’art. 65);
– quella dei beni la cui uscita definitiva è soggetta ad autorizzazione preventiva (comma 3 dell’art. 65);
– quella dei beni la cui uscita definitiva non è soggetta ad autorizzazione preventiva ma all’onere di comprovare al competente ufficio di esportazione, mediante dichiarazione ai sensi del testo unico di cui al d.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445, che le cose da trasferire all’estero rientrino nelle ipotesi per le quali non è prevista l’autorizzazione (commi 4 e 4-bis dell’art. 65, come novellati da ultimo con la l. n. 124 del 2017).
Quest’ultimo è, dunque, un regime speciale caratterizzato da una marcata semplificazione che però non segna una completa deprocedimentalizzazione (e liberalizzazione). In maniera non dissimile a quanto accade a livello di legge generale sul procedimento con la s.c.i.a., l’interessato ha l’”onere” di avere un contatto procedimentale con l’amministrazione presentando una autodichiarazione relativa allo status giuridico dell’opera; l’amministrazione, da par suo, conserva poteri di controllo sulla medesima che si sostanziano non solo nella verifica della veridicità di quanto dichiarato ma anche (e soprattutto) nell’apprezzamento dell’eventuale interesse culturale della res.
Per ciò che qui interessa si segnala, infatti, che il comma 1 dell’art. 65 menziona tra i beni di cui è sempre vietata l’uscita definitiva i “beni culturali mobili indicati nell’articolo 10, commi 1, 2 e 3” e, quindi, anche, mercé il riferimento espresso al comma 3 dell’art. 10 del d.lgs. n. 42 del 2004, i beni culturali per i quali sia “intervenuta la dichiarazione prevista dall’articolo 13”.
Ne discende che i beni ex comma 3 dell’art. 10 per i quali non sia intervenuta dichiarazione di interesse culturale non sono, salva l’ipotesi eccezionale di cui alla lett. b) del comma 2 dello stesso art.65 (che qui non viene in rilievo), assoggettati a divieto di uscita ma, a seconda dei casi, al regime di autorizzazione preventiva ex comma 3 dell’art. 65 ovvero a quello semplificato su autodichiarazione dell’interessato ex commi 4 e 4-bis dell’art. 65.
Ancor più segnatamente sono assoggettate ad autorizzazione ex comma 3 dell’art. 65 le cose “a chiunque appartenenti, che presentino interesse culturale” ma per le quali non sia intervenuta la dichiarazione prevista dall’articolo 13, laddove “siano opera di autore non più vivente e la cui esecuzione risalga ad oltre settanta anni, il cui valore, fatta eccezione per le cose di cui all’allegato A, lettera B, numero 1, sia superiore ad euro 13.500”.
Viceversa sono assoggettate a procedimento semplificato su autodichiarazione dell’interessato ex commi 4 e 4-bis dell’art. 65 le cose “che presentino interesse culturale” ma per le quali non sia intervenuta la dichiarazione prevista dall’articolo 13, purché “siano opera di autore non più vivente e la cui esecuzione risalga ad oltre settanta anni, il cui valore sia inferiore ad euro 13.500, fatta eccezione per le cose di cui all’allegato A, lettera B, numero 1”.
Ebbene, tanto premesso il Collegio è del meditato avviso che la disciplina posta dall’art. 65, comma 4-bis, del d.lgs. n. 42 del 2004 si ponga in evidente contrasto con gli artt. 3, comma 1, 9, comma 1 e comma 2, 97, comma 2, Cost. nella parte in cui, al suo secondo periodo, consente all’ufficio di esportazione, in sede di controllo sulla autodichiarazione finalizzata al trasferimento di opera all’estero, di avviare il procedimento di dichiarazione dell’interesse culturale di cui all’articolo 14 del d.lgs. n. 42 del 2004 solo nell’ipotesi in cui la medesima ricada nella fattispecie ex art. 10, comma 3, lett. d-bis) del medesimo decreto (id est “le cose, a chiunque appartenenti, che presentano un interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico eccezionale per l’integrità e la completezza del patrimonio culturale della Nazione”) e non anche nelle altre ipotesi di cui all’art. 10, comma 3, del d.lgs. n. 42 del 2004.
Essa disegna, infatti, un regime illogico, che dà luogo ad un’irragionevole disparità di trattamento e che rischia di compromettere il perseguimento dell’obiettivo di tutela ex art. 9, comma 2 Cost. che si pone la Repubblica vulnerando, al contempo, il buon andamento dell’amministrazione ex art. 97, comma 2, Cost. (inteso dalla giurisprudenza costituzionale come parametro di legittimità delle scelte discrezionali effettuate dal legislatore nella organizzazione degli apparati e dell’attività amministrativa che impone anche di valutare l’impatto complessivo delle stesse sull’operato della macchina amministrativa – così Corte cost. n. 183 del 2008 e, rispetto alla disciplina dei singoli poteri amministrativi e dei relativi procedimenti, sentenze nn. 40 e 135 del 1998, n. 300 del 2000).
Ciò in quanto il secondo periodo del comma 4-bis dell’art. 65 del d.lgs. n. 42 del 2004, nella sua formulazione letterale, preclude all’amministrazione la possibilità di avviare il procedimento ex art. 13 del d.lgs. n. 42 del 2004 (e, quindi, per ciò che più interessa nell’ottica della tutela dell’integrità del patrimonio storico-artistico della Nazione, di impedire l’uscita dell’opera dal territorio della Repubblica facendo scattare il divieto di cui al comma 1 dell’art. 65) per ragione diversa da quella dell’eccezionale interesse ogni qual volta, venendo in rilievo opere di cui al precedente comma 4 (cioè “cose di cui all’articolo 11, comma 1, lettera d)” ovvero, come nel caso che occupa, “cose che presentino interesse culturale, siano opera di autore non più vivente e la cui esecuzione risalga ad oltre settanta anni, il cui valore sia inferiore ad euro 13.500, fatta eccezione per le cose di cui all’allegato A, lettera B, numero 1”), sia applicabile (ed avviato) il procedimento semplificato di cui al primo periodo dello stesso comma 4-bis dell’art. 65 del d.lgs. n. 42 del 2004 (id est la presentazione di una dichiarazione ai sensi del testo unico di cui al d.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445 in luogo del previo rilascio di autorizzazione all’uscita dal territorio della Repubblica).
La manifesta irragionevolezza della disciplina normativa in parola emerge, in particolare, dal confronto con altri segmenti della disciplina posta dal d.lgs. n. 42 del 2004 e, segnatamente, con il disposto tanto dell’art. 13, comma 1 (a mente del quale “La dichiarazione accerta la sussistenza, nella cosa che ne forma oggetto, dell’interesse richiesto dall’articolo 10, comma 3”), quanto dell’art. 65 comma 1, del d.lgs. n. 42 del 2004 (il quale stabilisce, in generale, che “È vietata l’uscita definitiva dal territorio della Repubblica dei beni culturali mobili indicati nell’articolo 10, commi 1, 2 e 3”).
Le disposizioni da ultimo evocate, infatti, operano un richiamo onnicomprensivo al comma 3 dell’art. 10 senza enucleare un regime differenziato per la fattispecie di cui alla sua lett. d-bis).
Del resto, non v’è ragione alcuna per la quale, a fronte del medesimo concreto valore del bene, il suo regime di tutela (e segnatamente la possibilità che venga dichiarato di interesse culturale con conseguente divieto di uscita definitiva dal territorio dello Stato) dipenda esclusivamente dalla circostanza se sia stata o meno attivato il procedimento semplificato ex comma 4-bis dell’art. 65 del d.lgs. n. 42 del 2004.
Siffatto assetto regolatorio dà, così, luogo a storture non sanabili:
– la medesima res la quale prima dell’intrapresa del procedimento semplificato di uscita definitiva dal territorio avrebbe potuto essere dichiarata di interesse culturale per una qualsiasi delle fattispecie di cui al comma 3 dell’art. 10 (con conseguente divieto di uscita definitiva dal territorio della Repubblica ex art. 65, comma 1, del d.lgs. n. 42 del 2004), non può essere dichiarata di interesse culturale in sede di controllo sulla autodichiarazione resa dall’interessato, se non per il caso ex comma 3 lett.-d-bis) del medesimo art. 3;
– il regime di tutela della res finisce con il dipendere (divenendo meno intenso) dall’iniziativa assunta dall’interessato e finisce, quindi, nella sostanziale disponibilità di quest’ultimo;
– la novella apportata dalla l. n. 124 del 2017 travalica la sua finalità di semplificazione procedimentale (quale pure emerge dalla relazione di accompagnamento al d.d.l. S 2085 poi sfociato nella l. n. 124 del 2017) per divenire strumento di parziale liberalizzazione del settore a detrimento del primario bene costituzionale della integrità ex art. 9, comma 1 e comma 2, Cost. del patrimonio storico e artistico della Nazione.
11.3 Non sussistono, infine, margini per esperire un tentativo di interpretazione conforme a Costituzione della disciplina di legge.
In particolare, non si può mancare di osservare che il chiaro tenore letterale dell’art. 65, comma 4-bis, del d.lgs. n. 42 del 2004, operando un rinvio espresso solo alla lett. d-bis) dell’art. 10, comma 3, del medesimo decreto non consente una diversa lettura che ne estenda l’operatività alle altre ipotesi di cui al comma 3 dell’art. 10.
Né sembra che sia possibile superare le aporie sopra evidenziate ritenendo che il secondo periodo del comma 4-bis dell’art. 65 sia norma sulla sola competenza inserita dal legislatore per derogare al disposto del comma 6, secondo periodo, dell’art. 14 (ad avviso del quale “Per le cose di cui all’articolo 10, comma 3, lettera d-bis), la dichiarazione è adottata dal competente organo centrale del Ministero”) individuando nel “competente ufficio di esportazione” quello cui spetta l’avvio del procedimento di dichiarazione di interesse culturale. E, infatti, siffatta lettura, prospettata dalla Sezione con ordinanza n. 2779 del 19 luglio 2024 pur nella sommarietà che caratterizza la cognizione della vicenda in sede cautelare, si scontra, da un lato, con la circostanza che l’intrapresa del procedimento ex art. 14 risulta strettamente agganciata (“qualora reputi che le cose possano rientrare …”) alla sussistenza dell’ipotesi di eccezionale interesse ex art. 10, comma 3 lett. d-bis) e, dall’altro, con la circostanza che l’individuazione dell’“ufficio esportazione” come competente è, altresì, accompagnata dalla previsione di uno specifico termine procedimentale (“sessanta giorni dalla data di presentazione della dichiarazione”) con finalità acceleratoria rispetto a quello generale (fissato in centoventi giorni stabilito ex art. 14, comma 5 , del d.lgs. n. 42 del 2004 con l’allegato 1 del D. P.C.M. 18 novembre 2010, n. 231). Quest’ultimo rilievo sembra, infatti, impedire la praticabilità di soluzioni ortopediche pienamente soddisfacenti perché condurrebbe ad un approdo parimenti irragionevole in cui la più delicata tra le fattispecie ex comma 3 dell’art. 10 del d.lgs. n. 42 del 2004 (quella, appunto, di cui alla lett d-bis) finirebbe con l’essere assoggettata ad una disciplina speciale che comprime significativamente, rispetto a quella generale, i tempi d’azione dell’amministrazione.
12. In conclusione, riservata ogni ulteriore statuizione di merito all’esito dell’incidente di costituzionalità, non definitivamente pronunciandosi sul primo motivo dell’appello:
– va dichiarata rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale, indicata in motivazione, dell’art. 65, comma 4-bis, secondo periodo, del d.lgs. n. 42 del 2004 per contrasto con gli artt. 3, comma 1, 9, comma 1 e comma 2, 97, comma 2, Cost.;
– va sospeso, ai sensi dell’art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87 il presente giudizio previa trasmissione degli atti alla Corte costituzionale per la risoluzione del suindicato incidente di costituzionalità.
12.1 La decisione sulle spese di lite è del pari riservata all’esito del giudizio di costituzionalità in sede di statuizione di merito.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) non definitivamente pronunciando sull’appello come in epigrafe proposto:
– dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale, indicata in motivazione, dell’art. 65, comma 4-bis, secondo periodo, del d.lgs. n. 42 del 2004 per contrasto con gli artt. 3, comma 1, 9, comma 1 e comma 2, 97, comma 2, Cost.;
– sospende, per l’effetto, ai sensi dell’art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, il presente giudizio previa trasmissione degli atti alla Corte costituzionale per la risoluzione del suindicato incidente di costituzionalità;
– rinvia ogni ulteriore statuizione di merito all’esito del giudizio incidentale promosso con la presente pronuncia;
– ordina che, a cura della Segreteria della Sezione, la presente ordinanza sia notificata alle parti costituite e al Presidente del Consiglio dei Ministri, nonché comunicata ai Presidenti della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica;
– spese riservate al definitivo.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 19 dicembre 2024 con l’intervento dei magistrati:
Hadrian Simonetti, Presidente
Giordano Lamberti, Consigliere
Davide Ponte, Consigliere
Giovanni Gallone, Consigliere, Estensore
Roberta Ravasio, Consigliere
L’ESTENSORE
Giovanni Gallone
IL PRESIDENTE
Hadrian Simonetti
IL SEGRETARIO