DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Abuso edilizio – Prospetto – Dipinto murale a carattere decorativo – Intervento di manutenzione straordinaria – Trasformazione del territorio – Irreversibilità (Massima a cura di Giuseppina Lofaro)
Provvedimento: Sentenza
Sezione: 6^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 7 Febbraio 2023
Numero: 1289
Data di udienza: 27 Ottobre 2022
Presidente: Montedoro
Estensore: Toschei
Premassima
DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Abuso edilizio – Prospetto – Dipinto murale a carattere decorativo – Intervento di manutenzione straordinaria – Trasformazione del territorio – Irreversibilità (Massima a cura di Giuseppina Lofaro)
Massima
CONSIGLIO DI STATO, Sez. 6^ – 7 febbraio 2023, n. 1289
DIRITTO URBANISTICO – Edilizia – Abuso edilizio – Prospetto – Dipinto murale a carattere decorativo – Intervento di manutenzione straordinaria – Trasformazione del territorio – Irreversibilità.
La realizzazione di un dipinto murale a carattere decorativo costituisce un intervento di manutenzione straordinaria in quanto involge la trasformazione della facciata dell’edificio e, perciò, non può essere qualificata come intervento di manutenzione ordinaria. Difatti, essa comporta un’irreversibile trasformazione, sia pure meramente visiva, del territorio, poiché destinata a permanere nel tempo secondo la volontà del realizzatore o del proprietario dell’immobile.
Pres. Montedoro, Est. Toschei – omissis (avv. Malinconico) c. Comune di Napoli (avv.ti Camarda e Andreottola)
Allegato
Titolo Completo
CONSIGLIO DI STATO, Sez. 6^ - 7 febbraio 2023, n. 1289SENTENZA
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 9768 del 2021, proposto dal signor -OMISSIS-, nella qualità di amministratore pro tempore del Condominio di -OMISSIS-, Napoli, rappresentato e difeso dall’avvocato Carmine Malinconico, con domicilio digitale come da PEC da Registri di giustizia;
contro
il Comune di Napoli, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Andrea Camarda e Antonio Andreottola, con domicilio digitale come da PEC da Registri di giustizia ed elettivamente domiciliato presso lo Studio Legale Leone in Roma, via Appennini, n. 46;
per la riforma
della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Campania, Sede di Napoli, Sez. IV, 30 agosto 2021 n. -OMISSIS-, resa tra le parti.
Visto il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione del Comune di Napoli e i documenti prodotti;
Vista l’ordinanza della Sezione 10 dicembre 2021 n. 6583, con la quale è stata accolta l’istanza cautelare proposta dalla parte appellante;
Esaminate le ulteriori memorie depositate dalle parti;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell’udienza del 27 ottobre 2022 il Cons. Stefano Toschei e uditi, per le parti, gli avvocati Carmine Malinconico e Camilla Mancuso, quest’ultima in sostituzione dell’avvocato Antonio Andreottola;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. – Il presente giudizio in grado di appello ha ad oggetto la richiesta di riforma della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per la Campania, Sede di Napoli, Sez. IV, 30 agosto 2021 n. -OMISSIS- che ha respinto il ricorso introduttivo (n. R.g.-OMISSIS-/2021) nonché il ricorso recante motivi aggiunti proposti dal signor -OMISSIS-, nella qualità di amministratore del Condominio sito in Napoli al -OMISSIS-, tesi a chiedere l’annullamento dei seguenti atti e/o provvedimenti: (con il ricorso introduttivo) a) la determina dirigenziale 26 gennaio 2021 prot. n. 29/A emessa dal Comune di Napoli, Servizio antiabusivismo e condono edilizio con la quale è stato disposto l’ordine di ripristino dello stato dei luoghi ex art. 27 d.lgs. n. 380/2001 per un’opera abusiva realizzata sulla facciata del fabbricato prospiciente la -OMISSIS-; (con il ricorso recante motivi aggiunti) b) la disposizione dirigenziale n. 164 del 25 febbraio 2021 emessa dal Comune di Napoli, Servizio sportello unico edilizia di rigetto dell’istanza di CILA in sanatoria (pratica edilizia n. 329/2021) dell’opera murale realizzata sulla facciata dell’immobile sito in Napoli al -OMISSIS-; c) la disposizione dirigenziale n. 325 del 12 aprile 2021 emessa dal Comune di Napoli, Servizio sportello unico edilizia di rigetto della seconda istanza di CILA in sanatoria (pratica edilizia n. 584/2021) della suddetta opera murale.
2. – La vicenda che fa da sfondo al presente contenzioso in grado di appello può essere sinteticamente ricostruita sulla scorta dei documenti e degli atti prodotti dalle parti controvertenti nei due gradi di giudizio nonché da quanto sintetizzato nella parte in fatto della sentenza qui oggetto di appello, come segue:
– in data 20 ottobre 2020 il Comitato civico del quartiere -OMISSIS- in Napoli, comunicava, a mezzo p.e.c., al Presidente della seconda Municipalità di Napoli e all’Assessore alla Manutenzione urbana della medesima municipalità l’intenzione di realizzare sulla facciata esterna di un palazzo sito in -OMISSIS-, prospiciente alla -OMISSIS-, un dipinto murale in memoria di -OMISSIS-, allegando a detta comunicazione il parere favorevole ed il formale consenso dei condomini;
– va detto che -OMISSIS- era un adolescente del quartiere deceduto in circostanze connesse allo svolgimento di una rapina;
– alla comunicazione di cui sopra seguivano numerosi contatti epistolari che vedevano coinvolti i suddetti Presidente e Assessore della seconda Municipalità nonché l’Assessore ai lavori pubblici della stessa municipalità, il Comando provinciale dell’Arma dei Carabinieri (che chiedeva documentazione in merito all’iniziativa);
– accadeva quindi che tra il 26 ottobre ed il 2 novembre 2020 il dipinto murale in questione veniva effettivamente realizzato (da una nota street-artist);
– con determina dirigenziale 26 gennaio 2001 n. 29/A il Comune di Napoli, Area urbanistica, Servizio anti-abusivismo e condono edilizio, Settore anti-abusivismo edilizio, ordinava il ripristino dello stato dei luoghi ai sensi dell’art. 27 d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 per numerosi motivi ostativi all’effettuata realizzazione e nello specifico per la violazione: a) degli artt. 26 e 69 delle Norme di attuazione della variante al P.R.G. per il Centro storico, approvata con DPGRC n. 323 dell’11 giugno 2004, in relazione alla Tavola 14; b) dell’art. 3, comma 1, lett. b), d.P.R. 380/2001, in quanto l’intervento effettuato va ricondotto nella categoria della “manutenzione straordinaria”; c) dell’art. 5 del Regolamento edilizio che individua quale “manutenzione ordinaria” le opere di finitura quali “tinteggiatura delle facciate e lavori connessi senza alterazione delle tinte preesistenti per le costruzioni ricadenti nei centri storici (…)”; d) dell’art. 10, comma 4, lett. g), d.lgs. 42/2004, in quanto tra i “Beni culturali” rientrano anche “le pubbliche piazze, vie, strade e gli altri spazi di interesse storico ed artistico”; e) degli artt. 3 e 7 del Regolamento di Polizia Urbana (approvato con delibera del Consiglio Comunale n. 46 del 9 marzo 2001);
– ricevuto il suddetto provvedimento il Condominio di -OMISSIS-, per il tramite del proprio amministratore condominiale signor -OMISSIS-, in data 17 febbraio 2021, presentava istanza di autotutela ai competenti uffici comunali al fine di ottenere l’annullamento in sede amministrativa dell’ordine di rimozione del dipinto murale, ma a tale istanza non seguiva risposta da parte dell’amministrazione;
– nel frattempo, in data 12 febbraio 2021, a seguito di formale richiesta presentata dal suddetto amministratore condominiale, la Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio di Napoli esprimeva il proprio parere in merito dichiarando che il fabbricato sul quale è stato realizzato il dipinto murale non risulta essere sottoposto alle previsioni contenute nella parte seconda del d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 per quanto riguarda gli aspetti storico-artistici e monumentali e che non risultano emanati provvedimenti di dichiarazione di interesse artistico, storico, archeologico, fatte salve le disposizioni dell’art. 58 (“Aree di interesse archeologico”) delle Norme di attuazione alla variante al P.R.G. del Comune di Napoli e che l’edificio non rientra nel perimetro delle zone sottoposte a vincoli paesaggistici di cui alla terza parte del suddetto decreto legislativo;
– il Condominio quindi, in data 18 febbraio 2021, presentava presso il competente Ufficio comunale una C.I.L.A. in sanatoria (acquisita con il numero di pratica edilizia 584/2021), che veniva dichiarata improcedibile con disposizione dirigenziale dello Sportello unico edilizia n. 164 del 25 febbraio 2021, anche per l’assenza del nulla osta della Soprintendenza ABAB Comune di Napoli;
– il Condominio proponeva ricorso dinanzi al TAR per la Campania chiedendo l’annullamento dell’ordine di rimozione del dipinto murale;
– nella pendenza del giudizio interveniva il nulla-osta della Soprintendenza ABAB del Comune di Napoli in risposta ad una nuova istanza, presentata dal Condominio in data 3 marzo 2021 in seguito alla dichiarazione di improcedibilità della C.I.L.A., sicché il Condominio presentava, in data 12 marzo 2021 una nuova C.I.L.A. in sanatoria;
– con disposizione dirigenziale n. 325 del 12 aprile 2021 anche la seconda C.I.L.A. in sanatoria era dichiarata improcedibile e inefficace la comunicazione tardiva di inizio lavori dallo Sportello unico dell’edilizia;
– il Condominio proponeva quindi ricorso per motivi aggiunti nei confronti dei due provvedimenti intervenuti con i quali lo Sportello unico dell’edilizia aveva dichiarato improcedibili le due C.I.L.A. presentate a sanatoria della realizzazione del dipinto murale.
3. – Il TAR per la Campania, con sentenza 30 agosto 2021 n. -OMISSIS-, in parte dichiarava improcedibile e in parte respingeva sia il ricorso introduttivo che il ricorso recante motivi aggiunti siccome proposti dal Condominio oggi appellante.
In primo luogo il giudice di prime cure ha ricondotto la realizzazione pittorica sulla facciata del fabbricato condominiale nell’alveo della categoria degli interventi di manutenzione straordinaria “in quanto esso ha determinato la stabile (anche se reversibile) trasformazione dell’aspetto esteriore dell’edificio, rinnovandone una facciata esterna prospiciente la strada pubblica (nel caso, -OMISSIS-), laddove il Regolamento edilizio vigente nel Comune di Napoli ascrive espressamente, per le costruzioni ricadenti nei centri storici e nelle zone di vincolo ambientale, alla categoria della manutenzione ordinaria la tinteggiatura delle facciate e lavori connessi “senza alterazione delle tinte preesistenti” (così, testualmente, a pag. 9 della sentenza qui oggetto di appello).
Inoltre il TAR ha osservato che il fabbricato condominiale è ubicato nel centro storico di Napoli “che è la risultante e la testimonianza, unica per ricchezza e complessità, di una stratificazione storica, artistica e architettonica millenaria” sicché “è soggetto alla disciplina dettata a tutela della preservazione dei centri storici, alla cui stregua il centro storico va considerato nel suo complesso e di per sé “bene culturale” ai sensi dell’art. 10, comma 4, lett. g) del d.lgs. n. 42/2004, il quale annovera tra i beni culturali “le pubbliche piazze, vie, strade e altri spazi aperti urbani di interesse artistico e storico” (così, testualmente, alle pagg. 9 e 10 della sentenza qui oggetto di appello).
A ciò fa seguito la ulteriore considerazione per cui l’immobile interessato dall’intervento edilizio è ubicato in un’area di interesse archeologico ai sensi dell’art. 14 della variante al PRG sicché la realizzazione del dipinto murale andava valutata, con riguardo alla compatibilità con detto “interesse archeologico” e l’eventuale attitudine ad incidere sulla tutela dello stesso, prima della materiale effettuazione dell’intervento.
Non essendo mai stata formalizzata una richiesta di rilascio di titolo abilitativo alla realizzazione del dipinto murale, ma solo una comunicazione dichiarativa di un siffatto intendimento, correttamente il comune ha ordinato la rimessione in pristino in applicazione dell’art. 27 d.P.R. 380/2001.
Con riferimento al ricorso recante motivi aggiunti, con il quale erano impugnate le due disposizioni dirigenziali di non accoglimento di due distinte C.I.L.A. in sanatoria, il TAR ha dapprima dichiarato improcedibile la domanda di annullamento del primo dei due provvedimenti, considerati nella sequenza cronologica di adozione, in quanto l’interesse alla impugnazione era assorbita dall’interesse all’annullamento del secondo provvedimento sfavorevole, il cui oggetto afferente alla seconda C.I.L.A. in sanatoria presentata si sovrapponeva al contenuto della prima C.I.L.A. in sanatoria.
Il TAR respingeva quindi il ricorso per motivi aggiunti nella parte in cui era impugnata la seconda disposizione dirigenziale di non accoglimento della seconda C.I.L.A. in sanatoria presentata dal Condominio in quanto “Avuto riguardo, infatti, alla rigorosa disciplina dettata dal più volte richiamato art.69 delle NTA della Variante Generale del PRG, da leggersi in uno con la normativa (anch’essa già richiamata) dettata per la protezione dei beni culturali, in relazione alla tipologia di immobili del tipo di quello in oggetto, non può ritenersi ammissibile un’opera edilizia che modifichi stabilmente l’aspetto dallo stesso in maniera significativa e percepibile in massimo grado dall’esterno, nel caso di specie dalla pubblica via. Il dipinto murale in contestazione non ha, infatti, carattere provvisorio o temporaneo, dal momento che non è destinato ad essere rimosso alla scadenza di un termine predeterminato, essendo piuttosto finalizzato a mutare stabilmente l’aspetto esteriore del fabbricato, integrando – diversamente da quanto opinato dalla difesa attorea – una trasformazione fisica dell’immobile di carattere permanente, destinata cioè a durare indefinitamente nel tempo, pur se reversibile mediante un’adeguata attività di ripristino” (così, testualmente, alle pagg. 14 e 15 della sentenza oggetto di appello).
4. – Il Condominio di -OMISSIS-, -OMISSIS-, Napoli, nella persona dell’amministratore condominiale signor -OMISSIS-, interponeva appello nei confronti della sentenza del TAR Campania n. -OMISSIS-/2021.
Il Condominio appellante ha prospettato tre complesse traiettorie contestative che possono sinteticamente riassumersi come segue:
I) Error in iudicando. Erroneità della sentenza per carenza ed illogicità della motivazione nella parte in cui rigetta la censura di violazione dell’art. 7 e ss. l. 241/1990 in tema di obbligo di comunicazione di avvio del procedimento all’interessato. La determina dirigenziale 26 gennaio 2021 prot. n. 29/A, emessa dal Comune di Napoli, Servizio anti-abusivismo, non è stata preceduta dalla formale comunicazione di avvio del relativo procedimento amministrativo, quanto più necessaria nel caso di specie dal momento che “una formale comunicazione di avvio del procedimento amministrativo avrebbe, innanzitutto, messo nella condizione il Condominio, per il tramite del suo rappresentante, di avviare ben prima le pratiche relative alla presentazione della C.I.LA. in sanatoria; quindi, anche un maggior rilievo avrebbe avuto il parere ed il nulla-osta della Soprintendenza ABAB di Napoli che, in sintesi, aveva qualificato il murale in questione alla stregua di un’“opera decorativa”, quindi “non irreversibile”, alla quale non ostavano vincoli specifici” (così, testualmente, a pag. 13 dell’atto di appello):
II) Error in iudicando. Erroneità della sentenza per carenza ed illogicità della motivazione nella parte in cui rigetta la censura relativa all’obbligo incombente sull’amministrazione di attivare il procedimento per il rilascio del richiesto titolo abilitativo (C.I.L.A.) per la realizzazione dell’intervento. Eccesso di potere nella figura sintomatica della errata ricostruzione dei fatti e del difetto di istruttoria. Il TAR nello scrutinare l’analoga censura proposta in primo grado – e respinta con la sentenza qui oggetto di appello – avrebbe dovuto prendere atto della sussistenza del formale consenso alla realizzazione dell’opera murale del Condominio di-OMISSIS-, reso in epoca antecedente rispetto alla realizzazione effettiva del murale in questione. A ciò si aggiunga che tale consenso è stato ribadito per ben due volte, in corrispondenza della presentazione (da parte del condominio e non, come sembrerebbe adombrare il giudice di primo grado, dal comitato civico di quartiere) delle due C.I.L.A. in sanatoria, volte a regolarizzare la contestata opera murale attraverso tale procedimento, entrambe non accolte dal comune, la prima per difetto di istruttoria e la seconda per improcedibilità. Se la prima C.I.L.A. è stata ritenuta non accoglibile perché non era stato rilasciato il parere della Soprintendenza ma, quando questo è intervenuto, il comune non avrebbe potuto non assentire la seconda C.I.L.A, atteso che l’avviso favorevole della Soprintendenza collocava il dipinto murario fuori dall’alveo degli interventi edilizi “abusivi” e inserendolo tra quelli “assentibili”. Erroneamente il TAR dunque, nel respingere il secondo motivo di ricorso dedotto, ha aderito acriticamente alla tesi del Comune di Napoli secondo cui l’intervento in questione andrebbe considerato alla stregua di “un’opera di manutenzione straordinaria” e, di conseguenza, “in contrasto con l’art. 69 delle Norme di attuazione alla Variante Generale del PRG, alla cui stregua (…) sono possibili solo interventi di restauro conservativi”. L’illegittimità del provvedimento con il quale si è ritenuto di non assentire la C.I.L.A. in sanatoria consiste nel non avere affatto tenuto in considerazione l’intervento chiarificatorio espresso dalla Soprintendenza, finendo così per realizzare un evidente vizio di eccesso di potere per travisamento dei fatti e dei documenti versati in atti nonché per difetto di istruttoria;
III) Error in iudicando. Erroneità della sentenza: a) per violazione/falsa applicazione dell’art. 10, comma 4, lett. g) d.lgs. 42/2004 e dell’art. 69 delle Norme di attuazione alla variante al P.R.G. zona centro storico (D.P.G.R. della Campania n. 323 dell’11 giugno 2004). Eccesso di potere nelle figure sintomatiche del travisamento dei fatti e dei presupposti giuridici per i quali si qualifica l’opera murale tra gli interventi contemplati nel comma 4 dell’art. 69; b) per violazione e falsa applicazione dell’art. 3, comma 1, lett. b), d.P.R. 380/2001 in relazione all’art. 6 (attività di edilizia libera) del medesimo testo, in combinato disposto con gli artt. 5 e 6 del Regolamento edilizio del Comune di Napoli. Il condominio appellante torna a lamentare la mancata considerazione del contenuto recato dal nulla osta espresso dalla Soprintendenza, seppure sotto altro versante. Tre sono i passaggi salienti del parere della Soprintendenza: a) la qualificazione delle opere murali realizzate su edifici come interventi non sottoposti a vincoli culturali di cui al d.lgs. 42/2004 riconducibili alle “opere decorative”; b) non rileva la presenza di “motivi ostativi alla sanatoria” già richiesta con la presentazione della prima C.I.L.A. dal Condominio di-OMISSIS-; c) ad ogni modo l’edificio in questione non è soggetto a vincolo culturale/artistico, non è soggetto a vincolo archeologico e non è soggetto a vincolo paesaggistico. Tenuto conto che il potere della Soprintendenza non è limitato ad esercitare un mero sindacato di legittimità su un atto autorizzatorio o, ex post, sulle denunzie di inizio attività, bensì con esso si esercita “una valutazione di merito amministrativo”, pare arduo prescindere dal suindicato avviso favorevole alla sanatoria che il comune, prima e il TAR, poi, avrebbero dovuto considerare con maggiore attenzione. Ne deriva che l’opera in questione non può essere considerata abusiva, non solo in ragione di quanto espresso nel nulla osta di cui sopra, ma perché va ricondotta nell’alveo della c.d. edilizia libera sicché, non essendo necessaria alcuna autorizzazione edilizia o comunicazione di inizio attività, per l’intervento in questione ben avrebbe dovuto essere assentita la C.I.L.A. in sanatoria presentata. A ciò conseguono alcune considerazioni idonee a ritenere errate le valutazioni operate dal primo giudice: a) il dipinto murale non può essere qualificato alla stregua di una “trasformazione fisica”, con la conseguenza che non trova applicazione la disposizione impeditiva alla realizzazione (nella zona ove insiste il fabbricato in questione) recata dall’art. 69 della Norme di attuazione della variante al P.R.G., mancando peraltro del requisito della irreversibilità, tale non potendo naturalmente essere un “dipinto di natura decorativa”; b) un’opera murale, quale è un dipinto su una facciata di un edificio, non può mai rientrare nell’alveo degli “interventi straordinari” e quindi non segue il regime degli interventi edilizi di manutenzione straordinaria, ai sensi dell’art. 3, comma 1, lett. a) d.P.R. 380/2001 e dell’art. 6 del Regolamento edilizio comunale.
Conclude quindi la parte appellante sostenendo che, da tutto quanto sopra riferito, consegue la erroneità della sentenza di primo grado che va riformata con accoglimento del ricorso introduttivo e dei motivi aggiunti e annullamento degli atti con essi impugnati.
5. – Si è costituito in giudizio il Comune di Napoli contestando analiticamente le avverse prospettazioni e sostenendo la legittimità dell’atto impugnato in primo grado.
Ribadendo quindi che i motivi di appello non sono fondati (o addirittura inammissibili), il comune appellato chiedeva la reiezione del mezzo di gravame proposto.
Nel corso del processo la Sezione, con ordinanza 10 dicembre 2021 n. 6583, accoglieva la domanda di sospensione dell’efficacia della sentenza oggetto di appello presentata dalla parte appellante, atteso che “in ragione della natura delle opere oggetto di contestazione, è necessario sospendere l’efficacia della sentenza di primo grado e i provvedimenti impugnati nelle more della decisione nel merito al fine di mantenere inalterata la situazione di fatto fino alla statuizione giudiziale definitiva”.
6. – Appare evidente al Collegio che il nodo principale riferito al contenzioso qui in esame è costituito dalla qualificazione edilizia che va assegnata, in via generale, ad un dipinto murale.
Si presenta altrettanto evidente che la decisione che il Collegio deve assumere nel caso in esame è inevitabilmente perimetrata con riferimento al solo scrutinio sulla qualificazione dell’opera dal punto di vista edilizio-paesaggistico nonché al rispetto delle disposizioni che disciplinano la trasformazione del territorio nella zona ove insiste il fabbricato sul quale è stato realizzato il “murale” oggetto dei provvedimenti amministrativi comunali impugnati in primo grado, restando fuori dal contesto decisorio, ovviamente, ogni altra considerazione “meta-giuridica”, estranea ai poteri del giudice amministrativo e rispetto alla quale questo giudice non può e non deve orientare il compito decisionale che la costituzione prima e la legge poi gli affidano.
Premesso (doverosamente) quanto sopra, il Collegio osserva che, in primo luogo, le pur suggestive tesi della parte appellante, facenti leva anche sul presunto pregio artistico dell’opera, risultano irrilevanti nel presente giudizio, nel quale vengono in considerazioni solo gli aspetti edilizio – urbanistico e paesaggistico (come di seguito meglio precisato).
Difatti non è possibile per questo giudicante valutare il supposto pregio artistico dell’opera in questione, dovendosi a tal fine seguire il procedimento all’uopo previsto dall’ordinamento ed in quella sede far valere, se del caso, ogni pertinente rilievo. Ne discende che, ai fini del presente giudizio, l’operato dell’amministrazione non potrà che essere sindacato solo alla stregua del rispetto (nell’adozione dei provvedimenti impugnati) della disciplina edilizia e vincolistica applicabile al caso di specie.
Orbene pare evidente che la realizzazione di un dipinto murale (che è poi l’espressione con la quale è preferibile tradurre la parola ispanica “murales”, che ha fatto il suo ingresso nella nostra lingua all’inizio degli anni Sessanta del secolo scorso e che viene gergalmente assunta anche con riferimento al singolo dipinto, ma che è più propriamente indirizzabile al solo “plurale”) sulla facciata di un palazzo costituisce obiettivamente una trasformazione di detta facciata.
In proposito va detto che per il suo carattere innovativo, il dipinto murale in esame non può essere qualificato alla stregua di una semplice attività manutentiva rientrante nell’attività edilizia libera, come intende sostenere il condominio appellante. Infatti il punto 2 dell’allegato al DM 2 marzo 2018 (decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti recante “Approvazione del glossario contenente l’elenco non esaustivo delle principali opere edilizie realizzabili in regime di attività edilizia libera, ai sensi dell’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 25 novembre 2016, n. 222”) riconduce a questa categoria solo la tinteggiatura finalizzata a ripristinare la colorazione preesistente (testualmente, con riferimento all’opera “Rifacimento, riparazione, tinteggiatura (comprese le opere correlate)” e all’elemento “Intonaco interno e esterno”). Ne consegue che, qualora l’intervento vada oltre il semplice ripristino o rinnovamento dell’aspetto originario della facciata dell’edificio (o delle pareti dello stesso) e si proponga di reimpostare il significato dell’aspetto esterno dell’edificio, non può ricondursi alla categoria della c.d. edilizia libera.
Neppure il rinnovamento dell’aspetto originario della facciata di un edificio, peraltro attraverso un dipinto murale che è destinato a caratterizzare innovativamente la facciata stessa in modo immediatamente ed evidentemente percepibile alla vista comune (presentando, peraltro, una dimensione non indifferente, pari a 6 x 6 m.), può ricadere nella disciplina della “manutenzione ordinaria”, che riguarda sì gli interventi di rivestimento e tinteggiatura, ma “senza modifiche dei preesistenti oggetti, ornamenti, materiali e colori”. Ed infatti sono interventi di manutenzione ordinaria quelli che servono a riparare, ristrutturare e sostituire le finiture esterne degli edifici senza modificare i caratteri originari, come il colore e i materiali. Tra questi ci sono, ad esempio il ripristino della tinteggiatura, degli intonaci e dei rivestimenti delle facciate e la pulitura delle facciate. Non certo la innovazione dell’aspetto esteriore della facciata o della parete di un edificio attraverso l’occupazione della stessa con un dipinto murale, che non costituisce manutenzione ordinaria ma “straordinaria”. Ed infatti, per le opere esterne, costituiscono interventi di manutenzione straordinaria quelli che non ripropongono gli aspetti preesistenti, oppure comportano modifiche delle caratteristiche, posizioni, forme e colori di quelle preesistenti.
Nella fattispecie in esame, la ricorrenza – del tutto palese – di una radicale modifica del colore e dell’ornamento del prospetto impedisce di considerare quale manutenzione ordinaria l’intervento pittorico qui in esame (cfr., in tal senso, Cons. Stato, Sez. VI, 10 dicembre 2020 n. 7872).
Quanto sopra indirizza significativamente il prosieguo dello scrutinio degli specifici motivi di appello dedotti dalla parte appellante.
7. – L’ordinanza di ripristino dello stato dei luoghi, ai sensi dell’art. 27 d.P.R. 380/2001, impugnata con il ricorso introduttivo di primo grado, premesso che l’edificio in questione ricade in Zona A (insediamenti di interesse storico) ed è classificato nella Tavola 7 (Classificazione Tipologica) come “unità edilizia di base preottocentesca originaria o di ristrutturazione a blocco”, per cui si applicano gli artt. 26 e 69 delle Norme di attuazione della variante al P.R.G. per il Centro storico, approvata con DPGRC n. 323 dell’11 giugno 2004, in relazione alla Tavola 14, ha rilevato che la realizzazione del dipinto murale è stata effettuata in assenza di titolo edilizio e in violazione delle seguenti disposizioni normative:
– l’art. 10, comma 4, lett. g), d.lgs. 42/2004, in quanto tra i “Beni culturali” rientrano anche “le pubbliche piazze, vie, strade e gli altri spazi di interesse storico ed artistico”;
– degli artt. 3 e 7 del Regolamento di Polizia Urbana (approvato con delibera del Consiglio Comunale n. 46 del 9 marzo 2001);
– dell’art. 6 del suddetto Regolamento di Polizia Urbana;
– dell’art. 5 del Regolamento edilizio che individua quale “manutenzione ordinaria” le opere di finitura quali “tinteggiatura delle facciate e lavori connessi senza alterazione delle tinte preesistenti per le costruzioni ricadenti nei centri storici definite dallo strumento urbanistico e nelle zone di vincolo ambientale”.
In primo luogo va detto che non si riscontra in atti alcuna istanza dei proprietari degli immobili esistenti nel fabbricato in questione ovvero del condominio oggi appellante formulata ai competenti uffici comunali al fine di chiedere il rilascio del titolo abilitativo necessario prima di effettuare l’intervento di manutenzione straordinaria della facciata dell’edificio, per come è qualificabile il dipinto murale in questione secondo quanto si è esaurientemente illustrato in precedenza.
E’ vero che altri soggetti, quali ad esempio rappresentanti del comitato civico di quartiere, hanno comunicato a diverse autorità l’intendimento di realizzare l’intervento in questione (si vedano i docc. 2, 3, 4, 5, 6 e 7 dell’allegazione di parte appellante, dimostrativa di un intenso scambio epistolare precedente rispetto alla effettuazione del dipinto murario), ma non vi è stata la presentazione di una formale istanza volta ad ottenere il rilascio di un previo titolo abilitativo (o almeno la parte appellante non ha dimostrato che vi sia stata) da parte del condominio o di singoli proprietari degli immobili insistenti nel fabbricato né da parte di altro soggetto a ciò legittimato dalla legge.
Ed infatti sul punto la giurisprudenza amministrativa, con indirizzo sostanzialmente uniforme e che il Collegio condivide, ha chiarito che “in sede di rilascio del titolo abilitativo edilizio – segnatamente, in sede di esame sull’effettiva disponibilità giuridica del bene oggetto dell’intervento edificatorio, limitando invero l’art. art. 11 d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 (…) la legittimazione attiva all’ottenimento della concessione edilizia a chi sia munito di titolo giuridico sostanziale per richiederlo – sussiste bensì l’obbligo per il Comune di verificare il rispetto da parte dell’istante dei limiti privatistici, ma soltanto alla condizione che tali limiti siano effettivamente conosciuti o immediatamente conoscibili o non contestati, di modo che il controllo da parte dell’ente locale si traduca in una semplice presa d’atto dei limiti medesimi senza necessità di procedere ad un’accurata e approfondita disanima dei rapporti civilistici” (cfr., in termini, Cons. Stato, Sez. VI, 14 febbraio 2022 n. 1054).
Accertato quindi che l’intervento di trasformazione è stato realizzato in assenza di previa richiesta e di previo rilascio del titolo abilitativo edilizio necessario (non potendo considerarsi equipollenti ad una formale richiesta né le valutazioni dei condomini espresse in sede di assemblee condominiale favorevoli alla realizzazione del dipinto murario né la presentazione delle due C.I.L.A., stante il loro riferimento giuridico ad una presentazione “postuma” della domanda e “in sanatoria”), colgono nel segno tutte le contestazioni espresse nel provvedimento comunale adottato ai sensi dell’art. 27 d.P.R. 380/2001 riferite alla violazione di norme di settore per come segnalato dagli uffici comunali nell’ordinanza di rimessa in pristino (e per come si specificherà ancor meglio in seguito).
Conseguentemente il potere esercitato dal comune nel reprimere l’abuso edilizio, costituito dall’avere realizzato opere di manutenzione straordinaria senza la previa richiesta di rilascio del necessario titolo abilitativo, va qualificato di tipo “vincolato” (cfr., tra le più recenti, Cons. Stato, Sez. VI, 17 marzo 2022 n. 1953) sicché per la sua adozione, per giurisprudenza ormai più che stratificata, non è necessaria la comunicazione di avvio del procedimento ai sensi dell’art. 7 l. 7 agosto 1990, n. 241 (cfr., ex multis, Cons. Stato, Sez. VI, 18 gennaio 2022 n. 311).
Per tali ragioni il primo motivo di appello si manifesta infondato.
8. – In secondo luogo, anche al fine di completare l’esame della legittimità dell’ordinanza di rimessione in pristino (impugnata con il ricorso introduttivo di primo grado), è opportuno, per ragioni di chiarezza, economia processuale e logica espositiva, intrecciare tale scrutinio con quello riferito alla legittimità della disposizione dirigenziale n. 325 del 12 aprile 2021 emessa dal Comune di Napoli, Servizio sportello unico edilizia, di inammissibilità della C.I.L.A. in sanatoria (pratica edilizia n. 584/2021) della suddetta opera murale presentata il 15 febbraio 2021 dal Condominio oggi appellante (fermo restando – e su questo aspetto va respinto il relativo profilo di censura ancora proposto in sede di appello dalla parte appellante – che si condivide pienamente la decisione del giudice di prime cure di dichiarare improcedibile – in parte qua – il ricorso di primo grado recante motivi aggiunti nella parte in cui il Condominio interessato chiedeva l’annullamento della disposizione dirigenziale n. 164 del 25 febbraio 2021 emessa dal Comune di Napoli, Servizio sportello unico edilizia, di irricevibilità della C.I.L.A. in sanatoria (pratica edilizia n. 329/2021) della ridetta opera murale, presentata precedentemente rispetto alla C.I.L.A. di cui sopra e dichiarata non assentibile per difetto dei presupposti – nella specie, in particolare per l’assenza del nulla osta della Soprintendenza – in quanto l’interesse all’annullamento è stato obiettivamente superato dalla presentazione da parte del condominio della successiva C.I.L.A. integrata con nuovi elementi al fine di superare le precedenti contestazioni sollevate dagli uffici comunali).
La disposizione dirigenziale n. 325 del 12 aprile 2021, sopra richiamata, così motiva la dichiarazione di improcedibilità e di inefficacia della (seconda) C.I.L.A. in sanatoria (pratica edilizia n. 584/2021) della più volte citata opera murale presentata il 15 febbraio 2021 dal condominio oggi appellante:
“- l’istanza presentata è relativa alla realizzazione di un “murale” su di una porzione della facciata del fabbricato, prospiciente alla strada pubblica, riconducendo l’intervento alla categoria della “manutenzione straordinaria”, trattandosi di un’opera che rinnova e sostituisce una parte dell’edificio, così come valutato dalla parte che ha presentato l’istanza;
– a norma dell’art. 6 del DPR 380/01, le opere di manutenzione straordinaria “sono realizzabili previa comunicazione, anche per via telematica, dell’inizio dei lavori da parte dell’interessato all’amministrazione competente, fatte salve le prescrizioni degli strumenti urbanistici, dei regolamenti edilizi e della disciplina urbanistico-edilizia vigente”;
– a tal proposito la Variante generale al Prg all’art. 69 comma 4 prevede che le trasformazioni fisiche consentite siano mirate al “restauro” e alla “valorizzazione degli assetti e degli elementi architettonici originari”, nonché al “ripristino degli elementi alterati”, in particolare alla lettera. c) del comma 4 è previsto “il restauro od il ripristino dei fronti interni ed esterni”, riferito tra l’altro all’interezza dei fronti o del singolo fronte. La norma, per quanto sopra espresso, tende alla conservazione ed alla tutela del bene nella sua inscindibile unità storico-architettonica e le opere eseguibili sono, pertanto, mirate alla salvaguard(ia) dei caratteri-storico-culturali, ambientali e in particolare tipologici;
– la realizzazione della pittura murale di che trattasi, realizzata tra l’altro su una porzione dell’intero fronte, non risulta conforme al dettato dell’art. 69 delle norme di attuazione della Variante generale al Prg”.
Il Condominio del fabbricato sito in Napoli al -OMISSIS- sostiene che il predetto provvedimento sfavorevole sia illegittimo perché gli uffici comunali, nell’adottarlo, non hanno tenuto conto del sopravvenuto nulla osta della Soprintendenza archeologia, belle arti e paesaggio di Napoli, intervenuto in data 12 febbraio 2021, a seguito di formale richiesta presentata dall’amministratore del suddetto Condominio, che avrebbe espresso il proprio parere in merito dichiarando che il fabbricato sul quale è stato realizzato il dipinto murale non risulta essere sottoposto alle previsioni contenute nella parte seconda del d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 per quanto riguarda gli aspetti storico-artistici e monumentali e che non risultano emanati provvedimenti di dichiarazione di interesse artistico, storico, archeologico, fatte salve le disposizioni dell’art. 58 (“Aree di interesse archeologico”) delle Norme di attuazione alla variante al P.R.G. del Comune di Napoli, oltre al fatto che l’edificio non rientrerebbe nel perimetro delle zone sottoposte a vincoli paesaggistici di cui alla terza parte del suddetto decreto legislativo.
Nel fascicolo digitale del processo, tenendo conto del primo e del secondo grado di giudizio, compaiono tre atti riferibili alla suddetta Soprintendenza:
– un primo attestato (riconoscibile con il n. prot. MIBACTIMIBACT_SABAP-NA_UO10 112/02/202110001777-P), nel quale – su richiesta del signor -OMISSIS- in qualità di amministratore del condominio oggi appellante e “acquisite le informazioni, per via telematica o tradizionale, dalla banca dati e dagli archivi della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per l’area metropolitana di Napoli, ad oggi ancora depositaria degli atti relativi ai beni culturali di interesse archeologico della città di Napoli, nelle more dello spostamento degli atti conseguente alla Riorganizzazione del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo ai sensi dell’art. 1, comma 327, della legge 28 dicembre 2015, n. 208” – si dichiara che: “D. Lgs. 42/2004 – Parte Seconda: Beni Culturali. Non risultano emanati provvedimenti di dichiarazione dell’interesse artistico, storico, archeologico. Sono fatte salve le disposizioni di cui all’art. 58 (aree di interesse archeologico) delle Norme tecniche di attuazione della Variante al Piano regolatore del Comune di Napoli, approvato con Decreto del Presidente della Giunta Regionale della Campania n. 323 del 11.06.2004. D.Lgs. 42/2004 – Parte Terza: Beni Paesaggistici. L’immobile non rientra nel perimetro delle zone sottoposte a tutela paesaggistica ai sensi del D. Lgs. 42/2004, Parte Terza”;
– un secondo attestato, dal contenuto parzialmente simile a quello sopra riprodotto, contenente anche le seguenti ulteriori indicazioni: a) “(…) per quanto riguarda gli aspetti storico-artistici e monumentali restano da acquisire, qualora richieste, le informazioni dalla banca dati e dagli archivi della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per l’area metropolitana di Napoli (…)”; b) “(…) D.Lgs, 42/2004 – Parte Terza: Beni Paesaggistici. L’immobile non rientra nel perimetro delle zone sottoposte a tutela paesaggistica ai sensi del D.Lgs. 42/2004, Parte Terza”;
– un terzo documento nel quale è indicato, testualmente, quanto segue: “Si rappresenta che questo Ufficio, nell’ambito delle proprie prerogative di tutela archeologica, non è competente all’autorizzazione di opere decorative realizzate su edifici non sottoposti a vincoli culturali di cui al D.Lgs. 42/2004 e su superfici moderne, per le quali non sussiste alcuna possibile interferenza con eventuali beni di interesse archeologico. Tanto rappresentato in premessa, per quanto di competenza, non si rilevano motivi ostativi alla sanatoria dell’opera eseguita”.
Da quanto sopra non possono che discendere tre ordini di considerazioni:
1) in primo luogo nessuno dei tre documenti contiene un effettivo nulla osta alla realizzazione del dipinto murale, spingendosi la Soprintendenza addirittura ad affermare che essa “non è competente all’autorizzazione di opere decorative realizzate su edifici non sottoposti a vincoli culturali di cui al D.Lgs. 42/2004 e su superfici moderne, per le quali non sussiste alcuna possibile interferenza con eventuali beni di interesse archeologico”;
2) in secondo luogo in tali documenti la Soprintendenza esclude che sul fabbricato in questione siano stati impressi vincoli paesistici, storici o archeologici ai sensi del d.lgs. 42/2004, ma fa sempre salvi gli eventuali ulteriori vincoli o previsioni specifiche di tutela paesaggistica e del territorio previsti da norme settoriali (indicando testualmente proprio “le disposizioni di cui all’art. 58 (aree di interesse archeologico) delle Norme tecniche di attuazione della Variante al Piano regolatore del Comune di Napoli, approvato con Decreto del Presidente della Giunta Regionale della Campania n. 323 del 11.06.2004”);
3) infine, proprio perché esclude espressamente una propria competenza in materia, non sussistendo vincoli riferibili al Codice dei beni culturali che riguardino l’edificio in questione, l’affermazione conclusiva del terzo dei documenti sopra richiamati – e in gran parte qui testualmente riprodotti – con la quale la Soprintendenza dichiara che “Tanto rappresentato in premessa, per quanto di competenza, non si rilevano motivi ostativi alla sanatoria dell’opera eseguita”, non riveste alcun rilievo concreto, se non di mera dichiarazione “di stile”, dal momento che detta Autorità ha ribadito la sua incompetenza ad assumere decisioni in merito alla legittimità o meno della realizzazione del dipinto murale, non essendo gravato l’immobile da vincoli discendenti dal d.lgs. 42/2002 e tenuto conto, comunque, che essa stessa ha specificamente ammesso la generale incompetenza a rilasciare titoli abilitativi (e, quindi, anche in sanatoria) “di opere decorative realizzate su edifici non sottoposti a vincoli culturali di cui al D.Lgs. 42/2004 e su superfici moderne, per le quali non sussiste alcuna possibile interferenza con eventuali beni di interesse archeologico”.
Discende da quanto sopra la legittimità del provvedimento con il quale gli uffici comunali non hanno assentito la seconda C.I.L.A. presentata dal condominio appellante e la conseguente infondatezza anche del secondo e del terzo motivo di appello.
9. – Per completezza di motivazione e a maggiore chiarimento circa l’accertata infondatezza del secondo e del terzo motivo di appello dedotti dalla parte appellante, il Collegio ritiene necessario aggiungere quanto segue.
Ai sensi degli artt. 26 e 69 delle Norme di attuazione della variante al P.R.G. per il Centro storico, approvata con DPGRC n. 323 dell’11 giugno 2004, sono state imposte previsioni specifiche per detta Zona, in quanto considerata ricca di testimonianze preottocentesche.
In particolare nell’art. 69 delle NTA, per come modificato con l’intervento della surrichiamata variante generale, sono dettate particolari disposizione di conservazione e garanzia del mantenimento storico dello stile architettonico caratterizzante il Centro storico di Napoli. Nella norma, dopo avere chiarito cosa si intende per “Unità edilizia di base preottocentesca originaria o di ristrutturazione a blocco”, al comma 4 lett. c) tra le trasformazioni consentite, per quel che qui rileva, rientrano: “il restauro o il ripristino dei fronti esterni e interni, essendo prescritta la conservazione delle aperture esistenti nel loro numero, nella loro forma, dimensione e posizione, ove corrispondano alla logica distributiva propria dell’unità edilizia interessata, ovvero a organiche trasformazioni della stessa, consolidate nel tempo secondo una storicizzata configurazione, e l’insieme degli interventi tenda al mantenimento dell’assetto conseguito; la modifica di aperture è consentita ove si persegua il recupero di assetti precedenti e riconoscibili, al fine di ricondurre a essi la composizione di prospetto, ma solo nel contesto di una operazione unitaria afferente all’intera unità edilizia, o almeno all’interezza dei suoi fronti e fermo restando che modifiche e ripristini di aperture sono consentiti solo se, mediante saggi e scrostature di intonaci, ovvero esauriente documentazione storica, si dimostrino preesistenze coerenti con l’impianto complessivo dell’unità edilizia”.
Pare evidente che per configurazione del dipinto murale in questione, dimensione (esteso per un’area di 36 mq), rappresentazione trasformativa rispetto al passato e rispetto all’esigenza di conservare il prospetto nel rispetto delle preesistenze storiche, l’intervento effettuato sull’edificio condominiale -OMISSIS- non sia rispondente a dette prescrizioni.
Da ultimo, dal momento che più volte nell’atto di appello il rilievo è stato sollevato dalla odierna parte appellante, la sostenuta assenza del carattere di irreversibilità nell’opera realizzata sulla facciata dell’edificio condominiale non può essere condivisa.
Infatti, come appare più che evidente sotto il profilo fenomenologico, la realizzazione di un’opera edilizia, nella quale per quanto si è sopra diffusamente riferito, rientra a pieno titolo un dipinto murale (qualsiasi sia la rappresentazione figurativa che reca), è destinata a permanere nel tempo secondo la volontà del realizzatore o del proprietario dell’immobile, il quale deciderà se rimuoverla e quando rimuoverla, pur sempre chiedendo preventivamente il rilascio del titolo abilitativo necessario alla trasformazione (anche solo visiva) del territorio, sia per la realizzazione che per la rimozione dell’opera stessa. Ne consegue che la realizzazione di un dipinto murale a carattere decorativo assume le medesime caratteristiche della realizzazione di un intervento edilizio, diversificandosene, semmai, in ragione della complessità dell’eventuale rimozione, ma tale aspetto materiale non incide sulla qualificazione giuridica dell’opera come “irreversibile”, in quanto la “reversibilità” dell’opera non assume rilievo obiettivo ma soggettivo, essendo condizionata (per come già sopra detto) dalla volontà del soggetto realizzatore o del proprietario dell’edificio sul quale è stata eseguita.
10. – In ragione di quanto si è sopra illustrato i complessi motivi di appello dedotti non possono trovare accoglimento sicché il mezzo di gravame proposto va respinto e la sentenza di primo grado va confermata.
In ragione della evidente ed obiettiva peculiarità delle questioni, di fatto e di diritto, oggetto della presente controversia, il Collegio ritiene che sussistano i presupposti di cui all’art. 92 c.p.c., per come richiamato espressamente dall’art. 26, comma 1, c.p.a., per compensare le spese del presente grado di giudizio tra le parti.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sull’appello (n. R.g. 9768/2021), come indicato in epigrafe, lo respinge.
Spese del grado di appello compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui agli articoli 6, paragrafo 1, lettera f), e 9, paragrafi 2 e 4, del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, all’articolo 52, commi 1, 2 e 5, e all’articolo 2-septies, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, come modificato dal decreto legislativo 10 agosto 2018, n. 101, manda alla Segreteria di procedere, in qualsiasi ipotesi di diffusione del presente provvedimento, all’oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi dato idoneo a rivelare lo stato di salute delle parti o di persone comunque ivi citate.
Così deciso in Roma nella Camera di consiglio del giorno 27 ottobre 2022 con l’intervento dei magistrati:
Giancarlo Montedoro, Presidente
Alessandro Maggio, Consigliere
Stefano Toschei, Consigliere, Estensore
Davide Ponte, Consigliere
Marco Poppi, Consigliere
L’ESTENSORE
Stefano Toschei
IL PRESIDENTE
Giancarlo Montedoro
IL SEGRETARIO