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Giurisprudenza: Giurisprudenza Sentenze per esteso massime | Categoria: Diritto processuale amministrativo, Diritto urbanistico - edilizia Numero: 6928 | Data di udienza: 7 Giugno 2023

DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Abuso edilizio – Permesso di costruire in sanatoria – Termine per impugnazione– Impugnazione titolo edilizio ordinario – Differente regime di impugnazione – DIRITTO PROCESSUALE AMMINISTRATIVO – Principio “della ragione più liquida” – Principio di economia processuale – Corollario– Art. 112 c.p.c. – Argomenti non rilevanti ai fini della decisione – Non presi in esame (Massime a cura di Ilaria Genuessi)


Provvedimento: Sentenza
Sezione: 7^
Regione:
Città:
Data di pubblicazione: 17 Luglio 2023
Numero: 6928
Data di udienza: 7 Giugno 2023
Presidente: Franconiero
Estensore: Tulumello


Premassima

DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Abuso edilizio – Permesso di costruire in sanatoria – Termine per impugnazione– Impugnazione titolo edilizio ordinario – Differente regime di impugnazione – DIRITTO PROCESSUALE AMMINISTRATIVO – Principio “della ragione più liquida” – Principio di economia processuale – Corollario– Art. 112 c.p.c. – Argomenti non rilevanti ai fini della decisione – Non presi in esame (Massime a cura di Ilaria Genuessi)



Massima

CONSIGLIO DI STATO, Sez. 7^ – 17 luglio 2023, n. 6928

 

DIRITTO URBANISTICO – EDILIZIA – Abuso edilizio – Permesso di costruire in sanatoria – Termine per impugnazione – Impugnazione titolo edilizio ordinario – Differente regime di impugnazione.

L’ormai pacifica giurisprudenza del Consiglio di Stato(1), ai fini della decorrenza del termine dell’impugnazione del titolo edilizio in sanatoria, ritiene che occorre tenere separato il regime d’impugnazione del titolo edilizio “ordinario” da quello applicabile al titolo edilizio “in sanatoria”. Nel primo caso, il termine di decadenza decorre dal completamento dei lavori, cioè dal momento in cui sia materialmente apprezzabile la reale portata dell’intervento in precedenza assentito; nel secondo caso, il termine decorre dalla data in cui si abbia conoscenza che, per una determinata opera abusiva già esistente, è stata rilasciata la concessione edilizia in sanatoria(2). In buona sostanza, il destinatario di un provvedimento di sanatoria edilizia (rappresentante un vulnus dell’ordinamento) non può beneficiare anche della decorrenza dalla pubblicazione all’albo pretorio del termine di impugnativa del provvedimento a lui favorevole; beneficio di cui non gode chi abbia (secondo l’ordinamento) ottenuto il rilascio di un provvedimento autorizzatorio prima dell’inizio dei lavori.

DIRITTO PROCESSUALE AMMINISTRATIVO – Principio “della ragione più liquida” – Principio di economia processuale – Corollario – Art. 112 c.p.c. – Argomenti non rilevanti ai fini della decisione.

Deve ritenersi principio consolidato il c.d. principio “della ragione più liquida”, corollario del principio di economia processuale, il quale consente di derogare all’ordine logico di esame delle questioni, laddove si ritenga che questioni già vagliate esauriscano la vicenda sottoposta al giudicante, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell’art. 112 c.p.c., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato, con la conseguenza per cui gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono ritenuti dal Collegio non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso(3).

(1) Cfr. da ultimo Cons. Stato, sez. VI, n. 3889/2021.

(2) V., in merito, Cons. Stato, Ad. Plen., 29 luglio 2011, n. 15; Cons. Stato, sez. VI, 10 dicembre 2010, n. 8705; sez. VI, 27 dicembre 2007, n. 6674.

(3) Cfr. Cons. Stato, Ad. plen., 5 gennaio 2015, n. 5; Cass., Sez. un., 12 dicembre 2014, n. 26242; Cons. Stato, Sez. VI, 19 gennaio 2022, n. 339.

(Conferma TAR CAMPANIA, Napoli, n. 2404/2019) – Pres. f.f. Franconiero, Est. Tulumello – O.D.C. (avv. Rianna) c. F.D.C. (avv. Di Meglio), Ministero per i Beni e le Attività Culturali (Avv. Stato) e altro (n.c.)

 

 
 

 

 


Allegato


Titolo Completo

CONSIGLIO DI STATO, Sez. 7^ - 17 luglio 2023, n. 6928

SENTENZA

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Settima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5935 del 2019, proposto da Olimpia Di Costanzo, rappresentato e difeso dall’avvocato Arturo Rianna, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Comune di Barano d’Ischia, non costituito in giudizio;
Flora Di Costanzo, rappresentata e difesa dall’avvocato Giuseppe Di Meglio, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Ministero per i Beni e le Attività Culturali, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania (Sezione Sesta) n. 2404/2019, resa tra le parti
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Flora Di Costanzo e del Ministero per i Beni e le Attività Culturali;
Visti tutti gli atti della causa;
Visto l’art. 87, comma 4-bis, cod.proc.amm.;
Relatore all’udienza straordinaria di smaltimento dell’arretrato del giorno 7 giugno 2023 il Cons. Giovanni Tulumello, udito per la parte appellata l’avv. Giuseppe Di Meglio Giuseppe e viste, altresì, le conclusioni di parte appellante come in atti;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. Con sentenza n. 2404/2019 il T.A.R. della Campania, sede di Napoli, ha accolto il ricorso proposto dalla signora Flora di Costanzo per l’annullamento del permesso di costruire in sanatoria n. 4 del 24.1.2018,  nonché della autorizzazione paesistica n.20 del 21.6.2016, del parere della Soprintendenza ai Beni Ambientali del 28.4.2016 n. ro 10036, del parere della Commissione Comunale per i Beni Ambientali n.ro 3 del 15.3.2016, della relazione istruttoria del Servizio Edilizia Privata del Comune di Barano d’Ischia dell’11.3.2016.
La sentenza indicata è stata impugnata con ricorso in appello dalla signora Olimpia di Costanzo, controinteressata nel giudizio di primo grado.
Si sono costituiti in giudizio Flora Di Costanzo, ricorrente in primo grado, ed il Ministero per i Beni e le Attività Culturali.
Il ricorso in appello è stato trattenuto in decisione all’udienza straordinaria del 7 giugno 2023.

2. Con il primo motivo di appello si contesta il capo della sentenza gravata che ha ritenuto infondata l’eccezione d’irricevibilità del ricorso di primo grado, che con tale motivo viene riproposta.
Il mezzo assume che la pubblicazione all’albo pretorio del Comune facesse decorrere il termine per impugnare il permesso di costruire in sanatoria.
L’eccezione invero è argomentata, nel motivo di appello in esame, più in relazione alla percezione fisica dell’edificio abusivo, che non con riguardo alla conoscenza del provvedimento di sanatoria.
In ogni caso essa è infondata, alla luce della pacifica giurisprudenza di questo Consiglio di Stato, che il Collegio condivide e alla quale si riporta, che opportunamente rimarca la peculiarità, ai fini della decorrenza del termine, dell’impugnazione del titolo edilizio in sanatoria (da ultimo VI Sezione, sentenza n. 3889/2021: “occorre tenere separato il regime d’impugnazione del titolo edilizio “ordinario” da quello applicabile al titolo edilizio “in sanatoria”. Nel primo caso, il termine di decadenza decorre dal completamento dei lavori, cioè dal momento in cui sia materialmente apprezzabile la reale portata dell’intervento in precedenza assentito (cfr. fra le tante, Cons. St., Ad. Plen., 29 luglio 2011, n. 15; Cons. St., sez. VI, 10 dicembre 2010, n. 8705). nel secondo caso, il termine decorre dalla data in cui si abbia conoscenza che, per una determinata opera abusiva già esistente, è stata rilasciata la concessione edilizia in sanatoria (cfr., Cons. Stato, sez. VI, 27 dicembre 2007, n. 6674). Il termine d’impugnazione di un titolo in sanatoria decorre dal momento in cui si conosca la circostanza del rilascio del medesimo atto per una determinata opera già esistente; la cui conoscenza deve essere dimostrata in giudizio al fine di far valere la tardività dell’impugnazione (cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 21 dicembre 2004, n. 8147; sez. IV, 26 marzo 2013, n. 1699)” (Consiglio di Stato sez. VI – 10 settembre 2018, n. 5307).Questo Collegio vuole solo ribadire che il destinatario di un provvedimento di sanatoria edilizia (che costituisce, pur sempre, un vulnus dell’ordinamento) non può beneficiare anche della decorrenza dalla pubblicazione all’albo pretorio del termine di impugnativa del provvedimento a lui favorevole; beneficio di cui non gode chi abbia (secondo l’ordinamento) ottenuto il rilascio di un provvedimento autorizzatorio prima dell’inizio dei lavori”).

3. Il secondo motivo di appello attiene alla sufficienza o meno del criterio della c.d. vicinitas quale fattore di legittimazione al ricorso.
Anche in questo caso l’infondatezza del mezzo discende anzitutto dalla peculiarità della fattispecie: che si caratterizza per l’impugnazione non di un titolo a costruire un immobile non esistente e da edificare sulla base del titolo medesimo, ma di un provvedimento di sanatoria di un immobile abusivamente realizzato (e che ha quindi già prodotto un significativo impatto). In ogni caso l’odierna appellata ha specificato di agire anche per scongiurare un pregiudizio di carattere ambientale: il che radica, in forza del parametro sovranazionale operante in materia (Corte di Giustizia dell’Unione europea, Prima Sezione, 28 maggio 2020, in causa C-535/18), una legittimazione certamente più ampia di quella evocata nelle difese dell’appellante (in argomento Cons. St., V, 24 maggio 2018 n. 3109).

4. Con il terzo ed il quarto motivo di appello si contesta l’affermazione dell’insanabilità dell’abuso, in relazione allo stato dell’immobile alla data del 31 dicembre 1993.
Anche questi motivi ad avviso del Collegio sono infondati, in ragione di una circostanza fattuale dirimente. Come risulta dalla documentazione versata in atti è stato infatti accertato, mediante le risultanze della perizia svolta nell’ambito del giudizio civile intercorso fra le parti, che nel 2001 l’edificio aveva un solo piano ed era privo di tompagnature (peraltro la relativa affermazione ribadita sul punto dell’appellata nella memoria depositata il 2 settembre 2019, è rimasta incontestata).

Ad avviso del Collegio resiste pertanto ai due motivi in esame la motivazione resa dal T.A.R. sul punto, che fa riferimento anche a tale controversia civile fra i fratelli Guido e Adamo Di Costanzo, e che opportunamente rimarca il fatto che “la ricorrente ha depositato il progetto redatto dal consulente tecnico d’ufficio nel dicembre 2001 al fine di realizzare l’arretramento del fabbricato in questione; al di là dei dettagli del progetto, è agevole osservare che gli allegati grafici rappresentano chiaramente un fabbricato consistente di un interrato e un piano terra, sicchè ancora nel 2001 la consistenza delle opere per le quali era stato chiesto il condono non corrispondeva a quanto dichiarato nella relativa istanza e a quanto oggetto di sanatoria nel 2018. Ciò trova del resto puntuale conferma nella proposta transattiva (allegato n. 22 al ricorso) che il tecnico di Adamo Di Costanzo rivolgeva alla controparte nel febbraio 2001 (in cui si parla di interrato e piano terra)”.

5. La presente decisione è stata assunta tenendo conto dell’ormai consolidato “principio della ragione più liquida”, corollario del principio di economia processuale (cfr. Cons. Stato, Ad. pl., 5 gennaio 2015, n. 5, nonché Cass., Sez. un., 12 dicembre 2014, n. 26242), che ha consentito di derogare all’ordine logico di esame delle questioni e tenuto conto che le questioni sopra vagliate esauriscono la vicenda sottoposta alla Sezione, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell’art. 112 c.p.c., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato (come chiarito dalla giurisprudenza costante, ex plurimis, per le affermazioni più risalenti, Cass. civ., Sez. II, 22 marzo 1995, n. 3260, e, per quelle più recenti, Cass. civ., Sez. V, 16 maggio 2012, n. 7663, e per il Consiglio di Stato, Sez. VI, 19 gennaio 2022, n. 339), con la conseguenza che gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.

Dalle considerazioni che precedono discende che l’appello è infondato e che va pertanto respinto, con conferma della sentenza di primo grado qui gravata. Le spese del giudizio, liquidate come in dispositivo, seguono la regola della soccombenza nei rapporti fra l’appellante e l’appellata Flora Di Costanzo; possono essere invece compensate con riguardo al Ministero per i Beni e le Attività Culturali, che non ha svolto difese scritte.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Settima), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo rigetta.
Condanna l’appellante al pagamento in favore dell’appellata Flora Di Costanzo delle spese del presente giudizio, liquidate in complessivi euro tremila/00, oltre accessori come per legge; compensa le spese nei confronti del Ministero per i Beni e le Attività Culturali.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 7 giugno 2023 con l’intervento dei magistrati:
Fabio Franconiero, Presidente FF
Sergio Zeuli, Consigliere
Giovanni Tulumello, Consigliere, Estensore
Marco Morgantini, Consigliere
Laura Marzano, Consigliere

L’ESTENSORE
Giovanni Tulumello

IL PRESIDENTE

Fabio Franconiero

IL SEGRETARIO

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